Non fare la Tav costerà fino a quattro miliardi

https://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2019-02-08/non-fare-tav-costera-fino-quattro-miliardi–070744.shtml?uuid=AFco6YK

Rinunciare alla realizzazione della Torino-Lione costerà da un minimo di 2,8 miliardi fino a 4 miliardi se si considerano, oltre alla restituzione dei fondi versati e alle penalità contrattuali, anche le somme necessarie per il ripristino dei luoghi e quelle per il potenziamento della linea storica che andrebbe comunque adeguata per motivi di sicurezza. Sono le quattro voci prese in considerazione dalla «relazione giuridica» allegata all’analisi costi-benefici rimasta finora riservata.

Questo documento, che integra l’analisi costi-benefici economica messa a punto dalla squadra di Marco Ponti, non è infatti fra quelli inviati a Parigi e a Bruxelles dal ministro Toninelli, ma sarà pubblicato la prossima settimana insieme al resto del lavoro. Sarà anche consegnato alla Lega per l’incontro, previsto in questi giorni, fra Matteo Salvini e Luigi Di Maio. Anzi, a ben guardare, il dato del costo della rinuncia all’opera (con i conseguenti impatti sul bilancio dello Stato) è forse il dato-chiave, più rilevante, ai fini della discussione politica, della stessa analisi costi-benefici che resta un esercizio teorico al servizio delle scelte politiche.

 Vediamo come si arriva al costo massimo di 4 miliardi. La prima voce è quella della messa in sicurezza e del ripristino dei luoghi interessati dai lavori effettuati: la forchetta presa in considerazione dai tecnici e dai consulenti del ministero delle Infrastrutture va da 200 a 500 milioni. Segue la voce dei fondi già versati che andrebbero restituiti, quantificata in 600 milioni. Il capitolo più discusso è quello delle penalità e più in generale degli effetti creati dalle interruzioni contrattuali: si oscilla fra 500 milioni e un miliardo. Infine una voce che non è un costo in senso stretto, ma che nell’analisi viene comunque conteggiato e pesa per 1,5-1,7 miliardi: si tratta del costo stimato dall’Osservatorio (Quaderno 11) per i lavori che sarebbe comunque necessario fare per mettere in sicurezza l’attuale linea storica e tunnel del Frejus con un secondo tunnel di sicurezza lungo 13,5 chilometri.

PER SAPERNE DI PIÙ / Tav, la Commissione Ue ha ricevuto l’analisi costi-benefici. Tensione Salvini-Di Maio

Fin qui la stima del costo contenuto nella relazione giuridica. Fuori di questo documento si possono fare altre due considerazioni . Qualora si dovesse andare a uno scenario hard di rinuncia all’opera in un quadro di conflittualità con Parigi e Bruxelles (azzeramento dei trattati) si dovrebbe infatti mettere in conto la possibile rivalsa francese per i costi totali sostenuti e la possibile decisione Ue di eliminare dalle proprie previsioni il «corridoio Mediterraneo» Lisbona-Kiev, con la cancellazione di tutti i contributi Cef (quelli per i Ten-T) alle opere inserite in questo corridoio (per esempio la Venezia-Trieste-Lubjana e il porto di Trieste).

Una questione che al momento sembra avere più una valenza negoziale al tavolo con Parigi e Bruxelles che fattiva. C’è poi l’analisi costi-benefici economica, con due scenari che prevedono costi maggiori dei benefici per 6-7 miliardi. In un primo scenario “ufficiale” (sulla base dei dati dell’Osservatorio) è previsto un massiccio trasferimento di traffico verso la rotaia, con una minore accisa pagata sulla benzina allo Stato che pesa quasi per 6 miliardi e determina un risultato “paradossale” in termini di effetti della politica dei trasporti. E un secondo scenario “realistico” dove il traffico sarà molto più contenuto e limitato sarà anche il costo per lo Stato delle minori accise (circa un miliardo). Sarà questo secondo scenario, con tutta probabilità, la posizione tecnica su cui si arroccheranno i no-Tav del M5s, mentre la Lega pro-Tav punterà sulla relazione giuridica con i costi della rinuncia.

