IMPRESSIONI, ALLA MONET —— CINQUE STELLE – CHE NE E’ STATO, CHE NE E’, CHE NE SARA

http://fulviogrimaldi.blogspot.com/2019/02/impressioni-alla-monet-cinque-stelle.html

MONDOCANE

GIOVEDÌ 28 FEBBRAIO 2019

Ascolto Radio Rai diretta da Luca Mazzà. Luca Mazzà, prima, era stato direttore del Tg3, il telegiornale più virulentemente e goffamente anti-Cinquestelle dell’intero giro delle tv di regime (regime inteso, non come l’attuale governo, ma come regime vero, la consorteria politico-economico-finanziaria al servizio della Cupola). Prima ancora, era mio collega nella redazione Economia-Ambiente dove, mi ricordo, stava seduto a una scrivania davanti alla finestra, la migliore posizione del salone, e non s’è mai capito cosa facesse. Di servizi giornalistici non me ne ricordo neanche uno. Oggi, però, comanda e si irradia della più importante radio del paese. E quale, secondo voi, potrebbe essere stata la sua interpretazione dell’esito, negativo per i 5 Stelle, del voto in Abruzzo e Sardegna? Ma è ovvio: grazie in particolare al rientrante Di Battista, il Movimento avrebbe assunto posizioni troppo “radicali”, imponendo la sua agenda “estremista” al partner di governo, da lui implicitamente giudicato “moderato”, e pagandone il fio nelle urne

Bipolarismo finto e bipolarismo vero

La Cupola ha, anzi, le cupole, viste nel tempo e nello spazio, hanno sempre provato a governare sia la maggioranza  che l’opposizione, dando in pasto alla gente tale vera e propria “combine” come bipolarismo tra opposti e contrari. Tipo l’Isis e le forze Nato che pretendevano di combatterlo. In Italia gli è riuscito, parzialmente, fino alla caduta del muro di Berlino, quando le forze di governo avevano di fronte un PCI  di opposizione, da qualche decennio più nominale che sostanziale: il famigerato consociativismo risoltosi nello sciagurato compromesso storico. Che, poi, in forme alterne, più o meno evidenti, tra bicamerali e larghe, o larghissime, intese, si è andato perpetuando fino a oggi. Questo schema richiede di mantenere in piedi, con il concorso di media del tutto “normalizzati”, divergenze apparenti, ma sostanziali intese. Divergenti solo sull’assegnazione delle prebende. Ma, soprattutto, esige di annientare uniti qualsiasi forza politica terza che metta in discussione il tiro a due del carrozzone, così proficuamente governato nell’interesse dei superpadroni, con ricadute anche per padroni, padroncini e servitori. Il famoso “sgocciolio” dai deschi apparecchiati dalle e per le banche.

Un esempio recente, ma classico, la SPD dei socialdemocratici tedeschi e la CDU dei vari Schroeder, Kohl, Merkel, lievemente in attrito sul sociale e sull’ambientale, totalmente fusi sul geopolitico. Con Liberali e Verdi a fare da nanetti in giardino. Poco prima, sulla stessa linea, il Labour britannico trasformato da Blair in secondo cavallo di razza, dopo quello Tory, del grande capitale bancario britannico. Rothschild, per non fare nomi. Dei due partiti Usam, comprese le appendici minori tipo McCain o Sanders, non mette neanche conto parlare. Che siano diversi ci crede, o finge, solo il “manifesto”. Che non ha letto Gore Vidal.

Tutto questo è andato in crisi in Italia, perenne laboratorio occidentale, come spetta a un paese di cruciale rilievo geopolitico in mezzo al mare dei mari, tra Nord e Sud, Est e Ovest, con l’apparizione, nel 2009, dell’uragano Cinque Stelle. Cosa aveva gonfiato le vele di questa barchetta, fino a farne un vascello intercontinentale, se non la presa di coscienza di  quasi tutta una popolazione che il presunto bipolarismo, la presunta contesa tra le due forze dominanti, era tutta una finta e che s’era andata facendo costantemente a spese sue, della gente? E che tra Berlusconi, Dini, Amato, D’Alema, Monti, Letta, Renzi, Gentiloni e chiunque altro potesse essere rigurgitato dalla cementificatrice capitalista, manovrata da Bruxelles per conto Oltreoceano, le differenze erano quelle tra una zebra a strisce nere e bianche e una zebra a strisce bianche e nere. E’ stata in buona misura l’apparizione degli eversivi 5 Stelle, il famigerato ma epocale “vaffa”, ad aprire la finestra e a sconvolgere l’aria stagnante con forti correnti di fresco grecale. Il bipolarismo era nudo come, davanti al bimbetto dagli occhi puri, il re di Andersen, che costantemente torna di attualità in questio nostri giorni dei disvelamenti.

Come annunciato nell’occhiello del titolo, la metto giù a pennellate. A impressioni. Niente di scientifico. Così ne discutiamo. Qui, cari amucu 5 Stelle, nessuno vuole dare lezioni. E’ solo un pour parler. Con sincerità, seppure, a volte, obnubilati dalla faziosità che coltiviamo con cura.

Il “crollo”. Chi ha spinto? La stampa

Immaginiamo cosa succede se apriamo un’arnia e ci buttiamo dentro un sasso; o se con un bastone smuoviamo un formicaio; o se lasciamo un formaggio sul balcone per una settimana; o se gridiamo in un corteo di “Libera” che i migranti sono vittime della tratta organizzata con le Ong.  Almeno una delle sette piaghe d’Egitto, se non tutte. E faremo fatica a uscirne vivi. Come i 5 Stelle stanno facendo fatica, elettorale, a uscire vivi da cosa gli ha scatenato addosso, in appena 10 mesi di governo, l’intero sistema nazionale, europeo e internazionale di comunicazione, id est di disinformazione. Direi che del cosiddetto “crollo”, festeggiato orgasmaticamente dal  sinistro “manifesto” e con maggiore compostezza dal resto dell’universale destra, debba essere dato merito al 30% (ho detto che non siamo scientifici; del resto la Scienza con la S maiuscola ci considera decerebrati, vedi vaccini) a questa campagna napoleonica dei media. Poi c’è l’intimidazione sistematica delle funeste Moire, o Parche (quelle che ci tengono per i fili) di Bruxelles, terrorizzate dalla comparsa, un po’ dappertutto, ma a incominciare dall’Italia, di un flusso di papaveri capace di aggredire e travolgere l’assetto paesaggistico con tanta cura allestito. Anzi, restaurato dopo il Congresso di Vienna.

I gufi UE

Alle nefaste divinità UE attribuirei un 20% dell’arretramento pentastellato. Un buon 10% anche alla convivenza con il solito sbruffone unidimensionale, ma megaloquente che fa pochissimo, ma sbraita molto e in termini facili, tipo fumetto. E che si occupa della tua giornata insidiata dal migrante che si fa mafia e spaccio, o della tua notte penetrata dal ladro assassino. Mentre gli altri, con reddito di cittadinanza, taglio di vitalizi e stipendi d’oro, spazzacorrotti, resistenza sì-no ai cementificatori, no trivelle, dissesto territoriale, via prescrizione, via spot dei biscazzieri, costi e benefici dei megaladrocini, migranti lasciati a casa loro impedendo ai devastatori multinazionali di spossessarli e parecchio altro, agiscono sul tuo mese, anno, decennio, figlio, nipote. La differenza tra il taglio di un grappolo e la messa a dimora di una vite.

L’oggi e il domani

Abbiamo messo insieme il 60%. Rimane da assegnare il 40%, sempre per niente scientifico, impressionistico, tipo papaveri di Monet. Come ho già scritto e detto in giro parecchie volte, confortato da tanti 5 Stelle che, sul territorio, hanno accompagnato le mie battaglie giornalistiche, il voto politico d’opinione, cioè della scelta sui massimi sistemi che, con la Lega si proiettano in un futuro del tutto opaco, premia il MoVimento perché è consapevole che il suo discorso non si limita al blocco di una nave,  al fucile sotto il letto, agli sbirri di guardia ai papaveri rossi. E che quello di tutti gli altri – pensate che roba: Martina, Giacchetti, Zingaretti, Calenda, Bonino, Bersani, Fratoianni, e, naturalmente, l’attuale socio di maggioranza in felpa –  naviganti della melma nella quale stiamo annaspando da mezzo secolo, non sarà mai il discorso nostro. Per questo alle politiche si arriva al 33%. Invece quando si tratta del locale, ecco il tonfo.

Digitali o analogici

Succede, e di questo ho una certezza quasi scientifica, perlomeno storica, quando una forza politica con pretese universali si muove per canali elettronici, telematici, virtuali e non dà ai suoi militanti, simpatizzanti, ai curiosi, al popolo che sta lì, l’occasione per annusarsi, confrontarsi, conversare, litigare, elaborare, ridere, sorridere, fantasticare, cenare, bere, va a finire così. Come la gente sul treno o bus che non ha idea di chi gli siede accanto o di cosa passa fuori dal finestrino, annegato com’è tra gente senza volto nel suo smart phone. Come in Abruzzo e in Sardegna. E magari si può tornare, facendosi pure deprecare come “partito” (che male c’è, dipende da che partito!), ad avere una sede (finche si è in pochi va bene la casa di uno, ma poi…), delle assemblee, dei responsabili che mettano il sale sulla coda ai rappresentanti istituzionali, Di Maio compreso. Che sennò, di delusione in delusione, di piattaforma in blog, finisce che la gente non muove più gambe e mani  neanche per le politiche. Insomma, luoghi, tempi e occasioni per incontrarsi. Magari risuscitando quelle che erano le uniche occasioni territoriali, i Meet-up, anche se era il solito termine inglese, scioccamente “trendy” , o “smart”. Si dice “Incontri”, punto. Vogliamo dare al “tanto Rousseau”, e al poco “vediamoci stasera alle 9 in sede”, a questa ossessione dell’innovazione tecnologica gestita contro il pianeta e contro l’umanità dai veri padroni, un altro 20% delle cause delle dissipazioni elettorali?

