I cantieri sono utili ma hanno un costo

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2019/02/19/i-cantieri-sono-utili-ma-hanno-un-costo/4981808/

In questi giorni si è scatenato un dibattito ideologico sul Tav Torino-Lione, progetto relativamente piccolo rispetto ai 132 miliardi di (scarsi) soldi nostri che si vorrebbero spendere in progetti di incerta utilità. Tv e giornali sono pieni di servizi, principalmente con linea pro-Tav (i quattro maggiori quotidiani, Repubblica, Stampa, Corriere e Sole 24 Ore, sono  esplicitamente schierati).

Tra i sostenitori dell’opera che appaiono più spesso ci sono Piero Fassino, Sergio Chiamparino, Stefano Esposito, tutti del Pd, e altri parlamentari, tutti piemontesi.

Il problema è che l’opera, per la parte italiana, sarà pagata al 100% dallo Stato, cioè anche dai contribuenti toscani e siciliani, mentre i benefici (per quanto modesti rispetto ai costi) saranno goduti principalmente dai piemontesi.

L’ovvia obiezione è: l’opera serve di sicuro tutto il Paese, quindi s’ha da fare (“senza guardare ai costi”, secondo un articolo del Sole 24 Ore).

Ma anche in Veneto chiedono a gran voce l’Alta Velocità Brescia-Padova (che costa il doppio del Tav e che anch’essa deve essere pagata da tutti gli italiani).

E pure questa non è una manifestazione di egoismo, servirà a tutti!

E questo sarà di certo vero anche per il molto discusso ponte sullo stretto di Messina, per l’Alta Velocità fino a Palermo, poi ci sarebbe un bel progetto di tunnel sottomarino tra Trapani e Tunisi, presentato qualche anno fa…

Chi può dubitare che l’Alta Velocità sia una cosa meravigliosa?

Abbiamo già speso 35 miliardi di euro negli ultimi vent’anni, pagati quasi per intero dallo Stato, cioè da tutti, anche da chi non la userà mai.

Ma l’economia del Paese non è cresciuta in modo esattamente fantastico. Costruire ancora molte tratte, come ovunque si chiede, ci porterebbe sì velocemente alla meta, ma in Grecia, data la situazione dei nostri conti pubblici.

E ora veniamo alla vituperata analisi costi-benefici (ACB). 

Strumento economico universalmente accettato come metodo relativamente semplice e rapido per supportare le decisioni pubbliche. 

Cosa dice, in sintesi? Meglio investire in progetti che costano poco allo Stato, e dove ci si aspetta molto traffico e molti benefici ambientali, che viceversa.

L’ACB deve “supportare” le decisioni pubbliche, non sostituirle.

Ci possono essere altre variabili da considerare: per esempio il supporto a territori svantaggiati, tipo il Mezzogiorno. Ma proprio qui viene più utile l’ACB: costringe, se è negativa come spesso accade in aree marginali, a confrontare la perdita di benessere collettivo che quel progetto genera in generale con alternative che, a pari costo, potrebbero anch’esse aiutare lo sviluppo dell’area

Celebre un caso olandese: il governo chiese un’analisi costi-benefici comparativa per lo sviluppo di una regione svantaggiata, la scelta era tra un’autostrada e una ferrovia. 

Gli analisti conclusero però che era più efficace, a parità di spesa pubblica, intervenire sul mercato del lavoro di quell’area, che non costruire infrastrutture di trasporto. 

Il governo si mosse nel senso raccomandato, almeno quella volta.

Il settore delle grandi opere civili, tunnel soprattutto, per ogni euro pubblico speso genera pochissima occupazione diretta e indiretta.

Sul cantiere Tav, per esempio, lavoreranno in media circa 500 persone per 10 anni, poi stop.

Il grosso lo fanno enormi “talpe” e macchine di movimento terra.

Immaginiamo invece di spendere quei soldi in ristrutturazioni edilizie, scuole e ospedali compresi, e manutenzione delle scassatissime infrastrutture esistenti. È evidente che non solo si occuperà molta più gente in modo diretto, ma anche molto più in fretta.

Poi parliamo dell’occupazione indotta: nel caso del Tav si attivano soltanto macchine di scavo e movimento terra, magari neppure prodotte in Italia.

Nel caso delle ristrutturazioni e manutenzioni, invece, fornitori di vetri, di serramenti, di impianti elettrici idrici e di riscaldamento, di produttori di vernici e mobili e apparecchiature. In alcuni studi settoriali si parla di 15-17 mila posti di lavoro creati per miliardo investito, per esempio, nelle riqualificazioni degli edifici (Cresme, Ance, ecc.)

Non sembra esserci confronto. E infatti i difensori delle grandi opere confronti non ne fanno: calcolano cifre mirabolanti di occupazione indotta, ma sempre in perfetto isolamento. I confronti sono pericolosi.

Queste considerazioni valgono per tutte le opere sul tavolo: molte sono di certo utili, ma è sempre meglio fare i conti invece che affidarsi all’ “arbitrio del principe”, soggetto destinato spesso a cambiare e a prendere nuove decisioni arbitrarie.

L’ex ministro Graziano Delrio aveva promosso questo approccio, prima di cambiare idea per tutti i progetti definiti da lui come “strategici”.

Smentita del Ministero dei trasporti francese e dichiarazioni di Chiamparino:

https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/02/19/tav-chiamparino-ue-pronta-ad-aumentare-cofinanziamento-al-50-parigi-smentisce-nessuna-novita/4983561/

 19 Febbr 19 FQ :

Tav, Chiamparino: “Ue pronta ad aumentare cofinanziamento al 50%”. Parigi smentisce: “Nessuna novità”

Il ministero dei Trasporti francese ha chiarito che si tratta di una proposta già sul tavolo e che non riguarda nello specifico la Torino-Lione.

Il presidente del Piemonte aveva diffuso la notizia dell’aumento di finanziamento dopo aver parlato con il vicepresidente della Regione Auvergne-Rhone-Alp.

Che è stato smentito dal suo governo.

Intanto Telt ha rinviato il lancio di due gare per la realizzazione dell’intero tratto francese del traforo…

…..Nel suo comunicato, il ministero dei Trasporti francese esprime “stupore per la presa di posizione isolata espressa dal Consiglio regionale”, e ricorda che le parti in causa nel progetto si erano accordate il primo febbraio su un programma di lavoro “preciso” sugli accessi al tunnel.

Il fatto che Bruxelles sia pronta a innalzare dal 40% al 50% il suo finanziamento dei progetti di interconnessione in Europa (la Connecting Europe Facility) fa parte di una proposta che la Commissione ha già fatto al Consiglio Ue e al Parlamento europeo in vista dell’approvazione del prossimo bilancio pluriennale 2021-2027 e non riguarda nello specifico la Tav.

