I 500 “sì Tav” in prima pagina. Così ti nascondo il grande flop

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I 500 “sì Tav” in prima pagina. Così ti nascondo il grande flop

Sabato pomeriggio i Sì Tav hanno portato in piazza 500 manifestanti per la prima protesta contro la sindaca di Torino, Chiara Appendino.

Un marcia che, nonostante fosse stata annunciata come trionfale da sindacati, industriali ed esponenti politici bipartisan (dal Pd a Forza Italia), si è ridotta a un piccolo drappello di persone in piazza Castello.

Eppure a leggere i dorsi locali delle più importanti testate ed anche la pagina di cronaca della Gazzetta, è sembrato un assedio.

Tutto merito del numero delle righe che hanno abbondato negli articoli dedicati all’evento e che sono riuscite a compensare la mancanza dei partecipanti.

Si scopre così che a Torino è andata in scena una “protesta gentile” e garbata “dei torinesi comuni”, scrive La Stampa, e certamente vissuta con molto eleganza dalle “madamin della Torino bene”, sottolinea Il Corriere della Sera.

Per Repubblica, i partecipanti si sono riconosciuti addirittura a vista: “Un po’ spaesati questi bogianen scesi in piazza per una protesta improvvisata”.

Nessuno ha un megafono, né parole da dire. “Ci si guarda le mani, per riconoscersi, vedere se qualcuno ha portato il cartello ‘Torino dice basta’, che era l’hashtag della manifestazione”.

E così, sempre tra le affollatissime righe, si dà appuntamento alla seconda puntata della protesta che si terrà oggi con i rappresentanti delle categorie produttive e sempre in attesa della vera, verissima marcia del 10 novembre.

Quella che dovrebbe portare in piazza 40 mila persone, che però nel frattempo sono diventate oltre 72mila secondo il Corriere.

Del resto, sarà merito del successo ottenuto dalla “prima prova di protesta del popolo Sì Tav”, come l’ha definita Repubblica.

5 nov 18 Stampa 

Pizzarotti: “Appendino ostaggio dei suoi, nel M5S prevale l’ideologia”

Il sindaco di Parma: “Per governare non bastano i proclami”

Alberto Mattioli

«Purtroppo fra la realtà di una città e l’ideologia c’è un abisso. E per governare non bastano i proclami». Federico Pizzarotti, 45 anni, sindaco di Parma, ex grillino che ha rotto, e pesantemente, con il Movimento, legge leditoriale di Molinari di ieri: «È vero che alla prova dei fatti il M5S non riesce a liberarsi dei suoi dogmi ideologici». 

Tipo Appendino.  

«Il problema non è tanto la base, ma i consiglieri. Appendino è più appoggiata e più apprezzata di Raggi dai vertici del Movimento. Credo che le Olimpiadi le avrebbe fatte volentieri e anche che sappia che su una questione come la Tav non ha senso dire no a prescindere. Ma è ostaggio della radicalizzazione dei suoi consiglieri. La mozione “No Tav” che hanno votato non ha alcun valore giuridico, ma solo simbolico. Ideologico, appunto. Per esperienza personale so che governare una città è difficile. Con il M5S ancora di più, perché lì non si giudicano le situazioni dai dati di fatto ma sulla base di dogmi pregiudiziali». 

Intanto la famosa «gente» è scesa in piazza contro Raggi e lo farà contro Appendino. Per il M5S è la fine dell’inizio o l’inizio della fine?  

«Questo non lo so. Non è il primo segnale di insoddisfazione perché ce ne sono già stati altri, che per ora non hanno intaccato il consenso di cui il Movimento gode. C’è però una novità: adesso il M5S è al governo, quindi è difficile scaricare sugli altri le responsabilità degli insuccessi come ha sempre fatto». 

A proposito: del governo Conte che giudizio dà?  

«Lo sospendo, perché per ora di compiuto c’è poco, compresa la manovra economica. Dal punto di vista politico, sono completamente distante. Prenda il decreto sicurezza e immigrazione. Anche qui, prevale un approccio ideologico, a cominciare dal fatto che si mettono sullo stesso piano sicurezza e immigrazione come se una dipendesse dall’altra. Ma eliminando lo Sprar non si eliminano gli immigrati, dato che lo stesso Salvini dice che per rimpatriarli ci vorrebbero ottant’anni. Semplicemente, li si buttano sulle strade, se ne trasferisce il peso sui Comuni e si fornisce nuova manodopera alla delinquenza». 

Però questa è farina del sacco di Salvini, non di Di Maio.  

«Ma è lo stesso approccio ideologico. Come voler fare insieme quel che insieme non si può fare, la flat tax e il reddito di cittadinanza. È solo propaganda, e pericolosa per chi la fa. Quando Di Maio dice una frase non solo assurda ma anche di cattivo gusto come: “Abbiamo abolito la povertà” rischia il boomerang. Perché se il reddito di cittadinanza sarà dato a molti saranno pochi i soldi, se sarà dato a pochi saranno molti i delusi». 

Nei sondaggi, Salvini cresce e Di Maio cala. È perché è meno ideologico o perché è più bravo a comunicare?  

«Credo che la ragione sia un’altra. I sondaggi lo premiano perché, giusto o sbagliato che sia, e io penso sia sbagliato, sta però facendo quel che aveva annunciato. Di Maio, no. Basta pensare ai condoni». 

Sarà, ma l’opposizione non si vede.

«Il Pd è morto ma non se n’è ancora accorto. Renzi tiene in ostaggio un partito intero e con lui l’intera opposizione. È un danno non solo per il Pd, ma per l’Italia». 

Intanto lei con il suo partito Italia in Comune pensate a resuscitare i Verdi. Spera nell’effetto-Germania?  

«Per la verità guardavamo ai Verdi europei anche prima che vincessero lì. In Italia hanno lasciato un cattivo ricordo e che adesso Pecoraro Scanio voglia rientrare nel giro con il M5S lo dimostra. Serve un partito ambientalista che non difenda solo la natura ma sia anche pro-Europa, progressista, attento al lavoro e al sociale». 

A Parma terminerà il secondo e ultimo mandato nel ‘22. Da grande cosa vuol fare?  

«Chi lo sa? Dieci anni fa non avrei mai pensato che sarei diventato sindaco. Non c’è solo la politica. Se potrò continuare a impegnarmi, bene. Altrimenti farò altro. Intanto il mese prossimo inizierò un corso da apicoltore». 

Arnie, miele e così via?  

«Gliel’ho detto, che mi piace la natura».  

I 500 “sì Tav” in prima pagina. Così ti nascondo il grande flopultima modifica: 2018-11-05T21:36:56+01:00da davi-luciano
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