Moderati o radicali

Il Movimento 5Stelle è nato, nell’intenzione dei suoi fondatori e della gente che gli è venuta dietro e che lo ha portato avanti, dall’abissale disgusto per l’esistente di una classe dirigente ignorante, incompetente, arraffona, volgare, intrecciata a ogni sorta di malaffare, spicciolo o di grande criminalità. E’ nato per dare il suo agli esclusi, svantaggiati, spernacchiati. Ai dominati. Niente grande teoria di riorganizzazione della società, ma le sue premesse, basate su rifiuti e bisogni. E allora arriva un Luca Mazzà che non si capisce in base a quali meriti comandi la radio pubblica che, mentre mi lavo i denti, mi infligge la castroneria che i 5 Stelle hanno perso perché radicali ed estremisti. Logica ferrea: quando erano davvero radicali ed estremisti (si intende, rispetto all’estremismo dei briganti di passo bancario e marziale), quando uno valeva uno e a tutti gli altri vaffa, quando Di Battista metteva in discussione la Nato, le missioni militari e gli F35, quando non c’erano infiltrati del Colle come Moavero o Tria, quando Di Stefano invitava chi in Siria resisteva alla Nato e ai suoi jihadisti, quando il No alle zozzerie come TAV, Tap, Muos era chiaro e forte, quando Euro e UE erano giustamente visti come chiodi nella nostra bara, quando non era ancora iniziata la corsa a chi arriva prima a Washington, o in Viale dell’Astronomia (Confindustria), il MoVimento tracimava dalle piazze e arrivava al 33% e lo sproloquione al 17. In Parlamento è ancora così. Anche se sembra il contrario.

Tanti voti se ne sono andati in astensione, credetemi, perché Tap, Muos, Terzo Valico, Ilva, sono passati, sul TAV, si continua inconcepibilmente a traccheggiare, sulla fine dell’Italia tramite spezzatino apparecchiato per la Grande Bouffe (vedi Ferreri) del Nord francotedesco, come dire secessionisti dalla nazione alla mercè dei secessionisti dall’Europa, si chiude la bocca a probabilmente un occhio, se non due. E il risultato è quello che ha fatto seccare i papaveri. Rossi o gialli che fossero.

Perché si realizzi l’auspicio di Riccardo III  –  Ormai l’inverno del nostro scontento / s’è fatto estate sfolgorante ai raggi di questo sole…” – altro che Luca Mazzà. A estremisti, estremismo, a brigante, brigante e mezzo.. A cominciare dal TAV, a proseguire con il NO al Global Compact che ci farebbe vittime e complici della tratta degli schiavi e dell’assalto all’Africa, e a non perdere neanche un secondo, un voto, a bloccare il crimine delle “autonomie differenziate”.

Avete imperdonabilmente contribuito acchè la gente non ne sapesse, non ne parlasse e  quindi non combattesse questo insulto. Già fate discutere poco in basso, ma se non mettete questa cosa in mano al popolo, nel cuore del presente e del futuro, è come se non ci foste mai stati. O impedite che quattro cialtroni, vocati alla regressione tribale, ci facciano da soli quello che altri necrofori hanno fatto alla Jugoslavia, o alla Libia, agli indiani d’America, ai palestinesi, eseguendo ordini di servizio di coloro che sui papaveri di Monet, rossi o gialli che siano, butterebbero glifosato Monsanto, o siete morti. O siamo morti.

Pubblicato da Fulvio Grimaldi alle ore 20:29

DES ENJEUX GEOPOLITIQUES OCCIDENTAUX DERRIERE LA PRESIDENTIELLE AU SENEGAL

LUC MICHEL (ЛЮК МИШЕЛЬ) & EODE/

Flash Vidéo Géopolitique/ Geopolitical Flash Video/

2019 02 27/

VIDEO.FLASH.GEOPOL - Geopol senegal II - presstv (2019 02 27) FR

Le Flash Vidéo du jour …

Le géopoliticien Luc MICHEL dans le ZOOM AFRIQUE de ce 27 février 2019

sur PRESS TV (Iran)

Sources :

* La Video sur PANAFRICOM-TV/

LUC MICHEL:

GEOPOLITIQUE – PRESIDENTIELLE 2019 – AFRICOM – CEDEAO.

COMPRENDRE L’ACTUALITE DU SENEGAL

(SUR LE ‘ZOOM AFRIQUE’ DE PRESS TV, 27 FEVRIER 2019)

sur https://vimeo.com/320311444

* La présentation de PRESS TV :

« Sénégal.

À l’approche des résultats présidentiels, quel serait l’avenir du pays ?

Analyse du géopoliticien Luc Michel. »

* Mes thématiques :

Géopolitique du Sénégal.

Le régime de Macky Sall, allié stratégique de Washington et Paris.

La présidentielle sénégalaise 2019 et ses questions.

La différence de traitement des occidentaux entre le Sénégal et la RDC.

Sall allié de Macron et du Roi du Maroc au sein de la CEDEAO.

L’ACTUALITE DU SENEGAL :

UNE PRESIDENTIELLE 2019 CONTESTEE

« Au Sénégal, on avait rarement vu un tel capharnaüm autour de résultats électoraux », relève ‘Jeune Afrique’. « Au lendemain du vote, aucun résultat officiel, même provisoire, n’a été rendu public, ouvrant la voie à une “guerre des chiffres” entre l’opposition et le président sortant. D’un côté, Idrissa Seck et Ousmane Sonko, qui clament avoir contraint Macky Sall à un “inévitable” second tour. De l’autre, le Premier ministre, Mahammad Boun Abdallah Dionne, qui annonçait dimanche soir à ses militants que Macky Sall était réélu avec un minimum de 57 % des voix. […] À l’heure qu’il est, difficile de déterminer qui a raison et qui a tort, constate Jeune Afrique, faute de chiffres officiels. »

En tout cas, mise au point de Demba Kandji : « le président de la Commission de recensement des votes est monté au créneau hier pour rappeler les principes, rapporte notamment Seneweb: “personne n’a le droit, a-t-il dit, de proclamer des résultats provisoires, sauf la commission nationale et définitivement le Conseil constitutionnel”. La proclamation des résultats, elle, est prévue entre jeudi et vendredi au plus tard. »

« En attendant, les commentaires et les avis tranchés vont bon train », commente ‘RFI’ …

Pour le site d’information ‘Seneplus’, il est clair que « le peuple sénégalais a imposé, par les urnes, les conditions d’un second tour inéluctable. Sous ce rapport, le respect de la volonté populaire devient un impératif et, toute déclaration, qui ramerait à contre-courant de celle-ci, porterait en elle-même les germes d’une violence inouïe qui mettrait en danger la stabilité du pays […]. Que Macky sache qu’il n’est qu’un simple usufruitier, s’exclame encore Seneplus. Il n’a aucunement le droit de saborder les fondamentaux de la République en confisquant le verdict des urnes. »

« Présentement, sous réserve d’une confirmation des tendances lourdes qui se dessinent, il est fort probable que le candidat Macky Sall a remporté l’élection au premier tour, même avec un score très étriqué, estime le Quotidien dakarois. Mais, poursuit-il, il ne faut pas écarter la possibilité d’un second tour, toujours dans l’air du temps. Les prochaines heures, voire les prochains jours nous édifieront. Au total, ce fut une élection très disputée, constate ‘Enquête’, avec un taux de participation de plus de 60%, ce qui montre une grande maturité des électeurs, conscients de leur devoir civique, mais aussi un engagement sans équivoque des Sénégalais de s’impliquer dans le choix de la personne qui va présider à leurs destinées pour les cinq prochaines années. Un autre enseignement de cette élection, pointe encore ‘Enquête’, est aussi de reconnaître que le temps de l’hégémonie et de la suprématie arrogante du candidat sortant à l’élection présidentielle au Sénégal est révolu. Ce qui signifie aussi que la victoire dès le premier tour du président-candidat n’est plus acquise à l’avance car ce dernier a désormais fort à faire pour se départir de la rude concurrence d’une opposition ragaillardie, mieux organisée aujourd’hui et qui joue crânement sa chance pour mettre en ballotage le président sortant et le pousser à un second tour fatidique. »

# VOIR AUSSI SUR LA GEOPOLITIQUE DU SENEGAL :

* Sur PANAFRICOM-TV/

GEOPOLITIQUE AFRICAINE/

LUC MICHEL:

LE SENEGAL ET LA DIAGONALE STRATEGIQUE DJIBOUTI-DAKAR DE L’AFRICOM US

sur https://vimeo.com/304826566

(Sources : Press TV – PANAFRICOM-TV – Presse sénégalaise – Jeune Afrique – RFI – EODE Think Tank)

