Un tunnel di dieci chilometri sotto il Po e la città

http://torino.repubblica.it/cronaca/2014/10/11/news/un_tunnel_di_dieci_chilometri_sotto_il_po_e_la_citt-97854710/?ref=fbpl

I vertici del gruppo Gavio e della Sitaf hanno presentato il progetto al sindaco e agli assessori. Costo stimato: un miliardo e mezzo interamente a carico dei privati

di GABRIELE GUCCIONE

11 ottobre 2014

 Un tunnel di dieci chilometri sotto il Po e la città
Piero Fassino (ansa)

Un tunnel di dieci chilometri sotto e attorno al Po, che completerebbe verso est, correndo ai piedi della collina, l’anello della tangenziale. Se ne parla da decenni, e sul tema si sono esercitate schiere di sindaci e di presidenti di Provincia e di Regione, da Valentino Castellani a Sergio Chiamparino, da Mercedes Bresso ad Antonio Saitta. Ma il progetto è riapparso dai cassetti, puntuale come un orologio svizzero, proprio nella settimana di fuoco per i piani che Palazzo Civico ha in serbo sulle infrastrutture di trasporto, dal completamento della Linea 1 verso Cascine Vica all’ipotesi di sdoppiare la Linea 2 in un tratto ferroviario e in uno automatico, fino alla creazione di un tram 4 bis sui binari abbandonati della Torino-Ceres.

Stralciata l’idea di realizzare la Tangenziale est, il tunnel sotto il Po ha fatto la sua ricomparsa. Il progetto è stato illustrato ieri al sindaco Piero Fassino durante un summit convocato a Palazzo Civico con Beniamino Gavio, numero uno di uno dei principali gruppi autostradali d’Italia e uno dei suoi manager di riferimento, Gianni Luciani, amministratore delegato di Sitaf, società che gestisce la A32 Torino-Bardonecchia e il Traforo del Frejus, e Satap (Torino-Milano e Torino-Piacenza). Alla riunione, preceduta da un meeting ristretto tra i primi tre, hanno partecipato gli assessori all’Urbanistica e alle Infrastrutture, Stefano Lo Russo e Claudio Lubatti, insieme con Giancarlo Quagliotti, che oltre ad essere uno dei principali esponenti della corrente Pd che fa riferimento a Fassino è anche il presidente di Musinet, società controllata di Sitaf che si occupa di progettazione.

Il piano che è stato consegnato al sindaco prevede un tracciato ad “s” a ridosso della collina, con due punti in cui è previsto che la galleria attraversi il fiume. È previsto che la corsa del tunnel abbia inizio a nord, in strada Cebrosa, dove si collegherebbe al nodo autostradale verso Milano e Aosta. Da lì la galleria passerebbe sotto il Po in prossimità della “curva delle 100 lire” e una volta attraversata la confluenza avrebbe la sua prima uscita in città all’altezza di Sassi. Le uscite in tutto sono tre: oltre a corso Casale, la seconda è prevista a Torino Esposizioni, una volta riattraversato il fiume, e la terza all’altezza di corso Spezia, subito dopo aver superato le Molinette. Da quel punto l’autostrada sotterranea scorrerebbe dritta fino all’imbocco con lo snodo autostradale sud e la Torino-Savona.
Un’opera faraonica, insomma. Che secondo i costi stimati dal progetto redatto dalla Musinet presieduta da Quagliotti costerebbe almeno un miliardo e mezzo di euro. Soldi che sarebbero a totale carico dei privati, cioè delle società concessionarie delle autostrade torinesi, di cui Gavio è uno degli azionisti. Il pedaggio di 5 euro che viene ipotizzato dal piano servirebbe a ripagare l’opera. Se si sono fatti bene i conti, e non c’è ragione per credere il contrario, il tunnel arriverebbe a essere utilizzato da 40mila automobilisti al giorno. Una cifra che, fatti i dovuti calcoli, porterebbe nelle casse dei gestori dell’opera 70 milioni di euro all’anno. Tempi: un paio d’anni per la progettazione, altri sette per lo scavo.
Il vertice di ieri si è concluso con l’impegno a rivedersi tra un mese. Sindaco e assessori hanno chiesto chiarimenti sulla questione del finanziamento dell’opera: le ipotesi in campo sono diverse. È possibile che l’opera rientri nella trattativa per il rinnovo delle concessioni autostradali: Ativa scade nel 2016, Satap nel 2017, Torino-Savona nel 2018. In questo modo sarebbero le società a farsi carico dei costi. Ma resta aperta anche l’ipotesi di un project financing pubblico-privato. 
Intanto l’altro ieri Fassino, accompagnato dal senatore Stefano Esposito, ha chiuso la trattativa con il ministero delle Infrastrutture sui tempi di finanziamento del tratto Fermi-Cascine Vica della linea 1: anche se sarà difficile aprire i cantieri entro il 31 agosto 2015 (più facile che si arrivi a dicembre), i 100 milioni promessi saranno erogati con il bando a marzo per l’acquisto della tecnologia Val. Ma gli altri 154 milioni saranno spalmanti su tre anni anziché su quattro.

