Troppe cose comunque non tornano.

[…] L’assalto a Charlie Hebdo può essere anche il frutto di una disattenzione. Possiamo ipotizzare tutto, anche che gli autori siano stati effettivamente i due fratelli Kouachi e che i servizi siano stati così incapaci e disattenti da perdere le loro tracce malgrado gli avvertimenti di varie intelligences.

Iniziamo dal film. Visto ingrandito si nota che l’esecuzione del poliziotto avviene senza raffica; con la testa che, con un colpo a bruciapelo di kalashnihov avrebbe dovuto esplodere, resta intera; che non c’è neppure uno schizzo di sangue.

Poi dal suolo abbiamo l’impressione dell’effetto di una pallottola sul marciapiede, ma in netto ritardo sullo sparo. Che dobbiamo pensare? Semplicemente che il video è stato montato, probabilmente non perché dovesse nascondere quanto accaduto ma perché è giunto l’ordine di far circolare qualcosa di rapido e di visivo che desse all’opinione pubblica la sensazione di essere presente, per coinvolgerla, mobilizzarla. Un escamotage della strategia della tensione abbastanza evidente.

Professionisti o arruffoni?

Se il film fosse autentico sarebbe difficile credere che gente così fredda in un frangente simile abbia potuto poi dimenticare i propri documenti in macchina, e in una macchina simile a quella del video ma non la stessa, come attestano i retrovisori. Gente del genere, professionista della guerra, non si sarebbe fatta identificare e prendere così né poi sarebbe morta senza uccidere nessuno.

Dunque delle due l’una: o i fratelli Kouachi sono jihadisti ma non gli esecutori di Charlie Hebdo, oppure il video è un elemento estraneo al massacro. O magari ambo le cose ma non quello che ci vogliono far credere.

Fatto sta che la loro eliminazione ferma le indagini e non consente di andare oltre, a meno che non sia previsto l’utilizzo di qualche falso “pentito” per ulteriori depistaggi.

Il suicidio del commissario incaricato delle indagini e il fatto che il gesto sia stato silenziato non fanno che confermare che siamo in presenza di un ritrito format orwelliano.

Arrivano

Poi c’è l’avvento del settimo cavalleggeri, cioè il Mossad, che s’impone sulla scena con tanto di allarme anti-semitismo (come se poi i fratelli Kouachi non fossero semiti…) e di crociata a difesa di Israele che diventa, ovviamente, l’occidente e quindi la “nostra civiltà”.

All’indomani del riconoscimento dello Stato di Palestina da parte del Parlamento francese la coincidenza pare significativa. Coloro che sostengono dal primo giorno che dietro tutto c’è la mano israeliana cominciano a sentirsi confortati nella loro opinione.

Players e dilettanti

Noi che avevamo previsto l’avvento di questa strategia della tensione restiamo delle nostre opinioni. Ovvero che gli jihadisti hanno preso il posto dei trozkisti e dei brigatisti rossi: sono sì infiltrati e sostenuti nel logistico ma fanno da soli. Però lo fanno controllati e accompagnati. Non è necessario che siano agenti speciali a commettere le stragi; quando queste fanno comodo è sufficiente lasciarle accadere. Prima e dopo si gioca dietro le quinte e prevale chi è più attrezzato con l’intelligence, i satelliti, le relazioni, le influenze. Per questo il Mossad fa la parte del leone e non ci sono altri players ad alto livello se non gli americani e gli inglesi.

I francesi, più o meno come gli italiani, improvvisano, fanno gli apprendisti stregoni e alla fine obbediscono, subiscono o sono spinti al suicidio.

 Il kingmaker

Avevamo detto che diversi erano gli interessi e i livelli della strategia della tensione in Francia, era così e la partita forse è ancora aperta. Oggi però all’incasso va Israele e nell’unità repubblicana si ripresenta come mentore Bernard Henri-Lévy che chiama tutti ad un fronte contro l’estremismo.

Il nuovo kingmaker dell’Eliseo ritiene che i francesi abbiano dimenticato che è stato proprio lui a fare da guerrafondaio ovunque (Serbia, Iraq, Libia, Siria, Ucraìna) e che ha benedetto l’utilizzo della Jihad contro i governi legittimi del mondo arabo?

