Torino – Lione La favola del rischio di perdere 300 milioni di fondi UE già persi

Comunicato Stampa 

PresidioEuropa 

Movimento No TAV

26 febbraio 2019

http://www.presidioeuropa.net/blog/?p=19077

Torino – Lione La favola del rischio di perdere 300 milioni di fondi UE 

già persi

… la comunicazione fuorviante di TELT e di Salvini …

La società franco-italiana TELT ha ricevuto nel 2015 dai suoi azionisti, i Governi francese e italiano, un solo ordine: realizzare la Torino-Lione nel rispetto degli Accordi internazionali.

Se i sostenitori della Torino-Lione affermano che, se non si fa in fretta, si perderanno 300 milioni di euro di fondi europei, la realtà è un’altra: questi fondi sono già persi a causa dei ritardi causati da TELT nella conduzione dei lavori geologici nei cantieri italiano e francese.

La Commissione europea adotterebbe il principio use it or lose it (usali o perdili) come ha già fatto nel 2013 annullando ben 276,5 milioni di euro. Un Audit No TAV segnala che circa il 75% dei fondi europei sono stati o saranno ritirati dalla Commissione europea per ritardi del progetto.

La fuorviante comunicazione di TELT, adottata acriticamente dai sostenitori politici, sindacali, industriali della Torino-Lione, mira a far credere che sia l’attuale dibattito politico e sociale intorno al futuro di questo progetto la causa della cancellazione di una parte dei fondi europei.

Perché TELT esercita il potere conferitole per fare attività di lobby? Da anni si comporta come un’azienda privata alla ricerca di clienti da soddisfare, lancia campagne pubblicitarie ed eventi pubblici, si è dotata di un ufficio stampa e retribuisce esperti comunicatori, tutto a spese dei contribuenti. Sono spese inutili che distraggono una parte dei finanziamenti pubblici destinati a scavare le montagne.

TELT mira a convincere i decisori politici ad adottare decisioni in contrasto con gli accordi internazionali per rassicurare gli amici dei suoi capi (Hubert du Mesnil, presidente e Mario Virano, direttore generale), ossia le grandi società di costruzione, che essi non saranno privati di un lucroso affare: lo scavo miliardario del tunnel di base di 57,5 km di 9,6 miliardi di euro.

Salvini e Rixi, che affermano di essere difensori degli interessi italiani, lo sanno che il nostro Paese finanzierà la stragrande maggioranza dei costi del progetto, e che dunque l’Italia pagherà la gran parte dei lavori in Francia?

I lavori geologici in Italia sono terminati da oltre un anno, ma il cantiere per lo scavo del tunnel di base non parte. Perché, chi è il responsabile?

In Francia il cantiere geologico accumula ritardi, l’Europa non erogherà i fondi promessi se i lavori geologici in corso non saranno terminati entro il 31 dicembre 2019, scadenza materialmente impossibile da rispettare. Perché, chi è il responsabile?

I gravi ritardi del progetto sono il risultato di una gestione complessivamente inefficiente di TELT, lo confermano l’analisi degli avanzamenti del progetto e le passate decisioni della Commissione europea di cancellare i fondi europei al progetto.

Nel 2013 LTF (divenuta nel 2015 TELT) perse 276,5 milioni di euro, il 41% dei fondi europei di € 671,8 milioni all’epoca disponibili: la Commissione europea li cancellò per i ritardi nell’esecuzione dei lavori. Oggi la Commissione europea minaccia l’Italia e la Francia di reiterare questa decisione.

Sono al corrente TELT, e i ministri Toninelli e Salvini, che la quota di fondi europei per lo scavo del tunnel contenuta nel Grant Agreement 2015 di 813 milioni di euro è oggi inutilizzabile perché l’art. 16 dell’accordo del 2012 non permette il lancio di lavori definitivi dato che Francia e Italia non hanno stanziato i 9,6 miliardi di fondi necessari per realizzare l’intero tunnel? Chi è il responsabile?

