«Bastardo, apri la cassaforte o ti sparo», presa banda di albanesi

scambio culturale

martedì, 30, giugno, 2015

PERUGIA – «Bastardo, apri la cassaforte o ti sparo». Così agiva una banda di rapinatori in zona Mugnano, due su tre fermati dalla squadra mobile.
Due albanesi, uno di 23 anni e l’altro di 26, sono stati arrestati (un terzo è ricercato) dalla squadra mobile della questura di Perugia per furto e rapina.
Il 26enne, dopo essersi strappato il braccialetto elettronico per compiere i due colpi, si era poi allontanato ed era stato intercettato, in autostrada a Frosinone, dalla polizia stradale, che nel frattempo aveva individuato una delle due auto rubate: l’albanese aveva abbandonato l’auto, riuscendo a fuggire a piedi per i campi. In compenso la polstrada, in quella circostanza, aveva identificato un terzo complice, ora – come detto – ricercato, il quale viaggiava a bordo di un’altra auto. Attraverso l’analisi dei tabulati telefonici e delle celle, gli investigatori sono risaliti anche al 23enne.

http://www.imolaoggi.it/2015/06/30/bastardo-apri-la-cassaforte-o-ti-sparo-presa-banda-di-albanesi

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Los Angeles: fuoriesce elio da sottosuolo,si rischia un terremoto catastrofico!

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Un gruppo di ricercatori ha scoperto la fuoriuscita di elio da una delle piu’ imponenti fratture della crosta terrestre vicino Los Angeles.Secondo lo studio la faglia e’ piu’ lunga e profonda di come si pensava in precedenza.

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 L’USGS ha dichiarato questa zona ad altissimo rischio sismico.Jim Boles e’ il geologo che ha fatto questa scoperta lungo la fault zone tra Newport-Inglewood e Los Angeles Basin.La faglia di Newport-Inglewood si trova su una zona di subduzione da almeno 30 milioni di anni e rappresenta una minaccia insieme alla faglia di Sant’Andrea per la California.

http://terrarealtime.blogspot.com/

http://www.dailymail.co.uk/sciencetech/article-3143818/Helium-LEAKING-massive-earthquake-fault-LA-raising-fears-big-one-devastating-thought.html

http://terrarealtime.blogspot.com/2015/06/los-angeles-fuoriesce-elio-da.html

Grecia futuro dell’Euro e dell’Europa. La situazione.

 http://www.tgvallesusa.it/2015/07/grecia-futuro-delleuro-e-delleuropa-la-situazione/
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Sono giornate di fibrillazione queste, per la Grecia, per l’Europa e per l’Euro. Le analisi si sprecano e tutti vogliono dichiarare la propria interpretazione. Ci siamo messi alla ricerca di notizie, delle chiavi di lettura e vogliamo fornire ai nostri lettori non già soluzioni bensì un panorama delle idee per cercare di capire. Mettetevi comodi.

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di Davide Amerio.

Nella situazione in corso si intrecciano fronti contrapposti che operano su piani diversi. Un piano è politico (voto Si/No al referendum indetto), un altro è quello economico (situazione reale delle economie nei paesi dell’eurozona), l’ultimo quello giuridico (efficacia e conseguenze dei trattati e degli accordi internazionali). Questa mattina avrà luogo l’ennesima riunione dell’eurogruppo con Tsipras per trovare un’ulteriore mediazione sui debiti impagati da parte della Gecia (1,6 miliardi verso il Fmi), quelli in scadenza a breve (3,5 miliardi alla Bce il 20 luglio) e per esaminare la richiesta di Atene di dilazionare e rinegoziare tutti i debiti.

Se l’onere di “pagare i debiti” è universalmente riconosciuto, è la genesi di questo debito che viene messa in discussione. C’è chi afferma – come Gianni Pardo – che i Greci hanno vissuto oltre le loro possibilità:

In questi giorni si discute molto di democrazia, di sovranità, di egoismo dei più ricchi e di vittime dello strapotere altrui e si dimentica il nocciolo del problema, che è economico o forse, ancor più semplicemente, aritmetico.(…)

Il principio fondamentale è che nessuno può sperare di vivere a tempo indeterminato a spese altrui. Può riuscirci, occasionalmente, qualche individuo, ma non possono riuscirci tutti (perché mancherebbe chi paga) e non possono riuscirci interi Paesi, perché prima o poi il conto viene presentato.(…)

Quando un Paese contrae debiti, è per spendere oggi il denaro che conta di guadagnare domani. E se ci riesce, quel debito è stato un investimento produttivo, del tutto lodevole. Se invece non ci riesce, e addirittura, per rimborsare le cambiali che vanno scadendo, contrae nuovi debiti, il gioco può continuare finché i creditori sono più contenti di incassare gli interessi di quanto non siano spaventati di perdere il capitale. Ma ciò non potrà andare avanti all’infinito. Arriverà fatalmente il momento in cui questo equilibrio si romperà e il debito sarà pagato con un’enorme inflazione, con una guerra, con un fallimento, con qualche terribile crisi epocale. [1]

Per la prima fila contro i “cattivi e pigri” Greci sgomita il bocconiano Francesco Giavazzi che in un articolo pubblicato su Financial Time giunge a scrivere delle vere e proprie “chicche”:

Ma l’euro non può essere un sostituto per una maggiore integrazione politica. Infatti, senza tale integrazione, l’euro non può sopravvivere – e oggi, la Grecia si frappone su questa via

