Unicredit farà la fine di Santander

ecco perché servono tanto i quantitative easing che, dicono i galoppini delle banche, servono per la “crescita”…certo perché narra la leggenda che quando le banche ricevono iniezioni di liquidità tendono a regalarla a chi ne ha bisogno…..

La Germania che è tanto cattiva si oppone perché non vuole che cresciamo.. le banche sono buone non userebbero mai quei soldi per aggiustarsi i bilanci……no?

   di: WSI | Pubblicato il 12 gennaio 2015

Previsti aumenti di capitale anche per BNP Paribas, Raiffeisen, Societe Generale, Commerzbank e Deutsche Bank. Buchi di capitale per €230 miliardi. L’AD di Unicredit Federico Ghizzoni. Ha iniziato a lavorare nel mondo bancario nel 1980 in una filiale di Piacenza del Credito Italiano.

LONDRA (WSI) – Le banche europee hanno tempo fino alla fine della settimana per fare ricorso contro i nuovi livelli di capitale richiesti dalla Bce, che in novembre ha assunto la supervisione di 130 società del settore finanziario. Banco Santander ha risposto ai nuovi obiettivi stabiliti da Francoforte emettendo 7,5 miliardi di euro in titoli. Altre banche potrebbero seguire le orme della prima banca del continente per capitalizzazione.

Anche dopo gli stress tests di ottobre, molti analisti restano scettici sulla solidità dei bilanci delle banche e sui loro debiti. Berenberg, per esempio, prevede che le banche dell’Eurozona abbiano ancora un buco di capitale di circa 230 miliardi di euro.

Due persone a conoscenza dei problemi di Banco Santander hanno detto al Financial Times che il passaggio di responsabilità e supervisione dalla banca di Spagna alla Bce ha giocato un ruolo chiave nell’aumento di capitale annunciato giovedì scorso.

Santander ha negato che la decisione è stata presa sotto l’influenza del meccanismo di sorveglianza della Bce (“Single Supervisory Mechanism” nella sigla inglese), ma i tempi della collocazione di titoli sono quanto meno sospetti.

I banchieri sperano che l’aumento di capitale di Santander aprirà la porta ad altre operazioni del genere. Le banche che si ritiene abbiano livelli di capitale insufficienti in un contesto difficile come quello attuale sono UniCredit, Raiffeisen, BNP Paribas, Société Générale, Deutsche Bank e Commerzbank.

I nuovi obiettivi di capitale da raggiungere comunicati dalla Banca centrale europea rispecchiano le preoccupazioni dell’istituto circa gli elementi choc esterni che potrebbero compromettere le attività delle banche.

Tra i tanti rischi potenziali per gli istituti di credito dell’area euro si possono citare l’abbandono della moneta unica da parte della Grecia, la crescita economica anemica e le crescenti tensioni in Russia che continuano a ridurre il prezzo del petrolio.

Lo scetticismo nei confronti dell’euro rimane il rischio principale in un anno di elezioni per diversi paesi”, dice Citigroup in una nota sul settore. La volatilità è assicurata: gli investitori si devono preparare a un andamento da montagne russe.

Fonte: Financial Times

http://www.wallstreetitalia.com/article/1798233/unicredit-fara-la-fine-di-santander.aspx?utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=Newsletter:+WSI&utm_content=13-1-2015+featured+Unicredit+far%c3%a0+la+fine+di+Santander

La rivoluzione fiscale dei greci. In vista delle elezioni smettono di pagare le tasse

non pagare le tasse? Ma quale oltraggio da gente incivile…questo se lo propone un qualsiasi italiano sarebbe la reazione dei protettori del regime politically correct.

Se lo fanno i greci, godranno di massima stima ed l’appellativo di rivoluzionari da parte degli stessi soggetti che in Italia accuserebbero tale iniziativa di eversione, fascismo etc

 di: WSI | Pubblicato il 13 gennaio 2015

La minaccia della Bce. Esperto: “trattative Atene-Eurozona verso una distruzione reciproca”. Syriza sempre in vantaggio nei sondaggi.

Secondo Ekathimerini, in vista delle elezioni del prossimo 25 gennaio, molti contribuenti greci hanno deciso di smettere di pagare le tasse.

ROMA (WSI) – In attesa della fatidica data del 25 gennaio, quando torneranno alle urne per decidere il destino del loro paese, molti contribuenti greci avrebbero deciso di non pagare più le tasse. Allo stesso tempo, stando a quanto riporta Bloomberg, la Banca centrale europea sarebbe pronta a staccare la spina alla Grecia, togliendole i fondi di cui ha bisogno disperatamente, nel caso in cui, sotto un eventuale altro governo, Atene si rifiutasse di continuare ad osservare le regole di austerity, volute soprattutto dalla Germania.

