BOMBE DI COLTAN – BOMBE MIGRANTI – BOMBE CURDE

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MONDOCANE

MARTEDÌ 16 GIUGNO 2015

Cari interlocutori, questo è il penultimo post (spero di scriverne un altro a giorni) prima di un lungo viaggio che mi porterà fuori dall’Italia per circa 3 settimane. Rientro intorno al 15 luglio.  Avrò comunque occasioni di accesso a internet e quindi continuate a intervenire sul blog. Vi auguro una felice e dinamica estate, quanto più possibile al riparo dalle nefandezze del regime.

Noto con una certa meraviglia che quando scrivo di questioni non direttamente attinenti alla politica internazionale, i commenti si diradano, o non si riferiscono ai contenuti del post. Credo che l’ultimo mio post “Bimbi da cannone” tocchi nervi scopertissimi del nostro vivere comune, trattando argomenti drammatici e strategici, come l’aggressione ai nostri bambini e giovani, preludio e futuro fondamento di una società di decerebrati e appecoronati. Ma è mancato qualsiasi manifestazione di interesse da parte di chi segue il mio lavoro anche da anni. Temo che questo sia indizio di una certa schizofrenia che separa guerre, imperialismo, ideologie politiche, da quanto la deculturizzazione e disumanizzazione, che accompagnano il fenomeno del capitalismo mondialista nelle sue espressioni più feroci, provocano a livello di degrado morale e intellettuale. Quanto a me, insisterò ad allargare lo sguardo anche a questi fenomeni, che effetti collaterali non sono, ma precisi obiettivi del nuovo tecnonazismo in guerra ai corpi e alle menti.

Ricomincio da queste considerazioni per un breve discorso sulle tecnologie che accompagnano e spianano la marcia verso la dittatura mondiale della criminalità politica ed economica organizzata. Poi parleremo anche di Medioriente, guerre, kurdi, migranti.

Tecnologie? Mai innocenti.

E’ stupefacente come dei pericoli di tumori e malanni innescati dalla distruzione delle cellule cerebrali per via delle onde elettromagnetiche da apparecchi appiccicati all’orecchio, pur ampiamente pubblicizzati nei primi tempi dell’introduzione dei cellulari, non si dica più una parola. Eppure gli apparecchi sono diventati via via più potenti e, dunque, pericolosi, tanto che si sono dovuti inventare gli auricolari e i salvifici suggerimenti di non tenere l’apparecchio aderente al viso. Suggerimenti svaporati come rugiada al primo sole, auricolari che, entro i 18 anni d’età riducono di una bella percentuale le capacità uditive. E qui, il primo regalo che si fa all’infante quando balbetta mamma, oltre alla play station per la formazione di teppisti, cecchini e piromani, è il cellulare. Che nessun insegnante d’asilo e delle scuole fino alla maturità può permettersi, se non vuole rischiare la nota di demerito del preside-manager per conto di Google o di Marchionne, di proibire e, nel caso, scaraventare dalla finestra.

Vedete queste foto? In apertura un padre separato che porta a pranzo la domenica i figli assegnati alla madre. Tre solitudini che cercano affannosamente di uscire dallo strangolamento dell’incomunicabilità con l’onanismo delle connessioni qualsiasi. Un altro padre che non sa collegarsi con il bambino, né collegare il bambino con quanto lo circonda, sprofondato nel telefonino. Una giovane donna che inchioda la figlioletta al cellulare e le infila l’auricolare nell’orecchio per spararle qualche musicaccia, o costringerla a parlare con la nonna.  Due ragazzi, amici o fidanzati, che non hanno nulla da dirsi e conversano con l’iperspazio. Comunicazione tra loro, con il mondo? Zero. Poi c’è il demente con le cuffie che non sente l’annuncio della stazione e perde il treno, o quella con gli auricolari che ti viene incontro parlando a voce alta e credi che ti dica delle cose e chiedi “come?” mentre blatera al telefonino e ti guarda con occhi ciechi. E’ normale, no? Chi protesta, chi gli strappa l’apparecchio dalle mani e lo sbatte in faccia all’irresponsabile che lo infligge a sé e agli altri? Azzerando ogni percezione del reale che li circonda con immagini, rumori, odori, e relativi pensieri, sensazioni, vita.

