Extracosti della Torino-Lione, ora è bufera politica

La talpa del cantiere Tav di Chiomonte (LaPresse)
La talpa del cantiere Tav di Chiomonte (LaPresse)

Gli extracosti della Torino-Lione – rilevati da un articolo pubblicato il 24 ottobre sul Sole 24 Ore – stanno sollevando in queste ore un polverone politico e mediatico a Torino e sul territorio nazionale. Le principali testate attive sul capoluogo piemontese sono intervenute oggi, con propri articoli, per rilanciare il tema, dopo che il senatore Stefano Esposito del Pd – sposando un’ottica di chiarezza e trasparenza – ha chiesto e ottenuto per l’11 novembre prossimo la convocazione di un’audizione alla Commissione Trasporti del Senato con i vertici di Ferrovie, ministero dei Trasporti e dell’Economia. Per fare definitivamente luce su cifre e responsabilità.

Il senatore dei 5 Stelle, Marco Scibona, ha invece chiesto al Pd il sostegno per mandare avanti un disegno di legge, già incardinato presso l’ottava commissione al Senato e che prevede l’istituzione di una Commissione di inchiesta parlamentare sul Tav avente anche ad oggetto (all’art. 1 lettera a) i costi dell’opera, l’entità di quelli già sostenuti e di quelli ancora da sostenere a carico del bilancio dello Stato. Un modo, ha spiegato, per verificare l’esistenza di oneri occulti o illeciti lievitazioni in corso d’opera. Mentre Gilberto Pichetto, capogruppo Forza Italia in Regione Piemonte e Mino Giachino, responsabile nazionale trasporti e logistica di Forza Italia sono scesi in campo per ribadire che se da una parte i chiarimenti sui costi sono necessari, non è possibile mettere in discussione un’infrastruttura fondamentale.

 L’amplificazione mediatica – rilanciata anche sui social e ripresa da molte forze politiche in comunicati stampa dai contenuti più o meno corretti e con richieste più o meno pertinenti rispetto al problema sollevato – dà grande forza alla diffusione della notizia, ma rischia anche di distorcerne e comprometterne i contenuti.

I nodi da risolvere sono essenzialmente due. Innanzitutto è necessario (come chiede il senatore Esposito) comprendere perché le cifre scritte sui documenti ufficiali di Ltf, la società che progetta la Torino-Lione, e quelle che compaiono sul Contratto di programma di Rfi, firmato lo scorso 8 agosto dal ministro Lupi, non collimino, pur essendo entrambe relative alla realizzazione della tratta internazionale della linea veloce. In Francia la cifra calcolata per questa porzione di opera è di 8,3 miliardi, in Italia (o almeno nei documenti di Rfi) è di quasi 12 miliardi. Se le cose stanno come sostiene Rfi nei suoi documenti, l’Italia – su cui grava secondo il trattato Italia-Francia del 2012 il 57,9% della spesa per i lavori – dovrà garantire (al lordo del probabile, ma ancora non certo, cofinanziamento da parte dell’Ue) la copertura di 6,9 miliardi (che salgono fino a più di 7,7 nel caso si aggiungano le spese della fase progettuale), contro i 4,8 miliardi ad oggi dichiarati (2,9 miliardi se togliamo il presunto 40% europeo).

Al di là dei tecnici¬– Mario Virano, presidente della Cig e dell’Osservatorio, in testa ¬– che spiegano come alla cifra dei 12 miliardi ci si sia arrivati applicando una rivalutazione con un tasso convenzionale del 3,5% sul costo del progetto di Ltf a vita intera, è necessario capire perché in un momento di crisi economica, quando tutti sanno che materiali e denaro valgono meno, Rfi abbia comunque scelto di mantenere intatte le proprie previsioni. Senza ritoccare al ribasso le stime. Le ferrovie potevano fare diverso?
In secondo luogo, chiarito il primo punto e anche in vista del bando a cui Italia e Francia dovranno rispondere entro febbraio per chiedere un cofinanziamento all’Ue, occorre comprendere quale sia la cifra reale della tratta internazionale della Torino-Lione. Cifra che dovrà essere chiarita con l’approvazione (la cui imminenza, pur annunciata, non è scontata) del progetto definitivo dell’opera da parte del Cipe.

