Recintata a Radimero “l’area della Talpa”. Oggi ore 18 tutti ad Arquata

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03 giugno 2015

Questa mattina hanno recintato l’area del cantiere di Radimero dove dovrà essere portata “la talpa” e su cui sorgeva una parte del Presidio No Tav. Appuntamento oggi alle 18 alle Vaie ad Arquata per dare una prima risposta popolare. Forza No Tav, è il momento di esserci tutti! Fate girare!

La Terza Guerra Mondiale comincerà con il bombardamento di Russia Today da parte del Pentagono – Kusturica

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Il pluripremiato regista e musicista serbo Emir Kusturica ritiene che quando Washington eventualmente inizierà la Terza Guerra Mondiale, Russia Today sarà uno dei suoi primi e principali obiettivi, essendo un’arma estremamente potente che sfida la propaganda di Stato statunitense.
In un articolo pubblicato dal quotidiano serbo Politika, Kusturica ha paragonato RT ai più potenti armamenti russi, specificatamente l’SS-18, un missile balistico intercontinentale denominato “Satana” dalla NATO: “Il diavolo non arriva mai da solo! Contemporaneamente a questo missile e a numerose altre innovazioni, nell’arsenale russo è apparso anche il canale televisivo RT.”
 
La catena RT, dice Kusturica, sta distruggendo “lo stereotipo dei Buoni e dei Cattivi a marchio Hollywood-CNN, dove Neri, Ispanici, Russi, Serbi sono i malvagi, e i bianchi Americani, ovunque tu guardi, sono OK!”.
“[Il Segretario di Stato USA] Kerry e i congressisti sono preoccupati dal fatto che RT manda segnali che il mondo non è determinato dall’inevitabilità del capitalismo liberale, che gli Stati Uniti stanno portando il mondo nel caos, che Monsanto non produce cibo sano, che la Coca Cola è ideale per pulire i cerchioni dell’auto e non per lo stomaco umano, che in Serbia la percentuale di persone morte di cancro è aumentata vertiginosamente a seguito dei bombardamenti NATO del 1999… che le impronte della CIA sono sulla crisi ucraina, e che Blackwater sparò alla polizia ucraina, e non gli attivisti di Maidan”, ha sostenuto il regista.
 
La maggior parte di ciò che Kusturica menziona nell’articolo, invero, sono argomenti che RT affronta in maniera estensiva… tranne forse le proprietà pulitive della Coca Cola.
RT è una vera minaccia alla propaganda di Stato statunitense in quanto raggiunge gli Americani “nelle proprie case, in perfetto Inglese, meglio di quanto succeda sulla CNN”. Ed ecco perché, secondo il regista, Washington potrebbe stufarsi e cercare di zittire RT con la forza – in modo molto simile a quanto la NATO fece con la televisione statale della Serbia nell’aprile 1999.
 
Di contro, prevede Kusturica, Mosca distruggerebbe la CNN, che egli considera la porta-bandiera della propaganda filo-americana: “La CNN in diretta televisiva sino dagli anni ’90 assicura che l’America conduce azioni umanitarie, e non guerre, e che i suoi aerei militari lanciano angeli, non bombe!”.
 
Fino a quando il Pentagono ricorrerà alla forza, ritiene Kusturica, “RT demistificherà sempre più il Sogno Americano e rivelerà in prima serata la verità nascosta per decenni agli occhi e ai cuori dell’Americano medio”.
Nato in quella che oggi è la Bosnia-Erzegovina, Emir Kusturica è un regista, attore e musicista serbo sessantenne. Ha vinto numerosi premi internazionali per i suoi film, ed è stato designato ambasciatore della Serbia presso l’UNICEF nel 2007.
 
Fonte – traduzione di F. Roberti
 
[Kusturica: “Perché la NATO esiste ancora? Per combattere il terrorismo? E’ ridicolo!”]
 