Di fatto, la Bce starebbe indicando la volontà di ritirare un finanziamento da 30 miliardi di euro. Intervistato da Bloomberg James Nixon, responsabile economista europeo presso Oxford Economics, a Londra, afferma che “le trattative iniziano con la minaccia di una distruzione reciproca assicurata. Ma ritirare davvero i finanziamenti dalle banche greche è qualcosa che significherebbe che la Grecia è sul punto di lasciare l’euro”.

 E’ un report di Ekathimerini che mette in evidenza come le entrate fiscale siano scivolate negli ultimi giorni, in previsione delle elezioni imminenti e sulla scia dell’incertezza dei contribuenti sul futuro. Questo, perchè è molto possibile che lo stato possa semplicemente “non esistere tra due settimane”.

Scrive Ekathimerini: “la maggior parte dei contribuenti ha deciso di ritardare i versamenti (delle tasse), considerate le posizioni dei due principali partiti in cima alla lista dei sondaggi elettorali, che sono diametricamente opposti. Syriza, il partito del leader Tsipras, ha promesso infatti di cancellare l’ENFIA (tassa sulla proprietà) e anche di svalutare i crediti inesigibili, mentre Nuova Democrazia riconosce le difficoltà dei cittadini ma non solleva questioni che potrebbero generare problemi e avere conseguenze fiscali”. (Lna)

 Un sondaggio condotto dall’istituto Rass tra l’11 e il 12 gennaio mostra che nelle intenzioni di voto dei greci Syriza, il partito di sinistra guidato da Alexis Tsipras, è in vantaggio di tre punti percentuali sui conservatori del primo ministro uscente Antonis Samaras.

 Fonti principali:

Ekathimerini.

Bloomberg

http://www.wallstreetitalia.com/article/1798380/la-rivoluzione-fiscale-dei-greci-in-vista-delle-elezioni-smettono-di-pagare-le-tasse.aspx?utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=Newsletter:+WSI&utm_content=13-1-2015+posts+La+rivoluzione+fiscale+dei+greci.+In+vista+delle+elezioni+smettono+di+pagare+le+tasse

Semafori con giallo a 3 secondi, caos in arrivo

però lo dice il CNR…. ma sti “scienziati” viaggiano con l’autista?? Le prendono mai le multe?? Siamo la civiltà superiore per cui frodare a norma di legge è auspicabile e vivamente consigliato. Un velo pietoso sulla cosiddetta autorità giudiziaria

La cassazione ha deciso, il taglio di tempo è legittimo, in arrivo pioggia di multe. Ma in Italia spesso le sanzioni sono usate per fare cassa, a danno della sicurezza stradale. Senza contare che per i nuovi controlli elettronici dal 2009 a oggi abbiamo già avuto un incremento di multe del mille per cento…

VINCENZO BORGOMEO

La Cassazione ha deciso: la multa al semaforo è legittima se il giallo dura 3 secondi, ribadendo quanto già affermato nello scorso settembre. Ma se la sentenza (n.27348/2014) si riferisce ad un aspetto tecnico – 3 secondi sono esattamente quanto serve per fermarsi a 50 orari – poi invece si ignora un fatto fondamentale: nelle nostre città il giallo è tarato sempre a volte a 4, a volte a 3…

Questo perché – giustamente – si è interpretato con saggezza la circolare del Circolare del Ministero dei Trasporti (n. 67906/2007) che stabilisce che il tempo minimo di durata del giallo non può mai essere inferiore a tre secondi.

In particolare uno studio del Consiglio nazionale ricerche CNR il 10 settembre 2001 ha scritto le “Norme sulle caratteristiche funzionali e geometriche delle intersezioni stradali”: al paragrafo 6.7.4, c’è la “Determinazione dei tempi di giallo”. E indica durate di 3, 4 e 5 secondi per velocità dei veicoli in arrivo pari, rispettivamente, a 50, 60 e 70 km/h. In presenza di traffico pesante con veicoli di lunghezza massima pari a 18,75 metri, compresi autocarri, autobus, fìlobus, autotreni, autoarticolati, autosnodati, filosnodati e vetture tramviarie, è indicata una durata di 4 secondi anche per velocità di 50 km/h.