Cinque anni di negoziati che non hanno ottenuto praticamente nulla (le poche riforme che erano state adottate, come una piccola riduzione del numero esagerato di dipendenti del settore pubblico, da allora sono state rovesciate dalla coalizione guidata da Syriza). E’ abbastanza chiaro che i greci non hanno alcun desiderio di modernizzare la loro società. Si preoccupano troppo poco di un’economia rovinata dal clientelismo

I leader europei, invece di dedicare i loro summit alla questione di come difendere meglio i nostri interessi economici e militari, agonizzano su cosa fare per la Grecia [2]

Lucio di Gaetano  sul FQ si scatena contro gli economisti che contestano l’euro affermando, detta sinteticamente (anche perché lui ci dedica 2/3 del pezzo), che non conoscono nulla del sistema finanziario e tutta la loro azione è puramente pubblicitaria per avere visibilità e carriera. Sulla possibilità dell’uscita della Grecia dalla moneta unica il suo parere è diverso da precedente ma molto interessante:

A chi conviene l’uscita della Grecia dall’Euro? E qui la risposta è abbastanza semplice. Non conviene a nessuno: non conviene all’Eurogruppo perché dimostrerebbe che l’Unione non ha un futuro federale, non ha un futuro politico, è destinata prima o poi a naufragare sotto il peso degli egoismi nazionali; non conviene alla Bce, perché dimostrerebbe che il QE non è sufficiente a bilanciare la frammentazione delle economie locali e che 14 anni di moneta unica si possono dimenticare semplicemente sbattendo una porta; non conviene al Consiglio Europeo, che darebbe una clamorosa dimostrazione della propria incapacità di risolvere i problemi interni; non conviene alla Grecia a meno che non si creda davvero di poter fare affidamento su Putin per pagare pensioni e stipendi. [3]

Affonda la lama nel ventre molle greco Alberto Annicchiarico che sul Sole24Ore riporta una impietosa analisi sullo stato della previdenza del paese ellenico:

(…) l’enorme dipendenza degli istituti previdenziali dai sussidi, sia sotto forma di introiti fiscali specificamente destinati alle pensioni, sia sotto forma di «rabbocchi» diretti dalle casse dello Stato. Come si vede, la somma dei contributi versati da lavoratori e datori di lavoro agli istituti previdenziali, e il reddito derivante dagli investimenti effettuati dagli istituti (che include plusvalenze, interessi sulle obbligazioni e sui depositi e rendite fondiarie), nel 2014 ammontava ad appena il 57 per cento delle entrate.(…)

Questo «sussidio di sopravvivenza» ammonta a 13 miliardi di euro l’anno, una cifra equivalente al 14-15 per cento delle entrate complessive del Governo di Atene. Alla data del 2014 questi trasferimenti superavano del 6 per cento la media 2006-2008, per compensare il calo del 23 per cento dei contributi, il calo del 74 per cento degli introiti fiscali destinati alla previdenza e il calo dell’81 per cento del reddito da investimenti degli istituti previdenziali. Complessivamente, gli afflussi di denaro verso gli istituti previdenziali sono scesi del 18 per cento. [4]

Vista sotto questi profili non c’è storia: o la Grecia si sottomette ai voleri della Troika, oppure paga, oppure perisce. Chi è causa del suo mal pianga se stesso. Ma è proprio così?!?
Riprendiamo l’esame dall’articolo di Giavazzi e vediamo cosa scrive Karl Whelan, professore di Economia alla University College di Dublino, nel suo articolo parlando di quello pubblicato su F.T.:

Ospitando regolarmente le opinioni di persone del calibro di Hans-Werner Sinn e Niall Ferguson, la pagina editoriale del Financial Times sta guadagnando la sfavorevole reputazione di pubblicare spazzatura sull’economia. Questo nuovo articolo del professore italiano Francesco Giavazzi sulla Grecia (“I greci hanno scelto la povertà, facciamoli andare per la loro strada”) primeggia con la sua combinazione di imprecisione e infelici stereotipi nazionali.[2]

Whelan prende in considerazione punto per punto le affermazioni del nostro Giavazzi e replica confutando con dati tecnici di riferimento. In sintesi [2]:

1) Pubblico Impiego: In base alla Relazione del 2014 della Commissione Europea sulla Grecia “L’occupazione totale nel settore pubblico è scesa da 907.351 nel 2009 a 651.717 nel 2014, con un calo di oltre 255.000 unità. Questo è un calo di oltre il 25%. Davvero si può chiamarla una “piccola riduzione?”

2) Deficit di Bilancio: “La Grecia ha ridotto il suo deficit di bilancio dal 15,6 per cento del PIL nel 2009 al 2,5 per cento nel 2014, una scala di riduzione del disavanzo che non si è vista in nessun’altra parte del mondo (dati Ocse). Questa riduzione ha coinvolto massicci tagli alla spesa pubblica ed è stata ottenuta nel contesto di un’economia in costante contrazione. Il professor Giavazzi è uno di quelli che sostengono l’idea che forti contrazioni fiscali possono essere espansive. Bene, le esperienze della Grecia e di altri paesi hanno fermamente screditato questa idea.”

3) Riforme Strutturali: queste sono il tipo di riforme molto amate dagli “eurocrati”, sottolinea Whelan, orbene per la Grecia “Il rapporto Doing Business 2010 classificava la Grecia come il 109-esimo paese al mondo in cui fare affari, una classifica estremamente bassa. Il rapporto 2015 classificava la Grecia 61a, un aumento di 48 posizioni.”

