SECONDO GLI SCIENZIATI ATOMICI SIAMO A 2 MINUTI DALL’APOCALISSE……. SE SETTE GUERRE VI SEMBRAN POCHE, NE FACCIAMO ALTRE DUE

http://fulviogrimaldi.blogspot.com/2019/02/secondo-gli-scienziati-atomici-siamo-2.html

MONDOCANE

DOMENICA 17 FEBBRAIO 2019

Qui si parla dell’Iran. L’abbiamo girato in lungo e in largo, ne abbiamo conosciuto i giovani, gli operai, le donne, gli artisti, gli storici, i politici. Ne abbiamo visitato le bellissime città antiche, i siti archeologici. Ne abbiamo incontrato la sofferenza per le atrocità del terrorismo che colpisce alla cieca e delle sanzioni che puntano ad affamare per sottomettere. E’ un Iran civile e ospitale, il rovescio di quello che ci viene raccontato. Un paese che non ha mai aggredito nessuno. Ora lo vorrebbero annientare. Conviene conoscerlo per sostenerlo. Il mio docufilm “TARGET IRAN” ve ne offre l’occasione. Per sapere come riceverlo scrivete a visionando@virgilio.it.  Il trailer: https://www.youtube.com/watch?v=haEQNk6gE8M&feature=youtu.be

Da discorsi dell’odio a fatti dell’odio

Quelli che, da quando li ha inventati Hillary Clinton e da noi li ha rilanciati Renzi, per poi passarli a Boldrini, onde ne coprisse paginate su “Repubblica” “Foglio” e “manifesto”, ci scassano le gonadi con la campagna contro i  “discorsi dell’odio”, gli hate speeches, se fossero onesti dovrebbero gettare un’occhiata su quanto è successo a Varsavia e ritirarsene con orrore. Dopo l’abbandono  USA del Trattato ABM già nel 2002, e ora di quello sui missili a corto e medio raggio (INF) che coinvolgono l’Europa e in vista dell’abbandono anche del trattato New START che scade nel 2021, siamo alla più demenziale corsa al riarmo nucleare dai tempi di Eisenhower. Una corsa che ha fatto spostare l’orologio degli scienziati atomici a 2 minuti da mezzanotte, dove era stato solo temporaneamente nel 1953 e nel 1960, nei momenti più acuti della guerra fredda.

Ma dei fatti dell’odio pochi si curano. Sono i discorsi che contano. E i discorsi dell’odio, i rancori, le invidie sociali, li facciamo solo noi. Noi che non sappiamo adattarci al migliore dei mondi possibili e non comprendiamo la bellezza e la bontà dei diritti umani esercitati sui fregati dalle banche, su coloro che producono a un costo più alto del ricavato, sui migranti che, tolti dall’inferno di casa loro e dei campi libici, vengono trasformati in cavernicoli della plastica, in formiche operaie e poi in torce umane, sui popoli da liberare dai “dittatori” che avevano liberamente eletti….Dopo averci negato la lotta di classe, anzi dopo averne promossa solo una, dall’alto verso il basso, hanno marchiato l’inverno del nostro scontento di “discorso dell’odio”. E Boldrini e Facebook stanno li, acquattati, pronti a coglierci in fallo.

Varsavia-Gerusalemme, vertici di una nuova coalizione RtP

A Varsavia, nei giorni scorsi, altro che “discorso dell’odio”. Dell’odio c’è stato una kermesse, un festival, una fiera, un’apoteosi. Ma nessuno la definira mai tale.  Essendo quei sentimenti tutti diretti contro l’Iran, sentina mondiale massima dell’odio, andavano classificati come “vertice della pace e della cordialità”. Ci si sono messi in tanti, i migliori: i quattro del Gruppo di Visegrad, fino a ieri brutti xenofobi sovranisti, i tre cavalieri dell’apocalisse trumpiana (Pence, vicepresidente, Bolton, Sicurezza Nazionale, Pompeo, Segretario di Stato), i tre semistati baltici, i sauditi con le grandi democrazie del Golfo  e, a coronamento, l’eccellenza assoluta dei buoni e pacifici sentimenti, Benjamin Netaniahu. Razzisti con antirazzisti, nazionalisti con globalisti, sovranisti con antisovranisti (colonizzati), semiti con antisemiti. Tutto fa brodo se ci si fa bollire l’Iran. Per fargli la guerra ci voleva la solita “coalizione dei volenterosi”, sa di “comunità internazionale”, l’ente che è buono per definizione. Quella che si assume la RtP, Responsibility to Protect.

