Editorialista del Boston Globe: “Congratulazioni ad Al-Qaeda e ai jihadisti siriani per l’Oscar”

WHITE helmetsChi sono gli “Elmetti Bianchi” e il loro legame con il terrorismo che ha devastato la Siria ve l’abbiamo scritto qui. Sul ruolo di Hollywood e l’Oscar dato al documentario sugli Elmetti Bianchi vi abbiamo scritto ieri.

Quello che ci piace sottolineare oggi è una bella presa di posizione dell’editorialista del Boston Globe ed ex editorialista del New York Times, Stephen Kinzer, che su twitter scrive: “Congratulations to al-Qaeda and Syrian jihadists for the #Oscar given to a film about their PR outfit, the White Helmets.”. “Congratulazioni ad Al-Qaeda e ai jihadisti siriani per l’Oscar dato al film sui loro PR, gli Elmetti Bianchi”.
Notizia del: 28/02/2017

Il dispositivo Clinton per screditare Donald Trump

80_clinton-sorosma lo fanno per la democrazia, pace e bene dei cittadini di tutto il pianeta ovviamente. La terza guerra mondiale auspicata da Obama, Killary, Soros etc era senz’altro un bene vero?

Clinton & Soros dietro la campagna contro Trump
Questo articolo è un avvertimento: nel novembre 2016, un vasto sistema di agitazione e di propaganda è stato messo in campo al fine di distruggere la reputazione e l’autorità del presidente Donald Trump, non appena sarebbe arrivato alla Casa Bianca. È la prima volta che una tale campagna è scientificamente organizzata contro un Presidente degli Stati Uniti, e con tale dovizia di mezzi. Sì, stiamo davvero entrando in una era di post-verità, ma i ruoli non sono quelli che vi aspettereste.
La campagna condotta contro il nuovo presidente degli Stati Uniti dagli stessi sponsor di Barack Obama, Hillary Clinton e della distruzione del Medio Oriente allargato è in corso.
Dopo la marcia delle donne del 22 gennaio, è previsto che si tenga una marcia per la scienza non solo negli Stati Uniti, ma anche in tutto il mondo occidentale, il 22 aprile. L’obiettivo è dimostrare che Donald Trump non è solo un misogino, ma anche un oscurantista.
Il fatto che egli sia l’ex-organizzatore del concorso di Miss Universo, e che sia sposato con una modella al suo terzo matrimonio è sufficiente a quanto pare a dimostrare che disprezza le donne. Il fatto che il Presidente contesti il ruolo svolto da Barack Obama nella creazione della Borsa Climatica di Chicago (ben prima della sua presidenza) e che respinga l’idea che le perturbazioni climatiche siano causate dal rilascio di carbonio nell’atmosfera attestano il fatto che non capisce nulla di scienza.
Per convincere l’opinione pubblica statunitense della follia del Presidente – un uomo che dice di desiderare la pace con i suoi nemici, e di voler collaborare con loro per la prosperità economica universale – uno dei più grandi specialisti di agit-prop (agitazione e propaganda), David Brock, ha messo in campo un dispositivo impressionante già prima dell’investitura di Trump.
Al tempo in cui lavorava per i repubblicani, Brock lanciò contro il presidente Bill Clinton una campagna, che sarebbe poi diventata il Troopergate, la vicenda Whitewater, e il caso Lewinsky. Dopo aver voltato gabbana, è oggi al servizio di Hillary Clinton, per la quale ha già organizzato non solo la demolizione della candidatura di Mitt Romney, ma anche la sua replica nella vicenda dell’assassinio dell’ambasciatore USA a Bengasi. Durante il primo turno delle primarie, è stato Brock a dirigere gli attacchi contro Bernie Sanders. The National Review ha qualificato Brock come «un assassino di destra che è diventato un assassino di sinistra».
E ’importante ricordare che le due procedure di destituzione di un Presidente in carica, avviate dopo la seconda guerra mondiale, sono state messe in moto a vantaggio dello Stato profondo, e non certo per il bene della democrazia. Così il Watergate è stato interamente gestito da una certa «gola profonda» che, 33 anni più tardi, si è rivelato essere Mark Felt, l’assistente di J. Edgar Hoover, direttore dell’FBI. Per quanto riguarda la vicenda Lewinsky, era semplicemente un modo di forzare Bill Clinton ad accettare la guerra contro la Jugoslavia.
La campagna in corso è organizzata sottobanco da quattro associazioni:
Media Matters (“i media contano”) ha il compito di dare la caccia agli errori di Donald Trump. Leggete ogni giorno il suo bollettino nei vostri giornali: il Presidente non può essere attendibile, si è sbagliato su questo o su quel punto.
American Bridge 21st Century (“Il ponte americano del XXI secolo”) ha raccolto più di 2.000 ore di video che mostrano Donald Trump nel corso degli anni, e più di 18.000 ore di altri video dei membri del suo gabinetto. Ha a sua disposizione sofisticate attrezzature tecnologiche progettate per il Dipartimento della Difesa – e presumibilmente fuori mercato – che le consentono di cercare le contraddizioni tra le loro dichiarazioni più datate e le loro posizioni attuali. Dovrebbe arrivare a estendere il suo lavoro a 1.200 collaboratori del nuovo presidente.
Citizens for Responsibility and Ethics in Washington — CREW — (“I cittadini per la responsabilità e l’etica a Washington”) è uno studio di giuristi di alto livello con il compito di monitorare tutto ciò che potrebbe fare scandalo nell’amministrazione Trump. La maggior parte degli avvocati di questa associazione lavorano gratis, per la causa. Sono loro ad aver preparato il caso di Bob Ferguson, il procuratore generale dello stato di Washington, contro il decreto sull’immigrazione (Executive Order 13769).
Shareblue (“la condivisione blu”) è un esercito elettronico già collegato con 162 milioni di internauti negli Stati Uniti. Ha il compito di diffondere dei temi preordinati, ad esempio:
Trump è autoritario e ladro.
 
• Trump è sotto l’influenza di Vladimir Putin.
 
• Trump è una personalità debole e irascibile, è un maniaco-depressivo.
 
• Trump non è stato eletto dalla maggioranza dei cittadini degli Stati Uniti, ed è quindi illegittimo.
 
• Il suo vicepresidente, Mike Pence, è un fascista.
 
• Trump è un miliardario che sarà costantemente di fronte a conflitti di interesse tra i suoi affari personali e quelli dello Stato.
 
• Trump è un burattino dei fratelli Koch, i famosi elemosinieri dell’estrema destra.
 
• Trump è un suprematista bianco e una minaccia per le minoranze.
• L’opposizione anti-Trump continua a crescere fuori Washington.
 
• Per salvare la democrazia, cerchiamo di sostenere i parlamentari democratici che stanno attaccando Trump, e cerchiamo di demolire quelli che stanno collaborando con lui.
 
• Stessa cosa con i giornalisti.
Per rovesciare Trump ci vorrà del tempo, quindi cerchiamo di non indebolire la nostra lotta.
Questa associazione produrrà delle newsletter e video di 30 secondi. Si appoggerà ad altri due gruppi: una società che realizza video documentari, The American Independent, e una unità statistica, Benchmark Politics (ossia “politica comparativa”).
L’insieme di questo dispositivo – che è stato messo in campo durante il periodo transitorio, cioè prima dell’arrivo di Donald Trump alla Casa Bianca – dà già lavoro a oltre 300 specialisti a cui conviene aggiungere numerosi volontari. Il suo budget annuale, inizialmente previsto nella misura di 35 milioni di dollari, è stato aumentato fino a un livello di circa 100 milioni di dollari.
Distruggere l’immagine – e quindi l’autorità – del presidente degli Stati Uniti, prima che egli abbia avuto il tempo di fare alcunché, può avere gravi conseguenze. Eliminando Saddam Hussein e Muammar Gheddafi, la CIA ha fatto precipitare questi due paesi in un lungo periodo di caos, e la «terra della libertà» potrebbe gravemente soffrire da una tale operazione. Questo tipo di tecnica di manipolazione di massa non era mai stata utilizzata contro il capofila del mondo occidentale.
Per il momento, questo piano sta funzionando: nessun leader politico al mondo ha avuto il coraggio di felicitarsi dell’elezione di Donald Trump, con l’eccezione di Vladimir Putin e di Mahmud Ahmadinejad.
Mar 04, 2017
Thierry Meyssan

Il circolo PD di Washington dà la linea ai circoli italiani contro il populismo

il nuovo “ordine compagni” del Pd ha fatto ridere pure i pennivendoli della stampa…ma quanto è interessato il Pd alla partecipazione dal basso, commovente…la stampa scrive che forse nemmeno quella dall’alto interessa il Partito….ah no eh? Tipo banchieri e massoni alla De Benedetti non comandano il Pd no vero? Si chiedono i pennivendoli chi lo abbia costituito….se non “investigano” loro…ma non è che ci voglia gran fantasia per arrivarci..Ecco le “direttive” per riprendere per i fondelli la gente…Le sinistre non hanno saputo rispondere ai cambiamenti dovuti alla globalizzazione….eh già, le sinistre mica l’han sostenuta, promossa, avallata, legalizzata?
 