4) Le Riforme sulle pensioni: “I governi greci negli ultimi anni hanno introdotto una serie di riforme a lungo termine nel loro sistema pensionistico. Per una descrizione di tali riforme, si vedano le pagine 39-40 del Rapporto sull’Invecchiamento 2015 della Commissione Europea.

Il rapporto spiega anche l’impatto nel lungo periodo delle riforme pensionistiche che sono state emanate in tutta l’UE. (…) La Grecia (contrassegnata come EL) passa da una delle più basse età medie di pensionamento nello scenario senza riforma ad una delle più alte dopo la riforma. In questo senso, la Grecia ha intrapreso la più significativa riforma delle pensioni in Europa (e non è stata abrogata dai tribunali, come è accaduto in Italia alle riforme delle pensioni approvate dal governo di Mario Monti).

La situazione del paese ellenico assume qui contorni ben diversi. Allora perché tanto accanimento e tanta rigidità nei suoi confronti? Qui entriamo in un terreno scosceso dove lentamente ai tecnismi economici si sovrappongono fattori politici e finanziari. Il prof. Nino Galloni ha recentemente illustrato in un convegno a Rivoli (avremo modo di parlarne) la sua conclusione sulla tipologia di capitalismo in atto in questo periodo storico. Un capitalismo “ultrafinanziario” completamente sganciato dall’economia reale e di mercato. Se la cornice è questa, allora assumono molto rilievo le affermazioni degli economisti che sostengono da tempo come la costruzione della moneta comune sia stato un artifizio non sostenuto da una struttura politica adeguata, sopratutto su un modello democratico.

Illustra Antonio M. Rinaldi:

Il maggior problema in questo momento in Europa non è più tanto il disastro economico e sociale compiuto a causa delle politiche seguite, ma l’aver affidato la sostenibilità dell’euro esclusivamente a metodi che prevedono la rinuncia da parte dei cittadini dei sacrosanti diritti fondamentali che sono alla base di qualsiasi democrazia.
Non si tratta più pertanto di fare solo valutazioni in termini prettamente economici per evidenziare le incongruenze generate dalla moneta unica, ma di denunciare a gran voce che per rendere sostenibile questo modello economico l’unico sistema adottato sia quello di estraniare i cittadini dalle più elementari forme previste dalla democrazia. E’ questo il vero pericolo a cui stiamo andando incontro con la complicità più o meno consapevole dei vari governi nazionali dei paesi dell’eurozona. Ai danni provocati da una costruzione monetaria e fiscale errata, ora si stanno sommando quelli ancora maggiori per poterle rendere sostenibili! [5]

Si intravede la chiave possibile di lettura degli avvenimenti. L’euro è stato fondato su teorie non adeguate al mercato europeo. Lo sostengono anche premi Nobel come Paul Krugman:

E’ ovvio da tempo che la creazione dell’euro e’ stata un terribile errore. L’Europa comunitaria non ha mai avuto le pre-condizioni per una singola valuta di successo” Quelle cioè che, negli Stati Uniti, hanno consentito durante la “Grande recessione del 2007-2009” di proteggere equanimamente i cittadini di Washington insieme a quelli della Florida (e di tutti gli altri 48 Stati della federazione americana) [6]

Joseph Stiglitz

… la vera natura della disputa sul debito greco… e’ tra il potere e la democrazia molto piu’ che tra il denaro e l’economia [6]

Osserva ancora Rinaldi nel suo intervento:

Non è più accettabile che più di un cittadino europeo su dieci, per essere precisi l’11,1%, sia disoccupato, con una distribuzione alterata all’interno della stessa area valutaria che va dal 4,7,% della Germania e 5,7% dell’Austria al 25,6 della Grecia, passando dal 22,7% della Spagna dal 12,4% dell’Italia e dal 10,5% della Francia, con una discriminazione nel godimento del suo diritto alla giustizia sociale previsto dall’art. 2 di Lisbona (TFUE) che sancisce che l’Unione si basa “su un’economia sociale di mercato fortemente competitiva, che mira alla piena occupazione e al progresso sociale… combatte l’esclusione sociale e le discriminazioni e promuove la giustizia e le protezioni sociali. Essa promuove la coesione economica, sociale e territoriale e la solidarietà tra gli Stati membri”.

Perché non si stanno perseguendo questi obiettivi, sostituiti invece con quelli a tutela dei mercati, in nome di una stabilità che nei fatti sta determinando sempre più l’allontanamento dei cittadini dal centro dell’interesse delle azioni dell’Europa? Perché nessuno si ribella? L’Europa non merita rispetto perché è proprio la prima a non avere il rispetto del fondamentale diritto di ciascun cittadino: avere garantita la dignità di un lavoro! Inoltre va ricordato fermamente che le Costituzioni democratiche europee non si basano sulla forte competitività così come sancito nei Trattati, ma sul valore dell’inderogabile dovere di solidarietà economica, politica e sociale [5]

Il divario tra la visione comunitaria dei Trattati e lo spirito che animò l’idea di un’Europa dei popoli pare essere svanito tra le pieghe degli interessi finanziari delle banche e dei fondi di investimento con la complicità dei governi. Ancora Rinaldi:

A Cipro e in Grecia abbiamo assistito alle prove generali di come è stato possibile annientare Paesi imponendo politiche economiche funzionali solo agli interessi dei creditori. Gli pseudo salvataggi compiuti nei confronti della Grecia nella realtà sono serviti solo a tentare di mettere al sicuro i rischi contratti precedentemente dal mondo finanziario e bancario, trasferendoli agli Stati per mezzo dei meccanismi previsti dai Fondi Salva Stati e dai prestiti bilaterali.

