Rambo e un cane di poggio imperiale, salvato dalla volontaria paolina bretagna , e malato molto malato,

 la lesmaniosi [BM1] lo consuma, ma le cure ci sono e basta aiutare la volontaria e rambo potrebbe davvero vivere ! forza aiutiamo !!chiunque volesse donare o spedire contattai paolina bretagna su f b o dentro l evento ! grazie di cuore a chi aiuta chi li aiuta !numero di post pay di paolina bretagna per chi volesse fare una donazione !Cf BRT PLN58 T 50 G 712 D

rambo

 4023 6006 5667 3581…grazie x quello che farete…

Ancora medicine…Serve Glucantime.. deltacortene..augmentin. cibo specifico..x aiutarlo a mangiare..

https://www.facebook.com/events/796879360393011


 [BM1]

Picchiano e derubano una 14enne alla fermata del bus, individuati gli autori nel campo rom Al Karama

contro questa violenza nessuna manifestazione??

 Latina, ragazza aggredita e rapinata in piazza del Quadrato

Redazione online

La ragazza era appena scesa dal bus

Una ragazza è stata aggredita e rapinata appena dopo essere scesa dall’autobus in piazza del Quadrato. E’ accaduto intorno alle 14:00. Ad agire due uomini che viaggiavano su un’auto. I malviventi si sono avvicinati alla vittima, l’hanno picchiata e sono fuggiti con la borsa. Indagini in corso. Lazio Tv

http://www.latinapress.it/cronaca-latina-provincia/notizie-cronaca/cronaca-latina/14099-latina-ragazza-aggredita-e-rapinata-in-piazza-del-quadrato

Nella tarda mattinata del 19 gennaio in Piazza del Quadrato, una ragazza quattordicenne di Latina, in attesa dell’autobus che la riportava a casa dopo la scuola, veniva avvicinata da un giovane che le sferrava un forte pugno nello stomaco per impadronirsi del telefono iphone che la ragazza aveva in mano fuggendo velocemente a piedi viale Vittorio Veneto lasciando la ragazza a terra ferita. Alcuni testimoni accorsi in aiuto della ragazzina, immediatamente avvertivano il 113 del fatto e chiamavano l’ambulanza . Nel frattempo un giovane in auto che aveva visto il fatto informava gli operatori del 113 che, mentre si trovava in transito sulla propria autovettura notava l’aggressore salire a bordo di un veicolo condotto da un complice dirigersi in tutta fretta in direzione Roma indicando il modello dell’auto, la relativa targa nonché la descrizione dei due balordi. La segnalazione permetteva alla Sala Operativa di accertare l’esattezza dei dati infatti, lo stesso modello di auto era stato più volte segnalato a Roma allontanarsi da luoghi dove erano stati commessi reati di natura predatoria. Veniva pertanto segnalato il fatto a tutte le pattuglie presenti sul territorio ed in particolare alla Polizia Stradale in servizio sulla SR. 148 Pontina finanche alla Questura di Roma . Nel frattempo una Volante dell’U.P.G.S.P. si portava presso il campo nomadi “Al Karama” di Borgo Bainsizza dove veniva rinvenuta occultata e abbandonata l’auto con targa straniera usata per la rapina. Successivamente, anche grazie alle informazioni ed alle descrizione degli autori, prese sul luogo dei fatti, nonché dalle impronte lasciate sul cofano di un auto in sosta da uno dei due e prontamente rilevate dalla Polizia Scientifica, si riusciva ad identificare uno degli autori domiciliato presso Al Karama un nomade del 90 pluripregiudicato. Attualmente, sono in corso delle battute con uomini e mezzi per rintracciare entrambi gli autori della rapina.

http://www.latinanotizie.it/articolocronaca.php?categoria=cronaca

Israele premia 53 soldati e ufficiali per massacro di Gaza

http://italian.irib.ir/notizie/palestina-news/item/178885-israele-premi-a-53-soldati-e-ufficiali-dell-esercito-per-il-massaccro-a-gaza

irib

Martedì, 20 Gennaio 2015 07:02

 Israele: premi a 53 soldati e ufficiali dell’esercito per il massaccro a Gaza

 TEL AVIV- Il regime israeliano ha dichiarato che 53 soldati e ufficiali saranno premiati per ” il loro coinvolgimento nella guerra a Gaza la scorsa estate che ha lasciato migliaia di palestinesi morti o feriti tra cui 570 bambini .

  Secondo i media israeliani, capo dell’esercito del regime, il tenente generale Benny Gantz, ha approvato ieri i premi in base alle raccomandazioni di un comitato militare guidata dal Gen. Harel Knafo. Lo si legge in una nota militari di oggi che ha rivelato diverse unità dell’esercito riceveranno “citazioni di merito” e medaglie di “apprezzamento” sul loro ruolo nella guerra. Lo riferisce Press Tv precisando che secondo un recente rapporto, l’esercito israeliano ha dovuto rendere pubblico che il numero dei soldati israeliani che si suicidati e’ stato raddoppiato nel 2014 a causa degli effetti psicologici della guerra. Secondo il rapporto dell’esercito dell’entita’ sionista pubblicato il 2 gennaio un totale di 15 soldati israeliani ha preso la propria vita lo scorso anno, più del doppio dei casi di suicidio nel 2013.

