Sanità, tagli per decreto tetto a esami e visite: chi sfora dovrà pagare

eugenetica del censo, se puoi pagare, vivi. Ma l’eugenetica quando è compiuta dalle democrazie antifasciste ed europeiste E’ GIUSTA a quanto pare
 
Oggi in aula misure da 2,3 miliardi quest’anno e altrettanti nei prossimi due. I medici inadempienti avranno decurtazioni del loro stipendio
 
di ROBERTO PETRINI
 
sania
ROMA. Un pacchetto di emendamenti al decreto “omnibus” enti locali, presentato nei giorni scorsi, darà la prima spinta alla spending review sulla Sanità. Dopo il via libera tecnico-politico giunto con le parole del Commissario alla revisione della spesa pubblica, Yoram Gutgeld, nell’intervista a Repubblica, si accelera la ratifica del piano concordato dalla Conferenza Stato-Regioni del 2 luglio scorso. Il provvedimento arriva oggi in aula al Senato e non è escluso il ricorso alla fiducia per poi passare alla Camera. “No agli allarmismi  –  ha rassicurato ieri il premier Renzi  –  sulla sanità si lavora soprattutto alla razionalizzazione e alla riduzione delle centrali di spesa”. Mentre le Regioni si mettono in posizione di guardia: “Abbiamo già dato”, dicono in coro gli assessori alla Sanità.
 
In ballo c’è un pacchetto di misure per 2,3 miliardi nel 2015, altrettanti nel 2016 e nel 2017. Importanti, e in qualche caso dolorosi, i provvedimenti che riguarderanno direttamente i cittadini. In primo luogo c’è il taglio delle prestazioni specialistiche (visite, esami strumentali ed esami di laboratorio) non necessarie (nel linguaggio tecnico: non appropriate). Il ministero della Salute con un imminente decreto stilerà la lista delle situazioni e patologie dove analisi e approfondimenti sono necessari, se si è fuori della lista si pagherà di tasca propria. La norma prevede anche una stretta sui medici perché il principo che ispira la razionalizzazione è che bisogna frenare il fenomeno della cosiddetta “medicina difensiva”: medici che per mettersi a riparo da eventuali vertenze giudiziarie, “elargiscono” con facilità analisi e controlli. Da oggi chi sbaglia subirà un taglio allo stipendio.
Lo stesso schema varrà per i ricoveri per riabilitazione: revisione delle tipologie in base alla appropriatezza e pagamento percentuale oltre i giorni di degenza previsti dalle nuove soglie; controlli e penalizzazioni.
 
Tanto per farsi un’idea: le prestazioni erogate ogni anno dal settore pubblico o privato sono circa 200 milioni: l’obiettivo sarebbe quello di ridurle del 15 per cento con il taglio di circa 28 milioni di prestazioni l’anno. Da questa operazione verrebbero risparmi per 198 milioni di euro l’anno.
 
C’è poi la questione degli ospedali. E’ previsto, oltre al controllo delle strutture in rosso, l’azzeramento dei ricoveri nelle case di cura convenzionate con meno di 40 posti letto, la riduzione della spesa del personale a seguito del taglio della rete ospedaliera, la riduzione della degenza media e del tasso di ospedalizzazione. Complessivamente: circa 210 milioni di tagli all’anno.
 
La gran parte dei risparmi verrà tuttavia dalla rinegoziazione dei contratti di acquisto di beni e servizi (con la centrale unica di acquisti) e in particolare dei dispositivi medici. Inoltre sarà costituito presso il ministero della Salute un osservatorio sui prezzi dei dispositivi medici (apparecchi, impianti, sostanze) il cui costo non potrà comunque superare il tetto del 4,4 per cento.
 
Le Regioni stanno sulla difensiva dopo l’uscita di Palazzo Chi- gi. “Esistono spazi di miglioramento nella sanità, ma li cerchino dove sono: noi abbiamo già tagliato nel 2012”, ha detto Luca Colletto, assessore alla Sanità nel Veneto e coordinatore del settore nella Conferenza delle Regioni. Polemica Sonia Viale (Sanità, Liguria): “Questa è la logica del governo: tirano le righe sopra. Sulle Province, sugli ospedali in rosso. Li cancellano. La Liguria e la Lombardia, invece, propongono un modello costruttivo, non distruttivo: mettiamo in condivisione le eccellenze sanitarie delle due regioni”. Più cauto Antonio Saitta (Sanità, Piemonte): “D’accordo ci sono margini, ma ricordo che noi siamo stati la prima Regione ad applicare la riorganizzazione della rete ospedaliera”. Rincara la dose Fabio Rizzo ( Commissione sanita Lomardia): “Il governo si sveglia tardi, segua l’esempio Lombardo”. Vantano passi avanti anche in Toscana: “La centrale unica d’acquisto noi ce l’abbiamo già per tutte le aziende sanitarie “, aggiunge Stefania Saccari (Sanità). Persino la Sicilia si chiama fuori: “Per noi il percorso è più facile: abbiamo un avanzo di 30 milioni”, dice l’assessore alla Sanità Baldo Guicciardi.

Spagna, mano pesante del governo: vietato manifestare, multe fino a 600mila euro

Benvenuti nella democrazia EUROPEA, quella dei popoli, quella che è tanto antifascista e tanto tanto tollerante verso chi obietta i diktat dell’europa. Contestare la UE dei popoli è da sovranisti e populisti come dice il Mattarella, la Spagna si è portata avanti
 
lunedì, 27, luglio, 2015
 
Vietato tutto: manifestare, dilvulgare notizie di manifestazioni, fotografare poliziotti che caricano i manifestanti. E’ l’agghiacciante decalogo-bavaglio che il governo di Mariano Rajoy, spaventato dalla rabbia degli spagnoli per la crisi determinata dall’euro e dall’Ue, ha deciso di imporre ai “sudditi”
Mariano-Rajoy
. L’elenco delle nuove probizioni è stato anticipato dal quotidiano digitale “El Plural” e proposto al pubblico italiano da “Come Don Chisciotte”.
 
Come osserva il portale iberico, il linguaggio «contorto e criptico» della nuova legge «permetterà all’amministrazione di sanzionare senza permesso giudiziario per ragioni che non sono chiare nel testo». Punto primo: vietato manifestare in una “infrastruttura che fornisce servizi di base per la comunità”. Che cosa intende? «Nella redazione calzano a pennello i tipici atti di protesta di Greenpeace, che spesso includono la scalata di una centrale nucleare e il dispiegamento di uno striscione, una concentrazione in un aeroporto o anche una protesta durante la trasmissione di notizie di un’emittente pubblica». Durissime le sanzioni per i trasgressori: cifre comprese tra i 30.000 e 600.000 euro.
 
Vietato, inoltre, diffondere in rete messaggi riguardanti una protesta o manifestazione a venire. Si considera “organizzatore o promotore” chiunque “di fatto presieda, diriga o eserciti atti simili, o chi attraverso pubblicazioni o dichiarazioni di convocazione delle medesime, da dichiarazioni orali o scritte se in esse sono presenti, slogan o altri segni che possano ragionevolmente essere definiti direttori delle stesse”. Ciò significa che possono essere puniti allo stesso modo coloro che hanno organizzato una protesta senza permesso e chi trasmette i messaggi sui social network riguardo manifestazioni, anche se poi non partecipa e non conosce i dettagli della manifestazione.
 
Stessa mano pesante anche per le multe, fino a 600.000 euro. La proibizione si estende persino alla moltiplicazione di filmati via web, punibile con il carcere – da uno a due anni. Si colpisce anche il consumo di droghe o alcol in pubblico, da 100 euro l’ammenda in caso di alcol e fino a 30.000 nel caso di consumo di stupefacenti. Tolleranza zero anche coi migranti: saranno respinti i disperati che riusciranno a entrare in territorio iberico attraverso Ceuta e Melilla.
 
Ma il legislatore è assillato soprattutto dal dissenso politico: manifestare in modo spontaneo davanti al Parlamento potrà costare ai dimostranti fino a 30.000 euro. Stessa multa nel caso di scattino fotografie agli agenti di polizia, visto che le foto potrebbero rappresentare “una minaccia per la loro sicurezza personale o familiare”.
 
Identica sanzione per chi interrompe un incontro o una manifestazione pacifica: la nuova legge qualifica come un grave reato “perturbare il regolare svolgimento di una riunione o dimostrazione, se non costituisce un reato penale”. Tuttavia, il testo non specifica il tipo di disturbo: un’incursione dei black bloc “vale” quanto il dirottare una dimostrazione o l’introdurvi striscioni e slogan “che potrebbero essere considerati criminali”?
 