Non è così che si lacera e si aliena da se, dagli altri, la società? La si riduce in frantumi, la si disconnette, la si disperde in monadi sparse nel vuoto di paradigmi imposti da entità estranee e ferocemente nemiche? Qui non si tratta di nostalgie per idilli rurali, di ritorno ai bei tempi antichi, di repulsa di ogni tecnologia. Si tratta di smascherare, sotto lo sbrilluccichio di un progresso che abbrevierebbe i tempi dello spreco, faciliterebbe le comunicazioni, risolverebbe problemi, accelererebbe i nostri passi, le occulte intenzioni dei realizzatori e operatori di determinate tecnologie. Il telefonino ti fa chiamare il carro attrezzi, ti fa avvertire del tuo arrivo, ti informa sulla salute di qualcuno, ti indica gli orari dei treni, ti fa vedere la posta elettronica, ti risolve un calcolo, ti dà il risultato della partita. Giusto. Benissimo. Ti fa risparmiare tempo, velocizza, ti fa correre. Verso dove non è detto, ma è una bella domanda. Intanto, però, con i tuoi figli non hai scambiato una cippa,  alla bambina hai negato la scoperta di facce, comportamenti, il rumore della metro, i cartelli delle stazioni, al figlioletto un gioco, una carezza, un’indicazione, al fidanzato segmenti di ponte verso l’intesa.

Spariscono i tempi intermedi, quelli della percezione di ciò che ti circonda, della riflessione, immaginazione, memoria, elaborazione, scoperta. I tempi che ti nutrono. E i tempi della socialità tra corpi, istinti, pensieri, parole. Questo hanno programmato i vari guru della tecnologia digitale, scienziati pazzi di una cupola di Frankenstein, ma lucida sui guadagni monetari e politici da ricavare. Con il disfacimento della realtà vissuta insieme agli altri si propongono l’atomizzazione di una società educata a gloriarsi di essere composta da individui isolati, ma connessi, affini a tutti gli altri individui isolati ma connessi e, quindi, al passo con i tempi,in, cool, trendy. Vale anche per internet, dove si svolgono amori e odii deprivati delle mille sfumature dell’espressione, dei toni, delle pause, dei colori del viso, del significato degli occhi, dei retro pensieri che agitano le mani.

Che fare? Buttare computer e cellulari nella spazzatura e sostituire i borborigmi degli analfabeti della frase semplice, unico parto possibile del pensiero semplice, i trogloditi dei tweet, con lettere scritte a mano? Non credo che neanche la decrescita felice arrivi a tanto. Il punto sta nella selezione, nella capacità di autogovernarsi, di scegliere secondo necessità effettive. E questo punto sta all’inizio di tutto, sta nell’educazione, in famiglia, nella scuola, in una cultura della critica e della scelta consapevole, in un giornalismo che ti faccia distinguere e non omologare, in un contesto collettivo di liberi e pensanti. Il perfetto contrario di quanto il robotino di Rignano sull’Arno  propone, impone, con la sua “buona scuola”, con le sue frenetiche accelerazioni tra i birilli di un’innovazione nichilista che corre verso un nulla da assoggettare.

Tutto sta nel disunire quello che intelligenza, necessità, progetto, civiltà, hanno unito. I musulmani dai cristiani e tra sciti e sunniti, gli arabi tra laici e religiosi, gli ucraini tra russi e non russi, gli etero dai non etero, le donne dagli uomini, i vecchi dai giovani, i nativi dai sopraggiunti, i brutti e cattivi, con tozzo di pane, dai brutti, sporchi e diversi senza tozzo di pane. Tutto serve a rovesciare in inoffensivo il criterio delle priorità, volgere quelle reali, temutissime, in quelle ricostruite, compatibilissime. C’è Roma, il suo governo, i partiti di governo, strutturalmente corrotti, che sprofondano nell’immondezzaio della storia? Ecco che un bel Gay Pride, con il sindaco gay friendly, ci riporta, a dispetto della sua volgarità e del suo becero interclassismo gestito dall’apposita lobby, all’ottimismo, all’autostima, alla rassicurante constatazione di un’unanimità del “mondo civile”. La solita unanimità “civile” che vede trionfare appaiati principi dei crimini contro l’umanità come Obama, Hillary Clinton, Hollande, Netaniahu, con tutto il cucuzzaro dei diritti civili.