Come potevano mancare i radicali!

E non finisce qui, giacchè pochi giorni dopo a Gerusalemme, la stessa compagnia dei buoni sentimenti torna a riunirsi per dare la limatina finale all’armageddon che dovrà abbattersi sull’Iran, definito, con umorismo necrofilo, “centro mondiale del terrorismo”, appena dopo aver subito un attentato costato la vita a 40 Guardie della rivoluzione (ultimo di una serie ininterrotta israelo-americana dal 1979 a oggi). Tutto questo serva da avvertimento all’arroganza di un paese che si permette di festeggiare, con tutto un popolo, salvo frange in vendita, i quarant’anni della sua uscita dal girone occidentale e da una tirannia monarchica che, quanto a ferocia repressiva, fa sembrare la Spagna di Torquemada un parco giochi per bimbi. Non per nulla, seguendo una vocazione congenita ai diritti umani, si sono precipitati a Parigi i radicali, ad omaggiare l’erede dell’ultimo Shah e farneticare insieme di ritorno della monarchia a Tehran. Gli iraniani, è evidente, non aspettano altro.

Come, del resto, i venezuelani che, dalle immagini presso di noi trasmesse, affluiscono in masse oceaniche a ogni fischio dell’autentico presidente. Quello che, dopo aver fatto saltare un po’ di teste di motociclisti chavisti sui cavi stesi attraverso la strada (tecnica delle guarimbas, ricordate), tanto è piaciuto a Trump e al veterano delle macellerie in Salvador, Guatemala e Nicaragua, Abrams, da nominarlo presidente del Venezuela. Come potevano, Mattarella e il suo portalettere Moavero, non essere d’accordo? Quanto alle immagini, vedrete prima un Guaidò  con un capannello di gente e poi, a stacco, un’immane folla. Guardate bene: c’è un sacco di rosso chavista. Vecchio trucco, facevano così anche con le dimostrazioni contro Assad.

Un po’ di photoshop

Sette guerre di Obama, altre due di Trump

 Qualcuno dovrebbe ricordare a Trump la lezione del maestro Von Klausewitz e, andando più indietro, del sommo Sun Tsu. Mai aprire due o più fronti. Ora, Obama ne ha aperti ben sette, tra piccoli e grandi, tra fatti condurre da terzi e mercenari e quelli condotti direttamente, con stivali sul terreno, o solo con guerra dall’aria: Afghanistan, Libia, Siria, Iraq, Yemen, Somalia, Ucraina. In quasi tutte queste ci siamo di mezzo anche noi, in quanto Nato. Guerre guerreggiate, al netto delle destabilizzazioni con rivoluzioni colorate, o regime change da colpi di Stato, che poi sono guerre anche quelle. Trump ha ereditato e continuato tutte queste guerre, anche se, ora, dalla siriana pare voglia tirarsi fuori, se quelli che lo portano al guinzaglio lo lasciano fare. Magari in cambio dei due nuovi fronti appena aperti: Venezuela e Iran.

Alla vista del protagonismo di un sovra-eccitato Netaniahu che, pressato da una caterva di inchieste per ladrocinio e corruzione suoi e della consorte, deve trovare la molla che lo proietti verso l’ennesima vittoria elettorale, c’è da porsi una domanda: è il cane americano che agita la coda israeliana, o è la coda israeliana che agita il cane americano? A favore della seconda ipotesi milita anche il fatto che senza il supporto degli evangelici statunitensi, difficilmente Trump sarebbe arrivato alla Casa Bianca. E per questi cristiani rinati la Grande Israele è in qualche modo la chiave  che aprirebbe i cieli alla seconda venuta di Cristo. Gente, questa, da non sottovalutare, come s’è visto in Brasile.

Grande Israele o mondo?