Costi-benefici Tav/1: più aumenta il traffico e peggio va il risultato finale. Ecco i numeri

Da Il Sole 24 Ore di oggi 8 febbraio 2019 Lo scorporo delle accise, però, lo ribadiamo, così come i “costi di uscita”, non sono evidenziati e calcolati nel documento inviato a Bruxelles e alla Francia.

Alessandro Arona

Nello scenario ottimistico 6 miliardi di euro di minori accise, calcolate come costo. A Ue e Francia il lavoro del Gruppo Ponti

L’analisi costi-benefici sulla Tav Torino-Lione inviata il 6 febbraio dal ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli al governo francese e alla Commissione europea, elaborata dal gruppo di professori guidati da Marco Ponti, conferma il metodo utilizzato per il Terzo Valico di Genova: i minori introiti per lo Stato da accise sui carburanti, derivanti dallo spostamento di merci e passeggeri dalla gomma al ferro, vengono calcolati come costi.

Con la conseguenza che più aumenta il traffico sulla nuova linea ferroviaria, più cioè la nuova opera “ha successo” nel “riequilibrio modale” dal traffico su strada a quello via treno, più di conseguenza peggiorano i risultati dell’analisi costi-benefici.

Nello scenario previsionale di maggior traffico, questi costi da “mancati incassi accise” sarebbero pari a 6 miliardi di euro, su 7 miliardi di risultato totale negativo dell’analisi costi-benefici.

Nello scenario alternativo, di minore traffico, i mancati incassi sulle accise peserebbero invece solo 1,2 miliardi di euro, su uno “sbilancio” sempre di 7 miliardi di euro.
Il risultato dunque sarebbe sempre pesantemente negativo, ma con tendenza – togliendo le minore accise dai costi – ad andare verso il pareggio tanto più il trasferimento modale dalla gomma al ferro avrà successo.

Tutto questo senza considerare i “costi di uscita”, il lavoro affidato da Toninelli a giuristi e avvocati dello Stato per calcolare i costi materiali, contrattuali e da contenzioso da sostenere in caso di stop all’opera: il lavoro non è stato consegnato a Francia e Ue, è in fase di definizione, ma si stimano costi oscillanti tra 2 e 4 miliardi: da un minimo certo per sistemazione cantieri, restituzione fondi Ue e spesa francese, e messa in sicurezza minima della linea storica, a ipotesi invece di contenziosi legali con imprese, Ue e stati esteri, e realizzazione di interventi di riqualificazione della linea storica per adeguarla agli standard normativi di sicurezza (1,5/1,7 miliardi di euro), per un totale fino a 4 miliardi di euro.

Nel documento consegnato alla Francia e alla Commissione Ue, dunque, non sono evidenziati né il fattore “minori accise”, né i “costi in caso di stop”.

Già nell’Acb del Terzo Valico il tema delle accise era emerso. La struttura d missione Infrastrutture del Ministero osservò – nella sua relazione di sintesi– che il metodo utilizzato dal gruppo Ponti (minori accise come costo) era in contrasto con le linee guida della Commissione europea sull’analisi costi-benefici, e anche con il decreto Mit del giugno 2017 che le aveva recepite. Di conseguenza i dirigenti ministeriali fecero inserire una doppia tabella, una «con variazione accise» (metodo Ponti) e una senza (metodo Ue). La differenza era, per ogni scenario, di 905 milioni di euro. L’Acb sul Terzo valico così, pesantemente negativa con il metodo Ponti, andava quasi in pareggio con il metodo Ue (costi a finire, scenario intermedio:  -671 milioni), andando in territorio positivo con i costi di recesso stimati in almeno 1,2 miliardi, ma anche in uno scenario di previsione di traffico più ottimistico circa le prospettive del porto di Genova (in linea con le previsioni dell’Autorità di sistema portuale): +1.033 milioni.

Queste problematiche si accentuano nel caso della Torino-Lione. Oggi solo il 7% delle merci Italia-Francia viaggiano su ferro (linea storica Torino-Lione del 1871 e linea Genova-Ventimiglia quasi tutta a binario unico), solo 3 milioni di tonnellate di merci su 44 milioni totali (2017), rispetto invece al 70% ferro Italia/Svizzera; realizzando la nuova Torino-Lione, in ogni scenario previsionale, anche quelli del gruppo di Marco Ponti, si ipotizza un forte riequilibrio modale, cioè un trasferimento di merci dalla gomma al ferro, molto più di quanto si immagina per il Terzo Valico. Per la Torino-Lione, fra l’altro, l’Acb del gruppo Ponti calcola un effetto delle minori accise diverso a seconda della quantità di merci sottratte alla gomma. Giusto, naturalmente, anche se per il Terzo Valico curiosamente le “minori accise” valevano sempre 905 milioni.