Se pensa così ha ragione: i francesi hanno già dimenticato.

Gabriele Adinolfi

Fonte: www.noreporter.org

10.01.2015

Estratto da: “Charlie Hebdo 5 “

Netanyahu ordina a Mossad assistenza a polizia francese

 Il primo ministro Benjamin Netanyahu ha ordinato ai funzionari della sicurezza e ai diplomatici israeliani presenti in Francia di fornire tutta l’assistenza necessaria alla polizia locale impegnata negli assedi in corso. Lo riferisce Haaretz. Netanyahu ha anche ordinato un rafforzamento delle direttive sulla sicurezza a tutte le ambasciate e istituzioni israeliane all’estero.

 Le direttive del premier israeliano sono state decise nel corso di una conference call convocata dopo l’attacco al negozio ebraico di Parigi e alla quale hanno partecipato tra gli altri il ministro degli Esteri Avigdor Lieberman, il capo del Mossad Tamir Pardo, il consigliere per la sicurezza nazionale Yossi Cohen e il capo dell’Ufficio anti terrorismo Eitan Ben David. 

http://www.liberoreporter.it/2015/01/esteri/netanyahu-ordina-a-mossad-assistenza-a-polizia-francese.html

Francia: Netanyahu a ebrei europei, Israele è la vostra casa

Articolo pubblicato il: 10/01/2015

 “Lo Stato di Israele è la vostra casa”. Lo ha detto il premier Benjamin Netanyahu rivolgendosi idealmente agli “ebrei di Francia e agli ebrei d’Europa”, all’indomani degli attacchi terroristici che hanno sconvolto la Francia. Netanyahu, riportano i media israeliani, ha definito gli attacchi di Parigi una “diretta continuazione dell’attacco terrorista nel mondo moderno” e sostenuto che nonostante i diversi nomi dei vari gruppi terroristici sono “tutti guidati dallo stesso odio e fanatismo che non conosce barriere”.

 Il premier israeliano ha poi lanciato un appello alla comunità internazionale affinché “ritorni in sé”, affermando che il terrorismo dalla sua base in Medio Oriente si è ormai diffuso in tutto il mondo. 

http://www.adnkronos.com/fatti/esteri/2015/01/10/francia-netanyahu-ebrei-europei-israele-vostra-casa_VbueG5vXwxLiiUIcy1dgxN.html

chi combatte il terrorismo

foto di Roberto Ferraris.
foto di Roberto Ferraris.
foto di Roberto Ferraris. foto di Roberto Ferraris.  foto di Roberto Ferraris.

 

 SONO I MUSULMANI CHE COMBATTONO IL TERRORISMO SALAFITA, NON CERTO L’OCCIDENTE CHE LI PROTEGGE.

 Questi sono alcuni leader politici del mondo arabo e musulmano. Come pochi hanno combattuto contro l’estremismo islamico di matrice salafita.

  TUTTI sono avversati, DEMONIZZATI e combattuti dall’occidente, perchè non si piegano ad esso. Alcuni sono stati uccisi.

 Per farlo l’occidente addestra e finanzia quelli che ieri hanno fatto una strage a Parigi.

Strage Viareggio, rischia di cadere in prescrizione il reato di incendio colposo

di Ilaria Lonigro | 10 gennaio 2015

 Strage Viareggio, rischia di cadere in prescrizione il reato di incendio colposo

Familiari a ilfattoquotidiano.it: “E’ inaccettabile, i nostri figli sono bruciati vivi. Vogliamo un confronto con Renzi”. Appello M5S in Senato: “Politica deve intervenire

