POUR UNE GEOPOLITIQUE AFRICAINE: BACKSTAGE DE LUC MICHEL AU 32e SOMMET DE L’U.A. A ADDIS-ABEBA CES 9-11 FEVRIER 2019

 

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* Voir la video sur : https://vimeo.com/317711112

# 1ère Partie :

LUC.MICHEL.ORG-TV/

POUR UNE GEOPOLITIQUE AFRICAINE :

BACKSTAGE DE LUC MICHEL AU 32e SOMMET DE L’UNION AFRICAINE A ADDIS-ABEBA CES 9-11 FEVRIER 2019

Le géopoliticien Luc MICHEL, président de PANAFRICOM et du PCN- НОП,  néopanafricaniste (1), administrateur-général de EODE Think Tank, depuis Addis-Abeba (Ethiopie), envoyé spécial à la « 32e session ordinaire de l’Assemblée des chefs d’Etat et de Gouvernement de l’Union Africaine » :

Backstage du tournage du Standup « pour une Géopolitique africaine », avec le journaliste Guy Nfondop, réalisé ce 11 février devant le siège de l’Union Africaine pour AFRIQUE MEDIA TV (et diffusé ces 11-12 février 2019).

* voir l’émission sur

PANAFRICON-TV/

LUC MICHEL A ADDIS-ABEBA (II):

COMMENT LA GEOPOLITIQUE EST ABSENTE DES PROJETS DE L’UNION AFRICAINE

(AFRIQUE MEDIA, 11.02.19)

sur https://vimeo.com/317115322

(1) Voir sur PANAFRICOM-TV/

UNIFICATION ET LIBERATION DE L’AFRIQUE ! LES BASES IDEOLOGIQUES DE PANAFRICOM : L’ABC DU NEOPANAFRICANISME (LUC MICHEL, JUIN 2016)

sur http://www.lucmichel.net/2017/08/30/panafricom-tv-unification-et-liberation-de-lafrique-les-bases-ideologiques-de-panafricom-labc-du-neopanafricanisme-luc-michel-juin-2016/

# 2ème Partie :

LUC.MICHEL.ORG-TV/

REPORTAGE :

LUC MICHEL AU 32e SOMMET DE L’UNION AFRICAINE

A ADDIS-ABEBA CES 9-11 FEVRIER 2019

Rencontres multiples – dont le président tchadien Idriss Déby Itno et Félix Tshisekedi nouveau président de RDC –, expertises et directs pour les télévisions internationales AFRIQUE MEDIA et PRESS TV (Iran), lobbying pour le Néopanafricanisme et la Cause des Peuples …

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Sì alla mozione anti-Tav ma intanto il governo sblocca i bandi di gara

https://www.repubblica.it/politica/2019/02/22/news/si_alla_mozione_anti-tav_ma_intanto_il_governo_sblocca_i_bandi_di_gara-219779857/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P2-S1.8-T1

Sì alla mozione anti-Tav ma intanto il governo sblocca i bandi di gara
I cartelli del Pd nell’Aula della Camera con la scritta “Salva Salvini Boccia la Tav” durante la votazione della mozione sulla Tav (ansa)

Entro 15 giorni il via libera, sei mesi per le assegnazioni. Le imprese piemontesi: sciopero contro il blocco

di TOMMASO CIRIACO e CARMELO LOPAPA

22 febbraio 2019
Roma – C’è una svolta sulla Tav. Il governo gialloverde darà il via libera ai bandi di gara per la Torino-Lione. E lo farà entro quindici giorni, in modo da non perdere la tranche da trecento milioni di euro di fondi europei in scadenza. Tutto matura proprio nelle ore in cui alla Camera passa la mozione sull’alta velocità che in apparenza porta al congelamento del progetto. La realtà va nella direzione opposta, perché Palazzo Chigi permetterà a Telt, la società per metà in mano al governo francese e per metà a Ferrovie italiane, di avviare la raccolta delle dichiarazioni d’interesse delle aziende che dovranno realizzare l’opera.

Di fatto, la prima pietra politica che sblocca la realizzazione della Tav. Un terremoto invece per i 5 stelle, che con l’analisi costi-benefici riteneva di aver posto la pietra tombale sui cantieri piemontesi. L’ala movimentista, che martedì ha dovuto già ingoiare il no all’autorizzazione al processo per Matteo Salvini, è pronta a mobilitarsi contro quello che considera l’ennesimo cedimento all’alleato.

Tav, Toninelli: “Chi se ne frega di andare a Lione grazie a un buco inutile nella montagna”

Eppure, il via libera ufficiale è dietro l’angolo. Lo schema piace al Carroccio e nelle ultime ore è stato accettato anche da Palazzo Chigi e dal ministero delle Infrastrutture, roccaforte del grillismo No-tav, anche dopo l’annuncio da parte del sistema delle imprese piemontesi di un fermo delle attività produttive per protestare contro la mozione M5S-Lega. Per sancire lo schema futuro, Conte, Di Maio e Salvini si vedranno i primi giorni della prossima settimana, dopo il voto in Sardegna. Non a caso, perfino il ministro pasdaran Danilo Toninelli adesso ha ammorbidito i toni: «Massimo due settimane e comunicheremo la soluzione trovata con gli alleati». Lui stesso, martedì prossimo, raggiungerà Bruxelles per incontrare rappresentanti della Commissione e del governo francese. Il segretario della Lega intanto canta già vittoria: «Si va avanti sul progetto. Come vedete, non c’è stato lo squallido scambio tra il no all’autorizzazione al mio processo e la Torino-Lione».

Ci sarà dunque il disco verde del governo. A quel punto, si potrà riunire il consiglio d’amministrazione di Telt, rimasto “sospeso” in attesa di una soluzione. La convocazione ancora non è stata formalizzata, ma è attesa per i primi giorni di marzo. Sarà il passaggio necessario per dare il via ai bandi di gara e far partire la raccolta delle dichiarazioni d’interesse. Da quel momento, si aprirà una finestra di sei mesi, al termine della quale la società italo-francese procederà all’assegnazione dei capitolati e alla scelta delle imprese. Ed è proprio aggrappandosi a questi 180 giorni di tempo che i Cinquestelle hanno accettato il compromesso. In teoria, infatti, la Telt – sfruttando la legislazione francese alla quale risponde – potrebbe anche decidere di non procedere con la selezione delle imprese. Salterebbe così la realizzazione dell’opera senza dover pagare penali.

Tav, sindaco di Lione boccia analisi costi-benefici e risponde a Toninelli:”Venga a scoprire quanto è bella la mia città”

Ma sono proprio quei sei mesi di tempo guadagnati a rassicurare la Lega. I cantieri intanto ripartono. E dopo le Europee, con molta probabilità, gli equilibri politici e lo stesso assetto di governo saranno ribaltati. «Il contratto di governo non è la Bibbia e bisognerà riaggiornarlo – dice non a caso Salvini – perché l’economia va avanti». Ed è quello che andrà a dire la settimana prossima lo stesso vicepremier leghista al presidente di Confindustria Vincenzo Boccia, che a nome dell’imprenditoria del Nord protesta contro la paralisi della Torino-Lione e l’ostilità dell’ala grillina del governo alle grandi opere. «Così – avverte il capo degli industriali – si rischiano di perdere 50 mila posti di lavoro». Per di più in una fase di recessione.

Ma se l’opera più controversa si sblocca, resta ancora incerta la partita dell’autonomia di Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna. Sui decreti-icona voluti dalla Lega non c’è ancora nessun testo pronto e per approvare l’intero pacchetto «ci vorranno ancora mesi», chiarisce Conte in Senato. In ogni caso, nessuno spazio per il blitz sognato dalla Lega: le Camere, assicura il premier, saranno «necessariamente coinvolte» e verrà «rispettata la solidarietà 

Torino, Cinque Stelle divisi: due consigliere verso l’addio, appello della capogruppo Sganga

https://torino.repubblica.it/cronaca/2019/02/20/news/cinque_stelle_in_crisi_a_torino_due_consiglieri_verso_l_abbandono_della_maggioranza_in_comune-219617073/

Torino, Cinque Stelle divisi: due consigliere verso l'addio, appello della capogruppo Sganga
Il gruppo Cinque Stelle in Comune 

Il “salvataggio” di Salvini mette in crisi il Movimento: ultima goccia, l'”avvertimento” ai dissidenti da parte di Laura Castelli su Repubblica

di JACOPO RICCA

20 febbraio 2019

Le crepe nella maggioranza della sindaca Chiara Appendino segnano un ulteriore solco tra Torino e i vertici nazionali del Movimento 5stelle. L’intervista a Repubblica del sottosegretario all’Economia, Laura Castelli, con l’avvertimento ai dissidenti, sta creando non pochi grattacapi a Palazzo Civico, con la capogruppo Valentina Sganga che è stata costretta a intervenire per cercare di porre un freno alla diaspora tra i pentastellati.