TTIP: la legge che dà il potere alle grandi compagnie

ma per fortuna che la battaglia contro il TTIP è nelle mani dei “giusti”, quelli dalla parte dei deboli che vincono sempre le lotte intraprese…
Eppur si muovono solo contro la lega, deve essere peggio del TTIP, in fondo è la volontà dei nostri liberatori……Nuova immagine (5) 

di Paul Craig Roberts

I Partenariati Transatlantico e Transpacifico per il Commercio e l’Investimento non hanno nulla a che fare con il libero scambio. Il “libero scambio” è il pretesto usato per nascondere il potere che questi accordi conferiscono alle grandi compagnie di non rispettare, tramite cause legali, le leggi nazionali che regolano l’inquinamento, la sicurezza alimentare, gli OGM e il salario minimo.
 
La prima cosa da capire è che questi cosiddetti “partenariati” non sono leggi scritte dal Congresso. La costituzione degli USA attribuisce al Congresso il potere legislativo, ma queste leggi stanno venendo scritte senza la partecipazione del Congresso; esse sono redatte dalle grandi compagnie a esclusivo vantaggio del loro potere e profitto. E’ stato istituito l’ufficio del Rappresentante per il Commercio USA proprio per permettere alle compagnie di scrivere leggi che servono solo i loro interessi. La frode così perpetrata verso la costituzione e il popolo viene mascherata definendo queste leggi commerciali “trattati”.
 
Addirittura, al Congresso non è nemmeno permesso conoscere il contenuto delle leggi, e deve limitarsi ad accettare o rifiutare quanto viene sottoposto al suo voto. Il Congresso di solito accetta, perché “è stato fatto così tanto lavoro” e “il libero scambio farà bene a tutti”.
La stampa, prostituita al potere, ha sviato l’attenzione dal contenuto delle leggi da approvare “con procedura accelerata”. Quando il Congresso vota con tale procedura, significa che accetta il fatto che le compagnie scrivano le leggi commerciali senza la sua partecipazione. Perfino le critiche ai “partenariati” sono fumo negli occhi. I paesi accusati di sfruttare il lavoro degli schiavi ne potrebbero essere esclusi, e invece non lo sono. I patrioti lamentano che la sovranità statunitense viene violata da parte di “interessi stranieri”, ma in realtà essa è violata dalle compagnie statunitensi. Altri affermano che verranno trasferiti all’estero ancora più posti di lavoro, quando di fatto non servono i “partenariati” per far procedere la perdita di posto di lavoro americani, visto che nulla ormai ne impedisce o scoraggia il trasferimento all’estero.
 
Quello che i “partenariati” fanno è rendere le compagnie private immuni alle leggi dei paesi sovrani, secondo il principio secondo il quale le leggi nazionali hanno un impatto negativo sui profitti aziendali e costituiscono “restrizioni al libero scambio”.
Per esempio, con il Partenariato Transatlantico le leggi francesi contro gli OGM verrebbero annullate da cause legali fatte da Monsanto, in quanto “restrizioni al libero scambio”. I paesi che prevedono esami sul cibo importato, come quelli effettuati sul maiale per la trichinosi e la fumigazione, sarebbero soggetti a cause da parte delle compagnie, perché tali norme aumentano il costo delle importazioni. I paesi che non garantiscono il monopolio ai prodotti farmaceutici e chimici di marca, e permettono al loro posto i generici, potrebbero subire richieste di danni da parte delle compagnie.
 
Lo stesso Obama non ha voce nel processo. Ecco quello che sta succedendo: il Rappresentante per il Commercio è un tirapiedi delle compagnie private, pagato fino a un milione di dollari l’anno. Le compagnie hanno corrotto i dirigenti politici di ogni paese per far loro firmare la cessione della sovranità e del benessere generale dei loro popoli alle compagnie private. Le compagnie hanno pagato ai senatori statunitensi grandi somme per farsi attribuire il potere legislativo del Congresso (Vedi: The Guardian.com/corporations paid us-senators fast track tpp ) .Quando questi “partenariati” verranno approvati, nessun paese firmatario avrà più alcun potere di legislare o far rispettare una legge che una qualsiasi compagnia consideri svantaggiosa.
Sì, quello che prometteva a gran voce il cambiamento in effetti lo sta portando. Sta consegnando l’Asia, l’Europa e gli USA al dominio delle grandi compagnie.
 