TAV, GRUPPO M5S: “CONSULTAZIONE PERDITA DI TEMPO E DENARO, CHIAMPARINO PARLA DI TAV PER COPRIRE IL SUO FALLIMENTO IN PIEMONTE”

https://www.piemonte5stelle.it/2019/02/tav-gruppo-m5s-consultazione-perdita-di-tempo-e-denaro-chiamparino-parla-di-tav-per-coprire-il-suo-fallimento-in-piemonte/

La consultazione popolare di Chiamparino è una presa in giro nei confronti dei cittadini piemontesi. Una perdita di tempo e denaro. Di tempo perché la Regione deve pensare prima a chiudere il bilancio e di denaro perché l’ente non ha nessuna competenza sul TAV. Quello di oggi è l’ennesimo spot elettorale di Chiamparino su un cantiere per il quale non ha nessun strumento per intervenire. Al massimo potrà andare a vedere il cantiere con le braccia dietro la schiena. 

Singolare che si scopra, tutto ad un tratto, la democrazia diretta dopo che per oltre 20 anni nessuno ha chiesto il parere alle popolazioni interessate a quest’opera. All’improvviso si scoprono anche ipotesi alternative, come la cosiddetta “mini TAV”, che devono essere rispedite al mittente se prevedono la possibilità di realizzare il tunnel di base. 

La narrazione secondo cui il Piemonte sarebbe “all’angolo” per colpa di chi si oppone al Tav è una storiella fantasiosa. La realtà è ben diversa. Il Piemonte è stata una Regione con un debito di 10 miliardi di euro, l’unica del nord Italia ad esser stata sottoposta al piano di rientro, l’unica in cui si sono verificati due scandali per le firme false, la regione di Rimborsopoli, delle mutande verdi e dello scandalo Finpiemonte. Ed i responsabili sono gli stessi che vogliono il TAV: destra e sinistra che hanno entrambi governato il Piemonte. 

Nel frattempo, mentre Chiamparino si riempie la bocca parlando solo di TAV, si dimenticano le vere priorità del Piemonte: sanità efficiente, Trasporto pubblico locale, edifici scolastici sicuri e messa in sicurezza del territorio.

Gruppo regionale Movimento 5 Stelle

TAV, CONSULTAZIONE ARMA DI DISTRAZIONE DI MASSA DI CHIAMPARINO. LE PRIORITA’ DEL PIEMONTE SONO SANITA’, EDILIZIA SCOLASTICA, TPL E TUTELA DEL TERRITORIO”

https://www.piemonte5stelle.it/2019/02/tav-consultazione-arma-di-distrazione-di-massa-di-chiamparino-le-priorita-del-piemonte-sono-sanita-edilizia-scolastica-tpl-e-tutela-del-territorio/

Consultazione sul TAV, l’ultima arma di distrazione di massa di Chiamparino. Perché lui ed i suoi amici non hanno chiesto l’opinione dei cittadini 20 anni fa quando si iniziò a parlare dell’opera? Farlo oggi sarebbe solo una perdita di tempo e denaro, con il Consiglio regionale impegnato sul bilancio ed un’analisi scientifica su costi e benefici che parla chiaro.
 
La fantasia di Chiamparino non conosce limiti quando si parla di TAV. Qualche settimana fa fa voleva finanziare l’opera con risorse della Regione, senza dire con quali risorse (una nuova tassa?). Poi si è inventato un fantomatico “sconto” sull’opera da parte dell’Unione europea subito smentito dalle istituzioni francesi ed ora rilancia il referendum.
Gli andava poi benissimo avere l’esercito ad imporre l’opera, ora si risveglia di colpo interessato all’opinione della popolazione!
 
Chiamparino parla solo di TAV per cercare di nascondere cinque anni di inconsistenza e si dimentica le vere esigenze dei cittadini Piemontesi: sanità, edilizia scolastica, trasporto pubblico locale e tutela del territorio. Queste sono le vere emergenze del Piemonte, a queste la politica deve dare risposte.
 
Gruppo regionale M5S Piemonte

COSA CI DICONO DI VENEZUELA, ONG, AGENZIE DI RATING, P2, ASSANGE……. NAZIONE CORROTTA, STAMPA INFETTA

http://fulviogrimaldi.blogspot.com/2019/02/cosa-ci-dicono-di-venezuela-ong-agenzie.html

MONDOCANE

LUNEDÌ 25 FEBBRAIO 2019

L’Espresso di allora e i media di oggi

Il meme “Capitale corrotta, nazione infetta”, formulato nel 1955 da un “L’Espresso” del tutto eterodosso rispetto a quello ortodossissimo di oggi di Debenedetti, titolava una drammatica inchiesta di Manlio Cancogni sull’orrore della speculazione edilizia iniziatasi allora a imperversare su Roma. Espressione felice e inchiesta agghiacciante, che non impedì allo scandalo della devastazione di dilagare in tutto il paese e di raggiungere le vette parossistiche (vedi TAV, TAP, sottopassi, varianti, passanti vari) che sperimentiamo sulla pelle. Ora più che mai, in vista del passaggio dei poteri dello Stato unitario ai governatori  di quelle regioni che tanta buona prova hanno fornito in difesa di suolo, ambiente, sanità, istruzione, diritti sociali, onestà, legalità, parsimonia dei governanti.