“Voglio dirlo chiaramente: questo processo che sta vivendo il M5S, nella sua durezza ai più incomprensibile – scrive Sganga in un accorato appello pubblicato su Facebook – non solo è giusto, non solo è un valore, ma è esattamente quanto ci differenzia, il confine invalicabile che rende il nostro organismo unico. Per questo penso e spero che tutti insieme si possa continuare a lavorare per preservare questa unicità  Per quanto mi riguarda preferisco combattere fino alla sconfitta: ma la storia è lunga, contorta e ciò che oggi può essere un fallimento, e per me il salvataggio di Salvini lo è e non posso negarlo, può darsi che domani si trasformi in qualcosa di molto diverso”.

Dalla questione Tav, passando per il decreto sicurezza e lo sgombero dell’ex Asilo per arrivare fino alla questione del bilancio e della vendita di Iren, sono tanti i capitoli che stanno spingendo almeno due consigliere, Maura Paoli e Daniela Albano, fuori dalla maggioranza. E sembra rivolgersi a loro la capogruppo: “Non farò appelli ad amici che conosco da sempre, eletti e attivisti da banchetto, con cui ho diviso non solo la politica: se superate quella porta, se uscite dal M5s state dichiarando non solo la nostra sconfitta, ma state perdendo ogni possibilità di agire nel mondo reale. Vi chiedo solo di pensarci e non smettere mai di credere in quei valori che non possiamo negoziare. E che qui, a Torino, mai negozieremo”.

Parole forti che, anche se non citano direttamente Castelli, sembrano avere proprio l’obiettivo di mostrare un’altra posizione nel Movimento. L’intervento non risparmia un attacco agli altri partiti, rei di non fare autocritica come invece la capogruppo sostiene accada nel M5s: “Per la prima volta ci confrontiamo con un sconfitta politica molto dura, con cui mai avremmo pensato di confrontarci – scrive ancora Sganga – Una sconfitta che non arriva da un avversario, ma da un modo di pensare che è entrato dentro il nostro Movimento e piano piano lo ha scavato, fino a renderlo qualcosa di organicamente diverso da ciò che siamo stati: ma non solo”. Resta da vedere se l’appello otterrà qualche risultato tra i pentastellati o se le parole di Castelli daranno il via alla diaspora nella maggioranza che sostiene Appendino.

A PROPOSITO DI AUTONOMIE: LA LEGA CHIAMA RADETZKY, I 5 STELLE SI ARRENDONO?———- QUI SI FA L’ITALIA O SI MUORE – PATRIA O MUERTE

http://fulviogrimaldi.blogspot.com/2019/02/la-lega-chiama-radetzky-i-5-stelle-si.html

MONDOCANE

GIOVEDÌ 21 FEBBRAIO 2019

E’ di nuovo molto lungo, ma riguarda tutti noi, oggi più di tutto il resto. Mi aspetto reazioni dall’indispettito al feroce. Ben vengano.

https://www.youtube.com/watch?v=WPOwVzwnaj4&t=89s  Musica di sottofondo per questo testo

Ragazzi dell’800 e del 900

La prima frase la  disse a Nino Bixio Giuseppe Garibaldi a Calatafimi, il 15 maggio 1860, e promise alla Camicie Rosse la conquista di Roma e la fine del potere temporale del papa. La seconda fu la conclusione di Ernesto Che Guevara al più memorabile discorso mai pronunciato alle Nazioni unite, l’11 dicembre 1964. Qualcuno, oggi come oggi, giudicherà questi motti retorici, ma a me vanno bene. In questo caso, la retorica esprime il massimo di determinazione della parte più nobile di un popolo. In altri casi è demagogia nutrita di ipocrisia.

Nel caso di Garibaldi e del Che, davano voce alla volontà di masse in Europa e in altri continenti  di avviare un processo  che abolisse forme di dominio imposte da fuori, tiranniche e predatorie, e raggiungesse l’unità, repubblicana, laica, democratica. Volontà generata da un immaginario collettivo, nato da aspirazioni antiche, lingua, comunanza di storia, territorio, forza, progetto, sconfitte e vittorie. Tutte cose oggi, inusitatamente, stupefacentemente, dissennatamente, messe a repentaglio da una dinamica regressiva che sembra invocare gli ectoplasmi dei Gonzaga, Sforza, Medici, D’Este, Borboni, dogi.

Scrive Massimo Villone, in un’ennesima denuncia della tragedia che inconsapevoli e delinquenti stanno approntando: “Può un paese dare di matto? Si, e nessuno può imporre un trattamento sanitario obbligatorio. Il solo medico abilitato a somministrare il trattamento risolutivo è il popolo sovrano”. Quando dice “paese”, Villone chiaramente si riferisce ai suoi dirigenti e a chi, nell’ombra, li manovra perché spingano il paese verso la sega circolare. Che farà il popolo sovrano, dopo aver faticato e sofferto per comporre arti separati in organismo vivente, alla vista della sua dispersione in particelle senz’anima e senza nome? Vorrà accettare, stella o pianeta, di frantumarsi in pulviscolo cosmico?

Matteo Renzi, noto per l’assoluta trasparenza delle intenzioni e l’onestà dell’eloquio, da eterno emulo del padre della patria di Arcore, attribuisce ai giudici che hanno pizzicato papà e mamma l’intento di sviare dallo scempio morale dei pentastellati che si sono opposti al processo Salvini. A me pare che, intenzione o non intenzione, sia la rivelazione delle malefatte della sacra famiglia di Rignano, sia lo scomposto baccano intorno al voto pro-Salvini (schiamazzi di iene che si sono sempre premurate di salvare dal giudizio ladroni, pendagli da forca, manutengoli di boss), abbiano prodotto di peggio: la scomparsa dalla scena della tragedia dell’Italia col cappio al collo e la pira sotto ai piedi.

Fiducia nelle magistrature? Ma decchè!

Non mi appassiona per niente il melodramma che i nemici della componente 5 Stelle nel governo stanno, con toni da giudizio universale, mettendo in scena per demonizzare “il tradimento” della loro identità anti-privilegi, pro-legge uguale per tutti. D’un tratto, chi aveva inveito contro la faziosità dei giudici, di una parte o dell’altra a seconda di chi inveiva, assegna alla magistratura una sacralità profetica. Quelli di Catania che, contro l’archiviazione di due istanze precedenti, hanno voluto processare Salvini, meritano la massima fiducia. Mica come quei venduti che ti arrestano i genitori dell’ex-premier, o ti condannano la mummia di Arcore per un oceano di corruzione! Io, su quelli di Catania, la fiducia  me la riservo e anche su tanti altri. Penso ai così benevoli atteggiamenti della Procura di Roma verso il sindaco di Roma. Per me Salvini andrebbe scagliato in qualche girone dantesco per moltissimi motivi, ma non per aver evidenziato il bluff degli eurocrati e i ricatti dei trafficanti della tratta. Chi ha, sul discutibile blog Rousseau, ha votato no al processo non era il popolo bue che non conosce le carte, come sentenziano duchi e contesse. Forse non voleva mandare a sbattere un governo che, venissero gli altri, sarebbe da rimpiangere. Ma ha capito che non necessariamente quelli di Catania e della Aquarius avevano più ragione di Salvini. E io lo rispetto. Anche se, comunque, avrei votato sì. L’immunità tolta ai parlamentari sarebbe sacrosanta se avessimo un sistema giudiziario a prova di Borsellino.