Solo quanti hanno venduto la loro integrità per denaro firmano questi accordi. A quanto pare la Merkel, vassalla di Washington, è una di loro (nota: stesso discorso per il premier  Matteo Renzi il quale ha dichiarato “un fatto prioritario la firma del trattato da parte dell’Italia”)(Vedi: sputniknews.com/politics/) Vedi: Renzi:  (“il TTIP ha l’appoggio totale e incondizionato del governo italiano”)
 
Secondo i resoconti dei media, entrambi i maggiori partiti politici francesi si sono venduti alle grandi compagnie, ma non il Front National di Marine Le Pen. Alle ultime elezioni europee i partiti dissidenti, come quelli della Le Pen e di Farage, hanno prevalso sui partiti tradizionali, ma i dissidenti non hanno ancora prevalso nei loro rispettivi paesi. Marine Le Pen contesta la segretezza degli accordi che istituiscono di fatto il dominio delle compagnie. Unica leader in Europa, ella afferma:
 
“E’ vitale che il popolo francese conosca il contenuto del TTIP e le sue motivazioni per poterlo combattere. Perché i nostri compatrioti devono poter scegliere il loro futuro e un modello di società a loro confacente, non uno imposto dalle multinazionali avide di profitto, dai tecnocrati di Bruxelles comprati dalle lobby, e dai politici del partito UMP [quello dell’ex presidente Sarkozy], sottoposto a questi tecnocrati.”
 
E’ vitale che anche il popolo americano sappia, e invece non è permesso sapere nemmeno al Congresso. Come funziona, questa “libertà e democrazia” che gli americani presumono di avere, quando né al popolo né ai suoi rappresentanti eletti viene permesso di partecipare alla stesura di leggi che rendono possibile alle compagnie private negare la funzione legislativa dei governi e porre il profitto aziendale al di sopra del benessere generale?
 
Traduzione: Anacronista

Roma, ecco il campo profughi per italiani

ma perché gli italiani sono poveri? Non hanno tante case che non usano ma per razzismo non vogliono dare agli stranieri?
Ma qualora vi fossero italiani indigenti, non viene data loro una casa e fornito il vitto???? No? Ovvio che sì, è tutta propaganda così come non è vero che gli italiani che perdono il lavoro e non possono pagare mutuo e affitto vengono sfrattati, paga lo stato vero?!?!!

Alla periferia nord di Roma, un movimento di estrema destra ha allestito il primo campo profughi per italiani, come segno di protesta per l’assegnazione di uno stabile di fronte agli immigrati

28 maggio 2015
 
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Quello che sta succedendo in Italia, è diventato ormai una polveriera che rischia di esplodere da un momento all’altro. Nella guerra tra poveri che sta tristemente andando in atto nel nostro Belpaese, a perdere siamo tutti, dagli italiani agli immigrati. L’idea che qualcuno stia lucrando sugli sbarchi dall’Africa, poi, non fa altro che aumentare il senso di nausea che ognuno di noi prova in questo momento, se riflette un attimo e pensa a chi sia il vero responsabile di questa situazione.
 
A nostro modesto parere, le posizioni espresse da Salvini a più riprese sulla questione immigrazione, di certo non aiutano ad uscirne fuori: fare gli schieramenti italiani contro resto del mondo non fa bene a nessuno, men che meno a quegli italiani che Salvini dice di voler tutelare. Ma si sa, siamo in campagna elettorale, e in momenti difficili come questo andare a ‘solleticare’ la pancia degli italiani porta voti.
 
Proprio come quello che i movimenti di estrema destra stanno facendo alla periferia di Roma, facendo diventare un problema di alcuni italiani uno scontro frontale contro i profughi. Nell’ex scuola di Casale San Nicola, infatti, è previsto l’arrivo di 100 profughi; la notizia spacca il quartiere, diviso tra chi pensa di accoglierli e chi dice “prima gli italiani”.
 
‘Nessuno tocchi il mio popolo‘, questo il nome del movimento di estrema destra di cui parliamo, ha messo in piedi il primo campo profughi per italiani, proprio a pochi metri dalla scuola: “Quando la gente che dorme in macchina vedrà i clandestini con i loro cellulari ospitati in uno spazio con acqua e luce succederà un macello”.
 
Tra chi si dice favorevole all’arrivo dei migranti, l’incubo peggiore “è che qui diventi una seconda Tor Sapienza con questa gente che faccia una vera e propria sommossa contro i profughi”. Rischio che, a quanto pare, non sembra interessare ai movimenti di destra che hanno organizzato questa protesta.

