Il Capitale finanziario ed il controllo della Elite mondialista

di Luciano Lago
 
Per il 2014  si prospetta, secondo vari analisti, l’ombra di una nuova crisi o sconvolgimento finanziario paragonabile a quello causato dal crack della Lehman Brothers nel 2008., questa volta per causa dell’esplosione di bolle monetarie speculative negli USA e nei paesi emergenti, come già si avverte da quanto sta accadendo nei paesi emergenti dall’Argentina al Brasile, alla Turchia.
Le crisi finanziarie sono divenute ormai cicliche, nulla è cambiato dal 2008, i banchieri che sono stati salvati dalla bancarotta  con denaro pubblico, negli USA come in Europa, hanno continuato ad operare con gli stessi sistemi utilizzati pochi anni prima che hanno portato allo sconvolgimento ed alla ondata di crisi.
 
I mercati ritornano in fibrillazione, crolla la fiducia nel dollaro, stampato a vagonate dalla Federal Reserve anche per consentire al governo USA di finanziare il gigantesco apparato di spese militari e di interventismo voluto dall’Amministrazione Obama. Gli Stati Uniti non si rassegnano ad essere superati dalla Cina e continuano la loro politica aggressiva in Medio Oriente e di contenimento in Asia della crescita delle ambizioni di Cina e Russia, gli antagonisti del global Power USA.
Si gonfiano a dismisura i debiti di quasi tutte le nazioni con gli USA in testa, il Giappone subito dopo, i paesi europei tutti con debito in crescita, mentre altrettanto avviene nei paesi emergenti (dal Brasile all’India ed al Sud Africa).
E stato creato un meccanismo per il quale tutta la liquidità immessa sul mercato attraverso le operazioni di prestito destinate alla creazione di debito, pubblico e privato, gonfiano il debito degli Stati, debiti soggetti ad interessi passivi, trattandosi di frequente di debiti composti, si verifica che la quantità di moneta rimane costante mentre il debito cresce costantemente in forma esponenziale. Aumenta quindi il divario tra volume del debito e quantità di moneta circolante , divario che e risulta in incremento continuo. La maggior parte di questi debiti, quelli degli Stati in particolare sono in pratica inestinguibili ma si auto alimentano comunque con l’accesso a nuovi prestiti necessari per pagare gli interessi su debito. Si tratta di una spirale perversa che tende al sempre maggiore costo degli interessi su investimenti in strutture e macchinari in rapporto alla loro redditività e di conseguenza si arriva al punto in cui, ai detentori di capitali, non convenga più investire in economia reale ma piuttosto disimpegnare il capitale investito per impiegarlo in forma speculativa finanziaria.
 
Gli Stati avrebbero necessità di aumentare la loro produzione di ricchezza (il PIL) per poter far fronte ai crescenti interessi sul debito ma questo, in una fase di recessione e di deflazione (in Europa in particolare), non avviene e si riflette quindi sul livello di fiducia dei titoli di credito emessi dagli stati più fragili con il conseguente pericolo di esplosione di bolle speculative.
Questo effetto è stato determinato dalla finanziarizzazione dell’economia che costituisce la vera causa remota della crisi di questi anni. Un meccanismo che porta enormi profitti e vantaggi nei soggetti che governano questo sistema e questi sono le grandi banche d’affari (Goldman Sachs, JP Morgan, Black Rock, Barclays C., Credit Suisse, Citigroup, Morgan Stanley, Deutusche Bank ed altre) ed istituzioni finanziarie internazionali (FMI, Banca Mondiale, BCE, Banca dei Regolamenti), i veri arbitri dei mercati e del grande capitale finanziario.
 