Quando una lingua battezza un paese

Per quanto gliene può importare, se non perché sono segni d’amore, dedico questo pezzo a chi per la prima volta, dicendo Sao ko kelle terre, per kelle fini que ki contene, trenta anni le possette parte Sancti Benedicti”, nel 960 testimoniò, in un processo a Capua, in lingua italiana, aprendo la via a padre Dante, Petrarca, Leonardo, Giordano Bruno, Leopardi, Manzoni, al Guicciardini che, per primo, dando forma a una visione comune, scrisse una “Storia d’Italia”. Tanto da confondere chi insiste a dire che questo paese non è che “l’espressione geografica”   servita a fare succedere torme di invasori e invasi, un artifizio retorico fantasticato, nel Risorgimento, da pochi esaltati, antipapisti e, quindi, già antiglobalisti persi. La frase esatta del cancelliere di Cecco Peppe, von Metternich, fu: “La parola Italia è una espressione geografica, una qualificazione che riguarda la lingua, ma che non ha il valore politico che gli sforzi degli ideologi rivoluzionari tendono ad imprimerle.  Per cui ci mandò il maresciallo Radetzki a far capire alla Giovane Italia di Garibaldi e Mazzini, ma anche del Leopardi che di un unico popolo aveva delineato caratteri e usanze,  che non esistendo un’Italia politica, e nemmeno storica, la globalizzazione imperiale ne faceva provincia di imperi e regni vari. Dal che si vede che mica l’hanno inventata adesso, l’intento di globalizzare il dominio: è nella natura dei sovrani – ieri principi, tutti imparentati, oggi banchieri, tutti associati – di provarci.

Da Dante e dalla sua commedia divinamente umana a Giuseppe Fenoglio, da me amatissimo combattente e narratore partigiano, da Giotto ai futuristi, da Monteverdi a Verdi, un flusso ininterrotto di maestri dell’umanità, italiani prima che umbri, toscani, emiliani, o siciliani, un flusso possente quanto nessun altro di contributi alla bellezza e all’intelligenza umana. L’Italia l’hanno fatta loro, come quelli della Repubblica Romana, più che i sabaudi che speravano di inserirsi nell’ancien regime e,  non tanto di Italia sapevano, quanto di un grande Piemonte. Quando, in questo contesto parlo di Garibaldi, dall’America Latina alla Comune di Parigi impegnato per popoli e libertà, c’è sempre quel Pierino che salta su a glorificare la civiltà borbonica, quelli della “prima ferrovia”, a denunciare il “tradimento di Teano”, la massoneria (altra cosa allora) e a richiamare le sofferenze inflitte dai garibaldini e poi piemontesi alle genti del Sud. Vero, ma…..

Garibaldi o Radetzky? Risorgimento o feudalesimo?

Si renda conto che se annulla il Risorgimento, si torna al feudalesimo, ai servi della gleba e ai poteri assoluti. Se togli di mezzo Garibaldi, arriva il maresciallo Radetzky che, non parlando l’italiano, con te comunica come nella battaglia di Curtatone, dove massacrò centinaia di studenti toscani venuti a combattere per l’indipendenza, come quando vinse per fame e colera la Repubblica veneziana del 1849 e, Governatore generale del Lombardo Veneto, fece eseguire mille condanne a morte di patrioti e diede l’ordine di bastonare in pubblico e di saccheggiare le case di chi era sospettato di aver simpatizzato con i primi moti del Risorgimento.  

Sofferenze vere, ma non si passa per la famosa cruna dell’ago senza scorticarsi e la rivoluzione non può essere un pranzo di gala. La storia, una volontà espressa da un’immensità di uomini e che ha fatto saltare le incrostazioni del dominio dispotico e abusivo di secoli, dai risorgimenti nazionali  alle guerre di liberazione anticoloniali ancora in corso, questo ha voluto. E a chi mi obietta che l’Italia unita, indifferente alle masse che non leggevano Leopardi, interessava solo a un pugno di congiurati borghesi, rispondo con la grande antropologa Margaret Mead: “Non dubitare mai che un piccolo gruppo di cittadini pensanti e impegnati possano cambiare il mondo. In effetti è così che è sempre

successo”. Erano borghesi come i capi di tutte le rivoluzioni e, se non altro, siamogli grati per aver costruito la nazione che è il quadro nel quale si è potuta sviluppare la lotta di classe, formarsi una classe operaia, organizzarsi un proletariato, spazio di manovra imprescindibile anche oggi per la lotta dei dominati ai dominanti. Non certo la UE.

Con riferimento a un mio articolo che parlava degli esuli giuliani e ne compiangeva la tragedia, che fosse determinata da anticomunismo, o solo da patriottismo, un cretino è arrivato a prendersela con l’Italia intera: “Questo paese è veramente una fogna, è inutile che vi fate belli con i “bei tempi che furono”, da Dante a D’Annunzio. Dunque chi si muove e commuove per il suo paese “si fa inutilmente bello con…” Il che implica che con Dante e D’Annunzio non ci si fa belli, dunque brutti. Il che coincide con un paese che “è veramente una fogna”.

Gramsci, i Mille e Marinetti

Poi ci sono, perlopiù  nella sinistra che si ritiene ortodossa  e rigorosamente transnazionale, per la quale la sola parola “nazione” è matrice di disgusti e orrori al fondo dei quali non c’è più distinzione tra patriottismo e fascismo, sinistri il cui sport preferito è di abbattere qualsiasi figura che nell’immaginario collettivo abbia assunto la forma di modello, cioè di eccellenza della creatività collettiva, ma non risponda ai propri schemini. Si parte da Garibaldi, si passa per Pirandello e si finisce, per esempio, al futurista Marinetti. La risposta gliela facciamo dare, grazie al suggerimento di un amico, da uno dei nostri patrioti più grandi:

“A Mosca, durante il II Congresso, il compagno Lunaciarsky ha detto, in un suo discorso ai delegati italiani…. che in Italia esiste un intellettuale rivoluzionario e che egli è Filippo Tommaso Marinetti. I filistei del movimento operaio sono oltremodo scandalizzati; è certo ormai che alle ingiurie di: «bergsoniani, volontaristi, pragmatisti, spiritualisti», si aggiungerà l’ingiuria piú sanguinosa di «futuristi! Marinettiani»!

Poiché una tale sorte ci attende, vediamo di elevarci fino all’autocoscienza di questa nuova nostra posizione intellettuale”. (Antonio Gramsci, L’Ordine Nuovo, 5 gennaio 1921, I, n. 5.

Gramsci, peraltro, con la cui interpretazione della Spedizione dei Mille come “rivoluzione-restaurazione”, fenomeno gattopardesco, si può anche concordare, se se ne osserva l’esito imposto dai sabaudi e anche certe impure complicità  siciliane ed esterne durante la “dittatura” di Garibaldi. Ombre robuste che hanno lasciato il segno nella memoria e nella diffidenza di quelle genti, ma che devono rispondere al quesito: si sarebbe arrivati altrimenti a un’Italia unita e, infine, repubblicana? Sarebbe stato meglio di no? Forse il quesito è lezioso. La Storia ha già risposto. E anche Gramsci, consideratosi patriota dell’Italia. Collaborare a ricostruire il mondo economicamente in modo unitario è nella tradizione del popolo italiano e della storia italiana, non per dominarlo egemonicamente e per appropriarsi il frutto del lavoro altrui, ma per esistere e svilupparsi appunto come popolo italiano: si può dimostrare che Cesare è all’origine di questa tradizione. (Antonio Gramsci, Quaderno 19(X)

La conquista dell’identità. Una parentesi personale.

Ci tengo all’Italia e odio i cialtroni che, ignorandone le radici e quindi il maestoso tronco ferito e fiorito, non hanno idea di chi sono, da dove vengono e si affidano ad altri per dove andare. Vivono, come detta lo spirito del mercato, in un presente perpetuo che della vita non ha né la nascita né la morte, quindi non il passato, quindi non il futuro. Sarà perché, cresciuto in dimensioni  e luoghi multicromatici, grazie a una formazione bilingue, a genitori e un Dna in cui si mescolano Campania, Piemonte, Savoia (quando era Piemonte), Westfalia, Ile de France, che abbarbicarsi a una precisa identità mi è costato molto e mi ha fatto “molto italiano”

Scherzi dei movimenti tellurici della prima metà del secolo scorso mi hanno fatto coincidere con i tempi di Pirandello e Mussolini, ma anche di Thomas Mann e Adolf Hitler. Quattro anni di guerra, quattro dall’infanzia verso l’adolescenza, li ho  dovuti passare forzatamente in Germania, condividendo fame, bombe e subendo disprezzo perché italiano. I compagni di scuola, dopo l’8 settembre 1943, mi urlavano dietro “Badoglio”, io reagivo e si finiva a botte. Di solito le prendevo perché, due anni avanti nelle medie, ero più piccolo (italianità offesa). Nel 1946 ci hanno rimpatriato. E a scuola, dato che venivo da lì e avevo assunto un accento tedesco, mi irridevano come “nazi” o “tedesco” (italianità negata). Storia patetica? Storia di una schizofrenia indotta? Forse, ma anche storia di solitudini che dovevano incontrare una collettività. La scelta era, prima ancora che tra “barbari” e latini, tra bipolarismo cosmopolità e identità. A quel punto cercata con accanimento: l’Italia. E per misteriose vie che si può arrivare a sposarsi con il proprio paese.