Pd washington

Sapevate che esiste un Circolo PD di Washington? Ebbene non solo esiste ma prende iniziative importanti, come stilare report a uso dei circoli italiani e dar vita a una Task force anti-populismo e proposte concrete per “portare il Partito Democratico a più stretto contatto con i cittadini”. Una novità non da poco.
Al tempo del PCI erano Comitato Centrale e Segreteria a dare la linea, che giù per li rami delle federazioni arrivava ai circoli territoriali sparsi sul territorio. Col PD il percorso è diventato più vago, i circoli meno attivi, fino alla loro recente quasi-dismissione con la segreteria di Matteo Renzi, poco sensibile alla partecipazione dal basso – e forse anche dall’alto. Che farsene dei circoli (e degli iscritti) se tutto viene deciso al vertice, anzi, nel ‘cerchio magico’, e le primarie sono aperte a chiunque, di destra, sinistra o centro?
Adesso, con l’incalzare dei ‘populismi’, sembra che qualcosa stia cambiando, a giudicare dalla lunga mail in arrivo dai Circoli agli iscritti e ai simpatizzanti /elettori delle primarie. Uno di loro ce l’ha girata, sorpreso dai contenuti, ma prima di tutto dalla novità di cui sopra. Ovvero dal ruolo inedito del fantomatico Circolo di Washington D.C. di cui nulla peraltro si dice nella mail. Chi lo ha costituito, e quando? Chi rappresenta? Chi ne fa parte? Mistero.
Come che sia, è da questo Circolo americano che è partita, “l’indomani della vittoria elettorale di Donald Trump”, la riscoperta delle “comunità politiche” sulle quali investire per “dar voce ai cittadini” a partire dai circoli Pd (quelli che esistono e dono ancora attivi).
 
Una novità in sé positiva, se non fosse che l’obiettivo non è tanto quello di promuovere un dibattito ampio nella base piddina sulla linea politica del partito – come suggeriva Fabrizio Barca, per intenderci – quanto la lotta al cosiddetto populismo. E che a promuovere le iniziative, si specifica, sarà la Task force Anti-Populismo che viene definita “ un gruppo di lavoro internazionale coordinato dal PD di Washington”.
La task force si è già attivata e ha prodotto un rapporto con 15 proposte da girare ai circoli PD italiani – magari anche di altri paesi europei. Si legge infatti nella prefazione: “ Il presente lavoro nasce(…) dalla constatazione che i grandi partiti democratici in Europa non stiano dando risposte soddisfacenti per rimediare ai fattori scatenanti del populismo e di conseguenza sono particolarmente vulnerabili ad effetti quali disincanto democratico, deficit di rappresentanza, disimpegno dei cittadini dalle responsabilità civiche, risentimento e frustrazione nei confronti delle élites, opposizione alle soluzioni offerte dalle istituzioni e dagli esperti, rabbia nei confronti della diversità”.
Le due cause che hanno scatenato questi malesseri secondo questa analisi hanno entrambe a che fare con la globalizzazione. Sintetizziamo:
La prima fa riferimento alla “contrapposizione nuova tra ‘perdenti’ e ‘vincenti’ della globalizzazione – non sovrapponibile alla vecchia dialettica capitale vs lavoro (…) Da qui “la difficoltà nella rappresentazione politica dei ‘perdenti’, soprattutto usando vecchie retoriche di sinistra”. Si sapeva da tempo.
Con la seconda causa si entra un po’ più nel merito, riconoscendo che “accordi internazionali in Occidente per rendere possibile la globalizzazione hanno limitato lo ‘spazio di azione’, soprattutto in Europa. “ I programmi e le politiche dei partiti principali sono diventati sempre meno distinguibili e facile bersaglio dei partiti populisti, che si fanno invece promotori di politiche radicali e percepite come potenzialmente risolutive ”.
 
Conseguenza di quella che viene chiamata ‘degenerazione populista’ è “l’intensificarsi di messaggi a sfondo razzista, xenofobo e misogino, che alimentano il malcontento per trasformarlo in arma contro determinati obiettivi. Vedi i rifugiati e migranti. Messaggi amplificati dai social “.
 
Quindi? “Prioritario è normalizzare’ il discorso politico”, viene detto . Spiegando che la ‘ strategia del terrore’ non paga – come si è visto con Brexit e Trump : non solo è inutile ma anche dannosa perché “radicalizza ulteriormente la contrapposizione élite-popolo” e fa apparire poco solide le istituzioni democratiche.
“ Il PD deve trasformarsi in grande movimento democratico … coinvolgendo gli elettori per ristabilire un rapporto di fiducia fra i cittadini e i loro rappresentanti in parlamento, nella segreteria, nei circoli. E’ questa la MISSIONE del PD, il cui successo dipende dalle politiche ma anche dal ricostituire il rapporto con le persone, guadagnando la fiducia anche dell’elettorato influenzabile dalle ideologie populiste.
Segue il nuovo approccio all’iniziativa dei Circoli, che dovranno “elaborare risposte e strategie per ‘rimediare ai fattori scatenanti del populismo”. Si tratta di rafforzare le forme di partecipazione alla vita politica e al PD; di promuovere il coinvolgimento dei cittadini nella formulazione di nuove politiche e di adottare forme di comunicazione adeguate; nonché di migliorare la capacità del PD di agire sul territorio. Un ritorno alle origini? Apparentemente, perché le modalità suggerite sono nuove, adatte ai tempi della comunicazione via web. Come lo sono già quelle di certi partiti populisti, vedi il M5S al quale si fa spesso riferimento.
 
Significativo che si chieda “formalmente all’Assemblea Nazionale di considerare le proposte contenute in questo rapporto e di sostenerle, anche con risorse finanziarie”. Segno che l’iniziativa del Circolo PD di Washington non è ancora ufficialmente adottata dal partito.
 
Le 15 proposte si suddividono in tre gruppi, considerati “i tre pilastri fondamentali” sui quali deve basarsi la partecipazione alla cosa pubblica. Sintetizziamo:
 
A. La componente digitale della comunicazione politica. Si tratta di: investire sulle tecnologie per la campagna elettorale, come già fece Obama; sviluppare forum e comunità politiche online sul modello di Rousseau , la piattaforma del M5S; garantire ai circoli servizi informatici , creando un Centro risorse, una pagina Fb e account Tw del PD; : combattere la post-verità, sviluppando un sistema efficace per verificare fatti e favorendo l’accesso e lo scambio di informazioni online; proporre con i parlamentari PD una campagna per la regolamentazione delle info che girano sui social (si fa riferimento a un blog in inglese, il cui link però non funziona); prendere spunto da tecniche di partiti populisti per aumentare le condivisioni su Fb e altri social; costruire una narrazione politica positiva, evitando gli errori commessi con Brexit e nelle elezioni Usa
bisogna focalizzarsi su alternative reali …globalizzazione e disuguaglianze non vanno date per scontate … occorrono proposte reali e concrete…Ma gli esempi si limitano a “modelli innovativi di protezione sociale e di fornitura di servizi più efficienti per i cittadini”, un nuovo welfare insomma.
B. La partecipazione attiva a livello locale e la ricerca di nuove forme di coinvolgimento sul territorio è il secondo pilastro. Vale a dire di creare nuovi luoghi di discussione a livello quartiere/paese, anche impiegando professionisti/ community managers; aiutare i circoli, fornendo loro dei vademecum di cosa sono ovvero dovrebbero essere; incentivare i buoni circoli, con premi in denaro ai meritevoli, da usare per la comunità locale; riportare piena trasparenza delle iscrizioni e delle cariche di segreteria; ricostruire il rapporto tra parlamentari e circoscrizione; prevedere ‘inviati speciali’ nelle aree difficili; utilizzare il volontariato.
 