Queste grandi istituzioni sono gestite da una elite di potere mondialista, una cerchia ristretta di grandi finanzieri, che dispongono del potere di indebitare gli Stati e trarre profitto da questi debiti, acquisire i beni patrimoniali degli Stati che non sono più in grado di pagare gli interessi (il concetto di privatizzazioni nasce da lì), imporre le scelte politiche a loro favorevoli (libera circolazione dei capitali, normative sul commercio e sull’industria uniformi, ecc.). Piaccia o non piaccia la politica viene messa al servizio dell’economia o meglio della finanza globale.. I governi sono infiltrati dai fiduciari di questa elite , ne abbiamo avuto la prova in paesi come l’Italia e la Grecia dove sono stati mandati al governo tutti personaggi che provenivano dalla Goldman Sachs (Monti in Italia, Lucas Papademos in Grecia) o da organizzazioni come la Trilateral Commission , che hanno preso tutti quei provvedimenti che risultano “graditi” all’elite, quali imposizione fiscale, accreditamenti alle banche, conferimento di miliardi nei fondi di stabilità (MES/ESM), privatizzazioni, tagli alle spese sociali e pensioni, omologazione delle normative su lavoro, banche ed industria.
 
Difficile individuare da chi sia composta questa elite, la sua forza è quella di agire dietro le quinte ed il fatto che i suoi componenti non siano facilmente individuabili. Il grande capitale finanziario monopolista non corrisponde a nomi di persone conosciute . Certo ci sono delle dinastie con antica tradizione come quella dei Rothschild, una dinastia che controlla fra l’altro sia la Federal Reserve, sia la Banca d’Italia, sia la BCE, tutte banche private o composte da consorzi di banche private.
La stessa dinastia possiede anche la Barclays (tra le maggiori azioniste di di Intesa San Paolo), o la dinastia dei Rockefeller che in Italia controlla Mediobanca e la consociata Unicredit, o Markus Angius (coniugato con una Rotschild) che controlla la JP Morgan (consociata MPS di Siena), già chairman ed azionista di Barclays Bank, o si può citare Vincent Bollorè della Groupama Holding , l’italiano Carlo De Benedetti (Espresso Repubblica) che siede nel CDA della Banca Rotschild, oppure Francois Perol, partner della Rotschild Bank, advisor della F. Dupont, ecc..
Per questi personaggi “esposti” ve ne sono altri che non compaiono mai e di cui neppure si conoscono i nomi.
L’elite finanziaria si riunisce saltuariamente in alcuni club esclusivi come il Club di Bilderberg, la Trilateral Commission, l’Aspen Institute e da lì decide le politiche economiche da attuare, quali provvedimenti prendere, quali campagne orientare sui media per convincere le opinioni pubbliche, quali candidati alle elezioni appoggiare nei paesi chiave, quali fiduciari nominare al vertice delle principali istituzioni internazionali, dall’ONU al WTO, alla Banca Mondiale ed al FMI.
In alcuni casi vengono fatte dichiarazioni ufficiali ma nella maggior parte dei casi le decisioni sono prese a porte chiuse. Nei consessi esclusivi partecipano i direttori delle più prestigiose testate editoriali, giornalistiche, televisive, a loro spetta il compito importante di manipolare le informazioni in base agli interessi della elite.
 
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(Marcus Angius Barclays Bank)
Naturalmente al di sotto di questo livello esiste tutto un network di società e di Think Tank costituite sempre con scopi precisi di influenza nelle scelte economiche, politiche e di orientamento. Anche nelle Università e nei college più prestigiosi vengono accuratamente selezionate persone di fiducia della elite e messi sotto controllo i meccanismo di selezione del personale docente. Se si è conformi all’ideologia dominate si aprono le porte delle carriere e delle nomine, se si è contrari o polemici a tale pensiero unico, quasi sempre quello neoliberista, relativista e modernista, si viene immediatamente messi fuori con vari pretesti. Uno ricorrente è quello del “negazionismo” considerato uno dei peggiori crimini.
Si è creato un sistema di intrecci di potere che non consente nelle sue pieghe neppure una forma mascherata di dissidenza che non sia controllata e resa innocua.
 
