Dopo la manifestazione Si Tav. Altri elementi di riflessione

12 NOVEMBRE 2018 

E’ chiaro che i promotori della protesta di piazza castello si ripropongono di far cadere giunta Appendino e governo prima che fermino il Tav. E allora che fare?

di Fabrizio Salmoni

A seguire sui quotidiani l’evoluzione della situazione politica creatasi a Torino sul tema Tav risulta chiara la strategia delle forze che hanno promosso e sponsorizzato la manifestazione del 10 novembre: far cadere la giunta Appendino in primis, logorare il M5S e, alla media distanza, far cadere il governo (possibilmente prima che blocchi il Tav e altre Opere) per poi annientare e definitivamente cancellare l’esperienza Cinque Stelle, la componente governativa che più si caratterizza come potenziale “forza di cambiamento”.

Dai salotti tv a tutti i giornaloni, l’attacco al M5S è concentrico mentre la Lega e Salvini sono “raccontati” ampiamente con evidente indulgenza. Non c’è da stupirsi: per l’establishment e per i rimasugli dei vecchi partiti, ma soprattutto per i poteri orfani di rappresentanza e di incidenza, oggi la Lega è la scialuppa a cui aggrapparsi. Tutti si appellano alla Lega per fermare o edulcorare i provvedimenti di legge che la faticosa coalizione di governo già deve annacquare, delegittimandone i promotori. Cosi a Roma come a Torino, dove la Lega locale sta con i promotori della manifestazione e si prepara ad incassare l’appoggio dei poteri forti, grazie al peso acquisito sul piano nazionale, per la scadenza delle elezioni di primavera. E’ la prospettiva più inquietante: quando si saldano gli interessi dei grandi imprenditori e delle categorie corporative con quelli di un partito che gestisce gli umori più retrivi della piazza, il pericolo di una svolta MOLTO autoritaria diventa reale. Come nel 1920, come nel Cile del 1973.

 Organizzazione politica?

La storia ci insegna che di fronte agli assalti della reazione chi si impaurisce perde (come i sindacati nel 1919 e nel 1980). La reazione della Appendino che offre dialogo e comprensione (alle “sette bellezze” che sono solo lo strumento degli industriali) va nella direzione sbagliata. La si può capire: ha voluto flirtare con banche e imprenditori (e con Chiamparino) andando in direzione opposta al suo programma elettorale e ora che la controparte si è tolta la maschera amica e tentatrice non sa bene cosa fare, marcata stretta com’è da una parte dei suoi stessi consiglieri. La sua strategia imperniata prevalentemente sul recupero finanziario del debito ereditato non le ha permesso di realizzare il suo programma sociale e si ritrova a metà mandato con poche cose realizzate, sotto attacco frontale e con un elettorato confuso.

Dovrebbe capire che non le resta che accettare la sfida e combattere, ribattere colpo su colpo mobilitando tutte le forze disponibili, riesumando una comunicazione finora fallimentare, se non nulla, ristabilendo un rapporto con le istanze che le hanno permesso di vincere le elezioni. E magari attuare un rimpasto di giunta “da battaglia” per dare un giusto segnale. Questo sarebbe necessario che facessero anche i movimenti dei cittadini attivi sul territorio, primi fra tutti i No Tav. Non per salvare la Appendino ma per vincere. Paradossalmente oggi le circostanze evidenziano che gli interessi delle lotte e quelli istituzionali dei 5S coincidono. Bisogna prenderne atto senza fare gli schizzinosi cioè mettendo da parte momentaneamente le differenze ideologiche e sapendo che il prezzo delle divisioni è una sconfitta storicaE’ interesse dei movimenti interagire con i consiglieri 5S più vicini alle lotte per dare loro forza (come si è già fatto per le Olimpiadi e per la mozione Tav) ed utilizzare tutti i mezzi che un Comune può offrire per combattere e parlare con i cittadini ed è interesse dei 5S riprendere il programma sociale e appoggiarsi ai movimenti per farlo passare.