Buco nell’acqua, summit Fassino-Gavio

http://www.lospiffero.com/cantina/buco-nellacqua-summit-fassino-gavio-18450.html

Pubblicato Venerdì 10 Ottobre 2014, ore 14,43
 

Vertice a Palazzo Civico tra il sindaco e il numero uno del principale gruppo autostradale. Sul tavolo il progetto del tunnel sotto il Po. Costa 1,5 miliardi, ma chi paga? Per ora un nulla di fatto, prossimo appuntamento tra un mese dopo gli accertamenti tecnici

Un buco nell’acqua. Quello che nel luogo comune rappresenta un fallimento, in questo caso potrebbe rappresentare il punto d’avvio di uno dei più grandi progetti che potrebbe realizzarsi aTorino. E’ il tunnel sotto il Po, il tracciato che deve chiudere l’anello cittadino per compensare la mancata realizzazione della Tangenziale Est, finita ormai in fondo alle priorità infrastrutturali di Città e Regione. Il progetto prevede una galleria che, a partire da corso Maroncelli corra sotto la città con tre uscite fino a ricongiungersi con la rete autostradale.

Al summit convocato da Piero Fassino questa mattina a Palazzo Civico, erano presenti Beniamino Gavio, numero uno del principale gruppo autostradale d’Italia e uno dei suoi manager di riferimento Gianni Luciani, amministratore delegato di Sitaf, società che gestisce la A32 Torino-Bardonecchia e il Traforo del Frejus, e Satap (Torino-Milano e Torino-Piacenza). Allo stesso tavolo anche gli assessori a Urbanistica e Infrastrutture, Stefano Lo Russo e Claudio Lubatti con i rispettivi direttori Paola Virano e Roberto BertasioGiancarlo Quagliotti, presidente di Musinet, controllata di Sitaf che si occupa di progettazione, e i suoi tecnici. La riunione è coperta dal più totale riserbo, al punto che l’unico autorizzato a parlare e a fornire informazioni è Fassino.

Secondo quanto emerso, tuttavia, sarebbe stato un incontro ancora interlocutorio, visto che i presenti hanno deciso di rivedersi tra un mese. Tra i nodi non ancora sciolti c’è quello finanziario: l’opera, infatti, costa 1,5 miliardi. Chi paga? Al momento ci sono varie opzioni sul tavolo. E’ possibile che l’opera rientri nella trattativa per il rinnovo delle concessioni autostradali (quella di Ativa – Torino-Aosta – scade nel 2016 ed è al varo un accorpamento tra Ativa e Sitaf), in questo modo sarebbero le due società a farsi carico dei costi.

C’è poi l’opzione di un project financing pubblico-privato, oppure potrebbe rientrare tra gli interventi straordinari finanziati dal Ministero delle Infrastrutture. Si vedrà e questo dà l’idea di quanto il progetto sia ancora in una fase embrionale. Per quanto riguarda i tempi si parla di un paio d’anni per la progettazione definitiva e poi altri sette di lavori che, tuttavia, svolgendosi in gran parte sottoterra, riducendo – secondo i tecnici – al minimo i disagi in superficie. Tra le questioni ancora aperte quella delle uscite: dovrebbero essere tre ma sono al vaglio tutte le possibilità per decidere dove piazzarle. 