Vecchia questione, quella del cane e della sua coda, dalle risposte non univoche. Anche perché di sionismi non ce n’è solo uno. C’è quello ipernazionalista dello Stato per soli ebrei che punta all’impero dal Nilo  all’Eufrate e che poco si interessa al progetto del dominio globale sul mondo, tramite strumenti più economico-finanziari che militari, fondamento invece della strategia dell’altra componente. Che questi due scenari non si siano reciprocamente simpatici parrebbe segnalato anche da come lo speculatore George Soros, campionissimo del mundialismo, sia malissimo visto in Israele e dagli amici di Israele. Qualcuno dirà che vado farneticando quando individuo anche nel “manifesto”, gazzettino dello Stato Profondo in Italia, la linea sorosiana. Da sempre filo-palestinese e duramente critico di Israele, con un bravo corrispondente, Michele Giorgio, per tutto il resto e specialmente nelle sue pagine “culturali”, quasi per intero appaltate alla tribù, sostiene con passione le campagne del globalismo imperiale (migrazioni, terrorismi strumentali, “dittatori” e diritti umani, gender e femminismi, russo- e sinofobia, #metoo, Bonino, Hillary, Troika…)ù

Se forse qualcuno a Washington  si pone il problema che oltre ai conflitti minori, suscettibili alla peggio di causare diverticoli, due bocconi insieme. come Venezuela e Iran, possano anche strozzarti, non è questione che pare turbare Netaniahu. E’ l’unico da quelle parti che tiene l’indice sul bottone di 200-400 bombe atomiche. E ora che, intorno a questo arsenale ha fatto inginocchiare anche Arabia Saudita, Emirati, Kuweit, Bahrein, Oman, con i palestinesi accalappiati dal piano di pace Trump-Kushner che li riempierà di dollari in cambio della resa, tiene anche le spalle coperte.

Delle riluttanze europee, di cui a Varsavia non si sono visti né quelle del Sacro Romano Impero, e nemmeno delle loro periferiche marche, né Usa, né Israele terranno alcun conto. L’esercito comune franco-tedesco e la relativa industria delle armi sono di là da venire. Come parrebbe di là da venire la fiera risposta alle sanzioni Usa contro l’Iran, che l’UE aveva detto di voler dribblare.

Il trio di Astana a Sochi: prova e riprova….

La stampa nostrana parla di flop a Varsavia.Ne dubito, forse è un esorcismo di fronte alla prospettiva di una conflagrazione generale. Intanto sta in piedi, ed è nucleare, la Nato-arabo-israeliana. Di nulla di fatto si parla anche dell’altro vertice, a Sochi, con Putin, Rouhani ed Erdogan.  tenuto quasi in contemporanea, che vedeva riuniti per la quarta volta i tre brutti e cattivi, compreso quello preso di mira a Varsavia. Sotto le apparenze di concordia e serenità tra i tre protagonisti-concorrenti del conflitto siriano, si sono confermate le differenze tra Iran e Russia, in particolare sull’atteggiamento da tenere verso la sempre più impunita aggressività israeliana. E non si è fatto neanche un passo avanti sulla questione di Idlib, vasta provincia siriana  di cui i turchi hanno fatta una ridotta jihadista, affidata ad Al Nusra, Isis e altre milizie, spesso in lotta tra loro, ma che insistono, contro ogni accordo russo-turco di demilitarizzazione, ad attaccare la provincia di Aleppo. Ne si è venuto a capo di cosa fare della regione di confine, ora in mano ai curdi , ma di cui Erdogan, d’accordo con Washington, vorrebbe fare in profondità la sua “zona di sicurezza”. Ovviamente senza curdi. E senza Damasco.

Intanto i curdi, sotto forma di Forze Democratiche Siriane, assediano Baghuz,  l’ultima città in mano all’Isis, sul confine con l’Iraq, con copertura aerea Usa. Si tratta di territorio arabo siriano come quello di tutto il Nord Est, un terzo della Siria, occupato e pulito etnicamente dai curdi. Ai civili intrappolati a Baghuz e nei villaggi vicini, il governo siriano aveva fatto arrivare una colonna di soccorsi, da utilizzare anche per l’evacuazione. Ma i curdi l’hanno bloccata e rispedita indietro.