Ma non è tutto. Il governo Rajoy vuole punire (con multa fino a 30.000 euro) anche chi si oppone a uno sfratto. Nel mirino, «le famose mobilitazioni cittadine per impedire alle banche di espellere dalle loro case chi non riesce a pagare il mutuo». Multe più miti, da 100 a 600 euro, per chi resta in un immobile “contro la volontà del suo proprietario”, quindi anche un affittuario: va cacciato, anche se la sua permanenza “non costituisce un reato”. Il che, spiega ancora “El Plural”, «comprende non solo le azioni del movimento “Okupa”, ma anche le sedute dei lavoratori davanti una scuola o un ambulatorio minacciato di chiusura». libreidee

L’UNICEF comunica che il numero dei bimbi uccisi per opera dell’aggressione saudita allo Yemen è salito a 365

fosse successo in korea del nord o in russia gli Usa avrebbero già dichiarato una guerra umanitaria, ma quando sono gli alleati USA a commettere  GENOCIDI   ecco che sono politically correct, la società civile, Amnesty, Change e tutte le icone della stessa soc civile NON SI INDIGNA. NON E’ RAZZISMO A QUANTO PARE, i bimbi yemeniti possono essere massacrati
 
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Il Fondo dell Nazioni Unite per l’Infanzia (UNICEF) questa Domenica ha indicato in 365 il numero dei bambini yemeniti che risultano morti per causa dei bombardamenti sauditi effettuati sullo Yemen ed ha aggiunto  che altri 484 risultano feriti nello stesso arco di tempo.
Il direttore generale dell’UNICEF, Peter Salama, che ha visitato in tre giorni il paese arabo per verificare di persona l’impatto della guerra sui bambini del paese, ha approfittato del suo viaggio per sottolineare che “queste cifre dimostrano che i bambini continuano ad essere vittime innocenti di questa orribile violenza. Si tratta di qualche cosa di totalmente inaccettabile. Senza una fine in vista di questo conflitto, la sicurezza ed il benessere dei bambini dovrebbe essere al di sopra di qualsiasi considerazione militare e politica”, ha sostenuto i funzionario dell’ONU.
 
L’agenzia ha verificato che, oltre all’impatto diretto del conflitto, milioni di bambini sono a rischio di contrarre malattie infettive che si potrebbero prevenire e trattare, tali come il morbillo, la malaria, la diarrea e la polmonite, Allo stessso modo oltre un milione di bambini sono a rischio di forte denutrizione e disidratazione, mancando i viveri, l’acqua potabile ed i medicinali per causa del blocco a cui è sottoposto il paese dall’Arabia Saudita e dagli Stati Uniti.
 
Per questo l’UNICEF ha richiesto ai suoi associati di trovare il modo di portare aiuti umanitari al paese così duramente colpito.
 
Nel frattempo i bombardamenti dell’aviazione saudita continuano incessantemente dal 26 di marzo,  nel tentativo di rovesciare il governo attuale del movimento degli Ansarolà di ispirazione sciita e di sostituirlo con l’ex presidente deposto, Abdu Mansur Hadi, un fedele alleato di Riyad. Il conflitto ha causato fino ad ora oltre 4310 vittime, di cui la maggioranza civili.
 
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L’operazione militare saudita è sostenuta dagli USA e dalla Francia, oltre da altri paesi del Golfo (Qatar e Emirati) che forniscono appoggio logistico, radar e di intelligence. Forse per questo non si parla di violazione dei “diritti umani” da parte dei grandi media controllati dall’Occidente che di solito sono molto “sensibili” a questo tema quando si tratta di paesi ostili agli interessi degli USA, come l’Iran, la Corea del Nord o il Venezuela.
Lo Yemen è un paese troppo povero, lontano e senza importanza per le grandi centrali dell’informazione.
 
Fonte: Hispan TV
 
Traduzione e sintesi: Luciano Lago

Mattarella: liberare l’Europa da egoismi nazionali e sentimenti populisti

La sovranità nazionale, sancita dalla costituzione, ha cambiato nome e diventa qualcosa di cui liberarsi? Bene si chiama ALTO TRADIMENTO e devi essere processato per questo 
Quindi fatemi capire, per decreto qualcuno sancirà chi  sarà da etichettare come populista e quindi poi? Sarà messo al bando? Al confino? Cos’è la versione moderna della condanna al rogo per eresia?
E chi deciderebbe su tali editti? La gente con un referendum?
 
lunedì, 27, luglio, 2015
 
Mattarella
Un “progetto in affanno” che “ha bisogno di rilancio”. Cosi’ Sergio Mattarella vede l’Ue e dalla XI conferenza degli ambasciatori italiani lancia un appello affinche’ “l’Europa si rianimi e che affronti la sfida” della globalizzazione”. “Noi diciamo che il progetto Ue e’ in affanno perche’ non da oggi ha bisogno di rilancio” ha detto il presidente della Repubblica.
 
“Ci vuole coraggio, responsabilita’, forza innovativa, visione piu’ grande” dei presunti interessi contingenti”. E ci vuole, ha detto ancora Mattarella ” forte senso di equita’ perche’ la democrazia non e’ storicamente separabile dalla dimensione sociale”.
 
“Dobbiamo liberare l’Europa dalla tenaglia che la stringe tra egoismi nazionali e sentimenti populisti” ha aggiunto. Il “telaio” dell’Europa si rafforza, ha anche detto Mattarella, dando all’unita’ monetaria la “necessaria proiezione di unione politica”. E questo accadra’ se le scelte dei governi e degli organismi saranno “orientate ” verso “lo sviluppo, gli investimenti e il lavoro” e se “le distanze sociali e territoriali si ridurranno anziche’ allargarsi, ipotizzando “uno scontro fra presunti Paesi di serie A e presunti Paesi di serie B”, ha sottolineato il Capo dello Stato.
 
“Piu’ Europa e’ un obiettivo che appartiene alla categorie delle scelte strategiche” e “L’Italia e’ protesa a questo traguardo”. (AGI) .

TECNONAZISTI E FRATELLI MUSULMANI; TUTTO FA NATO

http://fulviogrimaldi.blogspot.it/2015/07/tecnonazisti-e-fratelli-musulmani.htmlMONDOCANE

MARTEDÌ 28 LUGLIO 2015

Tecnonazisti e Fratelli Musulmani
“Quando si presenta una causa e ti rendi conto fin nel midollo che è giusta, ma rifiuti di difenderla, in qual momento incominci a morire. E non si sono mai visti tanti cadaveri che si aggirano parlando di giustizia”.(Mumia Abu Jamal)Come possono coloro che diffondono i semi del terrorismo combatterlo? Chi volesse combattere il terrorismo potrebbe farlo con politiche razionali e realistiche, fondate sulla giustizia e il rispetto della volontà di popoli di determinare il proprio futuro, gestire i propri affari, restaurare i propri diritti diffondendo conoscenza, combattendo l’ignoranza, migliorando l’economia, suscitando coscienza sociale e promuovendola.”. (Bashar el Assad)

Eccomi qua. Bentrovati tutti. Si riparte tra flutti di cianuro domestico e gangster Nato in Medioriente, ma anche a fianco delle recenti vittorie di curdi siriani, patrioti di Assad, Hezbollah, esercito di Baghdad e milizie scito-sunnite iracheno-iraniane.
Notarella domestica. Matteo Renzi, sbruffone e smargiasso da farci sganasciare, intanto fa. E come se fa! Un pallone bucato, ma rigonfiato e ritemprato dal recordman dei genocidi con bonus di infanticidi, nello Stato-più-canaglia-di-tutti. Un Renzinihau, anche Renzibama, tonificato sotto lo sguardo vigile dei suoi angeli custodi, gli israeliti Gutgeld (“Buondenaro”, nomen omen) e Carrai con imprimatur Sion-Nato. Altro che annuncite. E’ subito ripartito, saltando una decina di ostacoli democratici, verso la meta mafio-tecnonazista. Sta rovesciando il paese costituzionale come un calzino e, a parte l’ostinata resistenza dei 5Stelle che, contro lo tsunami della malavita politico-amministrativa-imprenditoriale coalizzata nelle più larghe intese mai viste,fanno quello che possono. Procede su un velluto appena sfrangiato dai vari microrganismi dissidenti dentro e fuori dal suo partito. Visto come fa il campione turco in patria e in giro, Renzi, che non è dammeno a nessuno e sa far primeggiare l’Italia, ne ha subito copiato le misure più significative. Anzi, le ha anche superate: a Erdogan la riforma tecnonazista della costituzione non è riuscita, con l’Italicum e la riforma costituzionale Renzi l’ha umiliato. Che Erdogan impari: bastava evitare lo scoglio democratico del voto e farsi nominare da un proconsole qualsiasi della Cupola finanziaria nazismogena, tipo Napolitano. Renzi accelera. Due sono al momento le sue ossessioni, dopo essere riuscito a far passare, grazie al regime del non-voto, anche il regime del voto da lui prederminato. Così la forma è salva.

