Che dolore, RémiIn – primo piano

Martedì 28 Ottobre 2014 18:11

Domenica 26 si apprende della morte di Rémi Fraisse, un giovane di 21 anni, deceduto in una giornata di protesta contro il progetto della diga di Sivens.

Le circostanze e le cause della sua morte, in un primo momento definite incerte e misteriose, cominciano a venire alla luce confermando il legittimo sospetto di molti/e presenti sul luogo e sollecitando una questione più generale riguardo le responsabilità politiche della polizia francese e, dunque, dello Stato. Secondo l’inchiesta aperta sui fatti, Rémi è morto a causa di un’esplosione durante gli scontri e, secondo i/le testimoni il suo corpo privo di vita sarebbe stato “fatto da parte” dalla polizia stessa per non “intralciare” le operazioni di attacco contro i manifestanti. In questo contesto, la timidezza della politica istituzionale nel denunciare il fatto assume caratteri inquietanti. Ci si appella a ogni sorta di competenza tecnica al fine di aggiustare il meglio possibile la ricostruzione dei fatti.

La domanda che rimane inevasa è quella della responsabilità politica, della scelta politica, nascosta dietro una supposta logistica dell’ordine pubblico. Le piroette retoriche attraverso cui la morte di un ventenne nel corso di operazioni di polizia vengono ricondotte nell’orizzonte dell’accidentalità non risparmiano nessuno, né a destra né a sinistra. Secondo Hollande spetta al diritto stabilire cosa sia successo e chi ne debba rispondere. Della decisione sulla vita umana, se ne fa una questione di procedura tecnica. Ma il diritto non può decidere niente.

La questione è mal posta. Non si individuerà un atto mortale, la mano che ha ucciso e nemmeno la prova di un’intenzionalità. Significa che Rèmi è morto per caso? Significa che la Republique può riunirsi in un comune pianto di lutto senza individuare una responsabilità politica? Che l’obiettivo sia questo – l’orizzonte è pur sempre quello di una cultura che ha pietà per la morte purché questa non interpelli nessuno – sembra piuttosto scontato. La logica discorsiva è paradigmatica, non contingente e a maggior ragione occorre contrastarla. Si può davvero accettare la morte in un contesto di mobilitazione politica (e qui a essere interpellato/a non è solo chi sceglie l’impegno, l’attivismo, la militanza, la “parte” contro un amorfo quanto ideologico “tutto” che si usa chiamare “società democratica”, ma anche la cosiddetta “società civile”)? Se qualcuno/a cadesse e battesse la testa mentre cerca di trovare qualche molecola di ossigeno accecato/a dai lacrimogeni, di chi sarebbe la responsabilità politica? La caduta sarebbe semplicemente un fatto, non vi è dubbio a riguardo. Ma non lo sarebbero i lacrimogeni. Se il corpo armato dello Stato non esita ad usare la propria violenza contro coloro che esprimono dissenso e conflitto rispetto a una grande opera (in questo caso una diga) sino a produrre esplosioni potenzialmente mortali – e qui dalla potenza si è passati all’atto – non è possibile riconoscere un’intenzionalità di morte latente?

Se la morte di Rémi è un caso, allora è un caso anche che altre volte sia dato di tornare a casa interi. Morire per sfortuna e salvarsi per fortuna è ciò che accade in una guerra. Questo è il grado di violenza di cui lo Stato vuole farsi carico amministrando i flussi di capitale di cui le grandi opere sono i catalizzatori piuttosto contingenti? Basta per carità con la finzione della discussione sull’utilità e l’inutilità di queste opere, con i paroloni inutili come progresso e crescita, quando più di vent’anni di analisi mostrano che c’è una ristrutturazione economica in corso – che viene chiamata “crisi” – e in cui le grandi opere, al pari di altri dispositivi, funzionano come strumenti di questa ristrutturazione. Troppo semplice? Beh, è così, la realtà può essere semplice, come la morte di un ragazzo.