LUC MICHEL (ЛЮК МИШЕЛЬ) & EODE

(Flash Vidéo Géopolitique/

Complément aux analyses quotidiennes de Luc Michel)

* Avec le Géopoliticien de l’Axe Eurasie-Afrique :

Géopolitique – Géoéconomie – Géoidéologie – Géohistoire –

Géopolitismes – Néoeurasisme – Néopanafricanisme

(Vu de Moscou et Malabo) :

PAGE SPECIALE Luc MICHEL’s Geopolitical Daily

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________________

* Luc MICHEL (Люк МИШЕЛЬ) :

WEBSITE http://www.lucmichel.net/

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* EODE :

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Serata Pubblica Futuro del Progetto ACB, Rapporto giuridico, Trattati – Domande e Risposte

Comunicato Stampa

PresidioEuropa

Movimento No TAV

27 febbraio 2019

www.presidioeuropa.net/blog/?p=18769

Serata Pubblica

Venerdì 1° marzo 2019 alle ore 21.00

 Centro sportivo Borgiattino “La sosta”

  Via Sacra di San Michele n. 3 – Caprie

 TAV Torino Lione

Futuro del Progetto

ACB, Rapporto giuridico, Trattati
Domande e Risposte
con Sergio Foà, Livio Pepino, Paolo Prieri, Angelo Tartaglia

moderazione di Sabine Bräutigam

PresidioEuropa No TAV – Comitati No TAV Bassa Val di Susa  – Comitato  Notav Valsangone – Controsservatorio Valsusa

S.Foà, Professore Ordinario di Diritto Amministrativo Università di Torino, L.Pepino, ex Magistrato, P.Prieri, PresidioEuropa No Tav, A.Tartaglia, Senior professor di Fisica, Politecnico di Torino, Commissione Tecnica Torino-Lione

Domande e Risposte

  • Perché l’Italia deve pagare più della Francia?
  • È possibile abbandonare un progetto internazionale?
  • C’è una penale da pagare se l’Italia abbandona il progetto e a quanto ammonterebbe?
  • I contributi europei già ricevuti si devono restituire?
  • I soldi europei si possono investire in altre opere utili?
  • L’ACB è vincolante?
  • La Corte dei conti francese si è espressa in modo negativo sul progetto, e quella italiana?
  • Che cosa implica il parere della Corte dei conti francese?
  • Perché TELT può lanciare gli appalti nonostante l’altolà dei ministri francese e italiano?
  • TELT può essere sciolta? Come?
  • Su quale base i media diffondono la notizia che in Francia si è già iniziato a scavare il tunnel di base?
  • L’Osservatorio Tecnico Torino-Lione è stato sciolto? Che implicazioni ha?
  • Secondo la legislazione vigente il referendum si può fare? Perché, secondo i trattati in vigore, la Francia deve pagare meno dell’Italia?
  • L’ACB è risultata fortemente negativa. È però molto criticata. Quali sono i suoi punti deboli?
  • La cosiddetta “enquête publique” sul lato francese dell’opera nel 2006 si è espressa in modo positivo sul progetto in quanto l’Italia pagherebbe una quota maggiore della Francia, la Corte dei conti francese nel 2012 invece ha dato parere negativo.
  • Su che cosa si è basata la Corte dei conti?
  • La Francia ha fatta altre valutazioni e che cosa implicano?
  • Qual è la posizione attuale del Governo francese? I francesi hanno stanziato i soldi per realizzare il tunnel?
  • Il CIPE questo sconosciuto: da chi è composto e come e che cosa decide?
  • È possibile per uno Stato abbandonare un progetto soggetto a trattato internazionale?  Quali sono le leggi vigenti e i regolamenti e che cosa dicono?
  • La Relazione tecnico-giuridica del Governo dovrebbe quantificare i costi dell’abbandono dell’opera. Cita il 30% del costo del totale dell’opera come risarcimento alle imprese appaltatrici e altre penalità. Quali e quanti sarebbero veramente e chi le può richiedere?
  • I contributi europei già ricevuti si devono restituire?
  • Secondo i media la Commissione Europea sarebbe disponibile ad estendere il finanziamento dell’opera al 50% anche delle tratte nazionali. Ciò è possibile? E quale organismo europeo lo dovrebbe decidere?
  • I soldi europei si possono investire in altre opere utili?
  • Su quale base i media diffondono la notizia che in Francia si è già iniziato a scavare il tunnel di base? E chi paga queste opere se l’UE ha stanziato solo soldi per studi e lavori geognostici? E con quale contributo UE: il 50% dei lavori preliminari o il 40% dei lavori definitivi?
  • Perché TELT può lanciare gli appalti nonostante l’altolà dei ministri francese e italiano e nonostante non ci siano disponibili i finanziamenti? Una volta lanciati si possono fermare?  È vero che c’è una legge nuova al riguardo che entra in vigore il 1° Aprile e che cosa dice?
  • La Francia quindi ad oggi non ha stanziato i fondi per la Torino-Lione. TELT, non potendo attingere a questi inesistenti fondi francesi, potrebbe avviare lavori definitivi per lo scavo del tunnel in Francia con i fondi italiani?
  • Negli ultimi anni abbiamo visto campagne pubblicitarie finanziate da TELT. Ma chi controlla le spese di TELT?
  • I capi di TELT (du Mesnil e Virano) hanno dimostrato di essere incapaci di gestire i fondi nazionali ed europei con il risultato di provocare gravi ritardi nell’esecuzione dei lavori geologici della Torino-Lione e la perdita di circa il 75% dei fondi europei. Come si calcola questa perdita, di quali fondi si tratta?
  • Come mai non vengono sostituiti Virano e du Mesnil? TELT può essere sciolta? Come e da chi?
  • L’Osservatorio tecnico Torino-Lione è stato sciolto? È un fatto positivo per noi? Che cosa comporta?
  • I politici del si parlano tanto di referendum, ma secondo la legislazione vigente il referendum sull’opera si può fare? E chi dovrebbe poter votare visto che l’opera verrebbe pagata da tutti i cittadini europei?
  • Il presidente di Confindustria Boccia spara la cifra di 50 000 posti di lavoro. Ma perché investire nel settore costruzioni solo attraverso le grandi infrastrutture regalando i soldi alle grandi imprese perennemente in crisi?
  • Quello che noi chiamiamo piccole opere utili, gli investimenti per sanare il dissesto idrogeologico, la manutenzione e riparazione delle infrastrutture già esistenti non porterebbero più posti di lavoro soprattutto per le piccole e medie imprese che lavorano sul territorio in prossimità delle opere da eseguire?

Documentazione

Analisi costi-benefici del Gruppo di Lavoro sulla valutazione dei progetti 12.2.2019

Relazione tecnico-giuridica 12.2.2019

Torino-Lione: La lettera inviata a Toninelli – TELT ha perso il 75 percento dei fondi europei, lo afferma l’audit No TAV feb – 18 – 2019 … Se il Governo non dà istruzioni a TELT coerenti con i risultati dell’ACB significa che ha deciso che la Torino-Lione deve essere realizzata I ritardi del promotore TELT hanno provocato la perdita del 75% dei contributi già erogati dall’Europa, lo afferma l’Audit No TAV La Lettera al Ministro Toninelli inviata stamattina 20190218 Domani 19 febbraio il CdA di TELT si riunirà a Parigi, Il Sole 24 Ore ha definito questa Continua a Leggere…

La favola del rischio di perdere 300 milioni di fondi UE già persi feb – 26 – 2019… la comunicazione fuorviante di TELT e di Salvini … 20190226 La società franco-italiana TELT ha ricevuto nel 2015 dai suoi azionisti, i Governi francese e italiano, un solo ordine: realizzare la Torino-Lione nel rispetto degli Accordi internazionali. Se i sostenitori della Torino-Lione affermano che, se non si fa in fretta, si perderanno 300 milioni di euro di fondi europei, la realtà è un’altra: questi fondi sono già persi a Continua a Leggere…

Il manifesto intervista Sergio Foà: Torino-Lione “Italia soggetta a penali solo se si dimostra il dolo” feb – 14 – 2019Tav, «Italia soggetta a penali solo se si dimostra il dolo» Maurizio Pagliassotti, 14.02.2019 Intervista a Sergio Foà, docente di diritto amministrativo a Torino: «Il finanziamento dell’Unione Europea può essere rinegoziato» Sergio Foà, Professore Ordinario di Diritto Amministrativo presso il Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Torino, ha recentemente redatto un  Rapporto giuridico dove descriveva i possibili scenari in caso di mancato avvio dei lavori relativi alla fase definitiva del Progetto Torino-Lione, Continua a Leggere…

Torino-Lione, il rapporto giuridico che fa la differenza  gen – 25 – 2019  … ecco perché l’Italia può abbandonare il progetto …    Il Parere del Prof. Sergio Foà La decisione sul futuro della Torino-Lione non appartiene ai sostenitori delle Grandi Opere ad ogni costo. Decine di anni di riflessioni e di valutazioni trasportistiche, economiche e giuridiche hanno abbondantemente segnalato che questo progetto è una Grande Opera Inutile e Imposta che, se realizzata, non avrà ritorno positivo. Affermare che l’abbandono di una Grande Continua a Leggere…