 
Telefonini sì, ma ciechi e sordi quando passa il potente
Non gli basta il parco buoi mediatico che muggisce all’unisono con le sue cazzate. Qualche bue è pur scappato e hai visto mai che si provi a disarcionarlo. Così, dopo la legge che ha messo all’angolo i giudici sotto la scritta “la legge è uguale solo per la plebe” e, se non vi sta bene, vi facciamo processare dai nostri e vi dimezziamo lo stipendio, c’è l’emendamento Pagano (NCD), della componente ultradestra del pappa e ciccia di destra PD-NCD-FI. Lieve correzione della legge sul processo penale che stabilisce chequalsiasi ripresa fatta a chi non lo sa è reato e che spedisce chi  l’ha registrata in carcere fino a 4 anni. Vale per i giornalisti? Un momentino, per alcuni è sembrato troppo. E poi i giornalisti sono ormai quasi tutti felicemente a paga. Vale certamente per tutti gli altri.
Ora, non siamo immersi in un mondo dove chiunque ha per le mani un aggeggio per riprendere, cellulare o telecamerina che sia? E non è grazie a questa diffusione capillare degli strumenti, che abbiamo visto passare tangenti dalle mani di un imprenditore nelle tasche di un politico? O il fuorionda del Favia scilipotizzato? O la meccanica dell’assassinio di Carlo Giuliani e le conseguenti sevizie nella Diaz? O poliziotti che calpestano ragazze atterrate, o strangolano giovani passanti? O truffatori, maghi, imbroglioni, discepoli di Renzi e di tutti i suoi predecessori senza esclusioni, che fregano l’innocente? O certi bastardi che danno fuoco ai Rom? O motovedette che speronano gommoni?  O le orge di qualche farabutto ai domiciliari? O anni di  porcate come registrate dalle Iene, da Striscia o Report? Grazie ai mezzi di ripresa siamo tutti testimoni, siamo tutti giornalisti, l’informazione è sfuggita al sequestro dei potenti e si è democratizzata. Se ora esentano dalla galera quelli iscritti all’albo, non fanno che ridurre di un cincinnino il fenomeno che ha più inquietato gli squali del loro bacino elettorale e gli ufficiali pagatori delle  lobby. Quello del cittadino collaboratore di giustizia. Del pentito di mafia si erano già occupati.
 
Scioperi? Quando mai!
Testimoni di nefandezze anche i sindacati, almeno nelle espressioni che sfuggono al controllo delle centrali collaborazioniste. Con Pompei e Alitalia è successo il finimondo, la crisi della Repubblica, la spinta nel precipizio, il sabotaggio della nazione e delle sue fortune economiche. A Pompei, nel più disastrato –dallo Stato – dei nostri giacimenti archeologici, lavoratori cui hanno decurtato lo stipendio e allungato l’orario di lavoro, sospendono il lavoro per un’ora di assemblea.Traditori della Patria, affossatori della sua economia. Fuori, per un’ora sotto il sole, le vittime.Turisti, martiri più martiri degli altri gli australiani e i giapponesi, vengono da così lontano e sono anche nostri alleati Nato. Classica inversione dei termini dell’equazione. Il ministro Franceschini , precipitatosi arruffato e trafelato nel sito da lui e dai suoi predecessori affidato allo sfacelo, anatemizza, con sdegno da vero apostolo della cultura i reprobi, causa di un danno “irreparabile”.
E’ il ministro che sovrintende allo sfascio, non solo di Pompei, ma di tutto il patrimonio artistico italiano, che taglia i fondi all’Accademia della Crusca, secolare ed estremo custode della lingua italiana, anche contro i burini monoglotti degli anglicismi del cazzo, che riduce all’impotenza e alla penuria gli istituti del restauro e ogni ricerca, che fa parte di un governo che uccide la libera istruzione, che sottopone le sovrintendenze, custodi del nostro unico oro, a prefetti culturalmenteminushabentes, cioè a un governo di analfabeti intellettuali, perché non disturbino le scelleratezze dello Sblocca Italia, che impone a studenti, insegnanti, genitori il tacco di ferro di un preside-Gestapo, commesso scolastico dell’impresa più munifica.
A Fiumicino, hanno scioperato i piloti e assistenti dell’ex-compagnia di bandiera, sopravvissuti alla decimazione degli sfasciatori dell’azienda perché si vendesse a saldi, ma con guiderdone per loro, e ridotti a precari col futuro in bilico sui libri contabili del padrone degli Emirati. Lotta costituzionale  in difesa di lavoro, vita, famiglia, del decoro nazionale. Criminalizzati come nemici della nazione dal coro assordante della stampa e dagli acuti del solista.
Così per tutti quelli che scioperano, salvo che vincano contro il ricatto, ma con pesantediminutio, degli investitori che attribuiscono la solo momentanea soluzione al sodale Renzi. Trattasi ormai di offensiva generalizzata e voluta definitiva contro quest’altro, estremo presidio dei diritti dei lavoratori. Mentre in parallelo, a distruggere i presidi degli ultimi magistrati non normalizzati dal CSM e dagli ukase del regime contro indagini e rinvii a processo e a protezione dei malfattori (centrale del carbone di Vado Ligure, Ilva, ecc.), corre l’offensiva a sostegno e promozione della delinquenza politico-economico-mafiosa organizzata, pilastro del regime. Dice il ducetto gonfiato: “Mai più scioperi selvaggi!”. Dove “selvaggi” è pleonastico, perché, visto l’andazzo giallo di CGIL-CISL-UIL-UGL, lo saranno tutti.
Il Califfo a Brescia
Sugli stessi binari del treno che corre ad alta velocità verso il tecnonazismo, un altro ghiotto pasto da apparecchiare ai suoi promotori: la guerra al terrorismo, come insegnano Usa, Ue e Nato, impagabile pretesto per la stretta delle libertà democratiche su tutti i fronti di classe, specie in vista di ulteriori “interventi umanitari” e dell’adozione del TTIP, trattato di “libero” scambio Usa-UE che ci farà chiudere baracca, con tanto di buonanotte dei suonatori. Ultimo  colpaccio, l’arresto a Brescia di due balordi senz’ arte né parte che, sprovvisti di qualsiasi credibilità e del minimo dispositivo per l’azione, fanfaroneggiavano di militanza e attentati islamisti, e addirittura di far saltare per aria una delle più protette basi militari, quella di Ghedi, con le sue bombe atomiche. Sarebbe come se un non vedente avesse progettato di fare il tiro con l’arco. Più pericolosi per la sopravvivenza dello Stato di chi ha abbattuto le Torri Gemelle. Boccone prelibato per tecnonazisti, anche se roba da Bagaglino, ma diventata, nell’apoteosi della paura celebrata da politici e media, minaccia mortale di ritorno dei mori e utile pretesto per partecipare allo scontro di civiltà con bombe fuori e Stato di polizia in casa. Salvini, con le sue intemerate alla trucida contro migranti terroristi e rom untori di peste, serve allo stesso scopo. Quei farlocconi narcisisti sono serviti al’avanzata del processo tecnonazista commissionato al caporale di giornata Renzi dai feldmarescialli del Reich, sono, “si parva licet…”  l’equivalente della false flag delle armi chimiche di Assad a Ghouta, che dovevano servire per rovesciare i marines addosso alla Siria, o le mitragliate jihadiste in Tunisia che hanno facilitato l’ennesima stretta repressiva del governo islamista, con tanto di pena di morte e fine degli assembramenti popolari.
 