Se pensate che sia una questione marginale sbagliate di grosso. Basti dire che il sindaco di Chicago, Rahm Emanuel (è stato capo dello staff di Barack Obama tra il 2008 e il 2010, mica uno qualsiasi) dopo aver abbassato il giallo dei semafori da 3 secondi a 2,9 ha incassato 8 milioni di dollari in più di multe. E visto che qui parliamo di secondi e non di decimi di secondi (e considerando che in Usa la multa è di 100 dollari, da noi sono 162 euro più sei punti in meno sulla patente) la stima è che agli automobilisti italiani possano essere sfilati centinaia di milioni di euro in più. Una situazione assurda perché in Italia abbiamo una legge che impone di destinare i proventi delle multe a iniziative per la sicurezza stradale, ma nessun decreto attuativo. Per cui le multe finiscono ai comuni, alle province (le mettono anche a bilancio!) per fare di tutto.

Il dubbio quindi che le sacrosante sanzioni (per chi sgarra) vengano messe in campo solo per fare cassa diventa certezza. Ma solo ovviamente dalle polizie locali e non dalla Stradale o dai Carabinieri, al di sopra di questo “giochetti”: attenzione però a non equivocare perché le stesse polizie municipali sono vittime del sistema in quanto il comandante rischia il posto se non rispetta i dictat dei sindaci… E pensare che la legge di cui parliamo – e che metterebbe al riparo tutti da questo uso improprio delle sanzioni è del 2010…

Detto questo, ecco perché il giochetto di muovere il tempo dell’arancione è pericoloso: può portare ad una situazione catastrofica che si innesta ad una – tutta italiana – sul sistema delle contravvenzioni. Da noi infatti – dal 2009 a oggi – il numero di contravvenzioni elevate è cresciuto del 987% (nello stesso periodo in Germania l’aumento è stato dell’11%, in Francia del 30%…) e questo non  perché siamo diventati tutti dei criminali al volante ma perché abbiamo iniziato a piazzare controlli elettronici ovunque in città e perché – visto che il nostro balordo sistema lo consente a norma di legge – i comuni hanno sempre più bisogno di soldi…

Mettere quindi in mano a chi gestisce il sistema multe la possibilità di cambiare le regole del gioco in corsa può portare gravi danni al mondo della sicurezza stradale perché – va ricordato – da noi già adesso ogni anno vengono notificate agli automobilisti italiani circa 78 milioni di multe, ovvero più di 215 mila al giorno, una ogni due secondi che fruttano alle casse statali tre miliardi di euro. Di queste, 8 volte su 10 nessuno le paga: sta passando il concetto – orribile – che le sanzioni siano ingiuste, che non servano a nulla e che se possibile vadano evase con mille trucchi. L’esatto opposto dello spirito con cui invece andrebbero ricevute e pagate, mortificandosi per il pericolo arrecato alla collettività…

Con l’arancione a tre secondi, così, il nostro già precario senso civico riceverebbe di sicuro un ulteriore “siluro a prua”…

13 gennaio 2015

http://www.repubblica.it/motori/sezioni/sicurezza/2015/01/12/news/semafori_con_arancione_a_3_secondi_caos_in_arrivo-104777730/

Precedenza al Tav, tanto il Piemonte è al 2°posto per frane e alluvioni

post — 13 gennaio 2015 at 11:09

414cccb7f4000afa80501dee251bfde7Sono questi i tragici dati che sbattono in faccia a tutti la realtà della politica in Italia. Mentre sulla Torino Lione la lobby del tav (con una corte di idioti) si straccia le vesti per trovare i soldi per realizzare un’opera inutile e fondata sul disastro prossimo, vengono diffusi i dati sull’emergenza nei territori e il Piemonte si classifica secondo in una tragica classifica di disastri e purtroppo morti causati da frane e alluvioni.

In Liguria poi,  che purtroppo è al primo posto, non si fa mancare la volontà di costruire il Terzo valico, tentando di farlo digerire a tutti compresi i bambini con uno squallido progetto ad hoc.