Israele ha scatenato una offensiva su Gaza all’inizio di luglio 2014 e successivamente ampliato la sua campagna militare con una invasione di terra nel territorio palestinese. La guerra si concluse alla fine di agosto dello stesso anno. Oltre 2.130 palestinesi hanno perso la vita e circa 11.000 sono rimasti feriti. Le autorità sanitarie di Gaza dicono che tra le vittime ci sono oltre 578 bambini e circa 260 donne. Secondo fonti israeliane, più di 70 israeliani, tra cui 63 soldati, sono stati uccisi. Gruppi della resistenza palestinese, tuttavia, hanno detto che il numero dei soldati israeliani uccisi e’ più di 150. Molti in Israele ritengono che il regime non è riuscito a segnare una netta vittoria nella offensiva, che ha preso un tributo pesante su Tel Aviv.

Isis, nuovo video: 200 milioni entro 72 ore per liberare ostaggi giapponesi

 SOLO GLI ITALIANI NON PAGANO IL RISCATTO. A NOI RILASCIANO GLI OSTAGGI A GRATIS

 20 gennaio 2015

 Dubai (Emirati Arabi Uniti), 20 gen. (LaPresse/Reuters) – Un nuovo video dello Stato islamico è stato diffuso in rete. Nel filmato compaiono due ostaggi giapponesi, in tuta arancione, per il cui rilascio gli estremisti chiedono “200 milioni” di dollari al governo di Tokyo. Il video, ripreso in una zona desertica, mostra un uomo vestito di nero con un coltello in mano, il quale afferma che la popolazione del Giappone ha 72 ore per fare pressioni sul governo affinché interrompa il suo “folle” sostegno alla coalizione internazionale guidata dagli Stati Uniti. “Altrimenti questo coltello diventerà il vostro incubo”, dice in inglese l’uomo incappucciato, che poi chiede “200 milioni” in cambio della libertà degli ostaggi, senza specificare la valuta. I sottotitoli in arabo spiegano però che si tratta di dollari. Da Tokyo, un portavoce del ministero degli Esteri ha dichiarato che il governo è “al corrente della situazione”. E ha aggiunto: “Al momento non c’è nulla che possiamo dire”

Sull’autenticità delle immagini sta lavorando il Foreign Office britannico. Il combattente ripreso, dal forte accento britannico, sembra essere dall’aspetto e dalla voce il noto ‘Jihadi John’. “Siamo a conoscenza del video e ne stiamo studiando i contenuti”, ha dichiarato una portavoce del Foreign Office. Jihadi John è già stato protagonista di altri filmati, in cui i prigionieri erano minacciati e poi uccisi. I cooperanti britannici David Haines e Alan Henning e i giornalisti statunitensi Steven Sotloff e James Foley sono stati decapitati nel corso di video simili.

 http://www.lapresse.it/mondo/asia/isis-nuovo-video-200-milioni-entro-72-ore-per-liberare-ostaggi-giapponesi-1.645279

CHARLIE HEBDO: IL MISTERIOSO “SUICIDIO” DI HELRIC FREDOU

Postato il Martedì, 20 gennaio

FATTI SCIOCCANTI SUL MISTERIOSO SUICIDIO DI HELRIC FREDOU: INTERVISTA CON LA SORELLA

 I primi collegamenti intorno al suicidio di Helric Fredou sono stati messi in relazione dal giornale locale della regione di Limoges, dove io vivo…. Le populaire.

Comunque, sia i media nazionali che i mainstram non ne hanno parlato per parecchi giorni dopo l’attacco a Charlie Hebdo, nonostante il forte collegamento che – da quanto abbiamo appreso – avesse Helric Fredou con il  più grande attacco terroristico nel cuore di Parigi, di tutta la sua storia. Visto che Fredou era appena stato incaricato di redigere una relazione sui fatti.

Dopo l’uscita di questo articolo su le Populaire, che entrava nei dettagli del suo apparente “suicidio” dovuto alla sua depressione, ho deciso di iniziare a scavare più a fondo  su come era arrivato a Limoges. Attraverso vari contatti con i media e con i blog locali, parlando con diverse fonti, ho messo insieme questi fatti.

1. Helric Fredou stava lavorando sul caso Charlie Hebdo e si è suicidato all’UNA  del mattino tra Mercoledì e Giovedi dopo aver appena finito di scrivere la sua relazione.

2. Il suicidio è stato riportato dal giornale locale Le Populaire, vedi collegamento sopra, ed è stato annunciato alla radio locale France Bleu e da France 3 Limousin. Stranamente è stato ripreso dal canale televisivo indiano Zee News. Il video di questa notizia è stato cancellato 2 giorni dopo !! Come lo sono stati molti altri video sull’attacco a Charlie Hebdo. Tuttavia esiste ancora un link al video tramite questo serviziodi Panamza (http://www.panamza.com/160115-suicide-charlie-bougrab .)  Questo servizio raccoglie molti dei punti che andremo ad esaminare nel corso di questo mio post.  L’opinione pubblica francese è stata tenuta quasi completamente all’oscuro su questa morte….il mondo dei media non ne ha deliberatamente parlato o lo ha deliberamente nascosto.

3. Verso l’una del mattino dell’8, secondo i rapporti locali (vedi fonti  sopra) il Vice Commissario di Polizia Giudiziaria di Limoges, Helric Fredou è stato trovato morto nel suo ufficio. Aveva solo 44 anni e, a quanto pare, si è sparato alla testa con la sua pistola di servizio.

4. Un messaggio di condoglianze, inviato dal Sindacato di Polizia, è stato pubblicato su Le Populaire

5.  Il giorno dopo il Parisian ha ripreso la storia ma ha dato molta enfasi al punto in cui si parlava della depressione come causa del suicidio.