Se gli industriali vogliono “spiegare il Tav” alla gente, sarebbe opportuno avviare una robusta campagna di comunicazione (non solo sul web) che dia spazio ai sindaci di Valle, ai tecnici, chiamare alla mobilitazione per l’8 dicembre tutti i soggetti legati al territorio: i comitati per i beni comuni, per la casa, il Terzo Valico, gli ambientalisti, gli antifascisti, la Fiom, Cub, Usb e Si Cobas; lavorare sui giovani per esempio portando in città anteprime dell’Alta Felicità, insomma ricomporre su più piani un fronte popolare che ricacci la minoranza silenziosa nelle sue botteghe. Ricordando a tutti che quella non è “la città” bensi solo una piccola parte della città, quella che ha perso le elezioni, quella egoista, disinformata e manipolata dai media dei potenti e dei vecchi partiti; che non è “apartitica” perchè in fin dei conti delega ai suoi partiti di riferimento, tutti presenti sul palco e nel parterre di piazza Castello, le proposte   e le trattative.

Non è quindi il momento di ritrarsi, c’è tanto da fare e si può ancora vincere. (F.S. 12.11.2018)

SIAMO STATI IN VAL DI SUSA E ABBIAMO CAPITO

Siamo stati in Val di Susa e abbiamo capito

Abbiamo capito che in Val di Susa non è in gioco la realizzazione della ferrovia Torino-Lione, bensì un intero modello sociale

di siamostatiinvaldisusa

La baita

La baita

Siamo stati in Val di Susa ospiti degli abitanti della valle: insegnanti, agricoltori, pensionati, studenti e abbiamo visto:
Un luogo attraversato da due strade statali, un’autostrada, un traforo, una ferrovia, impianti da sci, pesanti attività estrattive lungo il fiume.
Persone che continuano a curare questo territorio già affaticato da infrastrutture ed attività commerciali e cercano di recuperare un rapporto equilibrato con l’ambiente e la propria storia.
Una comunità che crede nella convivialità e nella coesione sociale e coltiva forti rapporti intergenerazionali.

Abbiamo capito che in Val di Susa non è in gioco la realizzazione della ferrovia Torino-Lione, bensì un intero modello sociale. Un popolo unito e coeso, una comunità forte non può essere assoggettata a nessun interesse nè politico, nè economico. E’ interesse di tutti i poteri forti dividere, isolare, smembrare per poter meglio controllare e favorire interessi particolari.

Abbiamo capito perché tutto l’arco costituzionale vuole la TAV, non è dificile, basta guardare alle imprese coinvolte:

Cmc (Cooperativa Muratori e Cementist) cooperativa rossa, quinta impresa di costruzioni italiana, al 96esimo posto nella classifica dei principali 225 «contractor» internazionali che vanta un ex-amministratore illustre, Pier Luigi Bersani, si è aggiudicata l’incarico (affidato senza gara) di guidare un consorzio di imprese (Strabag AG, Cogeis SpA, Bentini SpA e Geotecna SpA) per la realizzazione del cunicolo esplorativo a Maddalena di Chiomonte. Valore dell’appalto 96 milioni di Euro.

il cantiere

il cantiere

Rocksoil s.p.a società di geoingegneria fondata e guidata da Giuseppe Lunardi il quale ha ceduto le sue azioni ai suoi familiari nel momento di assumere l’incarico di ministro delle Infrastrutture e dei trasporti del governo Berlusconi dal 2001 al 2006. Nel 2002, la Rocksoil ha ricevuto un incarico di consulenza dalla società francese Eiffage, che a sua volta era stata incaricata da Rete Ferroviaria Italiana (di proprietà dello stato) di progettare il tunnel di 54 Km della Torino-Lione che da solo assorbirà 13 miliardi di Euro. Il ministro si è difeso dall’accusa di conflitto di interessi dicendo che la sua società lavorava solo all’estero.

Impregilo è la principale impresa di costruzioni italiana. È il general contractor del progetto Torino-Lione e del ponte sullo stretto di Messina. Appartiene a:
33% Argofin: Gruppo Gavio. Marcello Gavio è stato latitante negli anni 92-93 in quanto ricercato per reati di corruzione legati alla costruzione dell’Autostrada Milano-Genova. Prosciolto successivamente per prescrizione del reato.
33% Autostrade: Gruppo Benetton. Uno dei principali gruppi imprenditoriali italiani noto all’estero per lo sfruttamento dei lavoratori delle sue fabbriche di tessile in Asia e per aver sottratto quasi un milione di ettari di terra alle comunità Mapuche in Argentina e Cile
33% Immobiliare Lombarda: Gruppo Ligresti. Salvatore Ligresti è stato condannato nell’ambito dell’inchiesta di Tangentopoli pattuendo una condanna a 4 anni e due mesi dopo la quale è tornato tranquillamente alla sua attività di costruttore.

