Confermato: gli Emirati Arabi finanziano il traffico umano per fare pressione sull’Europa


Feb 07, 2018
 
Migranti nei centri in Libia
 
Un alto funzionario dell’Ufficio di Immigrazione della Libia ha informato questo martedì che gli Emirati Arabi Uniti (EAU) sostengono e finanziano il traffico umano di migranti dall’Africa verso l’Europa per utilizzare queste persone come strumento di pressione contro i paesi europei a proprio beneficio.
 
Senza entrare in dettagli il funzionario ha riferito chegli Emirati Arabi Uniti non hanno una stretta relazione diretta con i commercianti e trafficanti ma offrono soltanto appoggio finanziario al traffico umano per motivi politici”.
L’ufficiale libico, che ha voluto mantenere l’anonimato, basa le sue accuse sulle testimonianze rilasciate dai migranti che si trovano nel centro per i rifugiati alloggiati ion Libia, ed ha precisato che gli Emirati stanno equipaggiando i trafficanti con nuovi veicoli in grado di muioversi agevolmente in aree desertiche, li riforniscono di armi ed aiutano i principali trafficanti a fuggire dopo aver portato a termine i loro viaggi.
Migranti in arrivo su coste italiane
 
Circa le motivazioni che spingono Abi Dabi a sostenere questo traffico, la fonte assicura che si tratta di motivazioni politiche, presumendo che gli emirati promuovono le migrazioni di cittadini africani verso l’Europa per utilizzrli come leva di pressione contro i paesi europei e materializzare così i propri obiettivi politici. E’ noto che gli Emirati sono un paese satellite dell’Arabia Saudita e che questa potenza favorisce l’emigrazione di grandi masse islamiche verso l’Europa dove sono in azione gli iman, formati in Arabia Saudita, per diffondere l’ideologia religiosa wahabita e salafita che è quella vigente a Rijad e nei paesi del Golfo.
Tuttavia lo stesso funzionario spiega che gli Emirati non sono il solo paese implicato nel traffico umano, visto che tale traffico è agevolato anche da gruppi che si trovano in Libia, da altre organizzazioni che sono nel Sudan e nella Nigeria, per quanto le motivazioni di alcuni e di altri non sono le medesime. Allo stesso tempo il funzionario ha segnalato che tra i favoreggiatori e complici del traffico ci sarebbe anche una influente tribù dell’Eritrea.
 
L’Europa, dal Gennaio del 2015, assiste ad un massiccio afflusso di migranti dai paesi africani e dal Medio Oriente, la maggioranza dei quali mettono a rischio la loro vita attraversando il mare dalla Libia verso le coste dell’Italia. Un numero imprecisato di questi migranti ha perso la vita durante il trasferimento in mare.
 
Vari gruppi di difensori dei Diritti Umani, come Amnesty International, hanno criticato la gestione di questo fenomeno fatta dall’Unione Europea.
Fonte: Hispantv
Traduzione: Luciano Lago

“Perché chiede elezioni in Siria e non nel suo paese?”. La risposta dell’Ambasciatore saudita all’Onu non ha prezzo

saudi election illegalil mondo occidentale, Onu, Ongs, i democratici moralmente superiori però non si indigano né si premurano di organizzare proteste e sit in per liberare i sauditi dai loro aguzzini

Pubblicato da Mr Propagande
Quando poni la domanda all’ambasciatore saudita alle Nazioni Unite sul perché egli chieda elezioni libere in Siria ma non nel suo paese.
“Perché è d’accordo con un governo eletto in Siria, ma non per un governo eletto in Arabia Saudita?”
Risposta: “Le persone in Arabia Saudita stanno bene con questo sistema di governo”.
Quando il giornalista ha chiesto come possa essere a conoscenza di questo benessere, tenuto conto che la legge vieta un cambio di governo, l’ambasciatore gli ha suggerito di andare a chiedere alla gente in forma anonima, e il giornalista ha risposto che questo è proprio il principio delle elezioni.
 
(Traduzione Stefano Alletti)
Notizia del: 26/04/2017

Francia: vendita di 445 milioni di armi all’Arabia Saudita per bombardare lo Yemen

bambini, yemeniti, sempre musulmani ma non sono vittime di un nemico degli Usa. L’indignazione non è permessa. Il compagno Hollande contribuisce alla causa dello sterminio dei musulmani yemeniti. E’ cosa giusta in quanto politically correct.