Era meglio lavorare nel Medioevo

dedicato a Giovanotti ed al suo “invito” a lavorare gratis (quanti concerti ha fatto gratis?)

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giugno 03 2015
 
I servi, nel Medioevo, lavoravano al massimo nove ore. E facevano delle pause, che persino secondo i loro padroni, erano dovute. I nostri antenati possono, in realtà, non essere stati ricchi, ma avevano abbondanza di tempo libero. E grazie al capitalismo siamo molto più schiavi di loro, da ‘The Overworked American: The Unexpected Decline of Leisure’  (Lo statunitense oberato di lavoro: l’inatteso declino del tempo libero).
 
“Il lavoratore si prenderà un lungo riposo al mattino; buona parte del giorno sarà trascorsa prima che venga al suo lavoro; poi deve fare colazione, come se non l’avesse fatta alla sua ora solita o altrimenti ci sono musi lunghi e mugugni; quando scocca l’ora abbandonerà il suo carico in mezzo alla strada e qualsiasi cosa stia facendo l’abbandonerà al suo stato, anche se molte volte si è guastata prima che torni; non può trascurare il suo pasto, qualsiasi pericolo incomba sulla sua opera. A mezzogiorno deve fare la pennichella, poi la sua bevutina nel pomeriggio, che consuma gran parte del giorno; e quando a sera arriva l’ora, al primo tocco dell’orologio getta i suoi arnesi e lascia il lavoro in qualsiasi stato o necessità si trovi.James Pilkington, Vescovo di Durham, circa 1570
 
Uno dei miti più duraturi del capitalismo è che avrebbe ridotto la fatica umana. Questo mito è solitamente difeso paragonando la moderna settimana lavorativa di quaranta ore con la sua omologa di settanta o ottanta ore nel diciannovesimo secolo. Il presupposto implicito – ma raramente espresso chiaramente – è che per secolo era prevalso lo standard di ottanta ore. Il paragone evoca la triste vita del contadino medievale, all’opera dall’alba al tramonto. Ci viene chiesto di immaginare l’artigiano specializzato in una soffitta fredda e umida che si alza prima del levar del sole e lavora alla luce di candela fino a tardi la notte.
 
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Queste immagini sono proiezioni nel passato di modelli di lavoro moderni. E sono false.Prima del capitalismo la maggior parte delle persone non lavorava per nulla molto a lungo. Il ritmo della vita era lento, persino tranquillo; il ritmo del lavoro rilassato. I nostri antenati possono non essere stati ricchi, ma avevano abbondanza di tempo libero. Quando il capitalismo ha aumentato i loro redditi, si è anche preso il loro tempo. In realtà ci sono buoni motivi per ritenere che le ore lavorative a metà del diciannovesimo secolo costituiscano lo sforzo lavorativo più prodigioso dell’intera storia del genere umano.
 
Dobbiamo, perciò, assumere una prospettiva più a lungo termine e guardarci indietro non di soli cento anni, ma di tre, quattro, persino sei o settecento anni. Si consideri l’ordinaria giornata di lavoro nel periodo medievale. Andava dall’alba al tramonto (sedici ore in estate e otto in inverno), ma, come ha osservato il vescovo Pilkington, il lavoro era intermittente; prevedeva una sosta per colazione, per pranzo e per il consueto sonnellino pomeridiano, e per cena. A seconda del tempo e del luogo, c’erano anche pause per spuntini di metà mattina e metà pomeriggio. Questi periodi di riposo erano diritti tradizionali dei lavoratori, di cui godevano anche al picco dell’epoca del raccolto. Nei periodi di rallentamento, che costituivano gran parte dell’anno, il rispetto di orari regolari di lavoro non era usuale. Secondo il professore di Oxford James E. Thorold Rogers [1], la giornata lavorativa medievale non durava più di otto ore. I lavoratori che parteciparono al movimento per le otto ore alla fine del diciannovesimo secolo non fecero che “semplicemente battersi per recuperare l’orario di lavoro dei loro antenati di quattro o cinque secoli addietro”.
 