Tav: Idra, Imposimato proporrà denuncia contro ministro Lupi

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Firenze – “Proporrò una denuncia contro il ministro Lupi, perché non è possibile che vi sia un’incriminazione soltanto per i funzionari”, afferma Ferdinando Imposimato – magistrato presidente onorario aggiunto della Suprema Corte di Cassazione – a proposito della TAV, richiamando l’articolo 323 del Codice Penale che vieta ai pubblici ufficiali di ottenere indebiti vantaggi avvalendosi della propria attività. Imposimato ha partecipato telefonicamente alla conferenza stampa indetta dall’Associazione Idra stamani al Caffè Le Giubbe Rosse.  Le infiltrazioni criminali – di ‘ndrangheta in Val di Susa e di Camorra in Toscana – sono parte di un esteso sistema truffaldino che coinvolge le istituzioni, i soggetti pubblici e privati con imputazioni  che vanno dalla costituzione di fondi neri alle frodi, al falso in atti pubblici, al taroccamento dei materiali, all’attività organizzata per il traffico illecito di rifiuti, fino chiaramente all’associazione per delinquere.

Anche la Commissione Europea – nella sua recente relazione sulla lotta alla corruzione – ha indagato sulla vicenda e osservato che “per gli italiani la corruzione è un fenomeno diffuso negli appalti pubblici gestiti dalle autorità nazionali (70% contro il 56% della media UE) e negli appalti gestiti dagli enti locali (69% contro il 60% della media UE). (…) il rischio di corruzione e infiltrazioni criminali è particolarmente elevato.” Sulla TAV, afferma: “L’alta Velocità è tra le opere infrastrutturali più costose e criticate per gli elevati costi unitari rispetto a opere simili.” (3/02/2014, COM (2014) 38 def.)

I costi sono lievitati del 600%, e questa lievitazione, come spiega il magistrato, ha il solo scopo di favorire finanziamenti illeciti, “è un’opera che non ha niente a che fare con l’alta velocità”. Intanto i lavori procedono con lentezza. Dopo il fallimento di Coopsette (l’azienda vincitrice dell’appalto originario di 700 milioni) e l’acquisizione delle quote da parte di Condotte, bisogna ancora stabilire chi pagherà la nuova fresa e chi smantellerà quella vecchia, ritenuta non conforme per scavare il sotto attraversamento: non c’è stata una nuova gara d’appalto, afferma il presidente di Idra Girolamo dell’Olio, ma Coopsette ha mantenuto una piccola parte delle quote. Inoltre le coperture delle gallerie sono state realizzate con materiali non adatti a fronteggiare un incendio.

“Le relazioni non restino nei cassetti”, è l’appello di Dell’Olio, “l’autorità anti corruzione esprima un parere esplicito e pubblico sulla improprietà totale già dell’architettura finanziaria del general contractor”. La paura è che le sentenze arrivino troppo tardi e che scatti la prescrizione “con un danno per tutta la collettività”. Intanto è in corso un’istruttoria da parte dell’Autorità Anti Corruzione avviata in seguito a un esposto fatto proprio da Idra: un segnale importante per l’associazione che si è già costituita parte civile nel procedimento penale per i danni ambientali dell’Appennino Tosco – Emiliano. Da questi presupposti prende forma l’invito di Dall’Olio a informarsi e a diffondere informazioni anche in Toscana, dove c’è il rischio che la vicenda passi sotto silenzio: “In Val di Susa c’è un esercito in armi”.

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Maddalena di Chiomonte. Addio al Museo archeologico. Intervista a Francesca Frediani

Un’area prima devastata e poi dimenticata. Abbandonata a se stessa da Sopraintendenza e Regione. La Valsusa perde così un altro pezzo della sua storia.

Area archeologica dietro il Museo
di Leonardo Capella

II Museo archeologico di Chiomonte venne inaugurato nel giugno 2004. Doveva documentare la Preistoria e la Protostoria del sito de “La Maddalena”, dal Neolitico recente (ultimo quarto del V millennio a.C.) alla seconda età del Ferro (IV secolo a.C).
Il complesso prevedeva una parte museale con l’esposizione dei reperti rinvenuti nell’adiacente area archeologica e una contigua area archeologica comprendente la necropoli tardoneolitica con ben undici tombe in cisti litiche. In tutta l’area circostante, notevole è la presenza di un complesso monumentale composto da ripari sotto roccia, molti dei quali hanno restituito materiali di interesse archeologico.
I reperti vennero alla luce durante i lavori di costruzione dell’autostrada del Fréjus negli anni 1986-1992, in località Maddalena nei pressi di Chiomonte, e rappresentano con molta probabilità le prime testimonianza della presenza umana in Val di Susa.