Ben vengano le indagini, i particolari, le testimonianze. Mai e poi mai bisogna ammettere che il racconto della realtà sia grossolano e sommario. Ma basta con la complessità come alibi, alcune scelte sono nette o non sono. Come quella di prendere una posizione quando la morte veste la divisa. Non si può morire in manifestazione, mai. Possiamo considerarlo un principio democratico basilare come la tanto amata dialettica parlamentare o la materialità della vita non è più ammessa nella miseria delle nostre democrazie nemmeno nella sua forma più elementare, cioè come diritto ad essere preservata anche in una posizione (o in una situazione) di conflittualità?

Che dolore, Rémi.

Paris, 28 octobre 2014

Nel paese dei mille condoni edilizi non ti perdonano se ospiti i No Tav

Vicenda paradossale che coinvolge i No Tav, questa volta a farne le spese è un agricoltore di Rivoli colpevole di aver ospitato i “terroristi” in una costruzione abusiva sul suo terreno

di Davide Amerio

Un vicenda grottesca, al limite dell’assurdo ma che ha una sua logica ben precisa. In italia gli abusi edilizi non si contano nemmeno più. I condoni nemmeno e con le sanatorie ci si mette sovente una pezza per salvare capra e cavoli ben sapendo che le lungaggini burocratiche e le miriadi di codicilli cui è necessario adempiere per essere in regola invitano a cercare delle scorciatoie.

Questa come “regola” generale non scritta. Se però la struttura che hai messo in piedi, abusivamente, è stata “utilizzata” da qualche No Tav ecco che nemmeno le sanatorie ti possono più salvare.
Ne sa qualcosa Enzo Vitulano il quale mercoledì 22 ottobre è stato condannato a due mesi di carcere e ottomila euro di ammenda per abuso edilizio commesso su un terreno agricolo di sua proprietà.

La vicenda risale al 2010 all’epoca dei sondaggi. Sul terreno di Enzo dovevano fare dei prelievi che poi in realtà non furono eseguiti. Enzo, agricoltore, decide come molti altri valsusini di opporsi all’imposizione dei carotaggi e con l’aiuto di qualche amico costruisce una struttura composta di legno e qualche tubo di ferro. Il desiderio comunque è costruire sia qualcosa di utile per il suo lavoro di agricoltore, sia quello di dimostrare che il terreno è suo ed è determinato a disporne come meglio crede.

Passa il tempo e la struttura diventa utile magazzino per Enzo e nel contempo diventa luogo di incontro dei No Tav e viene assunto come “presidio” della zona. Ma qualcuno non gradisce la cosa e denuncia l’abuso edilizio. Ne nasce un contenzioso giuridico che coinvolge il povero Enzo sia in sede civile che penale e parte la richiesta di procedura per la demolizione della struttura.

Essendo agricoltore Enzo dimostra, con l’ausilio di architetti, che quella struttura è primariamente usata per il suo lavoro, che è in grado di ottemperare alle sanatorie previste in questo caso e presenta pure progetti di ristrutturazione e abbellimento. Nulla. Dopo un anno la procedura penale prosegue e il comune di Rivoli nega la possibilità di usufruire della sanatoria con la motivazione che la struttura è un presidio No Tav. L’avvocato di Enzo ha presentato ricorso al Tar ma questo giace disperso nei suoi meandri da due anni.

Morale:  Enzo Vitulano viene condannato a due anni mentre la procura ne aveva chiesto uno. Se ci sono di mezzo i No Tav la giustizia italiana è diventata “severissima”.

L’avvocato difensore, Vincenzo Enrichens, afferma che “il processo non doveva neppure cominciare, o per lo meno doveva essere sospeso, perché quel piccolo abuso edilizio è sanabile in base al piano regolatore del Comune ed è ancora pendente il ricorso al Tar”. Il legale sottolinea che nella casupola “si riunivano ogni tanto alcune persone per discutere in modo conviviale di Tav, esercitando un diritto garantito dalla Costituzione”.

In queste ore in molti si stanno muovendo per esprimere solidarietà a Enzo e per contestare una sentenza che molti leggono come “politica” e poco credibile in un paese dove abusi edilizi e cemetificazione distruggono rovinosamente il territorio. Che ci sia forse dell’accanimento contro i No Tav?

