Un maxitunnel sotto città e colline per agganciarsi alla Torino-Lione: il “maxinodo” vale 3 miliardi

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A sottoporlo al ministro dei Trasporti, Graziano Delrio, oggi nel capoluogo piemontese per inaugurare i lavori del Passante, è il presidente dell’Osservatorio sulla Torino-Lione, Paolo Foietta: “Siamo già in ritardo di quattro anni”

di PAOLO GRISERI

14 giugno 2015

Un maxitunnel sotto città e colline per agganciarsi alla Torino-Lione: il "maxinodo" vale 3 miliardi
Il tunnel della Tav sul versante francese 

Un progetto in tre fasi, calibrato a seconda delle necessità del traffico merci. Un progetto che deve ripartire «perché – avverte il presidente dell’Osservatorio sulla Torino-Lione, Paolo Foietta – siamo già in ritardo di quattro anni e dobbiamo arrivare in tempo per l’apertura del tunnel di base». Ecco perché questa mattina Foietta chiederà al ministro dei trasporti, Graziano Delrio, di riaprire il «dossier Orbassano»: la prima parte della tratta nazionale della linea ad alta velocità per la Francia. Foietta spiega che «sulla progettazione del nodo di Orbassano urge l’approvazione del progetto preliminare dal parte del Cipe». La Via, valutazione di impatto ambientale, è stata conclusa nel dicembre 2013 e da allora l’iter si è arenato. «Se il tunnel di base sarà pronto entro il 2027, entro quella data si dovrà risolvere la questione di Orbassano».

In termini numerici il problema è semplice: sotto il tunnel di base potranno transitare fino a 300 treni al giorno mentre tra Avigliana e l’interporto di Orbassano la linea attuale ne sosterrebbe solo 120. Per evitare l’effetto congestione il progetto prevede una galleria di 12 chilometri tra Avigliana e Orbassano sotto la collina morenica di Rivalta (la stessa traforata a suo tempo dalla Sitaf per realizzare la variante di Avigliana). Il problema è lo sbocco del tunnel: per consentire ai binari di mettersi in piano rispetto allo scalo merci di Orbassano è necessario realizzare a Rivalta una galleria artificiale di 4-5 chilometri con un notevole impatto ambientale. Il Comune di Rivalta si è sempre opposto all’opera. Una soluzione potrebbe essere quella di sfruttare la galleria artificiale per realizzare, sopra, il completamento della circonvallazione di Rivalta, ipotesi che era già stata presentata in Osservatorio a fine 2010.

La realizzazione della galleria tra Avigliana e Orbassano è decisiva, spiega Foietta, per «dare valore all’area logistica torinese, in caso contrario tagliata fuori dai flussi delle merci e dal valore aggiunto che rimane sul territorio in questi casi». Contemporaneramente verrà ristrutturato anche l’attuale scalo merci di Sito per adeguarlo alla nuova funzione. Da qui infatti transiteranno anche i treni passeggeri dell’Alta velocità che da Orbassano, attraverso il bivio Pronda, si inseriranno nel passante ferroviario per raggiungere Porta Susa e poi la linea per Milano.

Se il nodo di Orbassano è il primo e più urgente da realizzare entro il 2027, quando dovrebbe entrare in funzione il supertunnel, la seconda tappa riguarderà inevitabilmente la “gronda”, la ferrovia dedicata ai treni merci che dal Sito di Orbassano potrà raggiungere direttamente Settimo e la Torino-Milano passando sotto l’asse di corso Marche. Sembra al momento tramontata l’ipotesi che i tecnici avevano definito “del wafer”, un sottopassaggio per auto e treni. «La galleria ferroviaria – spiega Foietta – dovrà andare molto in profondità, a circa 40 metri, e potrebbe viaggiare disgiunta dalla tratta autostradale». Sullo stesso asse infatti Ativa (o chi subentrerà dopo il 2016, quando scadrà la concessione) potrebbe realizzare un’autostrada urbana, trasformando corso Marche in una sorta di corda rispetto all’attuale tangenziale che consenta di scaricare parte del traffico che oggi la congestiona: 250mila auto al giorno. La gronda merci consentirà di far transitare i treni con sostanze pericolose che, per ovvie ragioni di sicurezza,non possono percorrere il passante ferroviario cittadino.

Con queste opere, il nodo di Orbassano e la gronda merci, la velocità massima sulla linea potrebbe raggiungere i 220 chilometri l’ora per i treni passeggeri evitando di intralciare il traffico locale. Naturalmente sarà necessario adeguare i sistemi di funzionamento della linea tradizionale anche nella tratta tra Avigliana e Bussoleno, che rimarrà sull’attuale tracciato. Fino a quando? «Dipende dai flussi di traffico merci», risponde Foietta. Se la richiesta di transiti salirà molto sarà necessario realizzare la terza tappa, quella della galleria dell’Orsiera. «Non è detto che si debba subito realizzare una doppia canna – aggiunge il presidente dell’Osservatorio – potrebbe essere sufficiente in una prima fase deviare una parte del traffico dalla linea tradizionale ai binari di una sola galleria. Si vedrà». I costi? Per l’adeguamento di Orbassano e la galleria sotto la collina morenica si spenderanno poco meno di due miliardi. Un altro miliardo costeranno la galleria dell’Orsiera e la gronda merci. A cui vanno aggiunti i 2,9 miliardi previsti per la parte nazionale della Torino-Lione.

Le obiezioni di chi a suo tempo era stato contrario all’opera sono note: il traffico merci tra l’Italia e la Francia non sarà mai sufficiente a saturare una linea che oggi è utilizzata al di sotto delle sue capacità. Foietta sorride. Stiamo parlando in piedi, sul Frecciarossa che da Expo torna a Torino. Non siamo gli unici a non aver trovato posto a sedere. Ci sono altri abbonati che stazionano nei corridoio, davanti alle porte di discesa. Il treno è esaurito e non è l’unico. Spesso sulla tratta Torino-Milano è così. E altrettanto spesso non si trovano biglietti economici nemmeno sulla Torino-Roma. Foietta chiede: «Quanti erano coloro che al momento della costruzione di questa linea sostenevano che sarebbe stata una grande opera inutile?».