In Europa poi ,con la geniale trovata della Unione Europea, dei trattati come Mastricht, Lisbona, Fiscal Compact, ecc. si è costituito da tempo un sistema che non ha più neanche la parvenza di una forma democratica visto che la sovranità degli Stati è stata del tutto consegnata alle Istituzioni europee che decidono in tutti i settori importanti dell’economia , come quelli del bilancio, del credito, delle spese sociali, dell’industria, della concorrenza, delle assicurazioni, agricoltura, ecc..
I Parlamenti nazionali devono soltanto limitarsi a rettificare le decisioni già prese a Bruxelles dove tutto una oligarchia tecno finanziaria decide e gestisce le politiche economiche in base ad interessi precostituiti.
Risulta chiaro che il principale obiettivo della elite in prospettiva è quello della totale abolizione degli Stati nazionali perché questi vengano inglobati in un nuovo ordine mondiale e questa è una finalità peraltro anche dichiarata tempo fa da un membro della dinastia Rockfeller.
Si approfitta peraltro dei periodi di crisi per fare passi in avanti verso il nuovo assetto mondiale: the NWO.
 
Per completare il quadro bisognerebbe aggiungere il concetto che queste entità finanziarie sopra descritte non soltanto hanno in pugno i debiti degli Stati ma sono loro stesse che creano moneta fittizia dal nulla mediante emissioni finanziarie e moltiplicazioni frazionate di derivati, tutte senza un reale controvalore, tanto che si calcola che dispongano in totale di un volume di denaro fittizio che corrisponde a più di 20 volte il PIL mondiale dell’economia reale. Questo sarebbe un tema da trattare e sviluppare a parte ma ci piace accennarlo perché non si può essere tanto ingenui da non sapere che denaro e potere viaggiano assieme.
 
Dichiarazione di David Rockefeller:
 
“Siamo grati al Washington Post, al New York Times, al Times Magazine e altre grandi testate i cui direttori sono stati presenti ai nostri meetings e hanno tenuto fede alla loro parola di essere discreti per quasi 40 anni. Sarebbe stato impossibile per noi sviluppare il nostro piano per il mondo se fossimo stati sotto i riflettori dell’informazione per tutti questi anni. Ma il mondo è oggi più sofisticato e preparato per marciare verso un unico governo mondiale. La sovranità sovranazionale di una elite intellettuale e di banchieri mondiali è sicuramente preferibile all’autodeterminazione nazionale che è stata praticata negli ultimi secoli”.
 
N.B. A voi ogni riflessione. Questo intervento è stato tratto dalla registrazione originale dal Bilberberger meeting del 1991, tra il minuto 1:25 e il minuto 1:50.

Una verità nascosta: Amnesty International

Posted By Redazione On 28 gennaio 2014
 
Fortune [1] 26 gennaio 2014
 
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[2]In un primo momento, le ONG perseguivano obiettivi lodevoli legati alla difesa dei diritti umani e della dignità umana, ma sempre più prove dimostrano che per alcune di tali organizzazioni questa osservazione è relativa. Infiltrate da funzionari governativi e coinvolte in certi conflitti, ignorandone altri. In filigrana si notano i contorni di una strategia che riflette la politica dei dipartimenti degli Esteri. Alcuni governi, come gli Stati Uniti, neanche nascondono tale strumentalizzazione delle organizzazioni “non governative”. Così, l’ex segretario di Stato Colin Powell, in un discorso alle ONG all’inizio dell’operazione Enduring Freedom (invasione dell’Afghanistan), nell’ottobre 2001,  disse: “Le ONG sono un nostro moltiplicatore di forza, parte importante della nostra squadra di combattimento.” (1)
L’ONG Amnesty International è stata fondata dall’inglese Peter Benenson. Prima di praticare la professione di avvocato, lavorò al ministero dell’Informazione e della stampa inglese durante la Seconda Guerra Mondiale. Ha poi lavorato a Bletchley Park, il centro di decrittazione inglese dove fu assegnato alla “Testery“. Peter Benenson era responsabile della decifrazione dei codici tedeschi. “Nel 1960, Benenson fu colpito da un articolo che riportava l’arresto di due studenti condannati a sette anni di carcere per aver brindato alla libertà sotto la dittatura di Salazar. Disgustato, lanciò sul giornale Observer (il cui direttore era David Astor) un appello ai “prigionieri dimenticati” in cui fu  utilizzato per la prima volta il termine “prigioniero di coscienza”. L’avvocato ricevette migliaia di lettere di sostegno. L’appello, ripreso dai giornali di tutto il mondo, chiedeva ai lettori di scrivere lettere per protestare contro l’arresto dei due giovani. Per coordinare tale campagna, Benenson fondò nel luglio 1961 l’associazione Amnesty International con l’aiuto, tra gli altri, di Sean MacBride e Eric Baker.” (2) Da allora, Amnesty ebbe il carattere di organismo consulente delle Nazioni Unite e tra gli altri, del suo Consiglio economico e sociale, dell’UNESCO, dell’Unione Europea e dell’Organizzazione degli Stati Americani. Ebbe anche lo status di osservatore presso l’Unione Africana. In diverse occasioni, l’organizzazione illustrò la sua imparzialità. A tal proposito, criticò l’intervento dell’esercito francese in Mali, a tre settimane dall’avvio, con uno studio “globale” di dieci giorni, illustrando l’attenzione che l’organizzazione attribuiva a tale tema. Amnesty International è un’organizzazione non governativa finanziariamente indipendente grazie a donazioni in maggioranza anonime. Tuttavia, resta il dubbio sulla natura del finanziamento dell’organizzazione.
 