D.A. 24.10.14

Maxi processo No Tav. Parla la difesa: “Reazione legittima ai comportamenti scorretti delle forze dell’ordine”

Maxi processo No Tav. Parla la difesa: “Reazione legittima ai comportamenti scorretti delle forze dell’ordine”

ottobre 28 2014
È ricominciato oggi il maxi processo No Tav nel quale sono imputati 53 attivisti per gli scontri in Val di Susa dell’estate 2011.

Il primo a parlare in aula è Claudio Novaro, avvocato della difesa che spiega l’importanza delle manifestazioni e delle proteste in Valle, mosse da ragioni per molti impossibile da capire, se non attraverso un’attenta analisi del contesto: «Non è possibile capire né l’andamento né il significato degli scontri. La rabbia e la frustrazione di quelle giornate».
«Il movimento No Tav – continua Novaro – è stato capace di organizzare manifestazioni con 50 mila persone in una valle di 80 mila abitanti solo per rivendicare il diritto a interloquire su una questione, il passaggio del Tav, che riguarda la vita della gente. Eppure bastava un sussulto di un politico di terza fila, magari un senatore del Pd, perché le sue ragioni venissero dimenticate».
L’avvocato poi, continua il suo discorso sul comportamento delle forze di polizia in Valle, durante i due giorni di scontri, parlando di «un campionario di comportamenti scorretti da parte delle forze dell’ordine», di «lanci fuori protocollo di lacrimogeni anche ad altezza d’uomo», di «intemperanze dei poliziotti», dell’«ignobile episodio della distruzione delle tende» del presidio dei No Tav in località Maddalena di Chiomonte, di appartenenti alle forze dell’ordine che «scagliavano sassi» sui manifestanti.
Il legale, durante la sua arringa ha citato più volte l’articolo del codice penale che giustifica «la reazione legittima a un atto arbitrario dei pubblici ufficiali».

Giuseppina all’assemblea in Valverde: “la natura un giorno si vendicherà”

28 ottobre 2014

NEWS Val Verde

Riportiamo l’intervento di una signora del paese durante l’assemblea pubblica di venerdi’ 24 ottobre ad Isoverde. Probabilmente la persona piu’ anziana presente in sala chiede la parola, stupendo un po’ tutti, tira fuori dalla borsa un foglietto scritto a penna e inizia a leggere. Alla fine un lungo applauso. Davvero non c’è nulla da aggiungere:

“Settant’ anni tutti passati in questa valle, cosa ha di speciale forse nulla, se non che qui abbiamo le nostre radici, qui sono vissuti i nostri padri, nonni e tante generazioni che ci hanno lasciato quello che vediamo e quello che già più non c’è, perché sull’altare della modernità abbiamo sacrificato molte cose.

Ma ora basta sciupare questa terra: forse per alcuni non significa nulla ma per noi è la vita, la vorremmo lasciare ancora vivibile per i nostri figli, i nostri nipoti e chi verrà dopo.

Io non sono un’esperta di geologia, né di infrastrutture, ma per capire che certe mega opere nono solo non sono utili, ma dannose ci vuole poco: spreco di denaro pubblico, qualcuno obbietterà che danno lavoro, sì, ma il lavoro si può creare con cose più semplici e più utili alla popolazione che qui vive.

Già ci sono due linee ferroviarie che possano giù dall’Appennino, magari potenziarle questo sì.

I piccoli regali che qui vogliono fare come il by-pass di Isoverde, una presa in giro al buonsenso, passare dietro a due palazzi invece che davanti credo non sia un grande regalo, per poi non parlare del rischio di alluvioni passando nel torrente.

Tutto quel materiale di risulta portato nelle cave di Cravasco, non credo si ricostruisca il Castellaro, che io ricordo con nostalgia! Ma lasciamo la nostalgia: il rischio che verrà per il paese!

Non sarà domani, o dopo, ma la natura un giorno si vendicherà per gli sbagli fatti da noi uomini di oggi.

Un altro rischio sono le sorgenti d’acqua, tanto ricca ne è la nostra valle! Poi ancora tanto ci sarebbe da dire.