Un elemento importante di prova a proposito della giornata lavorativa è che era molto insolito che ai lavoratori servili fosse chiesto di lavorare una giornata intera per un signore. Una giornata di lavoro era considerata metà di un giorno e se un servo lavorava un giorno intero ciò era conteggiato come “due giorni di lavoro” [2]. Sono disponibili resoconti dettagliati della giornata lavorativa degli artigiani. Dai dati di Knoop e Jones sul quattordicesimo secolo risulta una media annua di nove ore (esclusi pasti e le pause) [3]. I dati di Brown, Colwin e Taylor relativi ai muratori suggeriscono una giornata lavorativa media di 8,6 ore [4].
 
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Il contrasto tra i modelli lavorativi capitalista e precapitalista sono assolutamente impressionanti riguardo all’anno lavorativo. Il calendario medievale era pieno di festività. Le feste ufficiali – cioè religiose – includevano non soltanto lunghe “vacanze” a Natale, Pasqua e a mezza estate, ma anche numerosi giorni dei santi e di riposo. Erano trascorsi sia in sobrie frequentazioni della chiesa sia in festeggiamenti, bevute e divertimenti. In aggiunta alle celebrazioni ufficiali , c’erano spesso settimane di astensione dal lavoro, per segnare eventi importanti della vita (nozze e funerali) così come eventi di minore importanza (inaugurazione di taverne, feste di Pentecoste, feste della birra [l’autrice utilizza qui termini, probabilmente medievali, di cui non ho potuto rintracciare il significato; la traduzione è largamente intuitiva – n.d.t.). Tutto considerato, il tempo libero per le feste nell’Inghilterra medievale occupava probabilmente un terzo dell’anno.  Dell’ancien régime francese è riferito che garantiva cinquantadue domeniche, novanta giorni di riposo e trentotto festività. In Spagna viaggiatori segnalarono che le feste coprivano in totale cinque mesi ogni anno [5].
 
Il tempo libero del contadino si estendeva oltre le feste sanzionate ufficialmente. Esistono prove considerevoli di quella che gli economisti la curva retrograda della domanda di lavoro, l’idea che quando i salari aumentano i lavoratori offrono meno lavoro. Durante un periodo di salari insolitamente alti (la fine del quattordicesimo secolo) molti lavoratori si rifiutarono di lavorare “per un anno, un semestre o per qualsiasi altro periodo consueto, ma solo a giornata”.  E lavoravano soltanto per i giorni necessari a guadagnare il loro reddito abituale, che in questo caso corrispondeva a circa 120 giorni di lavoro l’anno, per un totale probabile di sole 1.440 ore l’anno (questa stima presume una giornata di dodici ore, perché le giornate lavorate erano probabilmente quelle primaverili, estive e autunnali). Una stima del tredicesimo secolo rileva che intere famiglie contadine non dedicavano alla loro terra più di 150 giorni l’anno. Dati feudali dell’Inghilterra del quattordicesimo secolo indicano un anno lavorativo estremamente breve – 175 giorni – per i lavoratori servili. Evidenze successive relative a coltivatori-minatori, un gruppo che aveva il controllo del proprio orario lavorativo, indicano che lavoravano solo 180 giorni l’anno.
 
FONTI
 
[1] James E. Thorold Rogers, Six Centuries of Work and Wages (London: Allen and Unwin, 1949), 542-43.
 
[2] H.S. Bennett, Life on the English Manor (Cambridge: Cambridge University Press, 1960), 104-6.
 
[3] Douglas Knoop and G.P. Jones, The Medieval Mason (New York: Barnes and Noble, 1967), 105.
 
[4] R. Allen Brown, H.M. Colvin, and A.J. Taylor, The History of the King’s Works, vol. I, the Middle Ages (London: Her Majesty’s Stationary Office, 1963).
 
[5] Edith Rodgers, Discussion of Holidays in the Later Middle Ages (New York: Columbia University Press, 1940), 10-11. Vedasi anche C.R. Cheney, “Rules for the observance of feast-days in medieval England”, Bulletin of the Institute of Historical Research 34, 90, 117-29 (1961).
 
OTTO SECOLI DI ORE LAVORATIVE ANNUALI
 
TREDICESIMO SECOLO: Contadino maschio adulto, Inghilterra: 1620 ore.
 