Dunque non rappresenta “in nessun caso” un impegno nuovo, precisa il ministero, “e ancora meno nello specifico per il progetto Lione-Torino”.

Peraltro quell’opzione sarebbe ovviamente sul tavolo solo se le parti decidessero di procedere con il progetto….

A fronte di una ipotesi di taglio, però, Chiamparino commenta ancora alle agenzie l’opzione già smentita di aumento dei finanziamenti: “Dalla disponibilità della UE a finanziare al 50% l’intera opera, comprese le tratte nazionali, con significativi risparmi per gli italiani, si passa al rischio concreto di perdere i contributi già stanziati dall’Europa”.

Lyon-Turin : art DL du conseil régional sur les financements européen

https://www.ledauphine.com/savoie/2019/02/18/la-region-annonce-une-mobilisation-accrue-de-l-europe-sur-le-lyon-turin

daniel ibanez <daniel.ibanez@framex.org>

Lun 18/02/2019 19:17

18 febbr 19 Ledauphine 

La Région annonce une mobilisation accrue de l’Europe sur le Lyon-Turin

« L’Union européenne est disposée à financer 50% de la liaison Lyon-Turin dans sa totalité, c’est-à-dire le tunnel transfrontalier et les voies d’accès à l’ouvrage », a déclaré Etienne Blanc, premier vice-président du conseil régional d’Auvergne-Rhône-Alpes, ce lundi, au cours d’une conférence de presse à l’Hôtel de Région, à Lyon.

 Une réunion de travail avait eu lieu la semaine dernière à Bruxelles entre le premier vice-président de la Région Auvergne Rhône-Alpes et la direction « transports » de la Commission européenne (« DG Move »).

 Objectif : négocier des financements européens 

Etienne Blanc avait pour mission de négocier des financements européens pour la réalisation des voies d’accès au tunnel transfrontalier.

 Jusqu’à maintenant, l’engagement financier de l’Europe portait seulement sur le tunnel de base et ses abords, entre Saint-Jean-de-Maurienne et Susa, à hauteur de 40%, avec un accord de principe pour l’élever à 50%, au titre du « Mécanisme pour l’interconnexion en Europe » (MIE). Mais « le Lyon-Turin est un tout cohérent » pour Etienne Blanc.

Le président Laurent Wauquiez écrira aujourd’hui à la ministre des Transports

Toutefois, ça n’est pas à la Région AURA de saisir l’Europe pour obtenir des financements, mais bien à l’Etat. Selon le premier vice-président, le président Laurent Wauquiez écrira aujourd’hui à la ministre des Transports par courrier, pour demander à l’Etat de lancer la procédure officielle.

Une implication de l’Europe à 50%, y compris pour les accès, allégerait de 4 milliards d’euros le reste à charge de la France et de l’Italie, pour l’intégralité de la liaison entre la capitale des Gaules et celle du Piémont.

 

TRADUZIONE 

18 febbr 19 Ledauphine 

La Regione annuncia una maggiore mobilitazione dell’Europa su Lione-Torino

“L’Unione europea è disposta a finanziare il 50% del collegamento Lione-Torino nella sua interezza, vale a dire il tunnel transfrontaliero e le strade di accesso alla struttura”, ha dichiarato Etienne Blanc, primo vice Presidente del consiglio regionale di Alvernia-Rodano-Alpi, questo lunedì, durante una conferenza stampa all’Hotel de Région, a Lione.

 La settimana scorsa a Bruxelles si è tenuta una riunione di lavoro tra il primo vicepresidente della regione Auvergne Rhône-Alpes e la direzione Trasporti della Commissione europea (DG Move). Obiettivo: negoziare i finanziamenti europei

La missione di Etienne Blanc era di negoziare finanziamenti europei per la costruzione di strade di accesso al tunnel transfrontaliero.

 Fino ad ora, l’impegno finanziario dell’Europa era solo del 40% circa della galleria di base e dei suoi dintorni, tra Saint-Jean-de-Maurienne e Susa, con un accordo in linea di principio per sollevarlo 50% nell’ambito del “Connecting Europe Facility” (CEF). Ma “Lione-Torino è un insieme coerente” per Etienne Blanc.

Il presidente Laurent Wauquiez scrive oggi al Ministro dei trasporti

Tuttavia, non spetta alla Regione AURA prendere l’Europa per ottenere finanziamenti, ma allo Stato. Secondo il primo vice presidente, il presidente Laurent Wauquiez scriverà oggi per posta al ministro dei trasporti, chiedendo allo stato di avviare la procedura ufficiale.

Un coinvolgimento del 50% dell’Europa, incluso l’accesso, avrebbe sollevato il resto della Francia e dell’Italia da 4 miliardi di euro per l’intero collegamento tra la capitale della Gallia e la capitale della Francia. dal Piemonte.

Report de l’élection au Nigéria | Révision de la valeur du franc CFA | Rébellion au Tchad

 

Election au Nigéria

Colère et mécontentement ce sont les sentiments qui ont nourri le cœur des électeurs au Nigéria ce samedi après le sursoit du scrutin présidentiel par la commission électorale. Selon le président de la commission, Mahmood Yakubu, cette décision a été prise pour éviter tout risque de nuire à la transparence et à la crédibilité des élections. Faute de moyens logistiques d’après lui, qui fait que l’organisme ne sera pas en mesure de les organiser dans les temps.

Fusillades en RDC

En République Démocratique du Congo, des rebelles ont abattus à coups de fusils les citoyens dans la ville de Goma. Huit personnes ont trouvé la mort ce samedi à cause de cette fusillade et les enquêtes sont toujours en cours pour découvrir les assassins. La population est actuellement en rage contre les forces locales car d’après un jeune du quartier de Mugunga, elles ne sont pas intervenues à temps pour secourir ces victimes.

Le e-commerce bat de l’aile en Inde

En Inde, le sort des petits commerçants a été pris en main par Narendra Modi. Pour le démontrer, son gouvernement instaure de nouvelles règles qui interdissent aux grands groupes d’e-commerce étrangers de mettre en vente les produits des commerçants locaux. La nouvelle n’est pas très bonne pour les grandes enseignes qui ont fait de grands investissements dans le pays mais très avantageuse pour les commerçants qui subissaient des ventes à perte auparavant.

Révision de la valeur du franc CFA

La mise en valeur du franc CFA, monnaie officielle de 14 pays africains, a été abordé par le président ivoirien Alassane Ouattara, lors de sa visite en France. Etant une monnaie solide selon lui, le franc CFA devrait avoir plus de considération auprès des autres pays européens

Le sort de Maurice Kamto

Au Cameroun, Maurice Camto, leader du MRC, a été arrêté dans la nuit du 12 février et accusé de rébellion et d’hostilité contre la partie. Huit chefs d’accusations ont été porté à sa personne pour avoir mené des attaques rebelles dans le pays.

