L’ESERCITO NAZIONALE SIRIANO SALVA MIGLIAIA DI OSTAGGI NEL NORD EST DI DAMASCO. LA UE RIFIUTA DI DARE ASILO AI CRISTIANI IN FUGA

ma sono cristiani, per loro posto non ci deve essere nel mondo

03 GEN 2014
Redazione

L’Esercito nazionale Siriano libera migliaia di ostaggi nel Nord Est di Damasco. L’Unione Europea rifiuta di dare asilo ai cristiani che fuggono dagli islamisti appoggiati dall’Occidente.
Dal nostro corrispondente
L’esercito siriano ha completato l’evacuazione di migliaia di cittadini che si trovavano in ostaggio dei terroristi nella città di Adra-Al Umaliye, nel nord est di Damasco, la capitale.

Si tratta di uno scenario doloroso che riflette una pura tragedia.  Centinaia di famiglie includendo donne, bambini e anziani, hanno avuto la possibilità di uscire dalla città di Adra Al-Umaliye nella zona di Damasco Campo, che si trovava sotto l’assedio dei gruppi takfiri ed arrivare all’autostrada internazionale.  Un’operazione  dell’esercito siriano coronata dal successo ha facilitato la fuga dei civili attraverso l’accesso nord della città.

Avanzare di pochi metri significava far camminare per più di un kilometro ad anziani ed infermi che erano riusciti a scappare dall’assedio imposto dai terroristi nel corso di più di due settimane. Portavano con se una borsa di plastica con i prodotti indispensabili. I residenti di Adra avevano preso lentamente un percorso che passava attraverso le montagne ed all’arrivo hanno trovato i soldati dell’esercito siriano che li aspettavano per offrire loro cibo ed assistenza sanitaria.

Al principio di Dicembre un gran numero di gruppi takfiri affiliati ad Al Qaeda avevano fatto irruzione nella città ed avevano ucciso, torturato e sequestrato buona parte degli abitanti per odio settario (popolazione sciita). Adra  Al-Umaliye è una città di grande importanza strategica sia per l’Esercito siriano che  che per le milizie ribelli. I combattimenti continueranno, secondo un portavoce dell’Esercito, fino alla totale riconquista della città.

Migliaia di civili sono riusciti a fuggire dalla città di Adra  ed hanno raccontato le loro storie sulla tragedia che hanno vissuto per mano dei gruppi terroristi. Questo mentre il mondo occidentale non presta alcuna attenzione alle sofferenze della popolazione siriana e continua ad appoggiare i terroristi.

I terroristi in Siria hanno distrutto la tomba della sposa del  profeta Ayub (Job) nella città di Aleppo.

Si segnala che i miliziani islamici dell’ EIIS,  di fede wahabita hanno profanato e distrutto la tomba della sposa del profeta Ayub, uno dei monumenti sacri della fede sciita, poichè  secondo loro, questa e le altre reliquie sacre agli sciiti,   menzionate anche sia nel Corano che nella Bibbia, rappresentano  il  politeismo.  Questa reliquia era menzionata nei libri di storia delle religioni e veniva considerata patrimonio dell’Umanità.

Ancora una volta i miliziani yihaddisti (quasi tutti stranieri e non siriani) hanno dimostrato la loro intolleranza e la loro ferocia. La stessa distruzione e profanazione è stata riservata anche in Aleppo per la la Moschea di Sheij  Hilal, nel nord della città dove vi era anche la tomba di questi e dove si realizzavano le preghiere del Venerdì.

L’Europa si rifiuta di dare asilo ai cristiani della Siria perseguitati a morte dagli islamisti

Lo scorso 7 Novembre, La Corte Europea di Giustizia in Lussemburgo, ha sentenziato che gli omosessuali provenienti dai paesi africani o asiatici potranno richiedere asilo politico nell’Unione Europea “quando sussista il rischio nei loro paesi di finire in carcere per causa dei loro orientamenti sessuali” hanno stabilito i giudici europei.

Nonostante questo, viene messa in evidenza la “doppia morale” delle istituzioni della UE ,quando questa rifiuta il diritto di asilo ai cristiani della Siria i quali, nel loro paese , corrono il rischio non semplicemente del carcere ma della loro stessa vita.

Questo è stato il caso di 45 di loro, principalmente donne e bambini, assassinati nella città di Sadad, nel nord di Damasco, assassinati dai ribelli islamisti poche settimane fa ma naturalmente non è l’unico caso (nonostante venga mantenuto il silenzio dei media, si calcola che il numero dei civili cristiani assassinati in Siria sia superiore al migliaio).

Per quanto la lotta in Siria sia tra i mussulmani alawiti (del governo di Assad) e quelli sunniti che sono ribelli integralisti sunniti (appoggiati da Obama, dalla Gran Bretagna, dalla Francia, oltre che dall’Arabia Saudita), la popolazione cristiana è quella che soffre orribilmente la repressione, il terrore e la guerra  specialmente per mano dei ribelli salafiti provenienti da vari paesi. Ad esempio: quando i ribelli devono uccidere un soldato prigioniero, di solito questo viene fucilato. Se si tratta di un cristiano che cerca di fuggire, allora questo viene sgozzato secondo il loro rito .

Essendo questa la situazione come può essere possibile che l’Europa non accolga come rifugiati i cristiani della Siria quando hanno deciso di accogliere gli omosessuali che al massimo rischiano il carcere?

Forse il mistero lo stanno svelando involontariamente i nostri fratelli siriani quando accusano l’Europa “se respingete i perseguitati, state respingendo il Cristo” . Questo è quello che dimostra l’Europa di fronte ai rifugiati siriani che si trovano attualmente in Giordania e che hanno richiesto asilo all’Occidente. Nessun paese europeo ha concesso loro l’asilo, neppure la Cattolica Spagna e la stessa Italia del Papa Francesco.

Refugiados en campo

Nelle parole di un rifugiato cristiano “tutti noi abbiamo venduto tutto ciò che possedevamo per poter arrivare fino a qui con l’obiettivo di chiedere il visto a qualche ambasciata. Quale è stata la nostra sorpresa nell’apprendere che la nostra richiesta era stata respinta sostenendo  che noi non avevamo alcun motivo per andare in Europa”.

Anche un’altro rifugiato cristiano ci dice che “si supponeva che le nazioni occidentali ci avrebbero dato appoggio e ci avrebbero concesso asilo per la nostra condizione di cristiani. Mi rattrista molto che non sia andata così”.

Si calcola che circa 70 famiglie siriane abbiano trovato rifugio provvisorio in una Chiesa assira in Amman, capitale della Giordania. Dormono nelle dipendenze della stessa Chiesa. Per loro il Natale, invece di essere un giorno di gioia, è stato un giorno di grande malinconia. Uno dei cristiani ci ha dichiarato: “sono incapace di stare allegro questo Natale mentre il nostro paese viene dissanguato”. Un’altro rifugiato ci ha detto: “stiamo soffrendo molto qui e l’unica messa che abbiamo celebrato è stata per chiedere a Dio che ritorni la sicurezza e la pace in Siria”.

La persecuzione che subiscono i cristiani d’Oriente con la complicità dell’Occidente grida vendetta verso il cielo.

Profughi in Siria  ninos de siria refugiados
Fonte:  El Espiadigital
http://www.controinformazione.info/lesercito-nazionale-siriano-salva-migliaia-di-ostaggi-nel-nord-est-di-damasco-la-ue-rifiuta-di-dare-asilo-ai-cristiani-in-fuga/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=lesercito-nazionale-siriano-salva-migliaia-di-ostaggi-nel-nord-est-di-damasco-la-ue-rifiuta-di-dare-asilo-ai-cristiani-in-fuga

Il terrorismo come strumento di conquista imperiale.,Dall’Afghanistan alla Siria, l’America Supporta Al Qaeda.

Tradotto e Riadattato da Fractions of Reality
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Finalmente il mondo conosce l’America come il salvatore del mondo” – Il presidente Woodrow Wilson, Parigi Conferenza di Pace 1919
 
Gli orrori segnalati ogni giorno da Siria e Iraq sono abbastanza per farci piangere, in particolare, le atrocità commesse dai tipi di al-Qaeda: fustigazioni; decapitazioni, giocare a calcio con le teste; mutilazione di cadaveri, prelievo di organi solo per scherno ; attentatori suicidi, autobombe, il terreno disseminato di parti del corpo umano; innumerevoli bambini traumatizzati per tutta la vita, l’imposizione della legge-sharia, compresi divieti di tipo musicale… In che secolo viviamo? Quale millennio? In quale mondo?
 
La gente a volte mi scrive che il mio antagonismo incrollabile verso la politica estera americana è fuori luogo, che al-Qaeda è il peggio che esista al mondo e e il mondo ha bisogno degli Stati Uniti per combattere i jihadisti terribili.
 
