Tangenti e festini, accusato ex deputato Pd

sarà una singola mela marcia, nel partito degli onesti questo non è possibile….

Roma, 20 nov –

Da Letta è saltato sul carro del vincitore Renzi. Adesso però si ritrova nel mirino della giustizia italiana, accusato di tangenti e festini hard. Si tratta di Marco Di Stefano, ex deputato Pd, già coordinatore alla Leopolda del tavolo sulla “moneta digitale”. L’ex moglie Gilda Renzi, secondo quanto riportato da Libero, avrebbe rivelato ai magistrati la passione del marito per alcol e belle donne. Festini che si sarebbero tenuti in una cascina sui Castelli Romani, nei pressi di Grottaferrata.

Secondo l’inchiesta della Procura della Repubblica di Roma il parlamentare Di Stefano avrebbe inoltre ricevuto una duplice tangente dagli imprenditori Pulcini, arrestati nei giorni scorsi per un appalto manipolato per la costruzione di un parcheggio nella capitale, quantificabile in 1 milione e 800 mila euro e un’ulteriore somma pari a 300 mila euro sarebbe stata versata al suo collaboratore Alfredo Guagnelli. Ai tempi Di Stefano era assessore al Demanio della Regione Lazio, con governatore Piero Marrazzo, e secondo l’accusa la tangente avrebbe compensato il favore di aver fatto affittare alla società della Regione “Lazio Service” due palazzi dei Pulcini alla modica cifra, secondo quanto riportato dal Corriere della Sera, di 3 milioni e 725 mila euro ciascuno. Gli immobili furono poi ceduti all’Enpam, garantendo ai Pulcini una plusvalenza del 50% del valore reale. Nel frattempo il braccio destro Guagnelli ha fatto perdere le sue tracce. Secondo le pm, Tiziana Cugini e Maria Cristina Palaia, sarebbe stato quest’ultimo a ritirare la tangente per l’ex parlamentare, girata su un conto a Montecarlo. Polizia e magistrati al momento ipotizzano di tutto, dall’omicidio alla fuga in Sud Ameria di Guagnelli.

Un caso insomma spinoso e piuttosto torbido, che sta infastidendo non poco i vertici del Partito Democratico, tanto che il tavolo da 1000 euro prenotato da Di Stefano alla cena all’Eur con Renzi è stato tolto in fretta e furia all’ultimo momento. Un disguido che sembra poca cosa di fronte alle disavventure di questo collezionista di tessere partitiche, passato negli anni dall’Udc al Pd, per poi virare verso l’Udeur e tornare di nuovo nel Pd. Assessore nientemeno che a Demanio, Risorse Umane e Patrimonio durante l’illuminata gestione Marrazzo della Regione Lazio. Estromesso nel 2009, dichiarerà di aver ricevuto “pizzini da esponenti di giunta per i concorsi interni”, aggiungendo poi:“li ho rispediti al mittente”. Simsalabim, il buon Marrazzo lo riabilita in giunta affidandogli l’Assessorato all’Istruzione. A quel punto però Di Stefano tenta il grande salto in Parlamento, ma nonostante sia un noto Mister Preferenze, alle primarie ne centra solo 2573. In un’intercettazione spara a zero: “a partire da Zingaretti, li tiro dentro tutti. Sono dei maiali.. Se imbarcamo tutti, ricominciamo dai fondi regionali. Sansone con tutti i filistei, casco io ma pure gli altri.” Frasi poi ritrattate perché “dette in un momento di grande rabbia e sconforto”. Ottenuto “l’ego te absolvo” del vertice Pd, ecco il grande salto. Ignazio Marino chiama infatti Marta Leonori a fare l’assessore al Commercio del comune di Roma e Di Stefano entra in Parlamento come primo dei non eletti, quota Renzi.

Un avvincente romanzo di avventura ricco di colpi di scena? Magari.

Eugenio Palazzini
http://www.ilprimatonazionale.it/2014/11/20/tangenti-festini-hard-accusato-renziano-ex-deputato-pd/  

Vendita all’asta case popolari, la lotta continua.

20/11/2014 18:15 | WELFARE – LAZIO |

Fonte: www.unioneinquiliniroma.it | Autore: isabella borghese
 Venerdì 21, ore 10,00 sotto la Regione Lazio

Non c’è tregua, né pazienza per gli inquilini delle case popolari. L’articolo 3 del Piano Lupi e il decreto attuativo del ministero delle Infrastrutture vanno verso la vendita all’asta di tutte le case popolari.