Rébellion au Tchad

Les rebelles de l’Union des Forces de la Résistance au Tchad ne se décourage pas malgré les rudes interventions militaires de l’armée française. Ces groupes de rebelles venus de la Lybie ne cessent de se manifester pour désarmer le président Idriss Déby et lui prendre le pouvoir. Le porte-parole de ces rebelles a même déclaré en début de semaine que c’est juste un infime échec car la guerre n’est pas encore terminée.

Un meeting qui a mal tourné

Le meeting du président Muhammadu Buhari à Port-Harcourt de mardi dernier a tourné au drame. Une dizaine de civils et quelques membres du Congrès des progressistes ont trouvé la mort suite à des agitations en fin de meeting. Quelques personnes sont encore en soin intensif au CHU.

Les religieux s’y mettent aussi au Mali

Une mobilisation religieuse s’est tenue à l’encontre du gouvernement de Soumeilou Boubeye Maiga. Guidé par le président du haut conseil islamique malien, ces religieux revendiquent l’introduction de l’homosexualité dans le programme des enfants maliens. Un sujet jusqu’à présent considéré comme tabou dans le pays et Soumeilou Boubeye Maiga veut le faire découvrir au grand public. De ce fait et pour d’autres raisons, ces manifestants réclament la démission de ce premier ministre.

Dans le monde

Les français aujourd’hui

Selon les statistiques de l’Insee, Institut national de la statistique et des études économiques, les moyens de déplacement des français pour se rendre au travail varient selon les offres de transports en communs. Dans la capitale plus de 68.6 % de la population utilise les transports en commun pour aller travailler contre une bonne minorité dans les autres départements de l’Ouest et Sud-ouest, qui par contre, ne se déplace que principalement en voiture.

Lutte pour le climat en Belgique

Comme chaque jeudi, des milliers de jeunes belges se sont manifestés dans les rues de Bruxelles pour revendiquer des mesures contre la dégradation du climat. La mise en place d’une politique énergétique pour lutter contre le réchauffement climatique était le principal but de cette marche. Cependant sans le vouloir, ces manifestations ont secoué du monde et après avoir porté des critiques déplacées sur les raisons probables de cette mobilisation, la ministre de l’environnement, Joke Schauvliege, a remis mardi dernier sa démission. La suite reste à voir car ces marches semblent semer des troubles auprès de certains politiciens.

Banque Mondiale

La nomination de David Malpass, sous-secrétaire actuel du Trésor des affaires internationales, comme président de la Banque Mondiale n’est pas vu d’un bon œil. Vu son profil et son parcours, sa désignation est considérée comme une bravade venant de Donald Trump. Le manque de lucidité dans ses anciennes missions en tant que chef économiste de Bear Steans ne l’aide pas pour autant. Sans parler de son manque d’expertise en 2011 lors de l’injection des ressources de la Fed pour sauver l’économie mondiale.

Renforcement du partenariat entre le Maroc et l’Espagne

Deux grands pays, le Maroc et l’Espagne, ont décidé de poursuivre leur coopération par la signature d’un accord lors de la visite royale du roi Filipe VI au Maroc. Divers sujets sont pris en compte par cet accord, notamment la lutte contre la criminalité et le développement de l’énergie. En plus de cet accord, un mémorandum a été signé par les deux capitales pour préparer l’exposition des collections royales à Madrid.

COMMENT LES USA TRANSFORMENT LA COURSE A L’ESPACE EN UNE NOUVELLE COURSE AUX ARMEMENTS : ‘LA MERE DE TOUTES LES COURSES AUX ARMEMENTS’

 

LUC MICHEL (ЛЮК МИШЕЛЬ) & EODE/

Luc MICHEL pour EODE/

Quotidien géopolitique – Geopolitical Daily/

2019 02 18/
LM.GEOPOL - Militarisation de l'espace II (2019 02 16) FR

Dans une analyse pour ‘GEOPOLITIQUE INTERNATIONALE’ (l’émission de vulgarisation géopolitique sur AFRIQUE MEDIA) en juillet 2018, j’esquissais ce qu’allait être la militarisation de l’Espace planifiée par Trump et le Lobby militaro-industriel US. Trump venait d’annoncer la création d’une Arme US de l’Espace (comme la Navy ou l’US Air Force) et sa concrétisation, une Armée américaine de l’Espace :

 * Voir sur EODE-TV/

MILITARISATION DE L’ESPACE:

TRUMP VEUT CREER UNE ARMEE U.S. SPATIALE

(LUC MICHEL SUR ‘GEOPOLITIQUE INTERNATIONALE’)

sur https://vimeo.com/283216170

Dans cette analyse, je répondais notamment aux questions suivantes :

Y a-t-il des rapports entre l’Armée de l’Espace de Trump et la « guerre des étoiles » des Années Reagan dans la période 1980-88 ?

Quelle est la réaction de Moscou et de Pékin ?

« LA MERE DE TOUTES LES COURSE AUX ARMEMENTS »

Aujourd’hui on en sait beaucoup plus. Les USA entendent transformer la course à l’Espace, qui a repris, en une nouvelle course aux armements. Pour le plus grand profit du Lobby militao-industriel US et du Business américain. Comme en 1914-18, 1940-45 ou encore pendant la Guerre Froide …

Une video publicitaire – intitulée ‘La mère de toutes les courses aux armements’ (paraphrasant Saddam Hgussein en 2002) – conseillant aux investisseurs US d’acheter des actions de firmes participant à la militarisation de l’Espace et éditée par ‘Outsider Club’ (un cabinet américain de conseils en bourse) révèle les dessous du plan américain :

* Voir sur PCN-TV/ DOCUMENT :

‘THE MOTHER OF ALL ARMS RACES’.

SPACE RACE, ARM RACE AND BIG BUSINESS SEEN FROM THE US MILITARY-INDUSTRIAL LOBBY

(VIDEO OF ‘OUTSIDER CLUB’)

sur https://vimeo.com/317997749

Que dit le Cabinet américain :

« La course à la domination de l’espace a commencé! Nous retournons dans l’espace, armés jusqu’aux dents. Et même l’américain moyen pourrait se retrouver multimillionnaire. » ‘Outsider Club’explique de des firmes «spécialistes de la défense et de l’aérospatiale » travaillent « dans l’ombre, loin des projecteurs », derrière « tous les grands sous-traitants de la défense renommés ». Le département de la Défense et la NASA ont chargé ces sociétés « de porter notre drapeau et de mener notre charge dans l’espace ».