“Lasciate che vi parli dei molto ricchi,” F. Scott Fitzgerald famoso scritto. “Loro sono diversi da voi e me.”
 
E lasciate che vi parli di leader americani. Al potere, essi non vedono il modo come lo vediamo io e te. Non percepiscono il mondo come noi. Essi hanno sostenuto “jihadisti terribili” e i loro equivalenti morali per decenni. Cominciamo nel 1979 in Afghanistan, dove i Mujahideen (“guerrieri santi”) erano in battaglia contro un governo progressista laico appoggiato dall’Unione Sovietica, una “tattica preferita” dei Moujahedeen era “torturare le vittime [spesso Russi] per primo tagliando loro naso, orecchie e genitali, quindi rimuovendo una fetta di pelle dopo l’altro “, producendo” una morte lenta e molto dolorosa “.
 
Con l’appoggio militare massiccio e indispensabile dell’America nel 1980, l’ultimo governo laico dell’Afghanistan (portando le donne nel 20 ° secolo) è stato rovesciato, e dopo i vincenti Mujahideen arrivò al Qaeda.
 
Durante questo stesso periodo gli Stati Uniti sosteneva i famigerati Khmer rossi della Cambogia, sì, gli stessi ragazzi affascinanti di Pol Pot.
 
Del Presidente Carter, Consigliere della Sicurezza Nazionale, Zbigniew Brzezinski, era una forza trainante per il sostegno ai Moujahedeen e il Khmer Rossi da parte degli Stati Uniti. Che cosa ti dice questo dei leader americani? Oppure pensiamo a Jimmy Carter – un’ispirazione fuori ufficio, ma una persona piuttosto diversa alla Casa Bianca? Oppure il Nobel per la Pace Barack Obama, che ha scelto Brzezinski come uno dei suoi consiglieri?
 
Un altro esempio orgoglioso degli Stati Uniti che combattono i jihadisti terribili è il Kosovo, una provincia a stragrande maggioranza musulmana della Serbia. L’Esercito di Liberazione del Kosovo (UCK) ha iniziato un conflitto armato con Belgrado nei primi anni 1990 per dividere il Kosovo dalla Serbia. L’UCK era considerata un’organizzazione terrorista dagli Stati Uniti, Regno Unito e Francia per anni, con numerose segnalazioni dell’UCK di avere contatti con al-Qaeda, ricevendo armi da loro, avendo i suoi militanti addestrati in campi di al-Qaeda in Pakistan, e anche con membri di al-Qaeda nei ranghi di comando del KLA. Ma agli imperialisti di Washington interessava di più infliggere un duro colpo alla Serbia, “l’ultimo governo comunista in Europa”, e per questo ha sostenuto l’UCK.
L’UCK sono stati conosciuti per le pratiche di tortura e la tratta delle donne, eroina, e parti del corpo umano. Gli Stati Uniti sono stati, naturalmente, i fautori di questa situazione spingendo per l’appartenenza del Kosovo alla NATO e all’Unione Europea.
Più di recente gli Stati Uniti hanno sostenuto i jihadisti terribili in Libia e Siria, con conseguenze terribili.
Sarebbe, inoltre, difficile nominare una solo dittatura brutale della seconda metà del 20° secolo, che non è stato sostenuto dagli Stati Uniti, non solo supportato, ma spesso messo al potere e mantenuti al potere contro la volontà della popolazione. E negli ultimi anni, così, Washington ha sostenuto i governi molto repressivi, come l’Arabia Saudita, Honduras, Indonesia, Egitto, Colombia, Qatar e Israele.
 
Non esattamente il grande salvatore che il mondo aspettava. (Oh, ho già detto che le politiche di Washington creano una fornitura infinita di terroristi?)
E cosa fanno i leader americani pensano di come agiscono ? L’ex segretario di Stato Condoleezza Rice probabilmente parlava a nome dell’intero club privato quando ha scritto che, nel perseguimento della propria sicurezza nazionale degli Stati Uniti non è più necessario essere guidati da “nozioni di diritto e le norme internazionali” o “istituzioni come le Nazioni Unite “perché l’America è ” dalla parte giusta della storia “.
 
Se non hai mai fatto nulla che non vorresti che il governo conoscesse, dovresti rivedere le tue scelte di vita.
“L’idea è quella di costruire un ambiente globale antiterrorismo”, un alto funzionario della difesa americano ha detto nel 2003, “in modo che in 20 o 30 anni, il terrorismo sarà come la tratta degli schiavi, completamente screditato”.
 
Bisogna chiedersi: quando il lancio di bombe su civili innocenti, l’invasione e l’occupazione di un paese verranno considerate azioni che screditano chi le commette di fronte alla comunità internazionale ? Quando l’uso di uranio impoverito, bombe a grappolo, torture della CIA e sorvegliare tutti, ovunque diverranno cose che anche uomini come George W. Bush, Dick Cheney, Barack Obama e John Brennan saranno troppo in imbarazzo per difenderle ?
 
Il mese scorso, un ex funzionario della National Security Agency ha detto al Washington Post che i lavoratori dell’Agenzia stanno lucidando i loro curricula e chiedendo che vengano cancellati – la rimozione di qualsiasi materiale collegato ai programmi classificati – in modo che possa essere inviato a potenziali datori di lavoro. Egli ha osservato che un dipendente che elabora i curricula disse: “Non ho mai visto così tanti curricula che la gente vuole avere eliminati nella mia vita.”
 
Postato Yesterday da Frammenti di Realtà

Secondo le istituzioni, pagate dalle lobby, la carne fa bene. Ma la realtà è ben diversa

“Nonostante la diffida e la denuncia avverso il precedente Ministro della Salute per mancata corretta informazione circa i danni, scientificamente e clinicamente dimostrati, derivanti dal consumo di carne alimentare, le Istituzioni continuano ad omettere la realtà. È profondamente ingiusto nascondere la verità soprattutto su un tema principale come la salute, ai cittadini è stato tolto l’inalienabile diritto alla corretta e libera informazione, senza omissioni o censure. Come sempre gli interessi delle lobby, nella fattispecie rappresentate dalle industrie della carne, prevalgono sul diritto del popolo di sapere” – dichiara il presidente del Partito Animalista Europeo, Stefano Fuccelli – “Non mi meraviglio se a dirigere l’Istituto Nazionale Ricerca Alimenti e Nutrizione era il Prof. Cannella (ordinario di Scienza dell’alimentazione nella facoltà di Medicina dell’Università La Sapienza, dirigente della Scuola di specializzazione in Scienza dell’alimentazione e del Centro interuniversitario internazionale di studi sulle culture alimentari mediterranee nonché membro del Consiglio Superiore di Sanità) che elogiava le doti salutistiche e nobili della carne criticando addirittura l’alimentazione vegetariana i cui praticanti avrebbero dovuti fare i salti mortali per combinare gli alimenti. Ironia della sorte il salto mortale lo ha fatto lui, Cannella è morto all’età di soli 67 anni per tumore all’intestino”.
Malattie vascolari, cancri, ipertensione, diabete ed obesità i reali danni derivanti dall’assunzione alimentare di carne, il Prof. Umberto Veronesi direttore scientifico dell’Istituto Europeo di Oncologia lo dichiara da anni: “Attenti all’alimentazione innesca i tumori più del fumo, la prevenzione riduce i decessi più della medicina e comincia a tavola. I dati sul cancro al colon dimostrano che è quasi inesistente nei paesi a dieta priva di carne. Mangiare carne fa male, è cancerogena”.. L’oncologo ha spiegato che ad innescare il tumore sono nel 35% dei casi le cattive abitudini alimentari; seguono il tabacco (30%), le infezioni virali (10%), i fattori riproduttivi (7%), l’attività lavorativa e l’inquinamento (4%).
Dallo studio “meat intake and mortality” pubblicato nel 2009 negli Stati Uniti sul bimestrale “Archives of internal medicine” le conclusioni sono state che consumare carne lavorata, comunque di provenienza industriale, eleva il rischio di morte per tumore e malattie cardiache. LaFood and Drug Administration americana conferma: “chi consuma più di 80 grammi quotidiani di carne alza di 8 volte il rischio di tumori allo stomaco ed all’intestino, oltre che alla prostata per gli uomini ed al seno per le donne”.
Il World Cancer Research Fund (WCRF) e l’American Institute for Cancer Research sottolineano come vi sia una chiara evidenza che le carni rosse e le carni lavorate siano causa di cancro al colon ponendo come obiettivo per la salute pubblica un consumo medio di 300 gr. a settimana (43 gr. al giorno), e di evitare in modo assoluto carni processate, come pancetta, prosciutto, salame, salsicce, carne in scatola, ecc. Lo studio effettuato dalla Oxford University – Unità cardiologica della Cornell University (ottobre 2010): “diminuendo il consumo di carne si eviterebbero, soltanto in Inghilterra, 31 mila morti per malattie cardovascolari, 9 mila per cancro e 5 mila per ictus ed il servizio sanitario (inglese ndr) risparmierebbe almeno 1,3 miliardi di euro; con l’eliminazione totale del consumo di carne le cifre aumenterebbero ancora di più”. Il cittadino britannico medio consuma 125 kg di carne l’anno, l’italiano medio intorno ai 92 kg l’anno. La ricerca della Oxford University ha calcolato quello che avverrebbe diminuendo il consumo a 11 kg l’anno (31 gr. giornalieri): si eviterebbero 45.361 morti.
La carne uccide anche in altri modi. La correlazione tra gli allevamenti intensivi, definiti dalla Food and Agricolture Organization, a nome delle Nazioni Unite, “un vivaio di malattie emergenti” e le sostanze chimiche somministrate nel settore carni: tirestatici, ormoni, beta agonisti, cortisonici, ormone della crescita, antibiotici metalli pesanti, mix di sostanze chimiche e mangimi inidonei, comporta lo sviluppo delle note pandemie ed episodi di straordinaria gravità come l’influenza aviaria nel 1999 e 2002, la cosiddetta mucca pazza nel 2001 o le carni suine irlandesi contaminate dalla diossina nel 2008 e l’influenza A suina del 2009 proveniente dal Messico, causando migliaia di decessi in tutto il mondo. “Ogni volta che un virus entra in un nuovo ospite, può mutare”, spiega Michael Greger, responsabile salute pubblica alla Humane Society of United States: “Nelle fattorie con 50 capi, un virus ha solo 50 probabilità di mutare. In quelle con 5 mila maiali ha 50 mila possibilità di trasformarsi in un virus in grado di compiere il salto di specie passando dall’animale all’uomo”. Salto di specie che si è verificato in Messico tra maiali e uomini.
Fonte tratta dal sito  .

