Gli italiani sono così innamorati della “democrazia”?

DEMOCRAZIA è espellere da scuola gli alunni non indottrinati. Libertà di opinione? In democrazia dipende. Le voci fuori dal coro non si tollerano (e che differenza ci sarebbe quindi con la dittatura?)

Ci si rifletta bene. Gli ultimi tre presidenti del Consiglio italiani sono tutti dei nominati. Nessuno di loro è il vincitore di “democratiche” consultazioni elettorali.
Ora, ci rammentano fin dall’asilo che il massimo esercizio di “democrazia” si svolge nel “segreto dell’urna”.

Ma l’ultimo capo di governo uscito dal voto popolare è stato Berlusconi.
Che non è mai stato accettato in quanto tale dall’elettorato avverso, tant’è che quando è stato costretto con le maniere spicce a dimettersi, quello stesso elettorato ha fatto festa, andando in brodo di giuggiole per “il professor” Monti.

Veramente strana questa gente “di sinistra”. Incomprensibile se non si tiene a mente che si tratta essenzialmente di giacobini. Per i quali la “democrazia” e le sue regole non valgono se queste vanno a loro svantaggio e producono effetti per essi sgraditi.
Così, quando a vincere sono esponenti “di destra” (semplifichiamo, perché Berlusconi ha tanto a che fare con la Destra quanto questa Sinistra ha a che fare con l’URSS o Cuba), quelli che dovrebbero, in base alla loro autorappresentazione di bravi e coerenti “democratici”, rispettare l’esito del voto, cominciano a stracciarsi le vesti ed imbastiscono per un quinquennio una lotta spietata senza esclusione di colpi, compresi quelli a mezzo magistratura.

Quando invece vince uno “di sinistra” danno per scontato che ha trionfato “la ggente”, “i lavoratori”, “il popolo”. Insomma, il meglio del meglio della nostra società, opposta agli infami ed eterni “fascisti”.
Ma se per togliersi dalle scatole l’odiato “tiranno” chi comanda per davvero ha imposto, in successione, tre presidenti del Consiglio nominati da ‘Re Giorgio’, tutto è normalissimo e ovviamente “democratico”.

Sia chiaro che non ce ne può fregare di meno, perché l’infatuazione per la “democrazia” così come il moralismo che essa genera non ci appartengono minimamente.
Ma questo significa comunque una cosa importante che, anziché scoraggiare, dovrebbe mettere il buonumore a chi giustamente non ne può più della “democrazia”, in tutte le salse.

Significa che la procedura della “democrazia” non è affatto entrata nel sentire comune e profondo delle persone. Vuol dire che se gli italiani non hanno trovato scandalosa, perché “antidemocratica”, l’imposizione di Monti, Letta e Renzi, ciò è perché se ne infischiano completamente del meccanismo attraverso cui si riproduce il “potere” (che poi in “democrazia” – che è un’oligarchia del denaro – i politici non contino nulla è un altro discorso, ma qui vale la percezione della massa, per la quale i politici contano eccome, altrimenti non le propinerebbero le fole sulla “casta”).

In altre parole, tutta quest’indifferenza per un governo guidato da un eletto o meno può anche essere vista come la predisposizione degli italiani ad accettare eventualmente anche un sistema che prescinde del tutto da partiti ed elezioni.
Questo ovviamente lo sanno bene anche e soprattutto quelli che hanno sospeso (momentaneamente?) la possibilità di votare. E su questo cercano di costruire un sistema ad esclusivo uso e consumo della speculazione finanziaria e dei traditori d’ogni specie.

Eppure non è mai detta l’ultima parola. Perché questa disaffezione, questa mancata introiezione del proceduralismo “democratico” da parte degli italiani può risolversi clamorosamente anche in un esito di segno opposto.
Si apre così uno spiraglio di luce. La speranza che, un giorno che si spera vicino, gli italiani sappiano riconoscere, stringendosi attorno a lui, un vero condottiero, il quale dovendo fare quel che dev’esser fatto non potrà certo appartenere all’attuale infida genia dei prodotti elettorali di marca “democratica”.

Fonte: Arianna Editrice
http://www.controinformazione.info/gli-italiani-sono-cosi-innamorati-della-democrazia/#more-7685

Attenzione al cretino, è molto più pericoloso del ladro

riporto un commento all’art di cui sotto: “CONDIVIDO. Unico appunto è che al di là delle belle parole autoreferenziali che la sinistra si auto attribuisce, fa tutt’altro di quanto crede.
Se la sinistra è onesta, basti vedere le cronache giudiziarie, se è ambientalista nonostante si professi tale, basti pensare alla cementificazione SEMPRE AVALLATA o ostacolata solo per mantenere le apparenze”

Odiamo i ladri di denaro pubblico, giustamente. Ma non vediamo il vero pericolo: gli imbecilli. Sono loro, gli incapaci, a firmare i disastri peggiori. Aldo Giannuli consiglia di sfogliare i libri di storia: dimostrano che le catastrofi del pianeta non sono mai state causate dai disonesti, ma dagli inetti. Certo, «rubare denaro pubblico è un gesto assolutamente odioso che delegittima la democrazia, spesso affetta dalla corruzione, e crea disfunzioni sistemiche anche gravi», dunque «cacciare i politici corrotti è un obbligo». Ma, mentre l’opinione pubblica teme la corruzione dei politici, non fa caso alla piaga dell’inettitudine: «Il cretino fa tenerezza: si è convinti che, poverino, sbagli in buona fede. Per cui, pazienza se non ne imbrocca una». Non lo fa apposta: ha sbagliato, ma imparerà. Sintetizza Giannuli: voi da chi vi fareste operare, da un giovane medico onestissimo ma inesperto o da un chirurgo mascalzone, che magari prende tangenti sulle forniture dell’ospedale e rilascia certificati compiacenti ai mafiosi, però salva il 100% dei pazienti? «E cosa vi fa pensare che la politica sia diversa dalla chirurgia?».

«Noi non dobbiamo scegliere “Mister onestà” o proclamare santo qualcuno, dobbiamo scegliere il miglior chirurgo o il politico più in grado di risolvere i problemi del paese», scrive Giannuli nel suo blog. Obiezione: come fidarsi di un disonesto Garibaldi mettendogli in mano la propria vita? «Debbo deludervi, l’esperienza storica insegna che molti grandi sono stati autentici banditi: avete idea dei traffici del “signor” Giulio Cesare? O della grande disinvoltura di Napoleone in materia di denaro pubblico? Danton era un corrotto terrificante, ma non c’è dubbio che sarebbe stato assai preferibile che vincesse lui al posto di quel fanatico dell’Incorruttibile Robespierre». Vogliamo parlare di Cavour? «Con il denaro pubblico fece scavare il grande canale che oggi porta il suo nome e che, del tutto incidentalmente, ha irrigato essenzialmente terre che gli appartenevano». Garibaldi? «Il figlio letteralmente rubò un milione del tempo al Banco di Napoli e tentò una maxi-speculazione con il progetto della deviazione del Tevere, sempre con la protezione e benedizione paterna». L’eroe? Un genio militare ma, «politicamente, era un vero imbecille».