Avanti march, di corsa!
Se non è una grandinata del fare questa? E ne abbiamo trascurato tanti di chicchi di grandine come palle da tennis. Che regalo, quello dell’Espresso, quello del medico delle rughe e del governatore della Sicilia, in cui si roteano coltelli intorno alla gola della figlia di Borsellino! Davanti a tanta infame abbaglio, non  concorreremo tutti a plaudire al pacchetto anti-intercettazioni “tra privati”, o da privato politico a privato mafioso, o dove Boschi chiede a Boldrini:”Che 5Stelle ti sei inchiappettata oggi?” La privacy, che diamine!  Messina Denaro, nel vasto lettone dell’ammucchiata nazionale, può dormire sonni tranquilli. Quale classe politica plurinquisita o condannata oserebbe torcere un capello al socio che sa tutto di lei? E’ tutta questione di accentrare, verticizzare, togliere contrappesi: tecnonazismo. L’ambiente, la salute vanno fatti spremere dagli amici fino all’ultima goccia di linfa o di sangue? E allora via il Corpo Forestale dello Stato, con quella sua mania di protezione preventiva della salute ambientale e umana. Incastriamolo nella Polizia di Stato. Ha davvero rotto i coglioni a proteggere orsi marsicani, o fringuelli da trappola, a scoprire Seveso, l’avvelenamento Edison dell’Abruzzo, le piogge d’amianto, a mostrarci il Golfo dei Poeti di Spezia trasformato in discarica tossica (su questo abbiamo lavorato insieme) e denunciare il traffico mafio-massonico-militare del rifiuti tra La Spezia e i paesi oltremare, o tra i fornitori europee di scorie e il fondo del nostro mare. Ma le cliniche private e le case farmaceutiche che ci stanno a fare?
Un solo Gauleiter per tutti
Quanto alla mia vecchia RAI, nella quale, mentre tutti belavano, qualcuno poteva ancora cinguettare, la fusione di reti, tg, sigle, programmi, personale, avviata da Monti con l’inizio del percorso extra-elettorale della “sinistra”- destra culo e camicia, con Renzi  si è sublimata in Te Deum a reti unite. Era inevitabile che, sulla falsariga preside-castigamatti rispondente solo al potere economico via potere politico (e viceversa), dal balcone di Renzi prendesse il volo in direzione Viale Mazzini il megadirettore galattico su poltrone di pelle umana vaticinato da Fantozzi. Pelle di dipendenti e utenti. Non risponderà più agli scorticati, o ai loro vindici in parlamento, o nel paese. Come il preside, il sovrintendente alle belle arti, il comandante della Guardia Forestale, il CSM, il generale della finanza, il direttore del giornale e tutti gli altri corpi celesti che ruotano attorno al sole, risponderà, direttamente, a voce alta e sbattendo i tacchi, al Grande Maestro dell’Universo.
Sfogliati dalla margherita tutti i possibili  “t’amo” democrazia, diritti, ambiente, libertà, non rimaneva che il petalo “t’amo” salute. Era ora, visto che eravamo ancora davanti alla Grecia, ultima in Europa, nella spesa per la salute dei propri cittadini.  Ci ha pensatoBeatrice Lorenzin, showgirl di prima fila dello spettacolo renziano, anche lei docile strumento nelle mani del solito terminator Gutgeld. Via l’ennesimo taglio alla possibilità del cittadino di curarsi dalla pesti sparse dagli untori di sistema. Altri 7 miliardi tolti alla sanità pubblica in tre anni. Via ospedali di vicinanza, si arrangino gli infartuati a fare i chilometri di Pino Daniele. Via i nosocomi che non producono profitti almeno quanto Veronesi. Medici puniti se ti prescrivono cure, esami e analisi non ritenuti necessari dal consulto d’eccellenza dei primari Lorenzin-Buondenaro. Stipendio dimezzato ai “medici che sbagliano”, come ai giudici e a chi filma o intercetta nefandezze. Niente ricoveri dove non ci sono posti letto almeno quanti ne vanta  l’Hilton  e niente riabilitazione a chi sa ancora trascinarsi su quattro zampe. Quanto ti viene concesso lo decide il governo, su indicazione delle  lobby. Si chiama eliminare gli sprechi.. Chi siamo noi a pretendere cure quando, nella patria di ogni bene, 50 milioni di cittadini, medicare o non medicare di Obama, non hanno accesso alla sanità? Via un po’ di anziani, non può che favorire la crescita, non siamo il paese più vecchio del mondo? Malthus se la ride.
Fratelli musulmani, figli e nipoti  
Altra nota sui fatti del giorno, fonte di infinite cazzate di commentatori e analisti a corto di un minimo di competenza, o impegnati nel depistaggio che impedisca di individuare attori e giochi. I quattro dipendenti della Bonatti rapiti in Libia lavoravano su commissione ENI alle strutture petrolifere di Mellitah, in zona interamente controllata dai Fratelli Musulmani di Tripoli e dalla più feroce delle milizie anti-Gheddafi, gli scuoiatori di neri di Misurata, che è poi anche la zona dalla quale parte il 90% dei migranti, altro strumento islamista per fare pressione su Italia ed Europa. Rapimenti e traffici di profughi sono le pedine di un gioco geopolitico che ha per obiettivo, primo, l’estromissione della compagnia petrolifera italiana dal suo attuale quasi-monopolio di gas e petrolio libici, a vantaggio di francesi e statunitensi e, secondo, un ricatto a Roma perché abbandoni il sostegno al governo laico di Tobruk, riconosciuto da tutti, regolarmente eletto e sicuramente meno maleodorante dell’altro. Non che qui si voglia difendere un ENI che ha per oggetto sociale la trasformazione di  territori in pozzi neri e del mondo in camera a gas. Ma che siano gli Usa a fargli causa per tangenti, gli Usa le cui Exxon o Chevron si vanno da decenni comprando i governi di tutto il Sud del mondo, è come dare il Premio Nobel per la pace a Obama e definire guerrafondaia la Russia.
Logica, logistica e obiettivi di tutto questo vanno fatti risalire ai Fratelli Musulmani di Tripoli, sostenuti dal Qatar che sponsorizza, insieme alla Fratellanza, tutte le sue emanazioni jihadiste in Libia, Siria, Egitto, Nigeria, Iraq e Yemen. I golpisti di Tripoli si ritrovano isolati dopo che il mediatore ONU, Leon, è riuscito a far accettare alle varie parti in conflitto l’accordo per un governo di unità nazionale. Accordo boicottato ancora una volta dai delegati del Qatar e dalle loro milizie jihadiste, le bande terroriste di Misurata  e i nuovi mercenari dell’ISIS. Fiduciaria, fino all’estromissione del despota Morsi per volontà di 20 milioni di egiziani, firmatari della petizione anti-Morsi e poi protagonisti di una rivolta di massa per la rimozione di chi imponeva la Sharìa insieme al divieto di scioperi e manifestazioni, la Fratellanza passerà alla storia come la madre dei terrorismi jihadisti di ogni denominazione, origine e sigla. Terrorismi impulsati e foraggiati dal Qatar, reclutati, addestrati e armati dalla Turchia del Fratello Erdogan e, con attenzione anche alle alternative, dalla più astuta Arabia Saudita, tutti sotto il madrinaggio di USraele. Si tratta della linearità storica di un’organizzazione fatta nascere dagli inglesi contro il movimento anticolonialista e nazionalista egiziano degli anni ’20, tenuta in vita nella clandestinità dai maestri terroristi di Cia e MI6 contro gli antimperialisti socialisti Nasser, Gheddafi, Assad, poi rilanciata dagli Usa a ricambio di amici tiranni non più sostenibili e, infine, armata di ventura per la destabilizzazione e il caos creativo in tutta la regione.
Il terrorismo jihadista nel Sinai, con ininterrotte stragi di militari e civili egiziani, gli attentati all’autobomba al Cairo e in molte città del paese, lo scatenamento della barbarie di Al Nusra, da qualche tempo riabilitato in Occidente (vedi il comunicato dell’Assopace, i reportage di Formigli a “Piazza Pulita” ) in funzione di presa di distanza  dall’ altrettanto sanguinario ma meno controllabile (?) Isis, le efferatezze di Boko Haram in Nigeria, alibi per l’appena annunciato intervento militare Usa nel più grande Stato petrolifero africano da spezzettare, fino alla strage di curdi a Suruc in Turchia, hanno quell’unica matrice. E ora il Fratello Erdogan, psicopatico tiranno massacratore del proprio popolo, oltreché dei curdi del PKK e di Kobane, indubbio mandante di Suruc, ha fatto il botto che rasserena l’intero Occidente.  Grande exploit. Dopo aver per anni, sotto egida Nato e con il concorso di quattrini e armi del Golfo e della protezione di Israele, assalito la Siria con i suoi surrogati Isis e Al Nusra, aderisce alla coalizione internazionale che finge di bombardare lo Stato Islamico e le concede, all’uopo, la base di partenza di Incirlik. Fantastica sceneggiata della “comunità internazionale” con due copioni leggermente divergenti sul piano tattico, ma omologhi su quello strategico.
Per sfasciare gli Stati nazionali laici e multiconfessionali, oggi uniti nel fronte scita (ma, in Iraq, con crescenti apporti sunniti), per l’imperialismo occidentale occorre arrivare a mini-entità etnicamente coerenti, curda, scita e sunnita (tripartizione di Libia e Iraq, spartizione della Siria e del Libano), secondo il modello disegnato da Israele nel rapporto del grandisraelista Oded Yinon del 1982. Da questo punto di vista il Kurdistan iracheno, colonia USraeliana, è già la materializzazione dello squartamento dell’Iraq. Quello siriano, dovrà costituirsi in elemento di disgregazione della Siria (a dispetto del fatto che quelli della Rojava sono alleati sul campo e in politica di Damasco e non prefigurano alcuna indipendenza statuale (che gli viene attribuita strumentalmente dagli analisti occidentali) , ma solo quell’autonomia all’interno della Siria, già concordata con il governo di Assad.  Proprio in queste ore, nella riconquista della città siriana di Hasakeh, truppe siriane e milizie YPG  combattono insieme contro i jihadisti. Succede da anni. .Alle bande del Califfo impegnate nel Nord di Siria e Iraq e a quelle di Al Qaida-Al Nusra (assistite dai bombardieri, dalle armi e dalle cliniche di Netaniahu), spetta il compito del  caos creativo nelle zone non riservate ai protettorati curdi e tuttora disputate ai governi nazionali di Damasco e Baghdad. Se davvero a volte la Coalizione le colpisce è perché devono attenersi alla distribuzione di territorio come ordinata dai mandanti.
 
