Saint Martin la Porte: Il Cantiere è illegale

 Undici ragioni giuridiche per fermare il cantiere di Saint-Martin-de-la-Porte


Il Presidente della società Lyon Turin Ferroviaire sas ha dichiarato ai giornalisti e sul sito internet di LTF: “Da progetto, la futura sezione transfrontaliera diventerà un cantiere sul lato francese all’inizio del 2015, con l’avvio dello scavo della galleria di San-Martin in Savoia”. http://www.ltf-sas.com/la-nouvelle-section-transfrontaliere-lyon-turin-projet-sur-les-rails/

Lo scavo previsto, pertanto, non è una galleria esplorativa e si colloca nella logica di eseguire i lavori definitivi.

E’ confermato che la geognosi è ormai  completa e non richiede ulteriori accertamenti, così come è affermato nel rapporto 2011 dei geologi di LTF. Il Primo ministro francese lo ha d’altronde confermato l’8 ottobre 2012 avallando le analisi dei geologi LTF scrivendo a pagina 2/4 al Primo Presidente della Corte dei conti francese:

(https://www.ccomptes.fr/content/download/50243/1376342/file/RF_64174_Lyon-Turin_Rep_premier_min.pdf)

Le lezione apprese attraverso questi lavori preliminari saranno utili perché il comportamento dei terreni più complessi ha potuto essere analizzato e perché sono stati messi a punto e messi in opera metodi costruttivi appropriati.

Questo scavo contravviene a numerose ragioni giuridiche:

1. – La Società LTF non poteva pretendere l’ottenimento di finanziamenti europei per le indagini geognostiche, dal momento che di fatto i lavori si riferiscono allo scavo della galleria di base, tenuto anche conto che il bando di gara prevede dieci anni per la realizzazione di questa attività.

2. – L’Accordo italo-francese del 30 gennaio 2012 prevede all’articolo 16 che “La disponibilità del finanziamento sarà una condizione preliminare per l’avvio dei lavori delle varie fasi della parte comune italo-francese della sezione internazionale. Le Parti si rivolgeranno all’Unione europea per ottenere una sovvenzione al pari al tasso massimo possibile per questo tipo di opera.”

http://www.presidioeuropa.net/blog/?p=5828

Dato che il finanziamento non è disponibile, è quindi proibito avviare il “cantiere” come lo definisce il Presidente di LTF.

3.- Lo stesso accordo stabilisce all’articolo 18 la ripartizione dei costi di questo “cantiere” tra Italia e Francia. Nel presentare in modo abusivo lo scavo come una galleria di ricognizione, questa ripartizione è variata de facto.

4.- La certificazione dei costi da parte di un soggetto terzo esterno, prevista all’articolo 18 dell’Accordo del 30 gennaio 2012 ratificato dai Parlamenti italiano e francese, non è stata eseguita a causa dell’infruttuosità del bando pubblico di gara pubblicato nell’agosto 2014. Senza la conoscenza dei costi, quindi, il “cantiere”  non può essere aperto. Questo argomento è stato sollevato dalla Corte dei conti francese nel suo rapporto inviato il 1° agosto 2012 al Primo ministro francese il quale ha riconosciuto la necessità di tale certificazione. Il Presidente di LTF, dando il via al “cantiere” ignorando tale disposizione, assume la responsabilità di un errore di gestione.

5.- La relazione dei tre geologi impiegati di LTF e le dichiarazioni del Primo ministro dell’8 ottobre 2012 dimostrano che non si tratta di una galleria geognostica ma dell’inizio di un “cantiere” per dei lavori definitivi

6.- Il Presidente della società Lyon Turin Ferroviaire sas è anche Presidente dell’Istituto per la Gestione Delegata (IGD). Accordare un appalto di lavori di LTF a due imprese i cui presidenti sono fondatori e membri del Consiglio di Amministrazione dell’IGD che egli stesso presiede, rappresenta un conflitto di interessi secondo la definizione europea e francese e forse un’altra fattispecie giudiziaria che potrebbe essergli imputata.

7.- Le funzioni di cui al punto 6. sono incompatibili con un arbitraggio imparziale di fondi pubblici. Il Presidente di una società finanziata esclusivamente con fondi pubblici deve gestire con imparzialità. Promuovendo come Presidente dell’IGD il trasferimento di servizi pubblici ai privati, egli non risulta più imparziale nella gestione della società LTF.

8.- La valutazione interna di LTF del costo dello scavo della galleria di Saint-Martin-de-la-Porte è stata pubblicata dai media a seguito di una conferenza stampa di LTF tenuta a Roma. Tale divulgazione di informazioni confidenziali otto mesi prima del lancio del bando di gara per lavori pubblici del 22 dicembre 2012 contrasta con le regole di concorrenza e con gli interessi della stessa LTF. Questi fatti sono stati denunciati in un esposto al Procuratore nazionale della Repubblica francese – Direzione Finanza.

9. – Il capitolato d’appalto, collegato alla decisione ministeriale del febbraio 1994 e relativo alla dichiarazione di pubblica utilità del tunnel di base del 18 dicembre 2007, non autorizza lo scavo della galleria di base senza avere preventivamente costruito la sezione del tracciato da Lyon a Montmélian.

10. – I trattati italo-francesi non autorizzano l’inizio dei lavori della galleria di base senza l’approvazione di protocolli addizionali di cui all’articolo 4 dell’Accordo del 29 gennaio 2001, così come definito all’articolo 5 dello stesso accordo.

11. – Il cofinanziamento concesso dall’Unione europea con la sua Decisione C (2008) 7733 definitivo autorizza solamente uno scavo di due gallerie di 300 metri  (prolungamenti di lavori già realizzati) e non di nove chilometri (cfr. pagina 15/47 http://www.presidioeuropa.net/blog/?p=3860):

  • · Attività 5 – Galleria di Saint Martin la Porte (studi) Si tratta della realizzazione di una galleria di ricognizione di 600 metri (in due sezioni successive di 300 metri) verso est, a partire dalla base della discenderia.

L’insieme di questi fatti porta alla conclusione che il contratto aggiudicato alle imprese SPIE Batignolles, Eiffage e altre per lo scavo di una galleria del diametro e nell’asse sud della galleria finale tra i “piedi” delle gallerie di Saint-Martin-de-la-Porte e di La Praz costituisce l’inizio del “cantiere” per la realizzazione di lavori definitivi, nonostante il divieto stabilito dagli accordi binazionali.

Per tale motivo l’annullamento dei contratti conclusi si impone a meno di non voler violare numerose regole giuridiche.

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Onze raisons de droit d’arrêter le chantier de Saint Martin de la Porte

Le Président de Lyon Turin Ferroviaire a déclaré devant les journalistes et sur le site Internet de LTF : «De projet, la future section transfrontalière va passer à chantier côté français début 2015, avec le début du creusement de la galerie de Saint-Martin en Savoie.». Le creusement envisagé n’est donc pas une galerie de reconnaissance dans les faits et s’inscrivent dans une logique de travaux définitifs.

Il est confirmé que la connaissance géologique est complète et ne nécessite pas de reconnaissances complémentaires comme le disait le rapport des géologues de LTF dès 2011. Le premier ministre, Jean Marc Ayrault, l’a d’ailleurs confirmé le 8 octobre 2012 en confirmant les analyses des géologues de LTF lorsqu’il indiquait à la page 2/4:

Ce creusement contrevient à de nombreuses règles de droit :

1/ La société LTF ne pouvait prétendre obtenir un cofinancement européen pour des reconnaissances ou pour des études géologiques, alors qu’il s’agit en fait de travaux définitifs du tunnel de base, qui plus est, avec un délai affiché de dix années pour leur réalisation selon le contrat passé. Au surplus le financement de l’Europe ne vise que 600 mètres et non  pas 9 km que souhaite engager LTF.

2/ L’accord franco-italien du 30 janvier 2012 indique à l’article 16 que «La disponibilité du financement sera un préalable au lancement des travaux des différentes phases de la partie commune franco-italienne de la section internationale. Les Parties solliciteront l’Union européenne pour obtenir une subvention au taux maximum possible pour ces réalisations.». Les financements n’étant pas disponible, il est donc fait interdiction de débuter le «chantier» pour des travaux définitifs comme le qualifie le président de LTF lui-même.

3/ Le même accord fixe à l’article 18 la répartition des coûts entre la France et l’Italie pour le «chantier». En présentant de façon abusive le creusement de cette galerie comme une galerie de reconnaissance, cette répartition est modifiée de facto en faisant supporter à la France une part plus importante.

4/ La certification des coûts par un tiers extérieur, visée à l’article 18 de l’accord du 30 janvier 2012 ratifié par les parlements, n’étant pas réalisée suite à l’infructuosité de l’avis de marché public publié durant le mois d’août 2014, le «chantier» ne peut être lancé sans connaissance des coûts. Ce point a été soulevé par la Cour des Comptes dans le référé adressé au premier Ministre le 1er août 2012 à la page 4/8, ce dernier a d’ailleurs reconnu la nécessité de cette certification. En lançant ce «chantier» en méconnaissance de ces dispositions le président de LTF prend la responsabilité d’une faute de gestion

5/ Le rapport des trois géologues salariés de LTF, comme les déclarations du premier ministre le 8 octobre 2012 démontrent qu’il ne s’agit pas d’une galerie de reconnaissance mais d’un démarrage d’un «chantier» pour des travaux définitifs.