 
Bambini fra le rovine in Yemen
 
PARIGI (Pars Today Italian) – Il presidente francese Francois Hollande ha approvato la vendita di armi all’Arabia Saudita, intenta all’aggressione dello Yemen.
Secondo il sito del settimanale Le Point, lunedi Hollande ha emesso l’ordine di vendita di 455 milioni di euro di armi alla monarchia saudita, che dal 26 marzo 2015 a questa parte ha ucciso oltre 14 mila yemeniti, quasi totalmente civili, proprio grazie alle armi ed alle bombe acquistate dalle potenze occidentali.
La Francia, nel 2016, ha ricevuto ordini militari per un ammontare di 20 miliardi di euro, un qualcosa che ha suscitato proteste anche all’interno della nazione.
NotaFrancois Hollande, il presidente socialista che si erge spesso e volentieri a garante dei “diritti umani” e che sale sul piedistallo per dare lezioni a quelli che lui (e l’Occidente) considera “dittatori” da Valdimir Putin a Bashar Al-Assad, ancora una volta si distingue per la sua colossale ipocrisia.
La Francia di Hollande si dimostra come sempre alleata e complice dell’Arabia Saudita, il paese governato dalla Monarchia dei Saud, che sta attualmente conducendo, assieme agli Stati Uniti e con la complicità di altri paesi europei, una campagna di bombardamenti indiscriminati contro la popolazione indifesa dello Yemen, il più povero paese del Medio Oriente.
La Francia fornisce le bombe e gli armamenti, garantendosi mega contratti con i sauditi, indifferente al fatto che quelle bombe e quegli armamenti vengono impiegati per bombardare le case, le scuole, i mercati e persino gli ospedali nello Yemen dove sauditi e statunitensi stanno attuando quella che si può ben definire una “macelleria messicana”. Uno sterminio della popolazione civile che, oltre ai bombardamenti, deve subire un blocco aereo navale che sta portando la popolazione letteralmente alla fame con circa 5 milioni di persone, in maggioranza donne e bambini, che sono sull’orlo della morte per inedia, privi di alimenti, di medicinali e di acqua potabile.
 
Un disastro umanitario, denunciato anche dall’ONU, di grandi proprorzioni e totalmente ignorato dai media, stampa e TV occidentali. Non ci sono le organizzazioni come “Amnesty International” o “Human Right Wath”, quelle che lanciavano grandi appelli per i bombardamenti russi/siriani su Aleppo est, non ci sono servizi sulle TV europee sul dramma che vive la popolazione yemenita, come avveniva invece quando si volevano “salvare” i civili di Aleppo, mentre in realtà si volevano salvare i mercenari armati dall’Occidente e dall’Arabia Saudita che erano rimasti intrappolati nei quertieri est della città.
Ospedale nello Yemen bombardato dall’Arabia Saudita
Per lo Yemen e le sue vittime civili non si leva una voce, sembra si tratti di vittime di serie C per l’Occidente, mentre si sta completando il massacro con la complicità di tutti i leaders occidentali, incluso il nuovo presidente USA che continua tutte le guerre iniziate dal suo predecessore.
 
Di una cosa possiamo però essere sicuri: come spesso accade nella Storia, il sangue dei vinti ricadrà un giorno su tutti quelli che sono stati complici e che hanno chiuso gli occhi davanti alla strage della popolazione yemenita.
 
Fonte: Pars Today Nota di Luciano Lago Mar 21, 2017

Il Presidente egiziano Al Sisi: “non lasceremo la Siria nelle mani dei terroristi”

Abdel Fatah al-Sisi meets Vladmir Putin 13/2/14un altro mostro dittatore sanguinario. Ergo= non è un suddito USA per giunta ha avviato una collaborazione militare con la Russia…..


Il Presidente egiziano Abdel Fatah al-Sisi, in una conferenza stampa al Cairo, in presenza delle Merkel, ha dichiarato che il suo paese si trova al fianco della Siria nella lotta contro il terrorismo che si è venuto scatenando nel paese da circa sei anni.
Parlando dell’atteggiamento dell’Egitto riguardo la crisi in Siria, Al Sisi ha ribadito che ” l’Egitto vuole una Siria unita ed un accordo politico per risolvere la crisi e la ricostruzione della Siria. Non vogliamo abbandonare il popolo siriano nelle mani dei terroristi “. Queste dichiarazioni sono state fatte nel corso della conferenza congiunta tenuta da Al Sisi e dalla Merkel ad el Cairo, capitale egiziana.
Il leader egiziano ha esortato a prendere una posizione chiara e determinata di fronte ai patrocinatori del terrorismo in Medio Oriente.
Al Sisi ha sottolineato che i conflitti regionali pregiudicano l’Europa e tutto il mondo ed ha richiesto sforzi comuni per sradicare il terrorismo e trovare soluzioni politiche per i paesi in crisi, in particolare per la Siria e la Libia.
Da parte sua la Merkel ha espresso il suo appoggio all’Egitto per ospitare circa 500.000 rifugiati siriani e per l’intenzione di contribuire ad una soluzione politica della crisi.
Di recente l’Egitto ha manifestato il suo appoggio al presidente siriano, Bashar al-Assad, per la sua lotta contro le organizzazioni terroristiche dei  takfiri e questo ha molestato l’Arabia Saudita che ha tagliato il sostegno finanziario che forniva al Cairo.
Il Governo di Al-Sisi aveva fortemente irritato i monarchi sauditi quando, lo scorso mese di Ottobre , aveva preso posizione per la Russia in sede di Consiglio di Sicurezza dell’ONU per affossare una risoluzione contro la Siria presentata da Francia e Spagna.
Dopo questo voto l’Arabia Saudita ha tagliato le forniture di petrolio  all’Egitto  da parte dell’ Aramco, la compagnia petrolifera saudita, al fine di aumentare la pressione finanziaria sulla Siria.
Nota: L’Egitto  da tempo ha voltato le spalle al fronte USA-Arabia Saudita e si è apertamente schierato con l’alleanza Siria-Iran-Russia contro il terrorismo sobillato dall’esterno nel paese arabo. Questo sposta gli equilibri del Medio Oriente,  essendo l’Egitto il più popoloso ed importante paese arabo. Al Sisi ha compreso che la politica del caos e della destabilizzazione porta negative conseguenze anche nel proprio paese e non sarà un caso se, dopo la nuova posizione del  Governo egiziano, sono aumentate le azioni terroristiche nel Sinai ed in altre zone dell’Egitto. La mano che muove il terrorismo islamico è sempre la stessa e porta a Rijad e Doha e questa non è una novità.
Fonte: Al Mayadeen– Mar 03, 2017
Traduzione e nota: L.Lago