“Io, primo sindaco grillino, voglio bloccare l’inutile Tav e gestire meglio la Reggia”

Intervista al neosindaco di Venaria, Roberto Falcone: “Cercherò gli assessori anche in Rete. In venti giorni la giunta sarà operativa”

di VERA SCHIAVAZZI

15 giugno 2015
 "Io, primo sindaco grillino, voglio bloccare l'inutile Tav e gestire meglio la Reggia"
Giura che si batterà contro la Tav Torino-Lione, promette che alzerà la voce nel consiglio di amministrazione della Reggia di Venaria perché il Comune non gode abbastanza del richiamo culturale e pubblicitario della dimora sabauda. Roberto Falcone, primo sindaco grillino del Piemonte ha un’aria piuttosto mite e sostiene che 25 anni di arti marziali e la passione per l’aikido lo hanno reso capace di rispettare tutti, avversari compresi. Da 24 ore a questa parte, vive in un sogno che dev’essere anche piuttosto affannoso, col commissario e i dirigenti comunali da incontrare. Ma intanto si prepara a fare sul serio.Sindaco Falcone, dicono che neppure lei e il Movimento 5 Stelle vi aspettaste un risultato così alto…
“E’ stato una specie di plebiscito. Gli elettori, qui, non ne potevano più, volevano farla finita con un vecchio modo di fare politica e con le facce che lo rappresentavano. Volevano un’amministrazione più credibile e più attenta, ed ora tocca a noi fare in modo che vada proprio così”.Voi non avete fatto alcun apparentamento ma avete accettato di discutere sui programmi, o meglio sul vostro programma. Quanto pensa che vi abbiano aiutato le varie dichiarazioni di appoggio di Sel e delle liste civiche?
“Che ci abbiano aiutato lo dicono i numeri, anche se più forte di ogni altra cosa era il desiderio di andare contro la politica venariese. Comunque sì, per noi è il programma la cosa che conta. Faremo la giunta pescando le persone che si sono presentate in rete, e se non basterà cercheremo ancora. In venti giorni il governo della città sarà pienamente operativo”.

Veniamo allora al programma. Come lo avete costruito?
“Ascoltando i cittadini. In molti qui a Venaria hanno sofferto la crisi e credono che il Comune possa aiutarli a ritrovate i redditi che hanno perduto. Purtroppo non è così, ma ci siamo comunque impegnati a fare tutto quanto è possibile, come facilitare al massimo l’apertura delle attivitò commerciali e migliorare i servizi come i trasporti”.

Pensa che gli elettori abbiano più fiducia in voi sul piano nazionale?
“Se ce l’hanno fanno bene, perché è anche attraverso le decisioni nazionali che si può cambiare la situazione. Noi intanto cominceremo anche dal Comune a dire un no forte e chiaro alle grandi opere inutili. Un metro di Tav costa 650.000 euro, e non abbiamo nessuna prova che si tratti di un’opera necessaria. Preferiamo non spendere quei soldi, far viaggiare le merci un po’ più lentamente e intanto dare ai venariesi  autobus e treni che li portino rapidamente al lavoro”.

Lei adesso entrerà nell’Osservatorio sull’alta velocità Torino-Lione. Che cosa pensa di dire?
“Per me è un po’ come scoperchiare una pentola. Sono il primo di M5S a entrarci, voglio capire bene cosa è stato fatto finora, quanti soldi sono stati spesi in inutili consulenze. E, casomai, decidere di andarmene. la nostra posizione sulla Tav è una sola, respingere l’opera, come molte altre in Italia. Non è detto che stare nell’Osservatorio abbia un senso”.

La Reggia è il principale motivo per cui Venaria è ormai conosciuta in Italia e nel mondo. Che cosa pensa che il Comune dovrebbe fare per facilitare il turismo?
“Agli inizi non avevano fatto neppure un posto nel cda per l’amministrazione locale, e mi sembra che questo la dica lunga sul modo di gestire un bene comune. Adesso un posto c’è, e noi intendiamo occuparlo e farci sentire”.

Che cos’altro farà tra le prime cose?
“Mi unirò in tutti i modi possibili alla protesta contro la chiusura di un ospedale, il nostro, su cui gravitano 150.000 persone che arrivano anche da Cirié e dalle valli. Che senso ha fare la Tav e chiudere i luoghi pubblici dove la gente si cura? Noi siamo contro, e lo diremo alla Regione, e non solo”.

Come farà a conciliare il lavoro e la vita da sindaco?
“Ci sto pensando in queste ore. Ma fare il sindaco è la mia priorità”.

In Valsusa marciano i No Tav, quale pacificazione?

 http://www.tgvallesusa.it/2015/06/in-valsusa-marciano-i-no-tav-quale-pacificazione/
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A quattro anni dallo sgombero per l’impianto del cantiere, a dispetto di tanti bei discorsi sulla pacificazione dei favorevoli, gli oppositori al Tav propongono nuove marce popolari in Valsusa.

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di Valsusa Report

Sarà una marcia popolare in Valsusa il vecchio stile con le più svariate tipologie di colori popolari soprattutto adesso che “il movimento No Tav ha assunto una grandezza nazionale e internazionale di opposizione ad una linea inutile” come dichiarato in tutte le conferenze stampa dei “ribelli valsusini”. Tanto inutile lo confermano anche i soli prezzi dei biglietti che hanno aumentato i costi di un terzo in quattro anni ed è della scorsa settimana la notizia e la polemica sull’obbligo del posto a sedere,  “non è possibile che il solo treno per Milano abbia così pochi posti a sedere, o mettono un altro treno o allungano l’unico che c’è” eccheggia nella stazione Porta Nuova di Torino. Un sistema, quello AV destinato a creare continui problemi e discussioni.

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“A distanza di quattro anni la Valsusa non sembra pacificata come all’esterno si vuol far credere” dicono i No Tav, siamo andati a vedere da vicino la situazione e ci siamo sentiti investire dalla tenace energia della lotta contro l’ecomostro Tav. Nella valle il tempo viene scandito dalle iniziative di opposizione che sono tantissime alle volte addirittura si sommano nella stessa giornata,  si dividono in due gruppi,  quelle al cantiere e quelle in valle. Al cantiere gli appuntamenti fissi sono il mercoledì un aperipranzo organizzato dal gruppo Over 50 No Tav che tenta di disturbare la logistica passante dal cancello cosiddetto “della centrale” appunto l’effettivo inizio delle recinzioni (non del cantiere) a protezione dei lavori, al venerdì, sempre al cancello, l’apericena organizzato dal comitato Clp di Bussoleno con lo svolgere di gare alle bocce quadre e blocchi dei mezzi, “avete speso milioni di euro per lo svincolo di accesso al cantiere dall’autostrada, adesso usate quello” la motivazione dei blocchi e dell’intralcio alla logistica che vede tutti opporsi a quella che viene percepita come l’ennesima situazione di menzogna e spreco di denari pubblici.