La lettera che ferma i lavori della Torino-Lione dic – 6 – 2018 Torino-Lione, le mosse dei Governi La lettera che ferma i lavori della Torino-Lione Abbiamo visto la lettera del 3 décembre 2018, scritta su carta intestata dei due Ministeri (MIT e Ministère chargé des Transports), firmata da Danilo Toninelli e Elisabeth Borne e inviata al Direttore Generale di TELT affinché non compia “colpi di mano” lanciando appalti per determinare così una situazione di “fatto compiuto”. Questa non è un’interpretazione, l’avvertimento al Direttore Continua a Leggere…

Il Regalo di Salvini alla Francia: 2,2 miliardi di Euro  feb – 8 – 2019  Ossia la penale nascosta della Torino-Lione di cui nessuno vuole parlare … dieci domande al Vice Presidente del Consiglio Matteo Salvini … 1 – Nell’interesse di chi agisce il Vice Presidente del Consiglio Matteo Salvini? Nell’interesse dei contribuenti italiani, oppure si fa dettare la linea dalle lobby italo-francesi del TAV? 2 – È al corrente Salvini che la parte francese del tunnel di base di 57,5 km è di ben 45 Continua a Leggere…

Torino-Lione: Ogni chilometro del tunnel di 57,5 km costerebbe 60 milioni di € alla Francia e 280 all’Italia Torino-Lione – Perché l’Italia deve finanziare la Francia? Asimmetria dei costi tra Italia e Francia Il progetto della Torino-Lione prevede una galleria di base 57,5 chilometri dei quali 45 di proprietà francese e 12,5 di proprietà italiana.   Di fronte alla proprietà del 21% del tunnel, l’Italia dovrebbe pagare circa il 58% di tutti i costi.   Il risultato della “sottomissione” dell’Italia alla Francia è un esborso di risorse pubbliche Continua a Leggere ..dic – 12 – 2018

Dieci domande ai decisori della Torino-Lione  gen – 17 – 2019 Sulla base di quanto scrivono i giornali la confusione regna sovrana nella comunicazione ufficiale sulla Torino-Lione. Restiamo quindi in attesa di precisazioni e aggiornamenti da parte del Governo 1. – Il Presidente del Consiglio, l’Avvocato Professore Giuseppe Conte agisce nell’interesse dello Stato Italiano, oppure si fa dettare la linea dalle lobby italo-francesi del TAV? 2. – Quali interessi difende l’Avvocatura dello Stato che, informano i giornali, sarebbe impegnata in un Continua a Leggere…

Torino-Lione : BANCA DATI NO TAV gen – 17 – 2019 Le Nove Schede di Presentazione Scheda n. 1: Analisi costi benefici (ACB) Scheda n.2: Andamento del traffico mercantile nel tempo (tonnellate) Scheda n. 3: Argomentazioni “ambientali” Scheda n. 4: Penali e accordi internazionali Scheda n. 5: Delibere CIPE Scheda n. 6: Appalti relativi al tunnel transfrontaliero Scheda n. 7: Penali e accordi internazionali Scheda n. 8: Dati Alpinfo 2017 Scheda n. 9: Sintesi della Presentazione   Torino-Lione: Ma quanto ci Continua a Leggere…

Terzo Valico : ACB 13 dicembre 2018, l’Opera si farà afferma il Governo del Cambiamento dic – 16 – 2018La decisione del Governo (13 dicembre 2018) di realizzare il progetto del Terzo Valico è politica, in quanto l’analisi qui riportata nella sua espressione economica è negativa in due su tre scenari. Qui il Video della Conferenza Stampa del Comitatato No Terzo Valico 21 dicembre 2018 Frasi estratte dalle pagine 32-33 dell’Allegato 1 ACB, paragrafo Conclusione: 9 Conclusioni …. “In conclusione, il progetto del Terzo Valico, pur in presenza di Continua a Leggere…

IN MEMORIAM ANTOINE GIZENGA 1925-2019

Luc MICHEL pour PANAFRICOM/

2018 02 25/

PANAF-NEWS - LM in memorian gizenga (2019 02 26) FR

Grande figure de l’indépendance et de la vie politique congolaises, l’ancien Premier ministre congolais Antoine Gizenga Fundji et chef du Parti lumumbiste unifié (PALU) est décédé ce dimanche à Kinshasa à l’âge de 93 ans, rapportent plusieurs médias congolais citant divers cadres du PALU. Né en 1925, à Mushiko, dans l’ex-grande province du Bandundu (ouest), M. Gizenga, surnommé “le Patriarche”, a été Premier ministre de 2006 à 2008 lors du premier mandat de l’ex-président Joseph Kabila à l’issue des premières élections libres de l’histoire de la République démocratique du Congo (RDC).

Lors de ma grande tournée politique dans la région des Grands-Lacs en mai 2016, j’avais eu l’honneur d’être reçu par le Grand combattant Gizenga :

* Voir sur EODE-TV YOUTUBE :

Luc Michel rencontre le Patriarche Antoine Gizenga

(Reportage de la RTNC)

sur https://www.youtube.com/watch?v=E_cS3hyKXCI

UN GRAND COMBATTANT

UN AMI DE LUMUMBA

UN GRAND PATRIOTE CONGOLAIS

Il continuait à se présenter comme l’héritier spirituel de Patrice Emery Lumumba, l’éphémère premier Premier ministre du Congo.

Considéré comme l’un des pères de l’indépendance congolaise, il devient chef du Parti solidaire africain (PSA), en 1959. Il est ensuite élu député national lors des législatives de 1960, qui précèdent de peu l’indépendance, le 30 juin. Cet ancien séminariste devient ainsi vice-Premier ministre dans le gouvernement de M. Lumumba.

En 1960, quand Patrice Lumumba est assigné à résidence par le chef de l’armée nationale congolaise (ANC) de l’époque, Joseph-Désiré Mobutu, Antoine Gizenga fuit la capitale pour installer le gouvernement à Stanleyville (actuelle Kisangani, nord-est), s’estimant dépositaire de la seule autorité légitime du pays et prend la tête de la République populaire du Congo, une rébellion alors reconnue par 21 pays d’Afrique, d’Asie, et d’Europe de l’Est en février 1961.

Peu après l’assassinat de M. Lumumba, début 1961, il regagne la capitale où il est brièvement emprisonné. A l’issue du conclave de Lovanium en août 1961, il est nommé vice-Premier ministre dans le gouvernement de Cyrille Adoula. Destitué quelques temps après, il est emprisonné jusqu’en 1964 sur l’île Bula Mbemba à l’embouchure du fleuve Congo.

Libéré par le Premier ministre Moïse Tshombe en juillet 1964, il crée le 22 août suivant, avec d’autres dirigeants nationalistes, le Parti lumumbiste unifié (PALU), dont il est élu secrétaire général. Arrêté de nouveau, il est en résidence surveillée pendant 14 mois jusqu’au coup d’Etat de Mobutu du 24 novembre 1965. Il quitte ensuite le pays et reste 25 ans en exil, se réfugiant tour à tour à Moscou, en Angola et au Congo-Brazzaville.

Après le début de la dernière guerre sur le sol congolais (2 août 1998 à juin 2003), un conflit régional impliquant sept pays africains, M. Gizenga participe au nom de “l’opposition politique non armée” aux négociations qui aboutiront à l’établissement en 2003 d’un gouvernement de transition. En 2006, lors des premières élections libres depuis l’indépendance, il se porte candidat à l’élection présidentielle – qui se déroulait à deux tours. Il termine en troisième place, avec 13,06% des voix derrière le président sortant Joseph Kabila (44,81%) et l’ancien chef rebelle et puis vice-président Jean-Pierre Bemba (20,03%).

Ce résultat, couplé à celui des législatives qui ont fait du PALU la 3ème force politique à l’Assemblée nationale, a beaucoup pesé dans le jeu des alliances. M. Gizenga et son parti se sont en effet alliés à l’Alliance pour la Majorité présidentielle (AMP) pour constituer la majorité parlementaire devant désigner le Premier ministre. C’est ainsi qu’il accède à la Primature, dont il démissionne le 25 septembre 2008, évoquant le poids de l’âge.

  1. Gizenga a été élevé en juin 2009 au rang de “héros national”, la plus haute distinction en RDC. Il était malade, mais lucide, et accusait la fatigue lors de ses rares apparitions publiques.

Hommage et respect à un Grand combattant !

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QUELLE PLACE POUR L’AFRIQUE ENTRE LES BLOCS GEOPOLITIQUES ?

LUC MICHEL (ЛЮК МИШЕЛЬ) & EODE/

Flash Vidéo Géopolitique/ Geopolitical Flash Video/

2019 02 26/

VIDEO.FLASH.GEOPOL - L'afrique entre les blocs - amtv (2019 02 26) FR

« J’ordonne de former un comité d’organisation afin de préparer et de mettre en pratique le sommet Russie-Afrique en 2019 et d’autres événements dans le cadre des relations russo-africaines »

– Décret de Vladimir Poutine ce 25 février.

« Cette nouvelle ruée vers l’Afrique modifie progressivement sa géopolitique. Les anciennes puissances coloniales, mais aussi l’Union européenne, perdent leur hégémonie historique. Entre 2000 et 2011, selon l’économiste Philippe Hugon, la part de marché de la France est passée de 10 à 4,7 % (…) Les flux ne s’opèrent plus uniquement de façon verticale entre le Sud et le Nord. Ce qui se joue dans ce déplacement géographique, c’est le futur du continent africain : l’Afrique est devenue une question asiatique bien plus qu’une question européenne »

– Le Monde Diplomatique, janvier 2017.