6.  A questo punto nessun giornale mainstream ha più parlato di questa storia.

7.  Il 14 gennaio, il giorno dopo i funerali di Helric Fredou, Panamza ha raccolto una intervista con sua sorella.  Ecco la trascrizione degli elementi più importanti (trandotti dal francese in inglese – e poi in italiano)

“Appena ho sentito la notizia, ho pensato che fosse impossibile, qualcuno doveva averlo ucciso, ma non eravamo in un film!” – la sorella di Fredou ha detto chiaramente a Panamza che riteneva molto strano che suo fratello si fosse ammazzato, tanto che si stava chiedendo perché, stava cercando di trovare un motivo che potesse essergli passato per la mente.

“Non ha lasciato nessun biglietto e non si era nemmeno tolto il distintivo della polizia! ” Molti dei poliziotti che si suicidano, vengono trovati senza il loro distintivo, che tolgono prima di togliersi la vita.

“Era una persona estremamente calma, una persona molto circospetta secondo i suoi colleghi” più volte, la sorella ha sottolineato la sua calma e la lucidità del fratello. Aveva grande perspicacia, non era violento, né impulsivo. Era sempre stato ammirato per queste qualità nel suo reparto.

“La polizia ha prelevato da casa nostra il suo computer portatile e il  cellulare. Siamo rimasti scioccati, ma ci hanno detto che quella era la procedura” Nel pomeriggio dell’8 infatti la polizia è andata a casa di Helric e, di fronte a sua madre e alla sorella, ha prelevato il computer portatile personale e lo smartphone.

Mia madre, che era molto vicina a Helric, vuole delle risposte alle sue domande: C’era una benda sulla fronte, un lato della testa è stato trapanato, ma non c’è nulla sulla parte posteriore della testa.” La famiglia è stata informata alle 5 del mattino e si è dovuto insistere fortemente per poter vedere il corpo. Finalmente solo verso sera la famiglia è stata autorizzata a vederlo.

“Mio fratello aveva scoperto, personalmente, due corpi di suicidi a Melun  e aveva sempre detto a mia madre ” Non potrei mai lasciarti in quel modo. Non te lo farei mai”. Mio fratello non era in uno stato di depressione” A novembre del 2013 Helric Fredou aveva trovato il corpo di un suo collega, Christophe Rivieccio, nello stesso Commissariato di Limoges.  https://www.youtube.com/watch?v=t6UTm7PAAQI

“Quella notte mio fratello, che era sempre di guardia, è stato convocato ed è andato in ufficio intorno alle 23.30. La serata è stata molto tesa secondo i suoi colleghi, c’era anche la Polizia di Parigi.  Mio fratello doveva aver scritto un rapporto, poi c’erano state tensioni, non so perché. Ha detto che doveva fare una telefonata urgente e, quando dopo un pò non era ancora tornato … hanno madato un collega a cercarlo …. e lo hanno trovato morto! “

Quel mercoledì sera una squadra della polizia doveva andare a interrogare la famiglia di una delle vittime dell’attentato a Charlie Hebdo e Fredou aveva semplicemente interrogato queste persone. La testimonianza di sua sorella solleva alcuni punti preoccupanti. La stesura del rapporto aveva creato degli “attriti” tra gli agenti di polizia presenti, frizioni di cui non si sono date spiegazioni e di cui non si è fatta nessuna menzione. Proprio nel bel mezzo di questo stato di tensione, Fredou ha detto che aveva bisogno di fare una telefonata urgente e non è tornato vivo.

A chi doveva telefonare?

Di cosa doveva parlare?

Perché, a questo punto, c’era stato attrito tra gli agenti di polizia?

“Quelli di Parigi erano venuti apposta a Limoges per raccontarci quello che era successo”  la sorella enfatizza il fatto che degli ufficiali delle forze di Polizia Nazionale Francese sono andate il mattino dopo dalla famiglia per confermare che Fredou si era suicidato.

C’è una domanda che bisogna fare … dove si trova adesso il rapporto sul quale stava lavorando Fredou quella sera?  Perché è stato ritenuto necessario che i vertici della Polizia di Parigi andassrero a convincere la famiglia del suo suicidio.

A chi stava telefonando e perché?

Se lui si è sparato alla testa, dov’è il foro di uscita del proiettile?

Perché non è stato dato alla famiglia il permesso di vedere il corpo fino a più di 12 ore dopo la sua morte?

Perché un uomo, che sta lavorando sull’attacco terroristico del secolo, un caso che gli avrebbe garantito una carriera di successo, un uomo che la sua famiglia ha detto che non era  “depresso”, un uomo che ha detto a sua madre che non si sarebbe mai tolto la vita …. perché quest’uomo avrebbe dovuto suicidarsi?

Vanessa Beeley, International Correspondent, Medhaj News

 Fonte:

http://www.medhajnews.com

Link: http://www.medhajnews.com/article.php?id=NTgyNg==

 15.01.2015

Il testo di questo articolo è liberamente utilizzabile a scopi non commerciali, citando la fonte comedonchisciotte.org e l’autore della traduzione Bosque Primario.

http://www.comedonchisciotte.org/site//modules.php?name=News&file=article&sid=14536

Israele: “Con l’Europa antisemita, meglio guardare al Sol Levante”

 Il premier israeliano Benjamin Netanyahu accoglie il collega giapponese Shinzo Abe, sottolineando la necessità per l’economia nazionale di guardare verso l’Estremo Oriente.