L’altro nodo chiave sono le previsioni di traffico. L’Acb di Ponti prende a riferimento quelle dell’Acb Italia-Francia del 2011 (Quaderno 8 dell’Osservatorio), per lo scenario ottimistico, riducendole poi del 25% per le merci e del 50% per i passeggeri nello scenario pessimistico. Gli studi di traffico del 2011 prevedevano un traffico complessivo molto in crescita al 2053, fino a 110 milioni di tonnellate per le merci (i passeggeri erano comunque marginali), di cui 58 milioni su gomma e 52,5 su ferro sulla nuova Torino-Lione (pagina 60 del Quaderno 8). Per quanto riguarda la ferrovia, si stimava una crescita “a scenario invariato” sulla linea storica fino a 16,6 milioni, senza fare la nuova Tav (oggi invece la linea storica è giudicata “moribonda”, a rischio chiusura per violazione delle normative sulla sicurezza) e 35,9 mln “aggiuntivi” grazie alla nuova linea. Dunque questi 36 milioni di tn sarebbero lo shift modale, la quota sottratta alla gomma.

L’Osservatorio Torino-Lione (presidenza del Consiglio), nel 2018 ha aggiornato quelle stime (quaderno 11, pagina 45-46 e 60, consulenza prof. Roberto Zucchetti, Bocconi), abbassando le previsioni complessive al 2060 a 65 milioni di tonnellate (e non più 110), di cui il 50% ferro, 32,5 milioni, di cui a sua volta 29 dovuti alla nuova linea Torino-Lione (aggiuntivi rispetto a solo 3 rimasti sulla linea storica). Nonostante dunque dal 2011 al 2018 cambi molto la previsione complessiva sul traffico merci totale (da 110 a 65 milioni di tn), lo “shift modale”, la quota sottratta alla gomma, non cambierebbe moltissimo, da 36 milioni di tn a 29 milioni.

Il totale merci sulla nuova Torino-Lione si abbassa, però: da una previsione 2011 di 52,5 milioni di tonnellate a una attuale di 32,5. Il calo del 25% stimato dal gruppo Ponti (39 milioni) sarebbe dunque ancora più prudente di quanto stimato dall’Osservatorio. Il “costo accise” sarebbe dunque meno rilevante, solo 1,2 miliardi di euro su 7 di deficit, ma senza documento (ancora riservato) è impossibile capire come mai riducendo del solo 25% le previsioni di traffico si riduca di cinque volte l’effetto sulle accise e si crei invece un buco aggiuntivo di 5,8 miliardi nei benefici economici calcolati.

Lo scorporo delle accise, però, lo ribadiamo, così come i “costi di uscita”, non sono evidenziati e calcolati nel documento inviato a Bruxelles e alla Francia.

Tav, ultima balla: falso che faccia sparire i camion dalle strade

I numeri – Dal Frejus passano 2.100 veicoli al giorno, con le merci destinate al treno. Sono 6mila lungo la vuota e fallimentare BreBeMi

Visto che le polemiche sul nuovo tunnel ferroviario della Val di Susa si sono trasformate nella solita gara di rutti con cui la nazione ama prendere le grandi decisioni, può essere utile fermarsi un attimo a guardare la realtà. Prendiamo l’autostrada Brebemi, la Brescia-Bergamo-Milano, che è lo spreco per antonomasia. L’autostrada dove non passa nessuno. Bene, ogni giorno la percorrono 6 mila mezzi pesanti, stando ai dati ufficiali di novembre 2018. Nel tunnel autostradale del Frejus, dipinto dai sostenitori del nuovo traforo ferroviario come l’inferno di asfalto intasato da un numero di tir capaci di inquinare tutto l’arco alpino, ogni giorno passano (dato ufficiale medio del 2018) 2.154 mezzi pesanti: un terzo del traffico della deserta Brebemi.