Ho parafrasato quel meme quando mi sono chiesto in virtù di quale annebbiamento mentale si potesse credere anche a una sola parola (quando non fosse strumentale) di quanto pubblicato dai media, quando questi appartengono, o rispondono, a quegli stessi potentati alle cui successive e sempre più incontrollate e proterve generazioni  e loro imprese dobbiamo questa Roma e questa Italia. Per la prima volta, da pochi mesi, una forza politica ha messo sul piatto, in particolare con un ministro della Giustizia e uno dell’Ambiente, il proposito, subito sgambettato dal partner di governo, di invertire la marcia che ha portato alla bancarotta fraudolenta dell’impresa “Belpaese, SpA”. La cosa, del tutto incompatibile con i tempi che corrono ha suscitato bad vibrations,onde sismiche e maremoti, da un capo all’altro del paese, dell’Europa e fin dell’Occidente. E i padroni dei media, oggi un cartello atlantico, si sono mossi alla grande.

Arresto dei Renzi? Ci vuole il Piano di Rinascita.

Le reazioni UE non si sono fatte attendere e ce le troviamo sul gobbo. Quelle dello schieramento storico, prodotto dalle temperie catto-capitaliste postbelliche e strettosi come cappio al collo d’Italia fin dai tempi di quel “L’Espresso” eterodosso, ha reagito in vari modi. L’ultima essendo quella che recupera, da parte di tutti loro, opposizione e metà governo, l’insegnamento del maestro Licio Gelli: Piano di Rinascita.  Stimolata dallo sconcerto e dall’indignazione perché si è osato mettere i ceppi (domestici) ai genitori di un ex-premier di quel calibro, ne ha rilanciato, unanime da Martina a Salvini agli scontati Radicali, l’idea della separazione pubblici ministeri- giudici, conditio sine qua non per mettere le briglia a quella magistratura che non si era ancora spontaneamente legata al carro. Piano di Rinascita ora perfezionato con le “autonomie differenziate”  dove ogni cosa è di più facile controllo e gestione. E quale Stato, col ministro Costa e col ministro Bonafede, gli potrebbe dire più niente quando a decidere cosa fare e cosa non fare saranno governatori e consiglieri  di regioni in cui il controllo del territorio viene esercitato, lo dicono le recenti inchieste giudiziarie in Veneto, Lombardia ed Emilia, da ‘ndrangheta e camorra?

Sono i Reporter Senza Frontiere, bellezza!

Abbiamo sotto gli occhi un paginone del “manifesto” firmato da Guido Caldiron, che ricordiamo “pasionario” di tante belle rivoluzioni colorate, in particolare  di quella fallita, ma cara ai suoi correligionari, del Libano nel 2005 (scriveva su “Liberazione”). L’oggetto è l’esaltazione di un rapporto delle associazioni e cosiddette Ong che animano la Piattaforma per la Protezione e Salvaguardia del Giornalismo, organismo che serve a dire come stanno le cose nei media al Consiglio d’Europa. Comprende federazioni e sindacati, ma tra tutti, ai fili del consesso dei capi UE, pendono i Reporters Sans Frontieres (RSF). Quelli che si premurano di spiegare a Trum, Macron, al colto e all’inclita tutte le verità sui mascalzoni Putin, Assad, Rouhani, Kim Jong Un.  A loro, non ridete, Caldiron attribuisce il monitoraggio e la denuncia dello stato della libertà di Stampa.

Il 13 febbraio 2019, il “manifesto”  accredita una relazione di RSF, bocca della verità, sulla condizione dei media italiani. Il 2 gennaio del 2016  allo stesso giornale era sfuggita una svista. Sul suo supplemento “Le Monde Diplomatique” il fondatore e padre nobile di RSF, Robert Ménard, era stato bollato di stipendiato della Cia e lui e la sua organizzazione di estrema destra. Un faux pas per il giornaletto che non si perde una campagna di Soros e della fazione Hillary del Partito Democratico, dunque dello Stato Profondo Usa. Forse inevitabile, dato che non solo autorità del giornalismo come Gianni Minà o Reseau Voltaire, ma la totale identificazione di RSF con tutte le cause care al Dipartimento di Stato e alla base dei macelli libico, iracheno, siriano, afghano, africano, migrantesco, avevano solidamente corroborato tale assunto.