6/ Le président de la société Lyon Turin Ferroviaire (LTF) est également président de l’Institut de la Gestion Déléguée (IGD), accorder un marché LTF de 400 millions d’euros à deux membres fondateurs de l’IGD membres du Conseil d’administration de l’IGD qu’il préside également, constitue un conflit d’intérêt au sens de la définition européenne et française car il s’agit un intérêt moral même indirect, outre toute autre qualification qui pourrait être retenue.

7/ Les fonctions rappelées au point 6/ sont incompatibles avec un arbitrage, apparaissant comme impartial de l’argent public qu’il gère en sa qualité de président d’une société exclusivement financée par des fonds publics. Militant comme président de l’IGD pour le transfert des services publics au privé, il ne peut apparaître comme arbitre impartial dans la gestion de la société LTF.

8/ L’évaluation interne de ce chantier de Lyon Turin Ferroviaire pour 450 millions d’euros a été publiée dans la presse suite à une conférence de presse de LTF à Rome. Cette divulgation d’informations, huit mois avant l’avis de marché public du 22 décembre 2012, est contraire aux règles de la concurrence et à l’intérêt de Lyon Turin Ferroviaire. Ces faits ont été dénoncés dans un courrier adressé au Procureur de la République et au Pôle Financier.

9/ Le cahier des charges associé à la décision ministérielle de février 1994, visée par la déclaration d’utilité publique du 18 décembre 2007 pour le tunnel de base, n’autorise pas le creusement du tunnel sans avoir préalablement construit l’infrastructure Lyon Satolas / Combe de Savoie. Ce début de chantier méconnaît les dispositions de la Déclaration d’utilité publique.

10/ Les traités franco-italiens n’autorisent pas le démarrage de travaux définitifs sans l’avenant prévu à l’article 4 de l’accord du 29 janvier 2001 défini par l’article 5 du même accord.

11/ Le cofinancement accordé par l’Union Européenne dans sa décision C (2008) 7733 n’autorise qu’une galerie de deux fois 300 mètres et non de 9 kilomètres. (Page 15/47)

• Activité 5 – Galerie de Saint Martin la Porte (Études)

Il s’agit de la réalisation d’une galerie de reconnaissance de 600 mètres (en deux tranches successives de 300 mètres) vers l’est, à partir du pied de la descenderie.

L’ensemble de ces faits conduisent à considérer que le marché attribué aux sociétés SPIE Batignolles, EIFFAGE et autres pour le creusement d’une galerie au diamètre et dans l’axe sud du tunnel définitif entre les «pieds» des galeries de Saint Martin de la Porte et de La Praz, constitue un démarrage du «chantier» pour des travaux définitifs malgré l’interdiction faite par les accords binationaux.

C’est la raison pour laquelle l’annulation des marchés conclus s’impose à notre sens, sauf à méconnaître de nombreuses règles de droit.

http://lyonturin.eu/

http://www.transalpine.com/sites/default/files/lettre-chantier-smlp-ndeg1_juillet2015.pdf

https://www.gouvernement.fr/partage/7736-inauguration-du-tunnelier-federica-deploye-sur-le-chantier-du-tunnel-ferroviaire-international-lyon

SI TAV – BENVENUTI IN PIAZZA.

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Finalmente un po’ di politica al piano terra, con gente che si stacca dalla tastiera di Facebook, indossa il cappotto, prepara un cartello, una bandiera e una sciarpa e si mette per strada a difendere un’idea, giusta o sbagliata, ma pur sempre un’idea. Manifestare il proprio pensiero è un diritto sancito dall’art. 21 della nostra Costituzione. Non sono quindi condivisibili le dichiarazioni sprezzanti su madame e pensionati che hanno manifestato. Hanno tutto il diritto di chiedere anche quello che noi contestiamo. Quindi la riunione dei 40.000 Sì Tav in piazza Castello a Torino è un fatto di democrazia, come le marce di altre migliaia di Cittadini che in venti anni hanno manifestato contro la nuova linea ferroviaria. Però le dichiarazioni di due delle sette Organizzatrici ci destano qualche perplessità. Se contassero i kilometri percorsi, avremmo vinto noi. Se contassero le ore, i giorni passati a studiare la questione avremmo vinto noi. Se contasse la passione che abbiamo speso in questi anni, avremmo vinto noi. Lascia quindi un po’ di sconcerto la dichiarazione di una di queste Signore che, in una trasmissione televisiva, ammette candidamente di non conoscere gli aspetti tecnici del progetto. Si fida dell’Osservatorio! Quello che, in un recente documento ufficiale ammette, anche qui con encomiabile candore, che le stime sui traffici merci erano un po’, o forse anche più di un po’, sovradimensionate. Però in democrazia le Piazze contano relativamente, contano i voti in Camera e Senato. I rapporti con la Francia si decidono lì, in quelle Aule che adesso non sembrano ancora “sorde e grigie”. I commentatori della televisione e della carta stampata si accalorano nel sollecitare l’ascolto della gente, delle realtà produttive, di chi vuole la modernità contro gli alfieri (noi) del vintage dei trasporti. Un’altra Signora rilascia, con candido sorriso e sabauda perfidia, questa amabile dichiarazione “Se ci credono veramente e amano la decrescita felice, qui intorno in Piemonte ci sono tante meravigliose valli, dove possono comprarsi una mucca e una pecora e decrescere felicemente, ma che lascino vivere noi”. Gentile Madamin, una valle meravigliosa ce l’abbiamo già, con mucche, pecore, capre, cinghiali e cervi che non inquinano, e alla domenica con qualche migliaio dei suoi concittadini, di auto e sci muniti, che scorrazzano allegramente sulle nostre montagne e discendono dai pendii innevati. Siamo felici e determinati a conservarcela così, la nostra Valle. Piccolo particolare: siete voi, residenti in qualche soleggiata villa sulla collina torinese che non volete lasciarci vivere senza cantieri, espropri e seccature. Tutto per risparmiare un paio d’ore, tre o quatto volte nella vita, per andare a Lione. Ultimo elemento di preoccupazione è la professione di una di queste signore, per sua ammissione: cacciatrice di teste. Se prendono il potere, io, Perino e Poggio già immaginiamo i nostri capoccioni ridotti a tsantsa (teste rimpicciolite dell’Amazzonia) in bella mostra sul caminetto di casa Chiamparino. A presto, in piazza.

Sandro Plano

WIKILEAKS. PER FNSI: “WIKICHÈ?” —– LIBERTA’ DI STAMPA E LIBERTA’ DI PAROLA.

http://fulviogrimaldi.blogspot.com/2018/11/wikileaks-fnsi-wikiche-liberta-di.html

MONDOCANE

MERCOLEDÌ 14 NOVEMBRE 2018

 “Tre cose non possono essere nascoste a lungo: la Luna, il Sole e la Verità”. (Wikileaks)

Fulvio e Julian: si parva licet componere magnis

Il personale è politico, si diceva qualche lustro fa e tanto lo hanno preso sul serio quelli contro cui il concetto era diretto da aver ridotto il nostro personale, ora detto privacy, a setaccio per il quale precipita nel raccoglitore CIA, NSA, piattaforme digitali e nostri servizi, ogni bruscolino della nostra vita. Parto comunque da quel meme per compiere il passaggio da una mia esperienza privata a quella di portata generale, internazionale, planetaria ed epocale di Julian Assange, il detenuto da sei anni in quell’isola di Montecristo che è l’ambasciata dell’Ecuador a Londra.

Loro erano stati i segretari dell’Usigrai, sindacato di sinistra dei giornalisti RAI e poi sono stati e sono segretari della Federazione Nazionale della Stampa, il nostro sindacato. Loro sono Roberto Natale e Beppe Giulietti. Loro raccontavano di essersi dati molto da fare per farmi assumere al TG. Io credo che a favorire il mio passaggio da occasionale interprete simultaneo in Rai, nei tempi del mio ostracismo professionale dovuto alla direzione di Lotta Continua (senza pentimenti alla Sofri), a giornalista dell’azienda, sia stato Piero Badaloni, conduttore di Italiasera e poi di Uno Mattina, ottimo alla macchina, meno in video, che aveva apprezzato i miei trascorsi professionali e ignorato quelli politici.

Comunque, ai tempi in cui ricorsi al sindacato per ottenerne protezione dei miei diritti conculcati da Fausto Bertinotti mediante cacciata su due piedi da “Liberazione”, c’era Roberto Natale, poi opportunamente transitato a portavoce di Laura Boldrini presidente della Camera. Lui era il comandante della guardia pretoriana del giornalismo italiano, io ero men che niente, inviato di un giornaletto fastidioso, ma sotto l’egida di un colosso dei salotti. Da questo rapporto di forze venne che Natale mi ascoltò compunto, prese appunti su tutte le violazioni di legge e contratto attribuibili al gestore di quella vescica che era diventata RC, e mi congedò: “Vediamo cosa si può fare”. Cioè niente, una cippa, come si vide poi. Neanche poi una telefonata per dire: “Fulvio, mi dispiace…”

Antirazzisti a Roma: alta su tutto svetta la bandiera dei “rivoluzionari siriani”

La remontada dei signori

Tutto questa sproloquiale e solipsista premessa per arrivare, lungo una linea di sequiturlogici e coerenti, a Julian Assange. Ma prima di Assange tocca occuparci della libertà di stampa come da noi concepita, percepita, rivendicata. Negli ultimi giorni l’Italia è stata percorsa da un brivido. I giornaloni e le televisionone hanno intravvisto il sol dell’avvenire (quello loro), l’aurora della decenza che ritorna, il crepuscolo dello sbandamento barbarico. A Torino per il TAV e contro l’Appendino, a Roma contro la Raggi, per strada contro i razzisti di regime, era tornata a farsi sentire la voce dei buoni e giusti. Una voce interclassista: la madamina torinese con la badante filippina, la gentildonna pariolina con il suo dogsitter, la crème de la crème sorosiana insieme al profugo siriano con la bandiera della Siria quando era marca dell’impero francese. Poi, spruzzata di prezzemolo politico, ma rigorosamente apartitico: Fassino, Gelmini, Orfini, tutti e 13 i radicali (testè scornati dal flop della privatizzazione Atac), tanta Confindustria, tanta Coop rossa, un bel po’ di Lega, Zanotelli, le Ong, Pappappap…Insomma, la vera bella gente.  “Una spallata al governo”, “Una sfida per la modernità”, “Roma dice basta”, “Torino dice basta”, così la Grande Stampa, tutta quanta, anche quella piccina tipo “il manifesto”, o “il Foglio”, uniti dalla causa,  da Soros e da Sofri Adriano.

