ci vogliono come pecore docili

No Tav, tagliare un filo spinato “è una protesta comunque violenta”: Abbà condannato

Quindici giorni di carcere, trasformati in pena pecuniaria, per l’attivista No Tav. Secondo i giudici il gesto “al di là del danno patrimoniale provocato, ha una carica simbolica”

di SARAH MARTINENGHI
 
Anche tagliare un filo spinato può essere considerato un gesto da condannare, perché “rappresenta una modalità di protesta violenta e non legittima”. Lo scrive il giudice Marta Sterpos del tribunale di Torino nelle motivazioni della condanna del noto attivista No Tav Luca Abbà, e di Emanuela Favale. Il giudice aveva inflitto 15 giorni di carcere, trasformati in 3750 euro di pena pecuniaria, perché, secondo l’accusa, il 29 settembre 2012 avevano tranciato con una tronchese il filo spinato a recinzione del cantiere Ltf in Val Clarea. Un gesto che secondo la difesa dell’avvocato Claudio Novaro sarebbe potuto rientrare tra quelli da non punire anche per esiguità del danno e tenuità del fatto.

Ma il giudice ha invece accolto la tesi dei pm Andrea Padalino e Antonio Rinaudo. Il gesto infatti “al di là del danno patrimoniale provocato, ha una carica simbolica ed è avvenuto in un contesto tale per cui non giustifica la causa di non punibilità invocata dalla difesa”. “Senza voler valutare le ragioni del movimento No Tav – aggiunge il tribunale – il taglio del filo spinato rappresenta una modalità di protesta comunque violenta e non legittima, resa minacciosa dal fatto di essere fatta con l’appoggio di fatto di centinaia di persone che con il gesto della battitura ampliavano la portata aggressiva della condotta degli imputati”. “Il gesto inoltre – conclude il giudice – non appare consono a quel contesto pacifico e “popolare” descritto dai testi a difesa, facendo riferimento comunque ad un attacco al cantiere che contrasta con un clima di discussione civile per quanto accesa sull’opera contestata dagli imputati”: 

ci vogliono come pecore dociliultima modifica: 2015-07-03T23:25:10+02:00da davi-luciano
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