“Paola Clemente è morta nei campi per due euro all’ora, voglio giustizia”

GRAZIE SINDACATI e tutti i compagni sempre in lotta per i diritti dei lavoratori. Per fortuna che c’è il governo che difende i deboli ed i lavoratori,  salvaguardiamo il Pd.
Assistono gli avvocati della CGIL. Ma che hanno fatto i sindacati per eliminare questa piaga CHE ESISTE DA SEMPRE??? Firmare la Biagi ha aiutato?? Assistere inermi (due parole di contrarietà pensano che possa bastare per salvarsi la faccia???!!?) al Job Act pure?
 
18/08/2015 – di Redazione
Parla il marito della donna morta sui campi ad Andria assistito dagli avvocati della Cgil: “Quei soldi erano pochi ma ci servivano per vivere. Andrò fino in fondo”
 
uva
Paola Clemente è morta ad Andria lo scorso 13 luglio, durante l’acinellatura dell’uva, nei campi della Puglia: aveva 49 anni, tre figli e viveva a San Giorgio Jonico. Ogni mattina, da sempre, si alzava alle tre del mattino per andare nei campi, a guadagnare nemmeno 30 euro al giorno, fra caporalato e schiavitù. Non è soltanto la storia dei migranti che raccolgono i pomodori, quella del sud Italia: è anche quella dei tanti italiani che nei campi vivono e lavorano. Fino a che non muoiono, per cause tutte da appurare: come Paola, di cui il marito, ora, chiede giustizia.
 
PAOLA CLEMENTE, MORTA NEI CAMPI PER DUE EURO ALL’ORA
Su Repubblica, intervistato, è il marito di Paola Clemente, che parla accanto ai sindacalisti e agli avvocati della Cgil che stanno seguendo il caso e che annunciano: andremo fino in fondo.
 
«Andava via di casa alle 2 di notte. Prendeva l’autobus alle 3. Ai campi, ad Andria, da San Giorgio Jonico, arrivava intorno alle 5.30. Noi a casa la rivedevamo non prima delle 3 del pomeriggio, in alcuni casi anche alle 6. Guadagnava 27 euro al giorno. Poco. Ma per noi quei soldi erano importanti, erano soldi sicuri, assolutamente indispensabili. Fin quando è arrivata quella telefonata: Paola si era sentita male, io non sono riuscito nemmeno a salutarla: ora Paola non c’è più».
 
Un mestiere duro, una vita difficile, ma portata avanti sempre con dignità, racconta il marito.
 
Da quanto tempo lavorava sua moglie?
«Da sempre. Quello nei campi è sempre stato il suo mestiere. E da qualche tempo lavorava appunto ad Andria insieme a una serie di persone».
In cosa consisteva il lavoro di sua moglie?
« Acinellatura.Tolgono gli acini più piccoli per fare bello il grappolo. È necessario quindi che le braccianti salgano su una cassetta e tolgano l’acinino. Significa stare con le braccia tese e con la testa alzata per tutta la giornata. È un lavoro molto faticoso, ma non potevamo fare altrimenti».
In che senso?
«I soldi servivano».
Quanto guadagnava?
«Ventisette euro al giorno».
Se conta anche il viaggio, sono tredici ore di lavoro al giorno. Meno di due euro l’ora. È schiavitù.
«Erano soldi sicuri. Per come stanno le cose in Italia era denaro importantissimo, per Paola e per noi. Erano indispensabili. Ci permettevano di campare».
 
Al marito non è stato consentito nemmeno di vederla in ospedale, di sapere in quale struttura fosse stata portata.
Dal tono della telefonata, aveva capito subito che la situazione volgeva al peggio.
 
