Camusso: “L’operaio Cgil ormai vota Cinquestelle”

e chissà come abbiamo fatto ad arrivare tanto in basso….tanto alla fame. Le masse vogliono il reddito di cittadinanza? Ma dai, le fantomatiche tutele, dal rei al sussidio, quante persone realmente coprono dei bisognosi che avete messo tanti di quei paletti che bisogna essere miracolati per rientrare nella fattispecie.

Susanna Camusso così commenta il successo del M5S: “C’è una parte crescente di popolazione che non trova protezione e il mondo del lavoro in generale si sente isolato senza più rappresentanza politica”

Raffaello Binelli – Ven, 09/03/2018

Con uno stivale sempre più giallo e blu, con il colore rosso ritiratosi in una minuscola “riserva indiana”, proseguono le analisi da parte degli esponenti della sinistra, che cercano di capire le cause del tracollo, perché non si può che parlare di tracollo.

Susanna Camusso, leader della Cgil, in un’intervista a Repubblica sostiene “che tra gli operai delle fabbriche del nord iscritti alla Cgil ci fosse chi votava Lega lo sapevamo da tempo, la novità è che c’è un’altra quota di nostri tesserati che non si astiene più e vota per i Cinquestelle”.

“Basta guardare la cartina dell’Italia con l’attribuzione dei seggi parlamentari – osserva – per vedere che è finita l’epoca dell”Italia rossa. Quel modello non c’è più, è tutto cambiato. Non c’è alcun voto contro la Cgil, anzi – sottolinea poi Camusso – ne esce confermata la nostra capacità di tutela al di là e oltre gli schieramenti politici, come ha certificato Ilvo Diamanti sul forte aumento di consenso alla Cgil. Poi è vero che quel voto, il primo dopo la crisi economica, sollecita una maggiore autonomia dalla politica e a essere tra i lavoratori in maniera costante non solo durante le vertenze o le vicende contrattuali”.

“Chi ha votato M5S – afferma Camusso – ha votato anche per il reddito di cittadinanza, per una forma di assistenza. Ecco: in questa richiesta c’è un messaggio anche per il sindacato. C’è una parte crescente di popolazione che non trova protezione e il mondo del lavoro in generale si sente isolato senza più rappresentanza politica”.

http://www.ilgiornale.it/news/politica/camusso-loperaio-cgil-ormai-vota-cinquestelle-1503149.html?mobile_detect=false

Elezioni e geopolitica

Nel maggio del 2017, l’elezione di Macron in Francia faceva tirare un sospiro di sollievo alla Troika (F.M.I, C.E, B.C.E.) e alle oligarchie politico finanziarie, l’ondata populista in Europa aveva subito una battuta d’arresto e forse si stava esaurendo. I risultati delle elezioni italiane smentiscono questa ipotesi, a vincere sono stati i partiti “populisti”, alla camera: il Movimento 5 stelle si afferma come primo partito, ottiene il 32,68% dei voti e 133 seggi; la coalizione di centro destra (Lega, Forza Italia, Fratelli d’Italia e l’insignificante UDC) vince la tornata elettorale, ottiene il 37% dei voti e 151 seggi (la Lega supera gli alleati e si prepara a guidare un eventuale governo); la sinistra crolla, ottiene il 22,85% dei voti e 112 seggi, ne aveva ottenuti 345 alle politiche del 2013. Non poteva andare peggio al fanfarone fiorentino che da “rottamatore” sarà “rottamato”.

La cariatide Berlusconi ha la dentiera che batte, la tricoprotesi incollata in testa ma non molla; certi vecchi non hanno il buon gusto di togliersi dai coglioni. D’Alema è trombato, la Boldrini si salva grazie al “paracadute” del proporzionale, l’orrenda Bonino viene eletta grazie al meccanismo dell’uninominale. Sono questi i rappresentanti della sinistra al “caviale”, libertaria e liberista: predicano la cultura dell’accoglienza e giustificano le guerre umanitarie incuranti delle disastrose conseguenze; usano l’antifascismo e la lotta alle discriminazioni per imporre la dittatura del politicamente corretto e del reato di opinione, praticano lo squadrismo mediatico bollando come “fascista”, “razzista”, “omofobo” ogni pensiero non omologato; sono i pedissequi esecutori delle politiche neoliberiste imposte dalla Troika che hanno impoverito milioni di europei, antepongono l’aborto e l’eutanasia alle politiche in difesa della natalità.