 Potrebbe rimanere senza un colpevole l’incendio che bruciò vive 32 persone nel disastro ferroviario di Viareggio del 29 giugno 2009. Il rischio è che dopo 6 anni il reato di incendio colposo cada in prescrizione. A lanciare l’allarme è Il Mondo che Vorrei, l’associazione dei familiari delle vittime. La presidente Daniela Rombi, che nella strage ha perso la figlia Emanuela di 21 anni, dichiara a ilfattoquotidiano.it: “E’ un problema di leggi. La politica deve trovare una soluzione. Noi non possiamo accettare assolutamente la prescrizione dell’incendio colposo, perché i nostri figli sono morti bruciati vivi. Anche l’imputato Mauro Moretti dice di volere la verità. La verità non si fa con la prescrizione, ma andando fino in fondo. Noi dobbiamo essere fuori da questa prescrizione. Vogliamo un confronto con Renzi, che ha detto ‘pagare tutti fino all’ultimo’; questo deve valere anche per Viareggio e per tutte quelle stragi, come l’Eternit, dove sono morte persone innocenti per le negligenze e le colpe di qualcuno. Non ci fermeremo”.

Tecnicamente cosa cambierebbe se il reato di incendio andasse in prescrizione? Lo spiega a ilfattoquotidiano.it l’avvocato Gabriele Dalle Luche, difensore dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza in Trenitalia: “L’incendio colposo è punito con pene da 1 a 5 anni e raddoppiato in caso di disastro ferroviario come a Viareggio”. Tra i reati contestati, anche omicidio colposo plurimo, illecito amministrativo e violazione delle norme per la sicurezza sul lavoro.

Intanto l’appello è approdato a Palazzo Madama, dove mercoledì 7 la senatrice del M5s Sara Paglini ha chiesto alla politica di intervenire il prima possibile. Al telefono con ilfattoquotidiano.it racconta: “Ho parlato a fine seduta, quindi martedì prossimo, quando riapriranno i lavori, forse ci sarà qualche novità”. Ma è verosimile che sia annullata la prescrizione prima di giugno? I tempi potrebbero essere maturi: il caso dell’Eternit ha creato tanto scalpore anche tra le alte sfere. In sei mesi si possono fare tante cose. Visto che Renzi vuole ritmo, mettiamolo dove serve, per dare giustizia a chi non la ha. Anche un silenzio per noi è una risposta. Non è possibile arenare sempre i grandi processi, penso al caso Moby Prince, e nel frattempo premiare persone che sono imputate. E’ inaudito, in un paese civile una cosa così non si dovrebbe neanche pensare”.

Allarmato dall’ipotesi prescrizione anche Marco Piagentini, che nel disastro ferroviario ha perso la moglie Stefania di 40 anni e i due figli Luca e Lorenzo, rispettivamente di 4 anni e 17 mesi. Con ilfattoquotidiano.it si sfoga: “Chi è prescritto non è innocente. Per me è colpevole. La prescrizione non ci deve essere per chi ruba soldi pubblici? A maggior ragione per chi ammazza delle persone. Sennò chi ha i soldi manda per le lunghe un processo finché non va in prescrizione. Chi li ha ammazzati i miei figli ? Sono morti di infarto ? Di cosa stiamo parlando ? Non dovrebbe neanche venire da noi la questione, dovrebbe essere la politica in primis a capire che c’è un problema di leggi. Ma forse non lo vogliono vedere”. Intanto il processo continua. La prossima udienza è fissata per mercoledì 14 gennaio al Polo fieristico di Lucca.

 di Ilaria Lonigro | 10 gennaio 2015 

Charlie Hebdo, assessore Giovanna Tedde: “Musulmani morite tutti, bambini compresi”

ma a quanto pare tutti quanti, da Salvini a Rifondazione alle Femen (che hanno bruciato il corano) sono d’accordo, è l’Islam colpevole di tutto (non l’estremismo o chi lo strumentalizza, ma la fede in sé è messa al bando)
Naturalmente oltre a cancellare le prove, negano. Tipico.
 

Pubblicato il 9 gennaio 2015 20:39 | Ultimo aggiornamento: 9 gennaio 2015

di Redazione Blitz

SASSARI – “Potete morire ammazzati tutti, compresi i bambini”. Ha scatenato un polverone lo sfogo sulla sua pagina Facebook dell’assessore alla Cultura e alle Politiche giovanili di Bonorva (Sassari), Giovanna Tedde, di Rifondazione Comunista, dopo la strage di Parigi.

