Mario Virano e gli amici de La Valsusa

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Mario Virano e gli amici de La Valsusa

Riceviamo e volentieri pubblichiamo

Come è ormai noto, martedì 14 Ottobre a Bruxelles una trentina di parlamentari europei ha incontrato sei esponenti italo francesi dell’opposizione alla Torino-Lione. Il convegno era stato preparato da tempo, su invito degli stessi deputati che volevano informarsi approfonditamente sulla questione. In oltre tre ore di confronto, esponenti di GUE, M5S, Verdi Europei, Lista Tsipras e altri hanno apprezzato la competenza degli esperti no tav e la loro vasta documentazione ufficiale, della quale si avvarranno in futuro per azioni comuni contro questa e altre grandi opere inutili (si vedano ad esempio le dichiarazioni di Karima Delli). In apertura, il presidente della commissione trasporti Michael Cramer ha dichiarato, tra l’altro, che l’Unione Europea non potrà finanziare il 40% del tunnel di base perché il budget complessivo deve essere più equamente diviso tra diversi progetti concorrenti. Tanto è bastato per allarmare i sostenitori dell’opera – alcuni hanno assistito alla riunione – e occupare i titoli dei giornali, oscurando in parte i notevoli risultati della mattina.

Il settimanale La Valsusa del 16 ottobre ne riferisce con un articolo che inizia in prima pagina e finisce nella seconda, utilizzando in totale 364 parole. Ma di queste, ben 214 sono dedicate a Mario Virano. Il 60% dello spazio per un episodio che non lo riguarda. Bel giornalismo!

Merita due considerazioni, una di forma e una di contenuto.

Cominciamo dalla prima.

Il giornalista poteva chiedere informazioni al suo collega Curzio Maltese, oggi deputato europeo, presente il 14. Oppure ad un collaboratore della stessa La Valsusa, componente della delegazione, che abita a 400 metri dalla redazione. O a molti altri partecipanti. Lo hanno fatto Il Sole 24 Ore, Il Manifesto e perfino il Tg3 Regionale. Ha preferito invece fermarsi al titolo Ansa – la UE non garantisce il 40% della Torino-Lione – e poi intervistare Virano. Come se, quando un sommelier critica il vino cattivo e caro, si trascurasse il cliente per sottomettersi al parere del cantiniere. Considerato lo stile, i tecnici della Comunità Montana hanno fatto bene a rifiutare l’offerta del settimanale di uno spazio periodico per confrontarsi con LTF.

La seconda riflessione riguarda il pensiero di Mario Virano, commissario per la Torino-Lione, presidente sia dell’Osservatorio sia della Commissione Intergovernativa. Con tanti importanti incarichi assunti da tanto tempo, dovrebbe essere il massimo esperto mondiale dell’opera. Le sue parole – incorniciate dalle virgolette che ne testimoniano l’autenticità – rivelano invece una preoccupante confusione. Michael Cramer non parla per opinione personale ma perché presiede la Commissione Trasporti dell’Unione Europea. Per questo le sue affermazioni hanno avuto tanta eco.

Il Brinkhorst in cui Virano ripone tanta fiducia è il commissario i cui rapporti – l’ultimo è di un anno fa – sono preceduti dalla seguente avvertenza “La presente relazione rappresenta esclusivamente l’opinione del coordinatore europeo e non pregiudica la posizione ufficiale della Commissione europea”.

La UE ha già ridotto il finanziamento ai lavori preparatori della NLTL, accettando di malavoglia i ritardi “dovuti a cause tecniche e amministrative”. È concreto il rischio che, con la Maddalena al rallentatore, altri soldi europei vengano a mancare per finire il cunicolo dopo il 2015.

Questo e molto altro è documentato da atti ufficiali. È impossibile che Virano non li conosca. E poiché è inconcepibile che menta, rimane l’unica possibilità: non li capisce più! Come non bastasse, il suo Osservatorio perde pezzi e autorevolezza ogni giorno che passa. Insomma, l’uomo è inutile e costoso proprio come la Torino-Lione.

Allora, non come movimento ma come cittadini, siamo preoccupati per l’inadeguatezza di un tale dirigente. Forse è il caso di sostituirlo, prima che sia troppo tardi.

[NDR – più sotto trovate l’articolo in questione. Curiosa una affermazione di Virano secondo cui la Torino Lione avrebbe intercettato nel periodo 2007-2013 (non 2014 come dice lui) il 27% degli 8 miliardi stanziati dall’UE per i corridoi. Come si può leggere in questo documento l’UE ha dato un finanziamento di 395 milioni di euro nel periodo 2007-2013 (poi prorogati al 2015). Che a noi risultano essere il 4,9% di 8 miliardi, non il 27%. Compito del giornalista sarebbe fare un minimo di fact checking, chiedere conto di talune affermazioni, e non prendere tutto per buono. Auspichiamo che anche a La Valsusa possa valere questa regola]

Succede a ogni stormir di fronde che si senta dire: “La Torino-Lione non si fa più”; “I soldi non ci sono”; l’Unione Europea non ci metterà il becco di un quattrino”. Questa volta la voce arriva direttamente da Bruxelles e subito il tam tam mediatico ha fatto rimbalzare titoli che annunciavano improvvise gelate sulla nuova linea ad alta velocità. Motivo? Michael Cramer, tedesco, presidente della Commissione Trasporti del Parlamento Europeo, esponente del Gruppo Verde, ha dichiarato che “non è verosimile pensare che l’Unione Europea sia in grado di coprire il 40% del costo totale dell’opera, come sperato dai governi di Italia e Francia”. Ad ascoltarlo, nei palazzi europei, una platea portata a Bruxelles dai movimenti No Tav italiano e francese nel corso di un convegno organizzato per presentare la situazione dell’opposizione linea ai nuovi membri del Parlamento Europeo.