Intorno all’ideale progressista delle Grandi Opere, in piazza del Campidoglio a Roma e in piazza Castello a Torino, come per  l’export della guerra in Siria, delle sanzioni in Iran e dei migranti dai loro paesi, è rinata finalmente “l’Alternativa”.  E, grazie alla componente meno ostica, anzi forse addirittura amica, del governo, insieme al TAV potremo celebrare la resurrezione di tutto il resto: Terzo Valico, Gronda, Pedemontana, Mose, Nuova E45, Nuova Aurelia, aeroporto e tunnel di Firenze, F35 e, hai visto mai, magari anche l’indimenticato Ponte sullo Stretto. Roba che costa il doppio di quanto necessario per affrontare il dissesto idrogeologico, le frane, le alluvioni, il crollo dei ponti, i morti, ma ci collega all’Europa, vuoi mettere. Incontenibile euforia, a dispetto dell’infame taglio delle pensioni d’oro e dei furti alla rendita dei pochi a favore del reddito dei tanti, all’orizzonte del Frejus e delle bocche di porto tornano a luccicare i talleri.

C’è stato qualche contraccolpo. La sindaca Raggi assolta dall’ennesima accusa tirata per i capelli dell’instancabile Procura di Roma e il tonitruante flop del tentativo dei radicali di consegnare i trasporti romani a gente che gli sembrava non fosse stata sufficientemente beneficiata dalle precedenti amministrazioni. Per la privatizzazione dell’ATAC avrebbe dovuto votare almeno il 33% degli aventi diritto. Ha votato meno della metà. A dispetto della ventina di autobus mandati al rogo e del superattivismo della Procura. I radicali, e dietro di loro i Parnasi, Caltagirone, Buzzi, il Rotary, che avevano schiamazzato sotto Marc’Aurelio,  non avevano capito che i romani avevano capito cosa trent’anni di privatizzazioni prodiane avevano inflitto al paese e alla legalità.

Libertà come sei cambiata 
Quasi quasi penso che non eri tu
 (Stefano Rosso “Libertà”)

Torniamo al filo conduttore, la libertà di stampa così ferocemente conculcata dalle ricorrenti grandinate di (cinque) stelle. A cosa avevano fatto riferimento, Di Maio e Di Battista quando, meditando sui nostri giornalisti, hanno parlato di sciacalli e meretrici? Stabilito che nei main stream media, quasi tutti editi da imprenditori che li utilizzano come insegne dei propri diversi negozi, non si muove foglia che l’editore non voglia, i dioscuri pentastellati avevano tratto il  loro giudizio da un semplice raffronto. Quello tra l’assoluzione della Raggi e la sobria obiettività con cui le sue vicende giudiziarie erano state trattate da chi nella presunzione d’innocenza crede come alla lacrime della madonnina di gesso di Civitavecchia. 

Ci soccorre ancora una volta il mirabolante archivio di Marco Travaglio, alla rinfusa da Repubblica, La Stampa, Corriere, Libero e Messaggero.

Il bivio della Raggi, ammettere la bugia o rischiare il posto… Virginia Raggi si avvicina al suo abisso…Mutande verdi di Virginia…Patata bollente… La fatina e la menzogna, il deja vu di Mani Pulite, Inseguita dallo schianto dell’ennesimo, miserabile segreto… per garantirsi un serbatoio di voti a destra…spunta la pista dei fondi elettorali, della compravendita dei voti, dei finanziamenti occulti…La sua storia riguarda l’epopea di Berlusconi con le Olgettine… nel Campidoglio il piacere dell’omertà…Il malgoverno da cancellare…”. Come contrappasso c’è, nello stesso giornale e nello stesso numero, la pagina vignettara con gli inguardabili sgorbi di Stefano Disegni, che riserva lo stesso rispettoso trattamento a ben tre bersagli del suo “hate cartoon”: Virginia, Bonafede, Di Maio. Per costui è un’ossessione, lo fa ogni settimana con la stessa monocorde passione, stavolta per iscritto, del fratello Furio Colombo. Collaboravo a una rivistina diretta da questo Disegni ( mai nomen fu meno omen). Me ne cacciò quando da Belgrado scrivevo “meglio serbi che servi”.Tout se tien.

Raggi, non solo

Insomma, per come questa stampa paludata (nel senso di palude) ha massacrato la Raggi per due anni, attribuendole più nefandezze che a Messalina e, andando sul generale, per come questa nostra grande stampa (piccola, “manifesto”, compresa) secerne un ininterrotto flusso di odio (già, i famigerati hate speech!) e diffamazione per chiunque non stia ai desiderata e alle maniere dei di lei padroni, vicini e lontani, quanto hanno detto Di Maio e Di Battista è poco più di una tiratina d’orecchi. Agli scapaccioni dovrebbe pensare l’Ordine dei giornalisti, o la Federazione della Stampa, o Ong del buon giornalismo come Articolo 21. E vedremo più avanti come e a chi li impartiscono.

Vi ho fatto perdere tempo e ho sprecato spazio. Torniamo al quid. Che è Assange, la Federazione della Stampa e la libertà di stampa per la quale si battono a petto nudo, contro il ritorno del fascismo, le migliori e più acuminate penne della nobilissima professione.

Julian Assange è un giornalista australiano di cui sapete che ha fondato WikiLeaks nel 2006 e da allora lo dirige insieme a un gruppo di collaboratori in tutto il mondo. Wikipedia lo descrive così:

Wikileaks (dall’inglese leak «perdita», «fuga [di notizie]») è un’organizzazione internazionale  senza scopo di lucro  che riceve in modo anonimo, grazie a un contenitore (drop box) protetto da un potente sistema di cifratura, documenti coperti da segreto (di Statomilitareindustrialebancario) e poi li carica sul proprio sito web. WikiLeaks riceve, in genere, documenti di carattere governativo o aziendale da fonti coperte dall’anonimato e da whistleblower.[2]

Il sito è curato da giornalisti, attivisti, scienziati. Comunque i cittadini di ogni parte del mondo possono inviare (sono anzi invitati a farlo) materiale «che porti alla luce comportamenti non etici di governi e aziende» tenuti nascosti.

Senza Assange, buio pesto

Ad Assange il mondo deve alcune delle più rivelatrici verità su complotti, intrighi, crimini, inganni, menzogne dei governi delle maggiori potenze occidentali. In particolare, i documenti da lui diffusi hanno rivelato quali criminali motivazioni hanno innescato le guerre, a partire da quelle all’Iraq. Se l’opinione pubblica ha potuto sfuggire in parte al gigantesco menzognificio con cui il Potere e i suoi agenti mediatici conducono la loro politica di dominio, rapina, guerra, repressione, lo deve all’incredibile coraggio e alla fenomenale abilità di Assange e della sua organizzazione. Come lui, negli Usa Chelsea Manning,  ex-soldato che s’è fatta 6 anni di prigione per aver rivelato pubblicato i documenti di Wikileaks e rivelato le nefandezze compiute in Iraq; e Edward Snowden, la gola profonda (whistleblower) dello spionaggio planetario NSA, fortunatamente rifugiato a Mosca. Nel 2010 Wikileaks pubblica 251mila documenti confidenziali o segreti del Dipartimento di Stato Usa. Come mai prima, il re è nudo. Parte un processo per spionaggio e la richiesta di estradizione

Inseguito dalla montatura di un magistrato svedese con un’accusa di stupro, poi rivelatasi falsa e ritirata, Assange è dal 2010 a Londra dove lo costringono agli arresti domiciliari alla luce dell’accusa svedese e in attesa di estradarlo negli Usa. Nel 2012, nell’imminenza dell’arresto, si rifugia nell’ambasciata dell’Ecuador, paese che sotto il presidente Rafel Correa è entrato a far parte dell’alleanza bolivariana antimperialista dei popoli latinoamericani messa in piedi da Hugo Chavez, Daniel Ortega, Evo Morales e Fidel Castro. Vi aderirà nel 2009 anche l’Honduras del presidente Zelaya, poco dopo rovesciato da un sanguinoso colpo di Stato allestito dalla coppia Obama-Hillary Clinton.