Le Flash Vidéo du jour …

Le géopoliticien Luc MICHEL dans LE MERITE PANAFRICAIN du 22 février 2018

sur AFRIQUE MEDIA

Sources :

* La Video sur EODE-TV/

LUC MICHEL:

QUELLE PLACE POUR L’AFRIQUE ENTRE LES BLOCS GEOPOLITIQUES ?

(SUR AFRIQUE MEDIA)

sur https://vimeo.com/319981022

* Théme de l’émission :

L’AFRIQUE, LE CONTINENT DE TOUTES LES CONVOITISES

Quels enjeux pour les sommets Russie-Afrique et Arabie saoudite-Afrique ?

* Mes thématiques :

L’AFRIQUE SUJET-BUTIN OU ACTEUR DE L’HISTOIRE AU XXIe SIECLE ?

Au XXIe siècle le choix est à une Afrique-enjeu ou butin avec le Bloc américano-occidental ou à une Afrique sujet de l’Histoire avec les alliances géopolitiques alternatives (Moscou, Pékin) …

Comment l’Axe Eurasie-Afrique sera le super-bloc géopolitique du XXIIe siècle ?

# ALLER PLUS LOIN :

DEUX SOMMETS TRES IMPORTANTS POUR LE FUTUR DE L’AFRIQUE

QUID DU TOUT PREMIER SOMMET RUSSIE-AFRIQUE ?

L’organisateur du premier sommet Russie-Afrique a annoncé la date et le lieu de cet événement d’envergure qui réunira des représentants du monde des affaires et du gouvernement russes et africains. Il se tiendra à Sotchi en octobre 2019. La ville russe de Sotchi accueille régulièrement de grands événements internationaux, comme les Jeux olympiques d’hiver en 2014, et en octobre 2019, elle organisera le premier sommet Russie-Afrique, a annoncé le service de presse de l’organisateur, la fondation Roscongress.

Au menu du sommet:

le premier Forum économique Russie-Afrique, auquel participeront des chefs d’État africains, des représentants d’entreprises russes, africaines et internationales et d’agences gouvernementales. En outre, la participation d’associations visant à la coopération sur le continent africain est attendue. Un comité d’organisation pour le sommet Russie-Afrique devra être constitué d’ici un mois. Les dépenses afférentes incombent au cabinet ministériel russe. Le décret sur la tenue du sommet et d’autres événements avec la participation de représentants de pays africains au cours de cette année a été signé ce 25 février par Vladimir Poutine. Auparavant, Sergueï Lavrov avait annoncé que le sommet aurait lieu au cours de l’automne 2019 et qu’il contribuerait au resserrement des liens entre la Russie et les pays africains.

QUID DU SOMMET AFRIQUE-ARABIE SAOUDITE 2019 ?

L’Arabie saoudite souhaite organiser à l’automne une grande rencontre avec l’Afrique, titre ‘Jeune Afrique’ : « Arabie saoudite-Afrique : Riyad veut son sommet » … « L’Arabie saoudite fait de plus en plus les yeux doux à l’Afrique. Il y a un an, le roi Salman avait nommé le diplomate Ahmed Ben Abdelaziz Qattan ministre des Affaires africaines – du jamais-vu dans le pays. Il souhaite aujourd’hui qu’un premier sommet Arabie saoudite-Afrique soit organisé en octobre ou en novembre. Pour le lieu, les autorités hésitent encore entre Riyad et Djeddah ».

# LES ANALYSES DE REFERENCE SUR

« L’AXE EURASIE-AFRIQUE » DEVELOPPE PAR LUC MICHEL :

* Première exposition du concept sur AFRIQUE MEDIA en 2014 :

Voir sur EODE-TV/ LUC MICHEL.

L’AXE RUSSIE-AFRIQUE CLE DU MONDE MULTIPOLAIRE ET SEULE VOIE POUR LA LIBERATION DE L’AFRIQUE

sur https://vimeo.com/190530641

* Ecouter le Podcast sur RADIO MOSCOU (2014) :

Voir sur EODE-TV YOUTUBE/

L’AXE GÉOPOLITIQUE “EURASIE-AFRIQUE”

(PAR LUC MICHEL)

sur https://www.youtube.com/watch?v=R4h-rDNk-oM

 (Sources : Afrique Media – EODE-TV – Interfax – Jeune Afrique – EODE Think Tank)

LUC MICHEL (ЛЮК МИШЕЛЬ) & EODE

(Flash Vidéo Géopolitique/

Complément aux analyses quotidiennes de Luc Michel)

* Avec le Géopoliticien de l’Axe Eurasie-Afrique :

Géopolitique – Géoéconomie – Géoidéologie – Géohistoire –

Géopolitismes – Néoeurasisme – Néopanafricanisme

(Vu de Moscou et Malabo) :

PAGE SPECIALE Luc MICHEL’s Geopolitical Daily

https://www.facebook.com/LucMICHELgeopoliticalDaily/

________________

* Luc MICHEL (Люк МИШЕЛЬ) :

WEBSITE http://www.lucmichel.net/

PAGE OFFICIELLE III – GEOPOLITIQUE

https://www.facebook.com/Pcn.luc.Michel.3.Geopolitique/

TWITTER https://twitter.com/LucMichelPCN

* EODE :

EODE-TV https://vimeo.com/eodetv

WEBSITE http://www.eode.org/

Torino – Lione La favola del rischio di perdere 300 milioni di fondi UE già persi

Comunicato Stampa 

PresidioEuropa 

Movimento No TAV

26 febbraio 2019

http://www.presidioeuropa.net/blog/?p=19077

Torino – Lione La favola del rischio di perdere 300 milioni di fondi UE 

già persi

… la comunicazione fuorviante di TELT e di Salvini …

La società franco-italiana TELT ha ricevuto nel 2015 dai suoi azionisti, i Governi francese e italiano, un solo ordine: realizzare la Torino-Lione nel rispetto degli Accordi internazionali.

Se i sostenitori della Torino-Lione affermano che, se non si fa in fretta, si perderanno 300 milioni di euro di fondi europei, la realtà è un’altra: questi fondi sono già persi a causa dei ritardi causati da TELT nella conduzione dei lavori geologici nei cantieri italiano e francese.

La Commissione europea adotterebbe il principio use it or lose it (usali o perdili) come ha già fatto nel 2013 annullando ben 276,5 milioni di euro. Un Audit No TAV segnala che circa il 75% dei fondi europei sono stati o saranno ritirati dalla Commissione europea per ritardi del progetto.

La fuorviante comunicazione di TELT, adottata acriticamente dai sostenitori politici, sindacali, industriali della Torino-Lione, mira a far credere che sia l’attuale dibattito politico e sociale intorno al futuro di questo progetto la causa della cancellazione di una parte dei fondi europei.

Perché TELT esercita il potere conferitole per fare attività di lobby? Da anni si comporta come un’azienda privata alla ricerca di clienti da soddisfare, lancia campagne pubblicitarie ed eventi pubblici, si è dotata di un ufficio stampa e retribuisce esperti comunicatori, tutto a spese dei contribuenti. Sono spese inutili che distraggono una parte dei finanziamenti pubblici destinati a scavare le montagne.

TELT mira a convincere i decisori politici ad adottare decisioni in contrasto con gli accordi internazionali per rassicurare gli amici dei suoi capi (Hubert du Mesnil, presidente e Mario Virano, direttore generale), ossia le grandi società di costruzione, che essi non saranno privati di un lucroso affare: lo scavo miliardario del tunnel di base di 57,5 km di 9,6 miliardi di euro.

Salvini e Rixi, che affermano di essere difensori degli interessi italiani, lo sanno che il nostro Paese finanzierà la stragrande maggioranza dei costi del progetto, e che dunque l’Italia pagherà la gran parte dei lavori in Francia?

I lavori geologici in Italia sono terminati da oltre un anno, ma il cantiere per lo scavo del tunnel di base non parte. Perché, chi è il responsabile?

In Francia il cantiere geologico accumula ritardi, l’Europa non erogherà i fondi promessi se i lavori geologici in corso non saranno terminati entro il 31 dicembre 2019, scadenza materialmente impossibile da rispettare. Perché, chi è il responsabile?

I gravi ritardi del progetto sono il risultato di una gestione complessivamente inefficiente di TELT, lo confermano l’analisi degli avanzamenti del progetto e le passate decisioni della Commissione europea di cancellare i fondi europei al progetto.

Nel 2013 LTF (divenuta nel 2015 TELT) perse 276,5 milioni di euro, il 41% dei fondi europei di € 671,8 milioni all’epoca disponibili: la Commissione europea li cancellò per i ritardi nell’esecuzione dei lavori. Oggi la Commissione europea minaccia l’Italia e la Francia di reiterare questa decisione.

Sono al corrente TELT, e i ministri Toninelli e Salvini, che la quota di fondi europei per lo scavo del tunnel contenuta nel Grant Agreement 2015 di 813 milioni di euro è oggi inutilizzabile perché l’art. 16 dell’accordo del 2012 non permette il lancio di lavori definitivi dato che Francia e Italia non hanno stanziato i 9,6 miliardi di fondi necessari per realizzare l’intero tunnel? Chi è il responsabile?