Si era mai lamentata della fatica?
«Siamo abituati a lavorare. E a stare in silenzio. Paola non stava male, me l’avrebbe detto. A parte la cervicale, di cui soffriva in modo cronico, non aveva altri dolori. Non era cardiopatica. Si lamentava, ripeto, soltanto di questi dolori al collo ogni tanto, ma niente che ci avesse mai fatto preoccupare più di tanto. L’avevano vista dei medici, e bastavano un paio di punture per fare passare tutto».
Come stava sua moglie quel 13 luglio?
«Bene. È uscita di casa con le sue gambe. Niente che ci potesse far pensare a quello che è successo, anche perché altrimenti non sarebbe andata al lavoro».
Poi?
«In mattinata mi hanno chiamato da Andria per dirmi che Paola si era sentita male e stava arrivando il 118. Ho capito subito che non mi stavano dicendo tutta la verità. Chiedevo: “Ma si è ripresa?”. Dopo mezz’ora di silenzi, ho capito che era morta. È stato il momento più brutto della mia vita. In un primi momento mi hanno detto fosse all’ospedale di Barletta. Poi hanno cambiato versione: Andria. Sono arrivato dopo un viaggio massacrante da San Giorgio. Ho cercato dappertutto, dai reparti alla camera mortuaria ma non risultava proprio essere entrata. Nessuno sapeva chi fosse Paola. Abbiamo richiamato di nuovo lo stesso numero e, un po’ alla volta, a pezzettini, ci hanno detto la verità: mia moglie si trovava nella camera mortuaria del cimitero. Lì l’abbiamo trovata».
 
E ora, l’unica cosa che il marito chiede è verità e giustizia. Assistito dal team legale, Stefano Arcuri – il marito di Paola Clemente – annuncia che porterà il caso in Tribunale fino all’ultimo grado di giudizio possibile. Perché l’unica cosa che gli interessa è sapere come è morta la moglie.
 
Com’è morta sua moglie?
«Non lo so. Dicono infarto. Ma non abbiamo niente, né un referto, né l’esito del soccorso dell’ambulanza. Mi hanno detto che è intervenuto il 118, ma non sono sicuro».
L’azienda per cui lavorava sua moglie dice che aveva un contratto regolare, mediato da un’agenzia interinale. È così?
«Non conosco i particolari, ma so che era assicurata». Interviene De Leonardis, il sindacalista: «Ci sono problemi, cose che stiamo verificando. Sicuramente c’era il pagamento di un intermediario ».
Ora cosa chiedete?
«Io non mi rendo ancora conto di quello che è accaduto. Ho l’impressione che lei debba ancora tornare dal lavoro da un momento all’altro, non riesco ad accettare che non sia accanto a me, a casa. Non è pensabile non vederla la sera a tavola, dal rientro dei campi, con i nostri tre figli. Paola era una cuoca straordinaria. Abbiamo comprato casa con il mutuo e a dicembre finiremo di pagarlo. Era la nostra conquista. E invece… Ci siamo sposati nel 1987, sono 28 anni di matrimonio. Non esisto senza di lei, sono solo, i ragazzi ormai sono grandi. E so che il brutto deve ancora venire. Per questo ora devo combattere per lei».
Che significa?
«Vogliamo verità. Noi siamo gente semplice. E vogliamo semplicemente sapere di cosa è morta mia moglie. Chi e cosa l’ha uccisa. Vogliamo che sia fatta l’autopsia, mi fido della magistratura: ci sono delle cose più grandi di me ma abbiamo una dignità. E ho il diritto di sapere perché la cosa più bella della mia vita non c’è più».
 

Tasse, arriva la Local Tax: cosa succede con l’abolizione della tassa sulla prima casa

C’è DA FINANZIARE MAFIA CAPITALE E SI SA GLI ITALIANI SONO RICCHI
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Nel 2016 il Governo introdurrà la Local Tax che accorperà Imu, Tasi e tutti gli altri tributi comunali in un’unica imposta. Una data attesa con favore da chi invoca da sempre più semplicità e trasparenza fiscale, ma che rischia di trasformarsi in una nuova mannaia soprattutto per i contribuenti. Il Presidente del Consiglio Matteo Renzi aveva annunciato durante la Direzione del Pd a Expo l’abolizione della tassa sulla prima casa, con il messaggio che sarebbe dovuto passare di alleggerimento della pressione fiscale, senza considerare però che se da un lato si elimina un’entrata certa per le casse pubbliche, da qualche altra parte bisognerà pur compensare.
 
La trasformazione – La Local Tax, scrive il Corriere della sera, non sarà un tributo “unico”, ma sarà affiancato da un’altra tassa, sempre riscossa dai comuni, nella quale saranno accorpati Cosap, Tosap, Cimp e altre imposte minori che riguardano le attività commerciali. E poi resisterà la Tari, visto che è una tariffa sulla gestione della raccolta dei rifiuti e poco ha a che fare con il resto delle imposte.
 