I soldi non crescono sugli alberi … ma la frutta sì! L’assurdità del sistema economico moderno e alcune esperienze positive in controtendenza

venerdì 10 gennaio 2014
“I soldi non crescono sugli alberi”, quante volte ci siamo sentiti dire questa frase fatta che indica la necessità del lavoro al fine del nostro sostentamento? Frase giusta tutto sommato se pensiamo alla struttura di questa nostra società moderna, artificiale, frase insensata se pensiamo invece ad una società di ben altro tipo, o se pensiamo ad un ipotetico stato di natura. Non esistono su questa terra altri animali oltre all’uomo che utilizzano il denaro, e l’uomo stesso è probabile che lo abbi autilizzato solo in tempi relativamente recenti.
 
Nello stato di natura dovrebbe valere invece la frase “la frutta non cresce per terra”, che starebbe ad indicare il fatto che se si vuole mangiare un po’ di buona, dolce e succosa frutta occorre allungare le mani verso l’alto ed eventualmente arrampicarsi sugli alberi.
 
Dal momento che l’uomo non è nato corredato di pentole, fornelli, coltello e forchetta, riso e pasta, allo stato di natura nessun uomo potrebbe mai mangiare nè i cereali, nè molte verdure che necessitano di cottura, nè la carne dei grandi animali che non sarebbe in grado di macellare, affettare, dilaniare con quei miseri canini che si ritrova (forse potrebbe mangiare insetti e larve di coleottero, uova rubate ai nidi degli uccelli, o qualche preda di piccola taglia). Ed è chiaro che una dieta basata sui cibi originari è superiore alla nostra dieta moderna artificiale, anche dal punto di vista della salute.
 
In natura tutti gli animali si cercano il cibo da soli, raccogliendolo in un modo o nell’altro, prendendolo dalla natura, senza che ci siano di mezzo monete, beni di scambio, mercati. Si raccoglie e si mangia, si caccia e si mangia, quando si può si mette da parte qualche provvista non deperibile. Se  non si trova niente da mangiare ci si sposta verso un terreno più ricco di cibo.
 
A ben pensarci è una situazione davvero folle quella delle persone che non riescono a sfamarsi perché sono a corto di quei biglietti stampati che sono denominati “soldi”. Anche la disoccupazione è un fenomeno artificiale, sostanzialmente assurdo (immaginate un cavallo o un ippopotamo disoccupato!), ed infatti è una realtà molto recente, praticamente sconosciuta appena pochi secoli fa; un altro regalo di un sistema in cui non solo i beni si possono solo acquistare (invece che raccogliere)  ma anche del progressivo allontanamento della popolazione dalla terra, ovvero dalla sua naturale fonte di nutrimento.
Sicuramente non è facile al giorno d’oggi passare dal folle sistema economico che sta riducendo in povertà decine di milioni di persone ad un sistema più umano e più a contatto con la natura. E sicuramente dopo che hanno distrutto la natura, sostituendo i verdi campi, le foreste, i frutteti con distese di asfalto e cemento, è veramente difficile vivere per gli uomini di raccolta se non in pochi luoghi del pianeta ancora (non si sa per quanto) incontaminati.
 
Ma se proprio dobbiamo ipotizzare una forma umana di economia, possiamo cercare di orientarci verso lo scambio di beni e servizi col baratto, o (laddove possibile) con il lavoro gratuito. Infatti se tutti offrissero gratuitamente il proprio lavoro ci sarebbe molto meno bisogno di tasse da un lato e di moneta dall’altro. Avremmo una società che funziona (almeno in parte) senza quella moneta che il sistema banche private ci sta rubando.
 
E’ chiaro che queste sono soluzioni parziali (il singolo può fare delle scelte ma i lavoratori dipendenti sono alquanto vincolati nelle proprie azioni), ma ci sono esempi in cui i comuni non potendo spendere (causa carenza di soldi e … fiscal compact) coinvolgono i cittadini che si mettono a lavorare assieme gratuitamente per mettere a posto strade dissestate o edifici pubblici in cattive considizioni. E laddove la gente è ancora legata alla terra uno scambio di beni di prima necessità non solo è possibile, ma è ancora in vigore, ed anzi spesso il cibo prodotto in più viene persino regalato a vicini che a sua volta regalano le loro eccedenze. Non è impossibile, bisogna solo cambiare ottica, abbandonare i luoghi comuni imposti da un sistema che vuole snaturarci, privarci della nostra umanità.
 
A Resana si è iniziato un percorso in questo senso, anche se “ovviamente” il potere ha lavorato in maniera di porre fine ad un’esperienza positivacommissionando il coraggioso sindaco Loris Mazzorato, ma si spera che i semi lasciati germoglino.
 
Per finire segnalo il video di Repubblica nel quale si racconta l’esperienza di un paese spagnolo dove quasi tutti lavorano in una cooperativa locale (nel settore agricolo o nell’industria di trasformazione), ci sono incredibili agevolazioni per ottenere una casa a prezzi più che ragionevoli, e la disoccupazione è quasi scomparsa (nonostante la crisi). Da notare che chi gestisce il comune di Marinaleda rinuncia ad essere retribuito per il suo lavoro ma fa un vero e proprio volontariato. Un sogno? Sì, ma realizzabile.
 

Cani, perché intuiscono quello che stiamo per fare

se imparano e affinano il loro istinto nelle generazioni, da amici diventeremo presto loro nemici, dopo i continui perversi sadici massacri ai loro danni

L’intelligenza canina e la capacità di comprendere il comportamento umano sono il frutto di una selezione naturale, ma anche di un lungo cammino fatto insieme.
 
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L’uomo indaga da millenni il comportamento dei cani ed è da essi a sua volta indagato, scrutato e compreso. Il legame fra uomo e cane è antico ed è stato favorito dalla capacità di questi ultimi di digerire gli amidi che ha dato loro la possibilità di essere addomesticati. Ora, una ricerca condotta dall’Abertay University di Dundee, ha gettato una nuova luce sui legami emotivi e di affetto che si creano fra l’uomo e il cane. La ricerca è durata 18 mesi su 24 cani divisi in tre gruppi: 1) addestrati, 2) addestrati domesticamente, 3) randagi. Il team di lavoro coordinato dalla docente Clare Cunningham ha scoperto che la capacità di prevedere i nostri comportamenti non è solamente innata, ma si accresce di generazione in generazione. Il comportamento dei cani si fa, dunque, più raffinato. I cani hanno accettato gli uomini come loro partner sociali, grazie al processo di addomesticazione e, per questa ragione, hanno affinato, sempre di più, la capacità di interpretare il loro comportamento. Ma l’aspetto più sorprendente e meno indagato è che queste abilità possono essere trasmesse da una generazione a quella successiva, con un progressivo miglioramento delle capacità di comprensione. Lo studio mostra come la risposta agli ordini sia svincolata dall’addestramento, ma connessa al grado di familiarità che il cane ha con il proprio padrone. Come si è giunti a questo “patto” fra uomo e animale? Da una parte con una selezione naturale che ha provocato un’evoluzione genetica, dall’altra con un percorso comune che ha permesso ai cani di perfezionare queste abilità con l’esperienza. Se un cane ci riporta un bastone non è una questione di addestramento, ma una questione di affetto, un legame emotivo su cui la scienza non potrà, comunque, mai dirci abbastanza.
 