Dovrebbe bastare questo dato a chiudere ogni discussione. Tanto è già chiaro che l’analisi costi-benefici commissionata agli esperti guidati dall’economista Marco Ponti non servirà a niente. Prima ancora di leggerla hanno cominciato a massacrarla di critiche, la più forte delle quali è che siccome Ponti è da sempre contrario a quell’opera inutile i suoi calcoli non sono attendibili. Poco importa che l’analisi costi-benefici è una metodologia basata su standard scientifici internazionali messi a punto per spendere il denaro pubblico dove ce n’è più bisogno. Quindi conviene fare una cosa alla portata di tutti gli improvvisati esperti di trasporti: contare i camion che passano.

“Basta con i tir che inquinano!”. Gridano così, all’unisono, i militanti del nuovo partito ecologista-industrialista. Sotto il Frejus passano ben duemila camion al giorno, gridano inorriditi nuovi apostoli dell’ambientalismo come l’ex sindaco di Torino Piero Fassino e l’ex ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio. Il numero fa impressione, detto così. In realtà sono in media uno ogni 40 secondi. Sulla tangenziale di Torino di camion ne passano ogni giorno non duemila ma 80 mila, che però non preoccupano.

Non solo. Sulla autostrada Torino-Milano corrono ogni giorno (dato di novembre, mese non dei più trafficati) 13.500 mezzi pesanti, quasi dieci al minuto, uno ogni sei secondi. Il traffico è sei volte quello del traforo autostradale del Frejus. Perché quando si è costruito il Tav Milano-Torino non si è pensato di spostare un po’ di quei tir dalla gomma al ferro? Sulla autostrada A4 Milano-Brescia passano ogni giorno 17 mila camion, uno ogni cinque secondi. È l’autostrada così intasata che per sgorgarla non hanno costruito una ferrovia ad alta capacità, ma un’altra autostrada, la Brebemi. Nel frattempo stanno costruendo anche la ferrovia ad alta velocità Milano-Brescia-Padova, ma servirà solo per i passeggeri. E perché nella pianura Padana non si sente l’esigenza di togliere il traffico inquinante su strada e spostarlo sulla ferrovia come si vuol fare in Val di Susa? Perché nessuno invoca di togliere dalla gomma e mettere sul ferro i 7 camion al minuto dell’Autostrada del Sole?

La ragione è semplice: è una cosa impossibile. Impossibile in Veneto e in Lombardia come in Piemonte. Lo hanno sempre saputo. Infatti anche la Torino-Lione, come la Milano-Napoli e le altre linee ad alta velocità, è nata per i passeggeri, in un’epoca in cui si sognava un’Europa solcata dai treni veloci. Quando si è visto che non c’era abbastanza traffico passeggeri per giustificare l’opera, è stata inventata la storia delle merci da spostare sul ferro, per ragioni ambientali e perché l’autostrada si sarebbe presto intasata.

Il grande imbroglio è proprio questo: a parte che non c’è nessun intasamento, il traffico merci non può essere tolto dalla strada perché è per la gran parte di breve gittata. Se un mobilificio di Lissone deve consegnare la sua merce a Pavia, il camion farà i 70 chilometri di autostrada in un’ora. Come convincere il trasportatore a portare i mobili al più vicino scalo merci ferroviario per caricarlo su un treno che porterà il carico a uno scalo merci di Pavia dove un camion vuoto dovrà andare a prenderlo per portarlo a destinazione?

Prendiamo un altro dato. Sull’autostrada A32 Torino-Bardonecchia, quella che porta all’imbocco del traforo del Frejus, passano ogni giorno 3.300 mezzi pesanti. Solo 2.154, come abbiamo visto, attraversano il tunnel che collega l’Italia alla Francia. Ciò significa che un terzo del traffico che inquina la Val di Susa è di interesse locale, non partecipa al grande flusso di merci che, stando ai nostri sognatori, attraverserebbe l’Europa da Kiev a Lisbona e viceversa. Infatti, anche ipotizzando che tutti i 2.154 camion al giorno che attraversano nei due sensi il confine con la Francia vengano da lontano, rimangono una piccola frazione dei 30 mila che si muovono sulla A4 e sulla A21 Torino-Piacenza. Ed è un’ulteriore conferma che indicare nella Val di Susa la strozzatura del traffico merci capace di compromettere il futuro dell’economia piemontese e italiana tutta è solo un’invenzione propagandistica del partito del cemento e dei tunnel.