Le forze di governo, i servi sciocchi dell’informazione, i sedicenti intellettuali progressisti erano scesi in campo per fermare la deriva “populista” del Paese. Degne di nota sono state le patetiche manifestazioni “antifasciste” e “antirazziste” che hanno segnato la campagna elettorale; qui gli squadristi dei centri sociali hanno sfogato la loro violenza sulle forze dell’ordine e sui cittadini; una violenza che prospera grazie all’impotenza-connivenza delle istituzioni, magistratura compresa. Tutto questo non è servito a fermare l’onda “populista”. I “populisti” hanno saputo incanalare la rabbia e la disperazione di milioni d’italiani: stanchi di vedere il Paese trasformato in fogna multietnica, grazie a un’immigrazione che genera criminalità, sfruttamento e minaccia la nostra identità storica e culturale (l’islamizzazione); stanchi di sopportare i privilegi di una casta inetta e corrotta, prostituita ai poteri forti e incapace di difendere gli interessi nazionali; stanchi di subire le politiche di austerità imposte dall’Unione Europea.

Dai risultati elettorali non emerge una maggioranza che ha i numeri per governare il Paese (la maggioranza assoluta alla Camera è di 315 seggi). Escluso il ricorso a nuove elezioni tutte le ipotesi rimangono aperte, non mi dilungo perché questa non è la mia materia.

Voglio invitarvi a riflettere sugli aspetti geopolitici di questo voto. Lega, Fratelli d’Italia e Movimento 5 Stelle, pur da posizioni diverse condividono una profonda e legittima diffidenza verso le istituzioni europee, sono critici verso l’Euro, vedono nella Russia un potenziale alleato e non un nemico. Diffidano dalle guerre imperialiste cammuffate da crociate umanitarie, interventi militari ai quali partecipiamo seguendo con fedeltà canina le direttive di Washington. Ci sono le condizione per una nuova politica meno filoatlantica e più euroasiatica? Più sovranista e meno globalista? E’ presto per dirlo però le premesse ci sono.

L’Italia è un Paese strategico per gli equilibri dell’Europa e del Mediterraneo (la Nuova via della seta, i flussi migratori che dall’Africa e dal Medio Oriente arrivano in Europa, il nostro peso economico e politico condiziona il futuro dell’Unione e dell’euro, gli Stati Uniti controllano l’Europa e il Mediterraneo grazie alle basi in Italia, per la Russia e per la Cina non siamo nemici e rappresentiamo un Paese che può dare molto sotto ogni profilo) ma resta un adolescente politico, incapace di tutelare gli interessi nazionali (gli obiettivi politici ed economici di uno Stato, i valori che intende difendere) lo abbiamo visto con la crisi libica, le sanzioni alla Russia e la gestione dei migranti. L’Italia è un eterno Peter Pan privo di dignità nazionale e di lungimiranza politica: convinto che la Guerra Fredda non sia finita e quindi la sudditanza-riconoscenza verso gli Stati Uniti sia eterna; convinto che questa Europa sia l’unica possibile e che alle sue istituzioni si debba cieca obbedienza. Ai dogmi della fede cattolica abbiamo sostituito quelli della fede “atlantica”, “europea” e del “mercato”. E’arrivato il momento di crescere e di alzarci in piedi, sono in gioco il nostro futuro e la nostra dignità. Lo capiranno i pentastellati appoggiando un governo sovranista? Che Dio protegga l’Europa dei popoli e delle “patrie”.

di Giorgio Da Gai – 08/03/2018 Fonte: Giorgio Da Gai

MOSCOU VA-T-ELLE S’ENGAGER CONTRE LES DJIHADISTES EN RCA ET AU SAHEL? (LE GRAND RETOUR DE LA RUSSIE EN AFRIQUE V)

LUC MICHEL: 

Le grand retour de Moscou en Afrique …

La « Guerre froide 2.0 » est en route en Afrique !

Partie IV

EODE-TV/ GEOPOLITIQUE AFRICAINE/

LE GRAND RETOUR DE LA RUSSIE EN AFRIQUE V :

MOSCOU VA-T-ELLE S’ENGAGER CONTRE LES DJIHADISTES EN CENTRAFRIQUE ET AU SAHEL ?

https://vimeo.com/260800785

vignette EODE-TV russie afro V

Deux analyses complémentaires :

La Russie de retour en Afrique. Dans quel contexte géopolitique s’inscrit l’arrivée de la Russie en RCA et sans doute au Sahel ?