TAV, GRUPPO M5S: “CONSULTAZIONE PERDITA DI TEMPO E DENARO, CHIAMPARINO PARLA DI TAV PER COPRIRE IL SUO FALLIMENTO IN PIEMONTE”

https://www.piemonte5stelle.it/2019/02/tav-gruppo-m5s-consultazione-perdita-di-tempo-e-denaro-chiamparino-parla-di-tav-per-coprire-il-suo-fallimento-in-piemonte/

La consultazione popolare di Chiamparino è una presa in giro nei confronti dei cittadini piemontesi. Una perdita di tempo e denaro. Di tempo perché la Regione deve pensare prima a chiudere il bilancio e di denaro perché l’ente non ha nessuna competenza sul TAV. Quello di oggi è l’ennesimo spot elettorale di Chiamparino su un cantiere per il quale non ha nessun strumento per intervenire. Al massimo potrà andare a vedere il cantiere con le braccia dietro la schiena. 

Singolare che si scopra, tutto ad un tratto, la democrazia diretta dopo che per oltre 20 anni nessuno ha chiesto il parere alle popolazioni interessate a quest’opera. All’improvviso si scoprono anche ipotesi alternative, come la cosiddetta “mini TAV”, che devono essere rispedite al mittente se prevedono la possibilità di realizzare il tunnel di base. 

La narrazione secondo cui il Piemonte sarebbe “all’angolo” per colpa di chi si oppone al Tav è una storiella fantasiosa. La realtà è ben diversa. Il Piemonte è stata una Regione con un debito di 10 miliardi di euro, l’unica del nord Italia ad esser stata sottoposta al piano di rientro, l’unica in cui si sono verificati due scandali per le firme false, la regione di Rimborsopoli, delle mutande verdi e dello scandalo Finpiemonte. Ed i responsabili sono gli stessi che vogliono il TAV: destra e sinistra che hanno entrambi governato il Piemonte. 

Nel frattempo, mentre Chiamparino si riempie la bocca parlando solo di TAV, si dimenticano le vere priorità del Piemonte: sanità efficiente, Trasporto pubblico locale, edifici scolastici sicuri e messa in sicurezza del territorio.

Gruppo regionale Movimento 5 Stelle

TAV, CONSULTAZIONE ARMA DI DISTRAZIONE DI MASSA DI CHIAMPARINO. LE PRIORITA’ DEL PIEMONTE SONO SANITA’, EDILIZIA SCOLASTICA, TPL E TUTELA DEL TERRITORIO”

https://www.piemonte5stelle.it/2019/02/tav-consultazione-arma-di-distrazione-di-massa-di-chiamparino-le-priorita-del-piemonte-sono-sanita-edilizia-scolastica-tpl-e-tutela-del-territorio/

Consultazione sul TAV, l’ultima arma di distrazione di massa di Chiamparino. Perché lui ed i suoi amici non hanno chiesto l’opinione dei cittadini 20 anni fa quando si iniziò a parlare dell’opera? Farlo oggi sarebbe solo una perdita di tempo e denaro, con il Consiglio regionale impegnato sul bilancio ed un’analisi scientifica su costi e benefici che parla chiaro.
 
La fantasia di Chiamparino non conosce limiti quando si parla di TAV. Qualche settimana fa fa voleva finanziare l’opera con risorse della Regione, senza dire con quali risorse (una nuova tassa?). Poi si è inventato un fantomatico “sconto” sull’opera da parte dell’Unione europea subito smentito dalle istituzioni francesi ed ora rilancia il referendum.
Gli andava poi benissimo avere l’esercito ad imporre l’opera, ora si risveglia di colpo interessato all’opinione della popolazione!
 
Chiamparino parla solo di TAV per cercare di nascondere cinque anni di inconsistenza e si dimentica le vere esigenze dei cittadini Piemontesi: sanità, edilizia scolastica, trasporto pubblico locale e tutela del territorio. Queste sono le vere emergenze del Piemonte, a queste la politica deve dare risposte.
 
Gruppo regionale M5S Piemonte

COSA CI DICONO DI VENEZUELA, ONG, AGENZIE DI RATING, P2, ASSANGE……. NAZIONE CORROTTA, STAMPA INFETTA

http://fulviogrimaldi.blogspot.com/2019/02/cosa-ci-dicono-di-venezuela-ong-agenzie.html

MONDOCANE

LUNEDÌ 25 FEBBRAIO 2019

L’Espresso di allora e i media di oggi

Il meme “Capitale corrotta, nazione infetta”, formulato nel 1955 da un “L’Espresso” del tutto eterodosso rispetto a quello ortodossissimo di oggi di Debenedetti, titolava una drammatica inchiesta di Manlio Cancogni sull’orrore della speculazione edilizia iniziatasi allora a imperversare su Roma. Espressione felice e inchiesta agghiacciante, che non impedì allo scandalo della devastazione di dilagare in tutto il paese e di raggiungere le vette parossistiche (vedi TAV, TAP, sottopassi, varianti, passanti vari) che sperimentiamo sulla pelle. Ora più che mai, in vista del passaggio dei poteri dello Stato unitario ai governatori  di quelle regioni che tanta buona prova hanno fornito in difesa di suolo, ambiente, sanità, istruzione, diritti sociali, onestà, legalità, parsimonia dei governanti.

Ho parafrasato quel meme quando mi sono chiesto in virtù di quale annebbiamento mentale si potesse credere anche a una sola parola (quando non fosse strumentale) di quanto pubblicato dai media, quando questi appartengono, o rispondono, a quegli stessi potentati alle cui successive e sempre più incontrollate e proterve generazioni  e loro imprese dobbiamo questa Roma e questa Italia. Per la prima volta, da pochi mesi, una forza politica ha messo sul piatto, in particolare con un ministro della Giustizia e uno dell’Ambiente, il proposito, subito sgambettato dal partner di governo, di invertire la marcia che ha portato alla bancarotta fraudolenta dell’impresa “Belpaese, SpA”. La cosa, del tutto incompatibile con i tempi che corrono ha suscitato bad vibrations,onde sismiche e maremoti, da un capo all’altro del paese, dell’Europa e fin dell’Occidente. E i padroni dei media, oggi un cartello atlantico, si sono mossi alla grande.

Arresto dei Renzi? Ci vuole il Piano di Rinascita.

Le reazioni UE non si sono fatte attendere e ce le troviamo sul gobbo. Quelle dello schieramento storico, prodotto dalle temperie catto-capitaliste postbelliche e strettosi come cappio al collo d’Italia fin dai tempi di quel “L’Espresso” eterodosso, ha reagito in vari modi. L’ultima essendo quella che recupera, da parte di tutti loro, opposizione e metà governo, l’insegnamento del maestro Licio Gelli: Piano di Rinascita.  Stimolata dallo sconcerto e dall’indignazione perché si è osato mettere i ceppi (domestici) ai genitori di un ex-premier di quel calibro, ne ha rilanciato, unanime da Martina a Salvini agli scontati Radicali, l’idea della separazione pubblici ministeri- giudici, conditio sine qua non per mettere le briglia a quella magistratura che non si era ancora spontaneamente legata al carro. Piano di Rinascita ora perfezionato con le “autonomie differenziate”  dove ogni cosa è di più facile controllo e gestione. E quale Stato, col ministro Costa e col ministro Bonafede, gli potrebbe dire più niente quando a decidere cosa fare e cosa non fare saranno governatori e consiglieri  di regioni in cui il controllo del territorio viene esercitato, lo dicono le recenti inchieste giudiziarie in Veneto, Lombardia ed Emilia, da ‘ndrangheta e camorra?

Sono i Reporter Senza Frontiere, bellezza!

Abbiamo sotto gli occhi un paginone del “manifesto” firmato da Guido Caldiron, che ricordiamo “pasionario” di tante belle rivoluzioni colorate, in particolare  di quella fallita, ma cara ai suoi correligionari, del Libano nel 2005 (scriveva su “Liberazione”). L’oggetto è l’esaltazione di un rapporto delle associazioni e cosiddette Ong che animano la Piattaforma per la Protezione e Salvaguardia del Giornalismo, organismo che serve a dire come stanno le cose nei media al Consiglio d’Europa. Comprende federazioni e sindacati, ma tra tutti, ai fili del consesso dei capi UE, pendono i Reporters Sans Frontieres (RSF). Quelli che si premurano di spiegare a Trum, Macron, al colto e all’inclita tutte le verità sui mascalzoni Putin, Assad, Rouhani, Kim Jong Un.  A loro, non ridete, Caldiron attribuisce il monitoraggio e la denuncia dello stato della libertà di Stampa.

Il 13 febbraio 2019, il “manifesto”  accredita una relazione di RSF, bocca della verità, sulla condizione dei media italiani. Il 2 gennaio del 2016  allo stesso giornale era sfuggita una svista. Sul suo supplemento “Le Monde Diplomatique” il fondatore e padre nobile di RSF, Robert Ménard, era stato bollato di stipendiato della Cia e lui e la sua organizzazione di estrema destra. Un faux pas per il giornaletto che non si perde una campagna di Soros e della fazione Hillary del Partito Democratico, dunque dello Stato Profondo Usa. Forse inevitabile, dato che non solo autorità del giornalismo come Gianni Minà o Reseau Voltaire, ma la totale identificazione di RSF con tutte le cause care al Dipartimento di Stato e alla base dei macelli libico, iracheno, siriano, afghano, africano, migrantesco, avevano solidamente corroborato tale assunto.

Mafie? Golpe? Gorilla? Maddechè.