Un'”intesa” grave che che ha destato non solo preoccupazione e rabbia e che ha determinato la volontà da parte degli inquilini di scendere in piazza. Unico obiettivo: restare nelle loro case.
Nelle video interviste realizzate nei cortei di queste ultime due settimane allarmismo e collera sono venuti fuori con forza: “Piuttosto mi incatenerò dentro!”, ha gridato la Signora Tiziana, “Può diventare una guerra pericolosa”, ha strillato durante il corteo un altro inquilino. ma non basta. “Il governo così ci ammazza!”, si è sgolato un altro.
Domani saranno tutti di nuovo a urlare contro l’ingiustizia e la follia di questa grave realtà che di fatto è l’ennesima incuria e prepotenza, come dir si voglia, verso il diritto alla casa, diritto di tutti e non un privilegio per pochi. L’appuntamento è per domani, venerdì 21 novembre ore 11,00, sotto la Regione Lazio.

Ancora una volta scenderanno in piazza numerosi cittadini, nessuno dei quali disposto a perdere la casa popolare in cui vive, né tanto meno a lasciarla finire nelle mani della speculazione edilizia e del mercato libero. Sono diverse le criticità di questo decreto attuativo che di certo non tiene conto delle difficoltà di tutte queste famiglie.

L’Italia avrebbe bisogno di 700.000 case popolari, ma sta pensando bene di mettere all’asta la sua stessa istituzione, perché privatizzare le case popolari non è altro che dare “un calcio” a un’istituzione. Case fatiscenti da vendere in blocco, prevede il decreto, come anche la prelazione da parte degli inquilini, peccato però che sia su prezzo battuto all’asta e soprattutto lasciate al mercato libero. Case fatiscenti lasciate al mercato liberi. Come è possibile? viene da chiedersi. E come potrebbe mai un inquilino disporre anche entro 30 giorni di soldi cash per acquistare l’appartamento in cui vive?

“Chiederemo alla Regione Lazio di intervenire sul Governo per il ritiro del decreto interministeriale che prevede la vendita all’asta delle case popolari – spiega Massimo Pasquini, Unione Inquilini Roma – sul quale lo scorso 16 ottobre la conferenza unificata ha sancito l’intesa. La manifestazione di venerdi 21 novembre, è la sintesi di decine di assemblee, cortei municipali e petizioni promosse dall’Unione Inquilini che hanno coinvolto migliaia di assegnatari”

La manifestazione di domani dunque è solo la continuazione delle assemblee che si sono svolte in questo periodo nei quartieri popolari di Roma come Primavalle, Spinaceto, Monteverde, Villaggio Breda, Tiburtino terzo…
“Le lotte e le mobilitazioni che si sono svolte a Roma e in tutta Italia promosse dall’Unione Inquilini – continua Pasquini – finora hanno rallentato l’iter di firma da parte del Ministro Lupi che in una intervista al Corriere della Sera del 2 novembre affermava che il giorno dopo lo avrebbe firmato,proprio a seguito dell’intesa avvenuta in conferenza unificata. Quel decreto – aggiunge – proprio grazie alle lotte e alle mobilitazioni vaste e popolari promosse dall’Unione Inquilini, è stato per il momento stoppato anzi sullo stesso a detta del Ministero delle infrastrutture si è riaperta la discussione. Manifesteremo domani sotto la sede della Regione Lazio per chiedere la stessa cosa che ha fatto già la Regione Campania che con una mozione del Consiglio regionale ha impegnato il Presidente della Regione Campania a chiedere al Governo la modifica del decreto e la soppressione della previsione della vendita all’asta. Ci attendiamo da Zingaretti e da tutta la Giunta regionale che domani ci comunichino la stessa decisione – conclude Pasquini – Intanto da tanti quartieri di Roma si stanno organizzando pullman, auto, e tanti altri modi per far si che centinaia e centinaia di assegnatari partecipino alla manifestazione.“

La Federazione di Roma del PRC aderisce alla manifestazione convocata per domani, venerdì 21 novembre, davanti alla Regione Lazio, contro la vendita delle case popolari – dichiara Claudio Ursella, segretario della Federazione di Roma del Partito della Rifondazione Comunista-. Gli iscritti e i militanti del Partito in questi giorni hanno organizzato assemblee e volantinaggi in tanti quartieri della periferia romana per informare gli inquilini dell’ATER del provvedimento del ministro Lupi che mira a mettere all’asta le loro case. Abbiamo costruito questa mobilitazione insieme agli inquilini e saremo domani in piazza con loro per ribadire, ancora una volta, che la casa è un diritto di tutti e non una merce.”

“E’ indispensabile che su una questione così delicata per il Lazio, come quella dell’emergenza abitativa – dichiarano Gino De Paolis, capogruppo Sel Regione Lazio e Giancarlo Torricelli, coordinatore Sel Lazio – vi sia una chiara presa di posizione e anche una assunzione di responsabilità da parte di tutti, per dare risposte concrete a chi vive questo disagio ogni giorno. Domani la manifestazione prevista alla Regione Lazio dell’Unione Inquilini sarà un esempio di una situazione che rischia di divenire assai critica.”
http://www.controlacrisi.org/notizia/Welfare/2014/11/20/43064-vendita-allasta-case-popolari-la-lotta-continua-venerdi-21/

USA: Nsa senza limiti

L’unica modestissima proposta di “riforma” dei programmi di sorveglianza condotti dall’Agenzia per la Sicurezza Nazionale americana (NSA) in discussione negli Stati Uniti è morta questa settimana al Congresso di Washington dopo che il Senato ha impedito l’approdo in aula per il voto al cosiddetto USA Freedom Act. Il provvedimento era stato unanimemente definito “di ampia portata” dalla stampa d’oltreoceano e ai suoi sostenitori sono mancati appena due voti per raggiungere i 60 necessari al superamento di un ostacolo procedurale detto “filibuster”.