Continuiamo a ribadirlo (Quando piove abbiamo un brivido e sappiamo di chi è la colpa), sono le scelte politiche che determinano le priorità di un aPaese, qui da noi è evidente che il Tav ha la priorità su tutto, anche sulla vita delle persone.

da repubblica.it

Piemonte nel 2014 al secondo posto nella classifica di frane e alluvioni

Ha avuto ben 48 comuni colpiti con due persone decedute per i disastri, preceduto soltanto dalla Liguria che ha pagato il tributo più pesante alle esondazioni

Nel 2014 sono state decine le vittime e oltre 10 mila gli sfollati a cause di frane e inondazioni. E, nella classifica nazionale dei disastri, il Piemonte si colloca con qualche sorpresa al secondo posto, suprato soltanto dalla Linguria. Questi i dati principali del Rapporto periodico sul rischio posto alla popolazione italiana da frane e inondazioni, pubblicato sul sito Polaris a firma dell’Istituto di ricerca per la protezione idrogeologica del Consiglio nazionale delle ricerche (Irpi-Cnr). “Fra il 1° gennaio e il 31 dicembre 2014 si sono avuti, a causa di frane e inondazioni, 33 morti e 46 feriti e oltre 10.000 persone hanno dovuto abbandonare temporaneamente le loro abitazioni. Gli eventi che hanno causato morti, feriti, sfollati e senzatetto hanno colpito 220 comuni in 19 delle 20 regioni italiane”, ha spiegato Paola Salvati dell’Irpi-Cnr.

“Le regioni più colpite – ha continuato – sono state quelle del Nord-Ovest e in parte del centro. La Liguria risulta la prima: gli eventi meteorici di gennaio, ottobre e novembre, hanno provocato cinque vittime in 34 comuni e 71 località. Seguono il Piemonte, con 48 località colpite e due persone decedute, la Lombardia, con 42 località e sei vittime, l’Emilia-Romagna, con 28 località interessate e un morto, e la Toscana, con 35 località colpite e 5 morti. Il comune più colpito è stato Genova, con oltre 20 località che contano vittime e sfollati, ma quello con il più alto numero di vittime nel 2014 è stato Refrontolo, in Veneto, con la piena del torrente Lierza a Molinetto della Croda che ha provocato quattro morti e 20 feriti”. Per quanto riguarda il confronto cronologico, “i mesi di ottobre e novembre sono stati i peggiori: il secondo, tra Liguria, Piemonte e Lombardia, ha fatto registrare un pesante bilancio di nove morti, due feriti e oltre 3.000 sfollati”, ha detto Salvati.

Val Susa. Tesori dissepolti, inscatolati, insabbiati

Il tormentato e folle rapporto tra archeologia e Grandi Opere

di Barbara Debernardi

La Valle di Susa, l’archeologia e le “grandi opere” sembrano avere un rapporto tanto antico quanto tormentato: già nel 1871, durante i lavori per la realizzazione della linea ferroviaria del Frejus nel tratto tra Salbertrand e Oulx furono portati accidentalmente alla luce alcuni sepolcreti protostorici. In quell’occasione il geologo Bartolomeo Gastaldi poté salvare solo pochi reperti da alcune tombe galliche di un’ampia necropoli di cui oggi più nulla possiamo sapere. Il ritrovamento infatti venne distrutto per far posto ai binari.

“Leggerezza” di tempi passati? Niente affatto.

Abbiamo già avuto modo di raccontare  la vicenda dell’insabbiato sito di Cesana Pariol, scomparso per far posto ai parcheggi dell’impianto olimpico di bob e abbiamo dovuto prendere atto, grazie ad una interrogazione presentata in merito al consiglio Regionale da Francesca Frediani, consigliera del M5S, che né la Regione Piemonte, né la Sovrintendenza archeologica competente hanno a oggi intenzione di valorizzare l’area, seppur consapevoli dell’importanza del sito. Ma il caso di Cesana non è certamente isolato, né il più eclatante.

viafrancigena

La vicenda del sito della Maddalena di Chiomonte, ormai tristemente nota ai più, racconta un altro esempio di pessima gestione del patrimonio culturale del territorio. Nel 1984, mentre si stava realizzando l’autostrada del Frejus, furono portati alla luce un insediamento neolitico e una necropoli coeva, risalenti a 6000 anni fa e considerati ancora oggi uno dei siti archeologici preistorici più ricchi e interessanti di tutto l’arco alpino occidentale. Tuttavia, in seguito all’apertura del cantiere-fortino del sondaggio geognostico del Tav, di quel complesso, originariamente trasformato in museo a cielo aperto e ulteriormente arricchito di un vero e proprio museo in muratura, in cui erano conservati i numerosissimi reperti e le sepolture rinvenute nell’area, non resta nulla, se non il sito internet. Là dove, in apertura, con beffarda precisione, si segnala che “il museo e il sito archeologico sono momentaneamente chiusi. Ci scusiamo per il disagio”.