Fonte:  The Telegraph
 

I ‘Fratelli del terrore’ e l’olocausto di una ‘nuova Siria’ in Egitto,L’interveto per SeP di Mohamed Sayed Ahmed, segretario per gli affari politici del Partito Nasseriano Unito

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‏Sono due anni che andiamo dicendo che la cosiddetta “Primavera araba” altro non è che un complotto americano-sionista contro la Nazione, che si sarebbe trasformato in un “olocausto” le cui fiamme avrebbero bruciato i nostri popoli e le nostre società, nell’ambito di ciò che è noto come il Progetto per un “Nuovo – o Grande – Medio Oriente”, o “Secondo progetto Sykes-Picot”, mirante a spezzettare e suddividere la regione in settantatré staterelli dei quali il più grande avrebbe le dimensioni del Qatar o di Israele.
‏Un progetto il cui primo mattoncino venne posto dopo la guerra dell’Ottobre 1973, con Bernard Lewis – boia e padrino del “Nuovo Medio Oriente” – che pose i piani per la suddivisione [della regione] e la cernita degli strumenti da utilizzare, tra i quali le organizzazioni terroristiche internazionali formatesi nella regione sotto gli occhi e l’egida dell’Imperialismo mondiale e con l’aiuto dei servizi d’informazione.
‏In tale contesto, quella della Fratellanza è l’organizzazione più notevole, dato l’accordo tra americani e i sionisti, da un lato, e l’organizzazione internazionale dei ‘Fratelli del terrore’, dall’altro.
‏Uno dei più importanti obiettivi del [suddetto] progetto consiste nella distruzione degli eserciti arabi più potenti che potevano opporsi a questa suddivisione, essendo in grado di fronteggiare le organizzazioni terroristiche. Di fatto, il piano ebbe inizio con la distruzione dell’Esercito iracheno durante l’occupazione dell’Iraq per mezzo delle forze di aggressione americane nel 2003.
 
‏Poi sono scese in strada le “masse” arabe in Tunisia e in Egitto, con la richiesta di riforme politiche, economiche e sociali, ma presto si sono insinuati i ‘Fratelli del terrore’, trasformandosi così tali manifestazioni pacifiche in scene di violenza, sangue e terrore, con accuse rivolte alle autorità di esserne esse stesse la causa. Con lo sviluppo degli eventi, poi, queste richieste si sono innalzate di livello, fino a pretendere la caduta del regime filo-americano e filo-sionista.
‏Tuttavia, sulla strada del progetto di divisione s’è piazzata una pietra d’inciampo, poiché dopo un primo successo dei Fratelli in Tunisia e in Egitto, dove hanno preso il potere, essi hanno provato a mettere in opera lo stesso progetto in Siria, senonché lì è andata in maniera diversa, perché il regime non è né filo-americano né filo-sionista. Anzi, è l’unico regime arabo saldo sulla scelta della resistenza, che ha sfidato l’America e Israele, aprendo il paese per accogliere tutte le fazioni resistenti palestinesi e sostenerle con armi e denaro. Il che è quel che ha fatto anche con Hezbollah, che ha sconfitto l’Entità Sionista due volte in meno di sei anni. Mentre i ‘Fratelli del terrore’ – sconfitti da Hâfiz al-Asad all’inizio degli anni Ottanta – non sono riusciti a prevalere in Siria, la quale s’è così salvata dalla loro malvagità. Essi però, agli ordini dell’America, hanno sferrato una guerra esiziale contro la Siria utilizzando lo strumento del terrore, allo scopo d’incendiarla e di distruggerla dall’interno, trascinando il suo valoroso ed eroico esercito in una battaglia finalizzata ad indebolirlo e distruggerlo per sbarazzarsi dell’ostacolo rappresentato dall’Esercito siriano e facilitare così lo spezzettamento della Siria. Ma la consapevolezza del popolo siriano, il patriottismo della sua dirigenza e la saldezza del suo esercito han fatto fallire la cospirazione.
 
‏Quando i ‘Fratelli del terrore’ sono andati al governo in Egitto hanno avviato il medesimo piano per suddividerlo, così il presidente Morsi ha promesso ai suoi ‘fratelli’ di Hamas una parte del Sinai per erigervi il loro Stato e far così finire per sempre la “Questione palestinese”. Poi s’è recato in Sudan, dove ha promesso al suo ‘fratello’ al-Bashir – che ha diviso il Sudan – un altro pezzo di Egitto, cioè il Triangolo di Halâ’ib e Shalâtîn.
‏Nel pieno di questo progetto volto alla divisione [dell’Egitto], la nostra voce si è elevata per mettere in guardia il popolo egiziano da questi traditori ed agenti [del nemico], così finalmente esso si è svegliato dal suo torpore riacquistando consapevolezza, per poi uscire allo scoperto e deporre i ‘Fratelli del terrore’.
‏Il magnifico Esercito egiziano s’è reso conto della dimensione del complotto, perciò è rimasto accanto al popolo per svolgere il suo ruolo nazionale di difesa del territorio egiziano. Ciò non ha certo reso felici gli americani, i sionisti e i loro alleati tra gli agenti [del nemico] e i traditori, che così hanno dato all’organizzazione terroristica della Fratellanza l’ordine di replicare lo scenario siriano allo scopo di far divampare l’incendio nel Paese e distruggerlo, a livello di Stato, di popolo e di esercito.
‏Il piano è cominciato con le manifestazioni, i presidi e le operazioni terroristiche nel Sinai, ma quando il popolo ha incaricato la polizia e l’esercito di dar loro la caccia e combattere il terrorismo, i terroristi stessi hanno annunciato che avrebbero trasformato l’Egitto in una ‘nuova Siria’, facendo quindi cadere ogni maschera; cosicché tutti hanno potuto scoprire che quella che è accaduta in Siria era essenzialmente una macchinazione internazionale nella quale è stata utilizzata l’organizzazione terroristica della Fratellanza, traditrice e agente [del nemico].
 
‏Tuttavia alcuni continuavano a dubitare [delle intenzioni dei Fratelli Musulmani, NdT], fino a che la polizia egiziana non forzò il presidio armato, in atto da due giorni, nelle due aree di Râbi‘a al-‘Adawiyya, al Cairo, e di an-Nahda, a Giza. Al che i ‘Fratelli del terrore’ hanno aperto il fuoco sulla polizia e le chiese, in ogni parte d’Egitto, giungendo persino a bruciare le moschee, lasciando liberi, il Venerdì di preghiera, i membri dell’organizzazione terroristica di uccidere e bruciare tutto ciò che giungeva alla portata delle loro luride mani, sporche del sangue degli egiziani.
 
‏Ma gli americani e i sionisti, assieme ai loro sostenitori, traditori ed agenti, interni ed esterni, ci hanno aggredito, condannando la polizia e l’esercito egiziano, ma non i ‘Fratelli del terrore’, ovvero il loro strumento interno per spezzettare e suddividere la Patria.
‏Tuttavia in tutto questo divampare di fiamme è emerso il generoso ruolo internazionale di chi è rimasto con la Siria durante la sua crisi e la sua battaglia per l’esistenza contro il terrorismo e il ‘teppismo’ sion-americo-ikhwani: il ruolo della Russia e della Cina.
 
‏La dirigenza egiziana rappresentata adesso dal generale ‘abd el-Fattâh as-Sîsî deve sfruttare l’occasione e porre la sua mano su quella del generoso alleato internazionale, annunciando l’uscita definitiva dell’Egitto dalla sudditanza verso l’America e che torneremo a riabbracciare l’Arabismo, con l’Egitto alla guida del progetto nazionale arabo di resistenza: un progetto di autentica indipendenza nazionale, che si oppone alla sudditanza vero l’imperialismo mondiale. Un annuncio, inoltre, che noi, da oggi in poi, non ci sottometteremo, non tratteremo e non verremo meno [al nostro compito], gettandoci nella battaglia della Patria contro il terrorismo, fino alla fine. Che non lasceremo l’occasione ai ‘Fratelli del terrore’ di esistere in mezzo a noi, poiché sono una fazione anti-nazionale, terroristica, traditrice ed agente [del nemico].
 