La « double mission » fixée est :

« Aidez les États-Unis à devenir la puissance dominante dans l’espace – exactement comme ils ont contribué à faire de nous le pays le plus puissant de la planète.

Fournir à l’Amérique la technologie futuriste qui nous emmène et nous mènera à nouveau sur la Lune, Mars et au-delà »

« UNE COURSE AUX ARMEMENTS COMME JAMAIS AUPARAVANT » !

« Ce sera une course – une course aux armements – comme jamais auparavant » conclut ‘Outsider Club’. Qui ajoute : « À l’heure actuelle, la Russie et la Chine, croyez-le ou non, ont des années devant nous dans cette course aux armements dans l’espace (…) Même Jim Bridenstine, chef de la NASA, reconnaît la position périlleuse dans laquelle nous nous trouvons. Parlant des Russes et des Chinois, il a déclaré: “Ils pourraient mettre ce pays à genoux”. »

(Sources : Afrique Media – EODE-TV – Ousider Club – PCN-TV – EODE Think Tank)

LUC MICHEL (ЛЮК МИШЕЛЬ) & EODE

* Avec le Géopoliticien de l’Axe Eurasie-Afrique :

Géopolitique – Géoéconomie – Géoidéologie – Géohistoire –

Géopolitismes – Néoeurasisme – Néopanafricanisme

(Vu de Moscou et Malabo) :

PAGE SPECIALE Luc MICHEL’s Geopolitical Daily

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* Luc MICHEL (Люк МИШЕЛЬ) :

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EODE-TV https://vimeo.com/eodetv

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FRONT MALABO-MOSCOU-PEKIN AU CONSEIL DE SECURITE DE L’ONU ! LES ALLIANCES GEOPOLITIQUES ALTERNATIVES AFRICAINES EN ACTION …

# WEBTV LA VOIX DE LA GUINEE EQUATORIALE/

* Voir sur ECUATORIAL.GUINEA-TV/

FRONT MALABO-MOSCOU-PEKIN AU CONSEIL DE SECURITE !

LES ALLIANCES GEOPOLITIQUES ALTERNATIVES AFRICAINES  …

(SUR LE ‘ZOOM AFRIQUE’ DE PRESS TV, IRAN, 17 FEVRIER 2019)

sur https://vimeo.com/317987716

WLVDLGE - Malabo Russie Chine (2019 02 18) FR

* Que dit PRESS TV ?

Après beaucoup de bruit concernant l’affaire des biens mal acquis, le président de la Guinée équatoriale, Obiang Nguema Mbasago, est dans tous les viseurs occidentaux, surtout, suite aux liens étroits qu’il entretient avec la Russie. Le président Obiang a reçu en audience, ce 14 février dernier à Malabo, l’ambassadeur extraordinaire et plénipotentiaire de la Fédération de Russie, Anatoli Bachkine. Les deux hommes ont passé en revue l’excellente qualité de la coopération entre Malabo et Moscou. Le diplomate russe et le président équato-guinéen ont abordé plusieurs sujets d’importance capitale, parmi lesquels, « le haut niveau de coopération au sein du Conseil de sécurité des Nations unies ; la situation sécuritaire dans la sous-région Afrique centrale ; la sécurité en Guinée équatoriale et, bien sûr aussi, le renforcement des liens économiques entre la Russie et la Guinée équatoriale » ; a indiqué le site officiel de la présidence de la République équato-guinéenne.

Suite à cela­, la Guinée équatoriale, dont les priorités diplomatiques se sont éloignées des positions françaises, assure tout de même la présidence tournante du Conseil de sécurité des Nations unies pour ce mois de février 2019, et ce, jusqu’au début du mois de mars. Le coup d’envoi de cette présidence a été donné le 4 février dernier par le président équato-guinéen, Teodoro Obiang, lors d’un discours consacré à un sujet rarement évoqué aux Nations unies : la plaie que sont devenues les activités mercenaires en Afrique centrale. Il sait de quoi il parle : son pays a déjà subi quatre tentatives de coup d’État impliquant toutes des mercenaires qui seraient téléguidés de l’extérieur, avant de déplorer que ces « soldats de fortune » (et leurs sponsors), dont l’objectif ultime est de faire main basse sur les ressources naturelles africaines, demeurent impunis.

Dans ce contexte, la présidence équato-guinéenne du Conseil de sécurité n’est pas anodine. Le pays s’est éloigné de la France, son principal partenaire depuis les années 90, et vient de signer un partenariat de « coopération pragmatique » avec la Chine. Les deux pays s’engagent à « se soutenir pour mieux protéger leurs propres intérêts essentiels » et les Chinois contribueront davantage à la « stratégie de diversification économique de la Guinée équatoriale ».

À Malabo, on ne prend même plus de gants pour dénoncer les agissements d’un « petit groupe de diplomates français » qui, pour « d’obscures raisons », privilégient la condamnation de la Guinée équatoriale dans le dossier des biens mal acquis plutôt qu’une normalisation des relations diplomatiques.

La France aurait besoin de la place qu’occupe la Guinée équatoriale au Conseil de sécurité. Cette manière qu’a la France de caresser la Guinée équatoriale dans le sens du poil en arrêtant ses accusations à tout-va le montre bien.­­­ Mais le plus cocasse reste à venir : c’est la France qui, en mars 2019, succédera à la Guinée équatoriale à la présidence du Conseil de sécurité des Nations unies. Mais d’ici là, Paris chercherait à prendre les devants en apaisant les relations diplomatiques avec le président Obiang.

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2019 02 18

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TORINO-LIONE, IL RAPPORTO GIURIDICO CHE FA LA DIFFERENZA … ecco perché l’Italia può abbandonare il progetto …

http://www.presidioeuropa.net/blog/torino-lione-il-rapporto-giuridico-che-fa-la-differenza/ 

 Il Parere del Prof. Sergio Foà


La decisione sul futuro della Torino-Lione non appartiene ai sostenitori delle Grandi Opere ad ogni costo. Decine di anni di riflessioni e di valutazioni trasportistiche, economiche e giuridiche hanno abbondantemente segnalato che questo progetto è una Grande Opera Inutile e Imposta che, se realizzata, non avrà ritorno positivo.

Affermare che l’abbandono di una Grande Opera Inutile e Imposta, soprattutto quando la sua realizzazione non è ancora iniziata come in questo caso, dovrebbe essere sempre possibile sulla base dei principi di prudenza e di precauzione economica e ambientale.

Nel caso della Torino-Lione, è la stessa Unione europea che permette l’abbandono del progetto quando afferma che la decisione di attuare i progetti è lasciata agli Stati secondo la “capacità di finanziamento pubblico” e la “fattibilità socio-economica”.