Dove trofare i fondi – Il principio alla base del nuovo sistema fiscale è che lo Stato mantenga le imposte sui redditi, mentre ai Comuni rimangano quelle sul patrimonio. Questo prima che Renzi annunciasse l’eliminazione della Tasi che per i sindaci vale 3,2 miliardi di euro. A compensare ci dovrebbe pensare lo Stato, o frenando i tagli ai trasferimenti ormai costanti negli ultimi anni o – ipotesi più probabile – costringendo i comuni a rovistare nelle tasche dei contribuenti con nuove forme di tassazione o con l’aumento delle imposte esistenti.
 
Ritardi – L’introduzione della Local Tax è stata in qualche modo frenata dall’attuale Governo, temendo che la nuova tassa fosse percepita come un aumento della pressione fiscale, timore più che fondato. A quella doveva seguire la riforma del Catasto, che avrà bisogno di qualche anno per entrare a regime, e che potrebbe rappresentare una beffa, seppur temporanea, per i proprietari di casa senza un chiarimento rapido su chi deve pagare e cosa.
 
I risparmi – Stando alle proiezioni del Corsera, l’abolizione della Tasi potrebbe portare immediati vantaggi sui conti correnti dei proprietari di casa a cominciare da quelli di Torino, che avendo un’alta tassazione sulla prima casa, andrebbero a risparmiare in media all’anno 403 euro. Seguono i cittadini di Roma con 391 euro, Siena con 356, Firenze con 346, Genova con 345, Bari con 338, Bologna 331, Foggia 326, Como 321 e Ancona con 318.
 

Italiano senza casa morto in auto. L’urlo sul web: “Governo e Vescovi aiutano solo gli immigrat

perché si dovrebbe aiutare un italiano, è razzismo e non arricchisce ECONOMICAMENTE MAFIA CAPITALE
A Montelabbate, il 59enne era rimasto senza tetto da un anno. Sul web un video per protestare contro i Vescovi: “Prendetevi cura prima degli italiani”
Claudio CartaldoMar, 18/08/2015 – 16:47
 
Ha esalato l’ultimo respiro l’11 agosto. Severino Pozzalo, nel silenzio e abbandonato dalle istituzioni che avrebbero dovuto aiutarlo.
 
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Un uomo italiano di 59 anni è stato trovato nell’abitacolo della sua auto senza vita.
Quell’auto che era diventata la sua casa a Montelabbate (Pesaro). Un decesso per cause naturali, dopo una vita costellata da disoccupazione, la separazione e da un anno anche dall’assenza di un letto dove dormire.
 
Non voleva sostegni dal Comune. Forse per orgoglio. Eppure da tempo nessuno si è attivato prontamente per aiutarlo, nonostante la sua situazione fossa a conoscenza dei servizi sociali. Chissà se fosse stato un profugo, lo avrebbero messo un centro di accoglienza.
 
E’ quello che pensano gli amici e gli abitanti di Montelabbate, che nei giorni scorsi hanno fatto girare un video su Facebook in cui accusano il governo e la Chiesa di dare maggiori attenzioni agli immigrati che agli italiani. “Questa vicenda grida vendetta. Ha vissuto per un anno abbandonato dalle istituzioni. Se sei italiano sei discriminato – ha detto in un video-denuncia il portavoce del Movimento popolare “Lega Italica”, Davide Fabbri – Mi rivolgo al cardinale (Galantino, NdR) che dice che vogliamo raccogliere voti sulla pelle dei migranti. Ma non è vero: noi italiani chiediamo solo rispetto”. Poi aggiunge: “La Chiesa non pensa ai parrocchiani che gli sono vicini, ai disoccupati”. (Guarda il video)
 
Dalla morte di Severino Pozzalo lascia solo una domanda in bocca: perché nessuno pensa prima agli italiani?
 