C. Il terzo pilastro riguarda la diffusione del principio del governo aperto ( opengov),volto a rendere i processi decisionali trasparenti e partecipati, alla portata di tutti. “La retorica populista batte molto sull’opacità dei processi decisionali pubblici, tacciati di scarsa legittimità o di supposte influenze indebite da parte dei “poteri forti”, viene spiegato. La possibile risposta consiste nel diffondere il principio dell’opengov per rendere trasparenti e partecipati i processi decisionali – sia all’interno del PD sia proponendo un modello di governo aperto. E’ questa la 15ma proposta, non da poco se venisse attuata.
 
“Un tema trasversale rispetto a questi tre punti – si aggiunge – è una riforma nella gestione strategica dei circoli “ che devono diventare luoghi aperti, accoglienti, dove i cittadini trovino un vero ascolto”.
 
Le CONCLUSIONI, infine, dove si ammette apertamente che “ il metodo serve a poco senza contenuti. Constatando che “ questo rapporto ha deliberatamente evitato di entrare nel merito dell’agenda politica del PD, lasciando da parte temi caldi del dibattito quali immigrazione, crescita economica, sicurezza, lavoro”. “Il successo dei movimenti e dei leader populisti nasce anche dall’ incapacità dei partiti di centrosinistra di elaborare politiche adatte agli enormi cambiamenti che le società occidentali hanno attraversato negli ultimi decenni . Globalizzazione economica, movimenti migratori e nuove tecnologie hanno reso la società sempre più complessa. I sistemi di welfare faticano ….
 
Servono NUOVE POLITICHE insomma – anche se non può spettare ai circoli elaborali, par di capire. E però : “Siamo convinti che i problemi si risolvano meglio e più velocemente se le comunità promosse dai partiti sono unite e solidali, favorendo un clima di fiducia”.
 
“Al ‘movimento’ ed alla democrazia diretta, rispondiamo con il “partito delle comunità” e con la democrazia rappresentativa”. Una aperta SFIDA al M5S.
di Maria Grazia Bruzzonme – 29/01/2017
Fonte: La Stampa

Chi l’avrebbe mai detto! Transparency International finanziato da Soros accusa i populisti di corruzione

lobby bruxellesma per fortuna nell’Europa dei popoli, dove governano ininterrottamente partiti neoliberisti, globalizzatori, guerrafondai umanitari, cosiddetti socialisti la corruzione non sanno mica cosa sia vero? Chissà cosa ci faranno mai i 30 mila lobbisti a Bruxelles….mica per allungare mazzette… Dal FQ (dove c’è la chiara denuncia di una europarlamentare del M5S)
Secondo le stime di Corporate Europe, a Bruxelles ci sono circa 1500 lobby e 30mila lobbisti professionisti impegnati nel cercare di influenzare il percorso legislativo europeo
 
Ovvio che questa “democrazia” vada difesa dai populisti…

Transparency International – l’organizzazione con sede a Berlino i cui sondaggi sulla “corruzione percepita” non fanno altro che dimostrare come sia efficace la propaganda che dipinge certi paesi come più corrotti di altri – ha condotto uno studio secondo il quale i cosiddetti “populisti” che si aggirano per l’Europa non darebbero abbastanza garanzie di lotta alla corruzione. L’evidente faziosità di questo studio si spiega agilmente guardando alle fonti di finanziamento di questa organizzazione, tra le quali figura uno dei personaggi viventi  più pericolosi per la democrazia. Via Russia Today
Mentre le élite UE si sentono minacciate dall’attuale rivolta populista, volta a porre fine a programmi di immigrazione facile ed incontrollata ed a promuovere il nazionalismo al posto della globalizzazione, un autorevole think tank sostiene che – tenetevi forte – il populismo alimenta la corruzione.
Transparency International, ente anti-corruzione con sede a Berlino, nel suo annuale Indice di Percezione della Corruzione mette in guardia contro i presunti pericoli del populismo, quell’animale politico che di tanto in tanto si aggira fra le nazioni, come una forza della natura, per lottare contro gli eccessi di una minoranza elitista che ha perso il contatto con la realtà.
 
Il populismo è la cura sbagliata” ha dichiarato il presidente di TI Jose Ugaz, pur senza offrire ricette alternative. “Nei paesi governati da leader populisti o autocratici, si assiste spesso al declino della democrazia e ad un’inquietante frequenza di tentativi di repressione della società civile, di limitazione della libertà di espressione, e di attacchi all’indipendenza della magistratura.
 
Lungi dal combattere il capitalismo clientelare, questi leader solitamente finiscono con l’istituire sistemi ancora più corrotti” ha aggiunto Ugaz.
In tema di corruzione, l’osservatorio si improvvisa come esperto nella lettura del pensiero, asserendo che i politici populisti “non hanno intenzione di affrontare seriamente il problema [della corruzione].
Lo studio mette sotto accusa alcuni fra i politici più controversi, come Donald Trump (USA), Marine Le Pen (Francia), Jaroslw Kaczynski (Polonia) e Victor Orban (Ungheria), che  hanno scalato le classifiche di consenso popolare del loro elettorato dichiarando guerra aperta ad un establishment ormai agonizzante.
 
Transparency International lancia l’allarme su questi “truffatori” della politica, in quanto “emotivi, localisti e spesso di destra…” rilevando però nel contempo che questi indisciplinati nuovi arrivati “hanno saputo sfruttare la delusione della gente nei confronti di un ‘sistema corrotto’ e presentarsi come l’unica ‘via d’uscita’ dal circolo vizioso appena descritto…
Pur fra tutte le riflessioni dedicate ai potenziali rischi relativi ai nuovi sovversivi, lo studio vistosamente omette qualsiasi riferimento alle cause della disaffezione di così tante persone verso i soliti noti politici di carriera, che, va detto, sono colpevoli di crimini ben più gravi della semplice corruzione.
In troppi casi si è trattato di complicità in vere e proprie stragi, dai cruenti cambi di regime in posti come l’Iraq, la Libia, l’Afghanistan, alle operazioni tuttora in corso in Siria, fino alla devastazione della civiltà occidentale dovuta all’immigrazione incontrollata di profughi senza il consenso dei cittadini. Quando anche i paesi membri della NATO dovessero sentirsi in colpa per la loro diretta complicità negli omicidi seriali di intere nazioni, la soluzione non sarebbe certo costringere i loro cittadini ad accogliere sul territorio nazionale gli sfollati di queste zone di guerra.
 
Tenendo conto delle losche azioni perpetrate da numerosi paesi della NATO, tanta preoccupazione sull’alto grado di corruzione appare piuttosto esagerata e fuori luogo. A costo di scadere nel cinismo, distinguere la corruzione dalla politica equivale a distinguere l’uovo dalla gallina, e, come ci ricorda il famoso indovinello, è molto difficile dire quale dei due sia nato prima.
 