A fare il giornalista, il giornalista, la paghi

Julian in quell’ambasciata da 6 anni è ospite e, oggi, recluso come fosse al 41 bis. A Correa è succeduto Lenin Mancuso, che ha riportato l’Ecuador nell’alveo delle repubbliche delle banane ligie a Washington, al Pentagono e alle multinazionali. Ha addirittura sbattuto in un carcere verso la fine del mondo il vicepresidente di Correa e suo che pora è al 22° giorno di sciopero della fame. Via via la vita di Julian si è fatta più intollerabile. A partire dal divieto di ogni contatto esterno che non sia con i suoi legali, al taglio dei collegamenti telefonici e internet, alla cancellazione per fino di quei momenti “d’aria” in cui poteva affacciarsi alla finestra o al balcone a vedere stralci di vita, un pezzo di cielo, il sole. La sua salute psicofisica ne risulta menomata, mentre gli viene addirittura negata l’assistenza medica.

Certi giornalisti vanno torturati

Ultimamente, grazie a un personale sistema d’allarme, è riuscito a sventare un’irruzione dall’esterno, probabilmente finalizzata a un tentativo di sequestro da parte dell’autorità britanniche che, ripetutamente, gli hanno promesso l’arresto e, agli statunitensi, l’estradizione. Nel giorno dell’irruzione, l’ambasciata gli aveva bloccato le visite dei legali e di sua madre. Quel giorno è saltata anche la videotestimonianza sulle sue condizioni di sepolto vivo, che Julian avrebbe dovuto dare a un tribunale di Quito. Angherie senza fine. Vera e proprio tortura. Nel processo per spionaggio rischia una scelta tra ergastolo e pena di morte. Il tentativo d’irruzione da parte di ignoti è stato preceduto dall’allestimento di ponteggi sulla facciata dell’edificio diplomatico. Sui tubi sono stati poi applicati apparecchi di sorveglianza puntati, però, non verso l’esterno, ma verso l’interno e le finestre. Se ne deduce che la vita di Assange, oltre a essere compromessa dalle feroci condizioni in cui la si costringe, è in pericolo 24 ore su 24. L’unico contatto lasciatogli con il mondo è un gatto, cosa sulla quale ironizzano i suoi colleghi di professione.  Nessuno fa più le polizie della sua stanza, neanche per asportare le deiezioni del gatto.

Il primo ministro australiano, Scott Morrison, un altro di quei governanti che hanno messo i destini del proprio paese nelle mani degli arbitri e degli arbitrii di Washington e Wall Street, ha respinto le ripetute richieste degli avvocati e famigliari di Julian di garantirgli i diritti e la protezione che spettano a ogni cittadino australiano.

Wikileaks e Assange hanno fatto più di qualsiasi altro individuo o organizzazione per garantire ai cittadini il diritto di conoscere la realtà, in particolare quella delle macchinazioni e dei delitti dell’Impero: dai crimini commessi dai militari ai retroscena della campagna elettorale di Hillary Clinton e ai milioni di dollari pagati dai sauditi a Hillary in cambio dell’autorizzazione alla vendita di armi per 80 miliardi;  dai sistemi di spionaggio e di hackeraggio della Cia e dell’NSA ai nuovi programmi di sorveglianza e alle interferenze degli Usa nei processi elettorali di altri paesi, fino ai complotti di deputati laburisti contro il segretario del partito Jeremy Corbyn. Ha salvato Snowden da un carcere a vita, se non peggio, aiutandolo a fuggire a Hong Kong e poi a Mosca. Da Wikileaks abbiamo saputo che per un suo discorso, Goldman Sachs ha pagato alla Clinton 675.000 dollari, cifra che non può che essere considerata una tangente.

Presstitutes

Con eccezionale abilità e coraggio fino alla temerarietà, visto il mondo in cui opera, Assange ha fatto ciò che ogni giornalista dovrebbe ambire di fare. E’ per questo che coloro che oggi si stracciano le vesti per la definizioni date da Di Battista e Di Maio di quella parte della categoria che vede il suo compito nel dare soddisfazione al proprio editore impuro e “multi task”, non si sono mai lontanamente avvicinati all’enormità di questa offesa, persecuzione, repressione della libertà di stampa. Assistiamo a ridicoli flashmob di un sindacato di giornalisti e associazioni di supporto contro il poco e l’inadeguato che questi due politici hanno espresso sulla categoria la cui qualità la stessa, imperiale organizzazione Reporters Sans Frontieres, ha dovuto classificare al 46° posto nel mondo. Flashmob, ma neppure pigolii, mai verificatisi, per esempio, alla falcidie che ikn queste settimane le piattaforme di Silicon Valley vanno facendo delle voci non intonate.

flashmob di Giulietti  e amici

Ma non c’è un giornale, un tg, una trasmissione radio e tv che abbia speso una sola parola in difesa di Assange e di questo assalto all’arma bianca contro un simbolo della dignità e della necessità del giornalismo in quanto tale. E’ questa omissione, più ancora che la parossistica ipocrisia con la quale vengono satanizzate le sacrosante – e, ripeto, insufficienti –  accuse di Di Battista e Di Maio (negli Stati Uniti è da anni che si parla di “presstitute”, prostitute della stampa), a dare la misura di come sia ridotta la professione in Italia. Con poche eccezioni, perché oltre al codardo oltraggio, funziona il servo encomio, funziona un rapporto di lavoro impostato sul precariato, lo sfruttamento, la sottomissione. Aspettiamo il braccialetto elettronico.

Nel corso di una lunghissima carriera mi è capitato di pubblicare su media main stream, come su organi antagonisti. In Italia, Regno Unito, Francia, Germania, paesi arabi e latinoamericani. Sono dovuto arrivare a respirare lo Zeitgeist di una gestione della mia categoria che strepita contro chi ne denuncia l’innegabile degrado in occasione di un episodio lampante come quello del bombardamento di infamie sulla Raggi e mi ritrovo frustrato perché manca ancora chi solleva il velo sulla distorsione ontologica della realtà su tutto quanto riguarda la nostra esistenza: dalle guerre ai popoli, alle guerre sociali,  alle guerre a comunità e ambiente. E manca chi riesca ad affermare che il sindacato sta lì per difendere il più debole dei suoi associati, non il più forte di questi e dei suoi editori. E’ qui che si ricongiunge al grandissimo Assange la mia modesta persona, di cui all’inizio.

Forse almeno provare a riavvicinare i giornalisti all’ ubi consistam di chi vuole raccontare le cose alla gente, con una legge sul conflitto d’interesse tra pagina stampata e complesso edilizio, tra talk show e trafficanti di carne umana e con la cancellazione di sussidi a organi parassiti, come previsto dal governo, potrebbe essere un inizio.

Intanto grazie ad Alessandro Di Battista per avermi citato tra i giornalisti liberi. Qualcuno, riferendosi a quelli non menzionati da Dibba, li ha considerati da lui iscritti tutti in una lista di proscrizione. Non scherziamo, quella la fanno coloro che usano la difesa della libertà di stampa per negare la libertà di parola.

Pubblicato da Fulvio Grimaldi alle ore 19:54

La banda del buco

Marco Travaglio da Il Fatto Quotidiano 

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di Marco Travaglio | 14 novembre 2018 

Dopo aver sorseggiato i fiumi d’inchiostro versati dai giornaloni sull’oceanica manifestazione Sì Tav di sabato a Torino, che ha visto sfilare nientepopodimenoché un torinese su 35 o un piemontese su 177, una domanda sorge spontanea: cosa sapeva tutta questa brava gente del Tav Torino-Lione? Si spera vivamente che ne sapesse un po’ di più di una delle sette madamine organizzatrici dell’Evento, Patrizia Ghiazza, cacciatrice di teste all’evidenza sfortunata, che l’altra sera esibiva tutta la sua competenza a Otto e mezzo: “Né io né le altre organizzatrici siamo competenti per poter entrare nel merito degli aspetti tecnici e ambientali dell’opera”. Non male, per una manifestazione apolitica e apartitica, ma soltanto tecnica, sul merito del treno merci ad alta velocità (anzi, a bassa, perché le merci di solito viaggiano a non più di 100-120 km l’ora). Essendosi “informati sui giornaloni che hanno sponsorizzato la Lunga Marcia, era prevedibile che organizzatori e partecipanti ne sapessero pochino, e che quel pochino fosse falso. Infatti sventolavano cartelli “Sì alla Tav”, ignorando che è l’acronimo di Treno Alta Velocità, dunque è maschile, con buona pace di Stampubblica che ha spacciato l’iniziativa per una “rivolta delle donne” contro non si sa bene cosa, anche se in piazza sfilavano soprattutto maschietti di una certa età.

L’acronimo, fra l’altro, è una patacca (femminile), perché per le merci l’espressione giusta è Treno ad Alta Capacità (Tac). I marciatori, e Salvini a ruota, ripetevano che l’opera va assolutamente “completata”: ma un’opera si completa quando è già iniziata e qui non è stato costruito nemmeno un millimetro di ferrovia: i cantieri che tutti vedono da 15 anni sono quelli del tunnel esplorativo, nulla a che vedere con l’opera vera e propria, il “tunnel di base”, cioè il mega-buco dovrebbe attraversare 57 km di montagna e che fortunatamente non esiste: le gare d’appalto non sono state neppure bandite. Dunque non c’è nulla da completare. Alcuni sognano di salire un giorno a bordo del mirabolante supertreno, ma purtroppo, escludendo che i Sì Tav si considerino merci, resteranno mestamente a terra anche se l’opera venisse realizzata. Chi volesse invece raggiungere ad alta velocità Parigi o Lione da Milano o da Torino, può montare sul comodo Tgv, che dalla notte dei tempi percorre rapidamente quella tratta. Ma i nostri eroi strillano contro l’“isolamento dell’Italia” e per il “collegamento con l’Europa”, evidentemente ignari dell’esistenza del Tgv da e per la Francia, dei treni veloci da e per la Svizzera e così via.