Il Governo ha già ufficiosamente comunicato che l’Analisi Costi Benefici è negativa.

L’ala governativa a favore del progetto si aspetta che la relazione tecnico-giuridica redatta dall’Avvocatura dello Stato ribalti il risultato negativo dell’ACB come già avvenuto per il progetto del Terzo Valico attraverso l’uso spregiudicato di deboli argomenti giuridici.

Il Paese ha invece bisogno di conoscere la verità giuridica di un progetto internazionale i cui risvolti sono molto complessi e contengono al loro interno le “porte di uscita” che i decisori politici favorevoli hanno sempre ignorato.

L’Avvocatura dello Stato non potrà affermare l’esistenza di presunte penali facendo il copia-incolla delle affermazioni e delle cifre sapientemente preparate dai promotori dell’opera.

L’uscita dell’Italia dal progetto è un diritto stabilito dai Regolamenti europei e un dovere sulla base delle constatazioni tecnico-economiche.

Al Governo mettiamo a disposizione, attraverso questa comunicazione, un Rapporto giuridico che farà la differenza e che dimostra che l’Italia può abbandonare il progetto.

Questo Rapporto Giuridico, redatto dal professor Sergio Foà, Ordinario di Diritto Amministrativo dell’Università di Torino, descrive i possibili scenari in caso di mancato avvio dei lavori relativi alla fase definitiva del Progetto Torino-Lione, ossia lo scavo del tunnel di base di 57,5 km.

Il documento esamina i rapporti tra i vari soggetti che sono impegnati per realizzare il progetto e verifica quali sono le condizioni per la sua realizzabilità.

Sui rapporti tra Italia e Francia

Occorre subito sottolineare che Italia e Francia potrebbero dare il via alla realizzazione dei lavori definitivi (ossia lo scavo del tunnel di base) solo se esistesse la disponibilità finanziaria totale per realizzare l’intera opera. Questa è la condizione necessaria per l’avvio di ogni fase dei lavori fissata all’art. 16 dell’Accordo di Roma 30.1.2012

Sappiamo che questa condizione non è soddisfatta, quindi i lavori non possono iniziare.

Inoltre, l’Allegato n. 2 dell’Accordo di Roma del 2012 ha indicato ai decisori politici che gli Stati si impegnano a ridurre gli effetti a carico delle finanze pubbliche, in parole povere non si deve realizzare un investimento senza “ritorno” come sarà la Torino-Lione.

Ecco un altro elemento che impedisce l’avvio del progetto definitivo.

Mentre il costo certificato e validato è definito nel protocollo addizionale all’Accordo del 2012 il progetto è posto sotto il controllo paritetico dei due Stati: TELT può dunque agire solo in base ad un’istruzione paritetica dei due Governi, come indicato all’art. 3 dell’Accordo del 2012, che al momento non è all’orizzonte.

Questo è il terzo fattore che impedisce l’avviamento dei lavori definitivi.

Sui rapporti con l’Unione europea

Il GRANT AGREEMENT del 25 novembre 2015, ossia la risposta alla Domanda di finanziamento alla Commissione Europea del 24 febbraio 2015 di Italia e Francia (il cui accesso è stato negato dalla Commissione europea qai Deputati europei e ai cittadini). Questo contratto tra Italia, Francia e UE, riguarda solo opere da concludere entro il 2019 finanziate dalla Ue per un ammontare complessivo di € 813.781.900, prevede sanzioni amministrative solo in caso di grave inadempienza delle obbligazioni da parte dei beneficiari, che allo stato non esistono.

Le azioni in corso sono solo lavori geognostici, quelli definitivi contenuti nel Grant Agreement non potranno essere iniziati entro il 31 dicembre 2019 per il divieto imposto dall’art. 18 dell’Accordo 2012.

Ogni ritardo nel loro utilizzo non produrrà alcuna sanzione, ma solo la mancata erogazione dei fondi secondo il principio use it or lose it.

Sappiamo, ma dovrebbe saperlo soprattutto il Governo, che l’Unione Europea ha stabilito che sono gli Stati membri ad aver l’ultima parola su fare o fermare i progetti finanziabili in base a due criteri: la capacità di finanziamento pubblico e la fattibilità socio-economica.

Il Regolamento (UE) N. 1316_2013 CEF lascia infatti agli Stati membri la decisione di attuare i progetti secondo la “capacità di finanziamento pubblico” e la “fattibilità socio-economica” (art. 17 par. 3), così come prevista dall’art. 7, par. 2, lett. c) attraverso un’Analisi Costi Benefici per la sostenibilità socio-economica.

In conclusione, e alla luce di tali previsioni, gli Stati membri, che rimangono titolari del potere di decidere in ordine all’attuazione dei progetti secondo i criteri evidenziati, sono tenuti a dimostrare la capacità di finanziamento pubblico di ogni fase del progetto secondo l’Analisi Costi Benefici, se intendono proseguire nell’esecuzione del progetto.

Nel caso di conseguente revisione del progetto e dei suoi tempi di esecuzione

In questo caso non vi saranno penali, perché l’Unione europea non vincola gli Stati Membri nelle loro decisioni di programmazione. L’UE dovrebbe valutare la possibilità di modificare il Grant Agreement (tra gli Stati e INEA, per conto dell’UE) oppure, in difetto, potrà rimodulare il finanziamento o revocarlo nelle parti relative alle opere non eseguite.

Ci auguriamo che Italia e Francia abbiano fin qui sorvegliato con attenzione l’attività di TELT, perché ogni inadempimento di questa società rimane comunque imputabile agli Stati membri che l’hanno costituita nei confronti dell’UE, secondo i principi generali che la giurisprudenza europea afferma in materia di mancato utilizzo dei finanziamenti erogati.

Desideriamo inoltre rimarcare che, per quanto riguarda appalti di lavori affidati da TELT, la legge italiana prevede la rinuncia dell’aggiudicatario degli appalti a qualunque pretesa, anche futura, connessa all’eventuale mancato o ritardato finanziamento dell’intera opera o di lotti successivi (Art. 2, co. 232 lett. c) legge n. 191 del 2009 (Finanziaria 2010) richiamata dal CIPE, con sua Delibera n. 67/2017. L’applicabilità della predetta normativa italiana ai rapporti contrattuali nascenti da procedure di gara regolate dalla legge francese discende dall’art. 3 della Legge di Ratifica 5 gennaio 2017, n. 1.

Conclusione

In conclusione, l’Italia dovrebbe giustificare politicamente e giuridicamente la necessità di rivedere gli impegni assunti in sede di Accordo con la Francia in ragione di due elementi:

1.   l’iniqua ripartizione dei costi, perché non basata sui km di proprietà del tunnel (Italia 12,5 km, Francia 45 km) ex art. 11 dell’Accordo del 2012 (Cfr. Torino-Lione: Ma quanto ci costi?)