E già che siamo in tema di corruzione. Il livello di corruzione nello schieramento della Clinton, rivelato da WikiLeaks alla vigilia delle elezioni presidenziali del 2016, è semplicemente sconcertante, e dovrebbe bastare a precludere qualsiasi ramanzina sulla buona educazione da parte dei signori di Transparency International.
Tanto per iniziare, a novembre si è scoperto che la Clinton Foundation aveva ricevuto una ‘donazione’ da 1 milione di dollari dal Qatar senza informarne il Dipartimento di Stato,  violando così una convenzione che la obbligava a rendere pubbliche tutte le donazioni ricevute dall’estero. L’assegno sarebbe stato un regalo di compleanno all’ex presidente Bill Clinton nel 2011 per i suoi 65 anni. In base ad un’email pubblicata il mese scorso, sembra che ad un certo punto ci sarebbe stato un incontro fra lui ed alcuni funzionari del Qatar, ma non è chiaro se ciò sia poi realmente accaduto.
Al tempo stesso, è anche emerso che l’Arabia Saudita ed il Qatar, oltre ad elargire generose donazioni alla Clinton Foundation, stavano anche armando e finanziando i militanti dell’Islamic State. Ora ditemi se questo non è un caso di corruzione da manuale.
 
Non è dunque un caso se i populisti sono apparsi ovunque nel mondo, più o meno nello stesso momento, in risposta alla domanda di nuova leadership. Il fatto che la Francia abbia la sua versione di Donald Trump nella persona di Marine Le Pen potrebbe sorprendere solo chi non segue gli eventi internazionali, o non è adeguatamente informato in proposito.
Proprio adesso che molti politici occidentali, ed i loro partiti di appartenenza, rischiano di sparire dalla circolazione (negli stati di maggior spicco dell’UE si assiste oggi ad una feroce lotta tra le loro fila, a causa della spettacolare ascesa di politici anti-establishment di estrema destra, come Le Pen in Francia, Geert Wilders in Olanda e Frauke Petry in Germania), è alquanto sospetto che Transparency International pubblichi uno studio per mettere in guardia gli elettori contro il rischio di essere raggirati da demagoghi di destra.
Ma c’è una spiegazione molto semplice per la faziosità di questo studio, dovuta all’enorme conflitto di interesse in cui si trovano i suoi sponsor.
Dacci dentro, George!
 
Se voleste fare una ricerca di consumo su un certo prodotto, lascereste condurre il sondaggio al produttore di quel prodotto, o preferireste affidare il compito ad un organismo indipendente? Immagino sia quasi impossibile non convenire che il modo più sicuro ed affidabile sia commissionare il lavoro ad una terza parte indipendente dall’azienda. Ciò ridurrebbe drasticamente il rischio di pervenire a risultati inesatti, causati da quella cosa chiamata ‘interesse personale.’
 
E proprio in questo sta il difetto eclatante, non solo di questo studio, ma della stessa Transparency International nella sua funzione di osservatorio indipendente.
Una veloce occhiata alla sua lista di sponsor dovrebbe fugare ogni dubbio sul perché Transparency International si mostri estremamente diffidente con i politici populisti che stanno agitando le acque del potere in Europa.
Oltre a ricevere donazioni da vari governi (giusto per nominarne qualcuno, la Germania, il Regno Unito, gli Stati Uniti, l’Irlanda, l’Estonia e la Finlandia), TI è finanziata da alcuni tra i più pericolosi personaggi viventi per la democrazia, addirittura con la gentile partecipazione del finanziere e filantropo George Soros in persona.
Nella scaletta degli sponsor di TI, l’Open Society Institute (OSI) e l’Open Society Initiative for West Africa (OSIWA) si piazzano subito dopo il National Endowment for Democracy (NED), una lobby travestita da non-profit sponsorizzata dal governo americano.
Questo ne fa ovviamente l’ultima organizzazione da cui ci si potrebbe attendere un’opinione obiettiva sull’avanzata dei nuovi soggetti politici a livello mondiale. Lo stesso George Soros si è reso di fatto in larga parte responsabile per il flusso massiccio di profughi verso l’Unione europea, arrivando persino ad offrire incentivi in denaro ai rifugiati desiderosi di intraprendere il lungo e pericoloso viaggio dal Medio Oriente al continente Europeo.
Chi se ne importa se nessuno fra questi sfollati, che peraltro meritano tutta la nostra solidarietà, finirà col vivere nello stesso quartiere di Soros, il quale può comunque tranquillamente permettersi tutta la protezione personale che si rende indubbiamente necessaria quando si adottano politiche così sconsiderate. Per i comuni cittadini europei, costretti ad accogliere milioni di nuovi arrivati, con i quali non condividono le stesse preferenze religiose, sociali e culturali, né in molti casi lo stesso livello di scolarizzazione, questo esperimento sociale condotto per il capriccio di un miliardario è invece la quintessenza della dissennatezza.
Perciò non sorprende che lo studio di TI prenda di mira in particolare il Primo Ministro ungherese Victor Orban. Proprio questo mese, Szilard Nemeth, vice presidente del partito di governo Fidesz, ha dichiarato la sua intenzione di utilizzare “tutti i mezzi a disposizione” per “eliminare” le ONG finanziate dallo speculatore di origine ungherese, perché “sono al servizio del capitalismo globalizzatore ed impongono il politicamente corretto al di sopra dell’interesse nazionale.
 
Ma questo è ancora nulla in confronto al premio conferito da Transparency International nientemeno che all’ex-Segretario di Stato americano Hillary Clinton nel 2012, per “la sua attenzione verso l’importanza di rafforzare la trasparenza e contrastare la corruzione come parte integrante della politica estera USA, un premio destinato esclusivamente per questi contributi.” Va da sé che questo premio ha generato notevole scetticismo in tutto il mondo.
Il livello di conflitto di interesse di questo studio di TI è talmente spettacolare da rappresentare, come è il caso per tante altre oscure stanze del potere nell’UE di oggi, praticamente un invito all’applicazione della stessa trasparenza tanto predicata da loro.
posted by Redazione febbraio 6, 2017
di Robert Bridge, 30 gennaio 2017
Traduzione di Margherita Russo

Occhio alle “bufale”: sì, ma a quelle del sistema!