Il post poi è stato cancellato, ma troppo tardi per non sollevare polemiche. “Non accetto richieste di amicizia da parte di musulmani” ha scritto l’assessore, che ha aggiunto: “Spero che il mondo vi elimini come Hitler”. Venerdì sera l’assessore si è dimessa.

 Il post:

 http://www.blitzquotidiano.it/foto-notizie/charlie-hebdo-assessore-giovanna-tedde-musulmani-morite-tutti-bambini-compresi-2069724/

Suicida poliziotto che indaga su #Charlie Hebdo

ma a quanto pare tutti quanti, da Salvini a Rifondazione alle Femen (che hanno bruciato il corano) sono d’accordo, è l’Islam colpevole di tutto (non l’estremismo o chi lo strumentalizza, ma la fede in sé è messa al bando)

“Francia: si suicida poliziotto che indaga su “Charlie Hebdo“. Un ufficiale di polizia francese coinvolto nelle indagini dell’attentato alla sede della rivista Charlie Hebdo a Parigi si è ucciso all’alba di ieri, secondo i media locali.

Da L’antidiplomatico:
Un ufficiale di polizia francese coinvolto nelle indagini dell’attentato alla sede della rivista Charlie Hebdo a Parigi si è ucciso all’alba di ieri, secondo i media locali.
Il vice direttore dell’Ufficio federale di Limoges, di 44 anni, si è tolto la vita nel suo ufficio con la sua arma di servizio. Secondo il quotidiano “Le Populaire du Centre“, stava lavorando nella missione della Polizia Giudiziaria sul caso “Charlie Hebdo“.
Finora, non si è potuto stabilire un legame tra l’indagine sul massacro e la causa del suicidio.
Tuttavia, la notizia ha scosso la polizia di Limoges, nel sud ovest della Francia, che poco più di un anno fa, nel novembre 2013, è stata colpita da un altro simile episodio: un ufficiale nello stesso ufficio si suicidò in circostanze misteriose.”

segnalazione di Lalla M., Arezzo

I terroristi e il blitz: tutti i dubbi irrisolti. Qualcuno ci spieghi

 

10GEN 2015

L’incubo è finito e siamo tutti sollevati. Tuttavia non riesco ad aggiungere la mia voce al coro di plauso ai servizi di sicurezza francese. Un blitz non può essere considerato un successo se si conclude con la morte di ben 4 ostaggi. In termini di sicurezza è emersa in queste ora una serie di errori e anomalie che per ora resta senza risposta. Parto dall’ultimo dubbio in ordine cronologico e, a mio giudizio, più grave:

Perché i fratelli Kouachi, due terroristi che hanno sterminato i redattori di Charlie Hebdo, sono stati uccisi?

Mi spiego: mentre l’assalto al negozio Kocher era impegnativo e rischioso a causa della presenza di ostaggi e pertanto rendeva quasi inevitabile l’uccisione di Amedy Coulibaly, il blitz contro i fratelli Kouachi è avvenuto in condizioni ben diverse, quasi ideali per catturali vivi. Ora lo sappiamo con certezza: erano asserragliati nella tipografia senza ostaggi. C’era un solo dipendente quando hanno fatto irruzione, il quale ha avuto la prontezza di riflessi di nascondersi in uno scatolone e i fratelli Kouachi non si sono mai accorti della sua presenza, che è stata provvidenziale per le forze di sicurezza. Via sms costui ha inviato alle forze dell’ordine importanti indicazioni sulle mosse dei due terroristi.

Le condizioni erano ottimali per catturarli vivi. E invece sono stati entrambi uccisi. Secondo le ricostruzioni di stampa i due sarebbero usciti dalla tipografia, nella quale si erano asserragliati, sparando all’impazzata contro le forze di polizia dopo che queste – probabilmente – avevano iniziato a lanciare lacrimogeni nel locale. Un contesto difficile e confuso ma di certo non insolito per delle teste di cuoio altamente preparate a questo tipo di eventi e addestrate sia ad uccidere sia a neutralizzare tenendo in vita.