 

FALSI PROFUGHI: “SIAMO QUI PER FARE SOLDI”

non chiedere di pensare agli italiani che muoiono di stenti o sul lavoro, per due spicci. E’ razzismo
Da Redazione 17 ago, 2015
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LI CHIAMANO PROFUGHI… MA PROVENGONO DA ZONE SENZA GUERRE, ARMATI DI SMARTPHONE, LETTORI MP3 E BEN VESTITI… HANNO LASCIATO A CASA DONNE, ANZIANI E BAMBINI A COMBATTERE GUERRE CHE NON ESISTONO… MA ECCO LA VERITÀ
 
«Vogliamo stare qua, a Padova, trovare un lavoro e cominciare una vita migliore». Non fuggono da alcuna guerra, ma cercano solo una ‘vita migliore’, il che è legittimo, ma non a casa nostra, non da finti profughi mantenuti a scrocco.
Questo il ‘pensiero’ da parte dei finti profughi ospitati alla Prandina di Padova.
Alcuni di loro parlano del viaggio affrontato per arrivare in Italia dalla Libia al Mattino di Padova, e lo fanno con grande fantasia: «è stato drammatico, c’era il mare molto mosso ed eravamo 85 persone stipate in una barca molto piccola».Nessuno li aveva obbligati a pagare migliaia di euro per stiparsi in una barca ‘molto piccola’.
Mostrano cicatrici lasciate sul corpo dagli scontri affrontati in Libia: «questa è una coltellata, i libici odiano le persone di colore. Siamo stati un mese a Tripoli a dormire sotto i ponti e a nasconderci dai fucili. A molti nostri amici hanno sparato e noi siamo dovuti scappare lasciandoli morire».
Nessuno li aveva obbligati ad entrare clandestinamente in Libia per arrivare in Italia, visto che provengono da paesi come Ghana e Senegal o Nigeria, nei quali non ci sono guerre.
Un altro gruppetto racconta: «sono stato in carcere 10 mesi a Tripoli, poi sono riuscito a scappare. Ci davano da mangiare una volta alla giorno, da 67 kg sono arrivato a pesare 50 kg». Per quale reato?
 
Concludono dicendo: «nei nostri paesi non c’è lavoro, c’è povertà, e adesso non sono neppure più sicuri. Ogni giorno ci sono nuovi morti». Ah, ah, ah.
 
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Brescia, uno dei killer in tv dopo il delitto: «Questa zona è uno schifo»

ovviamente sarebbe successo anche ad un assassino  italiano vero????

L’uomo, di nazionalità pakistana, era apparso davanti alle telecamere, lamentandosi del degrado del quartiere | agr – Corriere TV

18 agosto 2015

 
(Agr) Muhammad Adnan, l’uomo che avrebbe esploso i quattro colpi per uccidere i coniugi Seramondi a Brescia, dopo l’omicidio è tornato nel suo locale e si è fatto intervistare dalle tv presenti, tra cui anche l’emittente Brescia TV.
 
VIDEO

Terremoto, Unione Europea chiede restituzione sgravi. Rabbia tra imprese Aquilane

Nemmeno la breve pausa di ferragosto ha allentato la rabbia delle imprese aquilane e dell’area del cratere sismico sulla decisione di Bruxelles di chiedere la restituzione degli sgravi fiscali nonostante una legge dello Stato, la finanziaria del 2012, abbia fissato la restituzione al 40% in dieci anni. Ad essere colpite dal provvedimento sono tutte quelle aziende, si calcola circa 120. che non rientrano nel regolamento ‘de minimis’ che esclude i piccoli importi di aiuto fino a 200 ila euro. Una parte delle aziende aquilane beneficiarie di sgravi fiscali dopo il terremoto del 6 aprile 2009 non ha subito alcun danno, per questo dovrà risarcire al governo le riduzione di imposte e dei contributi previdenziali obbligatori ottenuti senza averne diritto. Nei prossimi giorni si capirà meglio la strategia che Regione, forze politiche e organizzazioni sindacali intendono avviare per resistere alla decisione di Bruxelles. Per il sindaco dell’Aquila, Massimo Cialente, «è vergognosa e inaccettabile la questione della restituzione delle tasse da parte di imprese aquilane, richiesto dalla Ue che ha avviato una procedura di infrazione contro l’Italia accusandola di aver creato condizioni di concorrenza sleale». Il Vice Presidente della Regione, Gianni Lolli, parla di «follia» la restituzione delle tasse sospese e ridotte a seguito del sisma del 2009 e «per questa ragione – spiega – resisteremo con tutti i mezzi». Poi fa capire che si rende necessario acquisire nelle prossime ore e nei prossimi giorni tutta la documentazione necessarie per esaminare cosa sia accaduto anche nella trattativa tra Governo italiano e Commissione europea mentre alcune associazioni di categoria già pensano alla costituzione di un fronte comune per «prepararsi insieme ad una nuova grande sfida».