la_fabbrica_della_manipolazione-214x300Il giornalismo ufficiale di stampa e tivù da quest’anno ha fatto una sensazionale scoperta: su internet circolano troppe “bufale”!
Capita così sempre più spesso d’imbattersi in articoli e trasmissioni con l’esperto di turno che, con un fare tra l’allarmistico, lo sdegnato e l’ironico, mette in guardia il suo pubblico dalle falsità fatte circolare nella rete da autentici “furfanti”, sia per cavarne un guadagno monetario immediato sia per trarne visibilità a buon mercato e diffondere così teorie deliranti nocive per la collettività.
Un esempio di questo tipo d’accalorate prese di posizione dell’informazione di regime m’è capitato di ascoltarlo alcuni giorni fa su uno dei canali della Rai. Il giornalista, in passato già dedicatosi a rafforzare, con una rubrica “specialistica”, l’assoluta affidabilità della medicina allopatica cosiddetta “tradizionale”, adesso s’è dedicato anima e corpo a combattere le famigerate “bufale sul web”.
Un tentativo goffo come il personaggio stesso, nel quale si potevano vedere, in rapida e sempre più “terrificante” successione, tutte quelle che i media ufficiali reputano fantasie di menti deboli e/o distorte. Così, dalle scie chimiche agli alieni, da “Big Pharma” (non a caso) al NWO, in una miscela indistinta di cose vere ed evidenti fole accostate alle prime per screditarle, il tele-suddito veniva messo in guardia dai “mostri” che si annidano su internet.
Nel quale certamente sproloquiano anche parecchi imbecilli dilettanti e gente che per il semplice fatto di poter dire “la sua” su tutto non perde occasione di sparare le proverbiali cavolate, peraltro nuocendo, con la sua impreparazione, a coloro che, seriamente, svolgono (per puro spirito di servizio) un’attività d’informazione veramente chiarificatrice.
Ma la manovra, specialmente dall’inizio di questo 2017, è evidente e scoperta: demonizzare i cosiddetti “controinformatori” che, per il fatto di non avere una tribuna “autorevole” come quella di giornali e tivù, sarebbero nient’altro che un’accolita di avvinazzati adusi a spararla grossa come al bar.
La propaganda di questo sistema oramai decotto che presto si sbriciolerà assieme alle sue menzogne ha un bel dire nascondendosi dietro mezzibusti e cariatidi della “scienza” e della “cultura”. Stanno sparando le loro ultime cartucce, sempre meno letali perché c’è sempre più gente che sta mangiando la classica foglia dell’inganno globale nella quale è stata immersa per troppo tempo.
Hanno evidentemente paura. Una paura folle che il giocattolo gli si rompa tra le mani. Anzi sono terrorizzati all’idea che il potere, questo potere, si riveli per quello che realmente è: un potere satanico.
La questione delle “bufale sul web”, perciò, non ha nulla a che vedere con la tutela del quieto vivere collettivo e della stabilità mentale di chi ne verrebbe irretito (non mancano mai, tra i consulenti di simili pateracchi allarmistici, gli psichiatri che sparano sentenze sulla personalità narcisistica e patologica dei “bufalari”).
Ha invece un diretto rapporto con la natura del potere contemporaneo, che è molto, ma molto più perversa e diabolica di quanto possano pensare quelli che per decenni l’hanno identificato con delle ideologie da combattere con altre ideologie.
Tra l’altro, un segno inequivocabile di quale pasta sia fatto questo potere è la quantità abnorme e praticamente fuori controllo di menzogne che proprio l’apparato mediatico dei grandi gruppi proprietari di giornali e canali televisivi sparge a piene mani, incessantemente, su ogni questione. Se, infatti, questo potere (che manda avanti personaggi che via via “si bruciano”, come i politici) fosse una cosa sana e buona per sua natura, non si dedicherebbe con un impegno impressionante a rimpinzare le menti di tutti quanti con “notizie” ventiquattr’ore su ventiquattro, e per giunta sempre le solite, scelte e presentate sempre allo stesso modo entro i medesimi rassicuranti (per loro) quadri di riferimento.
Vogliamo dunque parlare di “bufale” diffuse da media e cultura ufficiali a partire dall’inizio dell’era cosiddetta “moderna”? Bisognerebbe partire dalla concezione dell’uomo e dell’universo che è stata costruita ad arte, allo scopo di scollegare l’essere umano stesso dalla sua Origine: non è forse proprio il Diavolo il ciarlatano per definizione?
Ma anche senza voler andare così indietro nel tempo, basti pensare a che cosa è stato messo in giro, negli ultimi vent’anni, senza che i “cacciatori di bufale” avessero mai trovato nulla da eccepire, al riguardo di quisquilie come qualche milione di morti provocato dalle guerre americane in giro per il pianeta, tutte giustificate da plateali bugie, a partire dalla madre di tutte quante, e cioè “l’attentato (islamico!) alle Torri gemelle” dell’11 settembre 2001. A distanza di una quindicina d’anni, a quella versione ufficiale spacciata come l’oracolo e che corrisponde esattamente al paradigma del “complotto” (!), oggi non crede praticamente più nemmeno la famosa casalinga di Voghera. Fa però eccezione chi deve mantenere un ruolo ed una posizione di prestigio assai remunerativa in questo sistema putrefatto.
Così come sempre più persone alzano gli occhi al cielo e si domandano (come non fanno mai certi “scienziati”) com’è possibile che del semplice “vapore acqueo”, ad una quota così bassa, possa persistere per ore, in forma di scia, in un cielo sempre più scarabocchiato in quelle che un tempo erano giornate di sole e basta. Diventerà un “complotto” anche il semplice guardare il cielo e stupirsi?
Mano a mano che “la crisi” che hanno innescato produrrà i suoi nefasti effetti, un numero sempre crescente di persone si renderà conto di inganni come quello della moneta-merce (elettronica) strutturalmente debito, come la definisce il mio amico Bogni. Un simulacro di denaro ideato al solo scopo di servire un sistema innaturale che sebbene inculchi la convinzione che “l’economia è il nostro destino” finisce per eliminare il concetto stesso di economia a favore della speculazione pura e semplice.
Avranno voglia, mentre la gente normale sgobba e paga, di raccontare che è tutta colpa degli sprechi e della “casta”: verrà il momento in cui l’unico partito o movimento che le masse dovranno seguire se non vorranno diventare completamente schiavizzate sarà quello che prenderà di petto la questione della sovranità monetaria (e dell’economia ricondotta alla sua benefica e naturale funzione).
Ma non c’è dubbio che fintantoché gli si darà ancora un barlume di credito questo sistema continuerà a raccontare, tramite “cacciatori di bufale” stipendiati, che personaggi come Auriti sono dei pazzi, dei sobillatori dell’ordine pubblico e, ça va sans dire, degli apripista di un “nuovo Fascismo” quale Male Assoluto.
Ciascuno è libero di credere a quel che vuole, s’intende. Che tutto vada bene, anzi benissimo, e che là fuori dal recinto della “cultura ufficiale” (cioè quella che ha libero accesso ai “salotti” buoni, quelli veri e propri e quelli virtuali) ci siano solo dilettantismo e paranoia. Non è nemmeno questo il punto fondamentale e non ci nascondiamo neppure il fatto che così come esistono difensori pagliacceschi e screditati dell’ordine costituito ve ne sono altri, nell’opposto campo, variamente “fissatisi” con le loro idee “alternative” ed identificati con esse ad un punto tale da farsene una malattia.
La questione – come accennavamo – concerne la natura di questo potere, che risalta qua e là, nei vari domini (religioso, politico, economico, culturale ecc.), a chi la sa cogliere affinando la propria “vista”. Il seme, si sa, si giudica dai frutti, e già il tipo umano che va sempre più diffondendosi perché adeguatosi alle “mode” incoraggiate dal potere stesso è un serio campanello d’allarme per chi sa e vuole “vedere”. Il resto è tutto una conseguenza, dai “modelli” politici, economici e culturali, invariabilmente indiscutibili quali “verità rivelate”, alle manifestazioni di un’arte moderna che si risolve sempre più nell’esatto contrario delle premesse dell’attività artistica.
Concludendo con una battuta, si potrebbe dire che tutto ciò che promana da questo potere è falso, persino la famosa “bufala”, intendendo quella vera, ovverosia la mozzarella, se con ciò si considera l’inquietante e mai vista prima diffusione delle sofisticazioni alimentari. Sopportate fintantoché non ci scappa direttamente il morto solo perché l’essere umano moderno ha barattato la quantità con la qualità, il concetto tradizionale di “salute” con quello capitalistico di “benessere”.
Più che dalle “bufale su web” non sarebbe dunque più sensato stare in guardia da quelle che il sistema stesso ci propina a tavola e, soprattutto,  instilla capillarmente nelle menti e nei cuori di tutti noi?
di Enrico Galoppini – 27/01/2017 – Fonte: Il Discrimine

Arriva anche in Europa il film anti-vaccini bloccato in Parlamento in Italia

vaxxednei paesi civili e democratici si applica la censura per difenderci dai bruti che diffondono fake news, lo fanno per noi, ci proteggono. Meno male che la censura c’è…..la censura politically correct per il nostro bene, come le guerre umanitarie.