Prosciolto Perino per l’invasione dei terreni in un presidio No Tav

http://torino.repubblica.it/cronaca/2014/10/10/news/prosciolto_perino_per_l_invasione_dei_terreni_in_un_presidio_no_tav-97793896/

 Il leader storico del movimento era imputato con altri tre attivista per una manifestazione del gennaio 2010 a Susa. Erano già stati multati dal tribunale per un altro presidio sullo stesso terreno

Non luogo a procedere per Alberto Perino, leader storico del movimento No Tav, e per altri tre attivisti, per il reato di invasione di terreni relativo a una manifestazione del gennaio 2010 a Susa. Lo ha deciso il giudice Paolo Gallo: i quattro erano già stati giudicati in un altro procedimento per lo stesso fatto. Multe tra 200 e 400 euro invece per altri quattro attivisti fra cui Luigi Casel, uno dei leader del movimento.

Perino e gli altri tre erano stati multati dal tribunale per un presidio svolto nel medesimo periodo sullo stesso terreno tenutosi in frazione Traduerivi di Susa: l’obiettivo dei No Tav era ostacolare l’esecuzione di sondaggi preliminari per la ferrovia Torino-Lione. Quella sentenza era stata pronunciata dal giudice Giorgio Gianetti.

Salerno-Reggio Calabria, un fallimento italiano

Linkiesta
Le fotografie di Armando Perna ritraggono quello che per il NYT è il simbolo del disastro italiano

Salerno-Reggio Calabria, Laino Borgo, Foto di Armando Perna

 Un articolo apparso sul New York Times nell’ottobre del 2012 diceva che «nulla rappresenta il fallimento dello Stato Italiano più dell’autostrada che da Salerno arriva a Reggio Calabria». I lavori iniziarono nel 1960, come continuazione dell’Autostrada del Sole, la rete che collegava Milano con Napoli.

Il tragitto originario, che doveva correre lungo la costa tirrenica, fu presto abbandonato, in favore del più difficile percorso nel cuore del sistema montuoso calabrese. Cosa che comportò la realizzazione di alcune fra le più grandi opere infrastrutturali mai realizzate in Italia. Ad oggi, gli enormi viadotti e tunnel, che coprono il 30% del tragitto totale, veri capolavori ingegneristici degli anni Sessanta, testimoniano le difficoltà affrontate dagli ingegneri di quel tempo. I lavori terminarono nel 1974, ma le condizioni dell’autostrada apparvero subito molto lontane dalle prescrizioni dei Regolamenti della legislazione europea, secondo i quali la A3 era da considerare alla stregua di una strada statale piuttosto che di un’autostrada. Di conseguenza, nel 1997, cominciarono i lavori di ammodernamento. Nel 2013 sono stati completati 358 km (su 494 km), nonostante inizialmente la chiusura dei cantieri fosse stata prevista per il 2003. I lavori non finiranno neanche entro la fine del 2014, come si può leggere sul sito dell’Anas, Azienda nazionale autonoma delle strade, che gestisce l’autostrada. Nel 2012 la Dia, Direzione investigativa antimafia, ha scoperto che più di 12 “famiglie” di ‘ndrangheta erano coinvolte nel sistema del sub-appalto dei lavori.

Alla Salerno Reggio Calabria, Armando Perna, giovane fotografo reggino, ha dedicato il suo ultimo progetto, che sarà esposto al festival di fotografia di Castelnuovo di Porto, in provincia di Roma, dall’11 al 19 ottobre 2014. Il tema dell’edizione è “Della natura e del paesaggio nell’era delle emergenze ambientali”. 

Ecco alcune delle foto di Armando Perna:

bagnara calabra

(Bagnara Calabra, Reggio Calabria)

(Villa San Giovanni, Reggio Calabria)

Galdo

(Galdo, Salerno)

Lagonegro

(Lagonegro, Potenza)

Morano Calabro

(Morano Calabro, Cosenza)

Mormanno

(Mormanno, Cosenza)

scilla

(Scilla, Reggio Calabria)

sicignano

(Sicignano, Salerno)

Bagnara Calabra

(Bagnara Calabra, Reggio Calabria)

lotto

(Laino Borgo, Cosenza)

Mormanno

(Mormanno, Cosenza)

Scilla 2

(Scilla, Reggio Calabria)

sfalassa

(Viadotto Sfalassà, Bagnara Calabra, Reggio Calabria)

Dietro ai video di finte decapitazioni c’è una ex ufficiale delle forze di difesa israeliane?