‏Il generale ‘abd el-Fattâh as-Sîsî deve trarre profitto dall’esperienza del leader imperituro Gamal Abd el-Nasser con questi terroristi, e sappia che il metodo da lui seguito per trattare con loro è quello giusto; non quello di as-Sâdât e, successivamente, di Mubârak, i quali hanno usato il metodo della conciliazione e della trattativa, che non ha fatto altro che rafforzare la loro determinazione e il loro slancio nel vendere la patria, in accordo con l’“agenda” dei nostri nemici.
 
‏Adesso bisogna però che as-Sîsî prenda tutti i provvedimenti necessari senza alcun riguardo per i traditori e gli agenti dentro e fuori, con mano forte e senza esitazioni, senza pietà verso i nemici della Patria e coloro che la vogliono mandare a fuoco.
 
‏Sappia che con lui stanno l’Esercito e il popolo, cosicché un giorno la storia testimoni che egli è stato il salvatore dell’Egitto, colui che l’ha protetto dalle fiamme, dalla divisione e dalla frantumazione.
 
Traduzione a cura di SeP

Camerati, miliziani e neofascisti Così cresce la nuova estrema destra

http://espresso.repubblica.it/attualita/2014/01/09/news/camerati-miliziani-e-neofascisti-ecco-come-cresce-la-nuova-estrema-destra-1.148216

 Con la crisi che ha impoverito la piccola borghesia creando sacche di insofferenza diffusa, i manipoli neri del nuovo millennio escono dalle catacombe e sognano la riscossa elettorale. Cavalcando lo spettro populista che oggi si aggira in tutta Europa

di Giovanni Tizian

Camerati, miliziani e neofascisti<br />
Così cresce la nuova estrema destra

Schieramento per l’anniversario della strage di Acca Larentia. Foto di Alessandro Penso
Camerata Franco Bigonzetti. Al richiamo del leader segue il coro dei legionari: «Presente». La scena si ripete ogni anno il 7 gennaio davanti alla vecchia sede del Movimento sociale italiano in via Acca Larentia a Roma. Sfilano per ricordare i tre militanti del Fronte della gioventù uccisi nel 1978. “Vittime dell’odio comunista e dei servi dello Stato”, recita la targa. I “martiri” sono diventati il sacrario dell’ideologia neofascista: il luogo dove, tra nostalgici saluti romani e nuovi slogan, tenta di ripartire l’estrema destra italiana. Resta il motto antico “Dio, patria, famiglia”. Declinato però nell’anti europeismo, nella critica al sistema bancario, nell’intolleranza contro gli stranieri e l’omosessualità, nella rivendicazione del mutuo sociale. Parla alla pancia dei cittadini. E ora che la crisi ha impoverito la piccola borghesia, ha creato sacche di insofferenza diffusa, disoccupazione record, i manipoli neri del nuovo millennio escono dalle catacombe e sognano la riscossa elettorale. Cavalcando lo spettro populista che oggi si aggira in tutta Europa.PERICOLO ALBA DORATA
In Grecia trionfano i neonazisti di Alba Dorata, in Francia i sondaggi danno sopra il 20 per cento il partito xenofobo del Front National di Marine Le Pen, a Budapest governa un fronte nazionalista. E in Norvegia le ultime elezioni hanno legittimato persino Progresso, il movimento in cui militava il massacratore neonazista Andres Brevik. E in Italia è possibile un caso Alba Dorata? «In politica il “mai” non esiste, e gli spazi di competizione vuoti sono destinati a riempirsi», spiega a “l’Espresso” Marco Tarchi, professore all’Università di Firenze, in passato ai vertici del Msi: «Quindi, se non ci fosse l’offerta alternativa dei grillini, una formazione populista più spostata a destra si potrebbe affermare. Dubito che i gruppi oggi esistenti abbiano comunque questa chance: l’ascendenza neofascista è per loro una palla al piede». Alle ultime elezioni politiche la galassia a destra del Pdl ha racimolato poco più di 400 mila voti. Ma il vento sta cambiando in fretta. Restano le divisioni e faide che hanno sempre caratterizzato le sfumature nere di questo fronte. Proteste come quella dei “Forconi” di un mese fa hanno però offerto un’improvvisa visibilità mediatica alle istanze più estreme, raccogliendo consensi imprevisti. Preoccupata l’analisi del politologo Marco Revelli, figlio dello scrittore partigiano Nuto: «Ci sono tutte le condizioni drammatiche per un’espansione sul modello Alba dorata o Front national. Per un semplice motivo: l’habitat della destra è rappresentato dalla crisi».

Foto di Alessandro Penso

Foto di Alessandro Penso

ROMA È PATRIA
Il cuore nero dell’Italia pulsa sempre nell’Urbe. Qui sulle macerie del Fronte della gioventù e del Movimento sociale, ma anche nell’ombra lunga degli Anni di piombo, sono fiorite le primule del neofascismo del terzo millennio. Una galassia dove fede ultras, visione cameratesca e ideologia nazionalista, si saldano producendo un mix spesso esplosivo. La costellazione di sigle è ampia, ma poche hanno ambizioni elettorali. Forza Nuova, il partito guidato da Roberto Fiore fondato nel ’97, ha come quartier generale Piazza Vescovio. Facile identificarlo: una croce celtica marca il territorio. Su uno dei lati della piazza c’è l’unico pub, ritrovo informale dei militanti e dei tifosi laziali, i famigerati “Irriducibili” e della banda “De noantri”. Forza Nuova è dinamica nei contatti europei: gli ultranazionalisti ungheresi Hvim erano con loro due anni fa alla “marcia per la vita” antiabortista e il leader capitolino ha partecipato al congresso di Stoccolma dal partito Svenskarnas Parti. Fiore padroneggia la piazza ma ha esperienza del Palazzo: nel 2008 è subentrato come europarlamentare ad Alessandra Mussolini. Inoltre la stagione al Campidoglio di Gianni Alemanno ha dato alla sua ed altre formazioni l’opportunità di intensificare l’impegno sociale. La più strutturata è sicuramente Casa Pound, che dalla palazzina occupata a due passi dalla stazione Termini fa proselitismo tra i giovani e gli scontenti, conquistando consensi in periferia e nei quartieri bene. In pochi anni ha costruito una rete nazionale, unendo iniziative culturali e concerti, mobilitazioni di protesta e distribuzioni di cibo alle famiglie povere. E anche per loro i “Forconi” sono stati un momento di gloria, con 300 militanti schierati nei presidi.

MILIZIANI DEL DUCE
Resta in un angolo Militia, descritta dai carabinieri del Ros come un’associazione «dedita alla commissione di atti violenti, anche di matrice xenofoba». Ne sa qualcosa il capo della comunità ebraica romana Riccardo Pacifici, minacciato con frasi tipo: «Io ‘sto sempre con na bomba a mano e nel momento che sta per esplodere, lui esplode insieme a me». I miliziani hanno lanciato accuse anche ad Alemanno, «sionista», e a Gianfranco Fini, «traditore antifascista». I leader Maurizio Boccacci, un passato in Fiamma Tricolore, e Stefano Schiavulli sono stati condannati nel 2012 in primo grado per ricostituzione del partito fascista. E sono sotto processo per violazione della legge Mancino insieme a Giuseppe Pieristè, già in Ordine Nuovo. Il fascismo continua a essere la loro unica fede. Le sedi principali sono la palestra occupata Primo Carnera, in via delle Vigne nuove, e il centro sportivo Doria di Albano Laziale, dove risiede Boccacci e dove hanno difeso il feretro di Erick Priebke dalla rivolta degli abitanti. Militia ha creato diverse sezioni distaccate al Nord e al Sud. Lavorano nell’ombra e rifiutano il dialogo con i gruppi istituzionalizzati. Sono pochi, il nucleo romano può contare su 30 persone, ma pronti a tutto. Secondo gli atti dell’inchiesta, volevano avviare un percorso politico rivoluzionario: «Militia è un’organizzazione politica di stampo nazional rivoluzionario, che si rifà alla memoria storica e alla dottrina di quei movimenti che presero il potere in Europa a cavallo degli anni ‘30-’40», si legge in un documento sequestrato. E tra i contatti spuntano cattivi maestri dell’eversione. Dal “Pantera” Luigi Aronica, ex Nar a Serafino Di Luia, ex Avanguardia nazionale.