  20/01/2015

 “Guardiamo ai mercati dell’Asia perché l’Europa Occidentale è attraversata da un’ondata di antisemitismo, islamizzazione ed antisionismo”: il premier israeliano Benjamin Netanyahu accoglie il collega giapponese, Shinzo Abe, sottolineando la necessità per l’economia nazionale di guardare verso l’Estremo Oriente. Si tratta della prima visita di un premier giapponese in Israele. Abe ha inserito la tappa a Gerusalemme fra il Cairo e Ramallah, e l’accoglienza riservatagli da Netanyahu e dal presidente Rivlin è calorosa: cerimoniale delle grandi occasioni, bandiere con il Sol Levante nelle strade, picchetti d’onore e una raffica di incontri con i protagonisti dell’industria hi-tech per i circa cento uomini d’affari nipponici giunti al seguito. Sullo sfondo c’è la modifica degli equilibri commerciali per lo Stato ebraico: nel 2014 l’export verso l’Asia ha superato, per la prima volta, quello verso gli Stati Uniti raggiungendo il 25,4 per cento del totale, alle spalle dell’Unione Europea con il 35,8 per cento. Sebbene gli Stati Uniti rimangano, come nazione, il primo partner commerciale, a livello di aree geografiche l’Asia conquista il secondo posto con un considerevole balzo in avanti rispetto al 2005, quando riceveva solo il 15 per cento dell’export. Il cambio di passo si deve in particolare all’alta tecnologia, all’agricoltura, ai diamanti ed all’industria degli armamenti ma le parole di Netanyahu lasciano trapelare la convinzione che il boom di scambi con Pechino, Tokio, Seul, New Delhi e Singapore sia nell’interesse nazionale anche in ragione di un declino dell’Europa a cui viene data una doppia spiegazione: l’indebolimento economico e la “crescente islamizzazione” ovvero un rafforzamento dei legami con il mondo dell’Islam tanto sul piano della popolazione che delle posizioni politiche. Già in passato Netanyahu aveva fatto riferimento all’importanza di Cina, India e Giappone come mete ricche di opportunità per l’export israeliano ma ora compie un passo in più, mettendole in relazione con la prospettiva di problemi crescenti con l’Unione Europea. A giustificare questi timori, sul piano commerciale, ci sono anzitutto le decisioni Ue che penalizzano i prodotti provenienti dagli insediamenti ebraici in Cisgiordania come anche le campagne di sabotaggio contro il “Made in Israel” che si susseguono in più nazioni europee, sostenute da leader e partiti locali spesso intenzionati ad accattivarsi i favori di un elettorato arabo-musulmano destinato a pesare sempre di più sugli equilibri politici interni. 

 http://www.lastampa.it/2015/01/20/blogs/caffe-mondo/israele-con-leuropa-antisemita-meglio-guardare-al-sol-levante-QMnP5Sz3TSZlopnuKhic8K/pagina.html

Pensioni, la Corte Costituzionale dichiara inammissibile il referendum sulla Legge Fornero. Matteo Salvini: “Questa Italia mi fa schifo”

certo però che è una “fortuna” che il PD abbia chiamato a raccolta la “società civile” altrove. Capita proprio a fagiolo. Così la Fornero è contenta, il FMI e Inps ringraziano

GIUDICI E MAGISTRATI SEMPRE DALLA PARTE DEL POPOLO? Ma come i giudici e magistratura non sono parte terze, incorruttibili, equidistanti, trasparenti, garanti della legge?

Garanti dei poteri forti, essendone PARTE. Tanto  la loro pensione da 30mila euro al mese non la tocca nessuno. Certo magari l’han fatto perché proposto da quei cattivi della Lega che sennò si montano la testa e chissà dove va a finire questo paese.

Se dicono di no perché le motivazioni NON SONO IN GRADO DI DARLE SUBITO????????

L’Huffington Post

Pubblicato: 20/01/2015 12:11 CET Aggiornato: 10 minuti fa

La Corte Costituzionale ha dichiarato inammissibile il referendum sulla legge Fornero, proposto dalla Lega Nord. Il commento di Matteo Salvini, leader del Carroccio, è lapidario: i giudici bocciando il referendum sulla riforma Fornero delle pensioni, hanno “fottuto un diritto sacrosanto. Questa Italia mi fa schifo – ha aggiunto – e mi batterò per ribaltarla.Questa Italia mi fa schifo”. “Il primo appuntamento di piazza, che spero rimanga tranquillo, sarà il 28 febbraio, ‘Renzi a casa’ con le buone e non solo con le buone”, ha detto a Radio Padania. E poi: “Oggi muore la democrazia. E’ una vergogna. Vaffa….lo senta tutta l’Italia. Non finisce qui”. Salvini è inarrestabile, inveisce contro tutto e tutti: “E’ uno stato di m… che ha dei giornalisti di m…” che non hanno dato risalto all’iniziativa.

E tornando sulla bocciatura del referendum ha continuato: “Era l’unico cambiamento vero per la gente, ma questa è stata fottuta. Giornata del ca…, governo del ca…. Spero che l’Italia si svegli. In Italia un cavillo lo trovi sempre. E’ un furto, una beffa per milioni di italiani che speravano di non dover morire sul lavoro. Il popolo non conta un ca…, se non ti chiami Matteo Renzi non conti nulla”.

“Con questa decisione hanno tolto il diritto agli italiani di decidere del proprio futuro -ha detto Gian Marco Centinaio, capogruppo al Senato della Lega Nord, intervistato da Affaritaliani.it – Questo diritto era già stato sottratto agli italiani con la legge Fornero, più di 500mila persone hanno firmato per tenere il referendum abrogativo e ancora una volta lo stato italiano e soprattutto la burocrazia hanno deciso che i cittadini non contano niente. Questa è una scelta da regime autoritario e dittatoriale. E’ una scelta politica, mentre Renzi toglie il diritto di voto per il Senato e per le province la Consulta nega il voto anche per i referendum. In Italia c’è sempre meno democrazia”.