Ma l’unica parola sarebbe dire con forza basta, basta! Lasciateci la nostra Valle Verde!

Io non vedrò l’opera, se questa un giorno sarà mai finita. Ma non avrei voluto vedere nemmeno l’inizio. Basta, basta, basta!”

Giuseppina Isola

Processo ai No Tav. L’ora delle difese

E’ Claudio Novaro ad aprire la discussione attaccando ogni aspetto del teorema accusatorio. Strali ai procuratori, ai sindacati di polizia e persino alle parti civili.

di Fabrizio Salmoni

E’  un attacco su più fronti quello sferrato dall’avv. Claudio Novaro difensore di quattro dei  53 imputati al processo in aula bunker: alla cronologia dei fatti del 27 Giugno (“La procura ha adottato una parzialità ricostruttiva”), all’impianto stesso dell’accusa (“Senza valutare il contesto non possiamo capire cosa è successo in quei giorni”), alla natura giuridica delle accuse di concorso, resistenza e lesioni, all’analisi della posizioni dei singoli difesi, all’atteggiamento sprezzante dei procuratori esonerati quando fecero ad alta voce del sarcasmo di fronte alla deposizione di una teste che fu ferita a manganellate, al contorno mediatico che ha retto il processo ispirato “da un politico di terza fila, magari senatore, magari del Pd…”.

Con un efficace montaggio sinoptico dei filmati agli atti, Novaro ha definitivamente dimostrato che la reazione dei manifestanti è venuta DOPO l’intervento violento delle forze dell’ordine con i gas. E’ documentata la loro aggressività di fronte a cittadini inermi e amministratori, talmente eccessiva che si sentono le voci dei dirigenti che cercano di trattenere i reparti dall’abbandonarsi alla caccia all’uomo (non impediranno la deturpazione e il vandalismo delle strutture sul piazzale della Maddalena da parte di agenti scatenati). Dal montaggio risulta evidente l’alterazione della cronologia della Procura – ha detto l’avvocato – perchè la vera tempistica evidenzia che il lancio di pietre sugli agenti è avvenuto quasi un quarto d’ora dopo che la pinza meccanica aveva cominciato a demolire la barriera Stalingrado facendo crollare il terrapieno su cui era stata eretta. A dimostrazione che i filmati non sono stati usati in modo obiettivo viene portato l’esempio del filmato di polizia che evita di riprendere il pestaggio collettivo dell’imputato Soru svariando sul fogliame circostante.

VIDEO - ARRINGHE DIFENSIVE, PENTOLATE SUI MANIFESTANTI

Ma nel merito della vicenda, il punto fondamentale sta nel mettere in relazione la condotta dei manifestanti con quella degli altri attori della vicenda, nel considerare che “c’è una crisi di rappresentanza politica che ha impedito ai valsusini di far valere le proprie ragioni…”; si è preferito spingere sull’acceleratore di una progettazione incompleta, sulla forzatura mediatica, su un uso illegittimo della forza a discapito delle necessità del territorio. Non può non essere considerato – insiste Novaro – che il Tav è una truffa dispendiosa e inutile, che le previsioni di utilizzo erano (volutamente?) sbagliate, che sia stato dimostrato da 300 medici il rischio per la salute collettiva, che sia pericoloso per le falde acquifere . E tutto questo è scritto e dimostrato.

E’ entrato poi nel merito giuridico dei reati contestati discutendo i concetti di dolo diretto e concorso anomalo, ha precisato che gli operai delle ditte che hanno partecipato all’operazione non erano nè pubblici ufficiali nè incaricati di pubblico servizio, ha negato le lesioni perchè avvenute in tempi successivi alle immagini degli imputati (senza considerare i dubbi emersi sulla veridicità dei referti di polizia), e di conseguenza negato il danneggiamento della pinza meccanica ad opera di qualche pietra sulla corazza metallica, più che altri eventuali materiali maneggiati da altri (calce, olio combusto, ecc.), ha dimostrato con le immagini che il riconoscimento dell’imputata Avossa è senza fondamento cosi come le richieste per lei dell’accusa (6 anni di reclusione) sono totalmente sproporzionate. Ha chiesto per tutti l’assoluzione per insufficienza probatoria e le attenuanti della provocazione.

