Ai costi attuali, incenerire rifiuti per produrre energia non è un grande affare nemmeno se si dispone di impianti moderni ed efficienti. Il decreto, che viaggia in direzione contraria alla linea comunitaria del riciclo, punta però a mettere in circolo la spazzatura di tutta la Penisola dando un ruolo primario ai vecchi impianti di combustione
Ora però il decreto Sblocca Italia mette in circolo la monnezza di tutta la Penisola dando nuove speranze al sindaco Tosi e ai suoi fedelissimi che vedono così cadere il limite regionale di 150mila tonnellate. Però, di lì a dire che l’impianto sarà economicamente conveniente ce ne passa. A Torino, dotata di un modernissimo impianto a tre linee, “la tariffa di conferimento è di 116 euro a tonnellata più il trasporto – dice Pietro Colucci, presidente e amministratore delegato di Kinexia e grande esperto di waste management – e la vicina Liguria deve decidere se spedirli lì, se spenderne circa 83 per conferirli in discarica o se fare come Napoli che smaltisce all’estero a un costo di 95 euro a tonnellata, più il costo del trasporto marittimo. Come sostengo da tempo, in Italia e in Europa si combatte una vera e propria guerra sui rifiuti con le imprese scandinave che praticano sconti sempre più aggressivi per far girare i loro impianti e con gli enti locali che si ritrovano a fare i conti con crescenti difficoltà di bilancio”. L’obiettivo dell’autosufficienza, dunque, non sembra così alla portata: “Dei poco più di 50 inceneritori presenti in Italia, ne resteranno una decina seri e di grandi dimensioni – sottolinea Colucci – i più piccoli sono destinati a chiudere al termine degli 8 anni di incentivi. Investimenti come quello di Torino, però, difficilmente verranno replicati: per fare l’impianto ci sono voluti 11 anni e a Firenze, dove avevano un progetto simile, Hera ha poi rinunciato”.
Insomma, incenerire non conviene più e da anni la politica europea sui rifiuti va in tutt’altra direzione, che è quella dei rifiuti zero, con altissimi tassi di raccolta differenziata, di riuso e di recupero. “Il modello di business deve cambiare – dice ancora Colucci – Noi a Chivasso con il Comune e la Consulta ambientale abbiamo avviato il progetto WastEnd per realizzare un polo per il riciclo dei materiali in loco e contiamo di poter recuperare o riutilizzare in altre forme circa il 90-95% dei rifiuti”. Il progetto prevede circa 50 milioni di investimento in 3 anni, ha una valenza fortemente innovativa (si sta anche valutando la possibilità di realizzare il primo impianto in Italia per il recupero dei materassi), una discreta ricaduta occupazionale (si prevedono dai 50 ai 70 addetti) e soprattutto va nella direzione indicata dall’Europa, quella appunto dei “rifiuti zero”. Curioso il fatto che un premier giovane, riformista che si propone in totale rottura con il passato abbia definito “infrastrutture strategiche” i vecchi inceneritori anziché i poli per il riuso e il recupero dei rifiuti che giocoforza saranno il futuro. Del resto si tratta di una scelta coerente con tutto l’impianto dello Sblocca Italia che replica la vecchia ricetta clientelare all’italiana con le regalie ai concessionari autostradali, la follia dell’Alta Velocità e il via libera alle trivelle per lo sfruttamento degli idrocarburi. Territorio, ambiente e cittadini, in questo schema, non sono proprio contemplati.