Fonte Adnkronos

Da http://www.crisitaly.org/terremoto-unione-europea-chiede-restituzione-sgravi-rabbia-tra-imprese-aquilane/

L’arcivescovo di Monreale difende i principi dell’accoglienza: “L’unica maniera umana di accoglierli è integrarli sul territorio”

ARRICCHISCE ECCOME ECONOMICAMENTE, IL TRAFFICO DI UMANI RENDE PIU’ CHE LA DROGA E CHI CONTESTA è STRUMENTALE DICE LA BOLDRINI, VIVA MAFIA CAPITALE VATICANO E CHE GLI ITALIANI INDIGENTI MUOIANO SUICIDA CHI SE NE FREGA, SOLIDARIETA’ MODERNA

Il monsignore come la Boldrini: “Gli immigrati ci arricchiscono economicamente e culturalmente”

Sergio Rame – Mar, 18/08/2015 – 10:25

“L’immigrato è un essere umano da accogliere e contribuisce ad arricchirci economicamente, culturalmente e religiosamente”.

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Monsignor Michele Pennisi, arcivescovo di Monreale, parte da questa convinzione per difendere i principi dell’accoglienza e accusare il governo Renzi di far poco e male per le decine di migliaia di clandestini che sbarcano sulle coste italiane. “Mancano politiche di accoglienza e integrazione – spiega in una intervista alla Stampa – l’unica maniera umana di accoglierli è integrarli sul territorio, attraverso strutture piccole, a misura d’uomo”.

“Nei centri in cui vengono ammassati migliaia di profughi è impossibile andare incontro ai bisogni di ciascuno”, dice monsignor Pennisi invitando il governo a garantire a ogni disperato che sbarca in Italia “un percorso personalizzato con borse lavoro, tirocini formativi, corsi di italiano e ricongiungimenti familiari”. “Se ognuno fa qualcosa – dice – allora possiamo fare molto”. E chiede di cambiare il regolamento di Dublino, estendere ai profughi la copertura assicurativa dei lavori socialmente utili e affidare alle famiglie italiane i minori non accompagnati. “Non sfruttamento di manodopera, ma impiego a favore della collettività – continua – i profughi vogliono lavorare ma le norme lo impediscono”. Eppure, osserva ancora Pennisi, “basta l’ordinanza di un sindaco per consentire ai profughi di lavorare”.

“L’immigrato è un essere umano da accogliere e contribuisce ad arricchirci economicamente, culturalmente e religiosamente – insiste l’arcivescovo di Monreale nell’intervista alla Stampa – non è un fenomeno straordinario e temporaneo, dobbiamo farci i conti ogni giorno”. E invoca maggiore buon senso e meno misure emergenziali: “Dobbiamo guardarci dal cinismo di chi pensa di approfittare delle sventure altrui per fare affari”. A speculare sono “immobiliaristi, cooperative legate a personaggi politici, fornitori di servizi, alberghi che ospitano immigrati. Hanno vantaggi economici, senza preoccuparsi della qualità della vita degli immigrati”, prosegue il monsignore. “In megastrutture come il Cara di Mineo è impossibile l’integrazione – conclude – invece ci sono famiglie disposte ad accogliere i minori non accompagnati dando loro assistenza sanitaria e inserimento scolastico e sociale”.