Abbiamo capito che l’unico argomento rimasto in mano ai politico-imprenditori ed ai loro mezzi di comunicazione per giustificare un inutile progetto da 20 miliardi di euro mentre contemporaneamente si taglia su tutta la spesa sociale è la diffamazione. Far passare gli abitanti della Val di Susa come violenti terroristi.Mentre noi abbiamo visto nonni che preparavano le torte, appassionati insegnanti al lavoro, agricoltori responsabili, amministratori incorruttibili.

Abbiamo capito che questo è l’unico argomento possibile perchè ormai numerosi ed autorevoli studi, di cui nessuno parla, hanno già dimostrato quanto la TAV sia economicamente inutile e gravemente dannosa.

Questi i principali:
Interventi scientifici e studi relativi all’Alta Velocità Torino-Lione dei ricercatori del Politecnico di Torino: http://areeweb.polito.it/eventi/TAVSalute/

Analisi degli studi condotti da LTF in merito al progetto Lione-Torino, eseguiti da COWI, rinomato studio di consulenza che lavora stabilmente per le istituzioni europeehttp://ec.europa.eu/ten/transport/priority_projects/doc/2006-04-25/2006_ltf_final_report_it.pdf

Contributo del Professore Angelo Tartaglia, del Politecnico di Torino: http://www.notav.eu/modules/Zina/Documenti/2010_11-Angelo%20Tartaglia%20confuta%20teorie%20S%EC%20TAV%20On.%20Stefano%20Esposito.pdf

Analisi economica del Prof. Marco Ponti del Politecnico di Milano
http://www.lavoce.info/articoli/pagina1002454.html

Rapporto sui fenomeni di illegalità e sulla penetrazione mafiosa nel ciclo del contratto pubblico del Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro:
http://www.notav.eu/modules/Zina/Documenti/2008_Rapporto%20sugli%20appalti.pdf

Risultanze del controllo sulla gestione dei debiti accollati al bilancio dello Stato contratti da FF.SS., RFI, TAV e ISPA per infrastrutture ferroviarie e per la realizzazione del sistema “Alta velocità”:
http://www.notav-avigliana.it/doc/delibera_25_2008_g_relazione.pdf

Presentazione dell’Ingegnere Zilioli, in relazione a “EFFETTI TAV – STUDI EUROPEI/buone pratiche e cattivi esempi”
http://www.comune.re.it/retecivica/urp/retecivi.nsf/PESIdDoc/CE2F74FF4EBDC0A7C125783000474080/$file/Presentazione%20Ing.%20Zilioli.pdf
Ricerca del Politecnico di Milano sull’alta velocità in Italia che svela un buco di milioni di utenti.
http://www.tema.unina.it/index.php/tema/article/view/486