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Ci sono poi, dal lato Clarea innumerevoli passeggiate che vedono impegnati i Cattolici per la vita della valle portare personalità da tutto il mondo, un accompagnamento alla zona militarizzata e sorvegliata da uomini e telecamere. Le iniziative si svolgono presso il campo della memoria o sui terreni acquistati anni indietro dai No Tav, ve ne sono di vario genere dal risistemare i terreni e vitigni al passare la giornata  nell’osservazione dei lavori, il cosiddetto sport da anziano, ma che causa giornalmente il controllo passaporti ad opera del personale di guardia che cambia sempre invece dei No Tav che mediamente sono sempre gli stessi. Alla sera, sempre nella valle del Clarea, ci sono poi le cene del neonato gruppo NPA No Tav che finiscono alle volte con delle battiture sonore contro le reti rigide del cantiere scatenando e non sempre l’ira che dall’interno si trasforma in lanci d’acqua, gas o fuoriuscite minacciose di cariche, dipende dalla sera o forse da chi comanda in quel momento.

In Clarea avvengono e sono avvenuti i più importanti attacchi al cantiere con lanci a volte di bottiglie incendiarie dette anche “molotov”. Una situazione che non si può dire di pace o pacificazione, ben altro la definirebbero studiosi dei fenomeni popolari o di rivoluzione sociale, appunto un territorio che non intende cedere difronte a quello che percepisce come un nemico occupante parte dei fondi lavorati a colture. Questa opposizione e lotta vede quindi tutti i tessuti sociali impegnati nel contrastare,  ognuno a modo suo, ognuno con il tempo che ha a disposizione, un’opera imposta dai governi susseguiti in 26 anni.

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Quattro anni fa ci fu lo sgombero della località Maddalena e poi l’assedio che portarono alla ribalta i No Tav, ora il 28 giugno l’organizzazione di una marcia No Tav al cantiere in Valsusa, da appunto il segno indelebile del solco scavato dalla forza pubblica e dalla repressione scagliata nei tribunali, una marcia che ha il gusto di verità, un punto di riflessione a chi sventola la bandiera del pericoloso buio degli anni settanta con il brigatismo, non accorgendosi appunto della somma di persone oneste che nella loro capacità umana l’essere messi da parte, non ha possibilità alcuna d’intesa, un modo per dire dove si vuole che vengano realmente spesi i denari pubblici, persone che hanno deciso di dire, senza i passaggi della legge, ai governanti che con un metro di Tav farebbero volentieri quello che interessa di più alle popolazioni della propria terra.

V.R. 18.6.15

Polveri del cantiere Tav: Arpa bacchetta Telt

Polveri del cantiere Tav: Arpa bacchetta Telt

Arpa ha reso pubblico il suo Report trimestrale Gennaio – Marzo 2015, Valutazione sintetica dei risultati del monitoraggio ambientale, componente atmosfera, relativo al cantiere del cunicolo esplorativo di Chiomonte. I dati riguardano solo il PM10 perché nel trimestre considerato la società Telt, incaricata di svolgere i lavori e diretta da Mario Virano, non ha svolto campagne di monitoraggio della qualità dell’aria (NO, NO2 e benzene; B(a)P e metalli sul PM10).

Nel periodo in esame vi sono stati 7 superamenti del limite giornaliero per la protezione della salute umana (50μg/m3) in ognuna delle stazioni di Chiomonte, Giaglione e Gravere. Anche nei primi 3 mesi del 2014 a Giaglione c’erano stati 7 superamenti del limite, mentre a Chiomonte e Gravere erano stati rispettivamente 2 e 4. Un numero inferiore rispetto a ciò che accade in alcune metropoli. E ci mancherebbe altro, considerando il parametro analizzato.

Non sono invece stati comunicati i superamenti presso la stazione della Maddalena e neppure i dati relativi all’interno del cantiere.

Due punti del report di Arpa hanno attirato la nostra attenzione. In ben sette schede settimanali, sulle dodici totali, Arpa lamenta il ritardo nella consegna dei dati o la loro mancanza senza relativa giustificazione da parte di Telt. Più della metà delle volte i dati sulle polveri sono arrivati in ritardo rispetto alle tempistiche concordate o incompleti rispetto ai punti di monitoraggio stabiliti. Lascia esterrefatti leggere, settimana dopo settimana, come Telt non rispetti le scadenze per la consegna dei dati di monitoraggio agli enti di controllo. Le tempistiche sono fondamentali per sapere cosa capita all’aria attorno al cantiere e per mettere in campo eventuali azioni correttive. Già Ltf, la società che ha preceduto Telt, talvolta non rispettava tempi e modi per la consegna dei dati del monitoraggio nonostante i richiami. C’è continuità nella protervia del soggetto promotore della Torino-Lione.

Il secondo punto che ha attirato la nostra attenzione è relativo a un problema riscontrato nel mese di marzo 2015; scrivono i tecnici di Arpa: “le uniche giornate che hanno mostrato una certa criticità sono il 13 e 14 marzo e 20 e 21 marzo con valori paragonabili a quelli della stazioni di To-Lingotto o leggermente superiori. […] TELT attribuiva le cause del superamento della soglia di attenzione (AA) ad una tendenza all’innalzamento dei valori su scala regionale, escludendo possibili responsabilità all’attività del cantiere. Arpa ritiene che il maggior aumento registrato nei siti più prossimi al cantiere, rispetto a quelli di Susa e Gravere, come meglio descritto nella scheda di verifica n. 10 del 26 marzo allegata, richiedesse un’indagine più approfondita circa le cause dell’evento.”

In pratica vi sono stati alcuni superamenti della soglia di attenzione per la concentrazione di polveri sottili. Telt attribuisce la colpa a cause esterne al cantiere. E Arpa afferma, sommessamente, che magari erano necessarie indagini più approfondite.

Proviamo a capire meglio. Nella scheda 10 del 26 Marzo Arpa scrive:

Nei giorni dal 12 al 14 marzo sono stati registrati degli innalzamenti dei valori del PM10 in tutti i siti presi in considerazione, con il superamento del limite giornaliero di 50 μg/m3.

Gli innalzamenti più considerevoli sono stati registrati in prossimità del cantiere (Chiomonte – Maddalena) e nei siti di Chiomonte – Scuola e Giaglione, più vicini al cantiere.

Nei siti di Gravere e Susa–Savoia le concentrazioni, pur registrando un innalzamento, si sono mantenute sui livelli di quelle registrate presso la cabina di monitoraggio ARPA di Susa.

Quanto sopra descritto fa ipotizzare che le attività del cantiere abbiano influenzato la qualità dell’aria nelle zone circostanti determinando un aumento più marcato delle concentrazioni di PM10 rispetto a quelle di fondo.

Si precisa inoltre che il rapporto settimanale redatto da Fenice per conto di TELT evidenziava il superamento, nei giorni dall’11 al 14 marzo, della soglia di attenzione rilevato dal contaparticelle ubicato in prossimità del cantiere. In conseguenza di questa segnalazione è verosimile che la ditta abbia approntato delle procedure per mitigare l’impatto delle attività, come dimostrato dal sostanziale riallineamento dei valori registrati nei giorni successivi.