Il giubilo degli ambienti No Tav non ha tardato a rimbalzare sulla rete. Ma quanto sono attendibili le dichiarazioni di Cramer? Per il commissario del Governo sulla Torino-Lione Mario Virano è presto detto: “Poco, anzi nulla”. Perché? “Intanto Cramer non è certo chi decide cosa finanziare e cosa no. Lui presiede un organismo politico”. E del giubilo dei No Tav che ne pensa? “Che è comprensibile ma poco attendibile. Del resto proviene da quegli ambienti secondo cui il cantiere di Chiomonte non sarebbe mai diventato operativo, i francesi si sarebbero sfilare e il governo Renzi avrebbe abbandonato il progetto”. Ma i finanziamenti europei sono davvero a rischio? “Macché! Tutti gli atti formali, che son quelli che contano, dimostrano il contrario. Il Bilancio della Commissione Europea per il 2007-2014 stanziava 8 miliardi di euro per le linee europee e il 27 per cento veniva intercettato dalla Torino-Lione. E adesso, col bilancio 2014-2020 succede che i soldi stanziati sono 24 miliardi e la Torino-Lione ne intercetta il 40 per cento. Le cifre sono scritte nero su bianco. Queste cose in sede Ue vengono dette e ribadite da anni. Il Commissario Laurens Jan Brinkost le ripete pressoché quotidianamente. E vengono confermate tutte le settimane nelle riunioni a Bruxelles tra i tecnici italiani e francesi che stanno predisponendo il dossier per ottenere il contributo del 40 per cento dall’Unione Europea”.

Giornata di mobilitazione sociale. Cariche della polizia a Palermo, Ancona, Bologna

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Nella giornata di oggi Sabato 18 Ottobre in diverse città italiane migliaia di persone hanno manifestato contro l’austerity, le garndi opere, il fascsimo e il razzismo. Cariche della polizia a Palermo, Ancona e Bologna

la diretta da GlobalProject e Radio Onda d’Urto

Ad Ancona arrestato un attivista antifascista, che é stato condotto presso la propria abitazione per l’esecuzione della misura cautelare dei domiciliari. Non sono ancora note le imputazioni, lunedì si terrà il processo per direttissima. Convocato per lunedì 20 ottobre un presidio davanti al tribunale di Ancona

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A Bologna la polizia non ha esitato a caricare gli antifa e durante l’aggressione poliziesca un compagno è stato arrestato.

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Putin: il complotto sul prezzo del petrolio colpirà i cospiratori

sabato, 18, ottobre, 2014

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18 ott. – Il presidente russo Vladimir Putin ha avvertito che l’economia mondiale crollera’, se il prezzo del petrolio rimane sugli 80 dollari al barile. A suo dire, “nessuno dei principali partecipanti del mercato petrolifero e’ interessato” a tenere il greggio a questo livello, ma “se i prezzi mondiali rimangono sugli 80 dollari, allora tutta la produzione crollera’ – ha ammonito a margine del vertice Asem, citato dalle agenzie russe – i principali paesi produttori di petrolio calcolano il loro bilancio sugli 80 dollari o poco meno di 90 dollari al barile”.

Parlando poi delle ragioni del crollo del greggio, il leader del Cremlino non ha escluso che esista un complotto contro la Russia: “Le cospirazioni sono sempre possibili, ma in questo caso colpiscono duramente gli stessi cospiratori”. (AGI) .


Foreign Policy: su prezzo greggio doppio gioco di Arabia Saudita

Incoraggiando il crollo del prezzo del greggio, l’Arabia Saudita sta prendendosi un rischio calcolato nelle sue relazioni gia’ incrinate con gli Stati Uniti, sperando che i potenziali danni della mossa per l’industria dello shale oil americano possano essere controbilanciati da quanto sta accadendo sul versante geopolitico.

Mentre Ryad e gli Stati Uniti stanno combattendo una guerra insieme in Siria e in Iraq, il tentativo dei sauditi di riprendere la guida del mercato del greggio potrebbe infatti creare problemi alle societa’ di shale oil di Washington. Allo stesso tempo tuttavia il crollo del prezzo fara’ scendere il costo del carburante in America e se la mossa sara’ prolungata nel tempo potrebbe colpire la Russia e l’Iran in un momento in cui Washington sta cercando di mettere sotto pressione entrambi i Paesi.