Potrebbero bastare questi due esempi per denunciare una stoltezza e una miopia tutte italiane, capaci prima di investire in scavi e poi di abbandonare, quando non danneggiare, il patrimonio culturale portato alla luce. Patrimonio che potrebbe invece a tutti gli effetti diventare con minimo sforzo, ma indispensabile e oculata pianificazione, una attrattiva turistica e una risorsa economica per l’intero territorio. Ma val la pena di raccontare un terzo caso, meno noto dei precedenti, per quanto non meno sconcertante.

Nel 1990, mentre si costruiva l’autostrada del Frejus, in località La Perosa (poco oltre Sant’Antonio di Ranverso, in direzione Rivoli) vennero rinvenuti oltre 100 metri di un tracciato di strada basolata, realizzato secondo la tecnica romana, a “rudus”, attribuibile alla metà del I secolo d.C. Detto in termini semplici: l’unico tratto ancora esistente della “strada delle Gallie”.

viaromana

Lì attorno emersero anche un insediamento rustico caratterizzato da una serie di piccoli edifici risalenti ad un’epoca compresa tra il I secolo a.C. e la seconda metà del I secolo d.C. E, a poca distanza dall’abitato, una ricca sepoltura ad incinerazione, deposta all’interno di una piccola camera funeraria. Ulteriori indagini permisero inoltre di individuare una variante più tardiva,  del II e III secolo d.C., della via pubblica per le Alpi Cozie e ancora una successiva realizzazione, intorno al VII secolo, di un’area cimiteriale, composta di ben 36 sepolture, alcune piuttosto ricche, probabilmente appartenenti a una piccola comunità, probabilmente di origine longobarda.

L’importanza del rinvenimento fu tale che per impedirne la distruzione, venne ideata una variante all’originario tracciato autostradale, che in effetti oggi in quel tratto passa in galleria, proprio al di sotto della antica via romana.

Inutile dire che altrove il sito sarebbe diventato oggetto di ulteriori investimenti, sarebbe stato messo in rete con il vicino complesso romano di villa rustica rinvenuta più o meno nello stesso periodo in località Verné di Rosta e sarebbe oggi una meta turistica inserita in un più ampio pacchetto dedicato alla Valle di Susa romana e comprendente la villa romana di Caselette, quella -splendida- di Almese e ovviamente tutta l’antica Segusio.

necropoli

Invece no. Coerentemente, così come è accaduto con  La Maddalena e con Pariol, anche La Perosa è stata prima scavata, poi inscatolata e infine insabbiata, nonostante quanto auspicasse, più di 20 anni fa, l’archeologa Brecciaroli che all’epoca così scriveva: “ci si augura di poter al più presto completare l’indagine in vista della sistemazione dell’area nell’ambito di un progetto più vasto di valorizzazione delle aree archeologiche individuate lungo il tracciato della Superstrada del Frejus. Risulta infatti evidente come il sito fornisca elementi di notevole interesse nel quadro più vasto dei fenomeni territoriali connessi al collasso delle strutture dello Stato romano alla fine dell’Impero.”

Oggi pare che il collasso in realtà sia altrove. Cercando sul sito della Soprintendenza archeologica del Piemonte, alla voce La Perosa infatti desolatamente leggiamo:

Luogo di custodia dei materiali: Soprintendenza per i Beni Archeologici del Piemonte e del Museo Antichità Egizie. Informazioni: Il sito è stato ricoperto.”

B.D. 12.1.2015

Nell’ultima foto: I “ripari” della necropoli della Maddalena di Chiomonte

Comunicato di solidarietà con gli avvocati baschi dagli avvocati dei notav

post12 gennaio 2015 at 21:54
 Rdada Abogados. Registro Manzisidor.
Apprendiamo con sgomento la notizia che la Guardia Civil Spagnola ha proceduto stamane all’arresto di sedici persone, fra cui dodici avvocati impegnati nella difesa dei militanti baschi; tre di loro addirittura sono stati arrestati a Madrid dove si trovavano per assistere i loro clienti nel processo che avrebbe dovuto aprirsi oggi davanti all’Audienzia Nacional.

All’indomani della grande manifestazione parigina con la quale si è voluto ribadire il no a ogni forma di violenza e censura della libertà di pensiero la risposta che arriva dalla Spagna non può che suscitare disappunto. Come può celebrarsi la libertà e al contempo negarsi la pratica non solo dei diriti civili e poltici, ma addirittura di uno dei capisaldi dello Stato di Diritto quale l’inviolabilità del diritto di difesa?

I popoli europei che hanno manifestato in questi giorni per scuotersi dalla barbarie dei tragici fatti parigini del 7 e 8 gennaio non chiedono il ritorno all’oscurantismo, ma anzi invocano il rispetto della libertà di pensiero come baluardo più efficace della democrazia.