Un altro peso massimo della storia patria, Giolitti, era «un super-disonesto» ma, al tempo stesso, «un grande riformista che avrebbe tenuto il paese fuori dal carnaio della Prima Guerra Mondiale, a differenza di Salandra che ce lo portò». Lyndon Johnson: «Non era esattamente uno stinco di santo, ma fu il presidente più progressista e riformatore dopo Roosevelt». Il generale Maurice Gamelen, capo dello stato maggiore francese nel 1940, era un soldato integerrimo, al di sopra di ogni sospetto, ma «sotto il suo comando la Francia perse la guerra in quattro settimane e le truppe tedesche sfilarono sotto l’arco di Beriatrionfo». Pio X? «Un santo, però fu anche uno dei peggiori papi del Novecento, persecutore del modernismo», l’uomo che impedì ogni rinnovamento della Chiesa. In Urss, Laurentj Beria – capo del Kgb – disdegnava denaro, privilegi e benefici, «ma fu un criminale responsabile delle peggiori repressioni di epoca staliniana».

Il presidente americano Herbert Hoover? «Non era particolarmente chiacchierato sul piano morale, ma fu un totale incapace che portò gli Usa al disastro nella crisi del 1929». Anche per questo, sottolinea Giannuli, è bene ricordarsi che «l’incompetenza è la maggior forma di disonestà, perché «se non sei pari al compito che ti è assegnato, ma resti al tuo posto, sei il peggiore delinquente che si possa trovare». Molti dei maggiori disastri della storia «sono ascrivibili più alle scelte di personaggi inetti che a personaggi corrotti». Spiegazione: se il corrotto è intelligente, ha tutto l’interesse ad allevare la sua “gallina dalle uova Hooverd’oro”. «Il che non costituisce l’autorizzazione a rubare a man salva, anche perché poi i corrotti non sono tutti Cavour, Danton e Giulio Cesare». Il punto è un altro: «Un corrotto puoi sempre sorvegliarlo, circondarlo di persone oneste e capaci, creare un sistema di controlli e, al limite, punirlo. Ma con un cretino cosa puoi fare?».

Nel caso di un’emergenza che richieda genialità, prontezza di riflessi e inventiva, «il governante capace, intelligente e preparato forse sarà all’altezza della situazione, anche se dovesse essere un corrotto, mentre è certo che l’inetto sbaglierà tutto provocando catastrofi, anche se fosse il più onesto degli uomini». Stendhal diceva che “l’onestà è la virtù dei mediocri”. Certo esagerava, conclude Giannuli, «ma non sbagliava di molto, se considero il “festival della mediocrità” che stiamo vivendo, dove l’“onestismo”, insieme alla nonviolenza, al buonismo e all’ambientalismo fanatico è uno dei principali ingredienti della torta alla glassa della sinistra “politicamente corretta”». Attenzione: «Anteporre l’onestà alla competenza è una delle più sicure stimmate dell’antipolitica corrente: un segno di grande modestia intellettuale». Punire i disonesti? «Benissimo, aprire le celle. Ma solo dopo aver convocato il plotone di esecuzione per gli imbecilli».
http://www.libreidee.org/2014/11/attenzione-al-cretino-e-molto-piu-pericoloso-del-ladro/?utm_source=pulsenews&utm_medium=referral&utm_campaign=feed+%28LIBRE+-+associazione+di+idee%29

Storico pezzo di Marco Travaglio: All’estero se un politico commette un reato il politico sparisce: in Italia sparisce il reato – MITICO !!

verissimo. E c’è gentaglia che osa addirittura dire che la Germania è più corrotta dell’Italia. Che si direbbe per un pò di applausi

Posted on novembre 15, 2014

“All’estero se un politico commette un reato il politico sparisce: in Italia sparisce il reato. Siamo la fabbrica degli alibi”. Marco Travaglio passa in rassegna i casi più eclatanti di corruzione all’epoca di Tangentopoli e quelli di vent’anni dopo.

VIDEO Marco Travaglio gli alibi dei politici che rubano.

La strategia russa nella guerra dell’informazione

La nuova strategia di Putin inaugurata al forum Valdai 2014, maggiormente incentrata su un deciso contrattacco alle offensive occidentali, trova forma e parziale compimento a livello mediatico con Sputnik; in questi mesi di intensa pressione mediatica di stampo atlantista, il Cremlino esce dal guscio e decide di dare all’opinione pubblica internazionale un’alternativa alla visione occidentale. Sputnik, rintracciabile sul sito Sputniknews.com, non è soltanto una nuova piattaforma di informazioni; assomiglia molto, nei metodi e negli obiettivi, alla traslazione della visione del nuovo contesto internazionale del Cremlino dalla politica al mondo mediatico. Giunto sul viale del tramonto, è il pensiero dei dirigenti russi, il mondo unipolare adesso è bene che anche l’informazione diventi multipolare e non sia orientata verso una sola direzione. Una direzione fatta spesso di menzogne, bugie ed inganni che hanno condizionato e non poco le ultime vicende internazionali; non ultimo, quanto accaduto a Brisbane nell’ultimo G20: i media occidentali, proprio in coincidenza del vertice, hanno parlato di invasione russa in Ucraina, in molti (anche, anzi soprattutto in Italia) hanno fatto un banale copia/incolla di presunte prove e testimonianze dell’escalation russa nell’est del paese. Al contempo, non era raro sentire nei telegiornali news su un Putin escluso a Brisbane, quasi isolato ed addirittura pronto ad abbandonare il vertice con lo stesso d’ animo di chi abbandona una festa di compleanno capendo di non essere ben accetto. Si continua quindi ad alimentare la russofobia e a descrivere il governo di Mosca come il nuovo ‘impero del male’ senza che, in occidente, almeno nei circuiti cosiddetti ‘tradizionali’ ci sia una controprova.
 