Finanziamento
In primo luogo si nota che l’ONG ha diversi livelli. Amnesty International è in prima fila, ma poi troviamo Amnesty International Charity Limited, registrata come organizzazione caritatevole  attraverso cui passa il finanziamento da gruppi statali e corporativi. George Soros, il miliardario accusato di insider trading della Société Générale in Francia è il capo della Fondazione Open Society Institute, che promuove la democrazia, ed uno dei maggiori donatori di Amnesty International Charity Limited. Ha già investito più di 100 milioni di dollari nell’ONG. (Forse per motivi di consapevolezza e di trasparenza nei confronti degli Stati). Due anni fa, un altro “scandalo” finanziario colpì l’ONG. L’ex direttrice di Amnesty International, Irene Khan, ebbe una buonuscita di oltre 600000 euro; strano per una donna che aveva attivamente combattuto contro la povertà nel mondo (3). Amnesty International sfrutta il Transparency International Act, un indice di percezione della corruzione. Ma non ci sono dettagli sulle donazioni. Una donazione può essere un regalo di uno Stato o di un individuo. Dove sono i dettagli? Perché non sono dichiarati ufficialmente? Possiamo considerare trasparenti questi passaggi? Tutti questi problemi gettano dubbi sull’ONG.
 
La relativa indipendenza di Amnesty
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[3] Dopo aver esaminato la discutibile indipendenza finanziaria e il finanziamento opaco di Amnesty International, ci sembra importante analizzare l’influenza e la collusione dell’ONG con certe entità (Paesi, aziende, altre ONG). Di tale “indipendenza”, sia politica che finanziaria, di cui si fa portavoce, Amnesty International per certi aspetti è il contrario di ciò che predica. Anzi, perché non vede il conflitto di interessi quando Suzanne Nossel, direttrice di Amnesty International USA nel 2012-2013, era assistente personale di Hillary Clinton agli Esteri degli Stati Uniti? Questa stessa persona è responsabile della creazione dello “Smart Power”, combinazione tra modo dolce (soft) d’influenzare, e modo duro (hard) d’imporre la potenza militare. “Smart Power” è ora il cavallo di battaglia dell’amministrazione Obama. Dopo aver passato un anno al timone di Amnesty International USA, Suzanne Nossel è diventata direttrice dell’associazione PEN American Center (4). Alcuni critici interni di Amnesty International hanno contestato le direttive strategiche assai vicine alla politica estera statunitense. Ma questi critici si rassicurano con Franck Jannuzi, scelto per sostituire ad interim Suzanne Nossel. La scelta di Jannuzi alla carica di vicedirettore esecutivo di  Amnesty International USA, a Washington DC, è sorprendente se si guarda alla sua carriera. Jannuzi ha lavorato per il Bureau of Intelligence and Research come analista politico-militare della regione asiatica. Costui oggi è responsabile dell’adattamento alla politica estera statunitense degli indirizzi strategici di Amnesty International USA (5). Ma è così recente tale collusione tra il governo degli Stati Uniti e Amnesty International? Due casi dimostrano che tale legame esiste da oltre 20 anni. Prima dell’avvio della prima guerra del Golfo, l’amministrazione statunitense trasmise informazioni secondo cui i soldati iracheni avevano tolto dalle incubatrici più di 300 neonati prematuri, in un ospedale del Quwayt. I bambini furono gettati a terra, e le incubatrici rimpatriate in Iraq. Tale fatto fu determinante nel convincere il pubblico statunitense ad essere a favore dell’intervento in Medio Oriente. Amnesty International svolse un ruolo chiave nel supportare il governo degli Stati Uniti durante tutta l’operazione. Più di recente, Amnesty International lanciò la campagna per sostenere l’intervento della NATO in Afghanistan, “Enduring Freedom“, soprattutto con forze statunitensi. Amnesty International diffuse durante il vertice NATO del maggio 2012, dei manifesti che affermavano: “I diritti umani delle donne e delle ragazze in Afghanistan: la NATO perpetua i progressi!“. Il numero di vittime civili nel conflitto in Afghanistan, ancora alla fine dell’agosto 2009, veniva stimato in 9500 morti (6). A tale proposito, è sorprendente che il conflitto in Afghanistan non abbia suscitato le stesse critiche dell’intervento francese in Mali. Tali interventi sono volti a combattere il terrorismo e la repressione delle popolazioni da parte degli islamisti.
Dov’è il fervore di Amnesty International nel stabilire la verità, nel denunciare gli autori di tale mancato rispetto dei diritti umani? Così, quando Amnesty International indagava sull’intervento francese in Mali, appena una settimana dopo l’inizio dell’offensiva, dovremmo vedervi un lodevole approccio ansioso di difendere i diritti umani o un manovra eversiva per danneggiare l’immagine degli eserciti francese e maliano? In considerazione del coinvolgimento di persone collegate al governo degli Stati Uniti nella gestione di Amnesty International, ci si può legittimamente interrogare sull’indipendenza e l’imparzialità dell’organizzazione.
Al di là della difesa dei diritti umani e della dignità umana come obiettivo primario, non vi vediamo il secondo fine di divenire il relè dell’influenza culturale statunitense? Ciò per imporre un terreno a lungo termine favorevole alle ambizioni strategiche degli Stati Uniti?
 
Note
(1) Michael Mann, Incoherent Empire, Verso, 2003
(2) Peter Benenson [4]
(3) Daily Mail [5]
(4) PEN [6]
(6) BBC [8]
 
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora [9]