Mafie? Golpe? Gorilla? Maddechè.

Cosa denuncia, dunque, quel rapporto sulla guerra atomica alla libertà di stampa in Italia? Un report destinato all’indignazione e, necessariamente, ai conseguenti provvedimenti dei notabili UE. Che, mettiamo, il “manifesto”, prodigo di ogni informazione anche sul minimo malumore causato al “rifugiato” dalla xenofobia razzista, fascista e antisemita del manigoldo italiano, ci riferisca anche dello scandalo del Cara di Mineo, da cui si estendono su tutta l’Italia i tentacoli della quarta mafia, quella nigeriana? Che, come prefetture, commissariati, carabinieri,  tribunali, inchieste ci rivelano, in Italia lo spaccio di cocaina e della rediviva eroina, il business della prostituzione, il controllo di larghe fette di territorio, sono ormai quasi monopolio dei nigeriani (arrivati con le Ong, come se no?)? Che è ora di smetterla di piangere sui “salvati” nel mare e schiavizzati dai caporali e attaccare a fondo sia la Grande Distribuzione che campano sulla loro schiavitù e le multinazionali che li sradicano dai loro paesi?

O pensate che il rapporto di RSF e affini ci parli della libertà di stampa manomessa e compromessa da 99 giornali e canali su 100 che, messo l’orecchio a Trump, Bolton e a quello dei genocidi nel Centroamerica, Elliott Abrams, danno a Maduro del dittatore e affamatore del suo popolo, senza dire mai una sola parola sulle sanzioni sociocide degli Usa? O sulla ricomparsa degli stessi arnesi del golpe 2002, sul retroterra terroristico di Guaidò, su vent’anni in cui Chavez e Maduro hanno fatto uscire più popolo dall’indigenza e dall’ignoranza di qualunque altro paese latinoamericano, Cuba inclusa? O  esaltando  le 300 tonnellate di aiuti dell’agenzia Cia USAID, al confine con la Colombia, da qualche gazzettiere volenteroso pompate a 600, e occultando le 1000 tonnellate che ogni giorno il governo di Maduro distribuisce alla popolazione?

Lamenta forse, il rapporto, che nessun mezzo d’informazione abbia avuto quel minimo di deontologia da richiamare alla memoria dei lettori la storia dei colpi di Stato Usa in America Latina e nel mondo, con successiva immancabile installazione di dittatori e ladroni, quelli sì, dall’Argentina al Brasile al Cile al Perù al Venezuela al Nicaragua all’Honduras al Guatemala ad Haiti a Cuba al Messico dei narcopresidenti, fino all’Ucraina dei corpi speciali nazisti, a metà Africa in combutta con Parigi…?

Forse il rapporto si risente della mancanza di una qualche ricerca in profondità che ci spieghi come chiunque abbia toccato il dollaro, tipo il Venezuela col petro, la Libia con la moneta panafricana, Saddam con l’euro, o abbia un bel po’ di petrolio sotto i piedi da suscitare l’interesse tonitruante degli Usa? Per cui lasciare a distanza di schioppo, anziché di oceani e mari, la più vasta riserva di idrocarburi del mondo (più coltan, oro, acqua), non rientrerebbe nella vicenda dell’eccezionalismo statunitense?  Che il rapporto trovi sconcertante che la rivelazione di uno dei più grandi e autorevoli editori americani, la McClatchy (29 quotidiani in 14 Stati, centinaia di siti web, agenzie di notizie), sui 40 voli segreti  in due settimane della compagnia privata Usa, “21 AIR LCC”, di cui gran parte sono stati scoperti dalle autorità venezuelane pieni di armi leggere e pesanti destinati all’opposizione?

Non credete che sicuramente il rapporto per il Consiglio d’Europa abbia rilevato quanti occultamenti, travisamenti, depistaggi, distrazioni di massa, manipolazioni, autentiche balle, squalifichino ogni credibilità della stampa italiana, senza dubbio, per quanto riguarda deontologia e grammatica democratica, la più penosa del continente? Stampa “mainstream” la chiamano in inglese, “flusso principale”. Da noi sarebbe “stampa di regime”. Mica nel senso di governo, che di stampa ne ha pochina. Di regime, quello vero. Non, no, per RSF che, avendo la faccia  come il clown Grock, sono i 5 Stelle responsabili del 46° posto nel mondo che l’Italia avrebbe per libertà di stampa.