In conclusione di un’arringa che è durata quasi tre ore, Novaro non ha mancato di lanciare strali agli onorari richiesti dall’Avvocato dello Stato Prinzivalli (80.000 euro secondo i parametri dei processi civili, non penali come questo) e delle parti civili (“non ci sono mai, neanche oggi, la loro presenza è stata minima e chiedono cifre esagerate…”), ai sindacati di polizia (con quali parametri hanno formulato le loro richieste?), soprattutto al Sap, “un sindacato che applaude gli assassini di Aldrovandi” che chiede 20.000 euro per “danni d’immagine”. Come per tutto l’affare Tav, viene da pensare, anche il processo è un’occasione per fare soldi.

(F.S. 28.10.2014)

Francia un ragazzo di 21 anni muore durante scontri con la polizia

di Redazione

Un ragazzo di 21 anni di Tolosa, Remi Fraysse, è morto durante gli scontri con la polizia a seguito delle manifestazioni organizzate contro la diga del Siviens in Francia tra sabato e domenica. Il ragazzo proveniente da Tolosa pare essere caduto a terra dopo lo scoppio di una granata sonora lanciata dalla polizia nella notte di sabato. Ancora poco chiare la dinamica dell’accaduto.
<< E’ arrivato sabato ma non par manifestare; non so perché era sul fronte della manifestazione>> ha dichiarato un amico di Remi. Il corpo del ragazzo è stato prelevato dalla polizia per eseguire l’autopsia.

Processo ai No Tav, la parola alla difesa: “Rabbia legittima della Val Susa”

http://torino.repubblica.it/cronaca/2014/10/28/news/maxiprocesso_ai_no_tav_la_parola_alla_difesa_rabbia_legittima_della_val_susa-99211334/

Maxiprocesso ai No Tav, la parola alla difesa: "Rabbia legittima della Val Susa"
(ansa)

L’avvocato Novaro parla di “resistenza”, invoca l’attenuante delle azioni “di particolare valore morale”, accusa le forze dell’ordine di eccessi. “Dietro quei sassi – ha aggiunto – c’è il conflitto sociale degradato a fenomeno di ordine pubblico 

28 ottobre 2014

 
Senza un’analisi del contesto «non è possibile capire» né l’andamento né il significato degli scontri in Valle di Susa dell’estate 2011, al centro del maxiprocesso a 53 No Tav, e «la rabbia e la frustrazione di quelle giornate»: è cominciato così l’intervento del primo dei difensori degli imputati, Claudio Novaro. «Il movimento No Tav — ha detto il legale — è stato capace di organizzare manifestazioni con 50 mila persone in una valle di 80 mila abitanti solo per rivendicare il diritto a interloquire su una questione, il passaggio del Tav, che riguarda la vita della gente. Eppure bastava un sussulto di un politico di terza fila, magari un senatore del Pd, perché le sue ragioni venissero dimenticate». 

Nelle due giornate di scontri in Valle di Susa «abbiamo avuto un campionario di comportamenti scorretti da parte delle forze dell’ordine» ha detto Novaro. L’avvocato ha citato più volte l’articolo del codice penale che giustifica «la reazione legittima a un atto arbitrario dei pubblici ufficiali». Ha poi parlato di «lanci fuori protocollo di lacrimogeni anche ad altezza d’uomo», di «intemperanze dei poliziotti», dell’«ignobile episodio della distruzione delle tende» del presidio dei No Tav in località Maddalena di Chiomonte, di appartenenti alle forze dell’ordine che «scagliavano sassi» sui manifestanti. 