[Calcolate dalla stima di Gregory Clark di 150 giorni per famiglia; presume 12 ore il giorno, 135 giorni l’anno per il maschio adulto (“Impatience, Poverty and Open Field Agriculture”, mimeo, 1986]
 
QUATTORDICESIMO SECOLO: Lavoratore generico, Inghilterra: 1440 ore.
 
[Calcolate dalla stima di Nora Ritchie di 120 giorni l’anno. Presume giornate lavorative di 12 ore. (“Labour conditions in Essex in the reign of Richard II”, in “Essays in Economic History”, a cura di E.M. Carus-Wilson, vol. II, Londra: Edward Arnold, 1962].
 
MEDIO EVO: Lavoratore inglese: 2309 ore.
 
[Stima di Juliet Schor di un lavoratore medievale medio che lavorava due terzi dell’anno per 9,5 ore il giorno].
 
1400-1600: Coltivatore-minatore, maschio adulto, Inghilterra: 1980 ore.
 
[Calcolate dalla stima di Ian Blanchard di 180 giorni l’anno. Presume giornate lavorative di 11 ore (“Labour productivity and work psychology in the English mining industry, 1400-1600”)  Economic History Review, 31, 23 (1978).]
 
1840: Lavoratore medio, Inghilterra: 3105-3188 ore.
 
[Sulla base di una settimana di 69 ore: ore da W.S.Woytinsky “Hours of labor”, in Encyclopedia of the Social Sciences, VOL III (New York: Macmillan, 1935); la stima inferiore assume 45 settimane l’anno; la stima superiore assume 52 settimane l’anno.]
 
1850: Lavoratore medio, USA: 3150-3650 ore.
 
[Sulla base di settimane di 70 ore; ore da Joseph Zeisel, “The workweek in American industry, 1850-1956”, Monthly Labor Review 81, 23-29 (1958). La stima inferiore assume 45 settimane l’anno; la stima superiore assume 52 settimane l’anno.]
 
1987: Lavoratore medio, USA: 1949 ore.
 
[Da “The Overworked American: The Unexpected Decline of Leisure”, di Juliet B. Schor, tabella 2.4.]
 
1988: Operai dell’industria, Inghilterra: 1856 ore.
 
[Calcolo da dati del Servizio Statistiche del Lavoro, Ufficio della Produttività e della Tecnologia.
 
 
Tratto da: comune-info.net
 
Fonte articolo originale: groups.csail.mit.edu traduzione di Giuseppe Volpe per Z Net

FILIPPO BOVO : LES RESPONSABILITES DE L’UNION EUROPEENNE EN LIBYE

# EODE-TV/  / SUR AFRIQUE MEDIA TV (31 MAI 2015)

 Les experts internationaux de EODE sur les médias …

EODE-TV & AFRIQUE MEDIA TV / Avec EODE Press Office/ 2015 05 31/

 Intervention de Filippo BOVO,

Journaliste italien, membre du Conseil des Experts d’EODE :

 Video sur le Website d’EODE-TV https://vimeo.com/129592463

 EODE-TV - EXPERTS bovo UE LIBYE (2015 05 31)  FR (1)

L’introduction  de Bachir Mohamed LADAN :

Libye/Union Européenne : les projets d’interventions de l’UE dans la Libye post-Kadhafi ?

Quelles responsabilités pour Bruxelles en  Libye : destruction de la Jamahiriya, djihadisme, chaos en Afrique saharienne, immigration sauvage ?

 EODE-TV - EXPERTS bovo UE LIBYE (2015 05 31)  FR (2)

Bio express de Filippo Bovo :

(Pisa, 1983), est un écrivain et journaliste autodidacte, directeur du nouveau journal “L’Opinione Pubblica”.

Pour la maison d’édition “ANTEO EDIZIONI”, il a écrit

– “ISIS – Une menace pour l’islam”,

– “le Yémen – Une nation au centre de la planche»

– et a été co-auteur de “Bataille pour le Donbass”.

 Diffusé sur AFRIQUE MEDIA TV

dimanche 31 mai 2015 dans l’émission ‘Le Débat Panafricain’

présenté par Bachir Mohamed Ladan.