“I sauditi sembra abbiano concluso che la loro scelta (di sostenere il taglio dei prezzi) sia un elemento in grado di cambiare le cose. Avranno diversi vantaggi senza colpire le persone che non vogliono colpire”, ha detto Deborah Gordon, direttore del programma energia e clima del Carnegie Endowment, la non profit che pubblica la rivista Foreign Policy. asca

Tav, bloccata sul nascere la nuova società di costruzione del tunnel

http://m.repubblica.it/mobile/r/locali/torino/cronaca/2014/10/19/news/tav_bloccata_sul_nascere_la_nuova_societ_di_costruzione_del_tunnel-98497024/?ref=fbplto

di PAOLO GRISERI

 ore 16.30 del 19 ottobre 2014

Rfi ha valutato 95 milioni una partecipazione che per la Francia vale solo 500mnila euro. Braccio di ferro tra il ministero del Tesoro e le ferrovie

Quel che in Francia vale 500 mila euro, in Italia vale 95 milioni. Una differenza clamorosa, un rapporto di uno a 190 che nessuna differenza di principi contabili sembra in grado di giustificare. Quella differenza di valutazione sta bloccando la nascita della società mista italo-francese che dovrà sostituire Ltf per costruire e gestire il tunnel di base della Torino-Lione. Una vicenda imbarazzante che crea in queste ore discussioni e scontri nei ministeri romani. Mario Virano sta lavorando a trovare una soluzione. Tutto nasce dalle scelte contabili delle ferrovie italiane nel 2007. Fino ad allora infatti il valore di Ltf era lo stesso di qua e di là delle Alpi. La Lyon-Turin Ferroviarie era stata costituita nel 2001 con un capitale sociale di 1 milione di euro ed era posseduta per metà dalle ferrovie francesi e per metà da quelle italiane. Ciascuno aveva una partecipazione del valore di 500 mila euro. Nel 2007 il colpo di scena: le ferrovie italiane iscrivono a bilancio il valore della partecipazione di Ltf a 95.121 milioni di euro. Quel valore è rimasto tale fino ad oggi, come si deduce dal bilancio 2013 di Rfi (pagina 134). All’epoca le ferrovie sostennero che l’incredibile aumento di valore era stato deciso per osservare i principi contabili imposti dalla legge italiana. In sostanza, calcolando diversamente il di una stessa cosa, quel che in Francia vale mezzo milione in Italia ne vale 95.
La circostanza sta creando non pochi problemi. Il 7 otto- bre scorso infatti la Francia ha annunciato di voler affidare al suo ministero del Tesoro la quota del 50 per cento della nuova Ltf che costruirà e gevalore stirà il supertunnel. Dunque lo Stato francese pagherà 500 mila euro alle ferrovie d’oltralpe, esattamente il valore della partecipazione. Analogamente dovrebbe fare il Tesoro italiano. Ma Rfi si mette di traverso perché se ottenesse, come dovrebbe, i 500 mila euro dallo Stato italiano, svaluterebbe di quasi 95 milioni la sua partecipazione creando un buco, tecnicamente una minusvalenza, nel bilancio. Così da settimane il braccio di ferro tra Tesoro italiano e Rfi sta bloccando l’operazione. “Una situazione che si risolverà entro pochi giorni”, garantisce Mario Virano che in queste ore sta tenendo i contatti con i ministeri romani.
“Una storia incredibile”, commenta il parlamentare del Pd Stefano Esposito. E aggiunge: “Senza un intervento delle istituzioni locali per sbloccare la vicenda, si rischia ancora una volta di dare fiato a chi l’opera la osteggia “.
Al di là dei riflessi che la storia finirà per avere sulla vicenda Tav, resta il fatto singolarissimo che si possa moltiplicare per 190 il valore di un bene e iscriverlo così a bilancio. Una stranezza sulla quale si preannunciano non poche polemiche

L’Fmi: ‘Ok Jobs Act, ma intervenire su pensioni e sanità’

e pensare che c’è gente che crede che il povero FMI, rinominato flessibilista, perché lotta per la crescita (cioè in favore delle iniezioni di liquidità stile FED MA ALLE BANCHE, questo non lo specificano i media mainstream e tanti finti addetti alla controinformazione) sia ostaggio della cattiva Germania e del suo rigore (come se il trattato di maachstricht fosse in vigore da ieri per volontà della cancelliera tedesca)
Difficile pensare che l’istituto delle banche, con capitali di maggioranza statunitenze, si faccia dominare da una potenza vinta. Ma c’è chi ci crede…..

Pil Italia -0,1% nel 2014, poi torna a crescere. Promossa la riforma del lavoro di Renzi che va ‘in giusta direzione’

Bce: maxi-prestito alle banche con Tltro
L’economia italiana si contrarra’ anche nel 2014, con il pil che calera’ quest’anno dello 0,1%. Lo afferma il Fmi, rivedendo al ribasso la stima precedente (+0,3%). Il pil tornera’ a crescere nel 2015 (+1,1%), per poi accelerare nel 2016 a +1,3%. Il -0,1% dell’economia nel 2014 segue il -1,9% del 2013 e il -2,4% del 2012.