Ed è proprio nel contesto dei circuiti tradizionali che Sputnik vuole massicciamente intervenire: del resto, e questo i russi lo sanno, le voci che in occidente condannano le sanzioni e spingono per un riavvicinamento con Mosca esistono e sono sempre più in aumento anche tra forze politiche presenti nel parlamento di Bruxelles, ma il problema è fare arrivare questo messaggio al cuore dell’opinione pubblica del vecchio continente, ancora decisamente assuefatta da quanto propinato dai media tradizionali. E per raggiungere questo scopo, non si bada a spese: Sputniknews si appoggerà via via su una piattaforma in cui collaboreranno anche testate giornalistiche da 130 città di 30 paesi diversi, tante redazioni verranno aperte in molte capitali e dal primo dicembre ci sarà anche una sezione in cinese che si affiancherà a quelle già esistenti in russo, inglese, spagnolo ed arabo. Un salto di qualità evidente rispetto a Russia Today, che già di per sé può essere annoverata tra gli esperimenti di maggior successo dell’editoria russa, con una televisione che è riuscita negli anni a competere con i grandi network internazionali grazie alle trasmissioni in inglese e spagnolo.Arrivare a graffiare l’intoccabilità apparente del predominio del punto di vista occidentale, è un progetto ambizioso, ma necessario; la guerra, fino a questo momento, è impari: tutti i grandi network sono collegati più o meno direttamente alle grandi lobby internazionali e questo non riguarda solo l’occidente, visto che la qatariota Al Jazeera ha dato spesso in passato ampia dimostrazione di uno schieramento che va contro i paesi arabi che resistono alle pressioni statunitensi, è stata proprio questa emittente nel 2011 a dare la falsa notizia delle fosse comuni create da Gheddafi in Libia, che ha poi dato il pretesto per l’offensiva distruttiva della NATO. Ma la Russia sa bene che adesso è il momento di arrivare ad essere ascoltata: se è vero, com’è vero, che i media hanno avuto un ruolo preponderante nelle recenti evoluzioni storiche, allora Mosca non può stare a guardare mentre si tenta di svilire e condannare il proprio operato.

 
Dietro Sputniknews quindi, vi è la volontà e l’ambizione che in campo politico ha sempre rimarcato il presidente Putin e che ruota attorno alla parola ‘equilibrio’: una Russia più forte, grida Putin dal non tanto lontano 2000, è a garanzia di un sistema più equilibrato e non più sbilanciato verso l’unilateralismo americano; anche nei media, una voce russa ascoltata in tutto il mondo vuol dire, oltre che accendere i fari verso quei paesi definiti ‘canaglia’ dagli USA, anche ridare equilibrio nell’informazione. Nato in sordina, oggi Sputniknews è già una realtà, non solo mediatica, ma politica: e forse, prima ancora di fantomatici (e mai esistiti) carri armati russi in suolo ucraino, le cancellerie occidentali piegate alla volontà USA temono maggiormente questo progetto. La guerra dell’informazione è già cominciata ed ha tutta l’aria di essere la battaglia più ‘cruenta’ del braccio di ferro volto a scardinare l’unilateralismo a stelle strisce.
 
Mauro Indelicato
19.11.2014

fiscalista socialista: ok ai globalisti

Fin che ce la fa, la popolazione svizzera prosegue imperterrita nel suo hobby: votare su questo e quello.
Il 30 novembre sono in votazione tre iniziative popolari: quella sui cosiddetti globalisti, Ecopop, e quella sull’oro della Banca Nazionale.
 
La questione dei globalisti riguarda una forma di tassazione peculiare riservata esclusivamente a certi stranieri facoltosi residenti. E’ la cosiddetta imposta forfettaria, per cui il soggetto viene tassato secondo il dispendio e non secondo altri criteri (entrate, patrimoni, ecc.). Siccome in Svizzera vige il principio del federalismo fiscale, alcuni cantoni hanno adottato questa imposta particolare, altri no, anche perche’ di globalisti sul loro territorio ne hanno pochi o nientaffatto.
 
Va detto che questi globalisti sono comunque soggetti al fisco del loro paese. E’ li’ dove pagano le tasse principali.
 
L’iniziativa sui globalisti e’ stata lanciata dal PS in un suo consueto sfogo di lotta per l’uguaglianza (verso il basso). I bravi socialisti non dicono che l’eventuale mancato gettito fiscale dei globalisti dovra’ venir compensato dagli altri, cioe’ in pratica dal solito ceto medio, fin che c’e’. Non tutti i socialisti sono pero’ gnucchi come muli, come esemplifica la notizia sottostante.
 
Da:
 
Bernasconi: “Il metodo e’ sbagliato, ma oggi non possiamo perdere i soldi dei globalisti”
 
di MS – 19 novembre 2014
 
Durante il dibattito di ieri sera dell’Associazione Societa’ Civile della Svizzera Italiana, tenutosi all’Hotel Dante di Lugano, l’economista e docente, esperto in diritto tributario, Marco Bernasconi ha espresso un interessante punto di vista sull’abolizione dei forfait fiscali per i globalisti, in votazione il prossimo 30 novembre.
 
“Partendo dal presupposto che i globalisti ad oggi hanno un palese trattamento di favore per il quale bisognera’ cercare un giusto compromesso, e’ vero che oggi la situazione finanziaria del Cantone e dei Comuni non puo’ permettere che si rinunci ai milioni delle imposte dei ricchi stranieri. Per questo, nonostante il principio sia sacrosanto, in questo momento di crisi sono contrario all’abolizione dei forfait fiscali”.

“Massoni ambivalenti su Renzi. Il vero potere? Napolitano-Draghi”

certo, presumere che quanto rivelato da un ex venerabile (a suo dire) sia oro colato mi pare eccessivo. Anche perché i loro “segreti” la massoneria li protegge ed è strano lo lascino libero di rivelare chi sa che di sconcertante….(anche se chi crede siano i singoli politici a dettare le regole sia in gran numero chi è un pò più informato sa che è una barzelletta). Senz’altro dirà qualche verità, in modo che poi anche tutto il resto sia “accreditato” come tale, ma le verità raccontate da un ex massone non saranno certo compromettenti né destabilizzanti. Dubito gliele lascerebbero pronunciare.
Ad ogni modo, da sapere….