Pubblicato da Fulvio Grimaldi alle ore 20:21

Il documento sulla Tav e quell’errore sull’Europa

https://rep.repubblica.it/pwa/commento/2019/02/16/news/i_costi_della_tav_e_quell_errore_sull_europa-219324147/?ref=RHPPTP-BH-I0-C12-P1-S3.4-T1

16 FEBBRAIO 2019

I costi e i benefici calcolati nell’analisi sull’alta velocità si riferiscono a tutta l’Ue, non alla sola Italia

Una deputata inchioda il criminale Abrams ai suoi delitti

A questo link troverete un’impressionante scambio tra la deputata Ilhan Omar e il rappresentante di Trump per l’attuazione del golpe in Venezuela, Elliott Abrams.
Nell’audizione alla Camera Ilhan Omar interroga il criminale di guerra e contro l’umanità Abrams su suoi trascorsi di gestore dei genocidi in Guatemala, Salvador e Nicaragua, negli anni ‘80.
Per aver mentito al Congresso su queste operazioni, ordinategli da Reagan, Abrams venne condannato, ma poi graziato da Bush Jr. e ora riabilitato per altre imprese latinoamericane da Trump.
Notare come la brava rappresentante somaloamericana rade al suolo il genocida.
Ne prendesse nota il presidente Mattarella, che l’operazione golpista, di cui Abrams è il perno, ha approvato e di cui ha chiesto la condivisione al nostro governo.
Ne prendessero nota i ministri e parlamentari che hanno avallato l’assalto al Venezuela sovrano, democratico e antimperialista, arrivando a mettere sullo stesso piano uno sconosciuto ex-terrorista, autoproclamatosi presidente su ordine di servizio Usa, è un presidente legittimamente eletto, con un voto al tempo giudicato del tutto corretto (come i precedenti 25 in vent’anni), sottoposto dagli Usa a una guerra economica feroce, onde sabotare un processo di emancipazione sociale e politica che è stato, con Chavez e Maduro, un faro di progresso e libertà per l’America Latina e il mondo.

Ilhan Omar Political Scorched Trump, il più recente criminale diplomatico-scontro di guerra

ilhan omar
TOM WILLIAMS

Elliott Abrams ha sostenuto gli squadroni della morte e il genocidio in America Latina, ma non può gestire le domande poste al riguardo.

L’amministrazione Trump ha guardato avidamente il Venezuela, facendo rivivere la vecchia abitudine degli Stati Uniti di rovesciare i governi latinoamericani in paesi con preziose risorse naturali. Per aiutare con questo, Trump ha chiamato Elliott Abrams, un uomo con una vasta esperienza nel sovvertire la democrazia e consentire l’omicidio di massa in America Latina, come inviato speciale in Venezuela.

Un anno fa, la sua presenza di fronte alla commissione Affari esteri della Camera avrebbe potuto essere un affare facile, ma mercoledì, il rappresentante del Minnesota Ilhan Omar voleva sapere se il Congresso potesse aspettarsi ancora più atrocità da lui questa volta:

Omar: Sig. Abrams, lei si è dichiarato colpevole di due accuse di rifiuto di informazioni dal Congresso in merito al suo coinvolgimento nell’affare Iran-Contra, per il quale è stato in seguito perdonato dal Presidente George HW Bush. Non riesco a capire perché i membri di questo comitato o il popolo americano debbano trovare qualche testimonianza che oggi dite di essere veritiera.

Abrams: Se potessi rispondere a questo-

Omar: non era una domanda.

Ciò dà il tono al resto dello scambio. Omar continua a dettagliare alcune delle orribili voci sul curriculum di Abrams, compresa la volta in cui ha liquidato il peggior massacro nella storia moderna dell’America Latina – quando l’esercito salvadoregno addestrato dagli Stati Uniti ha ucciso 800 civili – come propaganda comunista e in seguito riferito al sostegno americano lì come un grande risultato.