Il debito italiano salira’, toccando il picco, al 136,4% del pil nel 2014, per poi scendere progressivamente. Lo afferma il Fmi nell’Article IV sull’Italia, sottolineando che il debito pubblico si manterra’ sopra il 130% fino al 2017 (135,4% nel 2015, 132,9% nel 2016 e 130,2 nel 2017), per poi scendere al 127,6% nel 2018 e al 124,7% nel 2019.

Il rapporto deficit-pil italiano si attestera’ nel 2014 al 3,0%, per poi scendere al 2,1% nel 2015. Lo afferma il Fmi nell’Article IV sull’Italia, sottolineando che il deficit 2016 sara’ all’1,1% e continuera’ a calare fino allo 0,4% del 2019.

Il tasso di disoccupazione in Italia salira’ quest’anno ai massimi dal dopo-guerra, al 12,6% dal 12,2% del 2013. Lo afferma il Fmi, sottolineando che la disoccupazione restera’ a due cifre fino al 2017 (12,0% nel 2015, 11,3% nel 2016, 10,5% nel 2017). Per questo, per il Fondo, serve un’azione piu’ radicale per creare di posti di lavoro.

La spendig review e’ uno ”strumento importante”, ma le analisi suggeriscono che ”ulteriori risparmi saranno difficili senza affrontare l’elevata spesa per le pensioni”. Lo afferma il Fmi nell’Article VI sull’Italia, sottolineando che ci sono spazi per migliorare anche la spesa sanitaria.

”Il debito italiano e’ sostenibile ma soggetto a significativi rischi”. Lo afferma il Fmi, sottolineando che l’Italia resta ”vulnerabile a una perdita di fiducia del mercato” e al ”contagio finanziario”. Per questo l’Italia potrebbe anche essere ”fonte di contagio per il resto del mondo”.

Il Fmi promuove l”’agenda ambiziosa di riforme” del premier Matteo Renzi. ”La loro risoluta attuazione e’ essenziale per creare lavoro, aumentare la produttivita’ e aumentare il potenziale di crescita” afferma il Fmi. ”Attuare le riforme strutturali simultaneamente e genererebbe significate sinergie di crescita”.

”Un ulteriore aggiustamento rispetto ai piani delle autorita’ (fino allo 0,5% del pil a seconda della forza della ripresa) aiuterebbe a raggiungere un piccolo surplus strutturale nel 2015”. Lo afferma il Fmi nell’Article VI sull’Italia. Lo 0,5% del pil equivale a una correzione di circa 7,5-8 miliardi.

La riforma del lavoro del governo Renzi va nella giusta direzione. Così l’Fmi, che spiega che l’Italia deve ”muoversi rapidamente sulle riforme”. Bene l’idea di un ”singolo contratto di lavoro”. ”Con il 70% dei nuovi contratti a tempo determinato, ulteriore flessibilita’ ai margini fa poco per ridurre dualita’ e spingere investimenti”.

La legge elettorale e’ importante per la crescita perche’ aiuta il sostegno e l’attuazione delle riforme. Lo afferma il Fmi nell’Article Iv sull’Italia, annoverando la riforma della giustizia e del lavoro le altre centrali per l’Italia.
http://www.ansa.it/sito/notizie/economia/2014/09/18/fmi-e-litalia-ok-jobs-act-ma-intervenire-su-pensioni-e-sanita_d647bf63-e0cf-497d-8f23-97fca3e91bc5.html

Intelligenza artificiale più robot secondo Visco Bank

Il Gazzettino, 17 ottobre 2014

Alcune verità, più le solite banalita del governatore di Bankitalia Ignazio Visco.

Da notare la presa d’atto che nei prossimi 10/20 i robot cominceranno ad essere decisivi nel nostro futuro.

http://www.repubblica.it/economia/2014/10/18/news/visco_intervento_bologna-98451719/

è per questo che hanno tolto l’art 18 ai pochi che lo avevano?