Non è punendo ogni forma di disobbedienza, di opinione contraria, di agire politico contrario alla maggioranza che si potrà combattere il terrore.

Per queste ragioni, Noi avvocati da anni impegnati nella difesa degli attivisti NOTAV esprimiamo la nostra solidarietà a tutti gli avvocati baschi arrestati e incriminati dalla Giustizia Spagnola, proclamando che Gara (noi siamo) Arantxa Aparicio, Aiert Larrarte, Onintza Ostolaza, Ainhoa Baglieto, Atxarte Salvador, Kepa Manzisidor, Jaione Karrera, Ane Ituño, Amaia Izko, Haizea Ziluaga, Eukene Jauregi eta Alfonso Zenon.

avv. Alessio Ariotto

avv. Stefano Bertone

avv. Massimo Bongiovanni

avv. Valentina Colletta

avv. Emanuele D’amico

avv.Federico Milano

avv. Cristina Patrito

avv. Enzo Pellegrin

avv. Gianluca Vitale

avv. Marco Melano

Nonviolenza e informazione

Al quarto incontro sulle potenzialità dell’azione nonviolenta si è discusso di informazione, controinformazione, di rapporto tra giornalisti e Potere, di ruolo attivo dei cittadini nell’interazione con i propri media.

di Fabrizio Salmoni

Come sarebbe andata al Vernetto, in quei giorni di febbraio 2012, se invece di trenta-quaranta persone si fossero seduti sull’autostrada per bloccarla due-trecento persone? La mia risposta personale è che sarebbe andata più o meno nello stesso modo con un’aggiunta di gas e bastonate per tutti ma cosi non sembrano pensare quei valsusini che hanno dato vita a partire da Settembre a una serie di seminari improntati alla riflessione sull’utilizzo in prospettiva delle forme di lotta nonviolenta sotto il titolo Resistenza per tutti- Corsi di lotta popolare nonviolenta.

Sabato 10 Gennaio a San Didero si è tenuto l’ultimo appuntamento del programma, dedicato all’informazione e all’uso che se ne deve fare per contrastare quella delle maggiori testate  giornalistiche che sostengono la realizzazione della Torino-Lione.

Hanno dato il loro contributo alla discussione i redattori del TG Vallesusa in qualità di protagonisti della controinformazione valsusina. Era presente il consigliere di Città Metropolitana Dimitri de Vita (M5S).

Si sono affrontati i temi del linguaggio, della manipolazione e del rapporto stretto tra giornalisti, politica e Potere. Si è discusso di giornalismo militante, degli strumenti tecnologici della professione giornalistica ma anche di ruolo attivo degli utenti. Per una comunità in lotta – si è sottolineato nelle conclusioni – è importante stringersi intorno ai media che si ritiene condividano identità e valori, fare corpo unico per facilitare lo scambio e l’afflusso delle informazioni.

“Il bilancio dei seminari – dice Luigi Robaldo di Rubiana, coordinatore del programma – è positivo ma quello che è più importante è che si siano stimolate nuove idee da mettere eventualmente in pratica”.

Se ne avrà seguito con iniziative collegate ai tanti eventi culturali che pullulano in Valle in ogni momento dell’anno ma quello che verrebbe reputato un vero successo sarebbe la definizione di un’area omogenea che portasse la propria voce con proprie proposte nelle sedi in cui si decidono collettivamente le azioni di resistenza. Senza naturalmente fare sconti alla controparte sulla determinazione dell’opposizione alla Grande Opera. E per smentire nei fatti chi pensa che la nonviolenza sia innocua e inefficace.

F.S. 11.1.2015

Comunicato gruppo giovani no tav sui fatti dell’8 marzo 2013

post — 13 gennaio 2015 at 18:29

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La sera dell’8 marzo 2013,come spesso accade,il gruppo “Fomne contra ‘l Tav” organizzò un passeggiata in Clarea per raggiungere le reti e per vedere come procedeva lo scempio all’interno del cantiere di Chiomonte. In quell’occasione,dopo slogan e battiture volte a ribadire la contrarietà all’opera e ad affermare la volontà di continuare a resistere nonostante il dolore provocato dalla violenza perpetrata nei confronti della madre terra,il gruppo di No Tav presenti all’iniziativa si vide sparare addosso l’acqua gelata dell’idrante (pratica ormai abituale utilizzata dalle truppe di occupazione per disperdere chi si permette di “dare fastidio”).