Pagliuzze e travi

Tipo il vindice della correttezza mediatica, Il Fatto Quotidiano, cui, togliendogli una t, spetta il fato quotidiano di scoprire la pagliuzza nell’occhio altrui, con tanto di trave nel proprio. Non che le pagliuzze non ci siano e non siano grosse come covoni, ma che dimensione si può dare a una trave che denuncia (fonte l’immancabile Ong dei “diritti umani”) il dilagare in Germania di spie siriane, reduci dall’aver torturato 2000 prigionieri politici (Amnesty!), talpe russe, sabotatori iraniani? Mentre parrebbe ancora vivo lo stupore di Frau Merkel per essere stata spiata, insieme alla Rousseff e a qualche miliardo di umani, dalla NSA statunitense. Agenzia che, insieme a Cia, Mossad, MI6, BND tedesco, DGSE francese, secondo RSF, si preoccupa unicamente della nostra sicurezza e privacy.

E che trave è quella, condivisa con il “manifesto” e con tutti gli altri sodali della “guerra al terrorismo”, che nasconde dietro a Giulio Regeni il tentativo delle 7 Sorelle di fottere all’Italia gli idrocarburi al largo dell’Egitto? Per cui l’Egitto va rappresentato come il mattatoio del solito “dittatore”, mentre si tace sul terrorismo vero dei cari Fratelli Musulmani che, con le loro milizie Isis, lo assale da tutti lati, assassinando giudici, massacrando poliziotti e civili, incendiando chiese copte, situazione di guerra civile in cui parrebbe difficile tenere in piedi un’immacolata democrazia. Terrorismo considerato dai nostri informatori alla stregua di un’opposizione un po’ vivace. Ovviamente al dittatore.

Illusione, dolce chimera sei tu (https://www.youtube.com/watch?v=rFauAo457nE)

Che però alla fin fine il rapporto di questi segugi delle manchevolezze della nostra informazione abbia scoperto che c’è stata trattativa Stato-mafia e che perciò Borsellino è stato ammazzato, che tra mafia e certo Stato sotto Cia si faceva a chi faceva i migliori attentati; che quello che si diceva di Gheddafi, Assad, Maduro è lo stesso di quanto s’inventava sulle armi di distruzione di massa di Saddam, o sulle buone ragioni di un plusvalore di 7 miliardi ai clienti appaltatori del Buco in Valsusa; che dal corridoio 5 Lisbona-Kiev si sono ritirati tutti sghignazzando, salvo il Chiamparino del pezzetto Torino-Lione; che le agenzie di rating che pretendono di infilarci in paradisi, purgatori o inferni, non sono altro che i terminati delle più scellerate banche d’affari che, con la crisi, hanno moltiplicato per 2000 la ricchezza dei ricchi e per due miliardi la povertà dei poveri. E che al concerto pro-Guaidò del miliardario da bassifondi  di Wall Street (trionfo:18mila sfigati al posto del milione atteso) a un gigante come Miguel Bosè s’è contrapposto un terza fila pro-Venezuela come Roger Waters dei Pink Floyd.

Ce ne sarebbe, ma concludiamo esprimendo la certezza che il rapporto, così come l’Associazione dei Giornalisti Investigativi Europei, avrà buttato un occhio sul fenomeno dell’antisemitismo dilagante in tutta Europa e in Francia soprattutto. Svastiche, aumento del 74% degli episodi, Gilet Gialli che danno del sionista al sionista Fienkelkraut, apparso come per incanto in mezzo a loro. Come ci hanno inzuppato Repubblica, Corriere, Stampa e seguito! E sicuramente avranno concluso che è una ben misera stampa investigativa quella che non sospetta di cronisti secondo cui è stato detto “sporco ebreo”, mentre poi l’audio del fatto riporta solo “sporco sionista”.  Che magari non è educato, ma non è neanche antisemita (ancora per poco). E che magari toccava ai colleghi anche riflettere suil fatto che, se quattro mesi di mazzate e pallottole ai Gilet non sono stati sufficienti a spazzarli dalla scena, forse l’accusa di antisemitismo, missile a testata nucleare, sarebbe servito alla bisogna.