Dietro ai video di finte decapitazioni c’è una ex ufficiale delle forze di difesa israeliane?
ottobre 08 2014
 Di William Engdahl

La medicina legale non è la mia specialità, però certe cose sono così ovvie che un giornalista non può non fare domande dettate dal buon senso. I famigerati video delle “decapitazioni” di due giornalisti statunitensi da parte dell’ISIS, ovvero di IS, Daash o Al Qaeda a seconda delle vostre preferenze, meritano di essere osservati con più attenzione.

Stanno emergendo dettagli che mostrano come entrambi i video siano del tutto finti, messi in scena presumibilmente da attori professionisti per creare il supporto popolare per i bombardamenti americani in Siria e così finalmente deporre il democraticamente eletto Bashar al Assad.

I video sono stranamente simili. In entrambi, un boia in cappuccio nero, soprannonimato dalla stampa britannica “John jidahista” per il suo forte accento londinese (!), apparentemente mette un coltello affilato alla gola di James Foley e Steve Sofloff, inginocchiati e vestiti in arancione. Poi, curiosamente, John jihadista pare cominciare a tagliarne la gola, non una, ma 6 volte… senza una goccia di sangue. Sia Foley che Sotloff restano coraggiosamente inginocchiati, con la testa eretta, senza alcun riflesso istintivo di allontanamento, come sarebbe sensato aspettarsi. Poi, proprio quando le teste dovrebbero essere mozzate, in entrambi i video c’è un blackout. Nella scena successiva si vedono i corpi per terra con le teste posate sopra.

Una messa in scena professionale. Guardate voi stessi.

Un esame ulteriore rivela che entrambi i video sono stati resi pubblici da un “pensatoio antiterrorista” di Washington, connesso con la Homeland Security del governo. Si chiama SITE, ovvero Ricerca di Entità Terroriste Internazionali. A capo vi è una cittadina israeliana che ha lavorato nelle Forze di Difesa Israeliane (IDF) e il cui padre venne ucciso in Iraq nel 1968 come spia israeliana. Il suo nome è Rita Katz.

Il 2 settembre è stato il SITE di Rita a rendere pubblico il video dell’assassinio di Sotloff. Un video falso. Uhm.. Affermano di averlo trovato in un sito da loro definito di “condivisione file”. Stranamente, lo stesso gruppo SITE di Rita Katz ha diffuso un video falso su Osama bin Laden.

( vedi:  SOTLOFF VIDEO FOUND BY GROUP RESPONSIBLE FOR RELEASING FAKE OSAMA BIN LADEN VIDEO  )

In un’intervista alla CBS TV, Jeff Smith, direttore associato del Centro Nazionale di Denver di Media Forensics ha affermato: “La cosa più interessante è che le decapitazioni che avvengono nei video sono entrambe finte.” Smith ha detto che la produzione è di alta qualità. Probabilmente c’era un direttore e sono state usate diverse cineprese e materiale di ritocco. “Non ho mai visto un video di questa qualità girato da terroristi… non è certo il video di una telecamera manuale girato in una caverna.”

La sorella di James Foley?

Altro elemento in questa torbida vicenda, la CNN ha intervistato una giovane che dice di essere la sorella di James Foley, apparentemente per aumentare l’empatia su quanto il video è orribile. E poi salta fuori che la “sorella” è un’attrice chiamata in una precedente intervista Alex Israel, la “compagna di scuola elementare” del presunto killer Adam Lanza, nel cosiddetto massacro del killer pazzo di Sandy Hook. Alex Israel, che aveva affermato che il suo “compagno di classe” era un solitario (a scuola elementare!), in realtà è la stessa donna che interpreta la “sorella” di James Foley. A proposito, il governo deve ancora emettere alcun certificato di morte da Sandy Hook. Un altro falso per terrorizzare gli americani verso una nuova guerra non voluta?

decapitaz1

Ciò che sta diventando sempre più chiaro è che uno sporco covo di neo-conservatori e falchi a Washington e Tel Aviv, gente insediatasi ai piani alti dell’amministrazione Obama durante i giorni di gloria di Dick Cheney, sta cercando disperatamente di indurre Obama a ordinare una guerra di distruzione contro Assad di Siria.

Fa parte di una più ampia agenda bellica che comprende l’Ucraina e anche provocazioni contro la Cina. Il suo maggiore alleato, nell’uso di video finti girati da attori, sono i media totalmente corrotti in USA così come in Germania. Prendetevi un paio di minuti per studiare i brevi video e valutate voi stessi se c’è qualcosa di davvero marcio a Washington, Tel Aviv e Londra.

