Sì alla mozione anti-Tav ma intanto il governo sblocca i bandi di gara

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Sì alla mozione anti-Tav ma intanto il governo sblocca i bandi di gara
I cartelli del Pd nell’Aula della Camera con la scritta “Salva Salvini Boccia la Tav” durante la votazione della mozione sulla Tav (ansa)

Entro 15 giorni il via libera, sei mesi per le assegnazioni. Le imprese piemontesi: sciopero contro il blocco

di TOMMASO CIRIACO e CARMELO LOPAPA

22 febbraio 2019
Roma – C’è una svolta sulla Tav. Il governo gialloverde darà il via libera ai bandi di gara per la Torino-Lione. E lo farà entro quindici giorni, in modo da non perdere la tranche da trecento milioni di euro di fondi europei in scadenza. Tutto matura proprio nelle ore in cui alla Camera passa la mozione sull’alta velocità che in apparenza porta al congelamento del progetto. La realtà va nella direzione opposta, perché Palazzo Chigi permetterà a Telt, la società per metà in mano al governo francese e per metà a Ferrovie italiane, di avviare la raccolta delle dichiarazioni d’interesse delle aziende che dovranno realizzare l’opera.

Di fatto, la prima pietra politica che sblocca la realizzazione della Tav. Un terremoto invece per i 5 stelle, che con l’analisi costi-benefici riteneva di aver posto la pietra tombale sui cantieri piemontesi. L’ala movimentista, che martedì ha dovuto già ingoiare il no all’autorizzazione al processo per Matteo Salvini, è pronta a mobilitarsi contro quello che considera l’ennesimo cedimento all’alleato.

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Eppure, il via libera ufficiale è dietro l’angolo. Lo schema piace al Carroccio e nelle ultime ore è stato accettato anche da Palazzo Chigi e dal ministero delle Infrastrutture, roccaforte del grillismo No-tav, anche dopo l’annuncio da parte del sistema delle imprese piemontesi di un fermo delle attività produttive per protestare contro la mozione M5S-Lega. Per sancire lo schema futuro, Conte, Di Maio e Salvini si vedranno i primi giorni della prossima settimana, dopo il voto in Sardegna. Non a caso, perfino il ministro pasdaran Danilo Toninelli adesso ha ammorbidito i toni: «Massimo due settimane e comunicheremo la soluzione trovata con gli alleati». Lui stesso, martedì prossimo, raggiungerà Bruxelles per incontrare rappresentanti della Commissione e del governo francese. Il segretario della Lega intanto canta già vittoria: «Si va avanti sul progetto. Come vedete, non c’è stato lo squallido scambio tra il no all’autorizzazione al mio processo e la Torino-Lione».

Ci sarà dunque il disco verde del governo. A quel punto, si potrà riunire il consiglio d’amministrazione di Telt, rimasto “sospeso” in attesa di una soluzione. La convocazione ancora non è stata formalizzata, ma è attesa per i primi giorni di marzo. Sarà il passaggio necessario per dare il via ai bandi di gara e far partire la raccolta delle dichiarazioni d’interesse. Da quel momento, si aprirà una finestra di sei mesi, al termine della quale la società italo-francese procederà all’assegnazione dei capitolati e alla scelta delle imprese. Ed è proprio aggrappandosi a questi 180 giorni di tempo che i Cinquestelle hanno accettato il compromesso. In teoria, infatti, la Telt – sfruttando la legislazione francese alla quale risponde – potrebbe anche decidere di non procedere con la selezione delle imprese. Salterebbe così la realizzazione dell’opera senza dover pagare penali.

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Ma sono proprio quei sei mesi di tempo guadagnati a rassicurare la Lega. I cantieri intanto ripartono. E dopo le Europee, con molta probabilità, gli equilibri politici e lo stesso assetto di governo saranno ribaltati. «Il contratto di governo non è la Bibbia e bisognerà riaggiornarlo – dice non a caso Salvini – perché l’economia va avanti». Ed è quello che andrà a dire la settimana prossima lo stesso vicepremier leghista al presidente di Confindustria Vincenzo Boccia, che a nome dell’imprenditoria del Nord protesta contro la paralisi della Torino-Lione e l’ostilità dell’ala grillina del governo alle grandi opere. «Così – avverte il capo degli industriali – si rischiano di perdere 50 mila posti di lavoro». Per di più in una fase di recessione.

Ma se l’opera più controversa si sblocca, resta ancora incerta la partita dell’autonomia di Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna. Sui decreti-icona voluti dalla Lega non c’è ancora nessun testo pronto e per approvare l’intero pacchetto «ci vorranno ancora mesi», chiarisce Conte in Senato. In ogni caso, nessuno spazio per il blitz sognato dalla Lega: le Camere, assicura il premier, saranno «necessariamente coinvolte» e verrà «rispettata la solidarietà