Foto di Alessandro Penso

Foto di Alessandro Penso

LOMBARDIA NERA
In Lombardia la rinascita nera è meno visibile, ma trova spesso contatti con le frange radicali della Lega: un’intesa nel segno dell’odio razziale e del tradizionalismo cattolico. Milano è però diventata negli ultimi anni un crocevia di incontri internazionali estremisti, quattro solo nel 2013, e concerti nazirock. Ad aprile alle porte di Varese quattrocento persone hanno festeggiato il compleanno di Hitler, celebrando il ventennale di “Varese Skinheads”: li ha ospitati l’associazione culturale filoleghista “I nostar radis”. Il 21 aprile, eccoli tutti radunati con “Memento” al campo 10 del Cimitero Maggiore di Milano per onorare i caduti della X Mas: c’era persino una corona di fiori della giunta Maroni, posata accanto a un’insegna delle SS. Il 15 giugno in un capannone di Rogoredo sono arrivati in cinquecento: teste rasate di tutta Europa per una kermesse di musica e slogan sulla superiorità ariana. A settembre la replica a Cantù con il Festival boreale, organizzato da Forza nuova. Qui si sono trovati per tre giorni i principali movimenti nazionalisti europei. Nella ricca Brianza sono spuntati i “Leoni crociati” monzesi: creste punk, tute mimetiche, svastiche e croci celtiche tatuate. Appoggiati dai commercianti del centro storico per tenere lontano gli ambulanti stranieri, si sono dati da fare per raccogliere fondi a favore dei loro “camerati” carcerati o agli arresti domiciliari come il forzanovista Mirko Viola, esponente di Stormfront, sito neonazista chiuso per antisemitismo. Raccolgono firme contro Equitalia e contro i diritti delle coppie gay in difesa della famiglia naturale: temi che trovano sponda nella piccola borghesia lombarda.

FRONTE DEL NORD 
La centrale veneta è Verona, la città dei delitti neonazisti della banda “Ludwig”. Trent’anni dopo, a contendersi lo spazio più a destra sono i forzanovisti e Casa Pound. Le due sigle qui si fanno una vera guerra con agguati e raid. Ma anche la politica al potere è contagiata: a capo dell’associazione culturale Hellas Verona (la squadra di calcio in serie A) c’è Alberto Lomastro, il leader dei duri della curva nei primi anni ’90, coordinatore e candidato nelle liste della Fiamma Tricolore e poi accolto a braccia aperte nella Lega di Flavio Tosi. Un altro amico del sindaco è il presidente della municipalizzata Amia Andrea Miglioranzi, un passato nel “Veneto fronte skinhead”e a metà anni Novanta tra i primi a finire in cella per istigazione all’odio razziale. Gli snodi del network estremistico arrivano fino a Trieste, dove un anno fa è nata Alba Dorata made in Italy. La discesa in campo dei cugini filonazisti del partito greco è monitorata dai Ros che mettono sotto osservazione il fondatore Alessandro Gardossi, ex di Forza Nuova e Lega Nord: «Alba Dorata Italia intende accreditarsi, anche in prospettiva elettorale, quale catalizzatore del disagio sociale determinato dalla congiuntura economica».

TRA VIOLENZA E MALA
L’intreccio di estremismo e malavita si manifesta un po’ ovunque. L’icona è Massimo Carminati, il “Nero” di “Romanzo Criminale” passato dai Nar al rango di re degli affari illeciti di Roma. Ma a Milano ci sono forzanovisti condannati per ‘ndrangheta, come Giuseppe Amato, scagnozzo del padrino Pepè Flachi e due volte candidato nelle liste di Forza Nuova Milano. La palestra della violenza restano però soprattutto gli stadi, spesso cercando di indirizzare la forza verso una strategia politica. Nel 2007 Roma è scossa da due episodi drammatici. Il 30 ottobre muore Giovanna Reggiani, aggredita da due immigrati. Due settimane dopo un poliziotto uccide il tifoso laziale Gabriele Sandri. Il pretesto ideale per mobilitare squadracce di ultras e militanti di Forza nuova con l’obiettivo di «fare pulizia» e mettere in difficoltà il governo di centrosinistra di Romano Prodi. «Pulizia etnica, solo quella può salvarci», è una delle frasi captate dall’antiterrorismo del Ros: «Se no uscimo tutte le sere e famo come ieri sera… perché chi ti governa dall’alto inizia a strippare… pensano se questi hanno fatto una cosa del genere, fra due anni me se presentano sotto ar Parlamento e me danno la caccia».

PICCOLI NEOFASCISTI CRESCONO
Nelle scuole di Roma e provincia le sezioni giovanili di Casa Pound-Blocco Studentesco e i loro rivali in nero di Forza nuova-Lotta studentesca crescono. Il Blocco ha ottenuto oltre 40 rappresentanti negli organismi scolastici. «Un risultato figlio del sindacalismo studentesco che portiamo avanti da oltre sette anni», commenta deciso il giovanissimo camerata Fabio Di Martino, responsabile romano del movimento: «La lotta al caro libri, il contributo volontario obbligatorio e per una maggiore rappresentanza sono istanze molto sentite dagli studenti». Nel 2011 per il Blocco, che quest’anno per protesta non ha presentato proprie liste, si è candidato Manfredi Alemanno, figlio dell’allora sindaco. Ma pure nel Napoletano sono presenti e mirano ad altre città del Sud. Lo stesso fa Lotta studentesca, che si vanta: «Rappresentiamo il 15 per cento degli studenti di Roma e provincia». A Milano la presenza negli atenei sta diventando incisiva: alla Statale il prossimo incontro di Lealtà Azione è fissato per il 17 gennaio. Sono tutti virgulti di un’onda nera, che punta sui giovani delusi da tutti i partiti. E che potrebbero diventare la nuova leva del futuro prossimo.

ha collaborato Michele Sasso

Rivoluzione senza rivoluzionari

http://www.tgvallesusa.it/?p=4754

SCRITTO DA: DAVIDE AMERIO – GEN• 11•14

Il flop della seconda ondata dei forconi: dalle piazze gremite del dicembre scorso ai quattro gatti del 10 gennaio di fronte alle Prefetture.

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Anche questa volta ci siamo persi la “rivoluzione” cammin facendo. Senza volersi sostituire agli storici e ai sociologi per indagare a fondo il come e il perché delle rivoluzioni mancate in questo paese, da semplici cittadini sarà utile fare qualche riflessione in merito.

Da tempo la rivoluzione viene invocata ed evocata: da alcuni come unica via per modificare in modo drastico e definitivo un paese che galleggia alla deriva morale ed economica; da altri come spettro delle più becere e populiste passioni assetate di vendetta sociale.

Lo scorso dicembre la discesa nelle piazze da parte di molte persone neofite alle manifestazioni pubbliche faceva quasi sperare in un sussulto di orgoglio nazionale, in un inizio propiziatore di cambiamento, una epifania di rinnovata coscienza sociale.

La debacle di oggi è, a ben vedere, la naturale conseguenza dei difetti e dei limiti di quella manifestazione iniziale: assenza di un progetto politico; dubbi leciti sulla credibilità di buona parte degli organizzatori; confusione sugli scopi finali.

Ciascuno aderì riversando il personale disagio e le proprie frustrazioni: il giovane disoccupato sfinito dalla ricerca di un lavoro che non esiste più; il commerciante o professionista in lotta perenne per non farsi sottrarre, da uno stato ingordo, il 70% di ciò che fattura; i cinquantenni espulsi dal sistema produttivo diventati fantasmi che possono solo più concedersi lavori saltuari in nero in attesa di una pensione che non vedranno mai; gli immancabili pensionati destinati alla pura sopravvivenza in attesa di riposare per grazia della pace eterna.

Un errore è continuare a pensare, da parte di molti sostenitori della rivolta dura, che l’Italia sia ormai solo più questa: non è così. Un conto è la povertà assoluta, dove davvero la miseria attanaglia persone e famiglie cui manca il “pane quotidiano”. Un altro è la povertà relativa di chi sente diminuire ogni giorno la propria libertà di fare, scegliere, consumare ciò che gli aggrada ma può ancora illudersi di non diventare come quegli altri. Poi ci sono coloro cui va abbastanza bene perché hanno un lavoro di nicchia che regge alla crisi e consente loro di continuare a vivere decorosamente. Infine ci sono i ricchi che diventano ancora più ricchi grazie alle speculazioni finanziarie e alle amicizie politiche.

In questo mondo eterogeneo dove sono i rivoluzionari? Perché per fare una rivoluzione ci vorranno ben costoro… o no?

Ma, soprattutto, è la rivoluzione barricadiera l’unica soluzione percorribile? Può questa unire soggetti così diversi per situazione, cultura, aspirazioni?

L’Italiano non ama le rivoluzioni. Venti anni di fascismo, quarant’anni di egemonia democristiana, una decina di triumvirato CAF (Craxi, Andreotti, Fanfani), venti anni di berlusconismo (ancora ben vivente), non appartengono ad un popolo che abbia vocazione rivoluzionaria.

Nemmeno i secoli bui imposti dalla Santa Inquisizione, la Controriforma, la scuola dell’obbedienza (come scrive Ermanno Rea) per azzerare i lumi del Rinascimento, fanno degli Italiani un popolo preposto a gesti forti di rivolta sociale.