Al momento attuale non risulta disponibile il Verbale di Riunione/Sopralluogo redatto da TELT rispetto al periodo preso in considerazione in questa scheda. Quando verrà inviato il predetto documento sarà necessario verificare quanto realizzato dalla ditta in relazione al superamento della soglia di attenzione riscontrata nell’area di cantiere.

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Nella successiva scheda, la numero 11 del 2 Aprile 2015, i tecnici di Arpa annotano che:

Rispetto a quanto evidenziato nella precedente scheda di verifica in relazione ai superamenti avvenuti nei giorni dall’11 al 14 marzo è stata presa visione del “Rapporto Settimanale Attività Eseguite – Monitoraggio Ambientale (MOA)” redatto dalla ditta in data 24/03/2015. In questo rapporto le cause del superamento della soglia di attenzione (AA) veniva attribuito ad una tendenza all’innalzamento dei valori su scala regionale, escludendo possibili responsabilità all’attività del cantiere.

Si ritiene che il maggior aumento registrato nei siti più prossimi al cantiere, rispetto a quelli di Susa e Gravere, come meglio descritto nella scheda di verifica n. 10 del 26 marzo scorso, richiedesse un’indagine più approfondita circa le cause dell’evento.

Anche noi crediamo che superamenti di questo tipo richiedano indagini più approfondite. TELT non è del medesimo avviso. Per noi questo atteggiamento non è accettabile e il 28 Giugno sarà una buona occasione per ricordarglielo.

Il problema Grecia spiegato in maniera chiara e comprensibile

Giancarlo Marcotti 14 giugno 2015 

“Se ho un debito di 10.000 euro ho davvero un grosso problema, se ho un debito di 10.000.000 di euro, ad avere un grosso problema … è il mio creditore”.

Come tutte le battute, se fa ridere, significa che nasconde un fondo di verità.

Figuratevi così se ho un debito di 330.000.000.000 (330 MILIARDI) di euro, ed in cassa non ho nemmeno un euro, che razza di problema ha il mio … anzi … i miei creditori.

Il debitore può persino riderci su, tanto, che può fare? Certo, i creditori non hanno molta voglia di ridere e pretenderebbero perlomeno che il debitore la smettesse di fare lo spiritoso e che invece dicesse loro in che modo intende pagare.

Ma che volete che faccia? Lui va avanti a divertirsi, povero lo è già, cosa pretendete? Che muoia di fame solo per restituire al massimo un 1 o un 2% del suo debito? Fare la fame per restituire circa 7 miliardi e rimanere con un debito di 323 miliardi? Dai, siamo seri.

Ed i creditori incalzano: dicci come intendi ritornarci i soldi che ti abbiamo prestato!

E lui: “Dunque, fra non molto saranno in scadenza 27 miliardi del mio debito, allora voi prestatemene altrettanti e io vi pago le rate in scadenza. Ah! Dimenticavo! Non deve essere un finanziamento a breve termine, altrimenti fra poco siamo ancora punto e a capo, diciamo che la scadenza del nuovo prestito sia … fra 30 anni! Ah, ancora una cosa! Naturalmente venitemi incontro con un tasso di interesse sopportabile, beh … diciamo … l’1,5%.”

A quel punto i creditori si alterano ed urlano: “Non siamo mica qua a farci prendere per il c…lo, è una proposta offensiva!”, ma si sentono rispondere: “Sentite, a suo tempo siete stati voi ad accogliermi nella Comunità, voi lo sapevate certamente in quale situazione mi trovavo, non raccontate la balla che ho truccato i conti, perché siete stati proprio voi a dirmi come dovevo truccare i conti, quindi non venite ora a farmi la morale, da voi non l’accetto!”

Ed ancora i creditori: “Dai, sei un politico anche tu, mettiti nei nostri panni, se ti diamo ancora i soldi i nostri elettori non ci votano più perché non vogliono che continuiamo a finanziarti, se non te li diamo i nostri elettori non ci votano più perché abbiamo perso 330 miliardi di euro, come ne usciamo?”

Ed il debitore “Quelli sono fatti vostri, i miei elettori mi hanno votato proprio per questo, sono già pieno di problemi, i vostri ve li dovete risolvere da soli”.

Tutto chiaro?

Solo una precisazione: non mi sono inventato nulla, soprattutto per quanto riguarda i numeri.

Giancarlo Marcotti per Finanza In Chiaro

NESSUNA TV TE LO RACCONTA’: LA FRANCIA NON STA’ RESPINGENDO GLI IMMIGRATI, LA VERITA’ E’ DI GRAN LUNGA PIU’ INQUIETANTE

La Francia chiude le frontiere e respinge gli immigrati? Falso. O meglio: è vero che ha chiuso le sue frontiere, è falso invece che stà respingendo gli immigrati. 

La realtà è ben diversa e ben più grave: la gendarmeria francese sta rastrellando le sue città e  deportando i clandestini, con furgoni, oltre il confine italiano affermando che gli stessi debbano stare da noi perché approdati in Italia.

 
Quindi non solo hanno chiuso le frontiere, ma violando gli accordi internazionali stanno letteralmente deportando tutti i clandestini che trovano in Francia in Italia!
 
La denuncia arriva dai portavoce del Movimento 5 Stelle presenti di persona a Ventimiglia ed è stata rilanciata dal blog di Beppe Grillo:

 

“Proprio in queste ore la Francia si sta macchiando di un crimine contro il diritto europeo ma anche contro l’umanità. La terrificante situazione dei migranti ai valichi di frontiera è un’offesa alla storia del vecchio continente. I nostri portavoce liguri sono andati direttamente a parlare coi migranti a Ventimiglia e quanto ci riportano è agghiacciante, si tratta infatti di persone che risiedevano già, seppur clandestinamente, in Francia, alcuni hanno scontrini di Parigi a testimoniarlo. La gendarmeria francese sta letteralmente rastrellando le sue città e deportando i clandestini, con furgoni, oltre il confine italiano affermando che gli stessi debbano stare da noi perché approdati in Italia. Peccato che, sia vero o meno, gli accordi internazionali parlino chiaro e dicano che il migrante va trattenuto dove viene identificato per la prima volta, quindi in Francia e non in Italia in questo caso.Ma com’è sta storia, l’Accordo di Dublino vale solo quando fa comodo a loro? Dov’è il Ministro degli Interni Angelino Alfano? Dov’è Matteo Renzi?”