La Consulta non ha ammesso la richiesta di referendum relativa all’articolo 24 (disposizioni in materia di trattamenti pensionistici) del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201 (Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici), convertito in legge, con modificazioni, dall’articolo 1, comma 1, della legge 22 dicembre 2011, n. 214, Nel testo risultante per effetto di modificazioni e integrazioni successive. La sentenza sarà depositata entro i termini previsti dalla legge.

Per l’autrice della riforma la Corte Costituzionale “avrà avuto le sue buone ragioni. Ritengo questa decisione positiva per il Paese”. Lo ha detto l’ex ministro del Lavoro, Elsa Fornero a proposito della decisione della Consulta sull’inammissibilità del referendum sulla riforma delle pensioni. “Ora il Parlamento se vuole esamini la riforma con pacatezza e lungimiranza”.

 Anche il commissario dell’Inps, Tiziano Treu condivide la decisione della Corte Costituzionale. “La valutazione è positiva – ha detto Treu all’Ansa – era prevedibile perchè anche in passato la Consulta aveva avuto orientamenti simili. Aspettiamo le motivazioni. La riforma non è da abbattere, ci devono essere solo interventi di manutenzione per ridurre gli spigoli”.

http://www.huffingtonpost.it/2015/01/20/corte-costituzionale-fornero_n_6505816.html?1421752300&utm_hp_ref=italy

più che altro se c’è da abbattere in questo caso è proprio l’INPS che non restituisce i soldi versati dagli italiani con le pensioni.

Pertanto meglio che si cominci a pensare ad un referendum per abbattere l’INPS e lasciare i soldi ai lavoratori che decidano di farne quello che vogliono in modo che l’INPS la finisca di rubarglieli.

http://www.comedonchisciotte.org/site//modules.php?name=Forums&file=viewtopic&t=79665

TTIP: le corporation piegano gli Stati

ma per fortuna la società civile è già all’opera contro questo mostro. Vinceremo di sicuro allora, ma forse è occupata in battaglie epocali di clan per la spartizione del territorio (che fortunata coincidenza così gli amici yankee delle banche e delle corporation potranno agire indisturbati)

Martedì 20 Gennaio 2015

di Michele Paris 

Alla quasi totale insaputa di centinaia di milioni di cittadini europei le cui vite potrebbero cambiare in maniera significativa, l’UE e gli Stati Uniti stanno negoziando da alcuni anni un colossale e omnicomprensivo trattato di libero scambio o, più precisamente, una Partnership Transatlantica sul Commercio e gli Investimenti, altrimenti conosciuta con l’acronimo TTIP.

In seguito alle crescenti apprensioni manifestate da varie organizzazioni della società civile e a un’indagine sulla segretezza delle trattative sul TTIP condotta dallo stesso ufficio del cosiddetto Mediatore dell’UE (“Ombudsman”), la Commisione Europea ha recentemente reso noti alcuni documenti relativi al trattato, dimostrando il proprio teorico impegno per la trasparenza in questo ambito.

L’UE, in realtà, ha diffuso otto proposte che riguardano questioni come i controlli doganali, i beni alimentari, l’agricoltura e l’etichettatura dei prodotti scambiati, ma ha deciso di mantenere il segreto su aspetti cruciali, tra cui le modifiche alle modalità di accesso ai mercati, definiti dal commissario europeo per il Commercio, la svedese Cecilia Malmström, troppo “sensibili” per essere rese pubbliche prima della fine delle trattative.

I documenti UE diventati da poco di dominio pubblico e la segretezza nella quale rimangono avvolti molti altri, assieme alle proposte americane, confermano come il TTIP non sia altro che uno strumento per assegnare ulteriori e più ampi diritti alle grandi aziende transnazionali, ridimensionando contemporaneamente quelli dei cittadini, a cominciare dai lavoratori.

Riassumendo il senso di una “partnership” come quella allo studio tra USA e UE, la sociologa ed economista Saskia Sassen ha sostenuto che le corporations “intendono limitare il peso del diritto nazionale e il ruolo dei [singoli] governi”, promuovendo “una sorta di sistema legale parallelo e privato sotto il loro controllo per gestire le dispute” in cui potrebbero essere coinvolte.

Un’analisi della stessa accademica americana ha proposto poi un concetto interessante per inquadrare i vari trattati di libero scambio emersi un po’ ovunque nel pianeta a partire dagli anni Novanta del secolo scorso. Questi strumenti servirebbero cioè alle grandi compagnie per creare uno “spazio operativo globale”, all’interno del quale è loro possibile agire per aumentare i profitti sostanzialmente senza i vincoli rappresentati, ad esempio, dalle normative sul lavoro o sul rispetto dell’ambiente di ogni singolo stato.

Questa è la necessità a cui rispondono gli sforzi dei protagonisti dei negoziati ed essi hanno perciò bisogno di un apparato retorico da presentare ai loro cittadini per propagandare i vari trattati o “partnership” come mezzi che prospettano un chimerico arricchimento generalizzato o un’esplosione  di nuovi posti di lavoro.

La segretezza che avvolge le trattative smentisce però da sola le intenzioni ufficiali, mentre un lungo elenco di dati sugli effetti dei trattati negli ultimi decenni mette in guardia dalle inevitabili conseguenze, fatte puntualmente di perdita di reddito e di occupazione, soprattutto per i paesi firmatari che vantavano condizioni di vita relativamente dignitose per i lavoratori.