Da http://www.ilgiornale.it/news/politica/monsignore-boldrini-immigrati-ci-arricchiscono-economicament-1161208.html

Disoccupato “va a fare il barbone”. Trovato morto dopo 20 giorni

nessun monsignore ha una parola? Perché non è stato accolto e sfamato dallo stato? Cos’era un diversamente povero? E’ morto per colpa di uno stato RAZZISTA

Lavorava il ferro. Ed era bravo. Due anni fa la mazzata della crisi. E quella condizione da disoccupato che non è riuscito a scrollarsi di dosso. A fine luglio la decisione di abbandonare la casa della famiglia del fratello e di mettersi a fare la vita di strada. «Nessuno ti manda via. Quel poco che c’è lo dividiamo, non ti preoccupare. E ricordati che puoi tornare quando vuoi» è stato il saluto dei parenti. Ieri la tragica scoperta, Sandro Mattiazzi, detto “Puci” nato e cresciuto a Chioggia, 51 anni compiuti lo scorso 9 giugno è stato trovato cadavere all’interno di un edificio abbandonato nei pressi della stazione ferroviaria, l’ex dormitorio. Una sorta di rifugio dei disperati, punto di ritrovo di senzatetto, clandestini, tossicodipendenti. A dare l’allarme verso le due del pomeriggio un ciclista che segnalava un odore nauseabondo provenire proprio da quel fabbricato.
La macabra conferma quando i vigili del distaccamento cittadino sono entrati: hanno dovuto abbattere uno degli ingressi murati allo scopo di impedire l’intrusione di estranei, e indossare le bombole di ossigeno. Impossibile respirare in quell’ambiente chiuso, senza aria e senza luce, ammorbato dal fetore di morte. L’ipotesi iniziale è che si trattasse di un extracomunitario, di un clandestino. Difficile pensare che il disagio sociale e la povertà possano uccidere un italiano, di più uno del posto, un chioggiotto.(…)

Leggi tutto su ilgazzettino

Da http://www.crisitaly.org/disoccupato-va-a-fare-il-barbone-trovato-morto-dopo-20-giorni/

ESCLAVES DE MAISON : LE GOUVERNEMENT CAMEROUNAIS A ETE FELICITE POUR LA SANCTION CONTRE AFRIQUE MEDIA !

MK pour PANAFRICOM / Avec Presse Cameroun/ 2015 08 08/

https://www.facebook.com/panafricom

https://vimeo.com/panafricomtv

PANAF - Des camerounais de rci ctre afrique media (2015 08 16) FR

Camerounais, Africains si vous saviez !

Les Peter Essoka et cie ne sont que la partie immergée de l’iceberg de la sujétion néocoloniale.

Réunis en forum le ce 13 Aout dernier à Abidjan, les « Associations camerounaises opérant en Côte d’Ivoire » ont « revisité les liens d’amitié qui lient les deux pays frères » (sic) et surtout « la propagande organisée par certains médias camerounais contre les autorités ivoiriennes qui souille les bonnes relations qui existent entre le Cameroun et le Côte d’Ivoire » (resic).

Dans leur déclaration finale publiée à la suite du forum, la « Fédération des associations camerounaises de la Côte d’Ivoire » ont « condamné la propagande mensongère que certains medias camerounais mènent contre le gouvernement d’Ouattara » : « Les médias et leaders d’opinion camerounais qui s’adonnent, à l’instar d’Afrique Media (…) à la promotion du mépris, de la haine et du mensonge contre les autorités légitimes et légales de Côte d’Ivoire doivent être combattus avec la dernière énergie », indique la déclaration.

La fédération s’est réjouie « de la prise de conscience progressive de cette nuisance par les autorités camerounaises » qui a permis la suspension temporaire de la chaîne Afrique Média.

La propagande faite contre les autorités ivoiriennes est « une menace directe organisée » par Afrique Média « contre la sécurité et la sérénité des Camerounais vivant en Côte d’Ivoire (…) Cette propagande qui crée la haine, met la vie des camerounais en danger sur le sol ivoirien ».

La Fédération invite encore « les medias concernés ainsi que les hommes politiques qui les accompagnent à s’attarder sur l’actualité camerounaise comme la corruption, l’insécurité grandissante, … et laisser les affaires de la Côte d’Ivoire aux ivoiriens ».

AVEC DE PAREILS SOUTIENS LE REGIME BIYA N’A PLUS BESOIN D’ENNEMIS !