Fonte: Journal-neo.org

Traduzione: Anacronista

Chiamiamola con il suo nome. Chiamiamola vendetta.

Posted on ottobre 11, 2014 by gabrio

Italy Train Protest

Due secoli di carcere. È questa la richiesta dei PM a carico degli attivisti NO TAV imputati per gli episodi del 27 giugno e del 3 luglio 2011. Richieste spropositate (fino a 6 anni) in un processo da subito connotato per il suo carattere persecutorio, per la scelta del luogo di dibattimento (l’aula bunker), per i continui attacchi ai diritti delle difese, per l’arroganza e supponenza mostrata dall’accusa e per il suo uso spregiudicato di test e prove.

Un processo che si è subito connotato come politico, volto a perseguire la ragion d’essere dello stesso movimento, escludendo con prepotenza il contesto e le vicende entro le quali quelle due giornate dell’estate 2011 si svolsero.

Un processo politico, incentrato su alcuni comportamenti degli attivisti ma completamente accomodante nei confronti dell’agire spropositato delle FFOO.

Un processo politico, con PM che danno lezioni di moralità, consigliando il “darsi fuoco” come atto di disobbedienza e arrivando quasi all’insulto nel tratteggiare gli imputati, “nemici” da colpire anche nella loro umanità.

Purtroppo tutto ciò lo aspettavamo, troppi i segnali che andavano verso una direzione, troppo forte la voglia di regolare i conti con il movimento NO TAV, troppo forte il desiderio di ricondurlo esclusivamente a fatto criminale. D’altronde le centinaia di procedimenti aperti in questi anni contro i NO TAV da parte della procura di Torino dimostrano una scelta che va ben al di là degli episodi, dimostrano la delega alla magistratura nel risolvere i problemi di ordine sociale, economico, ecologico. Delega che si concretizza in denunce, arresti, ipotesi di reato abnormi (il terrorismo), richieste di centinaia di anni di carcere.

Perché si viene perseguiti non per quello che si fa, ma per quello che si è, perché si svelano le magagne dietro le grandi opere, perché si cerca di difendere il proprio territorio, perché ci si oppone alle speculazioni. E così la procura non è soggetto terzo ma parte integrante di un sistema di sopraffazione.

La sentenza arriverà fra qualche mese e siamo certi che la rabbia per questa pseudo giustizia lascerà spazio al desiderio di continuare la lotta perché consapevoli di essere dalla parte giusta.

Come siamo consapevoli che, appunto, non siamo di fronte all’esercizio di giustizia. Chiamiamola con il suo nome. Chiamiamola vendetta.

TRASPORTI NUCLEARI (I parte) Parliamone con… Guido Fissore*

I treni che trasportano materiale radioattivo non sono treni qualunque. Sono treni dalla cui pericolosità la popolazione delle aree interessate dal loro transito dovrebbe essere tutelata. Tutti gli abitanti che risiedono ai lati della sede ferroviaria nel raggio di tre chilometri dovrebbero per esempio essere messi nelle condizioni di poter eseguire esercitazioni atte a preparare ad affrontare il malaugurato caso di deragliamento o di esplosione di uno di questi convogli.

L’unica misura consigliata dalle Prefetture a chi abita a 300 metri dalla linea ferroviaria però è il consiglio di non lasciare la propria abitazione, di chiudersi in casa insomma. Sulle misurazioni eseguite a La Hague da enti certificatori, il treno in sosta in una stazione rilascia 0,50 millisiver/ora, misura equivalente ad una radiografia ad alta intensità. La sosta di uno di questi treni per 30 minuti porta i valori di radioattività assorbiti dal corpo umano pari a quelli consentiti per legge per un anno intero: 1 millisiver/anno.

L’85 per cento delle scorie radioattive prodotte in Italia sono concentrate a Saluggia, Trino vercellese e Bosco Marengo, ma anche altrove, dal momento che nella breve avventura nucleare italiana le barre di combustibile nucleare venivano riprocessate. Ma a 25 anni dalla chiusura delle centrali nucleari, in Italia la questione delle scorie non è stata risolta: le scorie restano pericolosissime per la salute umana e l’ambiente per ciascuno dei 20.000 anni necessari perché le scorie nucleari possano dirsi inattive.

a Intervista a Guido Fissore

Il governo ha deciso di smantellare l’ex centrale di Trino vercellese, che verrà sostituita con un secondo deposito, ancora «provvisorio». Il costo di smantellamento delle centrali nucleari e stoccaggio delle scorie ancora oggi genera un costo di 300/400 mln di euro l’anno, che gravano sulla bolletta dell’energia elettrica sotto forma di Tassa sul Nucleare o Oneri Nucleari. In italia sono presenti dai 60.000 ai 100.000 metri cubi di scorie di cui il 90% è materiale irraggiato, pericoloso e radioattivo.