Forse pensano che, per affacciarsi oltre la cinta daziaria, sia necessario scalare le Alpi a piedi. Monsù e madamine saranno tutti interessati al trasporto merci? Benissimo, allora possono stare tranquilli: le loro merci da trasportare ad altissima velocità da Torino a Lione possono depositarle in uno a caso dei container (perlopiù vuoti) che ogni giorno viaggiano sui treni della tratta Torino-Modane- Chambéry-Culoz, che dal 1871 attraversa il Frejus, ci è appena costata 400 milioni per lavori di ammodernamento ed è inutilizzata all’80-90%. Siccome alla marcia c’era pure Paolo Foietta, commissario dell’Osservatorio Tav, qualcuno avrebbe potuto domandargli con che faccia sostenga ancora l’utilità dell’opera, dopo avere scritto un anno fa al governo Gentiloni che “molte previsioni fatte 10 anni fa, anche appoggiandosi a previsioni ufficiali della Ue, sono state smentite dai fatti”. Ma nessuno lo sapeva. E chissà se quanti invocano “lavoro” sanno che attualmente nel cantiere lavorano appena 800 persone, che salirebbero a non più di 3-4mila per il tunnel di base, con un costo stratosferico per ogni occupato. La delibera 67/2017 del Cipe stima il costo complessivo del solo tunnel di base in 9,6 miliardi: il 57,9% lo paga l’Italia e solo il 42,1 la Francia (anche se il tunnel insiste per l’80% in territorio francese e solo per il 20 in territorio italiano: perché?). E chissà se chi si riempie la bocca di paroloni come “futuro”, “sviluppo”, “modernità” è stato informato che, in 17 anni di studi e carotaggi, abbiamo già buttato 1,6 miliardi, oltre a tenere la Val di Susa in stato d’assedio permanente.

Ora servono sulla carta un’altra quindicina di miliardi, che poi nella realtà salirebbero a 20-25 (le grandi opere in Italia lievitano in media del 45%). È questa la “decrescita infelice”, non quella di chi si oppone a un’opera ad altissima voracità e a bassissima occupazione. E chi vaneggia di “penali da pagare” o di “fondi europei da restituire” o “da non perdere” ignora che la parola “penale” non compare in alcun contratto o accordo con la Francia, con l’Ue o con ditte private. L’Italia, sul suo tracciato, può fare ciò che vuole. Recita la legge 191/2009: “Il contraente o l’affidatario dei lavori deve assumere l’impegno di rinunciare a qualunque pretesa risarcitoria eventualmente sorta in relazione alle opere individuate… nonché ad alcuna pretesa, anche futura, connessa al mancato o ritardato finanziamento dell’intera opera o di lotti successivi”. Quanto all’Ue, finanzia solo lavori ultimati: se il Tav non si fa più, l’Italia non deve restituire un euro. Ora però le nostre disinformate madamine si sono montate la testa: chiedono udienza al Quirinale, danno ordini alla sindaca Appendino e al governo Conte, come se 25mila persone in piazza contassero più dei 10.935.998 italiani che hanno votato per i 5Stelle (No Tav) nel 2018 e dei 202.754 torinesi che nel 2016 hanno eletto la sindaca No Tav Chiara Appendino contro il Sì Tav Piero Fassino. Invece i No Tav, che negli anni hanno portato in piazza ora 40 ora 50mila persone, non se li è mai filati nessuno. A parte, si capisce, i manganelli della polizia.

di Marco Travaglio | 14 novembre 2018

Laura Castelli: «Tav? Rispetto la piazza di Torino ma l’opera è inutile»

https://torino.corriere.it/economia/18_novembre_12/laura-castelli-tav-rispetto-piazza-torino-ma-l-opera-inutile-c502721e-e654-11e8-b579-7cd18decd794.shtml?fbclid=IwAR0y_FfFX-yL4hn1VWSw4S8ZCIBJtXcVe1KF14Uq8eZ4z9TPTsV81UCCO_I

Il sottosegretario all’Economia: «Costa troppo, va rivisitata. I partiti si sono nascosti»

Laura Castelli: «Tav? Rispetto la piazza di Torino ma l’opera è inutile»Laura Castelli

«Le persone che scendono in piazza vanno sempre rispettate, e bisogna porsi delle domande quando accade. Ma il Tav è un progetto troppo costoso, e va completamente rivisitato». Così il sottosegretario all’Economia Laura Castelli (M5S), in un’intervista al Fatto Quotidiano in cui sottolinea: «Ci sono altre priorità. L’ultimo Consiglio dei ministri ha decretato lo stato di emergenza per 11 regioni. Esistono tante urgenze, a cominciare dalla manutenzione dei territori e delle infrastrutture».

Sulla Torino-Lione, «faremo quello che c’è scritto nel contratto di governo: una rivisitazione completa del progetto, accompagnata da un’analisi dei costi e dei benefici», dice Castelli. «Così com’è scritto il progetto non serve, è vecchio e costa decisamente troppo. Si potrebbe perseguire lo stesso obiettivo di facilitare il trasporto delle merci con molti meno soldi. Sono preferibili le piccole opere diffuse sul territorio, rispetto a un’opera come questa in cui sono coinvolte le grandi cooperative rosse». 

Castelli smentisce uno scambio con la Lega, il no alla Torino-Lione in cambio di Terzo Valico e la Pedemontana: «Non è la logica con cui opera questo governo».

In piazza «ho notato che non c’ era nessuna bandiera di partito. E ciò conferma che non esiste alcuna forza politica con un progetto chiaro e alternativo» sostiene Castelli. «Se sei convinto di qualcosa la tua bandiera la esponi. E io credo che i partiti si siano nascosti. Dopodiché, noi del M5S abbiamo ereditato una città con grandissimi problemi di bilancio. Governare significa anche prendere decisioni difficili e impopolari».

Travaglio: “I Sì Tav non sanno di che parlano, è un’opera completamente inutile”

https://www.tpi.it/2018/11/14/marco-travaglio-tav/?fbclid=IwAR0MMwZcm3ZGBhHswmGkzziWrevfs8s95v_hpORmdCJ4xN54xkhGgnfqEK8

Il direttore del Fatto, mercoledì 14 novembre, ha attaccato i manifestanti pro-Tav

Immagine di copertina
Marco Travaglio

Nel suo editoriale di mercoledì 14 novembre, Marco Travaglio si è scagliato contro i manifestanti pro-Tav scesi in piazza a Torino sabato 10 novembre, accusandoli innanzitutto di conoscere l’argomento in maniera molto superficiale.

“Dopo aver sorseggiato i fiumi d’inchiostro versati dai giornaloni sull’oceanica manifestazione Sì Tav di sabato a Torino, che ha visto sfilare nientepopodimenoché un torinese su 35 o un piemontese su 177, una domanda sorge spontanea: cosa sapeva tutta questa brava gente del Tav Torino-Lione? Essendosi informati sui giornaloni che hanno sponsorizzato la Lunga Marcia, era prevedibile che organizzatori e partecipanti ne sapessero pochino, e che quel pochino fosse falso”, scrive il direttore del Fatto Quotidiano.

“I marciatori, e Salvini a ruota, ripetevano che l’opera va assolutamente ‘completata’ – continua Travaglio – ma un’opera si completa quando è già iniziata e qui non è stato costruito nemmeno un millimetro di ferrovia […] Dunque non c’è nulla da completare”.

Travaglio spiega poi le ragioni per le quali, a suo parere, la Tav va considerata un’opera del tutto inutile.

“Chi volesse invece raggiungere ad alta velocità Parigi o Lione da Milano o da Torino, può montare sul comodo Tgv, che dalla notte dei tempi percorre rapidamente quella tratta. Ma i nostri eroi strillano contro l’«isolamento dell’Italia» e per il «collegamento con l’Europa», evidentemente ignari dell’esistenza del Tgv da e per la Francia, dei treni veloci da e per la Svizzera e così via”.

“E chissà se chi si riempie la bocca di paroloni come «futuro», «sviluppo», «modernità» è stato informato che, in 17 anni di studi e carotaggi, abbiamo già buttato 1,6 miliardi, oltre a tenere la Val di Susa in stato d’assedio permanente. Ora servono sulla carta un’altra quindicina di miliardi, che poi nella realtà salirebbero a 20-25 (le grandi opere in Italia lievitano in media del 45%)”.

“E chi vaneggia di «penali da pagare» o di «fondi europei da restituire» o «da non perdere» ignora che la parola «penale» non compare in alcun contratto o accordo con la Francia, con l’Ue o con ditte private. L’Italia, sul suo tracciato, può fare ciò che vuole”.

Infine, la stoccata ai manifestanti pro-Tav.

“Ora però le nostre disinformate madamine si sono montate la testa: chiedono udienza al Quirinale, danno ordini alla sindaca Appendino e al governo Conte, come se 25mila persone in piazza contassero più dei 10.935.998 italiani che hanno votato per i 5Stelle (No Tav) nel 2018 e dei 202.754 torinesi che nel 2016 hanno eletto la sindaca No Tav Chiara Appendino contro il Sì Tav Piero Fassino. Invece i No Tav, che negli anni hanno portato in piazza ora 40 ora 50mila persone, non se li è mai filati nessuno. A parte, si capisce, i manganelli della polizia”.