Il macellaio turco, asso della Nato
Soluzione sgradita al neo-ottomano subimperialista Erdogan, insofferente al costituirsi di para-Stati curdi a rafforzamento delle istanze indipendentiste dei curdi PKK. Istanze che hanno ripreso vigore nella reazione alla sanguinosa repressione del sultano, a dispetto dei cedimenti di Ocalan e della creazione in vitro di un parallelo partito curdo, compatibile e compromissorio, l’HDP dello Tsipras turco, Demirtas. E così Erdogan, copertosi, con finti attacchi ai suoi compari dell’Isis (figuriamoci se, dopo averli allevati e usati per anni contro Damasco, ora gli si rivolta contro: mal gliene verrebbe), verso la simulazione occidentale di una guerra all’Isis, dove si bombarda il deserto dalle parti del Califfo, ma si colpiscono infrastrutture e civili siriani, Erdogan stermina i curdi “cattivi” in Turchia, Siria e Iraq, rastrella migliaia di oppositori, ammazza manifestanti. Ottiene a compenso della farsa anti-Isis, l’agognata “non fly zone” di 50 per 90 km all’interno della Siria. “Zona cuscinetto” dove far arrivare finalmente gli scarponi neo-ottomani, al comando delle Forze Speciali Nato. E non ha perso, il tiranno turco: suoi carri armati sono penetrati e vengono affrontate in queste ore dalla resistenza curda e araba siriana.
Dell’intero gioco delle parti il nodo cruciale, condiviso tra Turchia, Israele e la Coalizione, era questo. Si aprono scommesse su quanto tempo debba passare prima che nella “zona cuscinetto” quattro sguatteri siriani “moderati” possano proclamare la nascita di un “governo democratico” su territorio siriano, che tutti riconosceranno e che la Nato non potrà non esimersi dall’assistere nella “liberazione” del paese. Al Califfo, capitano di ventura al soldo dei Fratelli Musulmani e degli zii occidentali, si assegnerà quanto basta a tenere sotto pressione chiunque devii dalla retta strada, in Libia, Siria, Iraq, Africa, paesi ex-sovietici, Xinjang. Gli saranno garantite le rette dei petrolieri e dei trafficanti di carne umana. Per noi, nel resto del mondo, deve rimanere il Golem che giustifichi ogni fase della marcia al tecnonazismo e ogni fregola di guerra della Nato.
 
Il supercaliffo turco: “Ah se non ci fosse il “manifesto”!
Di tutto questo ci fa una rappresentazione onirica l’inviato dei FM nel “manifesto”, Giuseppe Acconcia (meglio A-sconcia), implacabile nelle falsificazioni pro domo del suo delfino islamista. Barcamenatosi per un po’ in Kobane tra il doveroso omaggio ai combattenti YPG, impostogli da un giornale e dal suo vasto bacino radical-chic, che adora i combattenti laici e socialisti, quando curdi, e li detesta quando siriani, e la sua irresistibile passione per i Fratelli Musulmani che i curdi li vogliono spazzare dal presente e dal futuro, è presto tornato al ruolo di portavoce dell’islamismo politico, purchessia. Una voce del coro miserella, ma affidabile. Quanto quelle dei fan della civiltà occidentale e della sedicente “società civile” e collaborazionista afghana, Battiston e Giordana, o quella dell’osceno carchiobottismo squilibrato di Pieranni tra Kiev, russi, cinesi e rivoluzionari del Donbass. Una pagina esteri in cui, tra marosi sempre più alti e inquinati, riescono ancora a veleggiare residui corsari della verità come Dinucci, Giorgio, Colotti. Buona fortuna!
Così il Fratello Erdogan e il suo partito sciovinista e razzista, che stanno fascistizzando e fondamentalistizzando lo Stato, con l’eliminazione di poliziotti, magistrati, giornalisti non ossequiosi e con la repressione nel sangue di ogni opposizione, vengono gratificati di “Islam moderato”, al pari dei terroristi jihadisti in Egitto e Tripolitania. Si sente, dal profondo del cuore, un malrepresso giubilo per il consolidarsi dell’alleanza teocratica, subimperialista e paranazista, tra Turchia. Arabia Saudita e Israele, da sempre sogno Nato. E con voluttà, il vaticinatore di una Sharìa anche in Italia e nel mondo, ripropone nel giornale le bischerate dell’emittente del padrino qatariota, Al Jazeera, quando, con doppio salto mortale carpiato, addossa al governo laico di Tobruk il rapimento dei quattro operatori petroliferi italiani, prelevati a 1000 km di distanza sotto il patrocinio dei cari Fratelli di Tripoli. O attribuisce ad Assad le armi chimiche fornite ai jihadisti dall’Arabia Saudita e dalla Turchia. O, partendo da quella che giudica la ricomparsa sulla scena da protagonista dell’Iran, grazie all’accordo con gli Usa, delinea un radioso futuro islamista per l’intera regione, una volta tolto di mezzo l’odiato Egitto di Al Sisi, grazie all’intesa tra i grandi delle confessioni musulmane, Iran e Arabia Saudita. Ayatollah e califfi per tutti. Sogni di un amico del giaguaro cui dovrebbe essere riservata una prospera vita da pensionato a Dubai.
 