Le vicissitudini legate alle variazioni progettuali della Torino-Lione hanno fatto sì che nel 27 luglio 2011 su quei terreni si assistesse alla contrapposizione fra forze dell’ordine e oppositori al Tav.
L’area archeologica venne devastata da mezzi meccanici e il museo occupato dallo Stato per farne una casermetta. A tutt’oggi museo e sito archeologico risultano irraggiungibili, perché sottoposti a restrizioni d’accesso per motivi d’ordine pubblico. Alla valorizzazione di quest’area era destinato un progetto finanziato tramite Arcus (società per lo sviluppo dell’arte, della cultura e dello spettacolo costituita con atto del ministero per i Beni e per le Attività Culturali) per un importo complessivo di 835 mila euro e un cofinanziamento della Regione Piemonte di 25 mila euro.

Abbiamo posto alcune domande alla consigliera regionale Francesca Frediani (M5S) in merito al futuro di quest’importante pezzo di storia della Valle di Susa.

Francesca Frediani

Quale motivazione l’ha spinta a presentare un interrogazione sul progetto “Museo del paesaggio” legato al sito archeologico de “La Maddalena di Chiomonte”?

Ho presentato l’interrogazione per fare chiarezza sullo stato di un progetto che anche la Regione considerava culturalmente rilevante e che prevedeva un ingente stanziamento di fondi pubblici. A questa motivazione si aggiungono il dispiacere e la rabbia provocati dalla devastazione dell’area archeologica della Maddalena e dall’occupazione militare dell’edificio un tempo adibito a museo: si tratta di un patrimonio comune che è stato distrutto senza che nessuno si opponesse, un’altra vittima sacrificata sull’altare del Tav.

Quale è stata la risposta dell’assessore alla cultura Antonella Parigi?
L’assessore, nella sua risposta, fa riferimento a diverse comunicazioni.

La prima, risalente al 14 dicembre 2012, inviata dal Comune di Chiomonte alla Soprintendenza per i beni archeologici del Piemonte e MAE, e alla Direzione Cultura, Turismo e Sport per conoscenza, nella quale si chiedeva parere alla Soprintendenza in merito al progetto per successivo inoltro ad Arcus per la stipula della bozza di convenzione per la prima tranche di finanziamento.
Nella seconda, ricevuta per conoscenza dalla Regione nel gennaio 2013, la Soprintendenza comunica ad Arcus parere favorevole al progetto (prendendo atto del recepimento di alcune rimodulazioni progettuali) e chiede l’istituzione di un tavolo tecnico con tutti gli enti interessati per pianificare gli interventi nel dettaglio.
La terza comunicazione, datata marzo 2013, fa riferimento ad altre comunicazioni intercorse senza che la Regione fosse coinvolta, e riporta nuovamente la richiesta di apertura di un tavolo tecnico per pianificare in dettaglio gli interventi.

Dopo di ciò, il silenzio… fino all’arrivo delle ruspe!

L’assessore ha precisato che la proprietà dei reperti è statale e che tutte le questioni sono sempre state seguite direttamente dalla Soprintendenza archeologica, pertanto può solo “presumere” che i lavori di “riallestimento” del museo e dell’area siano “sospesi” stante l’attuale situazione del cantiere. Ha aggiunto che la Regione non ha titolo giuridico per intraprendere un recupero del bene senza che vi sia un ruolo attivo della Soprintendenza, a maggior ragione considerando l’impossibilità di garantire la sicurezza dei reperti e dei visitatori.

Quale futuro per il museo e i suoi reperti?
Allo stato attuale, considerando anche l’ormai cronica carenza di risorse destinate alla cultura, credo che il museo e i reperti, purtroppo, non abbiano futuro. E questo è principalmente imputabile al totale disinteresse che la Soprintendenza, ma anche la Regione (come dimostra la risposta “ponziopilatesca” dell’assessore), hanno dimostrato nei confronti di quest’area. Un’area della nostra regione, la Valsusa, cui è stata negata ogni dignità, calpestando i diritti dei cittadini e, con essi, perfino quella memoria storica che appartiene a tutta la razza umana.

Ma quando ci si troverà di fronte all’evidenza di dover fermare quest’opera inutile (e pare proprio che non manchi molto), ammettendo l’impossibilità di proseguire per mancanza di fondi, potremo ripartire proprio dal museo e dall’area archeologica, per riappropriarci di quel territorio che per anni ci è stato indebitamente sottratto. Le macerie del cantiere resteranno lì a testimoniare quanto inflitto alla comunità valsusina: sarà il più grande museo sulla “Sottrazione di democrazia” mai visto in Italia e, sono certa, da lì sapremo ripartire per riappropriarci del nostro territorio.