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Primi firmatari:
Caterina Amicucci, Sara Taviani, Carla Cipolla, Paolo Carsetti, Andrea Baranes, Antonio Tricarico, Giulia Franchi, Luca Manes, Carlo Dojmi di Delupis, Elena Gerebizza, Luca Bianchi, Laura Boschetto, Vitaliana Curigliano, Chiara Belingardi, Stefania Grillo, Pamela Teoli, Adriana Rosasco, Benedetto Calvo, Riccardo Carraro, Stefania Pizzolla, Andrea Cocco, Filippo Maria Taglieri, Sara Turra, Andrea Provvisionato, Michela Bortoli, Francesco Martino, Silvia Nesticò, Dario Radi, Elena Cavassa, Enzo Vitalesta, Tommaso Fattori, Teresa Maisano, Tonino Lepore, Rosario Scollo, Marco Bersani, Marco Pontiglione, Matteo Testino, Filagosto Festival, Daniele, Daniele Baldi, Marilena Pallareti, Matteo Rossi, Daniele Girardi, Strappo, Daniela Napoli, Ottavia, Miche, Francesco Veterani, Luca Falconi, Massimo Torelli, Simone de Panfilis, Francesca Cau, Vittorio Lovera, Gabriele Gentile, Francesco Musumeci, Mario Colella, Barbara Antonelli, Giorgia Vezzoli, Laura, Antonella Bottero, Raffaella Grasso, Vincenzo, Lia Bianco, Massimo Lupo, Mattia Pelli, Deborah Lucchetti, Riccardo Sinibaldi, Om Sharan Salafia, Casetta Rossa, Paolo Andreoni, Franco Borghi, Claudio Giambelli e Ornella Berniet, Emanuele Leonardi, Caterina Lizzano, Loretta Meluzzi, Maurizio Bordonaro, Nuovo CInema Palazzo – Sala Vittorio Arrigoni, Roberto Eufemia, Anna Bragatto, Angela, Boosta Pazzesca, Massimilano Petrucci, Lauretta, Maryline lagrange, Rosalba, Silvia Nocera, Hasan Al-Basri Rubirisa, Stefano Zarlenga, Giosuè de Salvo, Germana, Enni, Alessandro De Toni, Antonio Liguori, Paola Maldini, Silvia, Gualtiero Alunni, Michela Vitturi, Rosella, Damiano de Paoli, Roberto Bruschi, Luigi Mochi Sismondi, Daniela, Titty, Maurizio Nagni, Marie Kuijken, Diego Chia Mi, Bruno Antonio Bellerate, Franco Borghi, Andrea Maggi, Francesco Castellan, Claudia Puntel, Stefano Bigliazzi, Stefano Breda e Maria Elena Locatelli, Alessandro Falaschi, Andrea, Silvana Giannuzzi, Bruno, Teresa Botte, Mauro, Valentino, Patrizia, Maurizio, Costanza Castracane, Elisabetta, Ciclostile critico, Riccarso Aglietti, Paolo Marchiori, Patrizia Caruso, Alfonso Perrotta, SIlvia Lumaca, Letizia Bresci, Antonio Colizzi, Laura Orsi, Marco Verdone, Pierluigi, Chiara, Alidina Marchettini, Fabris, Iara Ciccarelli dias, comunicazione altra, Diego Monico, Elisabetta, Marinella Roviglione, Walter Zaffaroni, Pietro Pesaresi, Francesco Tupone, Alessandro Paolo, Iacopo Bartelletti, Dario Righettini, Dantina, Carola Catenacci, Giovanni Nocella, Gianpaolo Rampini, Daniela Alessandrini, Rossana Manassero, Francesco Pansera

Lo sgambetto a Trump e Putin  certifica la fine politica di Macron

http://www.occhidellaguerra.it/macron-trump-putin/?fbclid=IwAR1mUvPdyauA_nbEogr82PTE75mN-vV1k-FwZ8EyIgYUab5Kykgmo7KQueM

Gli occhi della guerra

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Donald Trump Vladimir Putin si sarebbero dovuti incontrare oggi a Parigi non solo per celebrare insieme a tutti gli altri leader mondiali la fine della Grande guerra, ma anche per discutere dei più importanti temi politici del momento. Dalla guerra in Siria alle tensioni ancora latenti in Donbass, fino ai rapporti con la Cina. Ma il bilaterale, almeno ufficialmente, è saltato.

Anche perché da Parigi è stato fatto il possibile per farlo saltare. Tutto è iniziato qualche giorno fa, quando il quotidiano russo Kommersant, citando una fonte diplomatica europea, ha scritto: “Macron ha chiesto a Mosca e Washington di non condurre colloqui in formato completo a Parigi, in modo da non oscurare gli eventi e gli incontri preparati dall’Eliseo”. E la stessa fonte rincarava la dose: “Nel 2018 sembra difficile immaginare che lo stile del ‘Re Sole’ sia ancora vivo. Ma, come si dice, c’est la vie“. Un cambio di programma confermato, dopo poche ore, anche dal portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov: “Il programma degli eventi dedicati al centenario non consente un tale incontro. Tuttavia – ha aggiunto il portavoce – si incontreranno brevemente, in un modo o nell’altro, e si metteranno d’accordo su quando potranno vedersi per avere una conversazione sostanziale”.

Oggi, inoltre, Trump e Putin avrebbero dovuto pranzare uno accanto all’altro. Ma il programma è stato cambiato e il tycoon è stato spostato davanti al presidente. Un cambio da poco, si dirà. Ma in questi casi la forma è sostanza e il messaggio è chiaro: i due non dovevano avere la possibilità di conversare.

Ma qualcosa nei piani francesi deve esser andato storto. In serata, infatti, Putin ha detto di aver avuto una “buona” conversazione. Certo, non un bilaterale, ma qualcosa c’è stato. Anche perché è stata ufficializzata la data del loro prossimo vertice, che si terrà in concomitanza con il G20 di Buenos Aires a fine novembre.