Cattura

Migranti, la grande mistificazione

12.06.2015 – 11.6.2015, 23:57

Da set­ti­mane si agita lo spet­tro delle per­sone sbar­cate in Ita­lia per cer­care rifu­gio nel nostro o negli altri paesi euro­pei. In realtà, il loro numero dall’inizio dell’anno al 7 giu­gno è di 52.671. Quindi, poco più dei 47.708 regi­strati nello stesso periodo dell’anno scorso. Sulla base di que­sto trend è cal­co­la­bile un numero di 190.000 a fine anno (200.000 secondo altri). Come si giu­sti­fi­cano, allora, le posi­zioni estreme e i toni, talora quasi para­noici, rag­giunti nel dibat­tito su que­sto feno­meno in Ita­lia e in Europa? Dav­vero si vuol far cre­dere che l’arrivo di alcune cen­ti­naia di migliaia di per­sone costi­tui­sca una minac­cia per gli equi­li­bri eco­no­mici e sociali di un gruppo di paesi tra i più ric­chi del mondo?

In realtà, stiamo assi­stendo a una gros­so­lana mistificazione.

Intanto, sem­bra smar­rito ogni senso delle pro­por­zioni e si parla come se s’ignorassero dati di fatto signi­fi­ca­tivi. I paesi mem­bri dell’Ue, alla fine del 2013, con­ta­vano un numero di immi­grati di prima gene­ra­zione (cioè nati all’estero), rego­lar­mente regi­strati ed attivi nelle rispet­tive eco­no­mie assom­manti a più di 50 milioni, di cui circa 34 milioni nati in un paese non euro­peo. Que­sti immi­grati, come gli altri che li hanno pre­ce­duti, con­cor­rono diret­ta­mente alla pro­du­zione e alla ric­chezza di quei paesi. E non si vede pro­prio come nuovi flussi che si aggiun­gono a quelli regi­stra­tisi negli anni pre­ce­denti non pos­sono essere assor­biti con van­taggi demo­gra­fici, eco­no­mici e socio-culturali, solo che si adot­tino poli­ti­che appro­priate e posi­tive d’inclusione sociale.

In secondo luogo, invece di con­tra­stare sen­ti­menti xeno­fobi, che pure alli­gnano in parti della popo­la­zione, li si stru­men­ta­lizza e inco­rag­gia pur di gua­da­gnare con­sensi elet­to­rali nel modo più spre­giu­di­cato. L’esempio più vicino di tale irre­spon­sa­bile com­por­ta­mento viene dalle dichia­ra­zioni dei gover­na­tori di alcune delle regioni più ric­che del paese. Il loro lepe­ni­smo sem­bra igno­rare che pro­prio la van­tata ric­chezza di quelle regioni è dovuta anche al mas­sic­cio sfrut­ta­mento del lavoro degli immi­grati. Sfrut­ta­mento tanto più facile e pesante con i clan­de­stini. E que­sto ci porta dritto alla seconda misti­fi­ca­zione cui stiamo assi­stendo in Ita­lia e in Europa.

Indi­care gli immi­grati come una minac­cia serve a moti­vare misure di con­tra­sto e leggi restrit­tive che in realtà ser­vono a sfrut­tare al mas­simo il loro lavoro, indu­cen­doli a lavo­rare in nero, in impie­ghi pesanti e mal pagati, in affitto, a chia­mata e simili. Infatti, sono pro­prio le soglie di sbar­ra­mento all’integrazione, poste sem­pre più in basso, e il man­cato o dif­fi­col­toso rico­no­sci­mento dei diritti ai lavo­ra­tori immi­grati che per­met­tono ai gruppi diri­genti eco­no­mici e ai loro alleati poli­tici di sfrut­tare anche l’immigrazione per spin­gere verso la con­cor­renza al ribasso delle con­di­zioni di lavoro. In tal modo, si ren­dono più age­voli le poli­ti­che di restri­zione dei diritti dei lavo­ra­tori e di sman­tel­la­mento dello Stato sociale.

In terzo luogo, agi­tare lo spet­tro del peri­colo immi­gra­zione occulta altre respon­sa­bi­lità. Il fatto, cioè, che i mag­giori paesi euro­pei, Gran Bre­ta­gna e Fran­cia in testa, ma seguiti anche da Ger­ma­nia e Ita­lia si sono fatti pro­mo­tori, accanto agli Stati Uniti e insieme ad altri, di pesanti inter­venti politico-militari in Africa e in Medio Oriente. L’elenco è lungo. Si può comin­ciare dall’interminabile guerra in Afgha­ni­stan. Si può pro­se­guire con il sup­porto dato alla ribel­lione con­tro il regime siriano, rin­fo­co­lando con­flitti civili e reli­giosi che ora sfug­gono ad ogni con­trollo. Ancor più diretto è stato l’intervento in Libia, col risul­tato di una situa­zione, se pos­si­bile, ancor più con­fusa e ingo­ver­na­bile. Si è sof­fiato sul fuoco di vec­chi con­flitti tra le popo­la­zioni in Africa Centro-orientale per­se­guendo obiet­tivi tutt’altro che chiari. E lo stesso può dirsi per gli inter­venti in Mali e altri paesi.

Nel 2013, il numero di pro­fu­ghi che hanno cer­cato di fug­gire da zone di guerra, con­flitti civili, per­se­cu­zioni e vio­la­zioni dei diritti umani è stato di 51,2 milioni. Anche a con­si­de­rare circa un quinto di essi, vale a dire gli 11,7 milioni di per­sone che, in quell’anno, si tro­va­vano sotto il diretto man­dato dell’Alto com­mis­sa­riato per i rifu­giati delle nazioni unite e per i quali dispo­niamo di dati certi, vediamo che più della metà era costi­tuito da per­sone che fug­gi­vano dalla guerra in Afgha­ni­stan (2,5 milioni), dall’improvvisa defla­gra­zione del con­flitto in Siria (2,4 milioni), dalla recru­de­scenza degli scon­tri da tempo in atto in Soma­lia (1,1 milione). Ad essi segui­vano i pro­fu­ghi pro­ve­nienti dal Sudan, dalla Repub­blica demo­cra­tica del Congo, dal Myan­mar, dall’Iraq, dalla Colom­bia, dal Viet­nam, dall’Eritrea. Per un totale di altri 3 milioni, sem­pre nel solo 2013. Altri richie­denti asilo cer­ca­vano di scam­pare dai «nuovi» con­flitti in Mali e nella Repub­blica Centrafricana.

La grande mag­gio­ranza di que­ste e altri milioni di per­sone fug­gite da situa­zioni di peri­colo e sof­fe­renza, sem­pre nel 2013, non hanno cer­cato e tro­vato acco­glienza nei paesi più ric­chi d’Europa o negli Usa, bensì nei paesi più vicini. Paesi con un Pil pro capite basso e variante tra i 300 e i 1.500 dol­lari l’anno. Infatti, fin dallo scop­pio della guerra del 2001, il 95% degli afgani ha tro­vato rifu­gio in Paki­stan. Il Kenya ha accolto la mag­gio­ranza dei somali. Il Ciad molti suda­nesi. Men­tre altri somali e suda­nesi hanno tro­vato rifu­gio in Etio­pia, insieme a pro­fu­ghi eri­trei. I siriani si sono river­sati in mas­sima parte in Libano, Gior­da­nia e Tur­chia. Di fronte all’entità di que­sti flussi, il numero delle per­sone che, sem­pre nel 2013, hanno cer­cato pro­te­zione inter­na­zio­nale in 8 dei paesi più ric­chi dell’Ue, con Pil pro capite dai 33.000 ai 55.000 dol­lari, assom­mava a 360mila (pari all’83% dei rifu­giati in tutta l’Ue).