Questo Bel Paese alluvionato dai soliti ignoti: noi

Genova. Parma. Grosseto. Trieste. L’Italia cade in pezzi. Ogni autunno, ma ormai anche in altre stagioni, ci sono alluvioni del tipo di quelle cui stiamo assistendo in questi giorni. E ogni volta si grida allo scandalo e si additano al ludibrio delle genti i responsabili che possono essere, a piacere, il sindaco, il governo, la burocrazia, il Servizio metereologico che ha sbagliato le previsioni, la Protezione civile che non è intervenuta in tempo e con mezzi adeguati. Ogni volta questa o quella Procura apre un fascicolo contro ignoti per ‘disastro colposo’. E proprio in questo termine, ‘ignoti’, sta la chiave dell’intera faccenda. Perché i responsabili non sono né i sindaci, né il governo, né il Servizio metereologico, né la Protezione civile. Responsabili siamo noi tutti, vittime comprese, che abbiamo accettato e accettiamo senza fiatare, senza un guaito, anzi cercando ciascuno di trarne la propria piccola o grande convenienza, un modello di sviluppo demenziale che non poteva portare che al dissesto idrogeologico. Certo si può tamponare meglio questa o quella situazione, ma non salvare la baracca. Sarebbe come se si pretendesse di impedire il naufragio di una nave che ha perso la chiglia infilando un dito in un foro del fasciame. Un processo di cementificazione, di deforestazione, di ogni tipo di oltraggio alla Natura che dura da più di mezzo secolo non si recupera né in un giorno, né in un anno, né in dieci, ma con cinquant’anni di retromarcia. Questo però nessuno, governi o cittadini, vuol sentirselo dire. E chi lo dice, e magari lo scrive, è considerato un folle, un antilluminista, un abbietto antimodernista. Ci si ostina a continuare per una strada che non ci vorrebbe molto a capire dove vada a parare: in un collasso finale devastante, di cui quello ambientale è solo un aspetto. L’Economia, con l’ancella Tecnologia, prevale su tutti e su tutto, anche sul più elementare buon senso. L’edilizia è in crisi. Bene, vuol dire che perlomeno si smetterà di costruire. E invece no, si costruisce ovunque, a manetta. A Finale Ligure, un tempo, con Celle, Albisola, Spotorno, Noli, Varigotti, Borghetto, Alassio, Bordighera, delizioso borgo di pescatori della Riviera di Ponente, ora ridotta ad un’unica striscia di cemento da Genova a Ventimiglia, non si vedono che cartelli ‘vendesi’ di case rimaste vuote, eppure si sta costruendo ancora, sul mare. Solo i cinesi -ma verrà anche il loro turno- ci han superato: costruiscono grandi città dove non abita nessuno. Milano ha avuto da sempre pochissimi spazi vuoti (eppure ai primi del Novecento l’architetto Van de Velde avvertiva: «Una città è fatta di pieni ma anche di vuoti») e adesso sono stati riempiti anche quelli in nome di quell’idiozia dell’Expo. Le Esposizioni Universali -la prima si tenne a Londra nel 1851- avevano un senso quando altri erano i mezzi di comunicazione, non nell’era di Internet. Che sarebbe stata in gran parte solo una speculazione malavitosa lo si sapeva da subito (adesso non ci resta che sperare, a titolo punitivo, in Ebola).

Intendiamoci, l’Italia è inserita nel modello di sviluppo occidentale e ci sarebbe voluta molta lungimiranza (forse solo il fascismo, almeno in teoria, la ebbe) per tenersene fuori. Però sono convinto che, fra i Paesi europei, il processo di industrializzazione sia stato particolarmente rovinoso per noi. Perché il nostro territorio, così vario, dalle Alpi alla cerniera degli Appenini al delta del Po alle coste, è geologicamente fragile, così come fragili sono il nostro straordinario paesaggio e la ricchezza artistica, frutto dell’opera delle generazioni che ci hanno preceduto, che non abbiamo saputo preservare. Ce lo siamo alluvionati da soli il nostro bel Paese. Le ‘bombe d’acqua’ (dei normali temporali) cadute su Genova e altrove c’entrano poco.

Massimo Fini
Fonte: www.ilgazzettino.it
17.10.2014

Il Gazzettino, 17 ottobre 2014

Burlando, così in 30 anni ha distrutto la Liguria

Questa volta parlerò di me. Un giornalista non dovrebbe mai farlo. Mi rincresce doppiamente perché Genova in questo momento ha bisogno di tutto fuorché di polemiche. Ma credo di doverlo a me stesso, al legame che ho con Genova e alla mia famiglia. E a voi lettori.

Nei giorni scorsi Claudio Burlando, Governatore della Liguria al potere da trent’anni, ha attribuito la responsabilità delle alluvioni e dei morti a mio padre, Adriano Sansa, sindaco di Genova dal 1993 al 1997. Una calunnia – il metodo Sansa invece del metodo Boffo – per salvare la poltrona: Burlando e la sua combriccola sono allarmati dalla voce di una mia candidatura alle elezioni regionali (ma di questo parlerò poi). Ma la politica, come diceva il socialista Rino Formica, “è sangue e merda”. Forse in quella ligure oggi c’è poco sangue. Perciò sono costretto a rispondere.

Mi limiterò ai fatti:

1. Burlando è stato vicesindaco e sindaco di Genova dal 1990 al 1993. In quei tre anni ci sono state due alluvioni (1992 e 1993). Come assessore all’Urbanistica, sarà un caso, Burlando scelse un architetto che negli anni successivi ha firmato operazioni immobiliari da centinaia di migliaia di metri cubi realizzate da costruttori oggi latitanti.

2. Mio padre è stato sindaco dal 1993 (due mesi dopo l’alluvione) al 1997. Quando arrivò in Comune la realizzazione dello scolmatore incriminato era resa impossibile dai processi pendenti. Non fu lui, come invece afferma Burlando, a voler bloccare i lavori. Non solo: mio padre fu il primo sindaco che scelse uno stimatissimo geologo – Sandro Nosengo – come assessore all’Urbanistica. La priorità era chiara: basta cemento (furono fermate le nuove edificazioni in collina), puntiamo sul risanamento del territorio e dei fiumi. Così si fece: i geologi consigliarono di investire in un piano complessivo che risanasse il bacino idrico di tutti i torrenti (non solo del Bisagno). Per i piani di bacino dei corsi d’acqua, per la loro risistemazione e per la pulizia (lavoro indispensabile che, ahimé non porta voti, né tagli di nastri) furono investiti molti miliardi di lire. Il risultato, come ricordano i genovesi, fu che non si verificarono più alluvioni per diciotto anni.