Ed è evidente che la cattura è altamente preferibile all’eliminazione, tanto più in assenza di ostaggi. Vivi, i due sarebbero stati interrogati, si sarebbe potuto scoprire la loro rete di contatti, i loro mandanti, approfondire la storia del reclutamento nello jhadismo, E invece sono stati uccisi entrambi. Era davvero indispensabile?

A queste domande se ne aggiungono altre, sempre riguardanti la sicurezza e in parte già segnalate da alcuni nei giorni scorsi. Queste:

– Fino a poche settimane fa la redazione di Charlie Hebdo era sorvegliata da una camionetta 24 ore su 24, poi la misura è stata revocata e a proteggere è rimasto un poliziotto. Nonostante proprio prima di Natale le autorità fossero in allarme per possibili attentati, la protezione di uno dei siti più ovvi, sensibili e prevedibili di Francia non è stata aumentata, con una leggerezza inspiegabile e imperdonabile. E’ il più grande regalo che si potesse fare a dei terroristi jihadisti. Chi risponde di questa scelta? Quali le motivazioni?

– Com’è possibile che due terroristi altamente addestrati, in grado di compiere con straordinaria freddezza e professionalità una strage come quella del Charlie Hebdo, si rechino sul luogo dell’attentato con la carta di identità e per di più la dimentichino nell’auto usata per la fuga? Nella mia vita ne ho viste tante, ma una doppia leggerezza così sciocca da parte di guerriglieri che da settimane preparavano l’attentato è davvero molto insolita.

– Che fine ha fatto il terzo complice? Perché le forze dell’ordine hanno additato, sin dalle prime ore, un giovane che in realtà è risultato completamente innocente (al momento del blitz si trovava a scuola)? C’era o no? E se sì chi era? E’ ancora in fuga?

– Dalle immagini dell’assalto a Charlie Hebdo si nota che l’auto, una Citroën, era ferma in mezzo alla strada. Com’è possibile che sia stata lasciata lì durante il blitz, col rischio di bloccare il traffico e di attirare l’attenzione? O era parcheggiata altrove?

– Cos’è successo quando, subito dopo la strage, l’auto dei terroristi è stata bloccata da un’auto della polizia nella via di Charlie Hebdo?

E infine:

– I fratelli Kouachi erano noti da tempo ai servizi di sicurezza francesi, a quelli americani, persino a quelli italiani. Com’è possibile che il loro ritorno in Francia sia passato inosservato? Qualcuno monitorava le loro mosse? Li controllava? Se no, perché? Se sì, perché non sono stati fermati in tempo?

Io non ho risposte a queste domande, che restano fondamentali per capire fino in fondo i tragici attentati di Parigi. Mi limito a formularle.

Certo, invece, è il giudizio sui servizi di sicurezza francesi: sono stati disastrosi sia prima, sia durante, sia alla fine.

POLITOLOGO: L’ATTENTATO DI PARIGI ORGANIZZATO DAI SERVIZI AMERICANI

http://comunicati.russia.it/politologo-l-attentato-di-parigi-organizzato-dai-servizi-americani.html

09 Gen 2015

 Il politologo Aleksej Martynov ha spiegato in che modo le attività dei terroristi in Europa giocano a favore di Washington

L’assassinio di 12 persone da parte dei terroristi nel centro dio Parigi soddisfa pienamente gli interessi degli USA, ritiene il politologo Aleksej Martynov. In un intervista a LifeNews ha dichiarato che non è un sostenitore delle teorie complottiste, ma è sicuro che dietro a quei miliziani che hanno commesso l’attentato sanguinario nella redazione della rivista Charlie Hebdo, vi siano i servizi segreti USA

– Voglio ricordare che negli ultimi anni e decenni, il cosiddetto terrorismo islamico sia nelle mani delle principali agenzie di intelligence del mondo e mi riferisco agli USA. Sono sicuro che negli eventi di Parigi, in un modo o nell’altro, accanto agli islamisti che hanno commesso questo attentato, vi sono i curatori americani – ha detto l’esperto. Secondo Aleksej Martynov la versione che indica i motivi dell’attacco come una vendetta nei confronti delle vignette sul profeta Maometto, sembra divertente.