Pesi e misure

Avete cercato tutto questo nel report circonciso da Calderon sotto il titolo “Roma minaccia la libertà di stampa”. Roma sta per 5 Stelle. Ma non lo avete trovato, neanche l’ombra. Invece  avete trovato che la libertà dei media è a rischio, intanto per gli omicidi  e le minacce di morte nei paesi cattivi: Russia, Bulgaria, Slovacchia, Turchia, Ungheria (mica in Honduras dove, dopo il golpe Obama-Hillary, li fanno fuori prima ancora che il dito raggiunga la tastiera, mica nell’ultraliberale Saudia). Ma, soprattutto, per le violenze e la repressione verso la stampa indipendente (“Che ci sia ognun lo dice, dove sia nessun  lo sa”, Metastasio). Che poi, secondo il “manifesto”, sarebbe esso stesso, il Foglio e l’Avvenire, indipendenti grazie allo Stato che ne compensa l’assenza di audience, a Soros, alla Cia e ai vescovi. E, naturalmente, “la maggior parte degli allarmi registrati nel 2018 sono stati inviati dopo l’insediamento del nuovo governo di coalizione il 1.giugno”. Il giorno in cui da Palazzo Chigi è sceso il nuovo Goebbels. Che, a parte dare degli sciacalli e delle puttane a qualche scriba, ha commesso il peccato mortale di voler togliere i regali di Stato a chi non viene comprato nelle edicole. Assassinio della stampa “indipendente”.

E quando, a fianco, in senso letterale e figurato, sempre sul “manifesto” un altro vindice della libertà di stampa titola “Stampa sotto attacco perché ostacola il potere”, pensate che qui si parli delle nostre eccellenze che hanno bombardato la Serbia e disfatto la Jugoslavia socialista e democratica, dell’Ucraina dove le redazioni antigovernative vanno a fuoco, di Facebook e Google che fanno fuori (da internet) chi pubblica critiche al tiro al piccione praticato su Gaza (198 vittime, di cui 40 bambini, 3000 feriti e mutilati, tutti disarmati)? Errore. Si piagnucola sul dato che, dal 2008, le vendite di giornali siano calate del 20% e se ne dà la colpa al web. Non alle balle. Si ringrazia un congresso della Federazione della Stampa (FNSI), quella che trovate accanto (in senso figurato e letterario) a ogni piazzata di Anpi e Arci per cause sbagliate, per aver denunciato la “forte ostilità” manifestata dal governo alla stampa. Mica il contrario, per carità. Trovatemene uno, tra giornali, riviste, tg e talkshow che non spari a palle incatenate sui 5 Stelle. Meschinelli, che non hanno neanche una fanzina. E si rende merito a Mattarella, Casellati e Fico per aver sottolineato l’importanza di deontologia ed etica nella professione. Lo scrivono senza ridere.

Julian Assange? Mai coverto…

Del resto non è la FNSI, assieme all’Ordine dei Giornalisti,  quella che, diversamente dai sindacati giornalistici di mezzo mondo (non Nato), non ha mai speso una sola parola in difesa della condanna a morte strisciante praticata nei confronti di Julian Assange. Il fondatore di Wikileaks che ha rivelato al mondo, con documenti ufficiali, più crimini commessi dagli Usa assieme agli alleati di qualsiasi gola profonda della Storia, da 7 anni è chiuso nell’ambasciata dell’Ecuador dove gli aveva assicurato asilo l’ex-presidente Correa e in cui ora è privato di qualsiasi contatto con l’esterno, anche elettronico, dal nuovo presidente voltagabbana, Moreno. Simbolo e martire della libertà di stampa, è a rischio di condanna a morte se estradato negli Usa, ma dal “manifesto” è stato vilipeso come “stella appannata”. Giudizio che alla FNSI basta per starne alla larga. Deontologia ed etica.