Cosa denuncia, dunque, quel rapporto sulla guerra atomica alla libertà di stampa in Italia? Un report destinato all’indignazione e, necessariamente, ai conseguenti provvedimenti dei notabili UE. Che, mettiamo, il “manifesto”, prodigo di ogni informazione anche sul minimo malumore causato al “rifugiato” dalla xenofobia razzista, fascista e antisemita del manigoldo italiano, ci riferisca anche dello scandalo del Cara di Mineo, da cui si estendono su tutta l’Italia i tentacoli della quarta mafia, quella nigeriana? Che, come prefetture, commissariati, carabinieri,  tribunali, inchieste ci rivelano, in Italia lo spaccio di cocaina e della rediviva eroina, il business della prostituzione, il controllo di larghe fette di territorio, sono ormai quasi monopolio dei nigeriani (arrivati con le Ong, come se no?)? Che è ora di smetterla di piangere sui “salvati” nel mare e schiavizzati dai caporali e attaccare a fondo sia la Grande Distribuzione che campano sulla loro schiavitù e le multinazionali che li sradicano dai loro paesi?

O pensate che il rapporto di RSF e affini ci parli della libertà di stampa manomessa e compromessa da 99 giornali e canali su 100 che, messo l’orecchio a Trump, Bolton e a quello dei genocidi nel Centroamerica, Elliott Abrams, danno a Maduro del dittatore e affamatore del suo popolo, senza dire mai una sola parola sulle sanzioni sociocide degli Usa? O sulla ricomparsa degli stessi arnesi del golpe 2002, sul retroterra terroristico di Guaidò, su vent’anni in cui Chavez e Maduro hanno fatto uscire più popolo dall’indigenza e dall’ignoranza di qualunque altro paese latinoamericano, Cuba inclusa? O  esaltando  le 300 tonnellate di aiuti dell’agenzia Cia USAID, al confine con la Colombia, da qualche gazzettiere volenteroso pompate a 600, e occultando le 1000 tonnellate che ogni giorno il governo di Maduro distribuisce alla popolazione?

Lamenta forse, il rapporto, che nessun mezzo d’informazione abbia avuto quel minimo di deontologia da richiamare alla memoria dei lettori la storia dei colpi di Stato Usa in America Latina e nel mondo, con successiva immancabile installazione di dittatori e ladroni, quelli sì, dall’Argentina al Brasile al Cile al Perù al Venezuela al Nicaragua all’Honduras al Guatemala ad Haiti a Cuba al Messico dei narcopresidenti, fino all’Ucraina dei corpi speciali nazisti, a metà Africa in combutta con Parigi…?

Forse il rapporto si risente della mancanza di una qualche ricerca in profondità che ci spieghi come chiunque abbia toccato il dollaro, tipo il Venezuela col petro, la Libia con la moneta panafricana, Saddam con l’euro, o abbia un bel po’ di petrolio sotto i piedi da suscitare l’interesse tonitruante degli Usa? Per cui lasciare a distanza di schioppo, anziché di oceani e mari, la più vasta riserva di idrocarburi del mondo (più coltan, oro, acqua), non rientrerebbe nella vicenda dell’eccezionalismo statunitense?  Che il rapporto trovi sconcertante che la rivelazione di uno dei più grandi e autorevoli editori americani, la McClatchy (29 quotidiani in 14 Stati, centinaia di siti web, agenzie di notizie), sui 40 voli segreti  in due settimane della compagnia privata Usa, “21 AIR LCC”, di cui gran parte sono stati scoperti dalle autorità venezuelane pieni di armi leggere e pesanti destinati all’opposizione?

Non credete che sicuramente il rapporto per il Consiglio d’Europa abbia rilevato quanti occultamenti, travisamenti, depistaggi, distrazioni di massa, manipolazioni, autentiche balle, squalifichino ogni credibilità della stampa italiana, senza dubbio, per quanto riguarda deontologia e grammatica democratica, la più penosa del continente? Stampa “mainstream” la chiamano in inglese, “flusso principale”. Da noi sarebbe “stampa di regime”. Mica nel senso di governo, che di stampa ne ha pochina. Di regime, quello vero. Non, no, per RSF che, avendo la faccia  come il clown Grock, sono i 5 Stelle responsabili del 46° posto nel mondo che l’Italia avrebbe per libertà di stampa.

Pagliuzze e travi

Tipo il vindice della correttezza mediatica, Il Fatto Quotidiano, cui, togliendogli una t, spetta il fato quotidiano di scoprire la pagliuzza nell’occhio altrui, con tanto di trave nel proprio. Non che le pagliuzze non ci siano e non siano grosse come covoni, ma che dimensione si può dare a una trave che denuncia (fonte l’immancabile Ong dei “diritti umani”) il dilagare in Germania di spie siriane, reduci dall’aver torturato 2000 prigionieri politici (Amnesty!), talpe russe, sabotatori iraniani? Mentre parrebbe ancora vivo lo stupore di Frau Merkel per essere stata spiata, insieme alla Rousseff e a qualche miliardo di umani, dalla NSA statunitense. Agenzia che, insieme a Cia, Mossad, MI6, BND tedesco, DGSE francese, secondo RSF, si preoccupa unicamente della nostra sicurezza e privacy.

E che trave è quella, condivisa con il “manifesto” e con tutti gli altri sodali della “guerra al terrorismo”, che nasconde dietro a Giulio Regeni il tentativo delle 7 Sorelle di fottere all’Italia gli idrocarburi al largo dell’Egitto? Per cui l’Egitto va rappresentato come il mattatoio del solito “dittatore”, mentre si tace sul terrorismo vero dei cari Fratelli Musulmani che, con le loro milizie Isis, lo assale da tutti lati, assassinando giudici, massacrando poliziotti e civili, incendiando chiese copte, situazione di guerra civile in cui parrebbe difficile tenere in piedi un’immacolata democrazia. Terrorismo considerato dai nostri informatori alla stregua di un’opposizione un po’ vivace. Ovviamente al dittatore.

Illusione, dolce chimera sei tu (https://www.youtube.com/watch?v=rFauAo457nE)

Che però alla fin fine il rapporto di questi segugi delle manchevolezze della nostra informazione abbia scoperto che c’è stata trattativa Stato-mafia e che perciò Borsellino è stato ammazzato, che tra mafia e certo Stato sotto Cia si faceva a chi faceva i migliori attentati; che quello che si diceva di Gheddafi, Assad, Maduro è lo stesso di quanto s’inventava sulle armi di distruzione di massa di Saddam, o sulle buone ragioni di un plusvalore di 7 miliardi ai clienti appaltatori del Buco in Valsusa; che dal corridoio 5 Lisbona-Kiev si sono ritirati tutti sghignazzando, salvo il Chiamparino del pezzetto Torino-Lione; che le agenzie di rating che pretendono di infilarci in paradisi, purgatori o inferni, non sono altro che i terminati delle più scellerate banche d’affari che, con la crisi, hanno moltiplicato per 2000 la ricchezza dei ricchi e per due miliardi la povertà dei poveri. E che al concerto pro-Guaidò del miliardario da bassifondi  di Wall Street (trionfo:18mila sfigati al posto del milione atteso) a un gigante come Miguel Bosè s’è contrapposto un terza fila pro-Venezuela come Roger Waters dei Pink Floyd.

Ce ne sarebbe, ma concludiamo esprimendo la certezza che il rapporto, così come l’Associazione dei Giornalisti Investigativi Europei, avrà buttato un occhio sul fenomeno dell’antisemitismo dilagante in tutta Europa e in Francia soprattutto. Svastiche, aumento del 74% degli episodi, Gilet Gialli che danno del sionista al sionista Fienkelkraut, apparso come per incanto in mezzo a loro. Come ci hanno inzuppato Repubblica, Corriere, Stampa e seguito! E sicuramente avranno concluso che è una ben misera stampa investigativa quella che non sospetta di cronisti secondo cui è stato detto “sporco ebreo”, mentre poi l’audio del fatto riporta solo “sporco sionista”.  Che magari non è educato, ma non è neanche antisemita (ancora per poco). E che magari toccava ai colleghi anche riflettere suil fatto che, se quattro mesi di mazzate e pallottole ai Gilet non sono stati sufficienti a spazzarli dalla scena, forse l’accusa di antisemitismo, missile a testata nucleare, sarebbe servito alla bisogna.

Pesi e misure

Avete cercato tutto questo nel report circonciso da Calderon sotto il titolo “Roma minaccia la libertà di stampa”. Roma sta per 5 Stelle. Ma non lo avete trovato, neanche l’ombra. Invece  avete trovato che la libertà dei media è a rischio, intanto per gli omicidi  e le minacce di morte nei paesi cattivi: Russia, Bulgaria, Slovacchia, Turchia, Ungheria (mica in Honduras dove, dopo il golpe Obama-Hillary, li fanno fuori prima ancora che il dito raggiunga la tastiera, mica nell’ultraliberale Saudia). Ma, soprattutto, per le violenze e la repressione verso la stampa indipendente (“Che ci sia ognun lo dice, dove sia nessun  lo sa”, Metastasio). Che poi, secondo il “manifesto”, sarebbe esso stesso, il Foglio e l’Avvenire, indipendenti grazie allo Stato che ne compensa l’assenza di audience, a Soros, alla Cia e ai vescovi. E, naturalmente, “la maggior parte degli allarmi registrati nel 2018 sono stati inviati dopo l’insediamento del nuovo governo di coalizione il 1.giugno”. Il giorno in cui da Palazzo Chigi è sceso il nuovo Goebbels. Che, a parte dare degli sciacalli e delle puttane a qualche scriba, ha commesso il peccato mortale di voler togliere i regali di Stato a chi non viene comprato nelle edicole. Assassinio della stampa “indipendente”.