Arriva anche in Europa il film anti-vaccini bloccato in Parlamento in Italia
Il ministro della Salute Lorenzin scrive una lettera di protesta al presidente del Parlamento europeo: «Iniziativa particolarmente dannosa»«Abbiamo recentemente appreso che per il prossimo 9 febbraio è stata programmata a Bruxelles l’iniziativa «Vaccine – Safety in question´ presso il Parlamento Europeo. Da quanto riportato risulta prevista la proiezione della pellicola `Vaxxed – from cover-up to catastrophe´. All’iniziativa prenderanno parte noti attivisti del fronte anti-vaccinazioni, sulla cui reputazione la comunità scientifica ha da tempo espresso una valutazione inequivocabile, accompagnata dall’adozione di provvedimenti formali da parte delle autorità competenti».
È la protesta del ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, contenuta in una lettera inviata al presidente del Parlamento europeo, Antonio Tajani. «Ritengo l’iniziativa particolarmente dannosa – continua la missiva – poiché punta a guadagnare una ribalta europea per posizioni settarie e destituite da ogni fondamento scientifico, che già sono state respinte energicamente a livello nazionale. I contenuti ideologici che saranno veicolati rischiano altresì di essere altamente insidiosi per le politiche di sanità pubblica, con effetti potenzialmente molto negativi su componenti dell’opinione pubblica europea».
«Il Governo italiano è particolarmente impegnato su questo tema, che io stessa tratterò nel corso di un imminente incontro già programmato con il Commissario europeo alla salute. Le chiedo pertanto una ferma e autorevole presa di posizione nei confronti dell’evento, allo scopo di ristabilire i corretti termini della situazione e di evidenziare i pericoli determinati dalla diffusione di messaggi di tale gravità», conclude Lorenzin.
Pubblicato il 07/02/2017
Ultima modifica il 07/02/2017 alle ore 18:21

Il principe, la Cia e il terrorismo

clinton saudiDue giorni fa, il neo-nominato direttore della Cia, Mike Pompeo, già diplomato all’accademia militare di West Point, industriale dell’aerospazio e rappresentante repubblicano per lo Stato del Kansas, è volato fino in Arabia Saudita per consegnare a Mohammed bin Naief, principe ereditario del regno saudita e ministro degli Interni, una medaglia quale riconoscimento per il lavoro svolto contro il terrorismo e per la pace e la stabilità internazionale.
È più che probabile che il riconoscimento al principe sia stato deciso dalla precedente amministrazione, quella Obama-Kerry, e che l’amministrazione entrante, quella Trump-Tillerson (il nuovo segretario di Stato), non abbia potuto e/o voluto annullarlo. Comunque sia, è un bruttissimo segno. Perché il principe Mohammed bin Naief non solo non è impegnato contro il terrorismo e per la pace ma, al contrario, è uno dei principali promotori del terrorismo e della guerra, come ben sanno non solo tutti i politici ma anche tutti coloro che si occupano di questi temi con un minimo di serietà.
Trump, Tillerson e Pompeo sono nuovi nei rispettivi incarichi ma il principe no. E in ogni caso, questi sono andati al potere promettendo di seguire nella lotta contro l’Isis una linea ben diversa da quella dei loro predecessori. Il duo Obama-Clinton aveva perfetta coscienza dei traffici dell’Arabia Saudita con il terrorismo, tanto che la Clinton il 30 dicembre 2009 già scriveva (in una delle mail poi rivelate da WikiLeaks nel 2010) che “l’Arabia Saudita resta una base decisiva di supporto finanziario per Al Qaeda, i talebani, Lashkar-e-Taiba e altri gruppi terroristici… è una sfida senza fine convincere le autorità saudite ad affrontare il finanziamento ai terroristi che nasce nel loro Paese” (documento che WikiLeaks ha catalogato con il numero 131801).
Con la tipica ambiguità dell’era Obama, pochi mesi dopo la redazione di quel documento, la Casa Bianca autorizzò la vendita all’Arabia Saudita di una fornitura di armi di ogni genere per un valore di 62 miliardi di dollari. Ma anche durante la campagna elettorale per la presidenza, nel 2016, la Clinton e suoi continuarono a discutere del ruolo dell’Arabia Saudita nel sostegno al terrorismo. Tanto che nel rispondere a una delle mail di John Podesta (capo della sua campagna), la Clinton scriveva: “…Dobbiamo tornare ai nostri piani per fornire equipaggiamenti all’Esercito libero siriano e ad altri gruppi di ribelli moderati…e mentre questa operazione militare procede dobbiamo usare i nostri strumenti diplomatici e quelli tradizionali di intelligence per premere sui Governi di Arabia Saudita e Qatar che continuano a fornire aiuti finanziari e logistici clandestini all’Isis e ad altri gruppi radicali sunniti” (si veda l’originale in questo sito).
Non c’è quindi alcun dubbio sul fatto che il principe saudita (e ministro dell’Interno) Mohammed bin Naief (lo stesso che nel marzo 2016 ebbe da Francois Hollande la Legion d’Onore, con relative polemiche) sia un sostenitore del terrorismo stragista dell’Isis. Trump lo sa e infatti per tutta la campagna elettorale ha criticato (giustamente) i legami, anche finanziari, tra la Clinton e gli ambienti che ruotano intorno alla casa reale saudita.
Quindi, delle due l’una. O Trump ha ereditato questa porcheria della medaglia al principe da Barack Obama e non ha potuto fare marcia indietro. Oppure è un’iniziativa sua, una porcheria sua. La sua politica non è diversa da quella di Obama e per il Medio Oriente si preparano tempi cupi come quelli del recente passato.
di Fulvio Scaglione – 12/02/2017
Fonte: Fulvio Scaglione

Udo Ulfkotte è morto. A 56 anni. Aveva rivelato che giornalisti sono “comprati” dalla Cia. I colleghi esultano.

udo-ulfkotteUdo Ulfkotte  è morto, improvvisamente, dicono di attacco cardiaco.  Aveva 56 a  anni.
Ulfkotte era il giornalista, che, dopo aver lavorato  al Frankgfurter Allgemeine Zeitung, rivelò come lui ed altre “firme”   fossero al soldo dei servizi americani.. Il suo libro, “Giornalisti Comprati” (2014), descrive i metodi con cui la Cia imbecca, istruisce, paga (fino a 20 mila dollari) giornalisti  tedeschi ma anche italiani  perché scrivano articoli favorevoli alle politiche americane.
«Prima di tutto» ha raccontato  «è necessario rendere autorevole il giornalista a libro paga, facendo riportare i suoi articoli, dandogli copertura internazionale e premiando i suoi libri. Molti premi letterari non sono che premi alla fedeltà  propagandistica  [..] In occasione della  crisi libica del 2011, ha raccontato di come fu  imbeccato dai servizi germanici perché annunciasse sul suo giornale, come fosse un fatto assodato, che Gheddafi  era in possesso di armi chimiche ed era pronto ad usarle contro   il suo popolo inerme. […] Se invece si trasgredisce la linea filoatlantica le conseguenze sono altrettanto note, ovvero la perdita del lavoro, il triste isolamento professionale, fino alle minacce dirette e alle persecuzioni (lui stesso sostiene di aver subito sei perquisizioni nella sua abitazione con l’accusa di aver rivelato segreti di stato)”.
(Marcello D’Addabbo – ladagadinchiostro.com).
Insomma è stato il primo a rendere pubblico il fatto che i media scrivono “fake news” (notizie false)  a pagamento.  Oggi  sono i media ad accusare i social di diffondere notizie false.
Dopo essere stato bollato come pazzo dal suo ex giornale, la FAZ, Udo Ulfkotte ha preso posizioni di veemente denuncia di Angela Merkel,  della sua  gestione dell’euro,  e della sua politica di “accoglienza” di centinaia di migliaia di islamici.   “Die Asyl  Industrie”, “Mekka Deutschland”  sono i titoli dei suoi più recenti saggi.
Può essere stato ucciso?
Un  suo corrispondente, l’informatico e autore di blog alternativo Hadmuth Danisch, riferisce di una mail di Udo;   stava cercando  anche da lui se aveva   informazioni sulle violazioni della Costituzione da parte della Cancelliera, e si stupiva di non trovare nulla o quasi.  La mail è del 10 gennaio:
“Domanda a tutto tondo:  tranne il libro di testo dal professor Otto Depp Heuer ( “Lo stato della crisi dei rifugiati”) sono state altre pubblicazioni su Angela Merkel e il loro sistematiche violazioni di legge dal suo insediamento? ì Voglio dire:  Atomausstieg (?) , salvataggio delle banche, apertura delle frontiere, violazioni di Lisbona, Maastricht, Dublino, Schengen, ecc … Chi conosce  un buon lavoro-up professionali di illegalità  ? Non intendo trattati di psicologi sulla malattia mentale  del leader amato  che si suppone tanto amato, non biografie di Angela Merkel – in realtà solo illegalità e letteratura profonda … Sì, lo so, c’è Di Fabio, ma altri?”.   Udo di Fabio qui citato  è  un giurista importrante, che è stato giudice della Corte costituzionale tedesca  fino al 2011, e  che ha scritto un saggio  in cui descrive Angela Merkel “spaccatrice della Costituzione” (Verfassungsbrecherin)
Danisch ammette di aver risposto distrattamente (“Non è il mio campo e  ho i guai miei…”. Il 12, ha ricevuto un’altra mail da Ulfkotte:Data: Giovedì, 12 Gennaio 2017 21:58:12 +0100Da: Udo Ulfkotte <udo@ulfkotte.de>A: ‘Hadmut Danisch’ <hadmut@danisch.de>Oggetto: Re: Richiesta di Udo Ulfkotte
…centinaia di migliaia, forse milioni di persone discutono di possibili violazioni legali di Angela Merkel, e non c’è altro che un  singolo opuscolo  (edito  dal  Professor Otto Depenheuer)  con  brevi testi di alcuni docenti.  In che paese viviamo? Non una tesi di dottorato, non  saggi specialistici eccetera.  Se vuoi conoscere   dal punto di vista giuridico quali leggi specificamente la Merkel abbialo infranto – perché non c’è dubbio che ne ha violate  – non trovi NIENTE. Perché?”.
24 ore dopo era morto. Mmmm, commenta Danisch.
Effettivamente, quando si cercano informazioni sul web  su temi  seriamente critici di german-journalists-si-rallegranoAngela, non viene fuori praticamente nulla. “Not Found”; “Error”, eccetera. Dicono che Ulfkotte avesse già avuto tre infarti.   Fatto sta che trovo  questa notizia: “Ahahahah! Esultanza fra i gironalisti tedeschi per la morte del loro collega critico dell’immigrazione”. “Udo Ulfkotte è morto! Brindiamo!”
15 gennaio 2017