Con un corollario addirittura grottesco. Guardate la cartina qui sopra. Con il nobile scopo di liberare dall’inquinamento di un camion ogni 40 secondi la Val di Susa, vogliono fermare i tir a Torino e caricarli su un treno. Il centro intermodale è a Orbassano. I camion provenienti da Milano (o forse da Kiev) con la A4, anziché tirare dritto verso Bardonecchia dovrebbero imboccare la tangenziale Torinese (già intasata, lo abbiamo visto, da 80 mila camion al giorno) e raggiungere Orbassano su strade ordinarie. Sottrai l’inquinamento dalle Alpi e lo aggiungi ai torinesi che tanto hanno l’aria buona e non aspettano altro.

 

Caporedattore del Corriere posta colonna di TIR: la Tav serve. Ma è la A22 del Brennero

http://www.notav.info/post/caporedattore-del-corriere-posta-colonna-di-tir-la-tav-serve-ma-e-la-a22-del-brennero/

notav.info

post 6 Febbraio 2019 at 11:59

Vi raccontiamo la storia di una fake news sul TAV, banale ma a suo modo esemplificativa della propaganda a reti unificate a favore della Torino-Lione, spesso portata sornionamente avanti dai “professionisti” dell’informazione italiana.

Alle ore 00.14 del 6 febbraio uno dei caporedattori de Il Corriere della sera, Marco Castelnuovo, posta su twitter un video di centinaia di TIR incollonati in autostrada con un’ironica didascalia “La tav non serve”

https://twitter.com/i/status/1092909356436373507

Il twit riprende uno dei cavalli di battaglia della lobby sitav, la realizzazione della seconda linea Torino-Lione rappresenterebbe una necessaria panacea per “togliere i TIR dalla strada”, addirittura grazie al TAV sparirebbero magicamente “un milione” di camion come ha detto Salvini pochi giorni fa in visita all’ex-cantiere di Chiomonte. Il video viene da una fonte certa e seguitissima, l’account @chedisagio è di quelli verificati, con tanto di bollino blu messo da Twitter accanto al nome e può contare su 58.000 follewers. Appartiene a Marco Castelnuovo non un giornalista qualsiasi ma addirittura il responsabile delle social news di un grande quotidiano come il Corriere della sera, da anni ormai impegnato in una battaglia senza quartiere contro le fake news si cui si è fatto portatore lo stesso Castelnuovo.

Qualche mese fa, in un’intervista sul “giornalismo social del futuro” proponeva addirittura di “premiare sui motori di ricerca quelle notizie fatte da giornalisti che vanno sul campo, che scattano foto, che sono testimoni del fatto  che raccontano”. Lasciamo perdere, qui, che il fatto che il TAV possa avere un impatto sul numero dei TIR in Piemonte è una menzogna palese per chiunque si intenda di trasportistica visto il traffico in continua diminuzione sulla direttrice Torino-Lione e visto che il bilancio carbonio del tunnel transfrontaliero è largamente negativo. Il video è forte e colpisce nel segno, in poche ore riceve oltre 24.000 visualizzazioni con centinaia di commenti indignati che scherniscono i notav e chiedono l’immediata realizzazione della seconda Torino-Lione per levare tutti quei camion dalla strada.

Problema: quella del video NON è l’autostrada Torino-Bardonecchia, su cui ci sarebbero i miracolosi effetti del TAV, bensì l’A22 del Brennero. Più specificatamente il video comincia poco dopo il km 44 del troncone dell’A22 che passa per Bressanone, provincia di Bolzano, in direzione Brennero, come può controllare chiunque attraverso google maps.

(pic )

Come è possibile una tale “svista”? Semplicemente perché Castelnuovo, a dispetto non solo di ogni deontologia ma anche di ogni coerenza, non è stato affatto “testimone del fatto che racconta”. Il video viene dalla pagina di un ingegnere, Denis Atzori, che lo aveva postato poche ore prima sul suo account Linkedin con la stessa dicitura corredandolo con qualche smiley di scherno.