Ma mentre per frantumare popoli più colti e maturi di noi ci vogliono le bombe, i nazi di Kiev, i jihadisti e un po’ di terrorismo – vero o fabbricato – degli uni contro gli altri, da noi è bastato un iPad, o qualche bruto razzista della Val Bembrana per volgarizzare i propositi di Renzi e dei suoi mandanti.

Migranti, piaga d’Egitto dai benefici elettorali

La falange degli stenografi di regime ha assecondato la strategia imperiale di fare a pezzi l’Europa, a partire dalle marche deboli del Sud, scatenando quell’uragano osceno sull’apocalisse migratoria. Al suo traino, il sicariato, più o meno consapevole, delle sedicenti “sinistre” che, tra pianti inani su migranti e Rom, lubrificano il razzismo del finto anti-sistema Salvini, coprendolo di salsa umanitaria. Nessuna di queste si è mai sognata di chiedere che si ponga fine al brigantaggio dell’Occidente, causa prima e universale della fuga di popolazioni da bombe, mercenari tagliateste, devastazioni climatiche, economiche, sociali. Nessuno avverte che i milioni di fuggitivi ospitati dai paesi limitrofi, già scassati di loro, servono al disfacimento mondialista di tutti gli Stati Nazione ancora dotati di briciole di sovranità (salvo gli sguatteri incoronati del Golfo, utili come strumenti surrogati e dotati di mezzi da spendere in armi occidentali). Proprio come le decine di migliaia che, tra le loro macerie, hanno rimediato un biglietto per il passaggio nel paradiso di Buzzi e Odevaine, dei coltivatori di ortofrutticoli, opportunamente disumanizzati dai muggiti di Salvini.

Eravamo alla vigilia di un ballottaggio che doveva salvare qualche piuma al giostraio di Palazzo Chigi e ai suoi Pony Domati (PD) e ammaestrati. Dopo avere infettato le già poco salubri trasmissioni di ogni tipo e schifezza anti-Rom, Salvini aveva cominciato a battere la fiacca. Del resto, i pogrom anti-Rom erano ormai avviati sul giusto binario. Occorreva un rilancio, qualcosa da cui questo energumeno e la stampa buonista piagnona e quella cattiva forcaiola, potessero trarre elementi per nuove divisioni di massa, distrazioni di massa, rincoglionimenti di massa. E così una affaruccolo da poche decine di persone alla sbando tra le stazioni di Roma, Milano e Ventimiglia, risolvibile, volendo, con un minimo di razionalità, è stato montato in piaga d’Egitto al quale uno Stato ultracentenario, che gestisce 60 milioni di cittadini e spende 80 milioni al giorno per far guerre in giro per il mondo, non può che arrendersi

Tutti a precipitarsi nel proprio bunker, a scampare al disastro.Tutti a votare bene ai ballottaggi, contro chi sui migranti auspica accoglienza, o anche solo balbetta, e a favore di coloro che accendono ceri all’altarino del sindaco mazzabubù Gentilini. La plebe, con o senza soldi, ha gonfiato la Lega oltre ogni minimo standard etico e politico, gli ignavi o nauseati sono rimasti a casa, i compatibili col malaffare hanno votato PD, i liberi e pensanti hanno promosso i 5 Stelle in tutti i ballottaggi dove avevano contro camorra, mafia, malversatori e loro sponsor. Sono soddisfazioni. Ma la soddisfazione subisce un contraccolpo terribile a Venezia.