3. Burlando è il dominus della politica ligure da trent’anni (è in congedo per motivi politici dai primi anni 90) avendo ricoperto le seguenti cariche: assessore ai trasporti (1983-1985), vicesindaco (1992-3), sindaco (1993 fino all’arresto, fu poi assolto), quindi ministro (1996-1998 con un seguito di polemiche a causa dei ripetuti deragliamenti ferroviari), infine è Governatore dal 2005 (riconfermato senza le primarie). Insomma, avrebbe avuto il tempo per fare qualcosa per evitare le alluvioni.

4. Negli ultimi anni sono stati arrestati due vice-presidenti della Giunta Burlando. Quasi metà del consiglio regionale è indagato.

5. Dall’anno del suo insediamento a oggi si contano in Liguria 4 alluvioni: due nel 2010, 2011 (Genova e Cinque Terre), 2014.

6. Nel frattempo Burlando ha varato un Piano Casa che il presidente dei Verdi italiani, Angelo Bonelli, ha definito “il più devastante d’Italia”. L’assessore all’Urbanistica che lo predispose è stato poi arrestato.

7. La Giunta Burlando ha sostenuto la costruzione di porticcioli turistici, in perfetto accordo con Claudio Scajola (memorabile la loro presenza, fianco a fianco, all’inaugurazione dei lavori del porto di Imperia, poi travolto da indagini e arresti)

8. Il centrosinistra di Burlando ha sostenuto la realizzazione di un porticciolo da mille posti barca alle foci del fiume Magra che ogni anno provoca disastri. La società realizzatrice era controllata da Mps, la banca rossa. Nel cda sedeva il tesoriere della campagna di Burlando.

9. Dopo l’alluvione del 2011, che nello spezzino causò 13 morti, la maggioranza di centrosinistra ha dato il via alla realizzazione di un centro commerciale da 5.000 persone in una zona che lo stesso assessore all’Ambiente della Regione di Burlando definì “zona a rischio di alluvioni”. È certo un caso che l’operazione sia stata realizzata in pochi mesi, senza timore di ricorsi al Tar (che invece bloccavano le opere anti-alluvione) e con maggiore solerzia dei lavori del Bisagno.

10. In Liguria mentre mancavano i soldi per lo scolmatore del Fereggiano (la Regione ha dato solo 5 milioni), la Giunta regionale di Burlando spendeva 1,6 milioni l’anno per pubblicità istituzionale distribuendo denaro a quasi tutti gli organi di informazione locale. Senza dire dei 2 milioni stanziati per il prossimo Giro d’Italia.

11. Il Tar ha respinto la sospensiva dei lavori del Bisagno nell’agosto 2012, ma dopo due anni i lavori non sono ancora ripresi. Da notare che gli stessi imprenditori mesi fa avevano inviato una lettera al presidente del Consiglio, a Burlando e a Doria per sollecitare l’apertura del cantiere.

12. Dopo anni di inerzia, mercoledì Burlando ha annunciato che i lavori riprenderanno nel 2015. Cinque giorni dopo l’alluvione. Perché non l’ha fatto prima?

13. L’assessore alla Protezione civile della Regione Liguria (che avrebbe dovuto fare prevenzione e diramare allarmi) è Raffaella Paita, delfina di Burlando che il Pd vorrebbe candidare alla guida della Regione nel 2015. Paita è letteralmente sparita dopo l’alluvione.

14. Ma soprattutto: dei 10 milioni stanziati per l’alluvione del 2010 a Sestri Ponente ben otto sono rimasti nelle casse della Regione invece di finire alla gente e ai commercianti.

Questi sono fatti.

Ps. Da mesi a Genova si parla di una mia possibile candidatura alla guida della Regione. Ma nessuno mi ha chiesto di candidarmi. Sono un giornalista del Fatto Quotidiano, che mi consente con assoluta libertà di esprimere le mie opinioni e di scrivere inchieste sul centrodestra di Scajola, l’Idv di Di Pietro, la Lega di Belsito. E, ovviamente, sul centrosinistra di Burlando. Credo che un giornalista possa svolgere un importante ruolo civile anche con la sua professione. Denunciando i mali della Liguria e indicando possibili nuove strade.

17 0ttobre 2014

Ferruccio Sansa

http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/10/17/burlando-cosi-in-trentanni-ha-distrutto-la-liguria/1159063/

RENZI LA MANOVRA COL “BOTTO” (LETTERALMENTE)

Postato il Giovedì, 16 ottobre

Come era facile immaginare, anche in occasione della presentazione della Legge di Stabilità, il governo Renzi ha impugnato il megafono per urlare e alzare la posta.