1- Depuis fin janvier, la Russe forme  et équipe les FACA, les Forces armées centrafricaines, pour la libération de leur pays des bandes armées qui menace l’existence même de l’Etat. En décembre, après de longues négociations avec le Conseil de sécurité de l’ONU, la Russie avait été autorisée à donner un stock d’armement conséquent à la République centrafricaine. Moscou avait également reçu l’autorisation des Nations Unies d’entraîner les militaires centrafricains à l’utilisation de ces armes. Puis les instructeurs sont arrivés à Bangui et un camp d’entraînement militaire a été installé à Berengo, dans le sud-ouest du pays.

2- Les forces étrangères déployées au Sahel ont-elles des «intentions malhonnêtes» ?

La Russie est préoccupée par la situation sécuritaire dans le Sahel, qui visiblement «ne s’améliore pas», et se pose des questions sur «le sérieux des forces étrangères», déployées dans la région, pour la lutte contre le terrorisme, a déclaré l’ambassadeur de Russie à Alger, Igor Beliaev, dans un entretien accordé au quotidien El Khabar, publié mercredi. Vers une intervention russe dans le sahel ?

Luc MICHEL dans ‘FACE A L’ACTUALITE’

Emission en direct du 13 mars 2018

Sur AFRIQUE MEDIA

Et Luc MICHEL dans ‘LE DEBAT PANAFRICAIN’

Emission en direct du 18 mars 2018

Sur AFRIQUE MEDIA

Images : EODE-TV (filmé à Bruxelles)

Montage : EODE-TV

# ALLER AU FOND DU DOSSIER :

* Sur EODE-TV/ GEOPOLITIQUE AFRICAINE/

LUC MICHEL: MOSCOU DE RETOUR SUR LES CHAMPS DE BATAILLE DE LA GUERRE FROIDE (PARTIE I)

sur https://vimeo.com/252349360

* Et sur EODE-TV/ GEOPOLITIQUE AFRICAINE/ LUC MICHEL: MOSCOU DE RETOUR SUR LES CHAMPS DE BATAILLE DE LA GUERRE FROIDE (PARTIE II)

sur https://vimeo.com/252349171

* Lire en Anglais sur LUC MICHEL’S GEOPOLITICAL DAILY/ AFRICAN GEOPOLITICS:

HOW ‘RUSSIA REVISITS AN OLD COLD WAR BATTLEGROUND’

(SEEN FROM THE USA)

sur http://www.lucmichel.net/2018/01/17/luc-michels-geopolitical-daily-african-geopolitics-how-russia-revisits-an-old-cold-war-battleground-seen-from-the-usa/

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La grande sconfitta

Stranamente, il risultato elettorale testè uscito dalle urne, ha lasciato ammutoliti e silenti i coribanti e le ochette del buonismo a gogò. Forse certe persone si credevano che, a suon di antifascismo, jus soli, accompagnati dallo spauracchio degli “estremismi”, di fronte ad un atteggiamento di rancido moderatismo e di simil-responsabilità gli elettori, dal nord al sud della nostra penisola, li avrebbero amorevolmente e doviziosamente premiati. E non sono certo bastate le facili suggestioni di un voto di scambio all’insegna di fritture di pesce e quant’altro, a modificare quanto uscito dalle urne, né i nervosismi e le rampognette euro-globaliste di Frau Merkel e dei Dem d’Oltreoceano.

Quanto sinora uscito dalle urne, prospetta la predominanza di due blocchi che, con tutte le differenze che li contraddistinguono, sono accomunati da uno spiccato atteggiamento anti-sistemico: la Lega di Matteo Salvini da una parte ed il Movimento Cinque Stelle, dall’altra. Mentre, però, la Lega è divenuta la forza politica preponderante di una coalizione di “centro-destra” (termine questo, sempre più svuotato dei suoi originari significati ideologici, sic!), formata da altri soggetti politici, il Cinque Stelle da solo, ha ottenuto il trenta e più per cento dei voti del corpo elettorale nostrano, affermandosi sì quale primo partito del quadro politico, quanto a numero di voti, ma pur sempre privo di quella maggioranza, per legge, necessaria a poter governare da soli.