Nel docufilm “L’Italia al tempo della Peste” ho cercato di mostrare i criminali e i loro crimini contro Venezia e contro l’umanità e ho intervistato Felice Casson, massimo baluardo da decenni contro i terminator ladroni del Mose, delle Grandi Navi, del Canale Contorta e, prima ancora, contro inquinatori vari e contro il complottismo sovversivo di Gladio e simili operazioni del regime atlantico-democristiano. Casson sarà pure del PD, ma per antirenzismo compete alla pari con Alessandro Di Battista e Paola Taverna. E’ accertato che per Casson non ha votato la maggior parte dello stesso PD, il cui DNA è clonato da quelli che hanno governato lo sfacelo della città e del paese. E sono convinto che i voti in più  li abbia ricevuti da cittadini 5Stelle. Il che non esime da  un’attenta riflessione sul pesce in barile del vertice pentastellato che, dicendo che i cittadini devono scegliere in autonomia, si è astenuto a dichiararsi pro-Casson. Tanto più che, qui e là, il vincitore 5Stelle non ha disdegnato voti ben più spuri. Quando Venezia sarà stata sfasciata dalle Grandi Navi e relativi canali, affogata dal Mose, spopolata a vantaggio di bottegai delle chincaglierie che galleggiano sugli acquisti dei crocieristi, la civiltà umana saprà a chi renderne merito.

Mamma li curdi!

I curdi dell’YPG avanzano nel territorio di Kobane e, stavolta, guarda la combinazione!, gli aerei della Coalizione saudito-qatariota-occidentale li sostengono con bombardamenti anti-Isis, suscitando la collera del colluso-colliso subimperialista di Ankara. Quei bombardamenti che i piloti Usa hanno confessato i loro comandanti non gli fanno fare sugli stragisti del califfo, ma piuttosto, come risulta da infinite testimonianze, contro le forze irachene, scite, iraniane, formalmente alleate contro lo Stato Islamico, ogni qual volta diano segno di poter prevalere sull’invasore. Bombe che finiscono con voluttà anche su civili e infrastrutture sotto controllo di Damasco.

C’è qualcosa di maleodorante nel giubilo che unisce destre e sinistre, imperiali e sudditi, per le vittorie dei curdi. Precisato, contro le falsificazioni dei democratici “anti-dittature arabe” (salvo quelle del Golfo), che i curdi non si sono mai battuti contro Assad, con il quale, anzi, hanno concordato l’autodifesa contro il comune nemico, ci si dovrebbe chiedere qual è la coerenza di chi, di fronte a un nemico comune alle due parti in causa, esalta la resistenza dei laici e progressisti curdi, dalle donne emancipate e combattenti, e degrada in difensori del dittatore contro i ribelli (di un Esercito cosiddetto Libero Siriano, del tutto svaporato e ricomparso sotto i turbanti Isis e Al Qaida), gli stessi patrioti siriani laici, progressisti, dalle donne emancipate e combattenti. Effetto Cia-Mossad cui nessun “sinistro” si sottrae.

Perché sostenere, armare, pagare, rifocillare l’Isis contro Baghdad e Damasco, e poi affiancare i curdi, sullo stesso fronte di Damasco, con le bombe sull’Isis? L’obiettivo è chiaro e abbagliante come un cielo d’agosto sul Sahara.

Ricordate il progetto di squartamento degli Stati arabi formulato e perseguito da Israele fin dagli anni’80? La strategia di frantumazione degli Stati sovrani consolidatisi in nazione pluralistica (vedi Sudan, Libia, domani l’Algeria, Jugoslavia, altri), nell’immediato deve istituzionalizzare il disfacimento della Siria (poi del Libano) e la tripartizione dell’Iraq. Un pezzo agli sciti, uno ai sunniti, uno a curdi. E ancora meglio di uno Stato curdo unitario, tre pseudostatarfelli curdi in Turchia, Siria, Iraq. E che non si metta di traverso il sultano neo-ottomano e ultraislamista Erdogan (definito moderato e democratico da Tonino Perna sul”manifesto”, con auspicio di una sua rapida entrata in questa Europa, civile e democratica), atterrito dalla prospettiva di uno Stato kurdo che si porti via 20 milioni di cittadini turchi, tre di iracheni, 1,5 di siriani e magari anche qualche iraniano.

A Tel Aviv e Washington non gliene frega niente di Erdogan , anzi, vista la malapartita con un concorrente potente e influente come l’Iran, figuriamoci se si dà via libera a una Turchia potenza regionale (che, oltre tutto, fa anche gasdotti con Putin). Quindi, occhio, i curdi si battono per se stessi, non meno che il popolo siriano, ma quelli che li sostengono e celebrano sanno che servono al divide et impera dei neocolonialisti atlantico-israeliani?  E che il Curdistan vagheggiato è quello petrolifero di Massud Barzani,, narcotrafficante, contrabbandiere, ras della provincia irachena e fiduciario di Washington e Tel Aviv che gli succhiano il petrolio e gli comprano mezzo territorio.