La stretta di Trump sull’immigrazione? Chiedete a Obama

Usaimm 2I sette paesi elencati nell’ordine esecutivo del presidente sono esattamente quelli usciti da una selezione fatta in due tempi dall’amministrazione precedente

Espulsioni immigrati USA

Il muro di Trump? Ask Obama. In preda alle convulsioni, i leoni e le pantere da tastiera ieri chiedevano con un tono da caccia alle streghe: come mai Trump ha scelto quei sette paesi?  Come mai eh? Perché non c’è l’Arabia Saudita? E chi ha deciso quella lista? Nel frastuono degli scolapasta che crollavano miseramente dalla testa degli intelligenti a prescindere, s’è levata una risposta: “Ask Obama”.

I sette paesi elencati nell’ordine esecutivo del presidente Trump sono esattamente quelli usciti da una selezione fatta in due tempi dall’amministrazione Obama durante l’attuazione del Terrorist Travel Prevention Act nel 2015 e nel 2016. So, boys, ask Obama.

Ma i fatti sono del tutto irrilevanti in questa storia, l’isteria liberal domina la scena, i giornali fanno la ola, le televisioni ci inzuppano il biscotto e via così in uno show dove i fatti sono del tutto secondari. Fu lo stesso Obama nel 2011 a fermare gli ingressi di rifugiati dall’Iraq in attesa di una revisione delle misure di sicurezza. Dettagli. E d’altronde il numero di rifugiati siriani accolto dall’amministrazione Obama dice tutto sulla lungimiranza con cui fu affrontato il problema dalla Casa Bianca. Ecco l’accoglienza riservata ai siriani dal 2011 al 2016 da parte del governo guidato dal premio nobel per la pace:

Obama dal 2011 al 2015 ha accolto in totale 1.883 profughi siriani, una stratosferica media di 305 all’anno.

Nel 2016, dopo aver fallito la guerra in Siria e spostato la proxy war clintoniana in archivio, preso dai sensi di colpa, dopo 5 anni di guerra, 400 mila morti, 4 milioni di rifugiati, Obama alza il tetto per i siriani alla stellare cifra di 13 mila unità, il totale fa circa 15 mila.

Di fronte a un impegno umanitario di così grande portata, con quel retroterra, i democratici oggi fanno piangere la statua della libertà per le decisioni dell’amministrazione Trump. Il premio faccia di bronzo è vinto a tavolino. I numeri, i fatti, le cifre, la realtà sono un incidente di percorso sulla via dello storytelling e dello spin sulle masse prive di neuroni.

E’ la solita storia, quella della mostrificazione dell’avversario: durante la campagna presidenziale, quando Trump disse di voler espellere 3 milioni di clandestini dagli Stati Uniti, si sollevò la voce vibrante d’indignazione del Coro del Progresso per dire che no, non si doveva fare, e The Donald era un pericolo per l’umanità.

Anche in quel caso nessuno si prese cura di dare un’occhiata alle espulsioni dell’era Obama. Le pubblicammo su List, rieccole, la fonte è la Homeland Security:

Calcolatrice: 359,795+391,438+381,962+386,423+417,268+435,498+414,481 = 2.786.865

Obama ha espulso quasi tre milioni di clandestini e manca ancora il conteggio del biennio 2015-2016 che farà schizzare il dato ben oltre le dichiarazioni roboanti dell’allora candidato repubblicano. Il programma sull’immigrazione di Trump era (è) inadeguato rispetto agli standard democratici.

Trump dovrebbe mandare a casa il suo capo della comunicazione e una serie di funzionari che non hanno dato istruzioni chiare per attuare il suo provvedimento sull’immigrazione. Il suo sbarramento di ordini esecutivi è legale, coerente con il suo programma elettorale, ma l’esecuzione mostra i limiti dettati dalla fretta di plasmare da subito la sua amministrazione nei primi cento giorni di governo. Rallentare

Giornali italiani. Il coro replica l’esibizione sui quotidiani. Un mondo a una dimensione, o quasi. Il primo caffè della giornata va giù con la lettura del Corriere della Sera: “Rivolta contro il bando di Trump”.

Repubblica sbriga la pratica così: “Trump solo contro tutti”. La Stampa non ci casca, punta saggiamente l’apertura sulle primarie dei socialisti in Francia (ha vinto la sinistra radicale, ragazzi), ma il titolo è sempre quello: “Immigrazione, rivolta contro Trump”.

Il caffè ar vetro e Il Messaggero non portano nulla di nuovo: “Migranti, un muro anti-Trump”. Il Giornale esce dal coro, ma sempre di mattoni si parla: “Muro buonista contro Trump”. Il Mattino fa lo stesso titolo del Messaggero: “Immigrati, rivolta anti-Trump”. Il Gazzettino imita il Mattino: “Stop ai migranti, rivolta anti-Trump”. Il Secolo XIX fa un titolo da assemblea sindacale: “Immigrati, mobilitazione contro Trump”. Carlino-Nazione-Giorno entrano nella fase generale Custer a Little Big Horn: “Rifugiati, Trump assediato”. Hanno impaginato e titolato il cuore grande dell’uomo europeo, quello che oggi protesta contro Trump e ieri ha staccato un assegno da tre miliardi di euro in favore di quel sincero democratico di Erdogan per fare il lavoro sporco alla frontiera con la Siria. Dettagli.