Srebrenica e Radio B-92, fari del quotidiano comunista
Del resto il “quotidiano (anti)comunista”, che nel suo pollaio cova a ripetizione microrganismi sinistri dalla vita di una mosca,  non stende tappeti rossi a reazionari, controrivoluzionari, non amplifica la vulgata imperiale rovesciando la sinistra nella destra solo attraverso le incursioni islamiste di Acconcia. I casi e gli stenografi del processo sono innumerevoli. Vorrei, in un prossimo articolo, ritornare sulla sequela di oscenità manifestaiole che hanno imbrattato i lettori intorno alla data della ricorrenza di Srebrenica. Ancora una volta il “manifesto” si è crogiolato nel veleno che, nell’ unanimità con tutto il cocuzzaro mediatico al servizio delle “guerre umanitarie contro le dittature”, sparge sulle menti dei dabbenuomini suoi lettori, avallando la False Flag perpetrata dalla Nato e dal suo manutengolo fascista e integralista Izetbegovic. Ma se, con tanta buona volontà e una parte anche nostra di dabbenaggine, questo stupro della verità potrebbe essere attribuito a pigra e ignorante ripetizione delle balle di chi deve coprirsi dall’accusa di aver disintegrato e raso al suolo un paese libero e antimperialista, il paginone in ultima sulle glorie, lamentevolmente defunte, della radio belgradese B-92 qualifica il foglio di collaborazionismo duro e puro.
La ricordate, quella radio, lasciata sopravvivere e spargere menzogne da un troppo democratico Milosevic, con cui predecessori in tute bianche della grottesca brigata Kalimera in Grecia, stabilirono gemellaggi. Quella dalle cui finestre piovvero proiettili di ogni genere e insulti al corteo di anziani partigiani serbi che celebravano la vittoria serba contro il nazismo. Quella i cui redattori scendevano in piazza a rompere la testa ai manifestanti con la scritta “Target” sul petto? Quella facente parte del circuito Cia di Radio Liberty e Radio Free Europe (lo stesso per cui lavorava la “martire” Politovskaja), governato da Amsterdam e finanziato dal noto diritto umanista George Soros. Quella che, nelle fasi finali dello stupro della Jugoslavia e della distruzione della Serbia, blaterò al mondo le glorie degli sguatteri Nato di Otpor, becchini del loro popolo e successivi protagonisti, riccamente prezzolati da Cia e National Endowment for Democracy, di tutte le rivoluzioni colorate in paesi da ricondurre all’obbedienza. Proprio quella. Quella che una paginata di escrementi celebra come grande, glorioso, nobile monumento alla professione giornalistica e all’integrità politica e morale.
Non resta che la nausea. Quando l’avrò superata, ne scriverò meglio. E ce la vedremo anche con i turiferari del nuovo e gentile Obama, mentre copre di coriandoli diplomatici i  i corpi infettati della libera Cuba e del libero Iran, e salva dalla cacciata dall’euro, voluta da Schaeuble, la cara Grecia, fedele militante e generoso acquirente Nato, indispensabile fortezza Bastiani al limite del deserto dei Tartari. Garantisce il fido Tsipras. Conferma il suo ministro della Difesa, l’ultradestro Panos Kammenos, che, con i gangster del vertice Nato in Turchia, gorgheggia “We are the children, we are the future” e giorni fa, sottobraccio in Israele al collega mass killer Moshe Yaalon, inneggia alla sempre più stretta integrazione militare tra Grecia e Israele. Roba succulenta per Nato e Israele, con un paese che per il militare spende il 7,5% del budget (il triplo degli altri europei). Del resto, non aveva promesso fin dall’inizio, il rivoluzionario Tsipras, che nella Nato ci stava bene e bene ci sarebbe rimasto? Non aveva nominato a luogotenente d’Italia la compagna Spinelli, scilipoti radicalchic, ma di indefettibile matrice siondebenedettiana e Bilderberg?  Inezia che agli strafatti di Syriza della Brigata Kalimera deve essere sfuggita.
Pubblicato da alle ore 12:49

Perché Resistere, vuol dire lottare ancora! Documento di fine campeggio.

post — 29 luglio 2015 at 10:05

napoleonDomenica 26 luglio si è conclusa l’ultima edizione del campeggio di lotta contro l’alta velocità, con un bilancio complessivo che non può che essere positivo, sia per quel che riguarda la partecipazione sia sul piano delle iniziative di lotta intraprese.

Centinaia gli attivisti e i compagni accorsi ancora una volta da tutta Italia ed Europa  hanno riconosciuto la valsusa come meta centrale della lotta e l’hanno popolata lasciando un segno che non può che essere apprezzato da tanti e tante valligiane/i, portando un prezioso contributo a livello organizzativo e pratico, non solo per la qualità e quantità delle forze messe in campo, ma soprattutto per lo spirito di condivisione della lotta.

Numerose le iniziative messe in campo durante quest’estate, a partire dalla manifestazione popolare del 28 giugno che ha sfidato i divieti e l’apparato a difesa del cantiere, passando al mese di luglio con la carovana No Tav francese che si è conclusa a Chiomonte la notte dell’11 luglio in una nube di lacrimogeni, per poi arrivare ai 10 giorni di campeggio, occasione di confronto politico e non solo di iniziative determinate.

Oltre alla passeggiata notturna di venerdì 24 luglio in cui il movimento preparato e determinato è riuscito a fronteggiare l’arroganza della polizia a difesa del cantiere devastatore, il territorio è stato attraversato da volantinaggi ai mercati, contestazioni ad albergatori e ristoratori che ospitano e guadagnano sulla connivenza con chi devasta e specula in valsusa, blocchi ai cancelli del cantiere, battiture alle reti, sabotaggi nei confronti degli operai che senza alcuna dignità per la nostra terra si prestano alla realizzazione dell’opera, non che cene e pranzi in Clarea, a Chiomonte e negli altri luoghi simbolo del movimento, dibattiti, assemblee, concerti..

Come dicevamo poco sopra, il campeggio è stato luogo di intenso confronto politico.

A partire dalla Carovana del Rojava e i suoi racconti su Kobane e il recente massacro di Suruc, si è discusso della complessa situazione della Grecia, dei lavami tra le lotte in valle e a difesa del territorio con quelle della metropoli, sulle conseguenze dello “Sblocca Italia” e delle altre politiche renziane che vorrebbero mettere a profitto i nostri territori, snaturandoli, soprattutto nel sud del paese. Ci siamo confrontati con altri No Tav, quelli di Brescia e del Terzo Valico, cercando di immaginarci un futuro di lotte da condurre sempre più con obiettivi comuni e con la volontà di legarci maggiormente al territorio, alle sue contraddizioni politico e sociali.

Sicuramente registriamo anche dei limiti in quest’estate di lotta che discuteremo innanzitutto nelle nostre assemblee e coordinamenti, consapevoli di quanto la fase che attraversiamo, per tutti i movimenti e non solo il nostro, sia difficile.

In questi anni abbiamo dovuto maturare e rafforzarci, riuscire a resistere all’offensiva giudiziaria e confrontarci su un piano, se così dobbiamo definirlo, più pratico e strategico durante le iniziative al cantiere, poiché la controparte ci vorrebbe materialmente impedire l’attraversamento dei luoghi storici della nostra lotta e per far questo è disposta praticamente a tutto.

L’avversario contro cui combattiamo oggi è politicamente e militarmente più attento e preparato, ma nonostante questo non è ancora in grado di vincere e, possiamo dirlo, questo è merito nostro.

Ciò che ci attende è un periodo di confronto, per prepararci alla fase che ci attende e trovarci compatti e preparati agli scenari di lotta futura.

Niente deleghe o pessimismi, ma la consapevolezza che la Resistenza si fa un passo alla volta e che il cammino fin qui intrapreso è stato lungo e proficuo.

Avanti No Tav, resisteremo sempre un metro ed un minuto più di loro!

A breve nuove ed interessanti novità…

IL NEMICO DEL MIO NEMICO? È MIO NEMICO! – ERDOGAN BLUFFA

http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/nemico-mio-nemico-mio-nemico-erdogan-bluffa-contro-isis-105786.htm

dago

28 LUG 2015 13:59

IL NEMICO DEL MIO NEMICO? È MIO NEMICO! – ERDOGAN BLUFFA CONTRO L’ISIS PER BOMBARDARE I CURDI, GLI UNICI CHE COMBATTONO DAVVERO LO STATO ISLAMICO – I RAID VOGLIONO BLOCCARE LA NASCITA DEL KURDISTAN INDIPENDENTE, CHE COL PETROLIO IRACHENO DIVENTEREBBE UNA VERA POTENZA

Il popolo curdo è l’unico che combatte gli uomini del Califfo città per città, villaggio per villaggio, eppure il governo turco si è messo a bombardarlo con la scusa di ‘colpire i terroristi’ – I vergognosi raid vengono persino autorizzati dagli Stati Uniti. Per una bomba che colpisce l’Isis, tre sono contro i curdi…

Gianandrea Gaiani perLibero Quotidiano

pulire il marmo davanti al palazzo di erdogan

PULIRE IL MARMO DAVANTI AL PALAZZO DI ERDOGAN

La guerra allo Stato Islamico era già abbastanza ambigua e raffazzonata prima che il presidente turco Recep Tayyp Erdogan decidesse di prenderla a pretesto per consolidare il suo traballante potere. Come le monarchie arabe del Golfo, più preoccupate di rafforzare i governi sciiti di Damasco e Baghdad che di sconfiggere il Califfo, anche la guerra turca all’Isis non sembra in grado di portare quei successi che la Coalizione a guida statunitense non ha colto in un anno di incursioni.

erdogan in versione imperatore ottomano

ERDOGAN IN VERSIONE IMPERATORE OTTOMANO

Anche perché per ogni raid dei jet F-16 contro l’Isis ve ne sono almeno tre che colpiscono i curdi del Pkk nei loro santuari in Iraq o i curdi siriani del Partito Democratico Curdo. Erdogan sembra quindi puntare a liberarsi dell’ex alleato Isis (ora scomodo) dai suoi confini impedendo però ai curdi e a Bashar Assad di rafforzarsi. Difficile danneggiare il Califfato se al tempo stesso si combattono i suoi più acerrimi nemici curdi e siriani ma la Turchia ha aiutato per anni l’Isis, i qaedisti di al-Nusra e altri gruppi jihadisti fornendo armi e curando nei propri ospedali i miliziani feriti.

erdogan

ERDOGAN

 Oggi però Ankara non può accettare che i successi militari conseguiti dai curdi e il rischio di sfaldamento dell’Iraq creino le basi per un futuro Stato Curdo indipendente. D’altra parte i soldati turchi socializzavano sul confine con i miliziani del Califfo mentre a Kobane curdi di Siria, Iraq e Turchia combattevano casa per casa con i jihadisti. Ieri il governo turco ha negato di aver colpito le forze curdo-siriane ma molte testimonianze dicono il contrario.