Un altro utente, che ha lavorato anni a Bolzano, d’altronde gli fa subito notare che si tratta dell’A22 del Brennero, svelando il segreto di pulcinella della debolezza della rete logistica italiana, non la mancanza di collegamenti ma di di un adeguato supporto al trasporto intermodaleMa forse Atzori non è il più  indicato a giudicare dell’utilità del TAV, si tratta infatti  responsabile degli scavi di una notissima azienda che lavora con frese meccanica a piena sezione, la Ghella S.p.A., impegnata nella realizzazione di uno dei lavori preparatori proprio della Torino-Lione, il tunnel gegonostico di Saint-Martin-Le-Porte.

Nonostante ciò il video è stato scaricato e postato da uno dei Caporedattori del Corriere. Un errore già difficilmente scusabile (la verifica delle fonti? la serietà del giornalismo?) ma che assume caratteri ancora più gravi visto che Castelnuovo, informato da altri utenti sul suo contenuto menzognero del suo scoop, ha preferito glissare, continuando a incassare likes.

Così funziona la propaganda sitav, argomentazioni faziose, allusioni e ammiccamenti, ragionamenti tautologici di grande peso sullo stile “Dire Sì all’Italia del Sì”. La cosa più meschina è che tutto ciò venga da chi nasconde la propria vacuità dietro l’autorevolezza, sempre più traballante, del proprio ruolo assurgendosi a difensore della Democrazia e del Progresso mentre usa la propria visibilità per dare spazio alle bugie peggiori, quelle dette con supponenza e malafede. Citando il nostro, CHE DISAGIO.

Tav, scontro sull’analisi: bocciatura da 7 miliardi. Tra accise sulla benzina e impatto ambientale

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2019/02/07/tav-scontro-sullanalisi-bocciatura-da-7-miliardi/4953126/

All’oscuro – Il dossier costi-benefici che stronca l’opera consegnato a Francia e Ue. Matteo furioso: “Mai visto”

Tav, scontro sull’analisi: bocciatura da 7 miliardi. Tra accise sulla benzina e impatto ambientale

La sgangherata gestione dell’analisi costi-benefici sul Tav nelle mani del ministro Danilo Toninelli provoca ormai una guerra quotidiana tra i gialloverdi. Ieri il casus belli è stata la consegna del dossier, che stronca l’opera, alla rappresentanza della Commissione Ue in Italia. Martedì era toccato all’ambasciatore francese, Christian Masset. Quasi fosse un trattato internazionale. La decisione ha fatto infuriare Matteo Salvini: “Perché dei numeri che riguardano il futuro degli italiani sono conosciuti prima a Parigi che a Roma? Io non cambio idea – ha attaccato il leader leghista – l’Italia sulle grandi opere pubbliche deve andare avanti, non bloccare e tornare indietro”. Dagli uffici di Toninelli è arrivata una replica beffarda: l’analisi doveva essere prima condivisa con gli interlocutori “ossia Francia in prima battuta e Commissione Ue” e, solo dopo, ma a strettissimo giro – cioè oggi – agli alleati di governo. “Nemmeno io l’ho vista”, ha aggiunto Luigi Di Maio.

Da settimane Toninelli prende tempo, evitando di pubblicare il documento affidato a una task force di esperti guidati dall’economista Marco Ponti. Sarà pubblicato “la prossima settimana”, assicura il ministro. Per dare tempo a Francia e Ue di valutare i dati, poi sarà fissato un incontro.

Lo scontro sui tempi nasconde in realtà quello sul futuro dell’opera. L’analisi infatti descrive la Torino Lione come uno spreco di soldi pubblici. Nello scenario intermedio i costi superano i benefici di quasi 7 miliardi, come anticipato ieri da La Stampa. Uno sbilancio enorme, che non lascia scampo per trovare appigli per un’opera per la quale sono già stati spesi 1,4 miliardi; ne restano da spendere 10, di cui 8,6 per il solo tunnel di base (57 km): 35% a carico dell’Italia (3 miliardi); 25% Francia e 40% Ue.

Per settimane la Lega ha provato a convincere il Movimento proponendo un taglio dei costi. Il “mini Tav” avrebbe perso gli 1,7 miliardi del collegamento italiano al tunnel (quello francese è già stato scartato dai governi transalpini). L’opera si sarebbe così ridotta, come di fatto ormai è, al solo traforo del Moncenisio. Una modifica, però, che non cambiava il risultato dell’analisi: senza la tratta italiana, infatti, calano i costi, ma anche i benefici visto che i guadagni di tempo per il traffico merci si riducono al solo tunnel. Fallito il tentativo, la Lega ha deciso di contestare direttamente i numeri dell’analisi, forte dei dati sfornati dal costruttore del italo-francese del Tav, la società Telt.