On notera encore que ces gens soutiennent le gouvernement camerounais comme la corde soutient le pendu et qu’en fait ce « soutien » (qui contraste avec celui de Afrique Media contre la déstabilisation occidentale du régime) repose sur la critique françafricaine (voir par exemple ‘Le Monde Afrique’, financé par la fondation OSIWA de Soros) du régime de Paul Biya : « Les médias et hommes politiques camerounais qui font de la Côte d’Ivoire leur fonds de commerce devraient prioritairement se focaliser sur les problèmes propres du Cameroun qui sont la corruption généralisée, l’insécurité grandissante, la pauvreté du grand nombre, les incertitudes de la jeunesse » écrivent-ils sans fard …

UN SOUTIEN IDIOT A UN REGIME OUATTARA FINISSANT

En fait de soutien au président Biya, il s’agit d’une des nombreuses manœuvres inspirées par Paris pour « sauver le soldat Outtara ».

Petit-nationalistes incapables d’appréhender globalement la politique africaine (comme si impérialisme américain, finance mondiale et Françafrique étaient des réalités locales …) et de comprendre qu’AFRIQUE MEDIA est une télévision internationale et panafricaine et nullement une chaîne camerounaise, qu’elle est donc partout chez elle, les esclaves de maison de cette Fédération compradore semblent inconscients de la réalité politique ivoirienne : en effet comme l’analysait récemment Luc MICHEL, précisément sur les antennes de la TV panafricaine, « la question politique centrale en Côte d’Ivoire ce n’est plus la prochaine présidentielle, la constitutionnalité de la candidature de Ouattara et encore moins sa réélection. C’est la question de la Transition. Et cette question oppose le président sortant et ses anciens alliés, au premier plan desquels Guillaume Soro ».

MK / PANAFRICOM

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JE SUIS AFRIQUE MEDIA/ LUC MICHEL : UN MOT AUX SUPPORTERS D’AFRIQUE MEDIA TV

Comités AFRIQUE MEDIA/ 2015 08 16/

Avec le Blog ‘JE SUIS AFRIQUE MEDIA’

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http://www.scoop.it/t/afrique-media-tv

JSAM - LM un mot sur am (2015 08 16) FR

Ils disent AFRIQUE MEDIA « mort née » (sic). Mais ces media-bonimenteurs sans vergogne oublient de dire que la chaîne panafricaine n’a pas cessé d’émettre une seule minute. Et que le signal éteint à Douala a immédiatement repris, phénix médiatique, de Ndjamena.

Ils voulaient nous faire taire, mais LE DEBAT PANAFRICAIN, la cible principale, était au rendez-vous en direct ce dimanche. Et avec mon ami Bachir Mohamed Ladan, qu’ils voulaient baillonner, aux commandes.

 Certes, il y a eu des soucis, son de mauvaise qualité, perte de streaming. Et surtout aucun appel téléphonique possible. Et encore moins de duplex video. Je n’ai moi même pas pu intervenir comme annoncé, rendu muet par la technique, mais le cœur y était.

Certains d’entre vous ne se rendent pas compte de la prouesse technique qu’a été le transport du matériel et des techniciens et leur installation en quelques dizaines d’heures. La technique suivra. Evidemment !

Mais nous avons senti le souffle du boulet. AFRIQUE MEDIA vit et nous devons rester mobilisés pour que notre Télévision, devenue encore plus panafricaine, de plus en plus internationale, continue à vivre et à parler au nom des sans voix, au nom de l’Afrique continent, au nom de la Cause des Peuples libres.

Merci aux présidents Obiang Gnuema Mbassogo (Guinée Equatoriale) et Idriss Deby Itno (Tchad). Et aussi merci au Président Wladimir Poutine. L’Axe Eurasie-Afrique, notre futur géopolitique, dont je vous parlais pour la première fois sur AFRIQUE MEDIA en avril 2014, est déjà une réalité médiatique Malabo-Ndjamena-Moscou.

Mais nous devons rester vigilants. L’ennemi est puissant et ses complicités africaines si nombreuses, chaque jour découvre le visage de ces traîtres. Et la tentative de tuer AFRIQUE MEDIA a fait tomber tant de masques !  

Il faut donc nous organiser pour défendre AFRIQUE MEDIA TV et développer son impact. Ce sera le rôle des COMITES AFRIQUE MEDIA, organisés en Réseau international, et dont j’ai lancé l’organisation en Eurasie et en Afrique. Je reviendrai vers vous dans quelques jours pour vous en parler, le temps de sortir de ces jours difficiles.

AFRIQUE MEDIA a besoin de vous et moi je compte sur vous …

Luc MICHEL

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