mercoledì, novembre 19, 2014

ANTEPRIMA/ Merkel, Putin, Obama,Xi Jimping, Lagarde, Padoan, Gandhi, Reagan, Mandela, Jfk, Papa Giovanni, Agnelli, Clinton e Blair. Gioele Magaldi, Gran Maestro del Grande Oriente Democratico rivela le liste delle segretissime Ur-Lodges massoniche. Sconvolgente la teoria sull’Isis: “Il leader Al-Baghdadi liberato dagli Usa dopo essere diventato massone. La jihad è eterodiretta per portare un nuovo Bush alla Casa Bianca e a infinite guerre. E sull’11/9…”
LE TEORIE SU RENZI/ Magaldi: “Il premier vuole entrare nella superloggia conservatrice Three Eyes, la stessa dei veri potenti Napolitano e Draghi. Ma i massoni verso di lui sono ambivalenti e non si fidano della sua ambizione.L’editoriale di De Bortoli? Scritto su richiesta di Draghi…”
Martedì, 18 novembre 2014 – 12:53:00
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Esce con Chiarelettere il libro “Massoni” di Gioele Magaldi (Grande Oriente Democratico). Un libro che sicuramente farà discutere. Sedetevi e fate un bel respiro: nel libro trovate storia, nomi e obiettivi dei massoni al potere in Italia e nel mondo, raccontati da autorevolissimi insider del network massonico internazionale, che per la prima volta aprono gli archivi riservati delle proprie superlogge (Ur-Lodges).
Le liste che leggerete sono sconvolgenti. Una battaglia per la democrazia. Tra le Ur-Lodges neoaristocratiche, che vogliono restaurare il potere degli oligarchi, e quelle progressiste, fedeli al motto “Liberté Égalité Fraternité”, è in corso una guerra feroce.
L’ultimo atto è già iniziato, come rivela Magaldi con la rottura della pax massonica stilata nel 1981: il patto “United freemasons for globalization”. Una rilettura esplosiva del Novecento nei suoi momenti più drammatici – la guerra fredda, gli omicidi dei fratelli Kennedy e di M. L. King, gli attentati a Reagan e a Wojtyla – arrivando fino al massacro dell’11 settembre 2001 e all’avanzata dell’Isis. “Massoni. Società a responsabilità illimitata. La scoperta delle Ur-Lodges” è il primo volume di una trilogia che offre un’inedita radiografia del potere.
LE LISTE – Le liste di presunti massoni fatte da Magaldi nel libro è assolutamente sconvolgente. Si parte dal massone ante litteram Giordano Bruno per arrivare a Napolitano, Draghi, Berlusconi, Hollande, Merkel, Putin, Gandhi, Papa Giovanni XXIII, Mozart, Mazzini, Garibaldi, Obama, Chaplin, Lagarde, Blair, Padoan, Roosevelt e tantissimi altri. Già, perché, afferma Magaldi, “se non sei massone non hai alcuna chance di arrivare al vero potere”.
BERLUSCONI – Tra i nomi fatti da Magaldi c’è anche Silvio Berlusconi, descritto come “un attento cultore di astrologia, uno studioso di esoterismo egizio,  un frequentatore del milieu massonico internazionale con strette relazioni negli ambienti latomistici angloamericani più conservatori”.
RENZI-NAPOLITANO-DRAGHI E L’EDITORIALE DI DE BORTOLI – Secondo Magaldi il pallino in mano, per quanto riguarda l’Italia, ce l’hanno in mano Napolitano e Draghi, che per Magaldi sarebbero massoni, apprezzati e influenti anche a livello internazionale. Discorso diverso per Renzi. Magaldi descrive Renzi come “un aspirante massone elitario” al quale “ancor non è stato accordato l’accesso a una almeno delle superlogge sovranazionali”. L’obiettivo di Renzi, secondo Magaldi, sarebbe quello di entrare “non presso il Grande Oriente d’Italia o presso qualche altra comunione massonica ordinaria, su base nazionale italiana o estera. No, il premier italiano punta molto più in alto. Egli vorrebbe essere iniziato presso la Ur-Lodge Three Eyes, la medesima superloggia cui sin dal 1978 fu affiliato Giorgio Napolitano. La stessa superloggia cui è affiliato Mario Draghi”. (—) “Il problema è che la sua domanda di affiliazione non è stata ancora accolta perché i vari Dragji, Napolitano, Merkel, Weidmann, Schauble, Trichet, Rutte, Sutherland, ecctera non si fidano di Renzi waanabe massone. Considerano Renzi un narcisista, uno spregiudicato e indisciplinato arrivista. Figuriamoci quanto poco venga apprezzato da questi ambienti l’asse Berlusconi-Renzi, sigalto dal Patto del Nazareno. Perciò l’atteggiamento dell’establishment massonico neoaristocratico verso l’attuale premier e segretario Pd è ambivalente. Da un lato ne apprezzano le politiche sostanzialmente prone al paradigma dell’austerità, dall’altro ne temono l’indisciplina e i potenziali voltafaccia”, considerandolo smodatamente ambiziono e capace di, persino, se gli convenisse, di passare un giorno armi e bagagli con il network massonico progressista”. In quest’ottica, secondo Magaldi, va letto il celebre editoriale del direttore del Corriere della Sera De Bortoli su Renzi e i poteri massonici, scritto proprio in concomitanza della visita newyorkese di Renzi.  Secondo Magaldi l’editoriale aveva il significato di dire al premier: “Caro Renzi, riallineati ai desiderata del Venerabilissimo Maestro Mario Draghi, altrimenti comincio a sputtanarti sul versante massoneria, sia con riferimento ai tuoi inciuci con Berlusconi, sia, se servirà sparando più in alto”.
LE UR-LODGES – Magaldi dedica il suo libro alle cosiddette superlogge, definite “i cenacoli massonici protagonisti della storia contemporanea, gruppi e soggetti a orientamento e vocazione strutturalmente sovranazionale e cosmopolita che hanno abbondantemente surclassato l’influenza ormai modesta della massoneria ordinaria”. Insomma, coloro che avrebbero in mano il potere vero e il destino del mondo. Magaldi elenca le diverse superlogge, dalla Edmond Burke alla Joseph de Maistre alla White Eagle alla Thomas Paine. E Magaldi sostiene che presso queste Ur-Lodges siano in atto “progetti di involuzione oligarchica, tecnocratica e antidemocratica”, progetti che riguarderebbero “l’Italia, l’Europa e l’Occidente intero”.
MASSONI SOVIETICI – Nessun paletto nella massoneria, né geografico né ideologico. Solo potere. Così Magaldi spiega come “l’ascesa di Mussolini o Hitler è avvenuta anche grazie allo spregiudicato sostegno e finanziamento del milieu massonico conservatore angloamericano”. Allo stesso modo i conservatori facevano tranquillamente affari con i fratelli massoni sovietici. “Pezzi grossi come il segretario generale del Pcus Leonid Breznev e i suoi successori Andropov e Gorbacev, così come Eltsin, hanno chiesto e tranquillamente ottenuto l’affiliazione presso alcune Ur-Lodges”.
LA STAGIONE DEMOCRATICA E LA REAZIONE DELLA THREE EYES – Secondo Magaldi c’è anche un’ala più democratica e progressista all’interno della massoneria. E il grande esperimento democratico, persino rivoluzionario, fu fatto all’inizio degli anni ’60, con l’elezione del primo Papa, secondo Magaldi, massone e di Kennedy. Un progetto finito troppo presto. Un altro massone rivoluzionario sarebbe stato Luther King, anche lui ucciso pochi anni dopo. Da qui inizia quella che Magaldi definisce una “restaurazione neoaristocratica”. Una restaurazione guidata dalla superloggia Three Eyes, “una creatura del ricchissimo industriale David Rockefeller, del futuro segretario di Stato Henry Kissinger e del futuro consigliere per la Sicurezza nazionale Zbigniew Brzezinski che nel 1978 sarà il principale artefice dell’elezione a pontefice del polacco Wojtyla”. Molti anche gli affiliati italiani, secondo Magaldi, su tutti Gianni Agnelli ma anche Enrico Cuccia e il principe Borghese. E, secondo Magaldi, persino Napolitano… Eventi come l’attentato a Reagan e a Wojtyla rientrano, secondo Magaldi, in lotte di potere tra diverse superlogge.
IL PROGETTO UNITED FREEMASONS – Secondo Magaldi sono sempre le superlogge, nel 1981 a dare il via alla globalizzazione con un progetto segretissimo e sovranazionale. Che conterrebbe questi punti salienti: “Sostegno al fratello Deng Xiaoping e alla sua politica di apertura della Cina al libero mercato, destrutturazione e liquidazione dell’Urss e del Patto di Varsavia grazie all’ascesa del fratello Gorbacev e alla rottamazikone dei vecchi titani del Pcus come il segretario generale Breznev e i suoi più stretti seguaci e successori. Accelerazione del progresso di integrazione economica e politica dell’Europa. Riunificazione tedesca, riconferma della sorella Margaret Thatcher e sabotaggio del Labour Party del Regno Unito, ritorno dell’Argentina alla democrazia, smantellamento progressivo dell’apartheid ein Sudafrica e scarcerazione del fratello Nelson Mandela. Alternanza ovunque, a cominciare dagli Usa, di governi conservatori e progressisti secondo una tabelle di marcia ben precisa. Ovviamente a un patto: che tutti abbiano il rigoroso gradimenti dei grembiulini che contano.