Panorama degli orrori nell’Arabia Saudita, il miglior alleato dei governi di USA ed Europa

i diritto umanisti di Soros e filantropi pieni di dollari non sono tanto inorriditi, affranti o indignati per le esecuzioni dell’amico saudita. Sono troppo preoccupati per i poveri spacciatori vittime del cattivo Duterte


saudi-arabia-al-descubiertoEsecuzioni in Arabia Saudita
Documentario su quanto accade in Arabia Saudita: una donna decapitata per strada. Cinque cadaveri con la testa mozzata appesi alle gru.
Questo documentario rende evidente che in Arabia Saudita regna una dittatura assassina che non tollera alcuna dissidenza.
Il documentario si basa su sei mesi di riprese fatte di nascosto ed il cortometraggio di esecuzioni e decapitazioni è abbastanza inquietante. Tuttavia questo mostra l’estremo contrasto  fra richezza e povertà in questo paese ricco di petrolio. Inoltre racconta la storia di uomini e donne che si azzardano a parlare contro la dittatura saudita e rivela il terribile prezzo che debbono pagare per il loro coraggio.
Il documentario che sarà mostrato domani sera viene condiviso da una produzione di ITV e dal servizio pubblico di Radiodiffusione degli Stati Uniti (Public Broadcasting Service).
Nota: I regime vigente in  Arabia Saudita è ispirato dagli stessi rigidi principi della religione islamica wahabita (una forma radicale ed oscurantista dell’islam)  a  cui si ispira lo Stato Islamico, con  l’imposizione obbligatoria della Saharia (la legge islamica) come Legge di Stato.
Nella Sharia è contemplata la pena di morte per i casi di :
Omicidio, adulterio, bestemmia contro Allah ed apostasia (abbandono della religione islamica).
 
In tutti e quattro i casi è richiesta la testimonianza di quattro musulmani adulti o una completa confessione.
 
Per quanto riguarda l’omicidio, alcune scuole giuridiche islamiche sostengono che va punito con la morte solo nel caso che la vittima sia un musulmano.
 
Per adulterio si intende qualsiasi rapporto sessuale al di fuori del matrimonio. Se il colpevole è sposato, è prescritta la lapidazione: l’uomo è interrato fino alla vita e la donna fino al petto. Vengono colpiti  con pietre non troppo grandi affinchè la morte non sia troppo rapida.
Per chiunque critichi o sia considerato dissidente con il Governo e la Monarchia è prevista la pena capitale mediante decapitazione. Ogni anno sono centinaia  le decapitazioni che vengono eseguite nel Regno ma i numeri effettivi vengono tenuti nascosti.
L’Arabia Saudita finanzia la diffusione del radicalismo religioso wahabita/salafita in molti paesi mussulmani ed anche in Europa attraverso la realizzazione di Moschee e invio di Iman per indottrinare la popolazione mussulmana emigrata in quei paesi.
L’Arabia Saudita è considerato il miglior alleato nel Medio Oriente di Stati Uniti e Gran Bretagna. Oltre a questo l’Arabia Saudita è il maggior importatore di armi al mondo (dopo la Cina)  ed ha stretto contratti miliardari record durante l’Amministrazione Obama.
Il principale antagonista dell’Arabia Saudita nel Medio Oriente è l’Iran sciita , assieme ai suoi alleati, Siria, Libano ed Iraq (in maggioranza sciita). In Siria l’Esercito siriano, appoggiato dall’ Iran e dalla Russia,  combatte da 6 anni contro gruppi terroristi di ispirazione salafita che sono sostenuti e finanziati dall’Arabia Saudita e dagli Stati Uniti.
I legami della Monarchia saudita con gli ambienti politici USA sono saldissimi. La stessa Clinton ha goduto di un ingente finanziamento saudita per la sua campagna presidenziale.
Ogni presidente USA ed ogni leader del Regno Unito hanno sempre confermato fino ad oggi  gli stretti legami di alleanza e di fattiva cooperazione con l’Arabia Saudita ed hanno prestato forniture di armi ed assistenza militare per le guerre, palesi o occulte, che il Regno saudita sta conducendo in vari paesi del Medio Oriente (Siria, Iraq, Yemen ).
Anche la Francia, la Germania e l’Italia hanno stretti rapporti di collaborazione con l’Arabia Saudita e si registra un export in crescita, in particolare nel settore degli armamenti.
Traduzione e nota: L.Lago