Il TTIP, così come il TPP (Partnership Trans-Pacifica), che coinvolge gli Stati Uniti e 12 altri paesi asiatici e del continente americano, contiene però anche l’estremizzazione del diritto delle corporation a contestare e denunciare qualsiasi azione dei governi firmatari che possa risultare in un danno per i loro profitti.

In altre parole, ogni decisione di un paese sovrano che colpisca in qualche modo gli interessi delle grandi aziende che vi operano può essere oggetto di una contesa, la cui soluzione è affidata a un organo arbitrale terzo e sovranazionale, svincolato dalle leggi di quello stesso paese e, oltrettutto, non appellabile.

In sostanza, i governi che aderiscono a simili trattati sono scoraggiati dall’adottare regolamentazioni anche modeste che potrebbero costare care, vista anche la virtuale assenza di un tetto ai risarcimenti per le corporations “danneggiate”, per non parlare di iniziative più radicali come nazionalizzazioni o espropri.

Gli esempi di cause di questo genere sono peraltro già centinaia nel pianeta e una delle più recenti riguarda il governo tedesco, denunciato dalla compagnia energetica svedese Vattenfall per 6 miliardi di euro in seguito alla decisione presa da Berlino di abbandonare il nucleare dopo il disastro di Fukushima, in Giappone, del 2011.

Il TTIP, inoltre, minaccia di importare nel continente europeo regole decisamente meno rigorose in materia di controlli sulle merci e, in particolare, gli alimenti. Secondo il sito web italiano Stop-TTIP, le etichettature obbligatorie “dovranno essere limitate il più possibile per evitare che diventino ostacoli al libero mercato”, mentre la tanto decantata protezione dei prodotti tipici e del “Made in” potrebbe lasciare spazio a una “semplificazione e omologazione” con “l’addio ai controlli su tutte le fasi della filiera”.

I timori in questo settore riguardano anche la possibile introduzione sul mercato europeo di alimenti geneticamente modificati (OGM) provenienti dagli Stati Uniti, così come in ambito energetico non sembra potersi escludere una diffusione massiccia della pericolosa pratica del “fracking” per le estrazioni di gas e petrolio.

Sul fronte della proprietà intellettuale, l’eventuale armonizzazione delle norme europee e americane potrebbe avere infine un impatto rovinoso sulla libera circolazione delle idee e l’accesso alla conoscenza, con l’assegnazione di un potere enorme quanto inquietante alle grandi compagnie che operano in quest’ambito.

Da tenere in considerazione è anche l’aspetto strategico del TTIP, sia pure intimamente legato a quello economico e di classe. A ricordarlo è stata qualche settimana fa lo stesso commissario Malmström, per la quale nei negoziati in corso “le tradizionali questioni come l’accesso ai mercati e le tariffe doganali su beni e servizi non sono mai state un problema per l’Europa e gli USA”, visto che queste ultime sono già molto basse.

Per l’ex diplomatica svedese, piuttosto, il TTIP avrebbe a che fare col fatto che le due parti in trattativa sono “le più grandi economie [del pianeta] che condividono molti valori comuni”, come “democrazia, rispetto del diritto, dell’individuo e dei mercati aperti”.

Questa precisazione lascia intendere, com’è evidente, che il trattato USA-UE rientra all’interno dell’offensiva di Washington contro la Russia, con il preciso scopo di impedire una maggiore integrazione dei propri storici alleati nel vecchio continente in un blocco economico euroasiatico.

Ancorando così l’UE agli Stati Uniti, il governo americano intende completare la propria strategia di accerchiamento – in questo caso economico – della Russia, dopo quello militare in fase già avviata soprattutto in seguito all’esplosione pilotata della crisi in Ucraina. In questo senso, il TTIP è il corrispondente europeo del TPP in Estremo Oriente, dove nel mirino di Washington c’è ovviamente la Cina.

La creazione di queste due gigantesche aree di libero mercato, all’interno delle quali circolano complessivamente ben più della metà delle merci scambiate nel pianeta, deve avvenire secondo i termini del capitalismo a stelle a strisce, vista appunto la necessità di giungere in questo modo alla dominazione dell’“impero” sui propri rivali, quanto meno a livello teorico.

Per fare ciò e chiudere il cerchio, è indispensabile quindi ideare strumenti come le “partnership”, così da abolire quelle che sempre il commissario Malmström ha definito “barriere non doganali” al libero dispiegamento del commercio, ovvero le rimanenti regolamentazioni previste dai paesi aderenti ai trattati, viste come ostacoli ai profitti delle corporations.

In breve, il TTIP e i suoi simili non sono altro che coperture per giungere alla dittatura del capitalismo transnazionale, con quello americano a farla da assoluto protagonista.

Un progetto di questo genere, come appare evidente, non può essere perseguito con metodi democratici. Da qui, dunque, la segretezza quasi maniacale circa il contenuto delle trattative, sulle quali pesano in maniera determinante le pressioni delle lobby delle grandi aziende, desiderose di estrarre il massimo dai trattati in discussione.

Sul TTIP, come sul TPP, pesano però numerose incognite che ne stanno ritardando in maniera imbarazzante l’approvazione. Oltre all’inesorabile declino economico americano e alle proteste popolari che coinvolgono un numero sempre più consistente di persone, come le decine di migliaia sfilate nel fine settimana a Berlino, a complicare i negoziati sono anche e soprattutto le rivalità tra i vari paesi coinvolti e, all’interno di essi, la difficoltà – per non dire l’impossibilità – di conciliare gli interessi economici contrastanti delle rispettive sezioni della borghesia nazionale, che sperano di beneficiare o temono di essere danneggiate dall’ingresso in un blocco sovranazionale dominato dagli Stati Uniti.

http://www.altrenotizie.org/esteri/6344-ttip-le-imprese-azzerano-gli-stati.html

Chiuso il rubinetto, la Lombardia è fallita: record di libri in tribunale

è colpa dei choosy. Ma per fortuna ogni giorno arrivano rifornimenti di manodopera importata che faranno riaprire le attività e sosterranno la ripresa perché sono risorse.