Macron, da re sole a re solo

Il presidente francese ha sempre cercato di ritagliarsi un ruolo di garante degli equilibri internazionali. Con fortune però variabili. La sua partita in Libia sembra ormai essere al capolinea. Proprio in questi giorni, infatti, l’Onu mandava in frantumi il sogno francese di elezioni a dicembre nel Paese nordafricano, sposando, di fatto, la linea italiana. E lo stesso vale per l’esercito europeo, che Macron vorrebbe a guida francese, ma che è stato giudicato pessimo da Italia e Germania. Questo sul fronte esterno. Ma anche a Parigi il presidente francese ha parecchi problemi. In questi giorni, infatti, diversi quotidiani hanno riferito di un suo presunto esaurimento nervoso. Gli scandali che lo hanno colpito negli ultimi mesi, uniti ad uscite davvero infelici da parte di Macron, non hanno fatto altro che farlo crollare nei sondaggi. Un vero e proprio problema per lui, visto che le Europee sono alle porte e i partiti populisti sembrano avere la strada spianata.

L’incontro tra Putin e Netanyahu

Ma a Parigi un incontro importante (e poco sponsorizzato) c’è stato. Ed è quello tra Putin e Benjamin Netanyahu. È infatti la prima volta che i due si vedono dopo l’abbattimento, forse provocato dalle manovre dell’aviazione israeliana, del velivolo Ilyushin-20 davanti alle coste di Latakia.

Dopo l’abbattimento, i russi annunciarono di voler blindare i cieli siriani. Una promessa che hanno mantenuto, tanto che Israele non ha più condotto alcun raid né contro le postazioni di Damasco né contro quelle delle milizie legate all’Iran, in particolare Hezbollah. L’incontro di oggi serve innanzitutto a stemperare le tensioni, in un momento di stallo della guerra in Siria.

E Kissinger vola da Xi Jinping

Due eventi lontani, eppure collegati. Giovedì scorso la vecchia volpe della politica americana Henry Kissinger è volata a Pechino da Xi Jinping. L’agenzia cinese Xinhua definisce Kissinger “un vecchio amico del popolo cinese”. Ma Kissinger è stato, ed è ancora, molte cose tra cui uno dei consiglieri più ascoltati da Trump.

Durante l’incontro Kissinger ha sottolineato l’importanza della collaborazione tra Stati Uniti e Cina e ha, di fatto, messo le basi per il prossimo incontro tra Trump e Xi durante il prossimo G20. Proprio quando il presidente americano dovrà incontrare Putin. La politica internazionale ormai segue altri binari. Che Macron non riesce più a comprendere.

Quando il Carroccio era No Tav – I voltafaccia della Lega sull’alta velocità.

https://www.lettera43.it/it/articoli/politica/2011/06/28/quando-il-carroccio-era-no-tav/13693/?fbclid=IwAR2v9-AkvgzafFlQEHUN7fnbfKj8g3Kme9atnNuWBNE1G6bdk19n27H-5-U

FERROVIA TORINO-LIONE

28 giugno 2011
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C’era un volta la Lega nord contro l’Alta velocità in Val Susa. Accadeva alla fine degli anni Novanta ed è durata, tra continue giravolte, fino alla fine del 2005. Erano i tempi del Carroccio di Roberto Cota, all’epoca segretario regionale piemontese, e Mario Borghezio, già europarlamentare, che partecipavano alle manifestazioni dei valsusini No Tav, parlando con gli abitanti della zona, con la speranza di cogliere quel voto dei territori che è sempre stato caro al leader Umberto Bossi.
IL VOLTAFACCIA DEL 2001. Era la Lega Nord di lotta e (poco) di governo, che pensava all’autonomia e alle comunità locali, critica verso le imposizioni europee o di Roma ladrona. Ancora adesso, tra i valligiani, circolano i volantini e gli adesivi con un verdissimo Alberto da Giussano e al fianco la scritta No Tav. Ma c’è anche una documentazione molto precisa delle segreterie leghiste, che racconta di come il movimento di Pontida, nel 2001, appena salito al governo, abbia deciso di cambiare atteggiamento all’improvviso su questa vicenda, «mollando» i contestatori della Val Susa.
MARONI DIFENDE LA POLIZIA. Tutto questo ora, infatti, non c’è più. Dopo gli scontri di Chiomonte di lunedì 27 giugno, tra attivisti contrari al Corridoio 5 e forze dell’ordine, dal Carroccio si è levato un coro univoco. «Le forze dell’ordine hanno operato in modo eccezionale in un clima ad alto rischio. Senza il loro intervento avremmo perso i finanziamenti europei», ha detto il ministro dell’Interno, Roberto Maroni, martedì 28 giugno.
«L’Alta velocità ha sempre rappresentato un progetto irrinunciabile», «a questo punto ci costerebbe di più tornare indientro che andare avanti», ha rincarato Cota, governatore del Piemonte, sottolineando che gli «antagonisti» dell’opera sembrano ormai «isolati». «Evidentemente», ha spiegato Cota, «anche i più machiavellici debbono aver compreso che appoggiare o mostrare connivenza con i violenti è, a maggior ragione, una strada senza uscita».