Que­sti dati di fatto dimo­strano l’assoluta man­canza di fon­da­mento e la totale stru­men­ta­lità che carat­te­rizza la discus­sione in atto tra i paesi mem­bri e le stesse isti­tu­zioni dell’Ue. Si discute di pat­tu­glia­menti navali, bom­bar­da­menti di bar­coni, per con­clu­dere con quello che viene defi­nito un «salto di qua­lità» nel dibat­tito e che con­si­ste­rebbe nella pro­po­sta di acco­gliere nei 28 paesi mem­bri dell’Ue un totale di 40.000 rifu­giati in due anni. Men­tre, nel 2013, Paki­stan, Iran, Libano, Gior­da­nia, Tur­chia, Kenya, Ciad, Etio­pia, da soli, ne hanno accolti 5.439.700. Il che signi­fica che un gruppo di paesi, il cui Pil è 1/5 di quello dei paesi dell’Ue, ha accolto in un anno un numero di immi­grati e rifu­giati che è 136 volte più grande del numero di quelli che sono dispo­sti ad acco­gliere i paesi della grande Europa in due anni! Ma per­fino que­sta misera pro­po­sta viene ora messa in discus­sione, dato anche l’atteggiamento nega­tivo di paesi come la Gran Bre­ta­gna e la Fran­cia, che pure si auto­de­fi­ni­scono grandi e civili. Lo spet­ta­colo di tanta pochezza poli­tica e morale induce a chie­dersi se i nostri gover­nanti e i diri­genti di Bru­xel­les si ren­dono conto che stanno asse­stando un altro colpo alla cre­di­bi­lità dell’Unione europea.

Sicilia intervista a Giancarlo Cancellieri sul viadotto

 http://www.tgvallesusa.it/2015/06/sicilia-intervista-a-giancarlo-cancellieri-sul-viadotto/
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Il paese di Caltavuturo in Sicilia si mobilita per ripristinare un viadotto. M5S in soccorso. Il PD polemizza. Intervista a Cancellieri (M5S) per capire.

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di Daniela Giuffrida.

Crolla un viadotto, un’isola resta tagliata in due, un centro abitato viene praticamente isolato dal resto del mondo, un gruppo di volontari si occupa di rimettere un po’ d’ordine nelle umane faccende e una “regia trazzera” dell’800 diventa strada. Un altro gruppo di “volontari” utilizza risparmi propri per rendere più idoneo agli usi, il lavoro dei primi, ma chi dovrebbe muoversi e fare qualcosa, attende sereno non si capisce bene cosa e urla e tuona contro chi qualcosa ha deciso di fare… Cose che succedono ordinariamente?

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Caltavuturo – Sicilia

Caltavuturo, provincia di Palermo, poco più di 4.000 anime vivono nel piccolo centro posto ai piedi del monte “Rocca di Sciara” nel parco delle Madonie.

Prima del crollo del viadotto Himera che ha tranciato la A19, isolando di fatto il piccolo centro, non molti conoscevano l’esistenza di questo paesino, eppure la storia racconta che nel 1893, durante la rivolta dei “fasci siciliani”, 500 contadini caltavuturesi si resero protagonisti di una occupazione simbolica di alcune terre e dispersi dai regi carabinieri sopraggiunti ben armati e agguerriti, in tredici rimasero uccisi su quei campi. Da lì partì una rivolta sociale in tutta l’isola, rivolta che si allargò anche alla penisola e che il governo Crispi riuscì a reprimere con arresti di massa ed esecuzioni sommarie, ma questa è un’altra storia, a noi è servita soltanto a far capire il carattere fiero dei protagonisti di questa storia.

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PALERMO 11.04.2015 – CROLLO VIADOTTO HIMERA TREMONZELLI AUTOSTRADA PALERMO CATANIA

E’ il 10 aprile scorso quando una frana vecchia di dieci anni, proveniente dalle colline di Scillato, scivola a valle, interrompe la SP24 che collega Caltavuturo allo svincolo autostradale di Scillato e si ferma contro i piloni del viadotto Himera, piegando in due quella A19 che da Catania conduce a Palermo e, insieme a lei, l’economia dell’isola che viaggia su gomme.

Per i cittadini di Caltavuturo non ci sono possibilità: se vogliono raggiungere Palermo devono inerpicarsi fino a Polizzi Generosa e peregrinare fra campagne e stradine di montagna ormai intasate dall’ alta densità di traffico, anche di mezzi pesanti e di linea. Densità di traffico che impone termini di percorrenza intorno ai 60/70 minuti, allora i caltavuturesi si organizzano.

“Alcuni volontari, fra i quali due imprenditori del luogo – ci racconta il deputato M5S Giancarlo Cancelleri, raggiunto telefonicamente – con la cartografia dei luoghi in mano e del tutto gratuitamente, di concerto con il Comune di Caltavuturo, si son fatti autorizzare da una conferenza di servizi indetta dallo stesso Comune e, individuata una “regia trazzera”, una strada sterrata usata anticamente per le transumanze, hanno deciso di farne un percorso alternativo che possa metterli in contatto con il capoluogo. Una bretella alternativa in attesa che le istituzioni, vittime delle lungaggini burocratiche possano, come di loro competenza, provvedere.”

“I volontari dunque hanno iniziato i lavori – continua Cancelleri – dotati dei permessi dell’Ente Parco Madonie e di quelli della Soprintendenza ai Lavori Pubblici regionale e dotati dei permessi e autorizzazioni vari concessi attraverso la conferenza dei servizi, sia dall’ex sindaco che da  quello attuale. Del resto la trazzera è regolarmente registrata presso l’ufficio regionale delle “regie trazzere”.”

Quindi sembra che tutto sia in regola. Ma la regia trazzera è interamente sterrata, ha una pendenza importante che permette di discenderla ma non di risalirla… poichè, fra l’altro, incombe su di lei un “divieto” gravato da sanzione amministrativa di 200 euro che impedisce agli abitanti dei luoghi di percorrerla in salita.

La buona volontà dei Caltavuturesi sembra destinata a soccombere alle difficoltà imposte dai luoghi, mentre i tempi proposti dall’Anas sono estremamente lunghi.