La globalizzazione e i finti scandalizzati dalle proposte dell’Electrolux

28 gennaio 2014 alle ore 14.36
 
Partiti, Sindacati, Enti locali, media e con meno intensità, rasentando il silenzio, sia il Governo che Renzi e Berlusconi si dicono scandalizzati dal piano industriale presentato dalla Electrolux per i suoi 4 stabilimenti in Italia, che occupano 5.715 dipendenti.
L’Electrolux ha presentato, per i quattro stabilimenti italiani, secondo fonti sindacali, una proposta con un drastico taglio dei salari che porterebbe gli stipendi, oggi calcolati in 1.400 euro al mese, a circa 700-800 euro.
I sindacati che fiancheggiano i partiti della BCE, delle multinazionali e del loro “Mercato”, denunciano:    «Abbiamo atteso invano un confronto con il ministro per lo Sviluppo Flavio Zanonato che non c’è mai stato – hanno detto i delegati e le Rsu – ora andiamo direttamente da Letta perché Electrolux per sbarcare in Italia ha usato soldi degli italiani e ora per guardare a Est utilizza fondi Ue che in parte sono sempre nostri».
La liberal “di sinistra” Debora Serracchiani, prediletta dai media italiani della grande finanza globalizzatrice, in versione elettorale dichiara:  “ Letta e Zanonato ci convochino immediatamente per valutare assieme le proposte da rilanciare alla multinazionale: il Governo non faccia il notaio della volontà svedese. Per il Friuli-Venezia Giulia la chiusura di Porcia è una prospettiva che non prendiamo in considerazione”.
Questi tonfi ‘dalle nuvole’ o sono falsi o denotano una paurosa ignoranza di chi ci governa, sul destino che ci attende e che loro hanno costruito e/o condiviso.
LA GLOBALIZZAZIONE, voluta dalla grande finanza per le sue società multinazionali ci ha collocato in un percorso (modello pista da Bob) che, più o meno velocemente (il tempo dipende dalla “efficienza o  tenuta” di partenza dei vari sistemi paese, e noi per giustizia, costo energia, tassazione e balzelli vari…siamo tra i più veloci) ci porta verso il basso, poiché ci costringere a competere con i paesi che danno meno, o zero, valore al lavoro, all’ambiente, al welfare, alla cultura, ecc. e mano libera alle multinazionali ( per di più indebitandosi con le grandi banche proprietarie delle stesse multinazionali, per avere prestiti di denaro da impiegare nelle infrastrutture, contributi e servizi da loro richiesti, sotto ricatto di recarsi altrove ).
C’è  uno studio del 2013, dalla CGIA di Mestre, che ha considerato solo le attività produttive con un volume di affari all’estero superiore ai 2,5 milioni di euro e con più di 10 addetti; ebbene la sola “delocalizzazione” (mancano le chiusure ed i fallimenti) di questo tipo di imprese ha superato le 27.000, con un incremento del 65%, tra il 2000 e il 2011. Alla fine del 2011 i posti di lavoro creati da queste aziende oltre confine erano calcolati in 1.557.000 !
Ci hanno reso CORNUTI ( con il tradimento con cui hanno svenduto l’Italia alla grande finanza) & MAZZIATI ( distruggendo quella che era, attorno agli anni ’80, la seconda potenza economica d’Europa) !
E ora ci pigliano pure per i fondelli, FINGENDO DI VOLERCI BENE, poiché vogliono ancora i nostri voti e che continuiamo a restare in ipnosi mediatica.