Ricorda Pietro de Sarlo:

L’attuale crisi economica nasce nel 2006 con la crisi dei titoli subprime che culminò con il fallimento nel 2008 della Lehman Bothers e che produsse perdite nel sistema bancario mondiale per circa quattromilacento miliardi di dollari (stima 2009 del FMI), ossia quasi la metà dell’attuale debito dei governi centrali dell’area euro.
Quindi una crisi generata dalla finanza e non dai debiti sovrani. Ma gli effetti di tale crisi si ripercossero su tutte le economie, in particolare in Europa dove il Patto di Stabilità e Crescita firmato nel 1997 prevedeva che il disavanzo statale dei paesi aderenti all’euro non potesse superare il 3% del PIL e il debito pubblico sul PIL il 60%. I paesi che superavano tale soglia dovevano rientrarvi in un periodo di 20 anni. Il patto così formulato nasceva dalle paure tedesche di abbandonare il marco per tuffarsi in una moneta potenzialmente debole. (…)
Il limite del patto era nella sua rigidità poiché non prevedeva nulla su cosa fare in momenti di forte crisi come la grande depressione derivante dalla citata crisi dei subprime. Tutti i paesi dell’area euro entrarono in difficoltà ma la situazione iniziò a precipitare quando nel 2009 Papandreou rivelò che i bilanci pubblici della Grecia, inviati in Europa dai governi precedenti, erano stati ‘taroccati’ e da quel momento iniziò lo psicodramma collettivo della crisi greca che invece di risolversi si complica ogni giorno di più. [7]

Errori iniziali che si ripercuotono nel tempo; mancanza di lungimiranza; miopia economica e politica. Questi gli ingredienti della crisi in corso. Adesso la Grecia svela l’inganno affermando semplicemente il proprio diritto a decidere democraticamente. Spiega Lidia Undiemi:

Lo scontro in atto tra la Grecia e la Troika (ovvero il Mes) sta mettendo a nudo la natura essenzialmente politica della crisi europea, che si sta consumando a colpi di “ricatti” finanziari con i quali l’organizzazione internazionale cerca di obbligare il governo Tsipras a venir meno al proprio mandato mediante l’attuazione di riforme contrarie all’impegno assunto con il popolo ellenico, già messo in ginocchio dalle precedenti politiche di austerità con cui accordo dopo accordo, rinnovo dopo rinnovo, sono stati divorati diritti ed eliminati pezzi importanti dello Stato sociale. Il commissariamento della Grecia è in atto dal 2010, la maggior parte dei finanziamenti ricevuti in cambio delle riforme sono serviti per salvare gli interessi finanziari privati dell’Eurozona, e non certo per far quadrare i conti pubblici. Il debito pubblico greco è infatti aumentato vertiginosamente proprio con l’avvio dei “piani di salvataggio”, sino al 2009 era poco meno del 104 per cento, nel 2010 è salito al 148,3 per cento sino a toccare, nel 2013, il 178 per cento. Ciò, si badi bene, è accaduto in tutti i paesi in cui è intervenuta la Troika. La più grande operazione di socializzazione delle perdite e privatizzazione dei ricavi sperimentata in Europa negli utlimi decenni. [8]

La posta in gioco è sempre più alta. Sul piano politico in troppi rischiano di rimetterci la faccia con il proprio elettorato. Ammettere di aver sbagliato significherebbe dar ragione a quanti hanno sostenuto che l’euro è la causa della crisi dei paesi e che si è verificato quanto previsto dalla Teoria delle Aree Valutarie Ottimali: in assenza di equilibro e omogeneità delle economie i paesi “forti” lo diventano sempre di più e quelli deboli vengono schiacciati. ImpietosamenteAlberto Bagnai spiega:

La cosa importante è capire che l’austerità non è una bizza, né una virtù, della signora Merkel. L‘austerità è la conseguenza inevitabile dell’adozione dell’euro: se non puoi svalutare la moneta, per promuovere le esportazioni dalle quali ottenere la valuta forte necessaria per saldare i debitori esteri, devi svalutare il lavoro. (…) da anni ci frantumano le gonadi con l’idea che un euro senza austerità sia possibile (errore blu per il quale boccerebbero e bocciano i loro studenti del primo anno) dovranno rassegnarsi. Il fatto che l’aggiustamento fiscale sia reso necessario dal fatto di avere inibito quello di cambio oggi è sancito dal “Rapporto sul completamento dell’Unione Economica e Monetaria”, firmato il 22 giugno dai cinque presidenti (Juncker, Tusk, Draghi, Dijsselbloem e Schulz), che fa strame della disonestà intellettuale di chi da cinque anni si arrampica sugli specchi per non ammettere un errore storico di proporzioni inaudite. [9]

Che cosa può accadere? Se lo domandano in molti. Ma questo dipende inevitabilmente dal fatto se ci si ostinerà a perseguire sulla strada della sterile austerità con la compressione dei diritti e la limitazione delle libertà personali per fronteggiare le possibile rivolte che si potrebbero generare a seguito della continua distruzione dello stato sociale per milioni e milioni di persone.