Nonostante le proteste di Abrams, nulla di ciò che Omar gli ha detto costituisce un attacco personale. Ciò che ha presentato è stato un catalogo di cose che Abrams ha detto e fatto in ruoli governativi ufficiali in passato, e che include la divulgazione di informazioni dal Congresso e l’abilitazione del genocidio sostenuto dagli Stati Uniti in America Centrale. Considerando che sta testimoniando davanti al Congresso per una posizione in cui può sanzionare ancora più violenza in Venezuela, quelli sembrano dettagli pertinenti.

“Vorresti sostenere una fazione armata in Venezuela”, ha chiesto Omar, “che si impegna in crimini di guerra, crimini contro l’umanità o genocidio se credi che stessero servendo gli interessi degli Stati Uniti come hai fatto in Guatemala, El Salvador e Nicaragua?”

A questo punto, Abrams si rifiutò completamente di rispondere alle domande sulla base del fatto che si trattava di attacchi personali. Ma per essere onesti, le domande di Omar sono in parte teatrali, un tentativo di ricordare alla gente, comprese Abrams, le atrocità che ha commesso.

TAV. Perino :”Grazie al Movimennto del NO evitato uno spreco di 7 miliardi di euro. Ora restituiteci la nostra terra”

https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/02/15/tav-perino-grazie-a-movimento-del-no-evitato-spreco-di-7-miliardi-di-euro-ora-restituiteci-la-nostra-terra/4974872/

di  | 15 Febbraio 2019

“Al governo diciamo che se pensate di continuare quest’opera ci troverete per i prossimi trent’anni dove siamo sempre stati”. Dopo la pubblicazione dell’analisi costi beneficiAlberto Perino, storico attivista del movimento No Tav, lancia un messaggio forte e chiaro al governo Lega e M5s. “Adesso servono i fatti – gli fa eco Lele Rizzo ci servono decisioni e servono fatti concreti sul territorio e sul cantiere di Chiomonte”. I militanti No Tav chiedono che “il cantiere venga sgomberato e che si ponga fine alla militarizzazione del territorio” rilanciando l’appuntamento nazionale del 23 marzo per una grande manifestazione nazionale dove scenderanno a Roma tutti i movimenti contro le grandi opere inutili.

La denuncia della Corte dei Conti: “In Italia ci sono infrastrutture inadeguate che pesano sulla vita dei cittadini”

https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/02/15/corte-dei-conti-in-italia-ci-sono-infrastrutture-inadeguate-che-pesano-sulla-vita-dei-cittadini/4974443/

La denuncia della Corte dei Conti: “In Italia ci sono infrastrutture inadeguate che pesano sulla vita dei cittadini”

Controlli insufficienti, rischio vuoti negli organici a causa della quota 100, pessimismo per il futuro: la foto scattata dal procuratore generale della Corte dei Conti Alberto Avoli durante l’inaugurazione dell’anno giudiziario rappresenta un paese in difficoltà, che rischia di perdere terreno rispetto all’Europa

 

Infrastrutture inadeguate, controlli insufficienti, rischio vuoti negli organici a causa della quota 100, pessimismo per il futuro. La foto scattata dal procuratore generale della Corte dei Conti Alberto Avoli rappresenta un’Italia in difficoltà, che rischia di perdere terreno rispetto agli altri paesi europei. La denuncia è arrivata durante l’inaugurazione dell’anno giudiziario della Corte dei Conti ed è stata accompagnata da parole dure, specie per quanto riguarda le grandi opere: “Il nostro Paese non dispone di un patrimonio infrastrutturale adeguato al suo sistema economico e produttivo” ha detto Avoli, sottolineando che l’effetto si avverte anche sulla qualità di vita dei cittadini in termini di trasporti, viabilità, rifiuti e manutenzione del territorio. A sentire il pg della Corte dei Conti, “la mancanza di congrui investimenti rischia di accrescere ulteriormente il gap” con l’Europa, con un peggioramento non solo in termini di competitività ma anche di condizioni sociali della comunità.