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Giancarlo Cancellieri consigliere ARS M5S

“Il progetto ufficiale dell’Anas  – riprende Cancelleri – prevede la realizzazione di una bretella “bypass”, nelle immediate vicinanze dell’autostrada, i tempi di realizzazione dall’appalto dell’opera alla ditta già individuata, alla consegna da parte della stessa dell’opera finita, sono di circa tre mesi, ma ancora non vi è un progetto e non sono stati ancora specificati alla ditta i lavori da fare. Sono già trascorsi due mesi e solo da poco è stato dichiarato lo stato di emergenza e nominato un commissario, ma tutto il resto tace ed il costo previsto per la realizzazione di questa bretella è di circa due milioni di euro.”  

“Per quanto riguarda il troncone da sostituire – aggiunge ancora il deputato pentastellato – in un arco di tempo previsto fra i 18 ed i 24 mesi, si dovrà prima demolire la campata i cui piloni sono stati interessati dalla frana, valutare l’idoneità statica dell’altra campata, e qualora questa fosse rimasta “illesa” si andrebbe a ricostruire soltanto la prima, con un impegno di spesa di 30 milioni di euro.”

A questo punto, un mese fa, sono intervenuti i parlamentari del M5S che, in questi mesi, hanno risparmiato del denaro, sottraendolo ai loro “stipendi”.

Questi, contattato il Comune e le due aziende che hanno già in parte recuperato la “regia trazzera” si son resi conto che il progetto degli stessi è già a buon punto e che per essere la trazzera  fruibile nei due sensi di marcia, come una normalissima strada, necessità di lavori come il rifacimento del manto stradale, la collocazione di guard rail e la dotazione di canali di scolo, oltre che della collocazione di due semafori per alternare il senso di marcia nei due tratti più ristretti.

Lavori per i quali, i loro 300. 000 euro sono sufficienti, infatti, il computo metrico redatto da tecnici del Comitato civico e del Comune, in 50 tavole prevede quest’onere di spesa. I tecnici hanno già verificato la stabilità della sede stradale ed hanno previsto l’uso del calcestruzzo per il manto stradale anziché l’asfalto, così da permettere una maggiore aderenza al suolo dei mezzi in transito, anche in salita. Ovviamente questa è una soluzione di emergenza e non definitiva ma può essere utile a snellire il traffico, limitando i disagi, in attesa che il percorso autostradale venga ripristinato.

Questa iniziativa ha dato fastidio alla classe politica siciliana, il centrodestra pare non si sia pronunciato, mentre il PD ha reagito in mala maniera. Il presidente Crocetta ha parlato di “inutili illusioni”, di demagogia politica e di “fragorose risate”, ha definito il progetto del M5S come un tentativo di voler “prosciugare il mare con un secchiello”. Possibile non ci si renda conto che si tratta di un provvedimento “tampone”, certamente non destinato a sostituire gli investimenti più elaborati e definitivi? Ci chiediamo se questa iniziativa dei 5 Stelle non sia vista da molti come una sorta di “schiaffo morale”, una presa di posizione attiva e fattiva contro lungaggini burocratiche che esasperano la popolazione, contro una classe politica che non si adopera in tempi accettabili ma che troppo spesso si limita a partecipare ai disastri di questo paese con messaggi di cordoglio piuttosto che con un silenzio assoluto e assordante.

“Noi stiamo mettendo i nostri soldi e la nostra faccia in questa cosa – conclude la nostra chiacchierata Giancarlo Cancelleri – consegneremo entro il mese di luglio ai Siciliani un’opera finita e completa, un’opera che di fatto limiterà disagi alla popolazione, in attesa dei provvedimenti di ripristino del normale percorso autostradale. Non ci interessano le polemiche sterili e basate sul nulla.

Abbiamo voluto far vedere che è possibile risolvere un problema “immediato” senza dover attendere tempi biblici, mi sembra un dato interessante che i cittadini siano stati e siano  in grado di intervenire in maniera intelligente e fattiva, laddove lo Stato latita, che siano in grado di organizzarsi e risolvere nell’immediatezza un problema così rilevante e urgente e soprattutto credo sia il caso di far notare alla classe politica dormiente, quando non indifferente, che i Siciliani si sono stancati, si sono rotti di lamentarsi, i siciliani sono in grado di rimboccarsi le maniche e di ricucire laddove lo Stato taglia e separa.”

(D.G. 16.06.15)

TAV DA LOW COST A STEW COST

Tav, cantiere e riflessioni sull’informazione poco informata.

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di Claudio Giorno.

La data del 14 giugno 2015 è destinata a segnare uno spartiacque nella storia del giornalismo d’inchiesta subalpino: per la prima volta una “cronaca dalla Lyonturin è stata scritta a quattro mani, abbandonando il tono deferente nei confronti dell’Osservatorio/era 1.0  (era Mariovirano): la gestione paritaria di Paolofoietta consente infatti quell’approccio che nel calcio la fa da padrone dai tempi di Massimo Caputi e del compianto Giacomo Bulgarelli che lo introdussero nella playstation (Renzie e Orfini ne vanno matti, mentre gli avversari perdono tempo con le elezioni): il commento affidato a un giornalista e a un esperto (in genere ex calciatore) che garantisce all’uno di dar sfogo alla sua verve spumeggiante e all’altro di dispensare pillole di competenza approfittando delle pause di gioco. Del resto proprio la “Grandeopera per eccellenza aveva già permesso di sperimentare con successo una accoppiata “vincente” quando lo stesso architetto – oggi presidente – aveva accompagnato (con la bibbia tascabile “Tav SI”)  la coraggiosa incursione nel mondo delle competenze trasportistiche di un allora semisconosciuto parlamentare Piddì. (Un uomo che si poteva capire sin da subitoche era pre-destinato a irrompere sulla scena nazionale con un balzo da canguro, per poi assumere poi il ruolo di moralizzatore del devastato partito romano)…

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la Sacra di San Michele confine ideale tra montagna, pianura e collina morenica, martoriata dalle cave con alto tenore di amianto, e che dovrebbe “assistere” allo scavo della galleria per Orbassano…

Ma torniamo alla data storica: “Un maxi tunnel sotto città e colline per agganciarsi alla Torino-Lione: il “maxi nodo” vale 3 miliardi”  titola “a colori” Paolo Griseri sulle pagine di solito un po’ grigie  Repubblica TO. Splendido esempio di sintesi (chi scrive avrebbe da imparare molto) perché in una riga e mezza dispensa almeno tre grandi notizie:

A) il ministro Delrio è vivo e lotta assieme a noi inaugurando il “passante” ferroviario sabaudo a poco più di un secolo dall’inizio lavori (il prebellico 1911 anche se va detto a onor del vero che il “nuovo impulso” venne dato da Regiopiemunt nel 1979).