– infatti, l’impegno dell’Italia di finanziare il 57,9% dei lavori del tunnel di base (ex art. 18 dell’Accordo del 2012) è una iniqua contropartita finanziaria all’impegno, che la Francia ha già rinviato, di costruire a sue spese senza alcun finanziamento Ue una nuova linea ferroviaria di accesso al tunnel tra Lyon e Saint-Jean-de-Maurienne dotata di 33 km di tunnel a doppia canna, conformemente all’art. 4 del trattato dell’Accordo di Parigi 27 settembre 2011 senza questa contropartita della Francia, l’Italia non avrebbe avuto alcun interesse a sottoscrivere alcun impegno, dato che insistono sul suo territorio solo 12,5 chilometri sul totale di 57,5 chilometri del tunnel di base,

– è legittimo che l’Italia rifiuti di finanziare la costruzione del tunnel di base di 57,5 km più della Francia senza alcuna contropartita dato che le è richiesta una partecipazione finanziaria superiore a quella della Francia come riequilibrio.

2. – la previsione italiana di lotti costruttivi non funzionali, parte dei quali non dispone ancora di copertura finanziaria (come risulta dalla stessa Delibera CIPE n. 67/2017, cit.).

LUC MICHEL AU 32e SOMMET DE L’UNION AFRICAINE A ADDIS-ABEBA CES 9-11 FEVRIER 2019

* Voir sur LUC.MICHEL.ORG-TV/

REPORTAGE :

LUC MICHEL AU 32e SOMMET DE L’UNION AFRICAINE

A ADDIS-ABEBA CES 9-11 FEVRIER 2019

sur https://vimeo.com/317700204

vignette LM addis1

Le géopoliticien Luc MICHEL, président de PANAFRICOM et du PCN- НОП,  néopanafricaniste (1), administrateur-général de EODE Think Tank, depuis Addis-Abeba (Ethiopie), envoyé spécial à la « 32e session ordinaire de l’Assemblée des chefs d’Etat et de Gouvernement de l’Union Africaine » :

Rencontres multiples – dont le président tchadien Idriss Déby Itno et Félix Tshisekedi nouveau président de RDC –, expertises et directs pour les télévisions internationales AFRIQUE MEDIA (avec le journaliste Guy Nfondop) et PRESS TV (Iran), lobbying pour le Néopanafricanisme et la Cause des Peuples …

(1) Voir sur PANAFRICOM-TV/

UNIFICATION ET LIBERATION DE L’AFRIQUE ! LES BASES IDEOLOGIQUES DE PANAFRICOM : L’ABC DU NEOPANAFRICANISME (LUC MICHEL, JUIN 2016)

sur http://www.lucmichel.net/2017/08/30/panafricom-tv-unification-et-liberation-de-lafrique-les-bases-ideologiques-de-panafricom-labc-du-neopanafricanisme-luc-michel-juin-2016/

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Ora ce lo dice anche l’Europa. La Corte dei Conti Ue smonta il Tav. Un’opera inutile, dannosa e che costa uno sproposito

http://www.lanotiziagiornale.it/ora-ce-lo-dice-anche-leuropa-la-corte-dei-conti-ue-smonta-il-tav-opera-inutile/

16 febbraio 2019

di Carmine Gazzanni

tav

Dopo vari botta e risposta, informative, audizioni e incontri, la Commissione europea punti i piedi sul Tav perché, avvertono da Bruxelles, “non può escludere di dover chiedere di restituire i fondi Cef già erogati, se questi non possono essere ragionevolmente spesi in linea con le scadenze dell’accordo di finanziamento”. Il ragionamento della Commissione diretta da Jean-Claude Juncker è semplice: “Il progetto è in corso e per noi è importante che tutte le parti mantengano gli sforzi per completarlo in tempo, in linea con l’accordo di finanziamento”.

Se l’Italia tentenna, insomma, l’Ue non cambia idea e ribadisce che “il tunnel di base è un progetto importante per la Francia, per l’Italia e per l’Europa”, un progetto di “solidarietà e unità” ritenuto “necessario” per “unire le regioni e rafforzare la coesione economica e sociale in Europa”. Peccato che non la pensi in questo modo la commissione voluta da Danilo Toninelli che ha bocciato l’opera con l’analisi costi-benefici; non la pensi così il Movimento 5 stelle, principale azionista della maggioranza italiana; non la pensino così gli abitanti della Valle che sarebbe sventrata se l’opera si facesse. E non la pensa così l’Unione europea. Ma come?, qualcuno dirà. Ebbene sì: perché se da una parte la Commissione preme affinché il tunnel venga scavato, un altro organo dell’Ue ha detto chiaramente come l’Alta velocità sia inutilmente costosa.

Per capire di cosa stiamo parlando dobbiamo tornare a giugno scorso. In un rapporto della Corte dei Conti europea (Eca), probabilmente sconosciuto ai tanti del Pd e di Forza Italia che si lanciano sempre in lodi sperticate dell’Unione europea, si dice chiaramente che “la rete ferroviaria ad alta velocità dell’Ue è stata progettata e costruita dagli Stati membri in maniera isolata, senza un coordinamento adeguato a livello transfrontaliero e da cui risultano collegamenti insoddisfacenti”. Una bocciatura, dunque, su tutta la linea. Entrando ancora più nel dettaglio, dal rapporto emerge come dal 2000, la Ue ha cofinanziato investimenti nelle linee ferroviarie ad alta velocità per 23,7 miliardi di euro.

Gli auditor della Corte hanno effettuato un’inchiesta in sei Stati membri (Francia, Spagna, Italia, Germania, Portogallo e Austria) e hanno analizzato la spesa effettuata per oltre 5mila km di linee ad alta velocità. E cosa è stato dimostrato? Che per le linee sottoposte ad audit, il costo medio di un chilometro è di 25 milioni di euro. Di fatto, scrive la Corte, “i costi in questione avrebbero potuto essere nettamente inferiori, con un impatto minimo o inesistente sul funzionamento”. Infatti, non tutte le linee ad altissima velocità costruite sono necessarie. In molti casi, “i treni viaggiano su linee ad altissima velocità a velocità medie di gran lunga inferiori alla velocità prevista per la linea”.

L’alta velocità, infatti, a quanto pare non viene mai raggiunta: “sulle linee esaminate, i treni viaggiano in media al 45 % circa della velocità per la quale la linea è stata progettata”. Ma c’è di più: la Corte, infatti, ha analizzato anche i costi per minuto risparmiato grazie all’introduzione della linea ferroviaria ad alta velocità e ha constatato che “per quattro delle dieci linee sottoposte ad audit, ogni minuto risparmiato costerà più di 100 milioni di euro”. La cifra più elevata è stata rilevata per la linea Stoccarda-Monaco, che costerà 369 milioni di euro per minuto risparmiato. Non proprio un bell’affare.