Eppure una “rivoluzione” sarà necessaria per cambiare lo stato delle cose. Perché ciò avvenga è quanto mai imprescindibile una presa di coscienza dei vizi italiani in ambito politico. Non mi riferisco alle malefatte, ruberie e simili, non si può certo attendere un cambiamento da una classe politica avvezza al malaffare e che si ritiene al di sopra della legge e della Costituzione democratica.

Penso al modo con il quale l’italiano medio approccia oggi i temi della politica (con una visione da tifoseria curva sud) e a come operano quanti si dedicano con passione per imprimere un cambiamento. Troppo spesso si assiste, soprattutto a sinistra, ad una vera e propria lotta di prevaricazione che ha come obiettivo la supremazia sugli altri invece che la condivisione di idee e sentimenti per costruire un progetto comune soddisfacente per le parti.

Quante iniziative interessanti abbiamo visto naufragare in questi anni piegate dal peso di personalismi e vanificate da malattia di protagonismo? Quanta incoerenza tra i proclami e le azioni ha indotto un intero popolo a diffidare sino al punto da riconoscere a stento le azioni semplici e oneste?

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Lo scontro politico oggi vive di ipocrisie su due livelli: uno tutto interno al sistema e l’altro verso il popolo considerato e trattato come suddito. Ogni manifestazione di dissenso che si caratterizzi per determinazione e fermezza viene connotata come ottusa e ideologica. Eventuali gesti o azioni provocatorie che abbiano una qualche veemenza e si caratterizzino per una minima connotazione fisica vengono trasfigurati in atti di violenza fine a se stessa.

Il dissenso è tollerato se la sua manifestazione è platonica e innocua. Il confronto politico è ridotto a linguaggio di tifoseria, nelle sue manifestazioni migliori sminuisce il dibattito ad un pura concessione di parola: è esclusa l’analisi e la confutazione delle opinioni e dei fatti.

Vero atto rivoluzionario sarebbe il riappropriarsi di una identità politica personale e di un confronto non ideologico avendo come obiettivo la costruzione di un progetto comune che sorga ristabilendo le regole fondamentali.

Molte persone non partecipano più alla vita politica e non votano perché ritengono che non serva a nulla (e il fallimento di manifestazioni come quella di oggi confortano questa opinione). Ritengo che questo sia un assunto falso: fintantoché esisteranno “politici” che avranno necessità di mentire pubblicamente sul loro reale operato significa che la verità conta qualche cosa: che le nostre opinioni contano, che il nostro voto è importante per la loro carriera.

Il “sistema” parassitario della politica italiana prospera e sopravvive alimentandosi di questi limiti individuali e collettivi. Alza costantemente il tiro della condanna ad ogni forma di dissenso che non sia parodia di se stessa e inefficace. Lo spostamento concettuale delle contestazioni sul terreno del terrorismo è un chiaro disegno sovversivo, questo si, nei confronti della dialettica democratica.

Il motto “non sono d’accordo con quanto dici ma difenderò fino alla morte il tuo diritto di esprimere la tua opinione” è diventato “non me ne frega nulla di quello che tu dici basta che lo dici senza disturbare”.

Urge un cambio di strategia. Rinuncia alla coltivazioni di piccoli orticelli. Condivisione invece di obiettivi, idee e sentimenti. Imparare a votare scegliendo l’opzione migliore che si ha di fronte per raggiungere lo scopo e smetterla di cercare la perfezione che non esiste.

Qualcuno in questo paese ci sta provando, ma siamo in grado di accorgercene?

Davide Amerio 11.01.14

Le Olimpiadi di Sochi: gli occidentali iniziano con gli Stati Uniti che puntano all’Oro della propaganda

GENNAIO 11, 2014
Finian Cunningham Strategic Culture Foundation 01/10/2014
TO GO WITH AFP STORY BY BENOIT FINCK (FIDopo l’orribile doppio attentato nella città meridionale russa di Volgograd che ha ucciso 34 persone e ferito decine di altre, gli Stati Uniti e gli altri Paesi occidentali hanno condannato solennemente gli attentati. “Gli Stati Uniti sono solidali con il popolo russo contro il terrorismo”, ha prontamente dichiarato la Casa Bianca, aggiungendo: “Il governo statunitense offre il pieno sostegno al governo russo nei preparativi per la sicurezza dei Giochi Olimpici di Sochi”. C’erano anche condanne dall’Unione Europea e dalla NATO degli attentati terroristici suicidi del 29-30 dicembre, che hanno causato orribili carneficine nel centro di Volgograd, uccidendo diverse donne e bambini. Eppure, nonostante queste espressioni d’indignazione e solidarietà internazionale, sembra strano che gli Stati Uniti e gli altri governi occidentali ancora persistano nel loro affronto politico sui Giochi Olimpici Invernali che dovrebbero iniziare a Sochi il 7 febbraio. Il presidente Barack Obama e altri leader occidentali, tra cui il primo ministro canadese Stephen Harper ed i presidenti francese e tedesco Francois Hollande e Joachim Gauck, non hanno cambiato i loro piani, in effetti, di boicottaggio dei Giochi…
I leader occidentali hanno detto che non avrebbero partecipato all’evento quadriennale, e la loro assenza viene ampiamente vista come protesta ufficiale sulle presunte preoccupazioni sui diritti umani russi, in particolare per la legge contro la “propaganda omosessuale” che Mosca ha emanato lo scorso anno. L’affronto dei leader occidentali verso i Giochi di Sochi è senza precedenti. Certo, vi furono i boicottaggi di Paesi nelle Olimpiadi passate. Nel 1980, gli Stati Uniti boicottarono le Olimpiadi estive di Mosca, durante l’intervento dell’Unione Sovietica in Afghanistan, e nel 1984 l’Unione Sovietica si vendicò boicottando le Olimpiadi di Los Angeles. Ma il mezzo boicottaggio occidentale del prossimo evento di Sochi è una novità. Stati Uniti, Canada e Unione europea si uniranno ad 88 altre nazioni partecipanti agli eventi sportivi, ma i loro capi di Stato se ne staranno lontano. Ciò suggerisce che l’occidente usa i giochi politici contro la nazione russa ospitante. Sembrando grossolani e in malafede, i governi occidentali innalzano la bandiera dei “diritti di gay e lesbiche”, soprattutto alla luce dell’orrore perpetrato a Volgograd. Sembra che ci sia una netta mancanza di priorità morale e politica. Se dovessimo seguire la strada dei diritti umani privilegiati, allora la Russia poteva facilmente scegliere d’impedire alla delegazione ufficiale di recarsi alle Olimpiadi invernali canadesi del 2010, preoccupandosi per la repressione e il maltrattamento dei popoli della Nazione Ottawa. In qualche modo il disdegno occidentale verso Sochi non convince. Ma la prova delle preoccupazioni occidentali, o meglio mancanza di preoccupazioni, per le loro obiezioni dichiarate sui diritti umani in Russia sono di un’incongruenza lampante rispetto alla recente atrocità a Volgograd. Gli attentati ovviamente erano destinati ad infliggere un colpo devastante ai Giochi di Sochi. La dichiarazione della Casa Bianca lo riconosce. Nessun gruppo ne ha rivendicato la responsabilità, ma è inconfutabile che gli aggressori appartengano al cosiddetto califfato Caucaso, nelle vicine regioni del Caucaso del Nord di Cecenia e Daghestan. Il gruppo jihadista fondamentalista guidato da Doku Umarov aveva già avvertito l’intenzione di usare “tutti i mezzi necessari per sabotare” l’evento olimpico. Tali minacce terroristiche non sono vane minacce. Prima dell’ultima doppia esplosione, Volgograd fu colpita ad un attentatore suicida ad ottobre, quando sei persone furono uccise su un autobus. Tale massacro fu attribuito ai jihadisti di Umarov. Anche se Volgograd è a circa 700 chilometri a nordest della località del Mar Nero di Sochi, è uno snodo chiave dei trasporti tra Mosca e la regione meridionale. Rappresenta quindi un obiettivo primario dei seguaci di Umarov per colpire da vicino la sede olimpica. In precedenza, la stessa rete jihadista effettuò attentati suicidi mortali al sistema dei trasporti di Mosca, nel 2010 e 2011, uccidendo decine di persone.
Il dirompente evento di Sochi viene visto come un’opportunità per infliggere un potente colpo politico all’immagine internazionale della Russia. Il Presidente Vladimir Putin ha investito molto sul prestigio dei Giochi, e il terrorismo sarà un modo per sminuire l’autorità di Mosca. Innegabilmente poi, gli attentati terroristici di Volgograd sono un attacco alla sovranità della Russia e alla sua capacità di ospitare le Olimpiadi invernali. Qualsiasi sia la definizione lessicale ufficiale occidentale, le Olimpiadi invernali sono nel mirino della Guerra al Terrore. Eppure i leader occidentali, che sostengono di combattere una Guerra al Terrore, dimostrano una disdicevole mancanza di solidarietà verso la Russia scegliendo di usare “i diritti dei gay” per decidere di non presenziare ai Giochi del mese prossimo. Tale abbandono del sostegno politico di fronte a un terrorismo sfrenato contro un altro Stato è, nella migliore delle ipotesi, fuori luogo, e nella peggiore, tradisce un ulteriore inconcepibile motivo. Infatti, settimane prima dell’ultimo attentato terroristico di Volgograd, la Casa Bianca annunciò che la sua delegazione secondaria a Sochi sarà preceduta dall’ex-giocatore di tennis ed icona gay Billie Jean King. Un altro membro della delegazione ufficiale degli Stati Uniti è il giocatore di hockey Caitlin Cahow, sostenitore dei diritti dei gay. Mentre l’inglese Guardian osservava che con la scelta della Casa Bianca: “Barack Obama invia alla Russia un messaggio chiaro circa il trattamento di gay e lesbiche, con la sua scelta dei rappresentanti degli Stati Uniti alle Olimpiadi invernali di Sochi”. Così, contrariamente all’adagio di non mescolare sport e politica, Washington e i suoi alleati sembrano intenzionati ad usare i Giochi di Sochi per fare propaganda politica volta a minare Mosca. Ciò s’inserisce nell’ampia agenda politica occidentale di aggressione a bassa intensità della Russia. Nonostante le vantate affermazioni di ricercare il “Reset” nei rapporti tra Stati Uniti e Russia con Obama, Washington dimostra di voler fare di tutto per aumentare le tensioni con Mosca. La legge Magnitsky sanziona i funzionari russi per presunte violazioni dei diritti umani, il rinnegamento degli obblighi sul disarmo nucleare, la palese interferenza negli affari Russia-Ucraina sul partenariato con l’UE e il trionfalismo per il rilascio dell’oligarca Mikhail Khodorkovskij, sono solo alcune delle questioni che Washington e i suoi alleati europei rinfacciano a Mosca negli ultimi mesi.
Nelle prossime settimane, ci si può aspettare altro dal gioco politico dagli Stati Uniti con l’avvicinarsi delle Olimpiadi di Sochi, data la dichiarata agenda di cercare vantaggi propagandistici contro la Russia. C’è più del vago sentimento che Washington stia annaspando per battere il  Presidente Putin su una serie di altre questioni, tra cui la vicenda di Edward Snowden e il fallimento occidentale nel cambio di regime in Siria. Come segno di ciò che ci aspetta, vi sono le affermazioni dei media statunitensi secondo cui Putin avrebbe ordinato il divieto di proteste pubbliche a Sochi durante i Giochi Olimpici e dopo gli attentati di Volgograd. La mossa per limitare le manifestazioni è del tutto comprensibile dato il grave rischio di attentati terroristici e l’orrore che ha colpito Volgograd. Ma gli articoli negli Stati Uniti hanno scelto di evidenziare tali misure di sicurezza russe come “un giro di vite sui diritti degli omosessuali”. Tale crassa insensibilità dimostra che se ci fosse lo sport dello slalom della “propaganda” a Sochi, gli Stati Uniti sicuramente prenderebbero l’oro. Si potrebbe anche ricordare che se Washington dovesse essere veramente sincera nella sua solidarietà verso la Russia e nella sua disponibilità a fornire “pieno appoggio al governo russo nei preparativi per la sicurezza dei Giochi Olimpici di Sochi”, allora potrebbe dare questo contributo pratico: consegnare tutti i dossier segreti militari sulle reti jihahiste coperte che gli Stati Uniti e il suo alleato saudita finanziano e armano nel Caucaso del Nord dagli ultimi 20 anni.
OLY2014-RUS-TORCHLa ripubblicazione è gradita in riferimento alla rivista on-line della Strategic Culture Foundation.
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora
http://aurorasito.wordpress.com/2014/01/11/le-olimpiadi-di-sochi-gli-occidentali-iniziano-con-gli-stati-uniti-che-puntano-alloro-della-propaganda/