Il principe, la Cia e il terrorismo

clinton saudiDue giorni fa, il neo-nominato direttore della Cia, Mike Pompeo, già diplomato all’accademia militare di West Point, industriale dell’aerospazio e rappresentante repubblicano per lo Stato del Kansas, è volato fino in Arabia Saudita per consegnare a Mohammed bin Naief, principe ereditario del regno saudita e ministro degli Interni, una medaglia quale riconoscimento per il lavoro svolto contro il terrorismo e per la pace e la stabilità internazionale.
È più che probabile che il riconoscimento al principe sia stato deciso dalla precedente amministrazione, quella Obama-Kerry, e che l’amministrazione entrante, quella Trump-Tillerson (il nuovo segretario di Stato), non abbia potuto e/o voluto annullarlo. Comunque sia, è un bruttissimo segno. Perché il principe Mohammed bin Naief non solo non è impegnato contro il terrorismo e per la pace ma, al contrario, è uno dei principali promotori del terrorismo e della guerra, come ben sanno non solo tutti i politici ma anche tutti coloro che si occupano di questi temi con un minimo di serietà.
Trump, Tillerson e Pompeo sono nuovi nei rispettivi incarichi ma il principe no. E in ogni caso, questi sono andati al potere promettendo di seguire nella lotta contro l’Isis una linea ben diversa da quella dei loro predecessori. Il duo Obama-Clinton aveva perfetta coscienza dei traffici dell’Arabia Saudita con il terrorismo, tanto che la Clinton il 30 dicembre 2009 già scriveva (in una delle mail poi rivelate da WikiLeaks nel 2010) che “l’Arabia Saudita resta una base decisiva di supporto finanziario per Al Qaeda, i talebani, Lashkar-e-Taiba e altri gruppi terroristici… è una sfida senza fine convincere le autorità saudite ad affrontare il finanziamento ai terroristi che nasce nel loro Paese” (documento che WikiLeaks ha catalogato con il numero 131801).
Con la tipica ambiguità dell’era Obama, pochi mesi dopo la redazione di quel documento, la Casa Bianca autorizzò la vendita all’Arabia Saudita di una fornitura di armi di ogni genere per un valore di 62 miliardi di dollari. Ma anche durante la campagna elettorale per la presidenza, nel 2016, la Clinton e suoi continuarono a discutere del ruolo dell’Arabia Saudita nel sostegno al terrorismo. Tanto che nel rispondere a una delle mail di John Podesta (capo della sua campagna), la Clinton scriveva: “…Dobbiamo tornare ai nostri piani per fornire equipaggiamenti all’Esercito libero siriano e ad altri gruppi di ribelli moderati…e mentre questa operazione militare procede dobbiamo usare i nostri strumenti diplomatici e quelli tradizionali di intelligence per premere sui Governi di Arabia Saudita e Qatar che continuano a fornire aiuti finanziari e logistici clandestini all’Isis e ad altri gruppi radicali sunniti” (si veda l’originale in questo sito).
Non c’è quindi alcun dubbio sul fatto che il principe saudita (e ministro dell’Interno) Mohammed bin Naief (lo stesso che nel marzo 2016 ebbe da Francois Hollande la Legion d’Onore, con relative polemiche) sia un sostenitore del terrorismo stragista dell’Isis. Trump lo sa e infatti per tutta la campagna elettorale ha criticato (giustamente) i legami, anche finanziari, tra la Clinton e gli ambienti che ruotano intorno alla casa reale saudita.
Quindi, delle due l’una. O Trump ha ereditato questa porcheria della medaglia al principe da Barack Obama e non ha potuto fare marcia indietro. Oppure è un’iniziativa sua, una porcheria sua. La sua politica non è diversa da quella di Obama e per il Medio Oriente si preparano tempi cupi come quelli del recente passato.
di Fulvio Scaglione – 12/02/2017
Fonte: Fulvio Scaglione

Miliziani siriani arresisi parlano del loro addestramento fornito da istruttori occidentali

Miliziani dei gruppi terroristimiliziani-consegnatisi
La tv siriana ha divulgato il Martedì le confessioni fatte da un gruppo di terroristi che si sono arresi alle forze siriane e che hanno roconosciuto di aver ricevuto addestramento da istruttori degli USA, del Regno Unito e della Francia nella regione del Qalamun.
Secondo le informazioni, sette miliziani si sono consegnati con le loro armi e tre veicoli artigliati nella località di Rebebeh, nella regione del Qalamun Orientale, ubicata a pochi kilomentri al nordest della capitale siriana.
Mohamed Hamra, uno di quelli, ha ammesso nelle confessioni diffuse dalla Tv che il suo gruppo armato ha ricevuto addestramento in Giordania da parte di agenti e ufficiali statunitensi, britannici e francesi.
Il miliziano ha spiegato che si era messo in comunicazione con le unità dell’Esercito e gli ha descritto la sua situazione e la volontà di consegnarsi, ha evidenziato di essere stato trattato bene dai soldati e che aveva ricevuto l’indulto in conformità con un recente decreto di amnistia.
Da parte sua, Mohamed Zidan, un’altro miliziano dello stesso gruppo, ha detto che gli estremisti ricevono appoggio finanziario dall’estero ed i loro capi rubano i soldi dei combattenti, ed ha aggiunto che “le battaglie che si sono realizzate da parte di questi gruppi armati contro l’ISIS sono state false e fittizie”.
Il Ministero siriano della Giustizia ha annunciato in una recente informativa che, nel corso dell’anno 2016, 4746 miliziani armati si sono consegnati all’esercito siriano e son stati indultati per effetto del decreto di amnistia dopo essersi impegnati a non commettere nessuna azione o delitti che pregiudichino  la stabilità o che violino le leggi del paese.
Fonte: Al Manar
Traduzione:  Juan Manuel De Silva – Gen 18, 2017