Concludiamo questa lunga panoramica (augurandoci sia stata utile per capire la complessità del problema e la posta in gioco) con l’intervento di Loretta Napoleoni:

Alla Grecia si chiede di rispettare la decisione dei membri della Troika non il programma elettorale del nuovo governo, nello specifico: il libero arbitrio di Atene in materia monetaria non esiste. Qualora insistesse per esercitarlo allora la punizione sarà l’uscita dell’euro (…) con tutte le conseguenze tragiche che questa condizione comporta. Si badi bene qui non ci troviamo di fronte ad una nazione che prima della creazione dell’euro ha optato per non aderirvi, come è successo con il Regno Unito, la Danimarca e la Svezia, ma di un paese che ha rinunciato alla sovranità monetaria più di quindici anni fa.

Naturalmente (…) le élite al potere non sbagliano mai. Ci troviamo di fronte ad una dittatura assoluta ‘perfetta’ che ha rimpiazzato molto probabilmente una democrazia ‘aberrante’, un regime dove è stato abolito il diritto di sbagliare. Anche Bruxelles non sbaglia mai, avete per caso sentito la Merkel apostrofare le banche tedesche per aver prestato troppi soldi alla Grecia? O gli eurocrati come Mario Monti ammettere che la Grecia non aveva “i numeri” per entrare nell’euro, che accettare la sua candidatura è stato un errore?

(D.A. 01.07.15)

Per approfondimenti:

[1] Il Fato della Grecia – Gianno Pardo – scenarieconomici.it

[2] Il FT delude nuovamente: Francesco Giavazzi sulla Grecia – Karl Whelan –Vocidall’estero.it

[3]Grecia, perché uscire dall’euro è un suicidio politico e strategico – Lucio di GaetanoIlFattoQuotidiano.it

[4] Finalmente tutto quello che avreste voluto sapere sulle pensioni greche – Alberto Annicchiarico – econopoly Il Sole24Ore.com

[5] Rprendiamoci la democrazia – Antonio M. Rinaldi – intervento al convegno “THE DEMOCRACY OF THE EURO” promosso dal Gruppo Parlamentare Europeeo EFDD presso il Parlamento Europeo il 30.6.2015 pubblicato su scenarieconomici.it

[6] Grexit: Krugman e Stiglitz danno la colpa all’Europa della Troika, non ai greci –Roberto Marchesi – IlFattoQuotidiano.it

[7] Signora C. Lagarde lei è licenziata e le spiego perché – Pietro de Sarloscenarieconomici.it

[8] Grecia, la straordinaria lezione di democrazia contro il ‘ricatto’ dei mercati – Lidia Undiemi – IlFattoQuotidiano.it

[9] Grexit: quelli che ‘la democrazia trionfa (ma anche no) – Alberto BagnaiIlFattoQuotidiano.it

[10] Grexit, nessuno sa davvero cosa succederà – Loretta Napoleoni – IlFattoQuotidiano.it

IL GIORNO DOPO LA MARCIA LA TARGA NON C’E PIU’ IN CLAREA

 http://www.tgvallesusa.it/2015/06/il-giorno-dopo-la-marcia-la-targa-non-ce-piu-in-clarea/
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Marcia No Tav il 28 giugno. Grande partecipazione. Gas CS della polizia dopo gli impedimenti al corteo voluti dalla procura. poi sparisce la Targa.

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di Gabriella Tittonel.

“Certa è la vittoria. Resistere, contrapporsi, battersi. L’esistenza, l’impegno, la passione”.

Questo quanto riportato nella targa fissata su una roccia della Clarea, nella minuscola borgata che dal torrente ha preso il nome. Una targa posta a fine maggio dello scorso anno per ricordare un avvenimento ma anche per affermare come il popolo del no tav intenda proseguire con determinazione il suo cammino di contrapposizione alla devastante opera del cantiere ubicato a pochi passi.

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Ma oggi, giorno successivo alla marcia di Chiomonte, la targa dal sasso che l’abbracciava, è scomparsa, in un luogo segnato da un’ordinanza che ha impedito, per tutto il fine settimana, ai normali fruitori della zona di avvicinarsi e quindi, logicamente, di compiere qualsivoglia azione.

Ma la forza racchiusa nelle parole scolpite è stata per qualcuno, al riparo da occhi indesiderati, provocazione e stimolo ad utilizzare alcune di quelle temutissime pietre del bosco per staccare con violenza la targa, pietre divenute arma concreta verso pensieri liberi.

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Brutta cosa questa, soprattutto in questo tempo già così segnato da guerre e contrapposizioni…..

Tempo dove lo splendido rapporto che dovrebbe unire gli umani è sempre più umiliante ricordo…

(G.T. 30.06.15)

Variante al cantiere Tav, il costo del deposito lievita del 15%

Non è passata una settimana da quando raccontavamo degli aumenti dei costi al cantiere Tav di Chiomonte ed ecco aggiungersi un nuovo tassello. Il sito del Ministero dell’Ambiente riporta che il 17 aprile 2015 è stata presentata istanza per una Variante in corso d’opera relativa all’aumento della capacità del sito di deposito della Maddalena. Il sito di deposito è quella porzione di cantiere in cui viene stoccata l’enorme quantità di roccia estratta dal tunnel geognostico. Il primo progetto di questa Variante data 18 Novembre 2013, mentre i lavori per il sito di deposito erano incominciati il 16 Gennaio 2013, 10 mesi prima. Il ministero informa che tale Variante è attualmente sottoposta a verifica amministrativa, e l’istruttoria tecnica è iniziata il 22 aprile 2015.