Da giorni la grande stampa insiste su un presunto “difetto” del dossier: considera tra i costi anche il mancato incasso delle accise sui carburanti e dei pedaggi da parte dello Stato a causa del traffico merci che verrebbe dirottato dalla strada alla ferrovia con un beneficio per l’ambiente. Nell’analisi sul Terzo Valico ligure pesavano per 905 e 864 milioni. Senza considerare le minori accise, il giudizio sarebbe diventato meno negativo (da -2,3 miliardi a -600 milioni), anche se il governo ha deciso di dare lo steso il via libera all’opera, assai cara alla Lega motivandolo con il rischio di dover pagare 1,2 miliardi di presunte “penali”.

Le linee guida del ministero non chiariscono se le due voci vadano conteggiate nelle analisi costi-benefici. Quelle europee lo prevedono, anche se le ultime versioni sono meno esplicite. Resta però che sono previste dalle linee guida francesi e da una lunga consuetudine accademica. Al punto che la stessa analisi costi-benefici del 2011, voluta dall’osservatorio di Palazzo Chigi sul Tav mostrava ben visibili nelle tabelle riassuntive sia i costi per i gestori autostradali che per lo Stato in termini di tassazione perduta (il tutto per oltre 16 miliardi di euro). In ogni caso, però, anche escludendo le due voci, il dossier sul Tav mostrerebbe lo stesso uno sbilancio negativo tra costi e benefici, anche se di minore entità.

Tav, Travaglio replica a Delrio: “Non dobbiamo restituire nulla all’Ue, perché non ci finanzia prima della fine dei lavori”

 

Confronto vivace a Otto e Mezzo (La7) tra il direttore de Il Fatto Quotidiano, Marco Travaglio, e il deputato Pd Graziano Delrio sul Tav Torino-Lione.
Travaglio obietta all’ex ministro dei Trasporti, leggendo un documento dell’Osservatorio sull’Alta velocità, diretto dal commissario Paolo Foietta: “Era il dicembre del 2017 e la presidenza del Consiglio era quella di Paolo Gentiloni. E c’è scritto: ‘Non c’è dubbio che molte previsioni fatte 10 anni fa in assoluta buona fede, anche appoggiandosi a previsioni ufficiali della Ue, siano state smentite dai fatti, soprattutto per effetto della grave crisi economica. Lo scenario attuale è, quindi, molto diverso da quello in cui sono state prese a suo tempo le decisioni’”. E questo perché?” – continua il direttore del Fatto – “Perché tra l’Italia e la Francia dal 2001 al 2016 il traffico merci è calato del 17,7%, sia su ferrovia (- 71%), sia su strada. Lei somma Ventimiglia con Frejus, sono due cose come le mele e le pere: non possono andare insieme, perché le merci che vanno a Ventimiglia sono dirette verso la Spagna e quindi continueranno a passare da Sud, e non da Nord”.

E aggiunge: “Quindi, voi state difendendo un’opera che non serve a nulla, perché già quello che c’è, sia per i passeggeri, sia per le merci, è più che sufficiente e ce n’è pure da vendere per il fabbisogno che c’è. Semplicemente non volete nemmeno prendere atto del fatto che il vostro Osservatorio di governo, presieduto dall’ottimo architetto Foietta, ha dichiarato due anni fa la bancarotta di quell’opera. Solo che poi ha detto di farla lo stesso. E io sarei pure favorevole se fosse gratis, ma, dato che ballano 15 e forse 20 miliardi, io ci penserei due volte prima di impegnare un cantiere 15 anni e di buttare via tutti quei soldi”.

Riguardo alle eventuali penali in caso di mancata realizzazione, Travaglio smentisce Delrio: “Le penali non sono scritte in nessun trattato e sono escluse nei contratti con le società. La Ue ci finanzia chiavi in mano quando abbiamo finito le opere, quindi non può chiederci soldi indietro perché non ce li dà in anticipo, ma alla fine dei lavori. E lei lo sa benissimo”.