E quando, a fianco, in senso letterale e figurato, sempre sul “manifesto” un altro vindice della libertà di stampa titola “Stampa sotto attacco perché ostacola il potere”, pensate che qui si parli delle nostre eccellenze che hanno bombardato la Serbia e disfatto la Jugoslavia socialista e democratica, dell’Ucraina dove le redazioni antigovernative vanno a fuoco, di Facebook e Google che fanno fuori (da internet) chi pubblica critiche al tiro al piccione praticato su Gaza (198 vittime, di cui 40 bambini, 3000 feriti e mutilati, tutti disarmati)? Errore. Si piagnucola sul dato che, dal 2008, le vendite di giornali siano calate del 20% e se ne dà la colpa al web. Non alle balle. Si ringrazia un congresso della Federazione della Stampa (FNSI), quella che trovate accanto (in senso figurato e letterario) a ogni piazzata di Anpi e Arci per cause sbagliate, per aver denunciato la “forte ostilità” manifestata dal governo alla stampa. Mica il contrario, per carità. Trovatemene uno, tra giornali, riviste, tg e talkshow che non spari a palle incatenate sui 5 Stelle. Meschinelli, che non hanno neanche una fanzina. E si rende merito a Mattarella, Casellati e Fico per aver sottolineato l’importanza di deontologia ed etica nella professione. Lo scrivono senza ridere.

Julian Assange? Mai coverto…

Del resto non è la FNSI, assieme all’Ordine dei Giornalisti,  quella che, diversamente dai sindacati giornalistici di mezzo mondo (non Nato), non ha mai speso una sola parola in difesa della condanna a morte strisciante praticata nei confronti di Julian Assange. Il fondatore di Wikileaks che ha rivelato al mondo, con documenti ufficiali, più crimini commessi dagli Usa assieme agli alleati di qualsiasi gola profonda della Storia, da 7 anni è chiuso nell’ambasciata dell’Ecuador dove gli aveva assicurato asilo l’ex-presidente Correa e in cui ora è privato di qualsiasi contatto con l’esterno, anche elettronico, dal nuovo presidente voltagabbana, Moreno. Simbolo e martire della libertà di stampa, è a rischio di condanna a morte se estradato negli Usa, ma dal “manifesto” è stato vilipeso come “stella appannata”. Giudizio che alla FNSI basta per starne alla larga. Deontologia ed etica.

La tv, invece…

Non mi dilungo anche sulle televisioni. Della deontologia e obiettività di Mediaset non fa conto parlare. Evitiamo Lapalisse. Di La7, a seguirne i talkshow dei vari Capitan America anti-5Stelle: Lilli-Bilderberg-Gruber (“la magnifica ossessione” della tirolese mette in campo sistematicamente tre contro uno, più il suo ghigno, quando si tratta di crocefiggere Di Maio & Co.), Zoro, Giletti, Formigli, si impone l’urgenza di una disintossicazione. Della RAI so meno, non seguo che il TG3, per antica consuetudine e perverso masochismo. Quando ero al dignitoso Telekabul, curavo con Giuseppina Paterniti una rubrica di delitti eco- e sociologici. Cattolica e grande tifosa della Caritas, Paterniti è ora direttrice del TG3. Un TG3 che, dismesso da tempo il berretto frigio, s’è messo la tonaca con tanto di zucchetto porpora. Si apre con l’ordine di servizio atlantico, si passa in Vaticano, si prosegue con i migranti bistrattati, si sfotte un po’ il governo, ci si eleva con Mattarella e si chiude con il prete misericordioso.

E qui arriva il due dell’uno-due appoppiato a chi offende l’etica e la deontologia del giornalismo italiano. Ce lo molla l’Agcom, l’Autorità per le Comunicazioni, nella persona di Angelo Cardani, già della Bocconi e del gabinetto di Mario Monti all’UE. E’ nella forma di monito che si esprime Cardani, alla maniera di Napolitano quando dettava la politica ai sottoposti. Mentre noi, accecati dalla faziosità, avevamo l’impressione che, nei vari TG, alle epifanie dei governativi succedesse, col triplo del tempo, la moltitudinaria opposizione nelle sue infinite articolazioni di partito e di corrente, Agcom ci istruisce sul dato agghiacciante che il governo si prende il…90% del tempo! “Inedita sovra-rappresentazione del governo e sistematicamente sotto-rappresentazione delle opposizioni”.

Avevamo visto male. Ci dovremmo mettere gli occhiali. Quelli di Carpenter in “Essi vivono”. Ci renderemo conto di quanto RFS e Agcom accoratamente e rabbiosamente denunciano. E la libertà di stampa sarà salva.

Pubblicato da Fulvio Grimaldi alle ore 18:29

Tav e referendum, Chiamparino parla del nulla

24 Febbr 19 FQ :

Propaganda – Né le leggi nazionali, né lo Statuto del Piemonte prevedono quella consultazione

di Livio Pepino

Sul Tav bastano gli scricchiolii a seminare il panico.

Così la, pur remota, prospettiva di una rinuncia da parte del governo induce il presidente del Piemonte a invocare un referendum.

Curiosa proposta che svela la singolare idea secondo cui i cittadini non devono essere consultati per fare una grande opera, ma la consultazione si impone se si ipotizza di non farla.

Del resto è evidente che il governatore bluffa per cercare visibilità data la prossimità delle elezioni regionali.

Dire referendum, infatti, non significa nulla se non si chiarisce di che tipo di referendum si tratta e chi sarà chiamato a parteciparvi.

Cominciamo dal tipo di referendum. A livello nazionale la Costituzione ne conosce tre: il referendum abrogativo di leggi nazionali previsto dall’art. 75, quello sulle leggi costituzionali o di revisione costituzionale previsto dall’art. 138 e quello previsto dall’art. 132 sulla fusione o la costituzione di nuove Regioni ovvero il passaggio di Comuni o Provincie da una Regione a un’altra.

A livello regionale provvedono i singoli statuti e, per quanto qui interessa, quello del Piemonte, che prevede il referendum abrogativo di leggi, regolamenti o provvedimenti amministrativi regionali (artt. 78 e 80) e quello consultivo, avente ad oggetto “iniziative legislative o provvedimenti amministrativi, nei limiti e secondo modalità fissate con legge” (art. 83).

È di tutta evidenza che nessuno di questi referendum è applicabile al caso del Tav.

Dunque, per procedervi occorrerebbe una legge ad hoc di carattere nazionale, come la legge costituzionale n. 2 del 3 aprile 1989 (che autorizzò l’unico referendum consultivo nazionale della storia repubblicana avente ad oggetto l’attribuzione di un mandato costituente all’Europarlamento) ovvero una apposita legge regionale (analoga alla n. 15 del 19 giugno 2014 della Regione Veneto, avente ad oggetto “referendum consultivo sull’autonomia del Veneto”). 

Questa la situazione. Evocare oggi un referendum sul Tav significa, dunque, solo fare propaganda.

Il governatore Sergio Chiamparino peraltro, evidentemente consapevole dell’impraticabilità di quanto va dicendo, continua a usare il termine “referendum” ma, citando l’art. 86 dello statuto, mostra di riferirsi a un diverso istituto e cioè la “consultazione di particolari categorie o settori della popolazione su provvedimenti di loro interesse”. 

Anche qui non ci siamo. Una consultazione popolare deve essere preceduta – come confermano le motivazioni del parere n. 4654/1998 del Consiglio di Stato, in tema di referendum comunali – da una legge che ne disciplini modalità e tempi di indizione, procedimento, condizioni di validità e quorum, finanziamento e quant’altro (se non altro ad evitare che ogni consultazione si svolga con regole diverse). Ciò anche a prescindere del fatto (pur decisivo) che il citato art. 86 dello Statuto non autorizza una consultazione dell’intera popolazione piemontese ma soltanto quella “di particolari categorie o settori della popolazione”. Ancora una volta si parla del nulla.

Ma c’è una questione ancora più importante. Chi si vuole coinvolgere nel referendum? 

Nonostante le chiassose esternazioni del presidente Chiamparino sulla consultazione regionale, le ipotesi possibili, ai sensi della normativa vigente, sono solo due: o una chiamata alla urne di tutti i cittadini italiani (interessati all’opera come contribuenti) o quella dei residenti nel territorio su cui l’opera dovrebbe insistere (“categoria di popolazione” interessata ai sensi dello statuto della Regione Piemonte).

Evocare oggi un referendum serve, dunque, solo a sollevare un polverone per condizionare o ritardare le decisioni politiche e per fare campagna elettorale (per le europee o per le regionali).

Nell’attuale sistema normativo non sono i No Tav a poter richiedere il referendum ma solo la maggioranza del Consiglio regionale o del Parlamento. 

Non potremo chiederlo ma – se ci sarà – sapremo vincerlo come accaduto per il nucleare, l’acqua pubblica, la Costituzione (tutti referendum in cui ai blocchi di partenza ci davano perdenti e che abbiamo vinto alla grande).