Obama, il mercante d’armi

la società civile moralmente superiore NON HA MAI “RIMPROVERATO” il premio nobel per la pace Obama per questo traffico, nessuno di questa società al caviale ha desiderato mollargli un pugno. Se i pacifisti non spendono tanto in armi si rischia “l’isolazionismo”….terribile non poter bombardare chi da fastidio all’impero vero?

Obama, il mercante d’armi
Quella di Barack Obama passerà alla storia come l’amministrazione americana che ha venduto più armi nel mondo e sopratutto ai Paesi in via di Sviluppo; niente male per un Presidente premio Nobel per la Pace (sulla fiducia), mito dei terzomondisti liberal e pacifisti. Dal 2008 al 2015 (in pratica durante i suoi due mandati), gli Usa hanno chiuso accordi per 200 miliardi di dollari, pari al 42% dell’intero ammontare del traffico di armi in questi paesi.
Il dato eclatante risulta da un recente studio pubblicato dal Congressional Research Obama trafficanteService, l’Istituto di Ricerca del Congresso americano. Secondo il report, gli accordi di trasferimento di armi nei Paesi in via di Sviluppo, hanno rappresentato più dell’80% di tutto il mercato delle armi globale; e l’America di Barack Obama è stata leader assoluta con una quota di mercato più del doppio di quella della “famigerata” e “guerrafondaia” Russia di Putin.
Non solo, ma se a quelli Usa si aggiungono gli accordi di Francia (51 bln $), Germania (19,5 bln $), Gran Bretagna (14 bln $), Italia (10 bln $) e altri paesi europei (53 bln $), si raggiunge la cifra di 357 miliardi di dollari di accordi di trasferimento armi nei Paesi in via di sviluppo; e la differenza con la Russia diventa superiore di quattro volte. Interessante notare che anche aggiungendo alla Russia, le vendite della Cina (le due nazioni che secondo la vulgata occidentale, mettono a rischio la pace nel mondo), non si raggiunge neppure la metà del controvalore del traffico d’armi generato dall’Occidente.
 
In altri parole i paesi Nato hanno inondato di armi di ogni tipo le aree più a rischio del pianeta.
Quando?
Secondo il rapporto, le scelte di trasferimento armi rispondono a precise necessità della politica estera americana e di tutela degli interessi nazionali di Washington.
Dalla fine della Seconda Guerra mondiale, la strategia Usa è stata quella di aiutare alleati e nazioni amiche ad affrontare le minacce alla sicurezza regionale.
Eppure colpisce il fatto che la maggiore quantità di vendita armi in Medio Oriente (76 miliardi di dollari) sia stata autorizzata da Obama nel biennio 2011-2012, quello per intenderci che ha generato le famose Primavere arabe, la guerra (ovviamente umanitaria) in Libia e quella civile in Siria; lo stesso biennio che ha preparato l’ascesa dell’Isis e la formazione del Califfato. In altre parole sembra che “la politica delle armi” di Obama non sia servita alla stabilizzazione regionale ma, al contrario, ad alimentare le crisi che oggi stiamo attraversando.
Dove?
Per l’America di Obama, l’area privilegiata per la vendita di armi è stato il Medio Oriente; qui, nella polveriera del mondo, gli Usa hanno chiuso oltre il 70% dei loro accordi complessivi.
Limitatamente all’ultimo triennio 2012-2015, la Russia detiene la principale fetta di mercato in Asia (76%), la Cina in Africa (22%), mentre l’America Latina riceve in prevalenza armi europee.
Chi?
L’Arabia Saudita è il paese acquirente che più di ogni altro ha chiuso accordi commerciali di armi al mondo per un valore complessivo di oltre 93 bln $; di questi, secondo la ricerca, circa 72 miliardi dagli Usa ed il restante dai paesi europei (Francia in testa). L’India il secondo con 34 miliardi.
Rimanendo nel Medio Oriente, gli altri Paesi maggiori acquirenti di armi sono stati Egitto (30 bln $), Iraq (29 bln $), Emirati Arabi (25,6 bln $) e Qatar (24 bln $).
Da notare che per l’Egitto dal 2012, anno della presa di potere di Al-Sisi, il Obama trafficante 2principale fornitore di armi è diventata la Russia; segno evidente di un cambiamento della politica estera di un paese che per decenni è stato il riferimento degli interessi Usa in Medio Oriente.
Focus 2015
Nel 2015, anno più recente preso in considerazione, gli Usa hanno chiuso accordi di vendita armi per 40 miliardi di dollari, pari al 50,2% dell’intero mercato mondiale; questo significa che più della metà del traffico di armi nel mondo è gestito dagli Stati Uniti.
Ma il dato più eclatante è che per la prima volta, al secondo posto tra i paesi fornitori di armi, non c’è la Russia (nonostante abbia leggermente aumentato il valore degli accordi commerciali) ma la Francia del socialista Hollande che ha raggiunto la cifra di 15 miliardi di dollari di armi vendute, a coprire quasi il 20% del mercato mondiale (nel 2014 era di 5,5 miliardi).
 