In tal senso, influisce non poco la scarsa prevenzione: “Le procedure di controllo della sicurezza strutturale” delle infrastrutture “sono state in passato e sono tuttora insufficienti al fine di prevenire crolli, come quello del Ponte Morandi a Genova”. Il magistrato contabile ha citato la relazione della Commissione Ispettiva dal Mit, sottolineando che il dossier “evidenzia, inoltre, un vistoso difetto di coordinamento tra l’attività del concessionario e le funzioni di vigilanza proprie del concedente e cioè proprie delle strutture del Ministero“. Avoli, infine, ha sottolineato la necessità di controlli più stringenti da parte dello Stato, con “apparati tecnici di vigilanza, dei quali la pubblica amministrazione attualmente non dispone a sufficienza“.

Secondo il presidente dei giudici contabili Angelo Buscema, poi, il futuro non sarà migliore: “Il 2019 e gli anni successivi si presentano non facili per il governo dei conti pubblici”, anche perché il “ripiegamento” dell’economia internazionale rende “più stringenti i margini delle azioni di riequilibrio del disavanzo e del debito”. “In sede programmatica – ha aggiunto Buscema – gli spazi per garantire un percorso di seppur lenta riduzione del debito appaiono molto contenuti, ponendo il Paese in un crinale particolarmente stretto”. Nel corso del suo intervento, poi, Buscema ha parlato anche di politica: “Non è superfluo ricordare, soprattutto alle nuove generazioni, quanto sia prezioso, in un corretto bilanciamento di poteri, un assetto istituzionale che preveda la presenza di soggetti indipendenti, in grado di assicurare la collettività che le scelte principali, che incidono sulla vita quotidiana siano sistematicamente sottoposte alle opportuneverifiche di legittimità e efficacia”. Un messaggio chiaro alla politica, che diventa un attacco diretto quando Alberto Avoli ha parlato di uno dei provvedimenti spot del governo e in particolare della Lega di Salvini: quota 100.

“Le recenti disposizioni in materia previdenziale suscitano notevoli preoccupazioni circa le ricadute sulla organizzazione degli uffici per i vuoti negli organici che presumibilmente si apriranno copiosi nel breve termine” ha sottolineato Avoli, spiegando che “tali vuoti tuttavia costituiscono un’occasione unica da non perdere per promuovere il ricambio generazionale nei quadri pubblici con l’immissione in ruolo di risorse portatrici di professionalità specifiche e maggiormente aperte all’innovazione”. Venendo ad aspetti più tecnici, Avoli ha poi passato in rassegna i risultati di un anno di lavoro: “Nel corso del 2018 l’importo recuperato da accertamenti patrimoniali per il periodo 2014-2018 è stato pari a 323.728.285 euro, con un incremento del 26,9% rispetto al periodo 2013-2017 (euro 272.890.900,43). Tale dato – ha sottolineato – potrebbe apparire ancora più rilevante ove si pensi che le sentenze di condanna da portare in esecuzione riguardano nella maggior parte dei casi il settore delle frodi comunitarie, perpetrate attraverso l’indebito utilizzo dei contributi pubblici“.

Sempre nel corso del suo intervento il pg della Corte dei Conti ha spiegato che “il fenomeno dell’assenteismo può considerarsi endemico ed è difficile da estirpare. Si sono susseguite nel tempo normative sempre più stringenti, ma i risultati conseguiti non sono stati pari alle aspettative”. Parlando sempre di pubblica amministrazione, il pg ha evidenziato che sono stati fatti “passiimportanti“, ma “il traguardo è ancora molto lontano ed il panorama del nostro Paese si presenta tutt’oggi a macchia di leopardo. Si sono infatti accentuate le differenze territoriali nella qualità dei servizi erogati ai cittadini e negli stessi modelli di gestione. Il potenziamento delle autonomie – ha aggiunto – dovrà necessariamente accompagnarsi ad un effettivo e coerente riposizionamento di tutti i livelli di responsabilità, e non solo quella politica”.