Della liberazione di questo paese tengo appeso un dipinto di Carlo Adamollo: la breccia di Porta Pia, 20 settembre 1970, quando i bersaglieri sfondarono le mura e posero fine allo Stato della Chiesa e, in quelle temperie felicemente anticlericali, alla tirannia della religione del papa. Non fu la fine della dittatura monoteista e la restaurazione della pluralità classica. Ma fu una rivincita, dopo un millennio e mezzo, di quanto negli italiani, etruschi, campani, liguri, siculi, restava di pagano, di immaginifico, di pluralista, di tollerante. Molto, al di là delle formule e dentro i riti. Uno stop, anche se sfortunatamente temporaneo, a una storia orribilmente cruenta di dogmi assoluti a cui piegare ogni pensiero e sentimento, a rischio altrimenti di finire esiliato, torturato, ucciso, i libri proibiti bruciati trionfalmente nei roghi, ogni pensiero che incrinasse la dittatura della superstizione bollato di eresia. Una catastrofe, un crimine contro  l’umanità: dalla luce alle tenebre. Pensiero unico che, anche oggi, torna a essere lo strumento del dominio. Fosse solo anche per la breccia, ci sarebbe da essere fieri di appartenere a quella storia.

E le (cinque) stelle stanno a guardare

Si rendono conto i 5 Stelle che, ora, questo mio paese di nascita ed elezione lo vogliono fare a pezzi, come si squarta un bue. Filetto, controfiletto e costata ai signori del Nord, lombata, girello e fesa al Centro, coratella e frattaglie al resto. Alle regioni dei Formigoni, Maroni, Fontana, Galan, Zaia Bresso, Cota, Chiamparino, Bonaccini, Bersani (quello delle liberalizzazioni), Errani, (quello del terremoto), del TAV, Mose, di Seveso e del Po-fogna, dei capannoni come stecchi Shanghai, del concentrato di perforazioni e depositi di gas in terre sismo-genetiche, della sanità privata in gloria e di quella pubblica a ramengo, della ’ndrangheta padrona di territorio e affari, dell’oscena Citylife milanese, dei sindaci che vanno in processione a Cutrò, capitale dei boss, di tutto un personale politico attinto da angiporti e sottoboschi affaristici …. a queste regioni toccherà l’educazione dei nostri figli.

Si immaginano i parlamentari 5 Stelle cosa questi comitati d’affari faranno col cemento e con i mattoni al nostro suolo? Cosa rimarrà di pubblico tra questi crociati delle privatizzazioni, predatrici di beni comuni, dei diritti dei lavoratori tra questi sodali della Confindustria, del nostro ecosistema tra questi ossessi del fossile e delle trivelle e del business dei rifiuti, di cui hanno governato, insieme a ogni sorta di malavita, l’intossicazione delle terre proprie e altrui, dell’equità solidaristica contro le sperequazioni che deturpano la nazione? Si fanno un idea, i 5Stelle, di cosa sarà una nostra politica estera che amoreggia con i rapinatori di terre ed eliminazione di popoli in Medioriente e corre ad abbracciare golpisti servi di guerrafondai? E, alla resa di tutti i conti, cosa ne sarà delle stelle che facevano risplendere le colonne portanti del progetto 5Stelle:uguaglianza, sovranità, autodeterminazione, ambiente, beni comuni, acqua, democrazia diretta

Assisteranno passivi a una spaventosa regressione nel tribalismo esclusivo eparossisticamente egoistico, giustamente chiamato la “secessione dei ricchi”, definitivo spegnimento della luce di quelle stelle? Si affideranno a un  altro feldmaresciallo Radetzky, gendarme del nuovo sacro impero, neanche più nominalmente romano, ma franco-germanico, che utilizzi la marca dell’Italia settentrionale per imperversare sul Sud e su altri meridioni, a cui sottrarre forza lavoro, risorse umane e materiali, e su cui affidare il controllo di territori alla maniera di ‘ndrangheta e mafia nigeriana?

Avvinta come l’edera (pianta che soffoca gli alberi)

La mala pianta che si è attorcigliata intorno al sano tronco cresciuto alla luce di 5 stelle non è che l’ultimo atto. A frantumare questa madre, insieme alla Grecia e agli arabi, della civiltà ci avevano provato assolutismi imperiali ed ecclesiastici, gli Usa con Salvatore Giuliano e Cosa Nostra, gli inventori a Ventotene di un’Europa immune dalle volontà popolari, i tal Barroso, Juncker,  Moscovici, con tattiche di stroncamento del welfare, dei diritti sociali, di ogni autosufficienza produttiva, industriale e agricola, di ogni libera scelta nel dialogo con altri membri della Famiglia Umana.

Il paradosso è che qui abbiamo un volgare demagogo che non ha combinato nulla,  solo chiacchiere e distintivo, come si dice. E che, però, è riuscito ad oscurare quel poco e molto che i soci di governo hanno invece concretamente fatto, pur tra omissioni, ritardi e cedimenti. Non c’è da illudersi di qualche scudisciata mediatica impartita a Salvini. Gli arriva in quanto socio dei 5 Stelle. Per il resto, lo sanno, è uno dei loro: Tav, Tap, trivelle, Guaidò, Netaniahu, Grandi Opere, prescrizione, discorsi a vanvera. E ha il grandissimo merito di mangiarsi, boccone dopo boccone, la più grande forza antisistema apparsa nel nostro paese dopo quella che era stata, o era sembrata, il PCI e poi il ’68.

Praterie

Destra e sinistra sono termini desueti, più che altro perché il primo è stato privato di senso dai suoi portatori. Ma destra e sinistra  continuano a dividersi la società, da quando si è formata. Si rendono conto che in quella che si definisce la parte dei padroni, appunto la destra, ci stanno proprio tutti? Tutti con l’UE, tutti atlantici, tutti con il neoliberismo, tutti a sparare cazzate su tutti i media, tutti però anche in agonia o catalessi: PD, FI, FdI, LEU, +Europa, il neopartito dei vescovi, più gli inani borbottoni nella sedicente sinistra delle pippe. Quella che non è riuscita nemmeno a mettere in piedi un flash mob in difesa del Venezuela. E allora come fanno a non capire che lo spazio aperto è dall’altra parte, chiamatela come volete, anche sinistra. E che lì  si estendono praterie sconfinate? Del resto, è dal sole che le stelle hanno ricevuto la luce. Che tornino a brillare su un paese unito.

 Ma il coraggio di vivere, quello, ancora non c’è. 

DATEVELO !

Pubblicato da Fulvio Grimaldi alle ore 17:32

CONFÉRENCE DE VARSOVIE (2) : VU DES USA COMMENT ‘LA CONFÉRENCE DE VARSOVIE A ÉCHOUÉ’ ? (STRATFOR)

 

LUC MICHEL (ЛЮК МИШЕЛЬ) & EODE/

Luc MICHEL pour EODE/

Quotidien géopolitique – Geopolitical Daily/

2019 02 20/
LM.GEOPOL - Conférence de varsovie II stratfor (2019 02 20) FR (2)

« L’un des principaux objectifs des États-Unis au Moyen-Orient est de limiter l’expansion de l’Iran en tant que puissance politique et militaire dans la région. Focalisés sur l’Iran en tant que source d’instabilité au Moyen-Orient, les États-Unis ont de puissants alliés, comme Israël et la plupart des États arabes du Golfe. Mais les importants alliés de Washington avec l’UE ne sont pas d’accord pour dire que Téhéran est à l’origine de toute l’instabilité régionale, ce qui a été mis en lumière cette semaine lors d’un sommet attendu depuis longtemps à Varsovie, en Pologne »

– Statfor (ce 14 février).

Suite à l’échec de cette conférence « mort-née » selon Téhéran, qui a eu lieu ces 13 et jeudi 14 février à Varsovie, le Think tank américain ‘Stratfor’ (1) affirme que « Washington n’a pas réussi, une fois de plus, à atteindre ses objectifs anti-iraniens ».