La tv, invece…

Non mi dilungo anche sulle televisioni. Della deontologia e obiettività di Mediaset non fa conto parlare. Evitiamo Lapalisse. Di La7, a seguirne i talkshow dei vari Capitan America anti-5Stelle: Lilli-Bilderberg-Gruber (“la magnifica ossessione” della tirolese mette in campo sistematicamente tre contro uno, più il suo ghigno, quando si tratta di crocefiggere Di Maio & Co.), Zoro, Giletti, Formigli, si impone l’urgenza di una disintossicazione. Della RAI so meno, non seguo che il TG3, per antica consuetudine e perverso masochismo. Quando ero al dignitoso Telekabul, curavo con Giuseppina Paterniti una rubrica di delitti eco- e sociologici. Cattolica e grande tifosa della Caritas, Paterniti è ora direttrice del TG3. Un TG3 che, dismesso da tempo il berretto frigio, s’è messo la tonaca con tanto di zucchetto porpora. Si apre con l’ordine di servizio atlantico, si passa in Vaticano, si prosegue con i migranti bistrattati, si sfotte un po’ il governo, ci si eleva con Mattarella e si chiude con il prete misericordioso.

E qui arriva il due dell’uno-due appoppiato a chi offende l’etica e la deontologia del giornalismo italiano. Ce lo molla l’Agcom, l’Autorità per le Comunicazioni, nella persona di Angelo Cardani, già della Bocconi e del gabinetto di Mario Monti all’UE. E’ nella forma di monito che si esprime Cardani, alla maniera di Napolitano quando dettava la politica ai sottoposti. Mentre noi, accecati dalla faziosità, avevamo l’impressione che, nei vari TG, alle epifanie dei governativi succedesse, col triplo del tempo, la moltitudinaria opposizione nelle sue infinite articolazioni di partito e di corrente, Agcom ci istruisce sul dato agghiacciante che il governo si prende il…90% del tempo! “Inedita sovra-rappresentazione del governo e sistematicamente sotto-rappresentazione delle opposizioni”.

Avevamo visto male. Ci dovremmo mettere gli occhiali. Quelli di Carpenter in “Essi vivono”. Ci renderemo conto di quanto RFS e Agcom accoratamente e rabbiosamente denunciano. E la libertà di stampa sarà salva.

Pubblicato da Fulvio Grimaldi alle ore 18:29

Tav e referendum, Chiamparino parla del nulla

24 Febbr 19 FQ :

Propaganda – Né le leggi nazionali, né lo Statuto del Piemonte prevedono quella consultazione

di Livio Pepino

Sul Tav bastano gli scricchiolii a seminare il panico.

Così la, pur remota, prospettiva di una rinuncia da parte del governo induce il presidente del Piemonte a invocare un referendum.

Curiosa proposta che svela la singolare idea secondo cui i cittadini non devono essere consultati per fare una grande opera, ma la consultazione si impone se si ipotizza di non farla.

Del resto è evidente che il governatore bluffa per cercare visibilità data la prossimità delle elezioni regionali.

Dire referendum, infatti, non significa nulla se non si chiarisce di che tipo di referendum si tratta e chi sarà chiamato a parteciparvi.

Cominciamo dal tipo di referendum. A livello nazionale la Costituzione ne conosce tre: il referendum abrogativo di leggi nazionali previsto dall’art. 75, quello sulle leggi costituzionali o di revisione costituzionale previsto dall’art. 138 e quello previsto dall’art. 132 sulla fusione o la costituzione di nuove Regioni ovvero il passaggio di Comuni o Provincie da una Regione a un’altra.

A livello regionale provvedono i singoli statuti e, per quanto qui interessa, quello del Piemonte, che prevede il referendum abrogativo di leggi, regolamenti o provvedimenti amministrativi regionali (artt. 78 e 80) e quello consultivo, avente ad oggetto “iniziative legislative o provvedimenti amministrativi, nei limiti e secondo modalità fissate con legge” (art. 83).

È di tutta evidenza che nessuno di questi referendum è applicabile al caso del Tav.

Dunque, per procedervi occorrerebbe una legge ad hoc di carattere nazionale, come la legge costituzionale n. 2 del 3 aprile 1989 (che autorizzò l’unico referendum consultivo nazionale della storia repubblicana avente ad oggetto l’attribuzione di un mandato costituente all’Europarlamento) ovvero una apposita legge regionale (analoga alla n. 15 del 19 giugno 2014 della Regione Veneto, avente ad oggetto “referendum consultivo sull’autonomia del Veneto”). 

Questa la situazione. Evocare oggi un referendum sul Tav significa, dunque, solo fare propaganda.

Il governatore Sergio Chiamparino peraltro, evidentemente consapevole dell’impraticabilità di quanto va dicendo, continua a usare il termine “referendum” ma, citando l’art. 86 dello statuto, mostra di riferirsi a un diverso istituto e cioè la “consultazione di particolari categorie o settori della popolazione su provvedimenti di loro interesse”. 