Ma qual’è la ragione della Variante? Dalla Relazione Generale (MAD_DEP_BOR_1_B_AP_NOT): “la redazione di una variante discende dalla necessità di incrementare, per necessità sopraggiunte in corso d’opera, la capacità del deposito costituito dallo smarino [rocce e terre provenienti dai lavori] derivante dallo scavo del cunicolo esplorativo”. E quali sono queste necessità sopraggiunte? Principalmente due: il mancato riutilizzo del materiale estratto dal tunnel per fare calcestruzzo, e “un esubero di materiale scavato all’esterno del cunicolo di 25.000mc […] a seguito delle ottimizzazioni dei movimenti terra per realizzare la cantierizzazione e la strada di accesso al cantiere”. In pratica sembrano dire che non era stato calcolato un cumulo di venticinquemila metri cubi di materiali conseguenza della cantierizzazione (preparazione dei piazzali, realizzazione della viabilità di cantiere). Immaginate un campo da calcio, immaginate di versarvi sopra per tutta la sua superficie camionate e camionate di terra fino a raggiungere uno spessore uniforme di tre metri e mezzo, ecco, quelli sarebbero 25.000 metri cubi di materiale; non poco.

Ora, questa Variante ha un costo. Se nel progetto esecutivo il costo del sito di deposito era stimato in circa quattordici milioni di euro (13.907.821,60) con la variante la stima lievita a sedici milioni di euro(15.984.870,38). Un aumento secco del 15%, due milioni e settantasette mila euro.

esecutivo:variante

A noi piacerebbe che le varianti le facessero i presidi per sistemare le scuole, o i sindaci per mettere in sicurezza i territori, e che le facessero con la stessa facilità con cui si eseguono per le grandi opere. Poi ci piacerebbe che qualcuno facesse luce sui costi del cantiere di Chiomonte perchè, come dicevamo la scorsa settimana, la trasparenza fa bene a tutti; o forse no?

GRANDE MARCIA NO TAV TRA LIONE E LA VAL SUSA

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Dieci giorni di marcia no tav dalla Francia all’italia attraversando le Alpi per dire No alla grande opera.

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Marche NO TAV, dernières infos avant départ

(marcia No Tav)

Flymarche

Premier imprevu: Les dates à St Franc sont annulées, nous donnerons des nouvelles sur le réagencements du parcours dans les heures qui viennent. Nous resterons certainement plus longtemps à Dullin.

“La Marche partira de la place du village de Chimilin, Mardi 30 Juin, à 9h apès un petit déjeuner. Tout le monde est invité à rejoindre le point de départ par ses propres moyens (Gare de Pont de Beauvoisin à 5km), avant de s’organiser ensemble pour de possible covoiturage les jours suivants. N’hesitez pas à rejoindre les campements avec de quoi approvisionner les cantines (Besoin de Thé, confiture, de quoi picniker…). En cas d’arrivée à nombreux, ne manquer pas de nous prevenir pour anticiper le nombre des repas.”

Ci Vediamo alla Marcia!

Action de soutien à la grande marche NO TAV

http://rebellyon.info/Action-en-soutien-a-la-Marche-NoTAV.html

Salut à toutes et à tous,

Nous espérons que cette nouvelle lettre vous trouvera plein de vitalité et d’entrain à la perspective de cheminer ensemble entre Lyon et Turin du 30 juin au 12 Juillet. Notre première invitation ayant rencontré un certain écho et quelques questions, nous venons par la présente clarifier certaines de nos intentions.

Il ne s’agit pas d’une marche sur le palais d’hiver ou un quelconque autre lieu de pouvoir ou institution. Nous ne sommes pas à la recherche de symbole. Marcher le long du tracé du TGV c’est se donner les moyens d’apprivoiser des territoires, de se rencontrer. C’est un repérage, une reconnaissance en vue d’une reprise des travaux donc des hostilités. Cette marche s’apparente aux « passeggiata » dans le Valsusa organisée régulièrement pour permettre d’appréhender la montagne, rendre praticable les sentiers, se familiariser ensemble avec les chemins de traverse.

Pour être tout à fait honnête il nous faut expliquer que nous ne marcherons pas de Lyon à Turin. Sur les 15 jours que nous passerons ensemble, nous marcherons certains jours entre deux étapes, d’autres jours autour du camp pour aller découvrir tel chantier qui va bientôt commencer.

Nous ferons des journées au même endroit, avec des assemblées. Nos soirées seront ponctuées de discussions sur les luttes d’ici ou là, mais aussi de concerts et de grands festins. Plus que tout, c’est un temps que nous nous donnons pour vivre ensemble, nous rencontrer. Sortir de l’isolement et allier nos forces. C’est un moment, qui, on l’espère, en appellera d’autres. Trois grandes zones se dessinent : l’avant-pays savoyard, la Chartreuse et la Vallée de la Maurienne.

D’ici là, il y a fort à faire. Nous proposons des assemblées :

  • le 29 mai à Grenoble (18h), 38 rue d’alembert (suivie d’un concert de soutien)

  • le 3 juin à Lyon (18h), à la Gryffe, rue Sébastien Gryphe, Lyon 7e

Des marcheurs.es determiné.es!