A seguito della doccia poco gradita ,ma che per i e le No Tav sta nell’ordine della normalità,sulla via del ritorno verso Giaglione la polizia fermò e identificò tutte e tutti i presenti accanendosi particolarmente su un ragazzo del Komitato Giovani No Tav che in seguito venne denunciato per aver lanciato delle pietre all’interno del cantiere.

Ieri si è svolta l’ultima udienza a carico di questo giovane. Il giudice, a differenza della richiesta di pena pari ad un anno portata avanti dal PM Rinaudo, si è pronunciato a favore di una condanna di sei mesi.

Come gruppo giovani No Tav esprimiamo la nostra più forte solidarietà a questo ragazzo ribadendo,ancora una volta in più,la voglia e la determinazione nel portare avanti questa lotta nonostante tutti i tentativi messi in atto dalla controparte con il chiaro intento di fermarci.

ORA E SEMPRE RESISTENZA NO TAV!

Leggi anche:

CITTADINI E POLIZIA SI INCONTRANO – SCIBONA, DELLA VALLE, CASTELLI (M5S): “SAP, presenza inopportuna.”

http://www.marcoscibona.it/home/?p=732

Partendo dal presupposto che dobbiamo avere fiducia e rispetto per i corpi di polizia, importanti istituzioni della nostra Repubblica che operano, nel complesso, a tutela dei cittadini non possiamo che esprimere tutte le nostre perplessità per la partecipazione del SAP, sindacato autonomo di polizia già noto all’opinione pubblica per le posizioni estremiste, antidemocratiche, nonché rasenti l’eversione, all’evento a titolo “Cittadini e Polizia si incontrano” promosso dal Movimento 5 Stelle e che si terrà presso la Camera dei Deputati il 16 Gennaio p.v. nonché al ciclo di incontri già tenuti e che si spera non abbiano a ripetersi.

Pur ritenendo lodevole l’iniziativa promossa dai nostri colleghi non possiamo dimenticare le incredibili dichiarazioni dei vertici SAP dove ad esempio si affermava su Aldrovandi che si trattava di un caso di autolesionismo e poi di overdose, su Cucchi dissero “se disprezzi la tua salute ne paghi le conseguenze”. Dichiarazioni indegne, che calpestano il dolore delle famiglie e mistificano la realtà. Un sindacato le cui dichiarazioni sono bollate come indecenti dagli stessi appartenenti alle forze dell’ordine e alle altre sigle sindacali del settore.

Il SAP che per voce del suo segretario ebbe a dichiarare, con sibillino intento eversivo, che mai avrebbero adottato i codici identificativi sulle divise dimenticandosi che le forze dell’ordine sono le prime a dover rispettare ed onorare le leggi dello Stato!

Non possiamo dare credito a questo piccolo sindacato perché va contro le numerose dichiarazioni fatte in parlamento a sostegno delle vittime di violenze da parte di alcune mele marce delle FF.OO, sostenute proprio dal SAP, nonché alle proposte di legge per l’introduzione del codice identificativo per le forze dell’ordine.

Marco Scibona – Senatore M5S
Ivan Della Valle, Laura Castelli – Deputati M5S

Non, nous ne sommes pas tous Charlie!

9 gennaio

 Il riprovevole attacco compiuto dal commando jihadista a Parigi, come sempre in questi casi, ha dato la stura ad una campagna ideologica potentissima quanto ingannevole.

La linea l’ha data prontamente lo spompato Presidente Hollande: i vignettisti di Charlie Hebdo, sarebbero caduti per aver difeso ciò che la Francia più di tutto simboleggia: la libertà.

Tutto l’Occidente imperialistico, con il suo sciame di media salmodianti, ha prontamente raccolto questa bufala colossale.

Che l’Occidente sostenga la libertà dipende dal punto di vista che si assume. Prendiamo proprio l’esempio della Francia.

La presenza delle truppe francesi in Africa

L’esercito francese è impegnato in operazioni militari offensive non solo in Afganistan contro i talibani, ed in Iraq contro i takfiri dell’ISIS. In Africa, in difesa della sua tradizionale geopolitica coloniale, Parigi è impegnata in Mali (Opération Serval, 2800 soldati), in Ciad (Opération Epervier, 950 soldati), in Centroafrica (Opération Sangaris, 1200 soldati + Opération Boali, 410 soldati), nel Golfo di Aden (Opération Atalante 200 soldati), in Costa d’Avorio (Opération Licorne, 450 soldati). Dispone poi di basi permanenti in Gabon (922 soldati), in Senegal (343 soldati), in Gibuti (1975 soldati) , nelle isole dell’Oceano Indiano Mayotte e La Réunion (1277 soldati).