Sindacati, Serracchiani, vendoliani, renziani, berlusconiani, giornalisti ed economisti si mostrano “offesi e indignati” per gli effetti prodotti dalle loro decisioni e scelte politiche.
“L’Electrolux, NO!” , e le altre SI?
Sul Messaggero di oggi ( martedì 28 gennaio) un candido giuslavorista bipartisan, a metà strada tra Sacconi e Renzi, Michele Tiraboschi*, scrive che non c’è nulla di cui meravigliarsi, le imprese che lasciano l’Italia ubbidiscono alla propria natura di ricerca del massimo profitto, siamo noi che dobbiamo garantirglielo qui e invece non riusciamo a farlo.  In sostanza, se approviamo un regolamento che prevede i calci negli stinchi non ha senso lamentarci e chiedere i danni quando ce li danno !
I lavoratori Electrolux e/o quelli di uno dei tanti stabilimenti in chiusura faranno qualche sciopero (non solo inutile, ma utile alla Electrolux a ridurre i costi dello stabilimento…), come è rituale e come, su input sindacale, hanno già fatto i lavoratori e le lavoratrici delle migliaia di fabbriche già chiuse…ma, anche se Renzusconi o Letta daranno il fondoschiena (nostro) alla Electrolux, la deindustrializzazione dell’Italia è cosa già decisa (già nel ’92, sul panfilo Britannia, la Meassoneria transatlantica convinse Governo, centrodestrasinistra, Bankitalia e IRI della opportunità dl suo smantellamento) e andrà avanti.
L’unica via d’uscita è attuare l’artico 1 della nostra Costituzione, diventando un popolo sovrano, padrone in casa propria, dicendo NO all’EURO della BCE e all’Europa dei grandi banchieri e delle loro società multinazionali, e dicendo SI alla moneta del popolo, libero dalla dittatura dei partiti  del centrodestrasinistra che ci hanno venduto e fottuto !!
Da 4 anni costoro raccontano agli italiani che l’anno successivo cambierà tutto e comincerà la ripresa (con i meno bugiardi di loro che ora avvertono: “ripresa delle borse e dei profitti, ma non dell’occupazione”).
Governo, partiti, sindacati, associazioni imprenditoriali e “intellettuali del mainstream”, vanno in giro a dare pacche sulle spalle agli imprenditori, ai lavoratori e ai milioni di famiglie disperate, che si ritrovano sotto la soglia della povertà, o che vi cadranno a giorni, e gli dicono che stanno dalla loro parte e che adesso “loro” ce la metteranno proprio tutta per convincere i governi ed i partiti europei (dipendenti anch’essi, come “loro” da Banche e media della grande finanza che gestiscono “la democrazia”) a decidere insieme di fermare l’austerity e imboccare la strada degli investimenti per creare lavoro.
E mentre raccontano questa nuova balla (una balla poiché sono proprio “loro” i primi a non crederci e perché il potere vero ormai, non è più nei governi ma nella BCE, nel FMI e nelle grandi famiglie della finanza mondiale , che lo esercitano nelle sedi istituzionali proprie operanti in segreto come il Bilderberg, la Trilaterale, il CFR …), continuano a raccontare anche le balle più vecchie del tipo : non c’è nulla da fare “il Mercato è progresso”,  “l’Euro è progresso”. “l’Europa dei banchieri è il nostro presente e il nostro futuro” , …e ci preparano addirittura un bel TTIP (partenariato USA- Europa, su commercio e investimenti, già redatto dalla grande finanza e dalle sue multinazionali) !!
Fonte per Electrolux
(*) Chi è Tiraboschi