Tav. Gas tossici e taccuini bugiardi

 Valsusa Notizie

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Voci dalla Valle di Susa

Ma i valsusini sono più vivi che mai e non pacificati. Domenica 28 giugno si sono ripresi la scena e l’agibilità politica.

Inserito il 1 luglio 2015

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di Fabrizio Salmoni

 L’avevano detto e cosi è stato: “Non accettiamo divieti di stare sulla nostra terra!“. Ordinanze e imposizioni hanno un limite dunque per i No Tav che domenica hanno dimostrato per l’ennesima volta di potersi prendere piena agibilità politica anche in presenza di centinaia di agenti al minimo costo (quattro denunciati).

Il nuovo Questore non si è sottratto alle richieste della banda del Tav e come il suo predecessore ha abbassato il capino al volere dei devastatori e dei loro mandanti politici optando per l’intransigenza, adeguatamente sostenuto da analoga Prefetta e relativa ordinanza di divieto mirata a impedire qualsiasi movimento verso il cantiere. Che è poi l’anima del problema e obiettivo naturale della protesta.

Tanti, pochi manifestanti? Il nuovo cronista post-Numa (Lui è in pre-pensionamento con contratto di collaborazione esterna) de La Stampa si è esercitato con i numeri per dare a intendere che 3-4000 erano pochi e che c’erano i soliti black bloc. Ma gli espo-virani non avevano appena detto che la Valle era pacificata? Considerando gli anni di gas e botte nel mucchio, maxiprocessi e maxicondanne, linciaggio mediatico, sanzioni pecuniarie che avrebbero stroncato un’economia locale, se quelli disposti a lottare e a essere presenti sono “ancora” 3-4000, bè bisognerebbe ammettere che i valsusini hanno la pelle dura. Altro che pacificati!

Solite sono anche le tecniche di disinformazione per lettori disinformati che leggono distrattamente e prendono per buoni gli umori diffusi dai tanti altoparlanti della Banda Bassotti. C’è anche un giornalista a Chiomonte, certo Marco Bardesono, free lance furbetto che si inventa un’intervista a una inesistente black bloc per la gioia del Corriere o di chi vorrà pagargli la fuffa che scrive: viene smascherato dai colleghi di notav.info (v. http://www.notav.info/post/marco-il-giornalista-con-la-penna-tav-non-so-perche-lo-faccio/ ). Cosa non si fa per quattro soldi e per screditare i valsusini (ma li avrà fatti i corsi di etica professionale dell’Ordine?). I quali valsusini la cantano da sempre che i black bloc sono tutti loro…e i giovani ormai si sono attrezzati (la prossima volta si vestiranno di un altro colore – ha detto qualcuno) salvo cadere in ingenuità che dei feroci black-bloc-venuti-da-fuori non si permetterebbero mai: come quella di portarsi via in furgone fuochi d’artificio, maschere antigas e attrezzi da demolizione per jersey e reti metalliche. Robe da pirla più che da terroristi internazionali… che dire poi dei due over 60 (uno di Almese) fermati sul campo Gravela in mezzo ai gas e denunciati per resistenza aggravata?  Solo che poteva andare peggio vista la rabbiosa reazione della polizia. Chi era al Gravela denuncia l’aria satura di gas, anche nella boscaglia, gente inerme che stava male e proiettili a altezza d’uomo. Un manifestante ci fa vedere lo zainetto traforato e bruciato da un candelotto metallico penetrato ad altezza schiena e fermatosi contro un libro: lo zaino gli ha fatto da giubbotto antiproiettile. Alla centrale comandava la vicequestore Tartoni.

Nel pomeriggio, ai feroci nerovestiti si affianca un gran numero di persone a volto scoperto. Tutti insieme agganciano con corda e rampini un jersey di cemento e lo tirano giù. Altro gas e altra acqua da idranti ma il messaggio è arrivato: a casa nostra veniamo quando e come vogliamo. E’ la Banda Bassotti che se ne deve andare. (F.S. 30.6.2015)

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Riprendetevi la vostra roba! I notav riconsegnano i bossoli di cs

post1 luglio 2015 at 15:24

Oggi è mercoledì’ ed i notav come di consueto sono andati alla centrale di Chiomonte ma questa volta, oltre al consueto ritrovo han deciso di raccogliere parte di quei bossoli di lacrimogeni al cs che le forze dell’ordine hanno lanciato a volontà domenica da entrambi i lati del ponte.

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Marco, il giornalista con la penna. “Tav? Non so perchè lo faccio”

post 30 giugno 2015 at 14:47

bardesoonIntervista esclusiva ad un giornalista. Dopo le manifestazioni: mi mandano per farmi un’idea, poi arrivato al computer ci metto un pò del mio

CHIOMONTE (Torino)

Tra le mani stringe mezzo limone, lo ha comprato al supermercato perchè gli hanno detto che i manifestanti lo usano per proteggersi dai lacrimogeni. Tramite l’accendino inala un pò di gas, per vedere cosa si prova. “Io ci tengo alle cose che scrivo e queste sono le prove per simulare i lacrimogeni. NOn sono mai stato vicino ad una manifestazione e quindi ho bisogno di sapere qualcosa di concreto. Sono un giornalista serio”. Gli occhi sono arrossati e lacrimano. Marco B. è un ex ragazzo di 50 anni. È il giornalista che scrive senza conoscere i motivi. Perché è vero che è arrivato qui in Val di Susa per fare una scampagnata e portare a casa un articolo da vendere al Corriere della Sera, perchè Cronaca Qui non paga molto.E’ vero che ha visto i black bloc ma era quella volta che era andato per fare un servizio sui pellegrini della Sindone, e ci era rimasto male perchè erano solo preti di provincia con la tonaca. E’ tutto vero ma ammette candidamente di non sapere nulla della causa No Tav. È lì a combattere perché glielo hanno detto frettolosamente gli amici. Una causa vale l’altra. «Io – spiega – vado dove mi mandano, poi due cazzate da scrivere le mette sempre in piedi». Come se il giornalismo fosse una professione seria, lui non ci ha mai provato, anzi a volte è un modo di sfogare l’aggressività senza una ragione.