Italia, se ci sei batti un colpo

di Gianni Fraschetti –
 
E’ un copione spiegazzato, da filmaccio  di infima categoria un polpettone all’ italiana dei piu’ beceri.
il governo impostoci  dal potere finanziario dichiara  di aver “…fiducia nella capacità di comprensione degli italiana e  nella bontà della strada nuova imposta alla Nazione….”.
Il suo mentore e grande elettore, l’uomo che ha tramato, brigato e trafficato per metterlo li’, l’ inquilino del Quirinale, raddoppia e si dice per l’ennesima volta “….fiducioso sul futuro…” . Spera lui, la vecchia cariatide che sta cosi’ ben concludendo la sua vita, su una ripetizione tranquilla della genuflessione degli italiani ai diktat della grande finanza e dell’Europa delle banche e dell’ usura.
Comunque, per non saper leggere, ne’ scrivere, da Palazzo continuano  ad emettere un denso fumo per nascondere l’ attivita’ dei manovratori e deviare l’attenzione sulla terapia lacrime e sangue, Grecia docet, in arrivo per pagare il fiscal compact e  non creare problemi alle banche d’affari internazionali.
Lo ripetiamo. Per non creare problemi alle banche di affari internazionali: quelle, cioè, che lucrano sui debiti degli Stati moltiplicando interessi e usura, spremendoli fino a ridurre i popoli alla fame.

E’ arrivata in ogni caso l’ ora di dire apertamente una solare e semplive verita’. I privati cittadini possono suicidarsi in massa, il tessuto connettivo economico puo’ sfaldarsi, le aziende possono fallire come mosche ma le Nazioni non falliscono, non falliscono mai, per il semplice fatto che non possono fallire. Non esiste nessuna legge umana in grado di far fallire una comunità nazionale. E chi lo dichiarerebbe questo fallimento, i fantomatici mercati con i quali ci stanno triturando le palle ormai da un ventennio ? Ma non diciamo stupidaggini…. Il fallimento e’ una astrazione, un parto dell’ immaginazione, una iperbole  che viene utilizzata dai governanti nei nostri confronti come noi utilizziamo l’ uomo nero per far dormire i bambini e purtroppo, ormai, ci beviamo qualsiasi insulsa stupidaggine  ci proprinano, compreso il fallimento di una Nazione.
Al limite può, se qualcuno lo forza ad inginocchiarsi sotto la lama della ghigliottina dell’usura,  “fallire” la parte mercantile di uno stato, la parte fatta di merci e capitali. E dov’e’ il problema ? Non sara’ sicuramente una bella esperienza ma nessuno viene a pignorare i mobili di casa e l’ argenteria…stiamo pur tranquilli. Si ricontratta il tutto e si ricomincia  ma qualcuno dice: è accaduto all’Argentina…
Guardatela adesso l’Argentina, è l’ottavo Paese industrializzato emergente del mondo, ha bloccato gli interessi e l’usura internazionale, ha rinazionalizzato la sua Banca centrale e le sue imprese strategiche, dalle telecomunicazioni alla compagnia aerea di bandiera, e ha riacquistato il suo  bene piu’ prezioso, la sovranità nazionale.
Già ma il popolo argentino ha combattuto duramente per  questo, non ha ottenuto nulla gratis. E’ sceso per settimane, per mesi, in piazza pagando un pesante tributo di sangue ma alla fine ha vinto ed ha cacciato via  a calci nel culo ladri e profittatori.
Ha occupato le fabbriche chiuse e le ha rimesse in moto, si è ripreso la sua moneta nazionale, il peso ed ha stracciato la parità con il dollaro.
Ha scelto due presidenti che hanno guidato la nazione fuori dalla palude dell’usura. Due persone per bene, marito e moglie, superstiti di quella gioventu’ giustizialista ( ni yanqui ni marxista, mi Patria peronista…ricordate ? ) decimata dai militari al servizio degli americani.
E il popolo italiano? Che facciamo noi ?
Qualcuno ha impugnato i forconi e poi e’ sparito, altri hanno fermato i trattori poi si sono dileguati ed alcuni, i piu’ fragili, si sono dati alle fiamme di fronte a Equitalia e ad uno Stato che non paga i suoi debiti ma pretende subito la più alta tassazione dei redditi, anche quelli non ancora incassati.
Tutti gli altri, purtroppo, fanno finta di nulla e guardano al piccolo orto personale, al particolare ed alle elezioni che verranno, a ritagliarsi magari un piccolo spazio al troguolo che non ha mai chiuso i battenti. Oppure, come la Camusso e la spenta “troika” sindacale, tanto per far vedere che esistono, decidono uno scioperetto a scoppio ritardato, per il 13 aprile, quando verosimilmente la riforma-stangata sarà legge. Andando avanti cosi’ quel certificato di morte non ce lo leva nessuno
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