 di Mario Sechi – 31/01/2017 – Fonte: Il Foglio

http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=58222

Putin avverte di un prossimo colpo di Stato contro Trump

Donald-Trump-3Due polemici giornali dell’establishment USA titolano senza sottefugi l’intenzione di Trump, già istallatosi come 45° prersidente degli USA. Il Washinbgton Post (WP) titola “Il presidente promette di togliere il potere alle elites di Washington e collocare gli USA per primi, oltre a voler mettere fine al massacro sociale statunitense, con riferimento alla disoccupazione della classe media spodestata.
Più angustiato il New York Times (NYT) titola: Trump rinuncia alla classe politica del paese e subtitola “Il Presidente qualifica l’establishment come sporco e corrotto”: e non è forse questa la verità?
Paul Craig Roberts (PCR) –ex assistente e segretario del Tesoro di Reagan, editore associato del Wall Street Journal ( WSJ) e autore di tre importanti libri: “La minaccia dei neocons all’ ordine mondiale”; Come si sono  persi gli  USA e “Il Fallimento   del capitalismo neoliberal”– si scaglia sul  suo portale  contro  i  due  portavoce dell’ establishment, il WP e il  NYT, scettici  sul   discorso di Trump e  sul  “forte attacco al rapace e  inmorael establish-ment governante. Vedi: Paul Craig Roberts
Trump ha promesso di governare con i cittadini abbandonati dall’establishment, con coloro con cui si collegherà mediante i suoi twits: una mescolanza insolita di plutocrazia con la oclocrazia (predominio delle masse) ! Lo stesso Obama, prima di congedarsi, ha consigliato di non sottovalutare (sic) questo tipo, uno che si collega molto bene con i suoi seguaci e che vuole rappresentare il candidato del cambiamento.
Obama ha lasciato in eredità tanto il caos globale come un paese diviso dove si prospetta una impensabile guerra dei sessi tra i suprematisti bianchi  “machos”, WASP (white, anglosaxon, protestant), devoti a Trump, e la marcia impattante di mezzo milione di donne a Washington, sospinti da Hollywood, all’unisono con altre 600 marce  affratellate nel resto degli USA e nel mondo.
Gli Stati Uniti sono un paese diviso, secondo The Hill. Rimane  descritto in sintesi: gli USA sono un paese severamente fratturato a tutti i livelli.
Perfino al livello teologico si manifesta questa frattura tettonica degli USA, in una franca decadenza interna e globale: uno dei predicatori della stessa messa, precedente al giuramento di Trump,  è stato Robert Jeffres, cristiano battista del sud che ha condannatol’Islam ed il mormonismo (i cui seguaci abbondano nella CIA), il quale ha eslcamato che “Dio non è contro l’edificazione dei muri”.
Per P.C. Roberts, l’arrivo di Trump costituisce una dichiarazione di guerra, molto più pericolosa per lui che non se avesse dichiarato guerra contro la Russia o la Cina. Roberts commenta che non esiste dubbio che Trump si è trasformato in un obiettivo di assassinio (sic) fino a quando la CIA non finirà con l’ arrendersi o con l’ allontanarsi (dal potere).
In aggiunta al conosciuto budget ufficiale dei 50 mila milioni di dollari all’anno, P.C.Roberts, che era stato al corrente delle nascoste fonti finanziarie del Minotauro statunitense, rivela che la CIA è una organizzazione globale. I suoi lucrativi affari le fanno derivare entrate indipendenti dal budget degli USA ed è in grado di svolgere operazioni in modo indipendente dal presidente e ancora del suo stesso direttore, quando la CIA aveva una storia di più di 70 anni, sempre trincerata nei suoi segreti senza mai essere scomparsa.
SALTILLO, COAHUILA, 19NOVIEMBRE2012.-  Esta tarde se registró un enfrentamiento entre elementos policiacos y un grupo de delincuentes, lo cual activó la alerta roja, dejando como saldo dos delincuentes abatidos, uno detenido y un elemento policiaco herido. FOTO: CUARTOSCURO.COM

SALTILLO, COAHUILA, 19NOVIEMBRE2012.-
Esta tarde se registró un enfrentamiento entre elementos policiacos y un grupo de delincuentes, lo cual activó la alerta roja, dejando como saldo dos delincuentes abatidos, uno detenido y un elemento policiaco herido.
FOTO: CUARTOSCURO.COM

Sicari addestrati dalla CIA in Messico
Sembra chiaro che si è scatenata una guerra sotterranea tra il Pentagono e la CIA, mentre Trump ha aperto molti fronti, contemporaneamente, contro gli onnipotenti rivali: contro le due dinastie liquidate, quella dei Bush e quella dei Clinton, oltre ad Obama; contro la CIA; contro Hollywood; contro i multimedia, in particolare la CNN; contro il megaspeculatore fomentatore del caos globale George Soros, ecc..
Io, personalmente  avevo avvisato che è in pericolo la vita di Trump, come ha sostenuto successivamente anche il parlamentare britannico George Gallloway, il quale mette in allerta “che la CIA sta preparando l’assassinio di Trump”.
Prima di partire, l’ex direttore della CIA John Brennan ha lanciato un avvertimento (di stile mafioso) a Trump di “misurare le sue parole”, e lo ha criticato per non comprendere la minaccia della Russia agli USA.
Lo zar Vlady Putin ha messo in guardia da un possibile golpe silenzioso, come accaduto in Ucraina nella piazza Maidan di Kiev, contro Trump che ha coalizzato a “Tiro e Troiani” dell’onnipotente establishment, oggetto di disprezzo e rabbia popolare. Non lo dice uno chiunque , ma lo dice uno zar russo, che dispone di informazioni privilegiate.
A giudizio di Putin, tutta la lasciva campagna russofobica cerca di delegittimare Trump con gli stessi metodi nello stile Maidan, utilizzato nel 2014 in Ucraina, dove fu deposto il presidente legittimamente eletto Yanukovich, in un golpe presumibilmente orchestrato dallo spionaggio statunitense e dal suo Dipartimento di Stato.
Per Putin, le persone  che fabbricano false notizie contro Trump, che le preconfezionano e le utilizzano in una battaglia politica, sono peggiori delle prostitute (sic) perchè non hanno alcun limite morale.
Un altro obiettivo, secondo Putin, della mania russofobica, è quella di bloccare le mani preventivamente allo stesso Trump, per evitare che possa migliorare le relazioni tra gli USA e la Russia, quando il cambiamento di paradigma pregiudicherebbe interessi fossilizzati. Se non accade nulla di eclatante nei giorni prossimi, Putin si prepara a chiamare Trump.
Il nuovo leader della minoranza (Partito Democratico), il polemico Charles Schumer, intimo dei Clinton e dei Soros, ha commentato che “la comunità di spionaggio disponeva di “sei modalità di riscuotere” le sue fatture contro Trump.
Il confronto è molto intenso e profondo, con intonazioni da guerra civile, anche non ci si azzarda a pronunciare questa con il suo vero nome.
Nello scongelato Forum Economico Mondiale di Davos (controllato da Soros), l’uscente segretario di Stato, John Kerry, ha predetto che Trump durerà al massimo “uno o due anni”, o quello che sarà.
Zero Hedge aggiunge che nessun presidente, dai tempi di John F. Kennedy, si era azzardato ad affrontare la CIA, che può scegliere di agire con misure di rappresaglia.
L’establishment cerca di dilegittimare, al prezzo che sia- come il sordido libercolo predisposto dall’M16 e triangolato dai nemici di Trump nel Partito Democratico e nel settore sorosiano del Partito Repubblicano con il super falco senatore John McCain-, si solleverebbe il tentativo di spodestare Trump per ottenere questo attraverso un minaccioso impeachment legislativo o interamente, con la sua liquidazione fisica, come ha reclamato uno “pseudofascista” con maschera da ideologo culturale, della doppia fonte di disinformazione Televisa/Univision.
L’avvenimento dell’inizio dell’era di Trump costituisce un cambiamento tettonico di paradigma con ripercussioni a livello regionale (con il Messico) e globali (con Cina ed Europa).
Il conservatore cattolico Pat Buchanan, un prominente advisor dell’ex presidente Nixon, Ford e Reagan, sentenzia che, con Trump, arriva l’avvenimento di una nuova era, la cui caratteristica è il patriottismo economico e l’etnonazionalismo (sic), che è in ascesa in tutte le parti del mondo.
Per Pat Buchanan, il vero pericolo per gli USA viene dal sud del pianeta, dove abbondano i migranti giovani.
La nuova era è un enigma: inizierà Trump il suo volo domestico e geostrategico o sarà brutalmente trattenuto dall’establishment degli USA ancora oggi onnipotente e impunito per i suoi crimini?
Fonte: La Jornada Gen 23, 2017 di   Alfredo Jalife Rahme
Traduzione: Luciano Lago