Limitatamente ai Paesi in via di Sviluppo, Usa e principali produttori europei (Francia, Germania, Gran Bretagna e Italia) coprono quasi il 70% valore del traffico d’armi; la Russia il 17% e la Cina il 9%.
 
Nella relazione è specificato come “i principali fornitori dell’Europa occidentale, singolarmente, hanno migliorato la loro posizione competitiva nelle esportazioni di armi attraverso il forte sostegno marketing dei propri governi “; insomma appare chiara la natura della politica estera occidentale.
 
Probabilmente nel 2016 il volume trasferimenti complessivi di armi autorizzati dall’amministrazione Obama risulterà aumentare considerevolmente se verrà confermato lo sbalorditivo accordo di 115 miliardi di dollari siglato da Obama con il governo saudita. Armi, che ricordiamolo, sono utilizzate dalle monarchie del Golfo per condurre la criminale guerra nello Yemen in aperta violazione del diritto internazionale.
Chissà se nel discorso di commiato che Barack Obama si appresta a fare alla nazione americana, racconterà anche di questo suo merito: il Presidente che avrebbe dovuto proiettare il mondo verso una nuova era di pace e distensione internazionale è stato il maggior esportatore di armi (e guerre) nella storia americana.
Fonte: Gli Occhi Della Guerra gennaio 11 2017

L’Occidente, rabbioso per la sconfitta subita ad Aleppo, si dedica ad una campagna mediatica contro la Siria e contro la Russia

Il premio nobel per la pace Mr Obama pochi giorni fa ha dichiarato “guerra” alla Russia, Iran ed Assad accusandoli come al solito senza prove (l’onere della prova non spetta ai padroni del mondo) di aver compiuto un massacrio. I tagliagole di Obama con i suoi mercenari non c’entrano niente ovviamente.

VIDEO. L’ambasciatore siriano all’ONU rivela i nomi degli agenti segreti stranieri ad Aleppo Est

L’Occidente, rabbioso per la sconfitta subita ad Aleppo, si dedica ad una campagna mediatica contro la Siria e contro la Russia
 
Coloro che si sono strenuamente opposti alla liberazione della città di Aleppo, realizzata grazie all’azione decisa dell’Esercito siriano, hanno orchestrato una enorme campagna mediatica volta a diffamare e criminalizzare l’Esercito siriano, il Governo di Bashar al-Assad e la Russia di Vladimir Putin, quella che ha fornito appoggio determinante alla riuscita delle operazioni militari per la liberazione della città dai gruppi terroristi sostenuti dall’Occidente e dall’Arabia Saudita.
Per convincere l’opinione pubblica a criminalizzare Assad e Putin, i governi dei paesi NATO, in collaborazione con i monarchi dell’Arabia Saudita e del Qatar (e le loro TV come Al Arabiya e Al Jatzeera), assieme ai grandi padroni dei media occidentali, hanno diffuso filmati e narrazioni propagandistiche degli avvenimenti, arrivando persino a utilizzare le vecchie immagini datate di donne e bambini uccisi in altri conflitti, per descrivere i loro episodi inventati di presunti crimini realizzati dalle forze siriane, russe e dei loro alleati in Aleppo.
 
 
Nel contesto di questa campagna mediatica di falsificazione, orchestrata dall’Occidente, alcuni media e gruppi pubblici sui social media hanno pubblicato foto che si riferiscono ai bombardamenti israeliani effettuati sulla striscia di Gaza o altre immagini riferite al 2014 o 2015 e le hanno spacciate come foto dei civili di Aleppo bombardati dalle forze russe e siriane.
 
Si sono distinte in questa campagna alcuni grandi media occidentali (mega media), in particolare la CNN, la BBC, Sky News, NBC ed in Italia la RAI, la 7, oltre che ai soliti Repubblica, il Corriere della Sera, La Stampa, Il Fatto Quotidiano, ecc..
 
In particolare questi media si sono basati sulle fonti come l’Organizzazione dei Caschi Bianchi, una organizzazione finanziata da Washington e da Londra ed accusata di avere collegamenti con il gruppo di Al Nusra.
I caschi bianchi si sono dimostrati specialisti non solo nel manipolare le notizie da Aleppo ma anche di aver creato dei veri e propri “fake” con filmati dove vengono utilizzati bambini coperti di sangue da esibire per le telecametre occidentali come vittime dei bombardamenti russi e siriani, in alcuni casi hanno persino utilizzato dei manichini trasportati su appositi furgono per simulare vittime di bombardamenti.
 