Ce Think Tank influent (2), lié au Lobby militaro-industriel US et au Pentagone, basé au Texas, fournit aux journalistes et décideurs « une nouvelle compréhension géopolitique des grands événements internationaux ». Depuis le départ de son fondateur, le géopoliticien US Georges Friedman (qui dirige désormais ‘Geopolitical Futures’), ‘Stratfor’ travailles surtout à destination des décideurs économiques. Dans un rapport ayant pour titre « Moyen-Orient: aucun progrès pour les États-Unis sur l’Iran à la conférence de Varsovie » (3), il se focalise sur les résultats obtenus par Washington à l’issu de ce rendez-vous anti-iranien.

« L’ABSENCE D’UN GRAND NOMBRE DE MINISTRES DES AFFAIRES ETRANGERES DANS CETTE CONFERENCE ETAIT DUE A LA NATURE ANTI-IRANIENNE DU SOMMET » (STRATFOR)

« La réunion de deux jours organisée à Varsovie par les États-Unis sur la sécurité au Moyen-Orient s’est terminée le 14 février. Des représentants de 60 pays ont discuté des stratégies du renforcement de la sécurité au Moyen-Orient. Au menu de cette conférence figuraient également des consultations sur la promesse faite par les États-Unis de dévoiler le soi-disant plan de paix israélo-palestinien (Ndla : auto-qualifié de « Deal du siècle ») après les élections du 9 avril d’Israël. Mais seulement un tiers des pays participants ont envoyé leur chefs de la diplomatie à la réunion. »

Autant d’absences qui « soulignent les tensions grandissantes entre l’UE et les États-Unis, surtout depuis le retrait américain de l’accord international sur le nucléaire iranien et le rétablissement des sanctions unilatérales et extraterritoriales américaines contre Téhéran ».

Pour le Think Tank  américain, « l’absence d’un grand nombre de ministres des Affaires étrangères dans cette conférence était due à la nature anti-iranienne du sommet ». Bien sûr, « des progrès ont été accomplis dans l’amélioration des relations entre les pays arabes du golfe Persique et Israël, y compris la rencontre entre le Premier ministre israélien Benyamin Netanyahu et le ministre des Affaires étrangères d’Oman ». Le ministre des Affaires étrangères de Bahreïn a également annoncé qu’il « normaliserait » les relations de Manama avec Israël.

Selon ‘Stratfor’, « le Sommet de Varsovie, au lieu de souligner la convergence et le consensus sur les questions de sécurité au Moyen-Orient, a mis l’accent sur la divergence et le désaccord, plus particulièrement, sur les arguments des États-Unis sur la nécessité d’adopter des positions obstinées et rudes à l’égard de l’Iran. Une position qui n’a pas reçu l’approbation d’un grand nombre d’autorités européennes ».

« LES USA N’ONT PAS REUSSI A FORGER UNE ALLIANCE ANTI-IRANIENNE » (QUASSEMI, PORTE-PAROLE DU MINISTERE IRANIEN DES AFFAIRES ETRANGERES)

Le ministère iranien des Affaires étrangères a annoncé que tous les participants à la Conférence de Varsovie, organisée par les États-Unis, qui visait à rassembler le soutien international contre la République islamique d’Iran, savaient bel et bien que ce serait un « échec total ». La Conférence de deux jours, qui a débuté mercredi 13 février dans la capitale polonaise en réunissant les délégations d’une soixantaine de gouvernements, n’a abouti à aucune décision contre Téhéran.

« Malgré d’importantes tentatives de Washington pour organiser un sommet inclusif et forger une nouvelle alliance contre la République islamique d’Iran, le faible taux de participation et l’absence de position anti-iranienne ont fait de la déclaration finale de la conférence un document inutile », a déclaré, vendredi 15 février, le porte-parole du ministère iranien des Affaires étrangères Bahram Qassemi. « Comment une conférence intitulée “Paix et sécurité au Moyen-Orient” peut-elle réussir quand les principaux acteurs régionaux tels que l’Iran, la Turquie, le Liban, la Syrie, l’Irak et la Palestine n’y sont pas présents et quand des pays majeurs tels que la Chine, la Russie et de nombreux autres pays européens et non-européens étaient absents ou représentés au plus bas niveau ? », a-t-il ajouté.

De nombreux pays ont annoncé bien avant cet événement très controversé qu’ils n’y participeraient pas ou qu’ils y enverraient des délégations au bas niveau. Les États-Unis étaient représentés à la fois par le vice-président Mike Pence et le secrétaire d’État Mike Pompeo. Cette forte réticence a contraint les États-Unis à revenir sur leur décision initiale de placer l’Iran à l’ordre du jour de la Conférence. En réaction aux propos anti-iraniens du vice-président américain, l’Allemagne a souligné « qu’elle soutenait l’accord nucléaire signé avec l’Iran ».

À la tribune de la Conférence de Varsovie, Mike Pence et Mike Pompeo ont critiqué l’Union européenne pour « ne pas avoir suivi le modèle de Washington » en se retirant de l’accord nucléaire de 2015. Ils ont appelé les autres signataires de cet accord – le Royaume-Uni, la France, la Chine, la Russie et l’Allemagne – « à rompre les liens avec l’Iran et à se joindre à la campagne de pression politique et économique de Washington visant à contraindre la République islamique d’abandonner son programme de missiles balistiques et de réduire son influence régionale »

Bahram Qassemi a déclaré que de telles remarques « agressives » de la part des responsables de la Maison-Blanche démontraient leur échec. « Il est ironique que les États-Unis organisent, d’une part, une soi-disant conférence pour la paix et la sécurité et qu’ils provoquent, d’autre part, davantage de tensions et de conflits dans le monde en se retirant de l’accord sur le nucléaire et de nombreux autres accords internationaux », a réaffirmé le porte-parole du ministère iranien des Affaires étrangères. « Malgré toutes les politiques hostiles et belligérantes des États-Unis et d’Israël, le combat et la résistance pour rétablir la paix et la stabilité dans une région dépourvue de toute présence étrangère se poursuivront. Que les États-Unis prennent conscience, le plus tôt possible, des réalités en cours dans cette région délicate du monde et qu’ils abandonnent leurs politiques marquées de haine », a-t-il déclaré.

# VOIR AUSSI LA PARTIE I DE CETTE ANALYSE :

* LUC MICHEL’S GEOPOLITICAL DAILY/

LA CONFERENCE DE VARSOVIE CONFIRME LE NOUVEAU RAPPORT DE FORCES AU PROCHE-ORIENT

sur http://www.lucmichel.net/2019/02/19/luc-michels-geopolitical-daily-la-conference-de-varsovie-confirme-le-nouveau-rapport-de-forces-au-proche-orient/

NOTES ET RENVOIS :

(1) STRATFOR, « un think-tank et une société mondiale de renseignements, fournit aux journalistes et producteurs une nouvelle compréhension des événements mondiaux d’importance géopolitique ». Telle est l’auto-présentation de STRATFOR, qui affirme que « Notre perspective associe renseignements et analyse pour donner une meilleure compréhension de ce qui est derrière ces événements, relier les points entre eux, et prévoir ce qui va arriver dans les prochaines semaines » et que « STRATFOR est l’éditeur en ligne de premier plan du monde des renseignements géopolitiques. Notre équipe mondiale de professionnels du renseignement offre à nos membres un aperçu des développements politiques, économiques et militaires pour réduire les risques, identifier les opportunités, et rester au courant des événements à travers le monde ».

Strategic Forecasting Inc., plus communément connu comme STRATFOR , est en fait une entreprise privée basée au Texas, qui recueille des renseignements pour les sociétés et services des gouvernements américain et étrangers. En raison de son analyse et de ses prévisions précises, STRATFOR « sert souvent comme source pour les médias et continue de fournir des mises à jour quotidiennes de renseignements et des interviews d’experts pour les sites médias locaux, nationaux et internationaux. STRATFOR « fournit des informations publiées et un service de renseignement personnalisé pour les particuliers, les entreprises mondiales, et les services des gouvernements américain et étrangers à travers le monde. La liste des clients de STRATFOR est confidentielle, mais la liste de la publicité de la société comprend 500 sociétés de Fortune et des organismes gouvernementaux internationaux. Les professionnels du renseignement de STRATFOR apparaissent régulièrement à des conférences et comme experts en la matière dans les médias grand public ».