 EODE-TV / EODE Press Office /

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EODE-TV sur Vimeo: https://vimeo.com/eodetv

La favola della “moralizzazione del calcio mondiale” made in Usa

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giugno 03 2015
 
– di Enrico Galoppini –
 
Tra i problemi in sospeso che gli Stati Uniti hanno con l’Europa ce n’è uno che riguarda lo sport. Ovvero quegli sport più popolari nel nostro continente che, tra gli altri, annoverano il calcio e il ciclismo.
È una questione d’immagine. Di psicologia delle masse.
Disponendo di una squadra o un campione che eccelle in una disciplina sportiva, una nazione diventa automaticamente familiare o addirittura simpatica nelle altre nazioni dove quella disciplina è amata e praticata.
Per questo, facciamo notare, c’è tutto un periodo – che guarda caso coincide con l’impegno militare in Vietnam – durante il quale negli Usa scoppia la mania per le arti marziali orientali.
Ma il problema con l’Europa non è temporaneo. Affonda le sue radici fin dall’inizio, cioè da quando i “padri fondatori” dell’America se ne andarono maledicendo quella terra (e quella gente) che li aveva costretti all’esilio in quanto “eretici”. E questo nonostante tutta la storia successiva, che ha visto anche la “liberazione”, la quale non dev’esser penetrata così a fondo nella coscienza profonda dei popoli europei se ancora oggi c’è bisogno di puntellarne la leggenda con dosi sempre più massicce di propaganda.
 
La propaganda è un elemento essenziale della politica estera americana, tanto che ad essa vengono destinate risorse praticamente illimitate per coprire ogni ambito, dalla scienza alla cultura, dal cinema allo sport.
E così veniamo a quest’ultimo “scandalo” che ha per protagonista la Fifa, il massimo organo rappresentativo del calcio a livello mondiale, e la gestione operatane da parte della sua dirigenza.
I “fatti” sono più o meno noti. Nel senso che tutti hanno visto gli agenti dell’Fbi (come non vederli con le magliette ‘pubblicitarie’ che indossano) irrompere nel “palazzo” per arrestare i malfattori.
 
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Che devono averla combinata davvero grossa, se nel 2018 la fase finale del mondiali di calcio si terrà in Russia e, come si afferma da più parti, si stava valutando la delicata posizione israeliana dopo il riconoscimento dello Stato di Palestina e della corrispondente federazione calcistica. Insomma, Israele che rischia di fare la fine del Sud Africa dell’apartheid, se non la smette di trattare i palestinesi (giocatori compresi) come animali.
 
I mondiali del 2022, invece, sono previsti in Qatar, cosicché non sono mancate le solite sceneggiate degli “attivisti” (si noti anche la macabra esposizione di una “testa di Blatter” all’interno di una gabbia, in stile Isis). Fumo negli occhi, questo dei “diritti dei lavoratori” immigrati nell’emirato, per contestare il presidente Blatter e spodestarlo da una “poltrona” che occupa da diciassette anni. “Troppi”, dicono, condizionando così buona parte dell’opinione pubblica abituata a belare a comando contro il potente di turno additato al pubblico ludibrio.
 
Ma è credibile l’America quando afferma, per bocca del suo Ministro della Giustizia (un controsenso, nella patria del “libero mercato”): “Sradicheremo la corruzione dal calcio mondiale”?
Certo che no, ma questa sparata serve a far passare l’idea che l’America, davanti al marciume degli europei prenderà la ramazza e spazzerà via tutti i corrotti, per reati finanziari e fiscali che rimontano – udite udite – persino ai primi anni Novanta. E se ne “accorgono” ora.
Già, gli anni Novanta. Nel 1994 gli Usa ospitarono la fase finale del “mundial”, sotto la presidenza di Havelange, per ventiquattro anni presidente della Fifa senza che nessuno avesse da eccepire per la “eccessiva durata” del mandato (per la cronaca era inglese il presidente quando nel ’66 l’Inghilterra rubò alla Germania la finale).
No solo. Gli Stati Uniti strapparono in maniera assai rocambolesca (battendo in un quasi spareggio il Trinidad e Tobago) la partecipazione ai campionati di Italia ’90, durante i quali ebbero la possibilità, dopo quarant’anni di assenza, di rifarsi notare dal pubblico che segue il calcio. In vista di Usa ’94 serviva una passerella in Europa, no?
 