Fernando Rossi

Polimeri e pulviscolo di ricaduta da geoingegneria clandestina. Ecco che cosa respiriamo!

I filamenti prodotti dal passaggio di questi aerei da cosa sono composti?
 
Nel 2012 i filamenti di ricaduta (che la disinformazione istituzionalizzata spaccia per tele di ragni volanti) sono stati analizzati da un laboratorio certificato francese (http://www.labo-analytika.com).
I dati sono stati interpretati ed i risultati sono descritti in questo rapporto analitico. Tali filamenti aviodispersi sono polimeri organici complessi a base di composti chimici sintetici, come dimostra l’analisi eseguita su molti prodotti della loro decomposizione termica, tra cui diverse molecole che si trovano comunemente nei carburanti e nei lubrificanti per motori aeronautici. I quattro campioni studiati contengono diversi composti aromatici sintetici tossici (ftalati) e tre di essi includono DEHP, un rappresentante di questa famiglia di prodotti particolarmente temuto per la sua proprietà d’interferente endocrino.
Tutte le molecole organiche, in particolare composti eterociclici, presenti nei campioni di “filamenti aerodispersi” sono fonte di preoccupazione, sia in termini di salute pubblica sia per il loro impatto ambientale. I tecnici francesi scrivono: “Riteniamo che questi filamenti potrebbero derivare dalla ricombinazione di sostanze rilasciate nell’atmosfera dai motori degli aerei”.
 
Qui il documento di analisi originale: http://www.labo-analytika.com/documen…
Qui l’articolo incentrato sulla questione: http://www.tankerenemy.com/2013/11/e-…
 
I carburanti contengono idrocarburi non saturi e sono pertanto soggetti all’ossidazione la quale determina un peggioramento del combustibile, reso manifesto dalla formazione di gomme, sviluppo di colore ed abbassamento del numero di ottani. La polimerizzazione implica la formazione di catene. Da qui i filamenti di ricaduta.
 