STRATFOR a été cité par des médias tels que CNN, Bloomberg, Associated Press, Reuters, The New York Times et la BBC comme « une autorité sur les questions stratégiques et tactiques ». STRATFOR a aussi été diabolisée par certains « théoriciens du complot » et présenté comme une « CIA de l’ombre ». C’est évidement une méconnaissance fondamentale de ce qu’est le travail de renseignement sur les sources ouvertes. STRATFOR a été spécialement l’objet d’un article en couverture dans BARRON intitulée « The Shadow CIA » (Jonathan R. Laing. « The Shadow CIA ». Recherche 2007-09-17).

(2) Cfr. Luc MICHEL, EODE THINK TANK /

LA GEOPOLITIQUE VUE DES USA : LES ANALYSES GEOPOLITIQUES ET GEOSTRATEGIQUES DE “STRATFOR INTELLIGENCE” SUR EODE

sur http://www.lucmichel.net/2015/02/11/eode-think-tank-la-geopolitique-vue-des-usa-les-analyses-geopolitiques-et-geostrategiques-de-stratfor-intelligence-sur-eode/

(3) Statfor, “Middle East: No Progress for U.S. on Iran at Warsaw Summit”, Feb 14, 2019.

Photos :

Le ministre des Affaires étrangères du gouvernement démissionnaire du Yémen, Khalid al-Yamani (à gauche), serre la main du secrétaire d’État américain, Mike Pompeo, à la conférence de Varsovie censé porter sur la paix et la sécurité au Moyen-Orient, le 14 février 2019 en Pologne.

Le ministre saoudien des Affaires étrangères Adel al-Jubeir à la Conférence de Varsovie.

(Sources : Stratfor – Reuters – EODE Think Tank)

LUC MICHEL (ЛЮК МИШЕЛЬ) & EODE

* Avec le Géopoliticien de l’Axe Eurasie-Afrique :

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LA CONFERENCE DE VARSOVIE CONFIRME LE NOUVEAU RAPPORT DE FORCES AU PROCHE-ORIENT

LUC MICHEL (ЛЮК МИШЕЛЬ) & EODE/

Luc MICHEL pour EODE/

Quotidien géopolitique – Geopolitical Daily/

2019 02 19/

LM.GEOPOL - Conférence de varsovie II stratfor (2019 02 20) FR (3)

« A la conférence de Varsovie, il y avait une vedette, Benjamin Netanyahu, et une rangée de figurants : les ministres des Affaires étrangères des pays arabes qui avaient été invités par Donald Trump pour normaliser avec le régime israélien et surtout payer les frais des guerres à venir des États-Unis dans la région »

– Abdel Bari Atwan, rédacteur en chef

du journal panarabe ‘Raï al-Youm’.

J’ai débattu ce 17 février sur PRESS TV de la Conférence de Varsovie, débat consensuel où j’ai tracé la nouvelle configuration des rapports de forces au Proche-Orient : Axe Washington-Riyad-Tel Aviv allié aux états réactionnaires arabes versus Axe de la Résistance ( Téhéran, Damas, Hezbollah libanais et irakien, résistance yéménite) allié à Moscou …

I- COMMENT ANALYSER LA CONFERENCE DE VARSOVIE ?

Sources :

Le géopoliticien Luc MICHEL dans LE DEBAT

du 17 février 2019 sur PRESS TV (Iran)

* La Video sur PCN-TV/

PRESS TV (IRAN) DEBAT AVEC LUC MICHEL:

QUEL BILAN TIRER DE LA CONFERENCE DE VARSOVIE ?

(17 FEVRIER 2019)

sur https://vimeo.com/317981080

* L’article sur

https://www.presstv.com/DetailFr/2019/02/17/588811/Le-show-de-Netanyahu-au-cirque-de-Varsovie

* La présentation de PRESS TV :

« Deux réunions ont eu lieu simultanément ces derniers jours : une réunion de guerre à Varsovie, au cours de laquelle le Premier ministre israélien a de nouveau tenté de mobiliser les pays présents contre l’Iran, et le sommet pour la paix en Syrie à Sotchi, qui visait à éteindre les flammes d’une guerre dévastatrice.

Les représentants des pays européens, qui sont les principaux partenaires des États-Unis au sein de l’OTAN, ont assisté à cette conférence de la façon la plus discrète possible, pour tenter d’empêcher une nouvelle guerre et une course à l’arme nucléaire dans la région, tandis que les ministres arabes des Affaires étrangères ont signé la déclaration finale initiée par Washington et Tel-Aviv et clairement anti-iranien.

Netanyahu a bien raison de tweeter sa joie et sa fierté de se tenir avec “ses frères arabes” derrière une tranchée dressée contre le soi-disant “danger iranien”. Mais il est certain que ce bonheur sera de courte durée, car les responsables arabes présents ne sont pas représentatifs de leurs nations et des valeurs arabo-musulmanes.

Bernard Cornut, géopolitologue, et Luc Michel, géopoliticien, s’expriment sur le sujet. »

II- LE NOUVEL AXE STRATEGIQUE USA-SAOUD-ISRAEL

Pour ‘LIGNE ROUGE’ sur AFRIQUE MEDIA, dès le 23 mai 2017, je dévoilais le dessous des cartes de la grande tournée de Trump à Riyad, Tel-Aviv, Jérusalem, mais aussi Bruxelles, et j’analysais le contexte et les projets géopolitiques de l’Administration Trump …

Je répondais notamment aux questions suivantes :

Nous parlons de la première grande tournée diplomatique de Trump, via Riyad, Bruxelles, Tel-Aviv … Pourquoi avoir réservé la première étape à un pays arabe ?

Trump a un grand projet géopolitique et géostratégique à mettre en route avec ce premier voyage ?

Quel est la nature de ce projets, les alliés de Washington ? Et surtout qui vise-t-il ?

* Voir sur PCN-TV/GEOPOLITIQUE.

LUC MICHEL:

LA TOURNEE DE TRUMP A RIYAD-TEL AVIV-BRUXELLES

ET LE NOUVEL AXE STRATEGIQUE USA-SAOUD-ISRAEL

sur https://vimeo.com/218768964

III- QUE SAVOIR DE LA CONFERENCE DE VARSOVIE ?

DES MONARCHIES COMPRADORES :

VARSOVIE, UN THÉÂTRE AVEC NETANYAHU POUR VEDETTE ET LES MINISTRES ARABES COMME FIGURANTS

Abdel Bari Atwan, rédacteur en chef du journal panarabe ‘Raï al-Youm’, a écrit « qu’à la conférence de Varsovie, il y avait une vedette, Benjamin Netanyahu, et une rangée de figurants : les ministres des Affaires étrangères des pays arabes qui avaient été invités par Donald Trump pour « normaliser » avec le régime israélien et surtout payer les frais des guerres à venir des États-Unis dans la région ».

Mais ce qui est douloureux – précise Atwan – « c’est que Khalid al-Yamani, le ministre des Affaires étrangères du gouvernement démissionnaire du Yémen, se soit assis aux côtés de Netanyahu avec lequel il ne cessait d’échanger des sourires complaisants. Plus douloureuse encore a été l’attitude de son homologue jordanien, Youssef ben Alawi, apprécié jusque-là pour sa neutralité, notamment concernant les différends existant entre les pays arabes, qui a été le seul à saluer Benjamin Nentayahu devant les caméras », allant même jusqu’à qualifier Israël de « pays important et essentiel pour la région » !

Les représentants des pays européens, qui sont les principaux partenaires des États-Unis au sein de l’OTAN, ont assisté à cette conférence de la façon la plus discrète possible, pour tenter d’empêcher une nouvelle guerre et une course à l’arme nucléaire dans la région, tandis que les ministres arabes des Affaires étrangères ont signé le nouveau pacte de Varsovie initié par Washington et Tel-Aviv et clairement anti-iranien. « Cette conférence a consacré le manque de dignité de certains dirigeants et a permis la chute des masques qui n’étaient pas encore tombés », ajoute le journaliste. « Netanyahu a bien raison de tweeter sa joie et sa fierté de se tenir avec ses frères arabes derrière une tranchée dressée contre le soi-disant danger iranien. Mais nous sommes sûrs que ce bonheur sera de courte durée, car les responsables arabes présents ne sont pas représentatifs de leurs nations et des valeurs arabo-musulmanes », ajoute le texte. « Par exemple, il est honteux que Khalid al-Yamani ait tendu le micro à Netanyahu pour que ce dernier parle du danger iranien, mais al-Yamani n’est pas du tout représentatif du peuple yéménite qui connaît la nature du régime israélien et ses massacres contre les frères palestiniens. »