– Da cinque anni stessero preparando i piani ? E’ ridicolo. Tutto è stato fatto chiaramente. E la preparazione non è stata fatta da queste persone che sono solamente gli esecutori, ha detto il politologo. – La prima conclusione cui sia arriva è che la Francia si è rivelata essere assolutamente non pronta ad un simile attacco terroristico che i suoi servizi segreti non sono stati in grado di prevenire. E subito la domanda è: perché ?

Il politologo ha spiegato come negli ultimi anni molti importanti paesi europei in pratica hanno ceduto la loro sovranità nel campo della sicurezza, facendo affidamento sul «grande partner americano» e sui potenti servizi segreti americani, che stano combattendo contri il terrorismo internazionale.

–  Sappiamo che nell’ultimo anno molti paesi europei hanno limitato la cooperazione con la Russia in materia di lotta al terrorismo internazionale sotto la pressione degli USA. E cedendo la propria sovranità in materia di sicurezza, devono essere pronti poiché accadrà anche a loro ciò che oggi è accaduto in Francia, ha detto Aleksej Martynov.

L’esperto ha sottolineato come solamente due giorni prima della strage in Francia, Hollande ha sostenuto l’irrazionalità del proseguo della pressione sanzionatoria sulla Russia e questi eventi possono essere collegati. Questa ipotesi sembra strana ma è esattamente un calcolo che può essere stato fatto dagli organizzatori dell’atto terroristico.

Il politologo ha richiamato l’attenzione sul fatto che ora l’assassinio degli artisti fumettisti venga chiamato un attacco degli islamici alla libertà di parola dell’Europa e, dall’altro è comprensibile a tutti che in questa storia qualcosa non va. Secondo le parole di Aleksej Martynov i radicali islamici non rispondono alle pubblicazioni dei giornali. La stessa comparsa delle caricature sul Charlie Hebdo potrebbe essere stata ispirata dai sevizi qualche anno fa affinché si fossero seminati disordini religiosi e paura in Francia.

– Questi terroristi sono stati addestrati in uno «Stato islamico» che ora il presidente americano, a denti stretti, definisce la minaccia dell’ISIS. Ma di chi è questo progetto ? Questo è un progetto USA, creato dai loro istruttori americani i quali hanno fornito strumenti ai miliziani dal denaro della vendita di petrolio rubato, ha aggiunto Aleksej Martynov

Per gli USA è vantaggioso seminare il caos in Europa che tappi la bocca alla voce del buon senso che invita al recupero delle cooperazione con la Russia. Washington mirava a portare l’Europa su un percorso di confronto con la Russia, ma questa strada per gli europei si è rivelata dannosa e non redditizia poiché non si è solo concretizzata in ambito economico, ma anche come crisi di civiltà. Tuttavia Aleksej Martynov è sicuro che il tentativo degli americani di affondare l’Unione europea nella paura e nelle lotte intestine religiose produrranno l’effetto opposto: la Russia e l’Europa si avvicinano di fronte alle minacce comuni – il terrorismo e l’egemonia degli Stati Uniti.

 www.lifenews.ru/news/148122

Fermarli è possibile…17/01 corteo No Tav a Roma

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Durante questo inverno si svolge una fase importante della sfida repressiva che la Procura di Torino ha lanciato ormai da tempo al movimento No Tav: il 17 dicembre c’è stata l’assoluzione di Chiara, Claudio, Mattia e Niccolò per quanto riguarda la pazzesca accusa di terrorismo, ma sono comunque arrivate condanne a 3 anni e 7 mesi per il danneggiamento del famoso compressore. Ma non finisce qui: a gennaio ci sarà la sentenza di primo grado per un altro processo cruciale, quello per le grandi giornate di resistenza popolare del 27 giugno e 3 luglio 2011, in cui la Libera Repubblica della Maddalena tentò di resistere all’installazione del cantiere-mostro in Val Clarea. Questo processo, nel quale i pm di Torino hanno fatto richieste di condanna che vanno fino ai 6 anni, vede coinvolte 53 persone di tutta Italia, Roma compresa, che in quei giorni andarono a dare supporto alla popolazione valsusina riconoscendo in quella resistenza un patrimonio collettivo, che appartiene a chiunque rifiuti un mondo devastato da speculazioni e profitti. Nello stesso periodo arriverà a sentenza di primo grado anche il processo per i fatti del 15 ottobre 2011 a Roma, con pesantissime accuse di devastazione e saccheggio.