Il documento appena presentato è presente al momento su tutti i siti di informazione. Si tratta di un elenco di misure e di cifre che è impossibile da commentare a fondo, visto il carattere attuale di mero annuncio. Ma anche solo a prima vista, salta immediatamente all’occhio che si tratta di cifre tanto grandi dal rendere impossibile anche solo pensare a una loro reale applicazione.
Valga solo uno dei punti più esilaranti, sul quale si regge poi buona parte dell’impalcatura generale di questa manovra: “il governo ha messo nero su bianco che il rapporto tra deficit e Pil sarà del 2,9%: così facendo ha conquistato 0,7 punti di spazio finanziario in più rispetto al 2,2% inizialmente indicato. In soldoni, si tratta di circa 11 miliardi di euro che si potranno andare a raccogliere sui mercati, generando deficit aggiuntivo ma non intaccando il parametro del 3% voluto dall’Europa.”

Le parole chiave per capire il trucco sono le prime: “il governo mette nero su bianco”. Cosa? Una previsione. Noncurante di tutte quelle sino a ora sbagliate, in merito al Pil dell’anno in corso e al suo rapporto col debito, il Governo si arroga il diritto non solo di fare una previsione tanto importante per il 2015, ma addirittura di incardinarci sopra una buona metà della manovra. Che ha un totale di 36 miliardi.
Si tratta di cifre enormi. Impossibili da raggiungere. Impossibili da andare a pescare da nessun bacino, o tesoretto, di cui l’Italia non dispone da decenni. Solo un anno addietro si è discusso mesi e mesi, in Parlamento, per trovare 4 miliardi in merito all’affare dell’abolizione dell’Imu sulla prima casa. E, sempre che gli italiani se ne siano nel frattempo accorti, anche in quel caso a fronte dell’annuncio di aver poi trovato, alla fine, tale cifra, il tutto si è concepito e realizzato con la sua abolizione ma anche con l’introduzione della Tasi, semplicemente differita di un po’. È notizia di questi giorni, in merito, che la Tasi alla fine, nella maggior parte dei casi, concorre a far pagare tasse sulla casa più alte di quelle che si sarebbero pagate, e che si pagavano a suo tempo, quando invece l’Imu era cosa corrente. In quel caso, visto che di denaro per finanziare l’operazione non ce ne era, il Governo vendette pubblicitariamente una operazione che non è altro che un gioco delle tre carte. Via l’Imu, dentro la Tasi. A somma negativa, per il contribuente.

Le cose, oggi, non sono cambiate. Perché non è cambiata la traiettoria disastrosa dei conti pubblici. Anzi, semmai questi sono peggiorati, e anche se l’ultima rilevazione sul debito pubblico vede una discesa di 20 miliardi, i livelli di disoccupazione e quelli dei consumi sono arretrati ulteriormente, per non parlare del Pil e del relativo rapporto con il debito sul quale l’Europa è in procinto di chiederci conto.

Come è possibile allora che oggi, a conti peggiorati, il Governo sia in grado di varare una manovra così ampia e con spese così “folli” per i nostri conti pubblici? Ovviamente non è possibile nei numeri, per un semplice calcolo aritmetico. E ovviamente ciò significa che, posto che agli annunci seguiranno i decreti attuativi, il che è tutto da vedere, il denaro per coprire tale manovra dovrà essere racimolato altrove. Cioè, per dirla in altre parole, rastrellato da una parte delle tasche dei cittadini e poi immesso, in qualche percentuale, da altre parti. Gli ulteriori tagli a Comuni, Province e Regioni – cioè ai servizi al cittadino – ne sono già un assaggio.

La sola copertura dell’operazione degli 80 euro in busta paga, confermata per il 2015, consta di quasi 10 miliardi. Che non ci sono. E che devono dunque essere raggranellati altrove. Nel complesso, del 36 miliardi della manovra, ben 26 vengono da tagli e da spesa in deficit.

Come accaduto in passato, i mezzi attraverso i quali qualsiasi Governo può rastrellare denaro sono le tasse. Dirette e indirette. Palesi o mascherate. Visibili e invisibili. Per tasse invisibili intendiamo tutte quelle voci, quei balzelli, che non saltano all’occhio immediatamente, ma che poi concorrono all’esproprio complessivo cui ogni cittadino viene condannato. Un esproprio articolato in varie voci, diversificate, e sparpagliate all’interno di tantissimi ambiti in modo da non essere percepite immediatamente come tanto importanti e impopolari. In modo da non destare immediatamente il sospetto, o la certezza, che una concessione fatta da una parte sia poi vanificata da un prelievo dall’altra.

Per intenderci, se a fronte degli 80 euro di Renzi fosse stata varata immediatamente una nuova tassa che andava a concorrere per un importo uguale, il bluff sarebbe stato percepito immediatamente, e il gioco mediatico non avrebbe retto. Invece in occasioni del genere – e lo abbiamo visto innumerevoli volte in passato – si concede 50 e si preleva 55, o 60, spalmando il tutto in voci ulteriori di tassazione di non facilissima e immediata identificazione.