 Non ricorda il Renzi di Crozza?

Resta da gettare il fascio della lampada di Diogene su quel Salahattin Demirtas,  per i sinistri e il “manifesto” novello Tsipras (e basterebbe questo), e sul suo Partito del Popolo, HDP,  balzato al 13% in elezioni che hanno visto il taglio degli artigli a quell’Erdogan che, contro i propositi occidental-sionisti, non vuole lo Stato curdo e continua a foraggiare di armi e miliziani i jihadisti anti-kurdi che la Coalizione bombarda. Prima c’era il PKK, che combatteva, vuoi per l’indipendenza, vuoi per l’autonomia. Le profferte di pace del leader Ocalan, ammorbidito dal carcere, proprio mentre l’interlocutore turco sbranava i fratelli siriani e prendeva a sprangate il proprio popolo, lo hanno parzialmente neutralizzato. Ma non del tutto, come rivelano gli scontri tra militanti del PKK e del nuovo HDP a Diyabakir. Occorreva un rimpiazzo “moderato”, che riconoscesse il monopolio della violenza al persecutore di sempre. Per poi entusiasmare i consociativi dell’umanitario mettendo sul vertice del partito la ghirlanda del 10% di GLBTQ. Populismo? Furbata?

Viene denunciato da kurdi insoddisfatti che non proprio tutti i candidati messi in campo da Demirtas, fuori dalle grandi e visibili città, corrispondono agli standard di integrità e diversità che il partito sbandiera. Sarà. I miei dubbi potranno essere dissipati. Ma lo saranno difficilmente da un leader che si dice democratico, innovatore, ripulitore, dirittoumanista, ma non ha esalato un fiato sulle scelleratezze di Occidente e Israele nella regione, ed è poi il rappresentante ufficiale, nella Turchia della Nato, di Amnesty International, la più sporca delle agenzie di disinformazione e diffamazione al servizio dei genocidi imperiali. Calma e gesso, andrebbe suggerito ai chierichetti dell’ennesima catarsi..

Pubblicato da alle ore 18:41

COMPENSAZIONI – SCIBONA (M5S): “I partiti ed il Governo ricominciano a comprare il consenso con elargizioni di soldi pubblici”.

http://www.marcoscibona.it/home/?p=889

Dopo la schiacciante vittoria nel ballottaggio di Venaria, primo Comune piemontese a guida M5S, i partiti ed il Governo ricominciano a comprare il consenso con elargizioni di soldi pubblici.

Dopo mesi di promesse mai mantenute, il Ministro Delrio questa mattina ha confermato, peraltro come aveva già fatto più volte il suo predecessore, che i soldi delle compensazioni per le devastazioni del passaggio del TAV in Valsusa sono in arrivo. E’ chiaro infatti che i comuni interessati dai cantieri non possano continuare a dirsi favorevoli senza ricevere in cambio un ingente bottino che gli permetterà di farsi belli a discapito degli amministratori e dei cittadini degli altri territori circostanti.

Rasentiamo poi i vaneggiamenti quando sentiamo dire che si vuole raddoppiare l’interporto di Orbassano. Lo sappiamo e noi lo diciamo da anni,  è senza ombra di dubbio necessario spostare le merci da gomma a ferro ma deve essere fatto con politiche adeguate, attuabili già da molto tempo, e non le solite cattedrali nel deserto.

In questi anni, abbiamo maturato una chiara certezza: chi fa parte del vecchio sistema politico non riuscirà mai ad avere una visione diversa da quella che ci ha portato al fallimento economico e del sistema che stiamo vivendo.

Unica speranza: i comuni cittadini ad amministrare la cosa pubblica!

Marco Scibona – Senatore M5S, Segretario 8a Commissione Lavori pubblici, comunicazioni.

LA CPI MISE EN ECHEC : LE PRESIDENT EL BECHIR A BIEN QUITTE L’AFRIQUE DU SUD POUR RENTER AU SOUDAN !