LA SUPERLOGGIA IMPAZZITA – Secondo Magaldi c’è una ulteriore superloggia, quella creata da Bush Sr. e altri compagni delle altre superlogge che si sono sentiti esclusi dal progetto United Freemasons e dalla rielezione di Clinton. “La chiamano Hathor Pentalpha”, sostiene Magaldi, che la definisce una “loggia della vendetta e della sete di sangue”, della quale avrebbe fatto parte persino Osama Bin Laden. Una superloggia che estenderebbe la sua inquietante ombra sugli eventi degli ultimi anni, a partire dall’11 settembre 2001. La risposta progressista è la nuova superloggia “Maat”, della quale secondo Magaldi farebbe parte Obama.
L’ISIS E LE NUOVE GUERRE – Ma ora il disegno delle superlogge è quello di far tornare al potere l’ala più conservatrice e guerrafondaia, secondo Magaldi. E per farlo si starebbe servendo della guerra santa dell’Isis. Magaldi sostiene che colui che proclamato il Califfato islamico farebbe parte della Hathor Pentalpha, vale a dire Al-Baghdadi, “imprigionato in Iraq nel 2004 come terrorista pericoloso e che subito dopo l’affiliazione a fil di spada viene liberato”. Il tutto mentre viene “ufficiosamente lanciata la candidatura del fratello Jeb Bush alla Casa Bianca”. “Da qui al 2016″, sostiene Magaldi, grazie all’avanzata dell’Isis, prenderà il via una formidabile campagna planetaria per portare un un nuovo Buish a Washington. L’ennesimo Bush guerrafondaio. Avremo così nuove guerre infinite in Medio Oriente”. E ora, scrive Magaldi, resta da capire come pensano di controbattere a questa minaccia i fratelli massoni progressisti…
Gioele Magaldi (14 luglio 1971), storico, politologo e filosofo, ex Maestro Venerabile della loggia “Monte Sion di Roma” (Goi), già membro della Ur-Lodge “Thomas Paine”, è Gran Maestro del movimento massonico “Grande Oriente Democratico” (God). Fautore di un impegno solare e progressista della massoneria, ha dato vita anche a”Democrazia Radical Popolare” (Drp) e al Movimento Roosevelt (Mr). Tra le sue pubblicazioni: UT PHILOSOPHIA POESIS (Pericle Tangerine) e ALCHIMIA. UN PROBLEMA STORIOGRAFICO ED ERMENEUTICO (Mimesis). Laura Maragnani, giornalista (“Europeo”,”Panorama”), ha scritto LE RAGAllE DI BENIN CITY (Melampo), ECCE OMO (Rizzoli), I RAGAZZI DEL ’76 (Utet).
LEGGI IN ANTEPRIMA LE DEDICHE DI GIOELE MAGALDI CON LE LISTE DEI NOMI (per gentile concessione di Chiarelettere)
A Olympe de Gouges ed Eleanor Roosevelt, donne libere e di buoni costumi
L’intera trilogia di Massoni. Società a responsabilità illimitata, di cui questo testo rappresenta il primo volume, è dedicata principalmente a Olympe de Gouges (1748-1793) ed Eleanor Roosevelt (1884-1962), le più grandi e coraggiose fra le sorelle muratrici che abbiano mai cinto il grembiuli no lato-mistico e operato con efficacia imperitura al bene e al progresso dell’umanità.
Ma come non menzionare, fra le tantissime altre donne «libere e di buoni costumi»’ che ispirarono le loro vite ai più nobili e alti principi massonici (pur nell’inevitabile presenza di alcune ombre, frammiste a maggioritarie luci), anche libere muratrici dello spessore di: Mary Wollstonecraft (1759-1797), Sophie de Condorcet (1764-1822), Harriet Taylor Mill (1807-1858), Cristina Trivulzio di Belgiojoso (1808-1871), Marie Adélalde Deraismes (1828-1894), Jesse White Mario (1832-1906), Lucretia Coffin Mott (1793-1880), Mathilde Franziska Anneke (1817-1884), Malwida von Meysenbug (1816-1903), Susan Brownell Anthony (1820-1906), Julia Ward Howe (1819-1910), Elizabeth Cady Stanton (1815-1902), Helena Petrovna Blavatsky (1831-1891), Annie Besant (1847-1933), Emmeline Pankhurst (1858-1928), Marie Curie (1867-1934), Martha Beatrice Webb (1858-1943), Virginia Woolf (1882-1941), Maria Montessori (1870-1952), Golda Meir (1898-1978), Alva Myrdal (1902-1986), Indira Gandhi (1917- 1984) .
Una peculiare intestazione dedicatoria va rivolta al massone ante litteram e protomartire della moderna libera muratoria, Giordano Bruno (1548-1600). Peraltro, una dedica sentita deve per forza di cose andare ai seguenti fratelli liberi muratori (anch’essi latori di moltissime luci, in mezzo ad assai più trascurabili opacità): John Locke (1632-1704), Isaac Newton (1642-1727), Jean «John» Theo¬philus Desaguliers (1683-1744), Montesquieu (1689-1755), Voltaire (1694-1778), Wolfgang Amadeus Mozart (1756-1791), Giacomo Casa¬nova (1725-1798), Cagliostro (1743-1795), Cesare Beccaria (1738-1794), Benjamin Franklin (1706-1790), George Washington (1732-1799), Thomas Jefferson (1743-1826), Thomas Paine (1737-1809), Nicolas de Condorcet (1743-1794), Honoré Gabriel Riqueti de Mirabeau (1749-1791), Philippe Egalité (1747-1793), Jacques Brissot (1754-1793), Camille Desmoulins (1760-1794), Jean-Baptiste de Lamarck (1744-1829), Gilbert du Motier de La Fayette (1757-1834), Jacques Laffitte (1767-1844), Francisco de Miranda (1750-1816), Napoleone Bonaparte (1769-1821), nella sua fase filorepubblicana, Rafael del Riego (1784-1823), George Gordon Byron (1788-1824), Alessandro Ypsilanti (1792-1828), José de San Martin (1778-1850), Simón Bolívar (1783-1830), Aleksandr Sergeevic Puskin (1799-1837), Samuel Gridley Howe (1801-1876), William Lloyd Garrison (1805-1879), Ralph Waldo Emerson (1803-1882), Thaddeus Stevens (1792-1868), Charles Sumner (1811-1874), Benjamin Wade (1800-1878), William Cullen Bryant (1794-1878), Carl Schurz (1829-1906), Aleksandr Ivanovic Herzen (1812-1870), Giuseppe Mazzini (1805-1872), John Stuart Mill (1806-1873), Giuseppe Garibaldi (1807-1882), Jules Michelet (1798¬1874), il Pierre-Joseph Proudhon (1809-1865) della maturità, che, pur non abdicando alle migliori istanze del socialismo, comprese l’importanza del libero mercato, della proprietà privata e della società civile come altrettanti freni libertari e pluralisti alla potenziale invadenza autoritaria del potere statuale, Louis Blanc (1811-1882), Victor Hugo (1802-1885), Lajos Kossuth (1802-1894), Charles Darwin (1809-1882), José Martí (1853-1895), Lev Nicolàevic Tolstòj (1828-1910), Giosuè Carducci (1835-1907), Max Weber (1864-1920), John Dewey (1859-1952), Leonard Hobhouse (1864-1929), Sigmund Freud (1856-1939), Theodore Roosevelt (1858-1919), Thomas Woodrow Wilson (1856-1924), Eduard Bernstein (1850-1932), George Bernard Shaw (1856-1950), Mustafa Kemal Ataturk (1881-1938), Gerard Swope (1872-1957), John Maynard Keynes (1883-1946), Franklin Delano Roosevelt (1882-1945), Mohandas Karamchand Gandhi detto «il Mahatma» (1869-1948), Aleksandr Fédorovic Kerenskij (1881-1970), George Orwell (1903-1950), Carl Gustav Jung (1875-1961), Albert Einstein (1879-1955), George Marshall (1880-1959), Clement Attlee (1883-1967), Harry Truman (1884-1972), William Beveridge (1879-1963), Charlie Chaplin (1889-1977),
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Angelo Giuseppe Roncalli divenuto Giovanni XXIII (1881-1963), Antonio de Curtis detto Totò (1898-1967), Martin Luther King (1929-1968), Meuccio Ruini (1877-1970), Federico Caffé (1914-1987), Karl Popper (1902-1994), Altiero Spinelli (1907-1986), Gunnar Myrdal (1898-1987), Paul Feyerabend (1924-1994), Harold Wilson (1916-1995), Thomas Kuhn (1922-1996), Robert William Komer (1922-2000), John Rawls (1921-2002), John Kenneth Galbraith (1908-2006), James Hillman (1926-2011), Arthur Schlesinger Jr. (1917-2007), senza dimenticare molti altri, di analoga sensibilità progressista — contestualmente al tempo in cui vissero —, che pure saranno menzionati nel corso della trilogia di Massoni.
Una dedica speciale e a parte, al di là di tutte le incomprensioni, le delusioni e i litigi, al di là del tempo e dello spazio, va a Giuseppe «Pino» Abramo (1933-2014).
Inoltre, una dedica importante va anche a Ivan Mosca (1915-2005), Franco Cuomo (1938-2007), Ted Kennedy (1932-2009), Antonio Giolitti (1915- 2010), Michele Raffi (1968-2013), Rosario «Rino» Morbegno (1930-2013), Carlo Maria Martini (1927-2012), Ernest Borgnine (1917-2012), Rita Levi Montalcini (1909-2012), Hugo Chavez (1954-2013), Nelson Mandela (1918-2013), Arnoldo Foà (1916-2014), Gabriel Garda Marquez (192-¬2014), Italo Libri, Enrico Simoni e a tutti quei massoni di ogni latitudine geografica passati di recente all’Oriente Eterno, i quali, con il loro pensiero e le loro azioni, hanno incarnato pregi e difetti, grandezze e miserie, fragilità e punti di forza della via iniziatica libero-muratoria.