 
 
Fonte canale youtube: tankerenemy

Spagna: tutti in coda alla Caritas. Non va male…è una tragedia sociale

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Quella che si vede non è la coda per uno spettacolo, un avvenimento sportivo o un concerto: è la coda per la distribuzione di alimenti davanti a una Caritas. E non è un foto scattata in qualche paese in guerra o in qualche campo profughi, ma a Madrid, capitale della “Spagna”, parola con cui molti politici si riempono la bocca dimenticandosi però degli spagnoli, o perlomeno della maggior parte di essi.
Leggo centinaia di tweets e post su Facebook su che cosa dovremmo fare, però siamo incapaci di metterci d’accordo e non abbiamo intenzione di fare troppi sacrifici, ci limitiamo semplicemente a parlare.
Faccio un esempio personale:
Nonostante il calcio sia il mio sport preferito, da anni non vedo una partita, allo stadio o in televisione. Ho smesso di seguirlo perché trovo completamente ingiusto che le società calcistiche debbano più di 800 milioni di contributi per la Sanità, e che i giocatori, nonostante i lauti stipendi, paghino meno tasse di me.
So che non serve a nulla, ma cosa succederebbe se tutti smettessimo di seguire il calcio?
Eppure, perfino questo sembra impossibile.
Semplici azioni collettive, come spegnere la luce dieci minuti al giorno, non usare il cellulare un giorno alla settimana e non utilizzare la macchina durante i week-end per non consumare combustibile, creerebbero più problemi che una manifestazione o uno sciopero. Se solo ritirassimo tutti, ogni giorno, 20 Euro dagli sportelli bancari provocheremmo un intasamento del sistema finanziario.
Ma non ne siamo capaci e chi è al potere se ne approfitta.
Tutto quello per cui abbiamo lottato durante anni se ne sta andando velocemente in malora, con leggi degne dell’epoca medioevale e di una qualunque passata dittatura. Se restiamo inerti continueremo a essere ciò che siamo adesso, nient’altro che marionette.
 

Le mani di Israele su Internet

Tradotto e Riadattato da Fractions of Reality
 
Lieberman
Durante la conferenza CyberTech 2014 tenutasi in Israele Lunedi,il primo ministro Benjamin Netanyahu ha proposto di istituire “una sorta di ONU di Internet” guidata dal governo di Israele.
 
“Abbiamo bisogno, in questo mondo, di una coalizione di aziende leader con ben determinate capacità”, ha detto Netanyahu. “Questa è la cosa migliore che possiamo fare per affrontare le sfide. A mio parere, Israele è un leader in questo campo. Abbiamo deciso di concentrare le competenze e stabilire un consorzio di nostre agenzie di sicurezza, istituti di ricerca e imprese. Pensiamo di poter girare la maledizione di Internet in una benedizione, perché tutti ne abbiamo bisogno. “
 
“Abbiamo istituito una speciale organizzazione, un quartier generale informatico, per vedere come sia possibile combinare queste funzionalità  con altre”, ha continuato. “Abbiamo deciso di abbassare le restrizioni perché stiamo scommettendo sulla crescita di queste partnership e cercando di realizzare profitti più elevati sia per noi che per le aziende partecipanti. Questo stimolerà la crescita di centinaia di aziende informatiche, la maggior parte delle quali non esistevano fino a pochi anni fa, e sono state fondate da investimenti nel settore e con la collaborazione di grandi partner stranieri. Questi sono sviluppi che possono essere espansi, e vogliamo assicurare avvvenga su larga scala. Vediamo tutto ciò come una cooperazione tra il governo e le imprese, e siamo impegnati per questo negli anni a venire. “
 
La cooperazione tra il governo e le imprese. Sai, il corporativismo, o come Mussolini lo chiamava, il fascismo.
 
Per Netanyahu, Israele e internet sono intercambiabili. E poiché l’aspetto militare è così importante in Israele, anche questo aspetto dovrebbe diventare naturalmente, un elemento di sviluppo di Internet.
 
“Abbiamo spostato alcune unità dell’esercito a sud, abbiamo previsto dei treni che arrivassero al cuore del campus [a Beersheva], quindi abbiamo creato una zona in cui vi sono l’università, un parco industriale, e l’esercito. Questa è una grande cosa che riflette la nostra visione per sviluppare Israele, con il vostro aiuto. Questo è qualcosa che tutti noi vogliamo vedere, un mondo cibernetico che è aperto, libero e prospero in cui tutti partecipano. Quando si penserà all’informatica, si penserà ad Israele “.
 
Naturalmente, in Israele, e quasi ovunque, le parole “Aperto” e “gratuito” sono oggetto di interpretazione da parte dei governi.