« La prochaine étape, comme l’a annoncé à Varsovie Mike Pompeo, sera la constitution d’une nouvelle coalition arabe dirigée par Israël, mais nous savons d’ores et déjà comment finira cette coalition, c’est-à-dire comme les précédentes qui ont lancé des guerres et qui les ont perdues », conclut-il. « Que ces ministres arabes profitent bien de ce dîner de la honte qui leur a été servi par les Netanyahu, Pompeo, Kuchner et compagnie ; une amitié dont le prix sera payé par les nations arabes lorsque les villes de ces pays et leurs puits de pétrole seront mis à feu et qu’ils goûteront à un plat bien amer (…) Nous nous attendions au moins à ce qu’un seul ministre arabe prenne le micro pour parler du danger d’Israël pour la région ou encore des sept milliards de dollars américains payés pour la guerre en Irak, en Afghanistan, en Syrie, en Libye et au Yémen, ou encore que l’un d’eux parle un peu des millions de morts causés par les bombes sophistiquées à l’uranium appauvri. Mais force est de constater que les ministres arabes n’ont plus de courage. On se demande comment ces dirigeants vont faire face à leur peuple une fois que la coalition dirigée par Israël sera entrée en action. »

# ANALYSE DE REFERENCE SUR

LUC MICHEL’S GEOPOLITICAL DAILY :

* AXE WASHINGTON – RIYAD – TEL-AVIV :

LA VIEILLE ALLIANCE HONTEUSE ENTRE SAOUDS ET ISRAELIENS NE SE DISSIMULE PLUS !

sur http://www.lucmichel.net/2017/11/17/luc-michels-geopolitical-daily-axe-washington-riyad-tel-aviv-la-vieille-alliance-honteuse-entre-saouds-et-israeliens-ne-se-dissimule-plus/

Photos :

Le ministre des Affaires étrangères du gouvernement démissionnaire du Yémen, Khalid al-Yamani (à gauche), serre la main du secrétaire d’État américain, Mike Pompeo, à la conférence de Varsovie censé porter sur la paix et la sécurité au Moyen-Orient, le 14 février 2019 en Pologne.

(Sources : Press TV – PCN-TV – Reuters – Raï al-Youm – EODE Think Tank)

LUC MICHEL (ЛЮК МИШЕЛЬ) & EODE

* Avec le Géopoliticien de l’Axe Eurasie-Afrique :

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Tav, accordo 5S-Lega su mozione Camera. Chiamparino: “Pietra tombale su opera”

https://www.repubblica.it/politica/2019/02/20/news/tav_accordo_m5s-lega_su_mozione_a_breve_depositata-219650911/?ref=RHPPLF-BH-I0-C4-P3-S1.4-T1

Tav, accordo 5S-Lega su mozione Camera. Chiamparino: "Pietra tombale su opera"
Il ministro dell’Interno Matteo Salvini in visita al sito Tav di Chiomonte (To) (ansa)

Maggioranza prende tempo in attesa della decisione del governo. Ma in serata arriva anche una frenata del ministro Tria: “Penso si debba fare”. Fiano (Pd): “I leghisti, avuta in regalo l’assoluzione di Salvini, decidono di bloccare l’Alta Velocità”. Renzi: “È voto di scambio”. Gelmini (FI): “Vogliono azzerare tutto: scelta incomprensibile”

di ALBERTO CUSTODERO

Accordo M5S-Lega sul testo della mozione relativa alla Tav, che a breve sarà depositata alla Camera. Il testo è stato firmato dai capigruppo di 5 Stelle e Lega, Francesco D’Uva e Riccardo Molinari. Al momento non c’è alcuna decisione se proseguire o interrompere il progetto Torino Lione: la mozione è un gioco d’Aula per evitare alla maggioranza di farsi dividere dall’opposizione. In attesa dell’accordo al governo che è in arrivo, come ha annunciato ieri il vicepremier Luigi Di Maio rispondendo a una domanda di Floris a diMartedì: “Troveremo la quadra”. IN serata arriva però una frenata del ministro all’Economia. “Tutti i cantieri pubblici già cominciati, quelli che sono stati già oggetto di contratti, di trattati, di accordi internazionali, devono realizzarsi”: così ha risposto il ministro dell’Economia, Giovanni Tria, a un giornalista francese della tv pubblica France 3 che gli aveva chiesto cosa pensasse del futuro della Tav. “Noi – ha continuato Tria – non soltanto dobbiamo rilanciare gli investimenti pubblici, ma dobbiamo mandare un messaggio di serenità a tutti quelli che vogliono investire sul lungo termine in Italia”.

Attaccano le opposizioni. Il Governatore del Piemonte, Chiamparino: “Pietra tombale su opera”. Fiano (Pd): “Miliardi e posti di lavoro buttati via per evitare il processo a Salvini”. “È voto di scambio” rincara la dose Renzi. Gelmini (FI): “Vogliono azzerare tutto, scelta incomprensibile”.

Di Maio sotto pressione in tv: Salvini spettatore se la ride e applaude

“Con riguardo alla linea ad Alta Velocità Torino-Lione ci impegniamo a ridiscuterne integralmente il progetto nell’applicazione dell’accordo tra Italia e Francia”. Ricalca le parole del contratto di governo, a quanto si apprende, la risoluzione di maggioranza sulla Tav che M5s e Lega metteranno in votazione alla Camera, quando l’Aula di Montecitorio esaminerà una mozione sì-Tav presentata da FI.

Nessun riferimento all’analisi costi-benefici inviata a Palazzo Chigi da Danilo Toninelli, né a tempi e modalità della decisione che il governo deve assumere sulla Tav. La linea scelta – spiegano fonti di maggioranza – sarebbe quella di tenersi in equilibrio e sostanzialmente prendere tempo, finché l’esecutivo non sarà pronto per una decisione.

IL DOCUMENTO. LA LETTERA DELL’EUROPA: “FATE IN FRETTA”

Il tema – spinoso per il governo – è stato rinviato per settimane, ma potrebbe arrivare in Aula alla Camera domani, se terminerà l’esame della legge costituzionale sui referendum. Perciò M5S e Lega hanno raggiunto un’intesa su una linea di maggioranza che impegna il governo a “ridiscutere integralmente il progetto”: così è scritto nel contratto di governo.

Attaccano le opposizioni

Il presidente della Regione Piemonte, Sergio Chiamparino:. “Alla luce delle dichiarazioni di ieri del rappresentante della Ue che chiedeva di fare in fretta nell’avvio dei bandi, questo vuol dire una sola cosa: se la maggioranza approverà questa mozione, sarà come mettere una pietra tombale sulla Torino-Lione”.  “La Lega – aggiunge – svela il suo vero volto: non a caso dopo il salvataggio del ministro dell’Interno da parte dei cinquestelle”.

Mariastella Gelmini, presidente dei deputati di Forza Italia. “Grazie all’impegno di FI si potrà finalmente discutere in Parlamento della linea ad Alta Velocità Torino Lione. Grazie all’insipienza di questa maggioranza di governo invece si perderanno centinaia di milioni di finanziamenti europei e si bloccherà la realizzazione di un’opera strategica già in cantiere: nella mozione di maggioranza firmata dai capigruppo di Lega e 5 stelle infatti si parla di ‘ridiscutere integralmente’ il progetto della Tav, che in pratica significa azzerare tutto. Una scelta incomprensibile e inaccettabile di cui chiederemo conto alla maggioranza in Aula”.

Critici i rappresentanti del sistema delle imprese, del lavoro, della cooperazione e delle professioni di Torino e del Piemonte: “È un atto che va contro gli interessi del territorio e del Paese. Si tratta soprattutto di un passo che danneggia le imprese e i lavoratori e  che va contro le necessità di crescita dell’economia e dell’occupazione, oltre che minare le prospettive di sviluppo per il nostro territorio e l’Italia”.

“Chiediamo – viene aggiunto – che venga ritirata la mozione e che chi ha la responsabilità di governare l’Italia lo faccia con la doverosa attenzione alle imprese, ai lavoratori e alle famiglie che chiedono solo di essere nelle condizioni di produrre in un Paese competitivo, efficiente, attento alle esigenze di una crescita equilibrata che possa far sviluppare pienamente le grandi capacità produttive che ancora esistono sul territorio.

Presentando una mozione di questo genere – concludono quindi le associazioni – l’Italia perde quella credibilità sul piano internazionale che è stata costruita non dalla politica ma dalle imprese e dai lavoratori con un grande sforzo per risalire la china della crisi economica e sociale di questi ultimi anni. E la cosa rattrista ancora di più visto che tutto questo è fatto solo per soddisfare un interesse elettorale.