Altri media complici della disinformazione e falsificazione degli avvenimenti sono stati il canale arabo Al Arabiya (finanziato dalla Monarchia Saudita) che ha fatto la sua parte nel raccontare gli avvenimenti in modo distorto e falsificato.
 
In contrasto con queste “narrazioni” della propaganda occidentale filo atlantista e filo saudita, alcuni coraggiosi reporter indipendenti che sono rimasti sul posto in Siria, a rischio della propria pelle, sul terreno delle operazioni, quasi sempre giornalisti libanesi, iraniani, russi e latino americani, hanno aperto una luce di verità su quanto accadeva ad Aleppo ed in Siria, mentre i reporter occidentali trasmettevano i loro servizi da Londra, Jeddah o Ankara, basandosi su fonti di parte pro ribelli, come l’”Oservatorio per i Dirittti Umani in Siria”, con base a Londra.. E’ il caso ad esempio di Pedro García, corrispondente di Prensa Latina.
 
Secondo Garcia (che attualmente è uno dei pochi giornalisti rimasto sul terreno in Siria ), confrontando le informazioni occidentali con le fonti che lui stesso intervista sul terreno, quello che ha visto con i propri occhi e quello che ha potuto comprovare di persona, risulta evidente la manipolazione mediatica che falsifica la realtà. Si può arrivare incluso a livelli di bassezza come quelli raggiunti dal ministro degli Esteri francese, il quale ha dichiarato che il Governo siriano andava a massacrare tutti gli insorti. “Questo è totalmente falso. Al contrario, il Governo siriano assieme con il Centro russo per la riconciliazione, sta promuovendo tregue in forma costante che in molti casi non vengono rispettate dai terroristi”.
L’idea e l’obiettivo principale di questa campagna mediatica, iniziata quando ancora i gruppi terroristi erano trincerati nei quartieri est di Aleppo e  tenevano la popolazione in ostaggio, era quello di riscattare i gruppi di miliziani jihadisti e cercare di preservare anche gli agenti dell’intelligence infiltrati, americani, britannici, israeliani e sauditi (poi fatti prigionieri dalle forze siriane) senza parlare di un centinaio di soldati siriani che questi gruppi tenevano prigionieri e sequestrati nei quartieri in attesa di macellarli.
 
“Normale quindi, afferma Garcia, “che i governi occidentali non volessero la prova di forza, perchè non sanno quello che questi elementi potranno raccontare una volta catturati dalle forze siriane e russe. Ormai è un fatto incontrovertibile”, riferisce sempre Garcia,” che i governi occidentali ed i loro media sono compromessi con i terroristi”.
Garcia ha condiviso la sua esperienza personale in Siria, dicendo che se qualcuno va ad Aleppo o a Damasco e parla con la gente comune per strada, si rende conto che quello che raccontano i media occidentali è una menzogna. Più di 100.000 residenti vivono nella parte Ovest di Aleppo, dove si trova l’Esercito siriano e si garantiscono un minimo di servizi nonostante la distruzione e la guerra, Cosa che non accadeva nella parte Est, adesso liberata, dove erano trincerati i terroristi che avevano trasformato le scuole e gli ospedali nelle loro caserme e depositi di munizioni.
Rispetto alle armi ed alle munizioni, il reporter ha confermato che la maggior parte di queste sono made in USA ed arrivano nelle mani dei terroristi attraverso la Turchia ed il Qatar. “E’ comprovato che un’impresa Bulgara, -paese membro dell’ONU,-coinvolta in questo traffico”, ha chiarito. Bisogna prendere atto che la frontiera fra la Siria e La Turchia è di più di 800 Km. ed è totalmente aperta per le infiltrazioni di terroristi e di armi.
 
Esiste tutta una tattica preparata da molti anni con cellule dormienti nel territorio della Siria, con spie, sabotatori che attentano contro qualsiasi persona, attesta. Ovvero non sparano soltanto con i mortai contro le unità militari dell’Esercito siriano, lo fanno contro i quartieri civili dove ci sono le scuole dei bambini, questi sono gli individui che l’Occidente difende, denuncia Garcia.
 