Il presidente Buscema, invece, ha messo in evidenza che “allo stesso tempo, la flessione, ormai di lunga data, degli investimentipubblici, che sono un fattore decisivo per la crescita economica, richiede interventi innovatori su più fronti, dalla rinnovata necessità di disponibilità di risorse, alle procedure e ai controlli”. Poi un altro parere negativo sull’operato degli ultimi governi: “Le norme intese a semplificare e accelerare i processi decisionali e a promuovere la trasparenza e la digitalizzazione nelle pubbliche amministrazioni hanno evidenziato ancora limiti significativi, superabili solo con un nuovo impulso legislativo al processo di riforma”. Buscema poi ha annunciato una sorta di monitoraggio continuo sull’operato del governo: “Si rafforza l’esigenza di un’accurata verifica delle quantificazioni dei provvedimenti proposti e di un monitoraggio, anche in corso d’anno, delle fasi attuative delle principali misure, nonché della messa a punto di assetti organizzativi indispensabili alla riuscita degli interventi, come le agenzie del lavoro, la struttura di missione per gli investimenti e l’autorità per la progettazione”.

Avoli, invece, non ha mancato di criticare il modus operandi comunicativo della politica: “Occorre dimostrare coraggio, il coraggio di uscire da una inconcludente rissosità continua, il coraggio di non rendere deserto il futuro dei giovani in nome di un eterno presente, il coraggio di avere ideali e valori“. Sempre Avoli, poi, ha sottolineato che nel “tempo complesso” che stiamo vivendo, caratterizzato dalla “invasività petulante delle reti di comunicazione sociale”, è “assai pericoloso” il disallineamento fra la realtà oggettiva dei fatti e quella virtuale.

Tecnici Ue non credono al Tav: “L’Alta velocità è uno spreco”

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2019/02/16/i-tecnici-ue-non-credono-al-tav-lalta-velocita-e-uno-spreco/4976097/

Il rapporto – Bruxelles insiste: “Va fatto o verrete tagliati fuori dalla rete transnazionale”.

Ma per la Corte dei Conti europea è un flop

I tecnici Ue non credono al Tav: “L’Alta velocità è uno spreco”

di  | 16 Febbraio 2019

È come se Bruxelles parlasse due lingue. Da un lato quella politica, che spinge per i corridoi europei dell’Alta velocità ferroviaria a qualunque costo. Dall’altro quella dei tecnici, che bocciano i progetti in termini di costi e benefici. Ieri la Commissione ha lanciato l’ennesimo avviso a Roma: il Tav “resta un progetto importante per l’Italia, la Francia e l’Ue” perché è un “progetto transeuropeo necessario per unire le Regioni e rafforzare la coesione: è un progetto di solidarietà e unione”. Insomma, l’Italia rischia di essere tagliata fuori dalle super reti ferroviarie europee. È quello che da 20 anni raccontano i fan dell’opera e ora ripete la Commissaria ai Trasporti Violeta Bulc: la Torino-Lione sarebbe l’anello mancante del Corridoio che inizialmente dal confine ucraino doveva arrivare a Lisbona (oggi ridimensionato) e che Bruxelles pretende.

Sarà vero? A giugno la Corte dei Conti europea (Eca) ha pubblicato un corposo rapporto in cui spiega che le cose stanno diversamente: “La rete ferroviaria ad Alta velocità in Europa non è una realtà, bensì un sistema disomogeneo e inefficace”, si legge nell’incipit. Oggi Bruxelles non dà peso all’ultima analisi costi-benefici che stronca il Tav. Eppure per l’Eca di questi dossier ce ne sarebbe assai bisogno: “L’idea di costruire queste linee si basa spesso su considerazioni politiche, non su analisi credibili, ed è raro che ci si avvalga di analisi costi-benefici per approdare a decisioni efficienti in termini di costi”.

Il rapporto non menziona la Torino-Lione, ma boccia l’idea che sta alla base dell’opera. Dal 2000, l’Ue ha investito 23,7 miliardi in infrastrutture ferroviarie ad Alta velocità, ma non esiste un piano realistico a lungo termine né una vera rete europea ad alta velocità, bensì un sistema disomogeneo e inefficace di linee nazionali mal collegate fra loro. Quelle transnazionali spesso non rientrano tra le priorità dei Paesi – nonostante gli accordi bilaterali – e per questo “l’obiettivo di triplicare le linee (fino a 30 mila km) entro il 2030, completando i corridoi della rete centrale europea, non sarà raggiunto”. Fra 12 anni, attraverso la Torino-Lione non si andrà in tutta Europa ad alta velocità. Da Venezia verso Est non c’è nulla, mentre l’Eca ricorda che la tratta Lisbona-Madrid non esiste. È stata considerata “eccessivamente onerosa” e ridimensionata. Il governo portoghese non la vuole. Al momento “non è disponibile nessun collegamento ad alta velocità transfrontaliero”: il Portogallo ha ricevuto 43 milioni per gli studi preparatori, mentre la Spagna ha fermato i lavori. Non va meglio altrove. Molte linee transnazionali sono strozzate. La Germania, per dire, non vuole costruire la tratta nazionale che collegherà Monaco al tunnel del Brennero tra Francia e Italia prima del 2040. E, quindi, “1,5 miliardi Ue saranno praticamente considerati inutili per oltre 20 anni”.