In un periodo così delicato, in cui si vorrebbero rinchiudere le ragioni del movimento nelle aule di tribunale, pensiamo sia invece fondamentale tornare nelle strade, in questo caso nelle strade di Roma, una città che spesso ha dato un contributo importante alla lotta No Tav: pensiamo alle centinaia, forse migliaia di persone che proprio nelle giornate di giugno e luglio 2011 si mossero per raggiungere Chiomonte e Giaglione; pensiamo all’enorme corteo che riempì le strade di Roma quando la polizia aggredì Luca mettendo a rischio la sua vita; pensiamo alle tantissime iniziative di solidarietà, grandi e piccole, che negli anni si sono fatte e si continuano a fare in numerosi spazi sociali della città.

Ma un corteo No Tav nella città di Roma assume per forza di cose una molteplicità di significati: alla base di tutto non può che esserci la totale solidarietà verso gli imputati di questi processi, che altro non è che la solidarietà verso chi si organizza e lotta, in ogni angolo d’Italia e del mondo, contro la prepotenza di governanti, affaristi e speculatori, in qualunque modo essa si manifesti. E così lottare contro il Tav in Valsusa non è diverso dal lottare contro gli sfratti o i distacchi delle utenze nel proprio quartiere, dallo scioperare sul posto di lavoro contro la prepotenza del padrone, dall’opporsi all’avvelenamento del proprio territorio, dall’organizzarsi dentro scuole e università perché il sapere non sia solo un’arma usata contro di noi.

Il sistema delle Grandi Opere, come rivela anche la vicenda dell’Expo di Milano, non è nient’altro che una gigantesca mangiatoia di soldi pubblici per i grandi gruppi imprenditoriali italiani, e ovviamente per i politici nazionali e locali che ne intascano la loro parte. Poco importa se ciò avvenga in modo “legale” o meno, ciò che conta è che risorse che appartengono alla collettività vengono depredate sempre da quegli stessi signori che poi ci raccontano che, per qualsiasi opera di pubblica utilità, “non ci sono i soldi”. E così, a ogni pioggia forte qualcuno muore annegato, migliaia di adolescenti rischiano di vedersi crollare addosso il tetto della scuola, e la lista potrebbe allungarsi all’infinito.

Proprio Roma è ultimamente al centro di inchieste e polemiche per la gestione “mafiosa” di appalti e cooperative, con l’attiva partecipazione delle istituzioni. Ed allora l’esempio della lotta contro il Tav in Valsusa, opera in cui è palese l’intreccio tra politica, affari e criminalità, è quanto c’è di più prezioso anche in questa città, perché indica un percorso possibile per superare passività e rassegnazione: non è certo aspettando che la magistratura indaghi che possiamo sperare di ottenere dei risultati, ma piuttosto è organizzandosi e lottando ogni giorno al fianco di chi vive la nostra stessa condizione che possiamo far tremare, e perché no sconfiggere, anche giganti apparentemente invincibili.

Per tutti questi motivi, e molti altri ancora, manifestare contro il Tav vuol dire manifestare contro un intero sistema. Lo faremo con un corteo popolare, attraversabile da persone di ogni età e di ogni sensibilità, sabato 17 gennaio, ore 15, piazzale Tiburtino (San Lorenzo). Invitiamo anche a partecipare ad un’assemblea di preparazione il 9 gennaio alle 17 al Forte Prenestino.

LIBERTÀ PER CHI LOTTA CONTRO QUESTO SISTEMA DEVASTANTE!

IL TAV IN VALSUSA NON SI FARÀ MAI!

ORGANIZZIAMOCI IN OGNI TERRITORIO CONTRO SFRUTTAMENTO E SPECULAZIONE!