Film Title: Once In A Lifetime.
Era, quella degli anni Novanta, la seconda volta che l’America tentava di lanciare una sua immagine positiva legata al calcio. La prima volta – la più spettacolare – fu quella della seconda metà degli anni Settanta, quando a rimpinguare i ranghi delle squadre del “soccer”, furono chiamate direttamente da personalità del calibro di Henry Kissinger molte vecchie glorie del calcio mondiale, tra i quali ricordiamo i brasiliani Pelé e Carlos Alberto, i tedeschi Gerd Müller e Beckenbauer, gli olandesi Cruijff e Neeskens, ed il nostro Giorgio Chinaglia.
Diciamo subito che se l’obiettivo era rendere familiare e simpatica l’America attraverso il calcio, l’operazione “soccer” fu un fiasco gigantesco, che all’inizio degli anni Ottanta si sgonfiò del tutto. Si giocava anche su campi d’erba sintetica (un simbolo, d’altronde, dell’artificiosità dell’America); non era previsto il pareggio; si tiravano delle punizioni a distanza senza barriera; le maglie – dagli stili arlecchineschi e variopinti – recavano sulle spalle il nome del calciatore; ai gol era attribuito un tot di punti e non un punto solo, giusto per non risultare sgradito il tutto ad una mentalità abituata ai punteggi “alti” della pallacanestro.
 
Ma non ce la fecero. E non ce la fecero nemmeno negli anni Novanta, sebbene tutto un battage mirasse a spacciarci per fenomeni degli onesti pedatori, come uno che venne a giocare nel Padova e che forse era più bravo a suonare la chitarra.
Lo smacco più grande fu subito dalla nazionale a stelle e strisce nella fase finale di Francia ’98, quando l’Iran le inflisse un 2-1 umiliante più che altro per le ricadute “politiche” del risultato. Due giorni prima dell’inizio del mondiale, Blatter era stato eletto presidente della Fifa. Non porta tanto bene agli Usa.
Per farla breve, sul campo non ce la fanno ad imporsi. E che s’inventano questi castigamatti di americani? Lo “scandalo”, l’arte nella quale sono i maestri, tanto che dagli anni Novanta la politica della loro “colonia Italia” è cadenzata solo da “inchieste” ad orologeria, nelle quali è forte il sospetto che vi sia, a seconda della scomodità del colpito di turno, lo zampino di qualche ordine proveniente da Oltreoceano.
 
La stessa massa di beoti che si beve “Mani pulite” e simili, adesso plaude all’iniziativa “moralizzatrice” dell’America. Pensano davvero che se mettono in galera “i corrotti” tutto andrà bene e, soprattutto, credono alla “giustizia americana”, senza tra l’altro porsi il minimo dubbio se essa possa arrogarsi una giurisdizione planetaria.
Fatto sta che dopo la rielezione di Blatter, 1-1 e palla al centro, si direbbe in gergo calcisticoLa Russia plaude e l’America schiuma di rabbia.
 
Ma ovviamente non molla l’osso, per infangare in ogni maniera l’edizione dei mondiali di calcio che nel 2018 si terranno nell’odiata Russia.
Rivedremo le stesse patetiche storie viste per le Olimpiadi invernali. Storie di “gay maltrattati” e di altri “diritti” concussi dal “dittatore”. E ancora qualche altro “scandalo”.
 
Pantani2003
Come quello che – per toglierlo di mezzo – combinarono al grande Marco Pantani. Fatto passare per drogato al solo scopo di mandare avanti Armstrong nell’altro sport popolare in Europa col quale l’America ha un “problema”.
La fine della storia la sanno tutti. Pantani era stato rovinato, mentre Armstrong, ormai incontrastato come la squadra dell’US Postal Serice per la quale correva, diventava il re del ciclismo.
Peccato che – come sarebbe venuto fuori dopo – si dopava a tutta randa… Tutto normale per l’America: prima, “il problema”, poi la “rivelazione” per passarci pure bene. Bin Laden in Afghanistan, le armi distruzione di massa in Iraq, i manifestanti pacifici in Libia, Siria e Ucraina eccetera, seguono il medesimo schema. Dopo aver fatto gol si può anche “ammettere” la verità.
 
Per questo, ci sia permesso di non credere minimamente alla favola della “moralizzazione del calcio mondiale” made in Usa.