«Ho detto no al cemento sul Bisagno, io spostata all’ufficio animali»

Nicoletta Faraldi, dirigente della Regione Liguria, trasferita tra un’alluvione e un’altra dal settore Valutazione impatto ambientale all’ufficio per la salute degli animali
di Riccardo Bruno
 
Ad avvisarla che doveva cambiare ufficio è stata una collega. «Nessuno dei miei superiori mi aveva detto niente». Così Nicoletta Faraldi, 62 anni, esperta in diritto e dirigente della Regione Liguria, ha saputo il pomeriggio del 6 novembre, tra un’alluvione e l’altra nella sua Genova, che non sarebbe stata più il capo del delicato settore di Valutazione impatto ambientale. Trasferita dopo appena 8 mesi alla «Sicurezza alimentare e sanità animale» («Materie di cui non mi sono mai occupata»).
 
Il motivo di un così repentino provvedimento? «Ho chiesto al direttore generale, mi ha risposto che è stata una decisione politica. Me lo ha confermato anche il segretario generale. Io so solo di aver fatto il mio lavoro tecnico, non ho alcuna preferenza partitica».
 
Le ragioni allora forse vanno cercate nella sua attività. Ne è convinta Raffaella Della Bianca, consigliera regionale del gruppo misto, presidente della lista «Noi, idee e cuore per la Liguria», la prima a segnalare l’anomalo trasferimento. «Guarda caso una quindicina di giorni prima – denuncia Della Bianca – ha bocciato un progetto che sta a cuore all’amministrazione, un centro commerciale proposto dalla galassia Coop nell’area del Bisagno».
 