In generale per l’Eca vi sono dubbi circa l’efficienza, in termini di costi, di queste reti. Ha effettuato un’inchiesta in sei Stati (Francia, Spagna, Italia, Germania, Portogallo e Austria) e analizzato la spesa per oltre 5 mila km di linee. Il primo dato emerso è che sono troppo costose: il costo medio per chilometro è di 25 milioni. Per 4 delle 10 linee analizzate, ogni minuto di tempo di percorrenza risparmiato costerà più di 100 milioni, in alcuni casi (Stoccarda-Monaco) si arriva a 369. Se si considerasse seriamente l’alternativa di potenziare le linee convenzionali esistenti – spiega la Corte – si potrebbero risparmiare miliardi.

Non sempre, infatti, le linee ad alta velocità sono necessarie “dati i costi elevati e il fatto che le velocità medie raggiungono solo il 45% della capacità massima, mentre gli sforamenti di costo e i ritardi di costruzione sono la regola”. La loro sostenibilità “è bassa e l’efficacia degli investimenti insufficiente, dato il basso numero di utenti registrato”. Secondo i tecnici dell’Eca, perché abbia successo, una linea ad alta velocità deve raggiungere i 9 milioni di passeggeri l’anno. In tre delle 7 completate e analizzate il dato è assai inferiore, nonostante i 10,6 miliardi spesi, di cui 2,7 messi dall’Ue, che quindi sono stati usati “in modo inefficace”. Per nove delle 14 linee e collegamenti transfrontalieri controllati, il numero di potenziali passeggeri “non era sufficientemente elevato da decretarne il successo”.

Dal dossier si capisce anche perché, a fronte di questi risultati, Bruxelles spinga lo stesso per andare avanti: i controlli dell’Agenzia per le reti transeuropea che gestisce i fondi “si focalizza sulla costruzione in quanto tale e non guarda né i risultati né l’utilizzo delle linee, che non vengono valutati”. Non esiste neppure “un organo che possa stabilire se i progetti cofinanziati dall’Ue sui corridoi della rete centrale abbiano raggiunto gli obiettivi basati sui risultati”.

Tav, costi-benefici: un’analisi di Mario Cavargna, Pro Natura Piemonte

https://radioblackout.org/podcast/tav-costi-benefici-unanalisi-di-mario-cavargna-pro-natura-piemonte/

http://www.radionotav.info/tav-costi-benefici-unanalisi-mario-cavargna-pro-natura-piemonte/

“Molti dubbi sorgono dall’analisi tecnica, fatta da persone oneste e indipendenti dai partiti. Probabilmente l’analisi ha avuto un mandato piuttosto circoscritto e nonostante abbia molti meriti, molti costi non sono stati contemplati, a partire dai costi sulla salute, i più facili da contabilizzare”
“I 5 stelle hanno massacrato tutti i movimenti a cui avevano fatto promesse, sul tav sembrerebbe vogliano arroccarsi.”
Ma il vero trucco è contenuto nel secondo dossier, quello giuridico, che lascia aperte le porte alla resa non essendo chiaro e definitivo riguardo possibili “penali”. Che non esistono, o meglio non esiste
nessun accordo specifico in materia. 
Il fatto però che non abbiamo voluto seguire nessuna delle indicazioni dei tecnici espressi 
dal Movimento No Tav, dà l’impressione che i 5 stelle abbiano già svenduto anche i no tav, ma vogliono salvarsi la faccia dando la responsabilità a Salvini o ai trattati.