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MOZIONE M5S-LEGA: IL GOVERNO RIDISCUTA INTEGRALMENTE IL PROGETTO DELLA TAV

https://www.lastampa.it/2019/02/20/italia/mozione-mslega-il-governo-ridiscuta-integralmente-il-progetto-della-tav-EaLpwrcgXttQonlJB4DShI/pagina.html

Le imprese: è una mozione che va contro gli interessi del territorio
ANSA
 
Pubblicato il 20/02/2019
Ridiscutere integralmente il progetto della Linea Torino-Lione, nell’applicazione dell’accordo tra Italia e Francia. È l’impegno che la maggioranza chiede al governo con la mozione depositata alla Camera, firmata dai capigruppo M5S e Lega, Francesco D’Uva e Riccardo Molinari.

Nel testo, si ricorda, fra l’altro, che la scelta di realizzare l’Asse ferroviario Torino-Lione veniva consolidata e assunta al Vertice Italo Francese di Torino del 29 gennaio 2001 e perfezionata poi con l’accordo supplementare del 5 maggio 2004. Il progetto definitivo è stato poi approvato dal CIPE con delibera del 20 febbraio 2015. Quindi si fa riferimento all’analisi costi-benefici chiesta dal ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti che ha dato mandato di predisporre una nuova valutazione dell’adeguamento dell’asse ferroviario T in questione. Obiettivo dell’analisi consentire «un’allocazione delle risorse più efficiente per supportare il procedimento decisionale, con cognizione di causa, se attuare o meno una proposta di investimento o se optare per eventuali alternative», si legge.

I due paesi, con il ministro Toninelli e l’omologa francese, nel contempo, hanno firmato «congiuntamente una lettera per posticipare i bandi di gara relativi al tunnel di Base. Un iter, secondo quanto espresso dal ministro, che persegue «l’obiettivo di avere un rapporto di collaborazione e condivisione con la Francia e, contestualmente, con la Commissione Ue. Del resto, viene osservato, «secondo la Corte dei Conti europea, l’analisi costi benefici è per definizione lo strumento analitico utilizzato per valutare una decisione di investimento confrontando i relativi costi previsti e i benefici attesi».

Le imprese: la mozione che va contro gli interessi del territorio 
La presentazione di una mozione alla Camera che impegna il Governo a ridiscutere la Tav Torino-Lione è un atto che va contro gli interessi del territorio e del Paese. Si tratta soprattutto di un passo che danneggia le imprese e i lavoratori e che va contro le necessità di crescita dell’economia e dell’occupazione, oltre che minare le prospettive di sviluppo per il nostro territorio e l’Italia.

Così i rappresentanti del sistema delle imprese, del lavoro, della cooperazione e delle professioni di Torino e del Piemonte stigmatizzano la volontà da parte dei capigruppo di Lega e M5S di presentare domani alla Camera una mozione di fatto contro la realizzazione della Tav.

Chiediamo – viene aggiunto – che venga ritirata la mozione e che chi ha la responsabilità di governare l’Italia lo faccia con la doverosa attenzione alle imprese, ai lavoratori e alle famiglie che chiedono solo di essere nelle condizioni di produrre in un Paese competitivo, efficiente, attento alle esigenze di una crescita equilibrata che possa far sviluppare pienamente le grandi capacità produttive che ancora esistono sul territorio.

Presentando una mozione di questo genere – concludono quindi le associazioni – l’Italia perde quella credibilità sul piano internazionale che è stata costruita non dalla politica ma dalle imprese e dai lavoratori con un grande sforzo per risalire la china della crisi economica e sociale di questi ultimi anni. E la cosa rattrista ancora di più visto che tutto questo è fatto solo per soddisfare un interesse elettorale.

Gariglio (Pd): Salvini ha ceduto, è lo scambio per Diciotti 
Sulla Tav «Salvini ha ceduto su tutta la linea: la mozione della maggioranza sulla Torino-Lione impegna infatti il governo a rivedere completamente l’opera, ignorando quindi il tracciato concordato con l’Europa e i territori coinvolti, gli accordi internazionali assunti e la legge approvata dal Parlamento italiano». Lo afferma Davide Gariglio, componente Pd in Commissione Trasporti alla Camera, a proposito della risoluzione di Lega e M5S sulla Tav.

«Con questa mozione – conclude Gariglio – si palesa lo scambio tra il No alla Tav e la non autorizzazione a procedere sul caso Diciotti».

Tav, l’Ue avvisa l’Italia: “Subito i bandi o contributi tagliati di 300 milioni”

https://torino.repubblica.it/cronaca/2019/02/19/news/tav_rinvio_cantiere-219552217/

Riguardano lavori per 2,3 miliardi di euro

di PAOLO GRISERI

 

19 febbraio 2019

 

Verso un nuovo rinvio della partenza dei bandi per la Torino-Lione. Il Consiglio di amministrazione di Telt, riunito a Parigi, ha accolto la rischiesta italiana di un breve rinvio della partenza delle gareLa richiesta è arrivata in modo informale e senza atti ufficiali per non irritare Francia e Unione Europea che vorrebbero partire subito. I bandi riguardano lavori nel tunnel di base per 2,3 miliardi.

Il cda di Telt è stato rinviato senza stabilire una data per poter immediatamente, quando ci saranno le condizioni, far partire le gare di appalto per la Torino-Lione. Il comunicato, al termine del consiglio di amministrazione della società che scava il tunnel di base della Tav, parla di “un breve rinvio sulla pubblicazione dei bandi di gara”. In realtà la dilazione potrà essere solo di pochi giorni (si ipotizza non oltre metà marzo) per evitare di perdere la prima tranche di 300 milioni dei finanziamenti europei. Ora inizierà una nuova trattativa tra Francia, Italia e Ue per sbloccare al più presto le gare. La riunione del consiglio di amministrazione è durata sette ore. Questa ulteriore dilazione, chiesta dal governo italiano, sarà l’ultima che la Francia concede ai partner italiani.

 

LA COMMISSIONE UE
Per la conferma, da parte dell’Unione Europea, dell’intera contribuzione per la Torino-Lione – 813 milioni di euro – occorre “la tempestiva pubblicazione dei bandi”. In caso contrario, “verrà applicata una riduzione di 300 milioni”. E’ quanto ha comunicato al consiglio d’amministrazione di Telt, il rappresentante della Commissione Europea, rendendo nota una  comunicazione ufficiale di Inea (Innovation and Networks Executive Agency).

Duro il giudizio del presidente del Piemonte Sergio Chiamparino: “Il governo Conte-Salvini-Di Maio chiede a Telt un altro rinvio dei bandi Tav già finanziati, vedremo quanto sarà effettivamente breve. Così, dalla disponibilità della Ue a finanziare al 50% l’intera opera, comprese le tratte nazionali, con significativi risparmi per gli italiani, si passa al rischio concreto di perdere i contributi già stanziati dall’Europa. E’ il segno che in Italia sulla Tav il mondo va alla rovescia”. Il governatore chiede al governo di fermare “la giostra elettorale sulla Tav e lasci andare avanti un’opera necessaria per la crescita, la sicurezza, l’ambiente. Sappiano che il Piemonte non si farà mettere in un angolo”.

Parigi, sulla Tav nessuna novità da Ue – Ministero Trasporti oltralpe, da Ue nessun nuovo impegno

(ANSA) – PARIGI, 19 FEB – Il ministero dei Trasporti francese ha invitato la regione Auvergne-Rhone-Alpes a “non fare confusione” sulla Lione-Torino, dopo l’annuncio fatto ieri di un accordo con Bruxelles su uno dei capitoli del finanziamento.
    “Il ministero – si legge in una nota – smentisce formalmente che ci sia qualsiasi decisione nuova della Commissione europea riguardante il finanziamento del progetto”.
    Ieri, in una telefonata col presidente della Regione Piemonte Sergio Chiamparino, il primo vicepresidente della regione Auvergne-Rhone-Alp, Etienne Blanc, aveva annunciato la disponibilità dell’Ue a finanziare al 50% non solo il tunnel di base della Torino-Lione, ma anche le tratte nazionali di avvicinamento.
    Il ministero dei Trasporti esprime “stupore per la presa di posizione isolata espressa dal Consiglio regionale”. E precisa che il fatto che Bruxelles sia pronta a innalzare dal 40% al 50% il suo finanziamento dei progetti di interconnessione in Europa, non rappresenta “in nessun caso” un impegno nuovo.