Anche qui non ci siamo. Una consultazione popolare deve essere preceduta – come confermano le motivazioni del parere n. 4654/1998 del Consiglio di Stato, in tema di referendum comunali – da una legge che ne disciplini modalità e tempi di indizione, procedimento, condizioni di validità e quorum, finanziamento e quant’altro (se non altro ad evitare che ogni consultazione si svolga con regole diverse). Ciò anche a prescindere del fatto (pur decisivo) che il citato art. 86 dello Statuto non autorizza una consultazione dell’intera popolazione piemontese ma soltanto quella “di particolari categorie o settori della popolazione”. Ancora una volta si parla del nulla.

Ma c’è una questione ancora più importante. Chi si vuole coinvolgere nel referendum? 

Nonostante le chiassose esternazioni del presidente Chiamparino sulla consultazione regionale, le ipotesi possibili, ai sensi della normativa vigente, sono solo due: o una chiamata alla urne di tutti i cittadini italiani (interessati all’opera come contribuenti) o quella dei residenti nel territorio su cui l’opera dovrebbe insistere (“categoria di popolazione” interessata ai sensi dello statuto della Regione Piemonte).

Evocare oggi un referendum serve, dunque, solo a sollevare un polverone per condizionare o ritardare le decisioni politiche e per fare campagna elettorale (per le europee o per le regionali).

Nell’attuale sistema normativo non sono i No Tav a poter richiedere il referendum ma solo la maggioranza del Consiglio regionale o del Parlamento. 

Non potremo chiederlo ma – se ci sarà – sapremo vincerlo come accaduto per il nucleare, l’acqua pubblica, la Costituzione (tutti referendum in cui ai blocchi di partenza ci davano perdenti e che abbiamo vinto alla grande).

POUR UNE GEOPOLITIQUE AFRICAINE: BACKSTAGE DE LUC MICHEL AU 32e SOMMET DE L’U.A. A ADDIS-ABEBA CES 9-11 FEVRIER 2019

 

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* Voir la video sur : https://vimeo.com/317711112

# 1ère Partie :

LUC.MICHEL.ORG-TV/

POUR UNE GEOPOLITIQUE AFRICAINE :

BACKSTAGE DE LUC MICHEL AU 32e SOMMET DE L’UNION AFRICAINE A ADDIS-ABEBA CES 9-11 FEVRIER 2019

Le géopoliticien Luc MICHEL, président de PANAFRICOM et du PCN- НОП,  néopanafricaniste (1), administrateur-général de EODE Think Tank, depuis Addis-Abeba (Ethiopie), envoyé spécial à la « 32e session ordinaire de l’Assemblée des chefs d’Etat et de Gouvernement de l’Union Africaine » :

Backstage du tournage du Standup « pour une Géopolitique africaine », avec le journaliste Guy Nfondop, réalisé ce 11 février devant le siège de l’Union Africaine pour AFRIQUE MEDIA TV (et diffusé ces 11-12 février 2019).

* voir l’émission sur

PANAFRICON-TV/

LUC MICHEL A ADDIS-ABEBA (II):

COMMENT LA GEOPOLITIQUE EST ABSENTE DES PROJETS DE L’UNION AFRICAINE

(AFRIQUE MEDIA, 11.02.19)

sur https://vimeo.com/317115322

(1) Voir sur PANAFRICOM-TV/

UNIFICATION ET LIBERATION DE L’AFRIQUE ! LES BASES IDEOLOGIQUES DE PANAFRICOM : L’ABC DU NEOPANAFRICANISME (LUC MICHEL, JUIN 2016)

sur http://www.lucmichel.net/2017/08/30/panafricom-tv-unification-et-liberation-de-lafrique-les-bases-ideologiques-de-panafricom-labc-du-neopanafricanisme-luc-michel-juin-2016/

# 2ème Partie :

LUC.MICHEL.ORG-TV/

REPORTAGE :

LUC MICHEL AU 32e SOMMET DE L’UNION AFRICAINE

A ADDIS-ABEBA CES 9-11 FEVRIER 2019

Rencontres multiples – dont le président tchadien Idriss Déby Itno et Félix Tshisekedi nouveau président de RDC –, expertises et directs pour les télévisions internationales AFRIQUE MEDIA et PRESS TV (Iran), lobbying pour le Néopanafricanisme et la Cause des Peuples …

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