PANAFRICOM/ 2015 06 15/

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EL-bechir1

C’est confirmé par les médias occidentaux, qui font la gueule : Omar El Béchir est sur le chemin du retour pour le Soudan !

« Le cas Omar el-Béchir souligne la faiblesse de la Cour pénale internationale » titre avec rage Libération (Paris) …

 « Le président soudanais, recherché pour génocide par la Cour pénale internationale, est reparti lundi d’Afrique du Sud sans attendre que la justice ne statue sur une demande d’arrestation émise par la CPI. »

Libé ajoute : « Comme si de rien n’était, Omar el-Béchir a pris place dimanche après-midi, tout sourire, au premier rang des chefs d’Etat pour la photo de groupe du 25e sommet de l’Union africaine à Johannesburg. Pourtant, un tribunal sud-africain saisi par une ONG venait d’enjoindre les autorités de Pretoria à ne pas autoriser le président soudanais, poursuivi depuis 2009 pour crimes de guerre et crimes contre l’humanité et depuis 2010 pour génocide par la Cour pénale internationale (CPI), à quitter le pays. Malgré l’interdiction de quitter le territoire, Omar el-Béchir a décollé ce lundi de Johannesburg, sans attendre que la Cour ne rende son jugement (…) El-Béchir est devenu le premier chef d’Etat en exercice sous le coup d’un mandat d’arrêt international. Cela ne l’a pas empêché de voyager, défiant la justice internationale, même si d’habitude il évite les pays signataires du traité de Rome (qui entérine la création de la CPI) »

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AXE ‘EXTREME-DROITE – NEOCONSERVATEURS A LA FRANCAISE’ : LE SIONISTE GOLDNAGEL AVOCAT DU FRONTISTE PHILIPPOT !

Luc MICHEL pour Europäischer Widerstand/
Avec Libération – PCN-SPO/ 2015 06 15/
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GOLDNAGEL

Certains, y compris en Afrique, qui confondent indignation avec analyse, pensent que le « nouveau FN » mariniste serait un parti anti-système. Prenant argent pour compte certaines déclarations opportunistes de sa direction, qui en permanence souffle le chaud et le froid sur tout et sur rien, le but unique n’étant pas de communiquer mais d’occuper l’espace médiatique.

Mais la caractéristique principale du « nouveau FN » est double :

* assurer un maximum de convergences à droite (le but de Marine n’est pas de gouverner la France, mais de devenir ministre dans une majorité de droite, avec toutes les prébendes y afférant, le modèle étant le MSI de Gianfranco Fini en Italie devenu ‘Alliance nationale’), profitant de la course à droite menée depuis Sarkozy et son ex conseiller Buisson (passé de MINUTE aux cabinets noirs de l’Elysée). J’ai parlé à ce sujet de « lepénisation de la droite et de droitisation du Lepénisme » (1).

* Passer une alliance avec la droite et l’extrême-droite sionistes israéliennes, à commencer par le Likud en Israël et en France, utilisant des connections qui ont toujours existé depuis les débuts du FN dans les Années 70 (notamment entre les likudniks du Betar et le GUD). Marine et Philippot pensent en effet que leur accession à une majorité de droite ne se fera pas sans désamorcer l’hostilité majeure au FN du puissant lobby pro-israélien français, le CRIF (similaire au super puissant AIPAC aux USA).

L’actualité nous apprend donc (2) que l’avocat Goldnagel, figure clé à la fois de la droite atlantiste sarkozyste – les néoconservateurs à passeports français – et de la droite israélienne en France, est devenu l’avocat du n° 2 du « nouveau FN », Philippot (que Jean-Marie Le Pen qualifie de « fonctionnaire du ministère de l’intérieur ») : «  L’avocat Gilles-William Goldnadel, membre du parti LR (ex-UMP), assurera la défense de Florian Philippot dans le procès opposant celui-ci au Qatar. «C’est une affaire qui me plaît bien, qui me ressemble», explique-t-il à Libération, confirmant une information d’abord publiée dans le Point ».

QUI EST GOLDNAGEL ?