Ma a questo punto urge chiedersi: e l’Italia? Come sempre, infatti, sappiamo distinguerci quando si parla di inutili sprechi. Gli auditor hanno riscontrato che nel nostro Paese ogni km di linea super veloce, realizzato finora, è costato 28 milioni di euro, contro i 13 dei tedeschi, i 15 dei francesi e i 14 degli spagnoli. Il costo totale per l’Alta velocità italiana ammonta per ora a 41,9 miliardi di euro per 1.280 km di linea. Ed ecco il punto: se ai progetti già completati si sommano quelli in via di realizzazione (Torino-Lione compresa), il costo per km per l’Italia sale a 33 milioni contro i 14 milioni di Spagna e i 15 milioni di Germania e Francia.

SECONDO GLI SCIENZIATI ATOMICI SIAMO A 2 MINUTI DALL’APOCALISSE……. SE SETTE GUERRE VI SEMBRAN POCHE, NE FACCIAMO ALTRE DUE

http://fulviogrimaldi.blogspot.com/2019/02/secondo-gli-scienziati-atomici-siamo-2.html

MONDOCANE

DOMENICA 17 FEBBRAIO 2019

Qui si parla dell’Iran. L’abbiamo girato in lungo e in largo, ne abbiamo conosciuto i giovani, gli operai, le donne, gli artisti, gli storici, i politici. Ne abbiamo visitato le bellissime città antiche, i siti archeologici. Ne abbiamo incontrato la sofferenza per le atrocità del terrorismo che colpisce alla cieca e delle sanzioni che puntano ad affamare per sottomettere. E’ un Iran civile e ospitale, il rovescio di quello che ci viene raccontato. Un paese che non ha mai aggredito nessuno. Ora lo vorrebbero annientare. Conviene conoscerlo per sostenerlo. Il mio docufilm “TARGET IRAN” ve ne offre l’occasione. Per sapere come riceverlo scrivete a visionando@virgilio.it.  Il trailer: https://www.youtube.com/watch?v=haEQNk6gE8M&feature=youtu.be

Da discorsi dell’odio a fatti dell’odio

Quelli che, da quando li ha inventati Hillary Clinton e da noi li ha rilanciati Renzi, per poi passarli a Boldrini, onde ne coprisse paginate su “Repubblica” “Foglio” e “manifesto”, ci scassano le gonadi con la campagna contro i  “discorsi dell’odio”, gli hate speeches, se fossero onesti dovrebbero gettare un’occhiata su quanto è successo a Varsavia e ritirarsene con orrore. Dopo l’abbandono  USA del Trattato ABM già nel 2002, e ora di quello sui missili a corto e medio raggio (INF) che coinvolgono l’Europa e in vista dell’abbandono anche del trattato New START che scade nel 2021, siamo alla più demenziale corsa al riarmo nucleare dai tempi di Eisenhower. Una corsa che ha fatto spostare l’orologio degli scienziati atomici a 2 minuti da mezzanotte, dove era stato solo temporaneamente nel 1953 e nel 1960, nei momenti più acuti della guerra fredda.

Ma dei fatti dell’odio pochi si curano. Sono i discorsi che contano. E i discorsi dell’odio, i rancori, le invidie sociali, li facciamo solo noi. Noi che non sappiamo adattarci al migliore dei mondi possibili e non comprendiamo la bellezza e la bontà dei diritti umani esercitati sui fregati dalle banche, su coloro che producono a un costo più alto del ricavato, sui migranti che, tolti dall’inferno di casa loro e dei campi libici, vengono trasformati in cavernicoli della plastica, in formiche operaie e poi in torce umane, sui popoli da liberare dai “dittatori” che avevano liberamente eletti….Dopo averci negato la lotta di classe, anzi dopo averne promossa solo una, dall’alto verso il basso, hanno marchiato l’inverno del nostro scontento di “discorso dell’odio”. E Boldrini e Facebook stanno li, acquattati, pronti a coglierci in fallo.

Varsavia-Gerusalemme, vertici di una nuova coalizione RtP

A Varsavia, nei giorni scorsi, altro che “discorso dell’odio”. Dell’odio c’è stato una kermesse, un festival, una fiera, un’apoteosi. Ma nessuno la definira mai tale.  Essendo quei sentimenti tutti diretti contro l’Iran, sentina mondiale massima dell’odio, andavano classificati come “vertice della pace e della cordialità”. Ci si sono messi in tanti, i migliori: i quattro del Gruppo di Visegrad, fino a ieri brutti xenofobi sovranisti, i tre cavalieri dell’apocalisse trumpiana (Pence, vicepresidente, Bolton, Sicurezza Nazionale, Pompeo, Segretario di Stato), i tre semistati baltici, i sauditi con le grandi democrazie del Golfo  e, a coronamento, l’eccellenza assoluta dei buoni e pacifici sentimenti, Benjamin Netaniahu. Razzisti con antirazzisti, nazionalisti con globalisti, sovranisti con antisovranisti (colonizzati), semiti con antisemiti. Tutto fa brodo se ci si fa bollire l’Iran. Per fargli la guerra ci voleva la solita “coalizione dei volenterosi”, sa di “comunità internazionale”, l’ente che è buono per definizione. Quella che si assume la RtP, Responsibility to Protect.

Come potevano mancare i radicali!

E non finisce qui, giacchè pochi giorni dopo a Gerusalemme, la stessa compagnia dei buoni sentimenti torna a riunirsi per dare la limatina finale all’armageddon che dovrà abbattersi sull’Iran, definito, con umorismo necrofilo, “centro mondiale del terrorismo”, appena dopo aver subito un attentato costato la vita a 40 Guardie della rivoluzione (ultimo di una serie ininterrotta israelo-americana dal 1979 a oggi). Tutto questo serva da avvertimento all’arroganza di un paese che si permette di festeggiare, con tutto un popolo, salvo frange in vendita, i quarant’anni della sua uscita dal girone occidentale e da una tirannia monarchica che, quanto a ferocia repressiva, fa sembrare la Spagna di Torquemada un parco giochi per bimbi. Non per nulla, seguendo una vocazione congenita ai diritti umani, si sono precipitati a Parigi i radicali, ad omaggiare l’erede dell’ultimo Shah e farneticare insieme di ritorno della monarchia a Tehran. Gli iraniani, è evidente, non aspettano altro.