9ª Giornata Internazionale contro le grandi Opere Inutili e Imposte –

Comunicato Stampa

PresidioEuropa

Movimento No TAV

14 novembre 2018

http://www.presidioeuropa.net/blog/?p=17228

https://fb.me/8dicembreeu

8 dicembre 2018, 9ª Giornata Internazionale contro le grandi Opere Inutili e Imposte

LE RESISTENZE NEI TERRITORI RILANCIANO IL BEL PAESE E DIFENDONO IL PIANETA

Il Movimento No TAV sostiene il confronto tra i movimenti e le associazioni che si oppongono alle Grandi Opere Inutili e Imposte e che lottano per la difesa dei territori verso una mobilitazione nazionale.

In questo contesto gli incontri di  Venezia, di Firenze e di Roma, il Movimento No TAV ha organizzato per sabato 17 novembre un’assemblea nazionale in Val di Susa con l’obiettivo di costruire una mobilitazione diffusa a livello nazionale delle lotte territoriali per sabato 8 Dicembre.

Il Movimento No TAV ricorda che l’8 dicembre 2018 si festeggia in Europa la 9ª Giornata Internazionale contro le Grandi Opere Inutili e Imposte.  

Difendere i territori vuol dire contribuire in modo positivo al futuro del Pianeta e contrastare la distruzione degli ecosistemi e il riscaldamento globale.

Il Movimento No TAV vuole collegare la Giornata dell’8 dicembre alla Conferenza ONU COP24 (dal 3 al 14 dicembre in Polonia) dove i Potenti della Terra tenteranno di raggiungere un accordo per dare attuazione agli Accordi di Parigi sul Clima.

Le opposizioni contro le Grandi Opere Inutili e Imposte e per la difesa dei territori rivendicano il loro ruolo positivo e propositivo attraverso le alternative proposte per contrastare il cambiamento climatico (l’uso dell’esistente, le c.d. opzioni zero, il blocco del consumo di suolo, ecc.).

La data dell’8 dicembre 2018 è vicina, il Movimento No TAV invita a diffondere da subito l’appello per la mobilitazione diffusa affinché questa giornata sia un successo e dia voce e visibilità alle popolazioni, per unire le forze con un unico obbiettivo:

IL VERO CAMBIAMENTO!

Foietta: ” A dicembre o partono gli appalti per la Tav o si pagano 75 milioni al mese di danni”

https://torino.repubblica.it/cronaca/2018/11/14/news/foietta_a_dicembre_o_partono_gli_appalti_per_la_tav_o_si_pagano_75_milioni_al_mese_di_danni_-211633710/?fbclid=IwAR0ElHKaqkG9c0WsaUV34DlQYrxj_Peyp314hToL2qbFtTd90bJNV4OGq4w

Il commissario della Torino-Lione in polemica con il governo: ” A volte gli asini non volano ma parlano”  E il presidente di Confindustria Piemonte attacca Toninelli

14 novembre 2018 
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“A dicembre devono partire le gare di appalto” per la Torino-Lione “altrimenti parte il tassametro e ci sarà un danno erariale di 75 milioni di euro al mese”. Così Paolo Foietta, commissario straordinario di governo per la ferrovia Torino-Lione. “Non c’è nessun atto che blocchi l’opera, ad ora, solo parole in libertà. A Volte gli asini non volano ma parlano. Ci sono invece gli impegni presi per gli appalti”. E ancora:  “Ogni decisione é legittima ma va presa con atti nelle sedi opportune, non con discussioni in segrete stanze dove tutti la pensano allo stesso modo, sulla base di pregiudizi. La Torino-Lione é stata approvata da leggi del Parlamento italiano e francese, firmata dal Presidente della Repubblica il 1 marzo 2017”.

Il commissario di governo ha illustrato il quaderno 11 dell’Osservatorio di cui é presidente. “Che la linea storica della Torino-Lione  sia satura lo ha certificato Rfi con un documento ufficiale, chi sostiene che si potrebbe adeguarla con opportuni investimenti racconta un’enorme bufala. Per motivi fisici, strutturali e di sicurezza la vecchia ferrovia aperta nel 1800 non ha futuro”, ha detto. Il rischio di riduzione dei fondi è confermata da Bruxelles: “È importante che tutte le parti
facciano sforzi per completare nei tempi la Tav, in quanto ome per tutti i progetti della Connecting Europe Facility se ci sono ritardi nella loro realizzazione questi possono vedere una riduzione dei fondi forniti” da Bruxelles. Lo afferma un portavoce della Commissione Ue dopo l’ultimo incontro tra il ministro dei trasporti Danilo Toninelli e l’omologa francese.
“E’ un progetto importante non solo per Francia e Italia ma per l’intera Ue”, per questo “speriamo che le parti siano in grado di eseguirla nei tempi previsti”.

Ma per sbloccare l’opera associazioni di impresa e di categoria, sindacati e ordini professionali di Torino e del Piemonte, dopo “aver preso atto di una richiesta informale pervenuta dall’amministrazione comunale di Torino e di un orientamento simile da parte del ministero per lo Sviluppo Economico, circa un incontro per avviare il dialogo” rispondono “no grazie. Il nostro interlocutore è il governo: non possono essere un ente locale come il Comune nè un singolo ministro a impegnarsi per la realizzazione della Tav”. “

E dalla Francia, dove sono andati in visita al cantiere, attacca il presidente di Confindustria Piemonte Fabio Ravanelli: “Il ministro Toninelli dovrebbe vergognarsi: venga a vedere i cantieri e la smetta di dire che la Tav è una galleria che non c’è. Dire che l’opera non esiste è fare disinformazione. In tutto sono già stati scavati 25 chilometri di galleria. Se non ci muoviamo, rischiamo di perdere i fondi”.

Tav, Confindustria Piemonte: “In visita al cantiere per dimostrare che esiste”

Alla visita al cantiere ha partecipato una ventina di imprenditori, rappresentanti di tutte le assemblee territoriali di Confindustria Piemonte. “Abbiamo viaggiato 40 minuti per arrivare al punto di scavo e Toninelli dice che questa è la galleria che non c’è – rincara la dose Ravanelli – E’ ora di smetterla con la disinformazione e con le fake news, come quella secondo cui fare la Torino-Lione inquinerebbe. Le analisi effettuate hanno dimostrato che in queste montagne non c’è neppure un grammo di amianto. Muoviamoci a fare un’opera fondamentale per l’economia del Paese, altrimenti perdiamo i fondi”.
In serata ecco la risposta di Toninelli: “Nessuna vergogna sulla Tav Torino-Lione ma, anzi, mi sento orgoglioso per lo sforzo che sto facendo con la mia squadra per usare con attenzione i danari pubblici, rispetto a un’opera che dopo decenni di discussioni non ha ancora visto scavare un centimetro del tunnel di base. A vergognarsi dovrebbero essere quelli che negano questo”. E aggiunge. “Sono convinto più che mai che in Italia non ci sia bisogno di fare le opere per poter spendere dei soldi, ma sia invece necessario spendere i soldi, bene, per fare opere che servono davvero”.

LA REPUBBLICA CECA SI SGANCIA DALL’EURO! ORA A BRUXELLES TEMONO LA CZEXIT

https://www.saper-link-news.com/la-repubblica-ceca-si-sgancia-dalleuro-ora-a-bruxelles-temono-la-czexit/?fbclid=IwAR3SvrkTuBzzx5WPvJNw5m19ZVGwntPnwXG0ZbTgTub5zlmB_-L1j6yMaz0

12 novembre 2018


Pochi giorni fa la Repubblica Ceca ha deciso di sganciare la propria moneta nazionale dall’euro, abbandonando il cambio fisso di 27 corone ceche per euro, in vigore da tre anni, e di far fluttuare liberamente il cambio sui mercati finanziari. E lo ha fatto dicendo addio al peg, cioè al tasso di cambio “ancorato” che impediva la libera fluttuazione.

Per mantenere il rapporto fisso, la Banca Centrale ceca ha impegnato sinora ingenti risorse, ma ormai la scelta stava diventando fin troppo costosa. 

Ma la vera sorpresa è arrivata dopo l’ annuncio, quando a svalutarsi non è stata la corona ceca bensì la moneta unica (del 3%): quindi niente cariole e cavallette paventate dagli euro-nazisti da strapazzo!

La decisione del premier social-democratico Bohuslav Sobotka ha certamente una valenza politica ed internazionale molto forte: un altro bello schiaffone all’Unione Europea, di cui la Repubblica Ceca fa parte! Si pensava, infatti, che anche la sua corona sarebbe – prima o poi – finita con il lasciare il posto alla moneta unica… e invece il governo di Praga ha deciso di riguadagnare la libertà di fluttuazione!

Ora a Bruxelles temono la Czexit, infatti il premier ceco aveva già annunciato che – in caso di Brexit – anche la Repubblica Ceca avrebbe seriamente valutato l’ipotesi di abbandonare l’UE attraverso un referendum popolare! La Brexit c’è stata.