Ok abbiamo scherzato (neanche molto per la verità) perchè ci sembra il modo migliore per rispondere all’articolo del Corriere della Sera a firma di Marco Bardesono, che trovate qui, dove s’inventa di sana pianta l’intervista a Mara una black bloc che era alla manifestazione di Chiomonte. Un articolo assurdo, inventato di sana pianta per portare a casa la pagnotta e screditare i notav.

Possiamo affermarlo con certezza perchè il sig. Bardesono lo abbiamo incontrato al mattino presto all’autogrill di Rivoli, mentre si recava in Valle di Susa per la manifestazione. Uno dei nostri redattori non l’ha salutato perchè non ricordava chi fosse e lo aveva classificato come appartenente alle forze dell’ordine. Un’altro invece lo conosceva invece e ci ha scambiato due chiacchiere molto istruttive a questo punto. Ci ha raccontato di come avrebbe seguito la manifestazione: si sarebbe recato su uno dei prati della Ramat e da li avrebbe seguito (da lontano) il tutto. Ci ha spiegato che non ha senso stare lì in mezzo tanto da lì un’idea di massima se la faceva, poi con altri colleghi e due notizie dalla polizia, il quadro sarebbe diventato chiaro.

E noi possiamo confermare che non era lì dove avrebbe incontrato Mara la blackbloc, perchè è rispuntato fuori il pomeriggio a Chiomonte, mentre i notav si riposano per poi riscendere al cantiere. Dal suo punto di osservazione interviste non se ne potevano fare, e poi la disponibilità a rilasciare dichiarazioni da travisati e mentre si tenta di tirare giù le reti del cantiere vogliamo ancora vederla. Il buon Bardesono si è inventato lo scoop e qualcuno gli crederà pure, ma è una patetica balla confezionata ad arte, come altre in passato ( il soggetto non è nuovo in questa pratica) cucite da suoi colleghi anche più illustri.

Ci dichiariamo fin da ora disponibili a intervistare, mantenendo l’anonimato, un giornalista che vuole confessare perchè avvengono cose del genere.

Qui l’articolo del corriere http://www.corriere.it/cronache/15_giugno_30/mara-black-bloc-le-pietre-tav-non-so-cosa-protesto-79c46868-1efa-11e5-be56-a3991da50b56.shtml

Un 28 giugno di determinazione e partecipazione

Un 28 giugno di determinazione e partecipazione

C’è un modo empirico per sapere se una manifestazione no tav è andata bene: guardare le facce. Se i volti che riconosci non sono solo quelli che popolano i comitati e le assemblee, se vedi le facce che incontri nelle vie, nelle associazioni e nei bar dei paesi in Valle, allora sì, la manifestazione ha la giusta partecipazione popolare.
E ieri è andata bene, nel fiume di persone partito da Exilles c’era il popolo no tav, composito e compatto. Donne e uomini, famiglie e ragazzi, pensionati e amministratori.

Con la consueta ottusità il prefetto aveva vietato il percorso concordato per il corteo. Perché il diritto di manifestare esiste ancora – per carità! – ma solo dove decidono Lorsignori. Avvicinarsi al cantiere è vietato, praticare i sentieri è vietato, si può solamente percorrere la statale distante centinaia e centinaia di metri dall’ingresso del cantiere TAV. Ma il movimento sa dov’è il cuore del problema e lì vuole andare. Così si è scesi, tutti insieme, sotto un sole cocente verso via dell’Avanà, fino ai blocchi messi dalle forze dell’ordine. Questo il dato più significativo della giornata: migliaia di persone che infrangono i divieti del prefetto, che percorrono quelle strade che vorrebbero vietarci per difendere il cantiere di un’opera inutile.

I giornali raccontano la giornata – per lo più – concentrandosi sulla scaramuccia avvenuta alle reti, condita da grappoli di lacrimogeni.
Un’immagine comoda per i detrattori del movimento.
Una rappresentazione che, di fatto, ignora quel fiume di gente accorso per essere protagonista dell’ennesima giornata di lotta.
Si è voluto cogliere e ingigantire un dettaglio della giornata; un corollario, il teorema è la partecipazione e la determinazione dei no tav che questa volta si è espressa con la volontà di infrangere i divieti, per dimostrare ancora una volta e a moda nostra la contrarietà all’opera e la testardaggine nel difendere la nostra terra.

Il corteo è poi tornato a Chiomonte, da dove e ripartito per tornare al cantiere. E ancora divieti infranti, barriere abbattute, astuto ingresso nella zona del cantiere. Avevamo detto che saremmo andati al cantiere tutti insieme, e così è stato. Con questa partecipazione, con questa determinazione dovranno fare i conti. Tutti quanti. Se qualcuno si illudeva di poter aver a che fare con una Valle pacificata, beh, quell’aspettativa è andati in frantumi.