L.C. 01.11.14

Ambiente Italia – RAI 3 – del 01-NOV-2014

Interessante trasmissione, con l’intervista all’onorevole Stefano Esposito per sentire le sue opinioni a proposito dell’aumento dei costi preventivati per la realizzazione della Nuova Inutile Linea Ferroviaria per il Treno ad Alta Velocità (TAV) Torino-Lione.  E no caro Esposito, dopo tutto quello che è successo, non è sufficiente una autocritica (magari in stile vecchio PCI) bisogna parlare seriamente di dimissioni irrevocabili e di rimborso di quanto illecitamente percepito e del pagamento dei danni causati (sullo stile di LTF con i Militanti NO TAV); è necessario che a VOSTRE spese si provveda al ripristino ambientale di tutta l’area (pietra su pietra, albero su albero, disponiamo di una ampia e dettagliata documentazione fotografica) dell’area Maddalena-Clarea alla situazione ante 27 giugno 2011, ovviamente a VOSTRE spese e di chiunque  ha avuto dei vantaggi. Ma stia pur certo che, almeno per darLe un contentino,  sicuramente aggiusteranno un pò numeri, tanto questi vanno e vengono, non sarebbe la prima volta. Propaganda? Chi ha fatto propaganda sul TAV ed a nostre spese? Sicuramente i politici che ne hanno tratto vantaggio non NOI che abbiamo solo e sempre subito.

ambiente

LE GRAND JEU (3) : LE DISCOURS DE POUTINE A VALDAI DECRYPTE

# EODE-TV & AFRIQUE MEDIA TV/ Première diffusion ce 1er novembre 2014.

Plusieurs rediffusion prévues dans les jours qui viennent sur AFRIQUE MEDIA TV …

 LE GRAND JEU (3).

AU CŒUR DE LA GEOPOLITIQUE MONDIALE:

Vu d’Eurasie. Comment Poutine conçoit la géopolitique mondiale

EODE PO - Poutine a Valdai décrypté par le GRAND JEU 3 (2014 10 31) FR (2)

Conception et direction Luc MICHEL /

Images EODE-TV – RT – Archives du PCN /

Traduction-bande son du discours de VV Poutine: LM /

Présentation Bachir Mohamed Ladan /

Montage Ibrahim Kamgue/ Réalisation Romain Mbomnda/

Coproduction Luc MICHEL – EODE-TV – Afrique Media

 * Iere PARTIE/

COMPRENDRE LA GEOPOLITIQUE « VUE D’EURASIE » DU PRESIDENT POUTINE

 Analyses exclusives de Luc MICHEL, géopoliticien et animateur de plus vieux « lobby pro-russe » transnational en Europe et en Afrique (depuis 1983 …).

Pour cette troisième émission, notre expert, le géopoliticien Luc MICHEL, décrypte la façon dont le Président russe Poutine conçoit la Géopolitique mondiale vue d’Eurasie. Il nous explique aussi d’où viennent les concepts géopolitiques derrière la vision russe du Monde et ses implications.

 * 2eme PARTIE/

LE DISCOURS DE POUTINE AU CLUB VALDAI A SOTCHI CE 25 OCTOBRE 2014

EODE PO - Poutine a Valdai décrypté par le GRAND JEU 3 (2014 10 31) FR (1)

En seconde partie, en exclusivité, le discours INTEGRAL en version SONORE française.

Nous vous offrons le grand discours du Président russe au Club Valdai, à Sotchi, ce 25 octobre 2014. Où il prend position pour un « grand espace économique unifié de l’Atlantique au Pacifique », contre le monde unipolaire et la façon dont il est dirigé par les USA et pour un monde multipolaire. La critique des USA et du Bloc atlantiste y est féroce et sans appel.