Pertanto, dallo scenario che ne vien fuori, delle due ipotesi l’una: o Lega e Cinque Stelle, siglano un accordo per spartirsi il governo del paese in nome di un mix di sovranismo, identitarismo, contestazione e radicale rivisitazione di quanto fatto dagli ultimi governi in materia di economia, previdenza sociale e quant’altro oppure, un mandato esplorativo ed un conseguente “governo di scopo”, al fine di espletare le più immediate ed urgenti priorità istituzionali, sino al conseguimento di una appropriata legge elettorale. A complicare ulteriormente il quadro, la poca disponibilità, almeno a parole, da parte dei vari soggetti in giuoco, Lega in primis, (ma anche i Pentastellati, sino a poco tempo fa…e non è detto che, more solito, non ci ripensino…) a condividere con altri il governo del paese.

Comunque la si voglia mettere, ad uscire clamorosamente sconfitta da questo confronto elettorale, non è solamente la “sinistra” intesa quale aggregazione politica o partitica che dir si voglia, quanto una mentalità, un’assetto di pensiero che si sviluppa in una modalità di agire dalle molteplici implicazioni e che noi, per una questione di brevità semantica, definiremo “moderata”.  Sì, perché se non si fosse capito, a creare le premesse ed a portare l’Italia sul baratro di un disastro politico, economico e sociale, sono stati proprio loro, i “moderati” di tutte le salse e le risme.

Moderazione. Questa sembrava esser divenuta la parola d’ordine di tutte le formazioni politiche nostrane verso la metà degli anni ’90, a seguito della “vaporizzazione” della Cortina di Ferro e dell’euforia liberista da ciò ingenerata ed indotta e di cui gli scritti di un Francis Fukuyama, preconizzanti una quanto mai improbabile “Fine della Storia”, fecero da battistrada.

In Italia, la necessità di innestare un profondo processo di cambiamento e rinnovamento dell’intero assetto istituzionale e politico di un paese, rappresentato dal sorgere della Lega di Bossi e dal crollo del pentapartito a seguito delle inchieste di “Mani Pulite”, si tramutò ben presto in uno scontro senza soluzione di continuità tra due schieramenti sorti proprio al fine di contenere quelle istanze di cambiamento di cui abbiamo detto: la Sinistra buonista e “democratica” PDS/DS/PD e la Destra berlusconista.

I “ma”, i “però”, i “distinguo”, i contorsionismi politici, pronunciati al fine di non turbare troppo il nuovo assetto globale neoliberista, assursero ad irrinunciabile assioma, accompagnato dall’idea di un’economia liberista che tutto avrebbe risolto e felicemente regolato, a patto che ne fossero codinamente seguiti i dettami. Una crisi finanziaria dopo l’altra e ci si accorse che così non era, anzi.

Il generale peggioramento delle condizioni di vita degli Europei e degli Italiani, in particolare, accompagnati da un progressivo inasprirsi della pressione fiscale, le folli spese militari per spedizioni all’estero, in ossequio ai diktat della “Comunità Internazionale (leggi Usa…), lo strapotere e la sostanziale impunità delle istituzioni finanziarie, accompagnato da consistenti tagli alla spesa pubblica e previdenziale, l’impossibilità di perseguire delle autonome politiche di bilancio, accompagnate da incisive politiche di tutela delle proprie industrie, la pratica della delocalizzazione di queste ultime, al fine di abbassare il costo del lavoro, il tutto realizzato grazie ad accordi-capestro, impunemente sottoscritti sia a livello europeo (Maastricht, Lisbona, Direttiva Bolkenstein, etc.) che internazionali (Wto, etc.), la folle pratica di apertura delle frontiere e dell’ingresso di orde multietniche, al fine di sostituire la mano d’opera locale, con una servile d’importazione,a basso costo, priva di diritti, più facilmente manovrabile, al fine di stravolgere e snaturare pericolosamente i già fragili equilbri di un paese…

Questo mix di insicurezza sociale, rabbia e paura, è stato, da una parte, intercettato da alcuni settori di quello che era il raggruppamento moderato della destra “moderata”, ovverosia Lega e Fratelli d’Italia/An che, ripresentatisi al corpo elettorale all’insegna di un approccio “duro”, di tipo sovranista ed identitario, imponendo, pertanto, un radicale cambio alla tabella di marcia a formazioni prima ammantate di moderatismo.