Insomma, se si ha la possibilità di scappare dal recinto schiavistico, scappano tutti…
Fonte: Giuseppe PALMA – La Costituzione Blog
Tratto da: www.stopeuro.news

INCONTRO DI TONINELLI CON LA MINISTRA BORNE LUNEDÌ 12.11 L’ASSEMBLEA NAZIONALE FRANCESE E’ CONTRO LA LYON TURIN

Lunedì 12 novembre il ministro Danilo Toninelli incontrerà la ministra dei Trasporti Elisabeth Borne. Siamo in grado di anticipare le parole che la ministra francese comunicherà al suo omologo:

“Come lei sa, il Governo francese sostiene la realizzazione del progetto ferroviario Lyon Turin, se lei ha qualche domanda sul  nostro impegno sono qui per rassicurarla.”

Sarebbe opportuno che il Ministro Toninelli chiedesse alla Ministra Borne se nel Budget 2019 la Francia ha previsto tutti i fondi per realizzare interamente il tunnel di base, come richiesto dagli Accordi con l’Italia.

E per quale motivo l’Assemblea Nazionale, nell’ambito dell’esame del Bilancio 2019, ha respinto il 5 novembre 2018 questo emendamento che avrebbe impegnato il Governo francese a realizzare la Lyon-Turin:

Entro tre mesi dalla promulgazione di questa legge, il Governo presenterà al Parlamento una relazione che espone gli impegni presi dalla Francia nel contesto di accordi internazionali per il completamento dei lavori definitivi della relazione transfrontaliera Lione-Torino.”

L’emendamento è stato respinto certo per la sua eccessiva chiarezza che avrebbe imbarazzato il governo.

La realtà è che la Francia non intende realizzare la Torino-Lione, ma non ha il coraggio politico di affermarlo pubblicamente.

La volontà “di fare la Torino-Lione” è solo a parole perché la Francia non ha sufficienti risorse finanziarie avendo già deciso che, per almeno i prossimi 5 anni, le priorità sono:

1. Il mantenimento delle reti esistenti, stradali, ferroviarie e fluviali.

2. La desaturazione dei grandi nodi ferroviari.

3. L’accelerazione dell’apertura di strade nelle città e nelle aree rurali.

4. Lo sviluppo dell’uso di mobilità pulite.

5.  Il rafforzamento dell’efficienza e del trasferimento modale nel trasporto merci.

Ricordiamo che la Francia dovrebbe mobilitare un piccolo investimento per la Torino-Lione (€2,68 Mld.) di fronte a quello dell’Italia, che sarebbe ben più oneroso (€ 3,50 Mld.).

L’investimento totale per il tunnel sarebbe di € 9,6 miliardi, aggiornato con Delibera CIPE n. 67/2017

Quota Italiana:       3,50 miliardi di €  –  36,4% per 12,2 km di tunnel

Quota Francese:     2,68 miliardi di €  –  27,9% per 45 km di tunnel

Quota UE:              3,44 miliardi di €  –  35,8%

Sottolineiamo che questa ripartizione iniqua dei costi, perché non basata sui km di proprietà del tunnel, indica che l’Italia finanzia la Francia per 2,2 miliardi di €.

E’ questo un argomento che dovrebbe aiutare il Governo italiano (soprattutto la componente pro Torino-Lione) ad abbandonare il progetto.

Nel momento in cui il Governo italiano riesaminerà gli accordi con la Francia, come richiesto nell’impegno contrattuale di Governo, la Francia dovrebbe riflettere sul risultato di una ripartizione equa: l’investimento per i suoi 45 chilometri di tunnel sarebbe infatti di circa 4,9 miliardi di €.

E’ questo l’argomento che dovrebbe utilizzare il Governo italiano per convincere la Francia ad abbandonare una volta per tutte questo dossier.

Inoltre, come pensa la Francia di mantenere l’impegno che ha assunto con l’Italia di costruire la nuova linea nazionale di accesso al tunnel tra Lione e Saint-Jean-de-Maurienne (circa € 7,7 miliardi) sulla  base del quale è stata fondata la ripartizione iniqua dei costi del tunnel a danno dell’Italia?

La Documentazione qui: www.presidioeuropa.net/blog/?p=17637

Documentazione

Assemblea Nazionale 5 novembre 2018, esame del Bilancio 2019

Interventi sulla Torino-Lione della Deputata Emilie Bonnivard, della relatrice Anne-Laure Cattelot e della  Ministra Elisabeth Borne:

– VIDEO https://www.youtube.com/watch?v=myFLiT1xaoU

Verbali https://www.nosdeputes.fr/15/seance/2343#inter_c01735c51a83f0f681fe0f758c1c2d47

NOTA: La deputata Emilie Bonnivard difende un emendamento a favore della Torino-Lione che non è stato esaminato in Commissione Finanze, Economia e Bilancio che è stato respinto in aula dalla maggioranza.

Vous gardez la parole, madame Bonnivard, pour soutenir l’amendement no 979 . (Il testo dell’emendamento è riportato alla fine di questo messaggio)

Émilie Bonnivard

On ne peut pas aborder ce budget sans parler de la ligne Lyon-Turin. En tout cas, il est important que nous puissions en parler.

Je commencerai par citer quelques chiffres et quelques éléments qui permettront de clarifier la volonté du Gouvernement et les moyens que ce dernier consacre réellement au fret et, plus spécifiquement, à cette nouvelle ligne ferroviaire destinée prioritairement au fret.

Je l’ai dit, 3 millions de poids lourds traversent chaque année les Alpes. Depuis cinq ans, nous constatons une augmentation constante du trafic des poids lourds dans les tunnels routiers. Cette augmentation est de 12 % pour les tunnels du Fréjus et du Mont-Blanc : chaque jour, 230 poids lourds supplémentaires asphyxient nos vallées. Le niveau d’échange routier a retrouvé son niveau d’avant la crise, en 2008 : on peut s’en féliciter car cela signifie que l’économie va mieux, mais la situation est compliquée pour les territoires alpins. Après la catastrophe de Gênes, il est important de parler des infrastructures et de rappeler que le tunnel ferroviaire historique du Mont-Cenis, un tunnel monotube situé à 1 200 mètres d’altitude, date de Victor-Emmanuel II et de Napoléon III. Je ne pense pas que c’est avec ce type d’infrastructures que nous pouvons organiser le transport modal de demain !

Face à cette situation, la nouvelle ligne ferroviaire Lyon-Turin répond de manière crédible aux attentes et exigences en termes de performance et de sécurité en vue de préparer le report modal du XXIe siècle. Il s’agit d’une véritable infrastructure d’intégration européenne, économique et sociale – c’est important de le rappeler – soutenue depuis plus de vingt ans avec détermination et constance par l’Union et la Commission européennes, qui financent à hauteur de 40 % cette infrastructure qui permettra de transférer plus de 1,5 million de poids lourds et une quantité importante de marchandises sur le rail et de régler les problèmes de pollution et de santé. Sur plus de vingt ans, cette infrastructure coûtera moins à la France que la ligne à grande vitesse Tours-Bordeaux. Voilà les vrais chiffres et les enjeux réels ! Il est important que le Gouvernement clarifie sa position sur ce sujet.

Carole Bureau-Bonnard, présidente

Quel est l’avis de la commission ?

Anne-Laure Cattelot, rapporteure spéciale de la commission des finances, de l’économie générale et du contrôle budgétaire

Malheureusement, madame Bonnivard, votre amendement n’a pas été examiné par la commission. À titre personnel, je donne un avis défavorable à votre demande de rapport.

Je laisserai Mme la ministre développer son avis. Vous savez que la situation géopolitique est malheureusement assez particulière en Italie en ce moment et que certaines décisions ont été prises par des conseils municipaux de l’autre côté de la frontière. Cela semble constituer un sacré frein pour le projet, et j’en suis bien désolée. En revanche, je vous rejoins quant à l’utilité de ce projet et à la nécessité de ces infrastructures pour vos régions manufacturières.

 Carole Bureau-Bonnard, présidente

Quel est l’avis du Gouvernement ?

Elisabeth Borne, ministre chargée des transports

Comme vous le savez, le gouvernement français soutient la réalisation de ce projet de ligne Lyon-Turin. Le Président de la République a eu l’occasion d’exprimer ce soutien lors du dernier sommet franco-italien. Pour notre part, nous souhaitons respecter nos engagements internationaux et donc réaliser le tunnel Lyon-Turin.

Comme vous le savez également, le gouvernement italien a souhaité lancer une nouvelle évaluation socio-économique du projet. Nous respectons cette décision, qui a entraîné le report du lancement des appels d’offres pour la réalisation de ce tunnel, initialement prévu pour le conseil d’administration de la société Tunnel Euralpin Lyon Turin de septembre dernier.

Nous avons pris acte de ce souhait de nos partenaires italiens de procéder à une nouvelle évaluation, tout en appelant leur attention sur l’impossibilité de différer très longtemps le lancement des appels d’offres compte tenu du délai à respecter pour la mobilisation des crédits européens. Je vous assure à nouveau de la détermination du Gouvernement à réaliser cette infrastructure dont vous avez souligné le caractère transeuropéen.

Carole Bureau-Bonnard, présidente

La parole est à Mme Émilie Bonnivard.

Émilie Bonnivard

Nos amis italiens disent qu’ils seraient sensibles à une clarification de la position du gouvernement français, notamment sur ses engagements budgétaires. En effet, M. Toninelli, le ministre italien des infrastructures et des transports, affirme que le gouvernement français n’est pas clair s’agissant du budget dédié à l’infrastructure et aux accès, et qu’il mélange à dessein les montants.

Mes chers collègues, 400 personnes travaillent actuellement sur le chantier, qui est une réalité sur notre territoire. Un tunnelier est en train de creuser. En outre, 40 millions d’euros ont été mis sur la table par l’État, la région et les partenaires locaux dans le cadre de la procédure dite « Grand chantier ».