Ora, posto che i denari necessari alla manovra appena annunciata non ci sono, si tratta di capire dove essi saranno prelevati. Per buona parte, almeno a quanto si sa in queste ore, come abbiamo visto la spesa che il Governo ha deciso di effettuare è in deficit, anche se si è premurato immediatamente di precisare che tale spesa andrà a incidere per alcuni punti di Pil ma sempre rientrando all’interno del tetto del 3% per quanto attiene al 2015. Cosa significa? Lo ribadiamo in parole molto semplici: il Governo scommette su delle previsioni. Scommettendo – letteralmente – che nel 2015 il nostro Pil possa essere in ripresa rispetto al disastro del 2014, il Governo conta di poter investire oggi in deficit, e poi aspettare la crescita per ripagare il tutto, come da previsione.
Sulle reali possibilità di vincere la scommessa in merito alla crescita del Pil nel 2015 nutriamo qualche dubbio. Non solo perché le previsioni, in merito, sono periodicamente riviste al ribasso rispetto a quelle precedenti, ed è cosa che accade da molti anni, ormai, ma anche perché non c’è un solo indicatore che sia uno in grado di far pensare che il Pil possa riprendere a crescere. Né in Italia né in tutta Europa e men che meno negli Stati Uniti (visti i crolli di ieri?).

Ecco, l’Italia sta scommettendo su questo quando a livello europeo persino la Germania, ed è notizia anche in questo caso recente, è costretta ad ammettere forti rallentamenti. In estrema sintesi: scommettiamo di andare più forte dei tedeschi, nel 2015. E ognuno può supporre, a questo punto, ciò che vuole.
Lo scenario sperato è quello di spendere ciò che non si ha, essendo certi di effetti sulla ripresa economica tanto forte da essere poi in grado di coprire nel 2015 ciò che si va a fare a debito oggi.
Lo scenario realistico è invece quello della deriva del “sistema del debito” della nostra società, i cui effetti sono evidenti in ogni parte del mondo, che ha già ampiamente dimostrato di non funzionare.

Se si dovesse verificare il primo, tutto a posto, si fa per dire. In caso contrario, delle due l’una: o si sfora pesantemente con il deficit e si aumenta ulteriormente il debito pubblico – con tutto ciò che a livello europeo la cosa comporta – oppure il denaro dovrà essere drenato ai cittadini in altro modo.

L’annuncio di oggi del Governo Renzi va a nostro avviso letto come una fatale condanna per quello che sarà nel prossimo futuro: un inasprimento delle tasse nella migliore della ipotesi, per esempio mediante l’aumento ulteriore dell’Iva e delle accise, un esproprio con una patrimoniale consistente (e ovviamente più visibile) nell’ipotesi a nostro avviso più probabile, oppure il traghettamento diretto verso il commissariamento da parte della troika.

L’operazione di Renzi di oggi non va dimenticata, perché dovremo rammentarla, tra qualche mese, come l’innesco di una ulteriore pesante fase di declino del nostro Paese

Valerio Lo Monaco

Fonte: www.ilribelle.com

Link: http://www.ilribelle.com/la-voce-del-ribelle/2014/10/16/renzi-e-la-manovra-col-botto-letteralmente.html

LIBYE & KADHAFI/ sur Afrique Media ce dimanche

# ELAC & ALAC/

SEQUENCES SPECIALES ‘LIBYE’ ET ‘KADHAFI’

kada

dans le DEBAT PANAFRICAIN de ce dimanche 19 octobre 2014

en direct sur AFRIQUE MEDIA

avec Luc MICHEL – Fabrice BEAUR – Bachir Mohamed LADAN …

 En direct sur www.afriquemedia.tv

 ou sur streaming sur http://lb.streamakaci.com/afm

 # ONU/LIBYE : La résolution 1973 a conduit à la mort de KADHAFI le 20 Octobre 2011. Quelles sont les vraies raisons de ce crime ? Quelles leçons pour l’Afrique au moment où l’on célèbre ce triste anniversaire ?

 Luc MICHEL (en duplex TV depuis Bruxelles) parlera de la Résolution 1973, de la destruction de la Jamahiriya, du complot occidental contre la Libye. Et répondra à la question « quel défi représentait Kadhafi pour les Occidentaux et pourquoi l’ont ils assassiné ? ».

Fabrice BEAUR (depuis Sotchi, Russie) répondra à la question « comment la Russie a-t-elle pu laisser passer la résolution 1973 et se faire rouler dans la farine en Libye par les Occidentaux ? ».

 # ICONE DE LA SEMAINE: MOAMMAR KADHAFI (LIBYE)

 Luc MICHEL (dirigeant du Réseau paneuropéen du MCR libyen) et Fabrice BEAUR (fondateur du MCR, Mouvement des Comités Révolutionnaires libyens, en France et en Belgique) sont les deux seuls parmi les panelistes du DEBAT à avoir non seulement rencontré le guide Kadhafi mais aussi à avoir longtemps combattu avec la Jamahiriya et ses Comités Révolutionnaires.

Ils répondent à la question « Quels souvenirs gardez-vous de l’homme et du leader ? »

 ELAC & ALAC

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