Dall’altra parte, per il Cinque Stelle, il discorso è differente. Sorto improvvisamente sullo scenario politico nostrano, sotto gli auspici del duo Grillo-Casaleggio, al di là delle iniziale sparate anti sistema e delle garanzie di affidabilità conclamate a gran voce, permane un’entità politica proteiforme, in grado di smentire a piè sospinto, quanto poco prima proclamato, lasciando così in forte dubbio un avveduto osservatore politico. Dubbio rinforzato dall’esempio della pessima non-gestione della Capitale da parte della giunta Raggi. Non solo. Sono in non pochi a dubitare sull’autenticità delle intenzioni dei Cinque Stelle. Frasi di Grillo sulla funzione di “contenimento” della sua creatura politica, rispetto a spinte “estremiste” sullo scenario nostrano, la voce di una sua presenza sul panfilo “Britannia”, durante la fatidica riunione del ’94, la mai chiarita funzione della Casaleggio ed Associati, sino al sospetto di rapporti con alcuni settori della massoneria britannica, contribuiscono ad incrementare tutti quei dubbi precedentemente esposti.

A questo punto, diviene d’obbligo il classico “che fare?”.  Ad onor del vero, in un simile scenario non ci si può più affidare a forze minoritarie, dell’ una o dell’altra parte, troppo spesso ammantate di sterili nostalgismi ed ancora immerse in contrasti ed aporie tali, da non renderne più credibile l’azione politica se non ad un livello settoriale, “di nicchia”, quale può essere quello prettamente giovanile, tanto per fare un esempio. Rimane, invece, molto più realistica e sicuramente praticabile, l’idea di un’interazione con quella, tra le forze maggioritarie presenti sullo scenario, che più può avvicinarsi a tematiche autenticamente sovraniste ed identitarie.

Tra tutte quelle forze che oggi si presentano quale alternativa al sistema, la Lega è, al momento, quella che maggiormente sembra voler portare avanti certe tematiche. Certo, anche qui, il condizionale è d’obbligo, viste le cadute del passato. Ma proprio in virtù di quella discontinuità di cui abbiamo parlato e  di cui la “gestione” Salvini sembra essere il classico esempio, è da qui che si dovrebbe ripartire per iniziare un reale percorso di cambiamento, spingendo per emarginare e ricacciare nei retroscala della Storia, qualunque tentazione “moderata”.

Non sarà una battaglia facile. Troppi pregiudizi, troppe pressioni, troppi interessi, ancora brigano in tal senso. Ancora si debbono iniziare le trattative per un governo. I grandi sconfitti della contesa, i “moderati” di sinistra e di destra, non si lasceranno certo togliere senza far storie, l’amata poltrona. L’Europetta di Frau Merkel, dell’ubriacone Juncker e del presuntuoso ed ipocrita Macron, oltre ai servetti del Financial Times, con vari toni, hanno detto che non gradiscono

Resta comunque che, di queste elezioni, i grandi sconfitti sono loro, i moderati, i buonisti, i liberal-progressisti da salotto, gli slavati europeisti da Master alla Luiss. Un segnale molto forte, in tal senso, è pervenuto anche agli altolocati papaveri globalisti, alla Soros. E non è una sconfitta da poco, momentanea. E’ la prima, cocente batosta, per un contesto politico ed ideale, che ha avuto tutte le occasioni di questo mondo per dimostrare che la ragione stava dalla propria parte ed invece ha, a più riprese, “toppato”, uscendo in modo irrimediabile dall’orizzonte ideale dei popoli europei.

Un’altra era va, dunque, profilandosi. Un’era i cui esiti sono, se vogliamo, ancor più incerti di quella del benessere a gogò, che ci ha appena preceduto. Si tratta di riuscire ad evitare il declino dell’Europa e dell’Italia e di riconquistare il benessere materiale e spirituale che fu di quell’Europa, che ebbe un ruolo centrale nella Storia del mondo. Ora, a dispetto di Francis Fukuyama e di tutta la corte dei tartufi buonisti e progressisti, la ruota della Storia, per l’Europa, sta ricominciando, pian piano, a girare. E non è cosa da poco.

di Umberto Bianchi – 09/03/2018 Fonte: Ereticamente

https://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=60283