La decisione, firmata da Nicoletta Faraldi, è del 21 ottobre scorso, dodici giorni dopo che l’onda di piena del torrente che attraversa Genova aveva ucciso Antonio Campanella. La valutazione di impatto ambientale doveva essere espressa su «un complesso polifunzionale, in un’area di circa 4 ettari, attualmente a destinazione commerciale alimentare, non alimentare e servizi… oltre all’area denominata ex Officina Guglielmetti». Peccato, come nota l’ufficio regionale, che l’opera «ricade parzialmente in fascia A (area storicamente inondata) e parzialmente in fascia B (area inondabile duecentennale)». Conclusione scontata: «Variante inammissibile», bocciata la richiesta presentata dalla Talea Spa, braccio immobiliare della Coop Liguria. «Tutti possono sbagliare – aggiunge la dirigente trasferita -, ma credo che il mio ufficio abbia svolto correttamente il proprio lavoro».
L’assessore alle Infrastrutture Renzo Guccinelli, cinque giorni dopo la «rimozione», le ha inviato una lettera, scritta a mano: «Gentile dottoressa… è assurdo e assolutamente falso» che la «sua sostituzione sarebbe imputabile a una mia decisione» e che «avrei agito a seguito di un parere su una pratica». Poi aggiunge: «Caso mai devo dirle che nel momento in cui ho assunto la delega a luglio sono stato sollecitato dai vari livelli del settore a sollecitare al segretario generale una sua sostituzione».
 
Una dirigente non gradita a qualcuno, non c’è dubbio.
19 novembre 2014 | 07:57
 

Prossimo obbiettivo: Ungheria

l’Ungheria non ha regalato il suo oro al FMI come hanno fatto le “democrazie”…..come l’Ucraina proprio di recente Va da se che è una dittatura da abbattere

By Federico Pieron novembre 18, 2014 

saluto
Di Federico Pieraccini
 
Nell’ormai consolidata prassi delle rivoluzioni colorate/primavere arabe assistiamo all’ultimo obbiettivo in termini di tempo. Dopo l’Ucraina e Hong Kong, anche l’Ungheria sembrerebbe essere entrata nel mirino del famigerato regime change di Washington.
 
Le principali cause che portano gli Stati Uniti ad adottare strategie aggressive contro altri stati (Afghanistan, Iraq, Iran, Siria, Ucraina, Yemen, Egitto, Tunisia, Libia, Argentina, Brasile, Russia, Venezuela, Cina, Hong Kong) sono da imputare principalmente a motivazioni geo-strategiche. La dottrina americana di politica estera si basa sul concetto di egemonia globale da oramai molti anni. Le motivazioni per cui queste nazioni sono state destabilizzate, bombardate o attaccate sono da ricercare nella visione occidentale della gestione di un paese: perseguire prima gli interessi Americani. E’ stato così in Siria, con i legami Iraniani, in Ucraina, per la vicinanza Russa e ad Hong Kong per la contiguità con la Repubblica Popolare Cinese. Naturalmente i target principali sono Russia, Iran e Cina, non di certo le nazioni-satellite che vengono aggredite. Il problema di fondo è la politica estera di Washington: perseverare con una dottrina di egemonia completa, significa considerare ogni zona del mondo come strategica e zona di interesse su cui porre una sfera di influenza più o meno accentuata.
 
Ciò che sorprende, ma non troppo, è come anche anche l’Europa contrariamente agli anni passati, sia divenuto un target legittimo per i Think-tank che determinano le scelte a Washington. Le motivazioni sono da ricercare essenzialmente nei mutamenti multipolari che stanno modellando il nuovo ordine mondiale. Gli Stati Uniti hanno bisogno di un’Europa ancor più legata e dipendente da Washington, che esegua gli ordini senza porsi troppe domande sul reale effetto delle proprie azioni (vedasi le sanzioni UE alla Russia su Input USA), per centrare i propri obbiettivi strategici.
 
In questo contesto le recenti decisioni prese a Budapest, ma più in generale le politiche domestiche di Orban negli ultimi anni, hanno acceso più d’una spia rossa nell’amministrazione Obama.
 
Di pretesti per attirare l’attenzione di Washington, Orban ne ha dati molti: Intraprendere una strada concreta per uscire dall’Euroripagare i debiti internazionali al FMI, tentare di ottenere una moneta sovrana, una banca centrale meno vincolata dal BRI (Banca dei Regolamenti Internazionali), una maggiore vicinanza con la Russia e lo sblocco del progetto South Stream.
 
Naturalmente la stampa occidentale non è rimasta ferma un minuto e nel corso del tempo il fuoco incrociato degli organismi di stampa internazionali è divenuto diretto ed esplicito. Questi sono i titoli che possiamo leggere riguardo all’Ungheria:
 
Dal Guardian: “L’Autunno di Budapest: lo svuotamento della democrazia sul bordo d’Europa”.
 
Oppure il New York Times: “Quando Obama ha recentemente elencato gli stati che stanno silenziando i gruppi della società civile, l’Ungheria è stato l’unico stato Europeo ad essere stato menzionato. Washington ha imposto sanzioni e ha vietato l’ingresso a sei ufficiali Ungheresi, affermando che sono troppo corrotti per entrare in America”.
 
Come sempre i media sono il motore, fomentatore, dei disordini e della creazione di situazioni appetibili a forze straniere, capaci spesso di influenzare il corso degli eventi.
 
ned
NED e le sue affiliate.
 
Come già visto in altri contesti, spesso non bastano i media e dietro ad apparenti manifestazioni spontanee (che siano primavere arabe o rivoluzioni colorate) vi è una macchina organizzativa, rodata da tempo, ormai parte integrante della politica estera americana.
 
Il governo degli Stati Uniti sta segretamente finanziando mezzi di informazione e giornalisti stranieri. Ci sono organi governativi – compreso il Dipartimento di Stato, il Dipartimento della Difesa, l’Agenzia degli Stati Uniti per lo Sviluppo Internazionale (U.S. Agency for International Development, USAID), il Fondo Nazionale per la Democrazia (National Endowment for Democracy, NED), il Consiglio Superiore per la Radiodiffusione (Broadcasting Board of Governors, BBG) e l’Istituto degli Stati Uniti per la Pace (U.S. Institute for Peace, USIP) – che sostengono lo “sviluppo dei media” in più di 70 paesi. In These Times ha scoperto che questi programmi comprendono il finanziamento di centinaia di organizzazioni non governative (ONG), giornalisti, uomini politici, associazioni di giornalisti, mezzi di informazione, istituti di formazione e facoltà di giornalismo. La consistenza dei finanziamenti varia da poche migliaia a milioni di dollari.
 
“Stiamo essenzialmente insegnando le dinamiche del giornalismo, che sia stampato, televisivo o radiofonico”, dice il portavoce di USAID Paul Koscak. “Come imbastire una storia, come scrivere in modo equilibrato… tutte quelle cose che ci si aspetta da un articolo prodotto da un professionista”.
 
Ma alcuni, soprattutto fuori dagli Stati Uniti, la vedono diversamente.
 