C’è da considerare quelle chiuse, quelle delocalizzate e quelle in concordato straordinario/amministrazione controllata.

 20 Jan 2015

di REDAZIONE

Fallito, bollito. L’imprenditore porta i libri in tribunale e non se ne parla più. Tanto, anche a combattere contro la tassazione da olocausto non porta a nulla. Gli ultimi dati dicono che sono stati 15.605 i fallimenti delle imprese italiane nel 2014: in media, hanno portato i libri in Tribunale 62 aziende ogni giorno, oltre due ogni ora. Il rapporto Cribis D&B, società del Gruppo Crif specializzata nelle informazioni commerciali, spiega che lo scorso anno i fallimenti sono cresciuti del 9% sui 14.269 del 2013 e del 66% sui 9.393 del 2009. In sei anni sono state complessivamente 75.175 imprese chiuse. Nel solo quarto trimestre del 2014 i fallimenti sono stati 4.502, il numero più alto nelle rilevazioni trimestrali dal 2009, anno in cui la crisi economica ha iniziato a colpire con maggiore virulenza il tessuto industriale nazionale.

Stando ad altre cifre, anche se ferma al 2012, gli immigrati resistono alla crisi economica. Nel 2012 le imprese individuali con titolari extracomunitari sono cresciute di 13mila unità, mentre le altre sono scese di 24.500, secondo uno studio di Confesercenti. Che botto.

Lombardia, chiude più di tutti

A livello geografico, la Lombardia è la regione in cui, lo scorso anno, si è registrato il maggior numero di fallimenti, con 3.379 casi, pari al 22,1% del totale. Dietro alla Lombardia, il Lazio (con 1.721 imprese chiuse), la Campania (1.315), il Veneto (1.313), Toscana (1.205), Piemonte (1.175), Emilia-Romagna (1.124), Sicilia (894), Puglia (762) e Marche (580). In testa commercio ed edilizia, entrambi con oltre 4.000 casi: in questi due soli settori si concentra oltre metà del crac. Chiudono le imprese di costruzioni  (1.899), gli ‘installatori’ (1.309), il commercio all’ingrosso dei beni durevoli (1.197), i servizi commerciali (957) e il commercio all’ingrosso dei beni non durevoli (868); i manufatti in metallo (660 fallimenti), macchinari industriali e computer (330),  tessile – abbigliamento (241), del mobile – arredo (233). Fine del manifatturiero. Fine delle trasmissioni.

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Strage a Parigi: fanatici religiosi o false flags?

ma tanto noi crediamo ad ogni ricostruzione fatta dai giornali, che si sa dicono sempre la verità

 di. Marcello Pamio

Ennesimo copione, e purtroppo ennesima strage di innocenti.

 Si dovrebbe parlare anche in questo caso di False Flag, o Fausse Bannière alla francese, visto che questa volta la Falsa Bandiera è toccata a Parigi.

Per coloro che non sanno cosa s’intende per falsa bandiera, la spiegazione è semplicissima: qualcuno esegue un attentato e poi fa cadere la colpa su qualcun altro che non c’entra assolutamente nulla. Hanno fatto credere al mondo che il vergognoso attentato di Parigi sia stato eseguito da un paio di terroristi vestiti di nero, estremisti islamici per vendicare Maometto, mentre è evidentissimo dalle immagini che si è trattato di un commando militare super addestrato!

 Ne più ne meno quello che è accaduto l’11 settembre 2001 a NY, dove il Sistema ha fatto ricadere la colpa degli attentati, magistralmente eseguiti, su un gruppo di stolti talebani, che improvvisandosi piloti di boeing hanno fatto crollare le Torri Gemelle e un lato del Pentagono.

 I fatti dell’ultimo episodio di Parigi sono abbastanza conosciuti da tutti: due personaggi (commandos), urlando Allah Akbar, hanno ucciso dodici persone nella sede di un giornale satirico parigino. Erano tutti colpevoli di aver offeso il Profeta.

 Dopo la strage, prendono l’auto e con estrema tranquillità se ne vanno. Abbandonano la macchina, e incredibilmente uno di loro si dimentica sbadatamente la patente sul sedile (sic!).

 Di primo acchito questo potrebbe sembrare assai anomalo, ma sappiate che è tutto normale, perché nel “manuale del giovane attentatore” infatti si consiglia caldamente di portare sempre con sé la patente di guida. Sempre.

Esattamente come il passaporto di uno dei talebani trovato magicamente sotto milioni di tonnellate di macerie delle Torri nel 2001. Anche in questo caso un vero e proprio colpo di fortuna.

 La commedia però non finisce qua, perché la patente dimenticata sul sedile dell’auto, invece di essere sequestrata e secretata dagli inquirenti come prova centrale, viene fotografata e le immagini fanno il giro del mondo! Cosa questa alquanto ambigua, eppure nessuno si è posto la domanda su chi avesse avuto accesso alle foto per poi pubblicarle in rete.

 Siamo talmente obnubilati, cerebralmente parlando, che nessuno è in grado di pensare.

Inizia così la caccia all’uomo con quasi 90.000 uomini.