Merci à nos confrères russes de la télévision RT, anciennement « Russia Today », pour ces belles images et à Luc MICHEL pour la bande-son de la traduction française …

 EODE Press Office

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TAV, È SOLO UN ERRORE OPPURE C’È DELL’ALTRO?

la Repubblica Torino

SABATO1 NOVEMBRE 2014

IL COMMENTO

SALVATORE TROPEA

 PROVATE a immaginare un manager, pubblico o privato non importa, che dovendo fare i conti per un’opera affidatagli con relativi piani di investimenti e finanziamenti annessi, si comporta come se dal 2006 a oggi non sia successo niente in Italia e nel mondo. Il meno che possa capitare è che uno così venga consegnato su due piedi al personale della neuro, assicurandosi che venga sottoposto a cure rapide e adeguate e soprattutto che sia messo in condizione di non nuocere. Invece per i signori che dovrebbero far viaggiare al meglio i treni, locali e superveloci (e non sempre accade) negli ultimi otto anni non è successo niente. Ragion per cui si possono fare i conti come se l’inflazione fosse tra il 3,5-4 per cento del 2006 in un paese che è addirittura in deflazione. Per poi scoprire che tanta smemoratezza e altro ancora potrebbero far sì che i costi della linea Torino-Lione siano destinati a salire da 2,9 a 7,7 miliardi.

  INADEGUATI o peggio? La sensazione più diffusa è che i responsabili di questo papocchio assommino queste due poco enconcomiabili caratteristiche, con l’aggiunta dell’arroganza dell’impunito che, al contrario dell’uomo di Erodoto “ha poca conoscenza ma molto potere”. Le dichiarazioni e i comunicati diranno, in un politichese astruso e senza vergogna, che non è successo niente e non succederà niente, spiegheranno che è stato fatto tutto in regola come prescrive la legge («se volete allora cambiate la legge») e che al massimo si tratta dell’errore di un qualche funzionario periferico e chi ha sbagliato pagherà e amenità del genere. Comunque niente di irrimediabile, come ha fatto sapere il commissario Mario Virano, per il quale è tutto sotto controllo, solo una questione di fondi europei che poi verrà risolta e il costo tornerà ad essere quello di 2,9 miliardi.
Insomma un polverone dietro il quale è sempre meno distinguibile la linea di demarcazione tra la inadeguatezza e quei metodi che nella prima e nella seconda repubblica hanno portato il paese allo sbando. Perché si comincia con l’errore, voluto, casuale, permesso e si finisce poi in quella terra di nessuno dove ciò che doveva costare dieci finisce per costare cinquanta, dando vita a quelle differenze di valutazione nelle quali si annidano tangenti, mazzette, favori d’ogni sorta. Lo si è già visto in decine di altre occasioni e lo si continua a leggere nelle cronache giudiziarie, da Milano a Palermo, con una ripetitività inquietante, uno stillicidio che porta fuori controllo i bilanci e apre spesso le porte del carcere senza che questo diventi però un monito per il futuro, prevalendo al contrario la convinzione furbesca e mariula che “chi fotte al governo non va all’inferno”. Si dà però il caso che la scivolata sia ora sull’alta velocità e allora la situazione diventa esplosiva perché si sa quanto dura sia da anni la contrapposizione tra favorevoli e contrari all’opera. Messa come si legge nei giornali è un assist insperato ai No Tav che a questo punto non hanno bisogno neppure di organizzare marce più o meno pacifiche contro i cantieri della Valle di Susa per dimostrare ciò che sostengono da tempo e che sarebbe insostenibile se i conti non fossero stati fatti così come sono stati fatti. Al punto che un fautore convinto dell’alta velocità, il senatore Pd Stefano Esposito, si è spinto fino all’eresia di annunciare che se le cose stanno così sarà lui a dare il giro al tavolo. Che è tutto dire. Ora però, poiché, in politica come in molte altre cose della vita, spesso per uno che fa una cosa c’è uno che gli permette di farla, c’è da chiedersi chi ha consentito che si arrivasse a questo punto e se sia mai possibile che un imbecille o un corrotto prepari una sorpresa del genere senza che nessuno gli chieda conto della sua sventatezza o dei suoi maneggi. Ma è così inattaccabile il potere della società Rfi e così scarsa la capacità di controllo da parte degli organi parlamentari? Insomma com’è possibile che dei dilettanti allo sbaraglio siano stati lasciati liberi di fare quello che in un qualsiasi altro paese civile sarebbe stato impensabile? E il ministro dei trasporti non ha saputo e non ha visto niente?
 La risposta, ancor prima che dalla commissione parlamentare che si riunirà l’11 novembre, sta tutta nelle pessime abitudini di una casta di burocrati al servizio di politici (o viceversa) convinta di essere stata unta dalla grazia divina di un’impunità che non meritano. Anzi per dirla tutta meriterebbero proprio altro.