Una quantità equivalente a 230 tonnellate di rifiuti radioattivi restano stipati nella centrale di Caorso; una certa quantità si trova già in Francia e Inghilterra grazie ai trasporti frroviari i cui costi ammontano a circa 230/240 milioni di euro. Lo stoccaggio in vasche o a secco costerebbe 10 volte in meno e sarebbe meno pericoloso.

Se uno dei treni diretti in Francia deragliasse, per causa incidentale o per dolo, se si verificasse una scossa di terremoto – anche lieve – durante il tragitto attraverso il basso Piemonte, Vercelli, Asti, Alessandria, la provincia di Torino e la Val Susa, migliaia di persone rischierebbero la vita.

Legambiente ritiene che questi trasporti siano inutili: non risolvono il problema delle scorie, sono dannosi nel sottoporre i cittadini ad un rischio inutile, e ritiene che ogni cittadino ha diritto di sapere se e quando viene sottoposto ad un pericolo (sia esso radiologico, batteriologico o chimico), di conoscere le contromisure da adottare, nonché di essere messo nella condizione di decidere se accettare questo rischio o no.

*Consigliere comunale di Villarfocchiardo

Maxiprocesso, 7 ottobre. Imputati espulsi, giornalisti scorretti…no. IL VIDEO.

Perché la legge è uguale per tutti. Forse. Ma anche no.

bunker1
7 ottobre, al maxiprocesso contro 53 no tav è il momento delle requisitorie dei PM Quaglino e Pedrotta. Sin dall’inizio gli imputati hanno negato, salvo rare eccezioni durante deposizioni e/o dichiarazioni spontanee, il permesso ad essere filmati.
Più di una volta si sono però ritrovati nelle immagini del TG Regionale, e più di una volta la violazione del dispositivo della Corte è stata segnalata dai legali al Presidente, Quinto Bosio, che si è limitato a ricordare le regole.
Il 7 ottobre viene nuovamente segnalato che un operatore della RAI ha filmato gli imputati, sarà lo stesso operatore a rispondere che ha cancellato i filmati.
Nessuna conseguenza, dunque.
Ricordiamo che durante la stessa udienza 3 imputati sono stati allontanati per aver “interrotto “ la requisitoria del PM, poco dopo che la stessa aveva sostenuto che gli imputati , nelle giornate oggetto del processo, avevano “sfogato liberamente i loro istinti primordiali”.
Un secondo episodio coinvolge il giornalista de La Stampa, Massimiliano Peggio, che pare aver pubblicato sul sito del giornale le immagini degli imputati, probabilmente durante l’allontanamento dall’aula.
Anche in questo caso i legali fanno notare che c’è stata l’ennesima violazione del dispositivo della Corte, chiedono che i PM prendano atto seduta stante del reato,mentre gli imputati ancora presenti in aula chiedono che i giornalisti vengano allontanati. “No, questo no”, risponde prontamente Quinto Bosio.
Poco dopo il giornalista risponderà che ha fatto togliere il video dal sito, ma gli imputati ribadiscono che “ormai sta girando”.
Intanto, all’esterno, un operatore del TGMaddalena, Roberto Bertiond, subisce un trattamento completamente diverso.Ma la legge è uguale per tutti?
Come sempre, #giudicatevoi !

Simonetta Zandiri – TGMaddalena.it
Le immagini all’esterno sono di Roberto Bertiond

Siria, Iraq, Is: il bandolo della matassa è in Turchia

http://mappa-mundi.blogautore.repubblica.it/

turchia

La carta è tratta da Limes, rivista italiana di geopolitica

La maggior parte delle analisi sull’Is (Stato Islamico o anche Isis) sono concordi nel ritenere che la la principale fonte di reddito per gli islamisti di al-Baghdadi è il greggio ricavato dai pozzi di petrolio nei territori che hanno conquistato. Si tratta di circa tre milioni di dollari al giorno per essere più precisi. Come viene smerciato il petrolio?