 Ma tale ricerca finisce presto, e come sempre accade in casi simili, gli attentatori vengono uccisi nello scontro a fuoco. Sempre lo stesso copione. In tutte le tragedie come queste, i “colpevoli” finiscono sempre con la morte, come se l’imperativo e l’ordine fosse quello di vendicare i colpevoli per le masse, eliminandoli, quindi cancellando anche tutte le prove e tutti i possibili testimoni.

Da ricordare in questo caso il film hollywoodiano della cattura di Osama Bin Laden: dopo l’arresto è stato ucciso e il corpo gettato a mare, cancellando ogni prova. Nessuna immagine, nessun video: una esecuzione rimasta nel silenzio. Cosa questa impossibile nell’era della comunicazione. Ovviamente era impossibile farlo vedere, perché Bin Laden è morto nel 2001!

La cosa ancor più incredibile è che tutto il commando militare di Navy Seals, oltre 17 militari dell’unità Team 6, che avrebbe partecipato a questa spudorata quanto ridicola messinscena, ha trovato la morte in un attentato. Quindi i possibili testimoni, cioè coloro che avrebbero potuto smaronare la vicenda, misteriosamente sono tutti morti assieme. Il mistero del karma di gruppo…

Quindi anche per Parigi non sapremo mai come sono andate realmente le cose e soprattutto non sapremo mai chi sono stati i veri mandanti.

 Se tutto ciò non bastasse, c’è anche un filmato…

Si chiama Amchai Stein ed è il vicedirettore della tv israeliana di stato Channel 1. Questo fortunato giornalista si trovava casualmente nel posto giusto al momento giusto: esattamente sotto di lui infatti gli attentatori uscivano dall’auto spianando i mitra e lui aveva, sempre casualmente, la telecamera in mano.

Non ci è dato sapere come faceva questo Stein ad essere lì in quel preciso istante e perché avesse la telecamera. Una fortuna sfacciata per un giornalista, visto che con i diritti del video avrà guadagnato moltissimi soldi.

 Dicono che avrebbe ripreso tutto con il proprio telefonino, ma questa storia non regge: dalle immagini si vede chiaramente che viene registrato tutto da una posizione ottimale in maniera quasi cinematografica, e ad un certo punto la scena sembra addirittura tagliata e in dissolvenza…

Qualcuno forse ha eseguito un montaggio per motivi a noi sconosciuti?

 Molto probabilmente invece del cellulare il giornalista aveva con sé una telecamera con tanto di treppiede pronto a registrare quello che sarebbe successo. Quindi forse sapeva qualcosa che noi non sapevamo?

Infine sempre dalle immagini del video si vede un furgone parcheggiato esattamente nello stesso punto in cui l’auto del commando si è fermata. Si tratta di un furgone bianco con la scritta Rent Car, uno di quelli presi a noleggio. Dire che sembra il classico furgone da osservazioni, posizionato in maniera ad hoc nella scena del delitto, sembra un discorso da complottisti, quindi è meglio lasciare stare, ma il dubbio rimane.

Chi ha voluto la strage? C’entrano davvero le vignette su Maometto e l’Islam?

Interessanti e alquanto inquietanti sono le dichiarazioni di Alan Dershowitz, un avvocato ebreo molto neocon e soprattutto un falco filoisraeliano, secondo le quali: “la Francia raccoglie quello che ha seminato” e il motivo sarebbe che l’Eliseo sarebbe troppo indulgente con il terrorismo, cioè sarebbe troppo buono con l’Islam. Detto così sembra che qualcuno abbia voluto punire i francesi perché non usano il pugno di ferro nei confronti dei musulmani…

Nonostante le dichiarazioni dell’avvocato, ricordiamo sempre il problema-reazione-soluzione.

Lo scopo degli attentati è accelerare la creazione di uno stato di tensione, di terrore, di conflitto con il mondo arabo (scontro di civiltà). Ma non solo, perché da una parte inoculare il virus della paura paralizza e blocca le coscienze e, dall’altra, lo stato di tensione permette di far passare leggi e decreti ad hoc, con la scusa del terrorismo, che andranno a limitare sempre più le libertà individuali. Leggi che altrimenti non sarebbero mai passate: vedi le Patriot Act del 2001.

Passaggi eccezionali verso l’instaurazione di un Ordine Internazionale…

La cosa incredibile è che saranno le stesse persone (mentalmente condizionate e indottrinate dagli eventi) a richiederlo…

Saranno le persone a pretendere maggiori limitazioni delle proprie libertà, più stretti controlli in tutti gli ambiti (telematici, elettronici, informatici, ecc.) e naturalmente tutto questo per la sicurezza pubblica. Nessuno avrà il coraggio di condannare la crescita esponenziale di telecamere che saranno installate ovunque: strade, piazze, locali e bagni pubblici compresi perché tutti vogliono la sicurezza.

Saremo felici nel vedere l’esercito (come sta già avvenendo) che pattuglierà le nostre strade: i militari in mimetica infondono sicurezza.

 Quindi tutti saremo più sicuri: cosa volete di più?

 Ma di quale sicurezza stiamo parlando? Quella stessa sicurezza messa ko e annientata dagli stessi personaggi che poi si occuperanno di proteggerci dal terrorismo?

Lo vogliamo capire o no che ci stiamo appoggiando, chiedendo maggiore sicurezza, proprio ai fautori dello stato di tensione?

 Forse è arrivato il momento di uscire dal letargo cerebrale nel quale ci hanno fatto piombare per ritornare ad usare il nostro cervello e il nostro senso critico.

Fonte:  Disinformazione.it