“Io stesso vivo a Damasco, in un quartiere vicino al centro della città (controllato dalle forze governative). E’ un quartiere pacifico, “Mezzeh85”, dove sono caduti proiettili di mortaio su una scuola, in mezzo alle strade dove camminano le persone. Non sono obiettivi militari, che senso ha tutto questo? Quello che vogliono è terrorizzare la popolazione, creare il panico”.
Inoltre il reporter ha sottolineato come l’Occidente domina la grande maggioranza dei media e ha proceduto a bloccare i sistemi di televisione via satellite siriani, per evitare che queste informazioni escano da Damasco ed arrivino dove non devono arrivare. Ovvero esiste un blocco economico contro la Siria ed un blocco tecnologico per non rompere il monopolio dei media occidentali e di quelli arabi di ispirazione filo saudita (Al Arabiya e Al Yatzeera). (…………)
In Siria si è fatto di tutto per distruggere una nazione che aveva una sua costituzione e dove le varie comunità confessionali vivevano in un clima di reciproca tolleranza ma che non volevano essere sottomesse ad imposizioni esterne. Io conosco sciiti, alawiti, drusi e cristiani che convivevano normalmente fra di loro senza problemi, incluso i palestinesi che avevano gli stessi diritti dei cittadini siriani. Chi ha alimentato il fanatismo, l’odio fra di loro, gli scambi di colpi d’arma da fuoco ed il fatto che si tagli la testa a coloro che vengono considerati eretici?
La risposta la conoscono tutti: le ideologie radicali salafite ed integraliste che provengono dall’Arabia Saudita e dal Qatar. Le stesse potenze che hanno armato ed inviato mercenari addestrati a creare attentati ed attacchi contro le zone degli alawiti, sciiti, cristiani e drusi.
I gruppi terroristi che hanno portato la distruzione e la morte in Siria sono stati appoggiati dai governi occidentali USA, Gran Bretagna e Francia in primis (anche l’Italia ha fatto la sua parte) con l’obiettivo di rovesciare il Governo di Al-Assad per i loro fini geopolitici.
Sono gli stessi governi che adesso spengono le luci della Torre Eiffel a Parigi e di Palazzo Chigi a Roma, in segno di lutto per la liberazione di Aleppo.
Se Aleppo fosse caduta nelle mani dei terroristi e questi avessero quindi iniziato a uccidere e sgozzare le persone delle comunità alawite, sciite cirstiane e druse, allora avrebbero proclamato la festa a Parigi, Londra e Roma ed avrebbero acceso tutte le luci? Questo è quello che l’Occidente voleva: lo Stato islamico a Damasco ed in tutta la Siria sotto il protettorato dell’Arabia Saudita.
di Manuel De Silva – 18/12/2016
Fonte: controinformazione
 

Yemen, le bombe non fanno notizia

 curioso come l’Occidente ed i servi politically correct ci mettano un secondo a tacciare chi che sia di islamofobia, ma a quanto pare per loro ci sono islamici di serie A e di serie B. Gli yemeniti sono “diversamente” civili islamici
Dal 2014, Medici senza Frontiere aiuta con forniture mediche, e non solo, otto ospedali nei quartieri Est di Aleppo, quelli tuttora sotto il controllo di ribelli e jihadisti. Sono i quartieri dove da mesi più acuto è lo scontro tra le forze leali a Bashar al-Assad e i miliziani e MsF non si stanca di denunciare i bombardamenti che colpiscono anche le strutture sanitarie. Denunce che sono puntualmente (e giustamente) riprese dalla stampa internazionale.
Immaginiamo quindi quale debba essere la frustrazione dell’organizzazione nel vedere quanto sia a senso unico, e quindi poco credibile, la pietà del giornali e delle televisioni. Gli stessi Medici senza Frontiere, infatti, hanno denunciato l’analogo andamento della guerra condotta nello Yemen dalla coalizione militare guidata dall’Arabia Saudita con l’assistenza logistica e di intelligence degli Stati Uniti. Ma in quel caso gli appelli, per quanto accorati, sono stati bellamente ignorati e non hanno avuto alcun riflesso sui media.yemen bombard
Ecco che cosa ha raccontato Djoen Besselink, capo della missione di MsF nello Yemen: “Da maggio 2015 MSF ha curato più di 10.000 feriti di guerra solamente nella città di Taiz. A ottobre, gli ospedali supportati da MSF a Taiz hanno ricevuto circa 500 pazienti con ferite dovute alla violenza, di cui il 23% erano donne e bambini. Molti dei feriti… erano a casa, al mercato o in cammino verso i loro campi quando sono stati colpiti da incursioni aeree, bombardamenti e spari da arma da fuoco”. Il 17 novembre, primo di due giorni di cessate il fuoco, i Medici senza Frontiere hanno dovuto ricoverare 76 feriti e seppellire 21 morti nella sola città di Taiz. Ne avete avuto notizia? Mi sa di no.
Così come difficilmente avrete saputo che l’Arabia Saudita ha violato 114 volte il cessate il fuoco di due soli giorni che peraltro era stato richiesto dall’ex presidente dello Yemen, Habd Rabbuh Mansur Hadi, e gentilmente concesso da re Salman dell’Arabia Saudita.

Dall’inizio della campagna saudita (marzo 2015), quasi 12 mila civili yemeniti sono stati uccisi. Gli sfollati sono più di 3 milioni (su 27 milioni di abitanti), metà della popolazione vive di aiuti umanitari e solo 1 bambino su 10 arriva all’età di cinque anni.

Gli occhi che lacrimano per Aleppo Est restano però asciutti per lo Yemen, dove a far morire adulti non combattenti e bambini sono i nostri alleati e clienti, quelli ai quali Usa, Francia e in parte anche l’Italia (sono prodotte in Italia, anche se da aziende straniere, le bombe per i caccia sauditi) forniscono gli strumenti per ucciderli. Il punto esatto in cui la pietà diventa ideologia e la compassione puro interesse economico.
novembre 22 2016
– di Fulvio Scaglione per Gli Occhi Della Guerra
http://www.informarexresistere.fr/2016/11/22/yemen-le-bombe-non-fanno-notizia/