B) Monti& Letta oltre che giubilati da Renzie sono pure stati fregati da Incalza & Co: il progettolow cost (solo il tunnel di valico) è in realtà uno “stew (spezzatino) cost”: prima ci facciamo dare i soldi dalla lobby di Brusselles per il grandebuco (in comode rate e impegnando sin d’ora la prossima legislatura chiunque vinca) e poi – (con lo stesso sperimentato metodo del dominodei cantieri, come Salernoreggio insegna) buchiamo collinamorenica, pianura ovest e nord della città) e (se il traffico ci assiste) anche l’Orsiera…Tutto come da (crono)programma…

C) a preventivo si fanno sempre miracoli: 4 mld per l’intero valico, 3 per traforare la spugna morenica, non pervenuto ma ipotizziamo 2 per la “gronda” Orbassano-Settimo e 1 per la Susavigliana…E’ col “lievito” che di solito abbiamo qualche problema in cucina…

Fin qui il titolo che – come si sa, e a maggior ragione in tempi in cui lettori (ed elettori) calano come un soufflè fallito – è l’unica cosa che leggono tutti. Ma per chi ha una ispirazione colta autentica –  è nel testo che si cerca di dare il meglio: come nel secondo con contorno di ogni pranzo che si rispetti:  scavare la galleria tra Avigliana e Orbassano è decisivo per «dare valore all’area logistica torinese, in caso contrario tagliata fuori dai flussi delle merci e dal valore aggiunto che rimane sul territorio in questi casi».

Gli avrebbe fatto eco il ministroinbicicletta che era sindaco di Reggioemilia quando a qualcuno venne in mente di togliere la treno il suo vero valore aggiunto: una stazione nel centro cittadino per realizzarla nel terreno agricolo tra autostrada e tav in un’area oggi deserta ma a futura speculazione immobiliarcommerciale garntita. “La Torinolione è strategica” avrebbe detto con una originalità da resuscitare un mammut, altro che gli elefanti di Annibale (ma questo a onor del vero Griseri&foietta ce lo hanno risparmiato, non potendo ancora sapere quel che il sostituto di Lupi avrebbe detto al popolo partitico plaudente)

Ma non ci hanno taciuto i numeri, come dire il dessert al cucchiaio:

dunque i treni che troveranno sfogo sul congestionatissimo asse est ovest tornano come per miracolo 300: era dai tempi delle brochure di Alpetunnel e delle “lezioni” del Professor Bottiglieri(segretario di Pininfarina) che non leggevamo più queste cifre…Del resto l’ex funzionario della Unione industriali di Torino fu premiato col ruolo di AD della Bre Be Mi dove le previsioni di traffico si sono rivelate fondamentali per il fallimento del “project financing” (chissà se lo sa il Giornalistagriseri che continua a dividere il mondo in “buoni” – lobby ferroviaria, e cattivi” – lobby autostradale, senza accorgersi che si tratta esattamente delle stesse persone, fisiche e “giuridiche”)…

Ma il clou (caffé e – come si dice qui in piemunt – il pusacafé ) lo si trova nella conclusione del pregevole testo, una vera “invenzione”  letteraria: “Le obiezioni di chi a suo tempo era stato contrario all’opera sono note: il traffico merci tra l’Italia e la Francia non sarà mai sufficiente a saturare una linea che oggi è utilizzata al di sotto delle sue capacità. Foietta sorride. Stiamo parlando in piedi, sul Frecciarossa che da Expo torna a Torino. Non siamo gli unici a non aver trovato posto a sedere. Ci sono altri abbonati che stazionano nei corridoio, davanti alle porte di discesa. Il treno è esaurito e non è l’unico. Spesso sulla tratta Torino-Milano è così. E altrettanto spesso non si trovano biglietti economici nemmeno sulla Torino-Roma. Foietta chiede: «Quanti erano coloro che al momento della costruzione di questa linea sostenevano che sarebbe stata una grande opera inutile?».

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 “Nel blu dipinto da Blu”: il murales realizzato dal noto artista sotto il sovrappasso di Chiomonte della Torinolione “esistente” sulla statale 24 del Monginevro

Ricapitoliamole queste obiezioni: sono consolidate e nessuno dei proponenti aveva sin qui azzardato contestarle, neanche gli “esperti di stato” nella “risposta ufficiale” diPalazzochigi (sul sito del Governo!) ai tecnici della Comunità Montana. Aggiungiamo – per comodità dei due pendolari di MITO che sono dati che si trova freschi di stampa su “Si Tav No Tav”, il libro coordinato da Luca Giunti e scritto con Luca Mercalli e i tantissimi esperti che in questi anni hanno collaborato senza percepire un centesimo di euro con tre “generazioni” di amministratori eletti democraticamente in Val di Susa. Quelli qui citati sono opera del prof. Angelo Tartaglia e dell’ing. Roberto Vela e certificano che la realizzazione della costosissima tratta AV Torino Milano fu decisa in due fasi: prima la tratta tra Torino e Novara (comprensiva del rifacimento a spese del contribuente di sovrappassi e svincoli autostradali!)  giustificata con il numero di 160 treni/gg di cui 56 merci! Successivamente (dopo la sbornia debitoria olimpica) vene approvata la tratta tra Novara e Milano ipotizzando un più prudentemente 60 treni/giorno di cui 6 merci! E pazienza per i merci che sarebbero tutti stati assorbiti dal buconero di Novara Boschetto (con buona pace del SITOrbassano di Fojetta e della Pechinotorino di Faxino, e che a oggi sono uno zero tondo; ma, con tutta la buona volontà, viene difficile immaginarsi 50 frecce rosse al giorno che fanno capolinea a Novara per servire un numero di passeggeri paragonabile ai residenti della cittadina di Oscar Luigi Scalfaro…In ogni caso chiunque apra oggi il sitowww.lefrecce.it/ può facilmente constatare come siano 24 (x 2) il treni ad alta velocità disponibili tra le 6 e le 23 in un qualsiasi gg feriale da e per Milano + 4 x 2 “italo di Montezemolo” (fin che ci sono)…E chiunque non sia disponibile a farsi ubriacare dai fasti sociali per liberisti della Città metropolitana sa che su quei treni – e su quella tratta – si viaggia in piedi anche perché Angusta (già Augusta) Taurinorum è stata ridotta a dormitorio per un numero crescente di Vip pendolari che non staccherebbero il, naso dal tablet o dallo smartphone (sintonizzato h 24 sulle quotazioni di borsa) neanche se dovesse pararglisi davanti Corrado Passera in persona! E allora di cosa stiamo parlando (scrivendo?) di treni riempiti “artificialmente” ma soprattutto perché troppo pochi rispetto a quelli promessi per giustificare i “piani finanziari” di linee che neanche gli artifici contabili di Ercole Incalza potranno evitare diventino altra insostenibile zavorra dell’unico record mondiale rimasto all’Italia: quello del debito pubblico.

Borgone Susa, 16 giugno 2015 – Claudio Giorno