Come, del resto, i venezuelani che, dalle immagini presso di noi trasmesse, affluiscono in masse oceaniche a ogni fischio dell’autentico presidente. Quello che, dopo aver fatto saltare un po’ di teste di motociclisti chavisti sui cavi stesi attraverso la strada (tecnica delle guarimbas, ricordate), tanto è piaciuto a Trump e al veterano delle macellerie in Salvador, Guatemala e Nicaragua, Abrams, da nominarlo presidente del Venezuela. Come potevano, Mattarella e il suo portalettere Moavero, non essere d’accordo? Quanto alle immagini, vedrete prima un Guaidò  con un capannello di gente e poi, a stacco, un’immane folla. Guardate bene: c’è un sacco di rosso chavista. Vecchio trucco, facevano così anche con le dimostrazioni contro Assad.

Un po’ di photoshop

Sette guerre di Obama, altre due di Trump

 Qualcuno dovrebbe ricordare a Trump la lezione del maestro Von Klausewitz e, andando più indietro, del sommo Sun Tsu. Mai aprire due o più fronti. Ora, Obama ne ha aperti ben sette, tra piccoli e grandi, tra fatti condurre da terzi e mercenari e quelli condotti direttamente, con stivali sul terreno, o solo con guerra dall’aria: Afghanistan, Libia, Siria, Iraq, Yemen, Somalia, Ucraina. In quasi tutte queste ci siamo di mezzo anche noi, in quanto Nato. Guerre guerreggiate, al netto delle destabilizzazioni con rivoluzioni colorate, o regime change da colpi di Stato, che poi sono guerre anche quelle. Trump ha ereditato e continuato tutte queste guerre, anche se, ora, dalla siriana pare voglia tirarsi fuori, se quelli che lo portano al guinzaglio lo lasciano fare. Magari in cambio dei due nuovi fronti appena aperti: Venezuela e Iran.

Alla vista del protagonismo di un sovra-eccitato Netaniahu che, pressato da una caterva di inchieste per ladrocinio e corruzione suoi e della consorte, deve trovare la molla che lo proietti verso l’ennesima vittoria elettorale, c’è da porsi una domanda: è il cane americano che agita la coda israeliana, o è la coda israeliana che agita il cane americano? A favore della seconda ipotesi milita anche il fatto che senza il supporto degli evangelici statunitensi, difficilmente Trump sarebbe arrivato alla Casa Bianca. E per questi cristiani rinati la Grande Israele è in qualche modo la chiave  che aprirebbe i cieli alla seconda venuta di Cristo. Gente, questa, da non sottovalutare, come s’è visto in Brasile.

Grande Israele o mondo?

Vecchia questione, quella del cane e della sua coda, dalle risposte non univoche. Anche perché di sionismi non ce n’è solo uno. C’è quello ipernazionalista dello Stato per soli ebrei che punta all’impero dal Nilo  all’Eufrate e che poco si interessa al progetto del dominio globale sul mondo, tramite strumenti più economico-finanziari che militari, fondamento invece della strategia dell’altra componente. Che questi due scenari non si siano reciprocamente simpatici parrebbe segnalato anche da come lo speculatore George Soros, campionissimo del mundialismo, sia malissimo visto in Israele e dagli amici di Israele. Qualcuno dirà che vado farneticando quando individuo anche nel “manifesto”, gazzettino dello Stato Profondo in Italia, la linea sorosiana. Da sempre filo-palestinese e duramente critico di Israele, con un bravo corrispondente, Michele Giorgio, per tutto il resto e specialmente nelle sue pagine “culturali”, quasi per intero appaltate alla tribù, sostiene con passione le campagne del globalismo imperiale (migrazioni, terrorismi strumentali, “dittatori” e diritti umani, gender e femminismi, russo- e sinofobia, #metoo, Bonino, Hillary, Troika…)ù

Se forse qualcuno a Washington  si pone il problema che oltre ai conflitti minori, suscettibili alla peggio di causare diverticoli, due bocconi insieme. come Venezuela e Iran, possano anche strozzarti, non è questione che pare turbare Netaniahu. E’ l’unico da quelle parti che tiene l’indice sul bottone di 200-400 bombe atomiche. E ora che, intorno a questo arsenale ha fatto inginocchiare anche Arabia Saudita, Emirati, Kuweit, Bahrein, Oman, con i palestinesi accalappiati dal piano di pace Trump-Kushner che li riempierà di dollari in cambio della resa, tiene anche le spalle coperte.

Delle riluttanze europee, di cui a Varsavia non si sono visti né quelle del Sacro Romano Impero, e nemmeno delle loro periferiche marche, né Usa, né Israele terranno alcun conto. L’esercito comune franco-tedesco e la relativa industria delle armi sono di là da venire. Come parrebbe di là da venire la fiera risposta alle sanzioni Usa contro l’Iran, che l’UE aveva detto di voler dribblare.

Il trio di Astana a Sochi: prova e riprova….

La stampa nostrana parla di flop a Varsavia.Ne dubito, forse è un esorcismo di fronte alla prospettiva di una conflagrazione generale. Intanto sta in piedi, ed è nucleare, la Nato-arabo-israeliana. Di nulla di fatto si parla anche dell’altro vertice, a Sochi, con Putin, Rouhani ed Erdogan.  tenuto quasi in contemporanea, che vedeva riuniti per la quarta volta i tre brutti e cattivi, compreso quello preso di mira a Varsavia. Sotto le apparenze di concordia e serenità tra i tre protagonisti-concorrenti del conflitto siriano, si sono confermate le differenze tra Iran e Russia, in particolare sull’atteggiamento da tenere verso la sempre più impunita aggressività israeliana. E non si è fatto neanche un passo avanti sulla questione di Idlib, vasta provincia siriana  di cui i turchi hanno fatta una ridotta jihadista, affidata ad Al Nusra, Isis e altre milizie, spesso in lotta tra loro, ma che insistono, contro ogni accordo russo-turco di demilitarizzazione, ad attaccare la provincia di Aleppo. Ne si è venuto a capo di cosa fare della regione di confine, ora in mano ai curdi , ma di cui Erdogan, d’accordo con Washington, vorrebbe fare in profondità la sua “zona di sicurezza”. Ovviamente senza curdi. E senza Damasco.

Intanto i curdi, sotto forma di Forze Democratiche Siriane, assediano Baghuz,  l’ultima città in mano all’Isis, sul confine con l’Iraq, con copertura aerea Usa. Si tratta di territorio arabo siriano come quello di tutto il Nord Est, un terzo della Siria, occupato e pulito etnicamente dai curdi. Ai civili intrappolati a Baghuz e nei villaggi vicini, il governo siriano aveva fatto arrivare una colonna di soccorsi, da utilizzare anche per l’evacuazione. Ma i curdi l’hanno bloccata e rispedita indietro.

Pubblicato da Fulvio Grimaldi alle ore 20:21