 Anche non tenendo conto delle centinaia di agenti militari e civili “coperti”, siamo ad un totale di più di diecimila mercenari armati fino ai denti.

 Essi stanno forse lì a “difendere la libertà”? O non piuttosto gli interessi coloniali francesi?

La seconda che abbiamo detto! a spese quindi delle libertà di quei popoli di decidere il loro destino, in primo luogo di sbarazzarsi dei satrapi corrotti che restano al potere, spesso solo in virtù dell’impegno militare francese.

Si da il caso che le vittime o se si preferisce, i combattenti a cui i mercenari francesi devono tenere testa siano i movimenti guerriglieri etichettati a vario titolo come “jahadisti”, “fondamentalisti musulmani”, “integralisti salafiti”, e che più ne ha più ne metta.

In poche parole: la Francia è in guerra su più fronti.

 I media che trasudano orrore ed esecrazione per l’attentato di Parigi, nulla ci han detto e si guardano bene dal dire, dei massacri, degli eccidi, delle esecuzioni mirate, delle torture dei prigionieri di cui si sono rese e si rendono responsabili le forze armate francesi sui vari teatri. Né ci risulta che i brillanti vignettisti di Charlie Hebdo così sagaci nell’irridere Il profeta Mohammed ed i suoi seguaci puritani o jihadisti, abbiano mai, né preso per il culo, né tantomeno denunciato i crimini di guerra (per la vulgata “crimini contro l’umanità”) dei mercenari francesi. Per trovarne traccia si deve andare a spulciare nei siti nemici, quelli islamisti in particolare. Operazione che dissuadiamo dal compiere, visto che si può essere tacciati, in base alle vigenti e “liberali” leggi antiterrorismo post “September eleven”, di intelligenza col nemico, quindi perseguiti e gettati in galera.

Il regime francese chiede la condanna dell’attentato di Parigi che ha visto l’uccisione a sangue freddo di persone disarmate e indifese, e noi la condanniamo, ma del pari condanniamo gli eccidi e la guerra sporca di cui le truppe francesi si rendono responsabili nei diversi teatri di guerra.

 Ai custodi della “libertà d’espressione” che oggi esprimono sdegno per l’eccidio di Parigi chiediamo: perché non avete mai versato manco una lacrima per i morti ammazzati dai mercenari occidentali, vittime quasi sempre ed ovunque innocenti? Non meritano anche loro, se non solidarietà, una cristiana pietas? Dal momento che usate due pesi e due misure a che titolo sfottete e disprezzate i combattenti islamisti? Forse che il sangue loro non è rosso come quello dei nostri concittadini? Che i maliani, i ciadiani, gli iracheni o gli afghani non sono esseri umani titolari al pari di noialtri di dignità e diritto all’habeas corpus? E che il loro diritto alla libertà ed all’autodeterminazione non merita rispetto al pari di quello di cui vi fate paladini?

 Ai custodi della “libertà d’espressione” che oggi esprimono sdegno per l’eccidio di Parigi chiediamo: perché non avete mai versato manco una lacrima per i morti ammazzati dai mercenari occidentali, vittime quasi sempre ed ovunque innocenti? Non meritano anche loro, se non solidarietà, una cristiana pietas? Dal momento che usate due pesi e due misure a che titolo sfottete e disprezzate i combattenti islamisti? Forse che il sangue loro non è rosso come quello dei nostri concittadini? Che i maliani, i ciadiani, gli iracheni o gli afghani non sono esseri umani titolari al pari di noialtri di dignità e diritto all’habeas corpus? E che il loro diritto alla libertà ed all’autodeterminazione non merita rispetto al pari di quello di cui vi fate paladini?

 Noi condanniamo quindi l’eccidio di Parigi, ma ci rifiutiamo con eguale fermezza di unirci al coro ipocrita imbastito dall’esercito di giornalisti prezzolati ed al servizio delle classi dominanti.

Col preteso di difendere la libertà d’espressione, i regimi neoliberisti, fanno in realtà una pelosa chiamata in correità, tentano di farci diventare corresponsabili dei loro crimini neocolonialisti, provano ad arruolarci come ausiliari del loro imperialistico esercito della salvezza dell’Occidente imperialista.

 Non, nous ne sommes pas tous Charlie!

 8 gennaio 2015

 http://sollevazione.blogspot.it/2015/01/non-nous-ne-sommes-pas-tous-charlie-di.html