Carole Bureau-Bonnard, présidente

La parole est à Mme la ministre.

Elisabeth Borne, ministre chargée des transports

Je rencontrerai mon homologue italien lundi prochain. S’il a encore certaines questions sur l’engagement de la France, ce sera l’occasion de le rassurer.

L’amendement no 979 n’est pas adopté.

Carole Bureau-Bonnard, présidente

Testo dell’emendamento respinto source – PDF

Projet de loi de finances pour 2019 — Texte n° 1255

Amendement N° 979C (Rejeté)

Publié le 2 novembre 2018 par : Mme Bonnivard.

 Projet de loi N° 1255 de finances pour 2019

Après l’article 76(C)

Dans les trois mois suivant la promulgation de la présente loi, le Gouvernement remet au Parlement un rapport retraçant les engagements pris par la France dans le cadre des accords internationaux portant sur la réalisation des travaux définitifs de la liaison transfrontalière Lyon-Turin.

Ce rapport fait notamment état :

– pour l’ensemble des travaux préparatoires, des engagements financiers pris par l’Union européenne au titre du « Grant Agreement », et des contributions respectives de la France et de la République italienne ;

– pour la réalisation des travaux définitifs, des engagements financiers négociés avec l’Union européenne au titre notamment de l’évolution de sa quote-part de financement, et de la programmation pluriannuelle budgétaire de la France et de la République Italienne ;

– des modalités pratiques de mise en œuvre de ces financements par la France et la République Italienne, dans le cadre de dispositifs reposant sur un engagement formel des financeurs à assurer le financement de la totalité de l’ouvrage sur une période couvrant l’ensemble des cycles de phasage de sa réalisation ;

– de l’impact environnemental de cet ouvrage au titre des engagements nationaux et européens de réduction des gaz à effet de serre. Le rapport fait, à ce titre, le point sur les engagements pris par la France pour favoriser le report modal du transport de la route vers le rail dans les Alpes, de manière à préserver l’environnement de cette région, et l’état d’avancement des discussions sur la révision par l’Union européenne de la directive dite « Eurovignette », conformément à l’annexe 3 de l’accord international du 30 janvier 2012.

Exposé sommaire :

Maillon central et stratégique du corridor ferroviaire transeuropéen, la nouvelle ligne ferroviaire Lyon-Turin n’est plus un projet mais un chantier en cours de réalisation. Le percement du tunnel de base de 57,5 kilomètres entre Saint-Jean-de-Maurienne et Suse constitue, à lui seul, une phase majeure de l’aménagement du réseau transeuropéen de transport (RTE-T), reconnue prioritaire par l’Europe, au bénéfice de l’ensemble des pays du corridor méditerranéen.

Les Parlements ont ratifié en décembre 2016, pour l’Italie et en janvier 2017, pour la France, l’Accord du 24 février 2015 portant sur le lancement des travaux définitifs.

Le Président de la République, conformément aux engagements internationaux pris par l’État, a réaffirmé le soutien plein et entier de la France à ce projet européen, lors du Sommet franco-italien de Lyon le 27 septembre 2017.

D’un montant global certifié de 8,6 milliards d’euros, le financement de la section transfrontalière Lyon-Turin est assuré jusqu’en 2019 à 40 % par l’Union européenne, à 35 % par l’Italie et à 25 % par la France.

Sous réserve que l’évolution de la quote-part de financement de l’Union européenne soit portée à 50 % à compter de la mise en œuvre du prochain Grant Agreement, 2.125 milliards d’euros sont à mobiliser sur 12 ans, ce qui revient en termes de reste à financer pour la France à un budget annuel inférieur à 200 millions d’euros.

Ce montant doit être mis en perspective avec les engagements pris par la France lors de la COP21 sur une réduction de ses émissions de gaz à effet de serre de 40 % d’ici 2030 et de 75 % d’ici 2050 (par rapport au niveau de 1990), confirmé par les engagements pris par l’Union Européenne qui prévoient une diminution des émissions de 80 à 95 % d’ici 2050.Dans un rapport du 15 juillet 2015, une commission d’enquête du Sénat sur le coût économique et financier de la pollution de l’air a par ailleurs établi une évaluation du coût sanitaire de la pollution de l’air pour un montant compris entre 68 et 97 milliards d’euros par an.

Cette infrastructure d’intérêt européen est ainsi la seule capable de permettre le report modal de 1 million de camions sur les 2,5 millions qui traversent les Alpes et ainsi de désengorger le trafic massif des vallées, de l’agglomération lyonnaise et du littoral (la ligne historique, datant du 19ème siècle, ne permet plus de répondre à l’évolution des normes de sécurité ferroviaire).

La tenue du planning de réalisation des travaux définitifs du Lyon-Turin est à ce titre assujettie à la garantie donnée au Promoteur public (TELT) de couvrir non seulement la totalité des engagements financiers, mais aussi de maintenir la trajectoire financière qui préserve l’enchainement et la cohérence opérationnelle des différents chantiers.

La sécurisation des marchés à notifier, en 2018 et pour les années suivantes, est indispensable pour la réalisation de cette liaison transalpine mixte voyageurs/fret.

Avec ces engagements financiers, il convient absolument et prioritairement de :

˗ garantir la continuité de réalisation des travaux définitifs. Il s’agit ici de rappeler que, outre les études techniques, économiques, ou juridiques qui sont réalisées, les opérations de reconnaissance géologique et de préparation des travaux définitifs sont en cours d’achèvement.

˗ respecter plusieurs accords internationaux et les engagements financiers déjà mis en œuvre pour permettre la réalisation des travaux définitifs.

˗ préserver le tissu économique et social, avec des équipes qui réunissent aujourd’hui des compétences et des ressources mobilisées pour réaliser les missions, compte tenu des engagements déjà pris. Pour rappel, cet ouvrage doit mobiliser plus de 2000 emplois directs en France sur les 5 plus fortes années de chantiers, et un nombre bien plus important d’emplois indirects et induits, l’accompagnement des territoires étant assuré notamment par la « Démarche Grand Chantier » validée par le CIADT du 18 décembre 2003.

Dans le but de préserver la programmation initiale, et garantir la poursuite de la réalisation des travaux définitifs de cette infrastructure d’intérêt général, il est nécessaire que la représentation nationale dispose d’une connaissance précise des montants de financement qui seront effectivement alloués au Promoteur public.

5 novembre 2018

Emilie Bonnivard deputata della Savoia propone l’emendamento 979 al progetto di legge di finanza 2019 e interroga il ministro dei trasporti E. Borne chiedendo che il governo chiarifichi la propria volontà e i mezzi finanziari che intende dedicare al progetto. 

La deputata da alcuni numeri: 3 000 000 di camions in costante aumento da 5 anni che passano dal Fréjus e dal Monte Bianco (+12 %), 230 camions al giorno in più, ritrovando il livello del 2008, il che significa che l’economia sta meglio ma le conseguenze sul territorio sono pesanti in termini di sicurezza e inquinamento.

D’altra parte c’è il tunnel del Moncenisio che è un’infrastruttura storica che data da Vittorio Eman II (cita la catastrofe di Genova) e che non può un’infrastruttura così storica sostenere il trasporto modale di domani. Secondo lei la linea Lyon-Turin risponde alle esigenze di performance e di sicurezza per un trasporto del futuro sostenuto da sempre e in modo determinato dall’UE da più di 20 anni con il finanziamento di 40 % dell’infrastruttura che permette di trasferire più di un milione e mezzo di camions sulla ferrovia e che costa alla Francia su 20 anni meno della linea TGV Tours.Bordeaux.

Parere della Commissione 

L’emendamento non è stato studiato dalla Commissione che però emette parere sfavorevole anche a causa della situazione geo politica particolare in Italia che è di freno… ma la porta voce si dice personalmente favorevole all’infrastruttura…

Intervento del Ministro dei Trasporti

Il governo francese sostiene la realizzazione del Progetto, il presidente l’ha ribadito durante l’ultimo summit franco-italiano. Vuole rispettare il trattato e gli impegni internazionali. Dall’altra parte, il governo italiano vuole una nuova valutazione socio economico del progetto e la Francia rispetta questa volontà. Ciò porta al differimento del lancio delle gare d’appalto previsto a settembre scorso. Ma bisogna attirare l’attenzione degli italiani sul fatto che non si può differire a lungo perché ci sono delle scadenze da rispettare per la mobilitazione dei finanziamenti europei ma ribadisce la determinazione del governo a realizzare l’infrastruttura.

Bonnivard

aggiunge che gli Italiani sarebbero sensibili a una posizione più chiara del governo francese sugli impegni finanziari perché il ministro dei trasporti italiano Toninelli afferma che il governo francese non è abbastanza chiaro sulla questione dei finanziamenti dedicati all’infrastruttura e gli accessi del tunnel e che mescola deliberatamente le due cose. 

Precisa che 400 persone lavorano nel cantiere, che la fresa è attiva, che il cantiere è una realtà e che ci sono 40 milioni impegnati nella procedura del ” Grande Cantiere” dallo Stato, le regioni e i partners locali,

Ministro Borne

dice che incontrerà il ministro toninelli il lunedi successivo (12 novembre) che risponderà alla sue domande rispetto all’impegno della Francia e lo rassicurerà.

Presidente mette ai voti l’emendamento

L’emendamento viene respinto