RECEP ERDOGAN

RECEP ERDOGAN

 La campagna di Erdogan, che sul fronte interno ha portato all’arresto di oltre 1.050 oppositori tra curdi, estremisti di sinistra e jihadisti (inclusi una sessantina di stranieri), rischia di destabilizzare ulteriormente la regione e portare la Turchia alla guerra civile ma gode del supporto statunitense. Washington ha ottenuto il via libera all’utilizzo della base di Incirlik e ha concesso il suo appoggio per creare nella Siria settentrionale una «zona liberata» dalle milizie dello Stato Islamico ma anche da quelle di Damasco.

 ERDOGAN E OBAMA IN COREA DEL SUD

ERDOGAN E OBAMA IN COREA DEL SUD

Una zona cuscinetto di circa 100 chilometri di lunghezza a est di Aleppo protetta dai miliziani siriani «moderati» (saranno i salafiti, qaedisti e Fratelli Musulmani sostenuti da sauditi e qatarini?) e una no-fly zone che si estenderà su un area di 90 chilometri di confine per 50 km di profondità tra Marea e Jarabulus che potrà essere sorvolata dai jet turchi e della Coalizione ma non da quelli siriani che se si avvicineranno verranno attaccati.

 peshmerga curdi combattono isis in iraq

PESHMERGA CURDI COMBATTONO ISIS IN IRAQ

Di fatto, spazio e terre sottratte alla sovranità di Damasco in base a un accordo tra Ankara e Washington ma senza una risoluzione dell’Onu non c’è alcuna legittimità a una simile violazione del diritto internazionale. Qualche perplessità in proposito potrebbe averla espressa Vladimir Putin in un colloquio telefonico con Erdogan di cui il Cremlino ha evidenziato la necessità di combattere l’Isis «sulla base del diritto internazionale».

Dimostrazione di donne curde a Sanliurfa, vicino alla citta? siriana di Kobane

DIMOSTRAZIONE DI DONNE CURDE A SANLIURFA, VICINO ALLA CITTA? SIRIANA DI KOBANE

 Erdogan ha invocato all’Onu il diritto all’autodifesa per giustificare i raid e ha chiesto per oggi la riunione di emergenza degli ambasciatori della Nato ma solo per ottenere un appoggio politico considerato che non sono stati chiesti aiuti militari agli alleati. Selattin Demirtas, leader del partito filo curdo HDP (la cui performance alle elezioni del 7 giugno ha impedito a Erdogan di ottenere la maggioranza assoluta) ha accusato il governo del Partito della giustizia e dello sviluppo (AKP) di aver dato il via all’operazione antiterrorismo col solo scopo di riguadagnare la maggioranza in parlamento.

donna curda piange

DONNA CURDA PIANGE

 Secondo Demirtas «un governo ad interim sta trascinando il Paese verso la guerra civile». Il PKK, dopo due anni di tregua ufficiale, ha ripreso le operazioni contro Ankara uccidendo ieri 4 militari. L’impressione è che Erdogan punti sullo stato d’emergenza prolungato, utilizzando la minaccia terroristica dopo gli attacchi del Pkk e la strage di Suruc (32 morti attribuiti all’Isis) del 21 luglio, per consolidare il suo potere e liberarsi degli oppositori sovvertendo l’esito delle elezioni del 7 giugno.

donne curde combattono in iraq

DONNE CURDE COMBATTONO IN IRAQ

 Il presidente ha detto che le operazioni contro i terroristi dureranno 3 o 4 mesi ma l’ormai totale controllo che l’Akp ha su magistratura, esercito e polizia consente a Erdogan di prendersi il tempo necessario per restare sul trono di Ankara.

La Lande nei guai per camorra. Quando l’interdittiva del Prefetto Tafuri?

 http://www.tgvallesusa.it/2015/07/la-lande-nei-guai-per-camorra-quando-linterdittiva-del-prefetto-tafuri/
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Lo avevamo scritto in tempi non sospetti e per questo la Lande Srl aveva annunciato sui giornali di averci querelato per diffamazione. Chissà se il signor Marco Cascella, proprietario della Lande, deciderà di querelare anche la Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli che lo ha messo sotto inchiesta per l’affidamento sospetto di alcune gare d’appalto in uno degli infiniti scandali che legano appalti, politica e camorra. Non stiamo parlando di bruscolini, ma del secondo filone dell’inchiesta “Medea” riguaradante i legami fra politica, imprenditoria e il clan dei Casalesi.

Alcuni operai della Lande, in perfetto stile camorrista, si erano anche resi responsabili delle minacce di morte ad un attivista del comitato No Tav – Terzo Valico di Pozzolo e questo episodio aveva trovato eco fin dentro l’aula di Palazzo Madama.

Questa notizia non fa che confermare quanto andiamo scrivendo da parecchio tempo: il protocollo antimafia firmato per salvaguardare le infiltrazioni all’interno dei cantieri fa acqua da tutte le parti e non è stato in grado fino ad oggi di tutelare il territorio dalla presenza di organizzazioni criminali. Davanti all’inchiesta della DDA di Napoli il Prefetto di Alessandria Romilda Tafuri dovrebbe immediatamente emanare un’interdittiva antimafia prefettizia, misura che prescinde dall’accertamento di singole responsabilità penali e si fonda su accertamenti compiuti da singoli organi di polizia valutati dal Prefetto competente territorialmente. Aggiungiamo che dopo l’emanazione dell’interdittiva occorrerebbe verificare se all’interno del cantiere di Libarna tutto sia stato fatto a regola d’arte o se, per esempio, vi sia stato l’interramento di rifiuti tossico nocivi.

Caro Prefetto Tafuri è arrivato il momento di entrare in scena e questa volta per farlo non serve neppure una telefonata ad Ercole Incalza.

François Hollande, Israele e la bomba atomica

 
di Thierry Meyssan – 20/07/2015
Fonte: Voltairenet
 
Il presidente francese ha negato che Israele abbia la bomba atomica. Eppure lo Stato ebraico possiede da 80 a 400 testate nucleari. Una storia molto attuale [Thierry Meyssan]

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Nella sua intervista del 14 luglio su TF1 e France 2, il presidente François Hollande ha negato che Israele abbia la bomba atomica. Eppure lo Stato ebraico possiede da 80 a 400 testate nucleari e ha già fatto uso di bombe al neutrone sulle popolazioni civili. Hollande è talmente ignorante da non avere la capacità di essere il capo delle Forze Armate e della ‘Force de frappe’ (la forza di dissuasione nucleare francese) oppure è semplicemente in malafede, in spregio ai suoi concittadini?
 