“Pensiamo che i veri fini che si celano dietro questi programmi di sviluppo siano gli obiettivi della politica estera statunitense”, dice un alto diplomatico venezuelano che ha chiesto di non essere citato. “Quando l’obiettivo è il cambio di regime, questi programmi si rivelano strumenti di destabilizzazione di governi democraticamente eletti che non godono del favore degli Stati Uniti”.
 
I principali organi, dediti alla creazione delle condizioni necessarie per ottenere una situazione di pre-caos, sono essenzialmente 4:
  • NED“[Il Ned] è un programma di successo della Princeton University che supporta i dipendenti pubblici, i responsabili politici e gli studiosi di tutto il mondo che vogliono costruire governi più efficaci e responsabili in contesti difficili.”
  • – CIMA“Il Center for International Media Assistance ( CIMA ) è dedicato al miglioramento degli sforzi degli Stati Uniti di promuovere i media indipendenti nei paesi in via di sviluppo in tutto il mondo”
  • – USAID “E’ un’agenzia degli Stati Uniti per lo Sviluppo Internazionale diretto dal governo federale degli Stati Uniti ed è l’agenzia principalmente responsabile della gestione degli aiuti civili all’estero.”
  • – Freedom House“La Freedom House è una organizzazione non governativa internazionale, con sede a Washington, D.C., che conduce attività di ricerca e sensibilizzazione su democrazia, libertà politiche, e diritti umani.”
Puntuale come sempre, assistiamo ad una destabilizzazione ad orologeria qualora gli apparati economico-mediatici di Washington decidano di agire prendendo di mira una nazione.
 
Le modalità e le motivazioni, delle proteste di questi giorni in Ungheria, sembrano sospettosamente simili a quelle degenerate a Kiev in Febbraio:
 
18 Novembre Decine di migliaia di manifestanti sono scesi in piazza oggi a Budapest e in altre città ungheresi per mostrare “indignazione” contro le politiche di destra del primo ministro Viktor Orban.
 
Le tensioni si sono intensificate dopo che il presidente Orban ha rifiutato di licenziare Presidente dell’Autorità Fiscale Nazionale Ildiko Vida,  accusato di corruzione da parte di funzionari degli Stati Uniti, dal momento che Orban ha respinto le accuse di corruzione
 
“Non possiamo pagare le tasse che tu rubi!” recitava uno degli striscioni. Altri chiedevano le dimissioni. Belint Farkas, uno studente 26enne, si è lamentato della politica estera dell’Unghieria di Orban: “Non vogliamo che Orban ci porti verso Putin e la Russia. Noi siamo un paese Ue e vogliamo stare in Europa, alla quale apparteniamo”.
 
Il procedimento per la creazione di queste condizioni di caos spesso lascia tracce e indizi nei mesi e negli anni precedenti.
 
Osserviamo cosa diceva poco tempo fa l’organizzazione CIMA:
 
“L’Ungherese Viktor Orban non ha appetito per la democrazia“.
 
e Freedom House, qualche giorno fa:
 
“Da quando è arrivato al potere nel 2010, il governo Orbán ha attuato una serie di modifiche legislative che sono state criticate per aver minato la libertà dei media.”
 
Le recenti proteste nella città di Budapest hanno dimostrato che i meccanismi per un regime change sono già operativi e stanno iniziando a percorre tutte le vie necessarie per centrare questo obbiettivo.
 
La buona riuscita di tali azioni dipendono essenzialmente dal livello di repressione che il governo legittimo di Orban deciderà di applicare. Un tentennamento in stile Janukovyč, qualora la situazione degenerasse come accadde a Kiev, potrebbe essere fatale. Per il futuro dell’Europa, dell’Eurasia e di un mondo multipolare più bilanciato auguriamoci che Orban non commetta l’errore di indugiare troppo nel reagire a queste aggressioni straniere.

E’ UFFICIALE : GLI USA HANNO RUBATO L’ORO DELL’UCRAINA

nelle democrazie divenute tali in quanto annesse all’impero americano le riserve auree sono state “date” a quella grande istituzione benefattrice denominata FMI
Questo è l’occidente che richiede il suo tributo per la liberazione. I governi fantoccio possono avere diversi colori politici, l’importante che servino il padrone

Postato il Mercoledì, 19 novembre

FONTE CLUBORLOV (BLOG)
E’ ufficiale: Gli USA hanno rubatol’oro dell’Ucraina
Solo questo: si scopreche le voci che giravano alla fine avevano ragione. Almeno una parte della ragioneper cui il Dipartimento di Stato e la CIAhanno organizzato uncolpo di stato inUcraina – cheha rovesciato il suo governo democraticamente eletto per installare un regime neo-nazista fantoccio – per rubarel’orodell’Ucraina.
oroukr
Si diceva che poco dopo il colpo di stato l’oro fosse stato tranquillamente caricato su un aereo per portarlo negli Stati Uniti. Ora arrivala rivelazione ufficiale: l’Ucraina non ha più riserve auree. L’oro è stato venduto per pagare una fallimentare campagna militare in Ucraina orientale e per sostenere ancora per un qualche tempo  il prezzo dell’oro nel mercato fasullo dell’oro-di-carta. A questo punto c’è solo da aspettarsi che una volta che il risultato di questa “correzione” si esaurirà, il prezzo dell’oro schizzerà alle stelle, il dollaro crollerà come un sasso e gli americani dovranno  aggiungere  anche la parola iperinflazione”alla lunga lista dei loro guai.
18.11.2014
Il testo di questo articolo è liberamente utilizzabile a scopi non commerciali, citando la fonte comedonchisciotte.org e l’autore della traduzione Bosque Primario

Gli euroscettici raccolgono le firme per sfiduciare Juncker: “E’ ora di dire basta alle lobbies”

sicuramente i finti euroscettici grillini sono troppo occupati ad avallare ogni scelta piddina
(alla faccia degli “antagonisti” hanno perfino avallato la tizia del Pd)
Sia mai, meglio fare quanto richiesto dal Pd, onde evitare ogni accusa di “fascismo”, razzismo e leghismo

On. Mario Borghezio – 19 novembre 2014

“Il raggiungimento – grazie all’apporto dei deputati leghisti oltre che del FN, dell’FPOe e di altri gruppi “euro-populisti” – delle firme necessarie per la mozione di sfiducia a Juncker e’ un grosso risultato politico. Costringere il P.E. – che in precedenza aveva relegato l’argomento ad uno striminzito dibattito – a “processare” la prossima settimana nell’Aula di Strasburgo il superlobbista Juncker non e’ certo cosa da poco. Una vittoria di chi rappresenta l’Europa dei popoli sull’Europa dei favori e delle lobbies !”
http://www.mattinonline.ch/gli-euroscettici-raccolgono-firme-per-sfiduciare-juncker-dire-basta-alle-lobbies/