“Me Goldnadel est également président de l’association pro-israëlienne France-Israël, membre du comité directeur du Conseil représentatif des institutions juives de France et chroniqueur dans le très droitier magazine Valeurs actuelles”. Libération précise encore que “L’opération pourrait ainsi populariser l’image de Florian Philippot et du FN dans les milieux pro-israéliens — quoique Me Goldnadel n’y fasse pas l’unanimité en raison de positions des plus tranchées. Elle pourrait aussi contribuer à «droitiser» l’image du numéro 2 frontiste, que ses adversaires accusent d’encourager une «dérive gauchiste» du Front national.”

« En prenant pour défenseur ce membre de l’UMP et du Crif, le vice-président du FN transcende les clivages politiques » dit Libération. Cela indique surtout que le FN  est bien un parti du Système, chargé de ratisser large sur ses marges de droite (et de neutraliser les mécontents),  et que tout le reste est une imposture politique au service de ce Système.
Français ouvrez les yeux !

LM

(1) Cfr. Luc MICHEL, EODE THINK-TANK / LE NEOCONSERVATISME A LA FRANCAISE : LA LEPENISATION DE LA DROITE POST-SARKOZYSTE !
sur http://www.eode.org/eode-think-tank-le-neoconservatisme-a-la-francaise-la-lepenisation-de-la-droite-post-sarkozyste/

(2) Cfr. LIBERATION, « Gilles-William Goldnadel, avocat de Philippot contre le Qatar », Paris, 15 juin 2015,
sur http://www.liberation.fr/politiques/2015/06/15/gilles-william-goldnadel-avocat-de-philippot-contre-le-qatar_1329937

ALERTE INFO/ AFRICAINS RESTEZ MOBILISES ! OMAR EL BECHIR EST TOUJOURS EN GRAND DANGER !

Luc MICHEL pour PANAFRICOM / Avec Reuters/ 2015 06 14/

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 PANAF - el bechir en grand danger (2015 06 14) FR

De mauvaises infos, reposant sur une confusion, ont été diffusées. C’est le ministre des affaires étrangères du SOUDAN (et pas de RSA) qui a déclaré, AVANT Le jugement sudafricain, que “Bechir rentrerait chez lui demain”. La presse anglophone maintient le JUGEMENT comme dernière nouvelle.

Elle précise même que le juge (un juge afrikaner !) a donné des garanties fortes à l’ONG plaignante : “Le ministère sud-africain de l’Intérieur a reçu l’ordre de contrôler de près tous les points de sortie du territoire dès ce soir. Les officiers aux postes-frontière doivent être rapidement informés afin d’empêcher toute tentative de fuite du président soudanais”.

 OMER EL BECHIR NE DOIT PAS ETRE LIVRE A LA CPI !

 RFI, la voix du régime Hollande, précise que “Cette décision est une première victoire pour l’ONG SACL (ndla : l’ONG occidentale qui agit en façade) . Les représentants de l’ONG espèrent que la justice sud-africaine va envoyer un signal fort pour montrer que l’Afrique du Sud respecte le droit international et que le gouvernement se plie à ses obligations constitutionnelles”. « Nous avons engagé cette procédure dès que nous avons appris la présence d’Omar el-Béchir en Afrique du Sud et dès que nous avons su qu’il n’avait pas fait l’objet d’une arrestation. Nous avons saisi le juge pour contraindre les autorités sud-africaines à arrêter et transférer el-Béchir à la CPI. Nous pensons que le droit sud-africain et le droit international obligent l’Afrique du Sud à coopérer avec la CPI, y compris au niveau des mandats d’arrêt émis par la CPI », expliquait plus tôt Caroline James, membre de la SACL.« Si Omar el-Béchir avait été autorisé à regagner son pays avant le jugement, la décision de justice aurait eu une faible portée, elle aurait présenté un intérêt pour les universitaires mais rien d’autre tandis que maintentant on sait que la décision du juge peut aboutir à des actions et à des résultats concrets  », s’est félicité Caroline James.

 Un nombre important de chefs d’état africains a pris position pour soutenir le président soudanais. Mais l’Afrique du Sud post-Apartheid est un état de système anglo-saxon, où le pouvoir judiciaire l’emporte souvent sur le politique. Il faut soutenir ces chefs d’état panafricanistes.

Omar El Bechir ne doit pas être livré à la CPI !

 LM / PANAFRICOM

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