Il ritorno alle posizioni No Tav del 2005

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All’alba del nuovo millennio, Dario Catti, allora segretario leghista della sezione di Almese, inviò ripetutamente lettere al quotidiano di partito, la Padania per l’appunto. Era il 2002 e Catti, che ora sfila insieme a leader del No Tav Alberto Perino e vota Beppe Grillo, si lamentava con il direttore Gigi Moncalvo di come la Lega nord avesse abbandonato le posizioni degli anni Novanta per appoggiare in toto il progetto dell’alta velocità.
I RIMPROVERI DI BOSSI. La questione creò non pochi disagi dentro il partito. Bossi era appena tornato a palazzo Chigi insieme al presidente del Consiglio Silvio Berlusconi tanto che, il 16 ottobre del 2002, il segretario provinciale leghista Mario Demichela fu costretto a diramare un documento dove si leggeva: «In nessun caso saranno ulteriormente condivise le posizioni contro il progetto Tav assunte da esponenti leghisti o, peggio ancora, l’appoggio alle organizzazioni di sinistra che operano esclusivamente contro l’attuale governo».
LA FINE DELLA PASSIONE. In sostanza, l’incanto per la Tav stava scemando nella sede di via Bellerio. Del resto, c’erano da difendere le politiche del governo Berlusconi e quelle del ministro per le Infrastrutture Pietro Lunardi. Ma alla fine del 2005, quando il Carroccio si godeva gli ultimi sgoccioli di esecutivo tra le solite liti intestine al centrodestra, la situazione cambiò.
Sulla Padania il 7, 8 e 9, fino all’11 dicembre del 2005, comparvero editoriali e interviste dove i leghisti facevano a pezzetti il progetto. Certo, c’erano anche posizioni favorevoli, tra cui si segnala quella di Roberto Castelli, ma Mario Borghezio, lo stesso Roberto Cota e anche Maroni mostrarono più di un dubbio. In quel periodo stavano cominciando i primi scavi in valle e gli scontri erano all’ordine del giorno, proprio come sta accadendo adesso.

Quando Maroni e Cota erano con i manifestanti

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Il 7 dicembre del 2005 (vai al pezzo originale) la Padania sparò a tutta pagina un’intervista a Maroni, all’epoca ministro del Welfare. «Non sono i no global. La protesta della Val Susa non va ignorata, bisogna comprendere le ragioni della gente».
E pensare che tra le domande di quella intervista ce n’era un’altra che ora sarebbe impensabile per il ministro dell’Interno. Giacomo Ambrosetti fece notare: «Anche la Lega, in passato, è stata oggetto di cariche da parte della polizia». E Maroni rispose. «Appunto. E io so che quando c’è una rivendicazione sensata non si può mandare la polizia e basta».
DUE PESI E DUE MISURE NEL CARROCCIO. L’11 dicembre di quell’anno Gilberto Oneto, teorico del movimento leghista, ora un pò emarginato, in un editoriale sul quotidiano padano dal titolo ‘Più rispetto per le autonomie locali’, si domandò: «Perché il vantaggio di molti o di pochi (e qui è di pochissimi) deve essere raggiunto a danno di altri ? Perché non si ragiona con chi è coinvolto? In Val Susa no. Ma evidentemente nemmeno in molti altri casi».
Infine, la ciliegina sulla torta fu di Cota che, l’8 dicembre del 2005, cominciò così un suo commento (vai al pezzo originale): «Due pesi e due misure. Se a protestare è la gente del Nord, prima o dopo arriva il manganello, se invece i tumulti avvengono al Sud, i metodi per un ritorno all’ordine si fanno decisamente più leggeri e sfumati». Due pesi e due misure, proprio come la Lega di lotta e quella di governo.