Il 20 maggio 2015, Israele – che partecipa alla Forza araba comune – ha sganciato una bomba al neutrone nello Yemen. Questo tipo di bomba nucleare tattica uccide gli esseri viventi senza distruggere le infrastrutture.
Nel giorno della festa nazionale del 14 luglio, la tradizionale intervista del presidente della repubblica francese è stata quest’anno l’occasione per François Hollande di fare ogni tipo di discorso indecente e insensato.
Vorrei solo richiamare la vostra attenzione sul seguente passaggio in risposta a una domanda di Claire Chazal sull’accordo del “5+1” con l’Iran:
 
«La Francia è stata molto decisa in questa trattativa e Laurent Fabius (ministro degli esteri, ndt) l’ha condotta con grande rigore e anche fermezza. Qual era la mia preoccupazione? Evitare la proliferazione nucleare. Che cosa vuol dire proliferazione nucleare? Significa che l’Iran era in grado di costruirsi armi nucleari. Se l’Iran fosse arrivato alle armi nucleari, allo stesso modo l’Arabia Saudita, Israele e gli altri paesi avrebbero voluto avere armi nucleari. Sarebbe stato un rischio per l’intero pianeta. Così è stato necessario impedire che l’Iran potesse costruirsi ordigni nucleari.» [1]
 
Così, secondo il presidente Hollande, capo delle Forze Armate e in quanto tale titolare della forza nucleare, Israele non avrebbe armi nucleari. Ora, tutti sanno che Israele è una delle quattro potenze nucleari che NON hanno firmato il Trattato di non proliferazione (TNP), assieme all’India, al Pakistan e alla Corea del Nord.
Fu nel 1956 che il presidente del Consiglio francese Guy Mollet (il predecessore di François Hollande a capo del partito socialista) organizzò il trasferimento di tecnologia nucleare tra Francia e Israele. Per fare questo, nell’Hôtel de Matignon (residenza ufficiale del primo ministro francese) assegnò a Shimon Peres − il futuro presidente di Israele − un ufficio dal quale questi supervisionò il trasferimento. La Francia costruì la centrale di Dimona nel deserto del Negev, della quale Shimon Peres divenne il direttore. Israele partecipò anche agli esperimenti nucleari francesi nel deserto algerino. Sostenitore della colonizzazione, Guy Mollet si appoggiò a Israele per combattere contro il FLN (Fronte di liberazione nazionale) algerino e per fare la guerra contro l’Egitto nella “crisi” di Suez.
Questa cooperazione si deteriorò sotto Charles de Gaulle ed ebbe termine con la decolonizzazione dell’Algeria. Quando nel 1967 Israele attaccò (teoria della “guerra preventiva”) i suoi vicini arabi − l’Egitto, la Giordania e la Siria − De Gaulle ruppe le relazioni con Israele. Pochi giorni dopo, gli Stati Uniti stipularono un accordo segreto con Israele che consentiva a quest’ultimo di detenere l’atomica a condizione di non renderla pubblica e di non condurre nuovi esperimenti.
Inizialmente Israele proseguì le sue ricerche con l’aiuto degli inglesi, che in particolare gli fornirono combustibile pronto all’uso. Poi, con l’aiuto del Sudafrica dal 1975, beneficiò proprio delle esplosioni nucleari sudafricane, in particolare nel 1979 nell’Oceano Indiano, senza in tal modo violare il suo accordo con Washington.
 
Israele detiene attualmente tra 80 e 400 testate nucleari e un gran numero di bombe al neutrone. Infatti, a causa della topografia, le bombe nucleari strategiche sono impossibili da utilizzare in un ambiente vicino a Israele, così lo Stato ebraico si è specializzato in bombe al neutrone, il cui raggio d’azione è più piccolo. Queste sono le armi del capitalismo per eccellenza perché uccidono gli uomini ma non danneggiano le proprietà.
 
L’intero programma fu rivelato nel 1986 al Sunday Times da uno scienziato israeliano contrario all’apartheid, Mordechai Vanunu, [2] che fu poi rapito a Roma dal Mossad, rimpatriato in Israele, processato con le accuse di tradimento e spionaggio e tenuto in isolamento per diciotto anni. Scarcerato nel 2004 per gli arresti domiciliari, concesse un’intervista alla giornalista svizzera Silvia Cattori e fu immediatamente restituito al carcere per aver parlato con la stampa [3].
Nel 2002 lo stratega israeliano Martin Van Creveld dichiarò pubblicamente l’esistenza dell’arsenale nucleare e minacciò gli europei di ritorsione sul loro territorio se avessero continuato a sostenere i palestinesi [4].
In seguito si parlò di “complesso di Sansone”, cioè della minaccia di un distruttore suicida israeliano che non vuole subire l’onta della sconfitta.
Il 6 dicembre 2006, nel corso di un’audizione al Senato, il segretario alla Difesa statunitense Robert Gates ammise che Israele ha la bomba. Pochi giorni dopo, il primo ministro israeliano Ehud Olmert lo ammise in una frase durante un’intervista con il canale televisivo tedesco N24.
 
Nel 2010, diciotto Stati arabi riuscirono a fare inserire sull’Agenda dell’AIEA (Agenzia internazionale per l’energia atomica) la questione delle «capacità nucleari israeliane». L’ONU organizzò quindi una conferenza sul Trattato di non proliferazione nucleare, durante la quale la Repubblica islamica dell’Iran propose di creare «una zona in Medio Oriente libera da armi nucleari» [5], sul modello di ciò che è stato fatto in America Latina o in Asia centrale. Tuttavia questo progetto fallì a causa dell’opposizione di Israele e degli Stati Uniti, con questi ultimi che illegalmente immagazzinavano armi nucleari in Turchia.
 
Recentemente, Israele ha fatto uso di bombe al neutrone nel villaggio di Khiam durante la guerra del 2006 contro il Libano e il 20 maggio scorso nello Yemen. In entrambi i casi sono stati fatti rilevamenti delle radiazioni.
 
Perché il presidente Hollande nega fatti ampiamente dimostrati? Per ignoranza o perché cerca di giustificare la posizione francese durante i negoziati con l’Iran fino al punto di ingarbugliarsi nella stessa rete della propria propaganda?
Il 17 novembre 2013, arrivando all’aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv, François Hollande ha dichiarato in ebraico: «Tamid écha-èr ravèr chèl Israël» (“Io sono vostro amico e lo sarò sempre”) [6].
 
NOTE
 
[1] «Entretien de François Hollande pour la fête nationale» (Intervista di François Hollande per la festa nazionale, ndt), di François Hollande, Réseau Voltaire, 14 luglio, 2015.
[2] «Revealed: the secrets of Israel’s nuclear arsenal» (Rivelazione: i segreti dell’arsenale nucleare israeliano, ndt), Sunday Times, 5 ottobre 1986.
[3] «C’est parce qu’Israël détient la bombe atomique qu’il peut pratiquer sans crainte l’apartheid» (“È perché Israele ha la bomba atomica che può praticare l’apartheid senza timore”, ndt), di Silvia Cattori, traduzione Marcel Charbonnier, Réseau Voltaire, 14 ottobre 2005.
[4] «The War Game, a controversial view of the current crisis in the Middle East» (“Il Gioco della Guerra, una visione controversa dell’attuale crisi in Medio Oriente”, ndt) Elsevier, 2002, n. 17, pp. 52-53, 27 aprile 2002.
[5] «Création d’une zone exempte d’armes nucléaires au Moyen-Orient» (“Creazione di una zona senza armi nucleari in Medio Oriente”, ndt), Réseau Voltaire, 4 maggio 2010.
 
Traduzione per Megachip a cura di Marco Emilio Piano.
 
 

OBAMA AU KENYA. LUC MICHEL REMET LES PENDULES A L’HEURE SUR AFRIQUE MEDIA (26 JUILLET 2015)

 EODE-TV/ 2015 07 26/

EODE-TV - LM obama au kenya (2015 07 26) FR

Sur le plateau du DEBAT PANAFRICAIN sur AFRIQUE MEDIA TV ce dimanche 26 juillet, Luc MICHEL a eu des mots aussi durs que justifiés face à certains panelistes qui se sont laissés une fois de plus prendre au masque noir d’Obama et célébraient sa visite. La visite indécente du président américain dans une Afrique où les USA déstabilisent 15 pays africains, ont installé via l’AFRICOM 34 bases militaires et détruit la Jamahirya libyenne du guide Kadhafi (Sarkozy n’étant que le porteur de valise de Washington) est une honte pour tous les africains.

 “Obama n’est ni noir ni blanc, ni même américain, il est le visage du lobby militaro-industriel américain et a été choisi pour rénover l’image des USA dégradée par Bush II”, rappelle Luc MICHEL aux obamanolâtres ..

 * Video sur : https://vimeo.com/134567908

 Filmé en Duplex à Bruxelles par EODE-TV (images brutes),

Diffusé en direct sur AFRIQUE MEDIA TV,

Le 26 juillet 2015 dans l’émission ‘LE DEBAT PANAFRICAIN’,

présentée par Alain Michel Yetna.

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