Novaro ha citato poi un rapporto di polizia in cui si parlava, nel 2011, della possibilità di valutare per i No Tav il reato di «attentato contro l’integrità e l’unità dello Stato». L’annotazione si riferisce alla cosiddetta «Libera repubblica della Maddalena», il grande presidio che i No Tav tennero per alcune settimane nel territorio di Chiomonte, dove oggi sorge il cantiere del tunnel preliminare della Torino-Lione, fino allo sgombero del 27 giugno 2011. Questa ipotesi di reato (prevista dall’articolo 241 del codice penale) non è mai stata contestata ma Novaro ha detto che il fatto che se ne fosse parlato, unito «alle parole pronunciate in questo processo sulla ‘perdita di sovranità’ di una porzione del territorio dello Stato, induce al sorriso in un momento in cui è la Commissione europea che decide come si vive in Italia, in Grecia, in Spagna».

Il legale ha anche attaccato il progetto dell’alta velocità: «La truffa del Tav, un’opera inutile, costosa e devastante per il territorio, contrasta con i principi della nostra Costituzione». Per questo, ha argomentato, bisognerebbe applicare agli imputati la speciale attenuante di «avere agito per motivi di particolare valore morale o sociale».

«In Valsusa parlare di professionisti della violenza non fa i conti con quelle giornate che si calano in una vicenda più complessiva» ha sostenuto ancora il difensore, parlando di «territorio militarizzato» e affermando che «la Valsusa è stata un laboratorio politico importante, anche per l’esperienza della Libera Repubblica della Maddalena».

Il legale ha parlato di «resistenza» che «non significa — ha spiegato — preordinare le violenze,  ma preordinare un meccanismo per reagire quando arrivano le forze dell’ordine», e ha rilevato che «l’organizzazione c’è stata, ma sempre per la resistenza e non per attacchi violenti». Secondo il legale infatti «dietro quei sassi, dietro quelle giornate, c’è il conflitto sociale, degradato a fenomeno di ordine pubblico da parte della procura senza rendersi conto che è un fenomeno di più alta prospettiva».

LE MAE RUSSE RECONNAÎT LES ELECTIONS DU 2 NOVEMBRE PROCHAIN EN DNR ET LNR

# NOVOROSSIYA INFO/ 

NOVO - MAE russe reconnait les élections (2014 10 27) FR

Soutien surprise du Ministère des Affaires Etrangères de Moscou aux indépendances des Républiques de Donetsk et Lugansk :

Selon le ministère des Affaires étrangères, la Russie considère Donetsk et Lougansk comme des Républiques populaires, qui ont refusé d’accepter le coup d’Etat de Kiev et ont rejeté l’idéologie “banderiste”…

 Лавров: Москва признает выборы в ДНР и ЛНР

http://www.novorosinform.org/news/id/13201

 Novorossiya Info

http://www.lucmichel.net/2014/10/27/novorossiya-info-le-mae-russe-reconnait-les-elections-du-2-novembre-prochain-en-dnr-et-lnr/

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 # NOVOROSSIYA Coordination Center/

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VERS LA REPRISE GENERALE DE LA SALE GUERRE AU DONBASS !

# NOVOROSSIYA INFO/

NOVO - LM Reprise de la guerre (2014 10 27) FR

 Après des élections bidon en Ukraine – officiellement 50% d’abstention mais sans doute beaucoup plus, dans un climat de terreur contre les partis pro-russes – la junte de Kiev, car c’est toujours de çà qu’il s’agit, a bouclé une vie politique sans opposition.

 La seconde étape c ‘est la reprise générale de la guerre totale de Kiev contre le peuple du Donbass. Malgré une trêve – qui a été une erreur selon notre analyste Luc MICHEL -, les combats n’ont jamais cessé, notamment à l’aéroport de Donetsk. La soi-disant trêve a servi à Kiev à refaire ses forces, de l’aveu même des criminels de guerre Avokov et Porochenko. Et la reprise des combats s’annonce, nouvel assaut général contre les DNR et LNR qui mobilisent …

 C’est ce que prévoit également un autre de nos analystes Fabrice BEAUR https://www.facebook.com/beaur.fabrice/posts/745336645538048

  Le but direct étant de perturber les élections législatives et présidentielles des Républiques indépendantes de Donetsk et Lugansk qui auront lieu dimanche prochain. Et bien entendu d’écraser l’indépendance de la Novorossiy !

 LM

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  Affiche : « Sois patriote. Donbass aides-toi »

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