Secondo le notizie finora pubblicate il petrolio ricavato dagli undici pozzi conquistati in Siria e Iraq viene venduto al mercato nero per 25-60 dollari al barile contro i circa cento del prezzo ufficiale. E’ facile quindi pensare che siano numerosi i mediatori e i contrabbandieri interessati. Però, a differenza dei diamanti e del coltan nelle guerre africane, non è proprio una merce che si può nascondere facilmente. Parliamo di diverse decine di migliaia di barili al giorno. Per chi non lo sapesse un barile di greggio equivale a circa 160 litri.

Nessuno sa con precisione le strade che prendono i contrabbandieri. Secondo alcuni prenderebbero vie diverse. Faccendieri libanesi e iracheni lo trasporterebbero attraverso il Kurdistan iracheno (e da qui in Turchia e Iran), Turchia, Libano, Giordania e addirittura lo venderebbero allo stesso Assad, l’acerrimo nemico dell’Is.

LIraq Energy Institute è molto attivo a riguardo e mette in evidenza il ruolo della Turchia.Gli Usa ormai sono arrivati quasi sul punto di accusare apertamente gli alleati turchi.

Fin dall’inizio della crisi siriana la Turchia ha giocato un ruolo di primo piano nel sostenere i ribelli contro l’odiato regime di Assad. Per chi non lo ricordasse, anche prima dell’arrivo di Ergogan, sul finire del secolo scorso, la Turchia già minacciò la guerra contro la Siria che ospitava Ocalan, il leader del Pkk curdo (in Turchia) che poi trovò ospitalità in Italia (via Russia) scatenando un caso politico-diplomatico tra i due paesi. L’odio contro Assad è antico e ha trovato nuova linfa nella Turchia di Erdogan.

La questione curda è da sempre delicata per Ankara. E di sicuro non gradisce che i curdi iracheni siano diventati sul terreno della guerra i principali alleati degli americani. Nella carta di Limes è possibile osservare quanto estesa sia l’area curda in Turchia e quanto numerosi siano i problemi della Turchia con i paesi vicini e più in generale in quella grande guerra regionale (o mondiale?) tra l’asse arabo sunnita e iraniano sciita.

Davvero la Turchia ha smesso di sostenere  l’Is una volta diventato una minaccia regionale e globale? Un canale di dialogo è sicuramente aperto visto che nelle ultime settimane almeno due volte sono avvenuti scambi che hanno consentito la liberazione di decine di turchi rapiti dagli islamisti in Siria.

Insomma per risolvere la crisi siro-iraniana non si può prescindere dal ruolo della Turchia e personalmente, fossi nei panni degli americani, oggi come oggi mi fiderei più del “satana” iraniano che dell’alleato turco.

Twitter: @aldesiderio

Per Erdogan meglio l’Is dei curdi (per non parlare di Assad)

http://mappa-mundi.blogautore.repubblica.it/curdi

 Carta Wikipedia

A conferma del mio ragionamento di ieri gli ultimi avvenimenti dimostrano che per la Turchia i curdi sono un pericolo più grave degli islamisti dell’Is. Non solo Erdogan non interviene ma non consente ai curdi turchi di andare in aiuto dei curdi siriani, assediati e massacrati a Kobane, lungo la frontiera con la Turchia.

Dopo aver sostenuto la rivolta contro il nemico Assad, condizionando tutt’ora l’intervento in Turchia alla caduta di Assad o comunque al danneggiamento del regime, oggi non muove un dito contro i miliziani di al Baghdadi (e probabilmente non combattendo adeguatamente il contrabbando di petrolio dell’Is che passa dalla Turchia) combattuti in campo aperto solo dai curdi. Stati Uniti e alleati sono intervenuti solo con i raid aerei (finora inutili) mentre l’esercito regolare iracheno in diverse occasioni si è ritirato davanti all’avanzata dell’Is senza neppure combattere.

sykes_picot_500_meglio

 Carta Limes

E’ il momento di riparare a un errore storico e premiare i curdi con uno stato sui territori curdi in Siria e Iraq. Ma prima che Obama  rifletta adeguatamente sull’argomento finirà il proprio mandato. Eppure la sola minaccia di un ipotetico stato curdo in funzione anti Is potrebbe bastare a convincere Erdogan a intervenire seriamente contro al Baghdadi.