A votare a favore dello USA Freedom Act sono stati quasi tutti i democratici con l’aggiunta di quattro repubblicani, tra cui uno dei possibili candidati alla presidenza nel 2016, il senatore del Texas Ted Cruz. Le maggiori recriminazioni si sono concentrate su due senatori che sembravano dover sostenere la legge, il democratico della Florida Bill Nelson – unico del suo partito a votare contro – e il repubblicano del Kentucky Rand Paul, stella del movimento libertario che ha correttamente giudicato l’iniziativa non abbastanza incisiva per porre un freno alle intercettazioni della NSA.

La legge appena bocciata intendeva portare fondamentalmente tre modifiche alle modalità con cui la NSA ha facoltà di raccogliere i “metadati” telefonici degli americani. In primo luogo, le informazioni non avrebbero dovuto più essere custodite direttamente dalla NSA ma sarebbero state conservate dalle compagnie telefoniche per un periodo non diverso da quello attuale, generalmente 18 mesi. La stessa agenzia, inoltre, per analizzare i metadati avrebbe dovuto presentare specifiche richieste per ogni singola intercettazione al cosiddetto Tribunale per la Sorveglianza dell’Intelligence Straniera (FISC), il quale peraltro ha finora sempre approvato le istanze del governo salvo in casi più unici che rari.

La legge prevedeva poi la creazione di una sorta di avvocato difensore dei destinatari dei provvedimenti di intercettazione nel corso delle udienze del FISC, ma non la presenza di questi ultimi. Attualmente, le udienze avvengono in totale segretezza e l’unica parte rappresentata è quella del governo.

Infine, le sentenze del FISC avrebbero dovuto essere rese pubbliche almeno in parte. Quest’ultima prescrizione era comunque di fatto vanificata da un’eccezione prevista nel caso la pubblicazione delle sentenze fosse stata giudicata rischiosa per la sicurezza nazionale.

La portata limitata della “riforma” presentata dal senatore democratico del Vermont e presidente della commissione Giustizia, Patrick Leahy, era dunque evidente. Non solo la NSA avrebbe continuato ad avere accesso ai dati telefonici degli americani, sia pure passando da un tribunale che rappresenta una parodia della giustizia, ma nulla sarebbe cambiato in merito allo stesso programma di sorveglianza relativo agli utenti stranieri o alle numerose altre operazioni illegali che vengono condotte negli USA e nel resto del mondo, a cominciare dal controllo del traffico sul web.

Oltretutto, anche con l’approvazione dello USA Freedom Act, la NSA avrebbe potuto continuare ad ascoltare liberamente le tefonate degli americani senza il permesso del FISC nel caso questi ultimi avessero comunicato con cittadini di altri paesi presi di mira dalle intercettazioni. Il senatore Leahy ha comunque criticato aspramente i repubblicani per avere affossato il provvedimento, accusandoli di avere agitato lo spettro di possibili attacchi terroristici se fosse stata implementata una qualsiasi limitazione delle facoltà della NSA.

Con un misto di ignoranza e disonestà, un altro presunto candidato alla Casa Bianca per i repubblicani – il senatore della Florida Marco Rubio – ha collegato la legge al rischio di attentati in territorio americano da parte di membri dello Stato Islamico (ISIS). “Dio non voglia che domani ci dovessimo svegliare con la notizia che un membro dell’ISIS si trova negli Stati Uniti”, ha avvertito Rubio, aggiungendo che, “se la NSA non potrà intercettare le telefonate”, i piani terroristici di qualche fantomatico jihadista potrebbero essere portati a termine senza ostacoli.

Se ciò dovesse avverarsi, ha sostenuto poi il senatore cubano-americano, “la prima domanda da fare sarebbe: perché non ne eravamo al corrente ?”. Pur riferendosi implicitamente agli attacchi dell’11 settembre 2001, quando la NSA, per quanto è dato sapere, non aveva i poteri di sorveglianza attuali, Rubio, legato mani e piedi ai mafiosi della FNCA di Miami, ha ovviamente evitato di spiegare come il World Trade Center e il Pentagono abbiano potuto essere colpiti quando l’amministrazione Bush aveva a disposizione informazioni di intelligence che mettevano in guardia da attacchi terroristici con aerei dirottati.

La minaccia dell’ISIS da cui hanno messo in guardia i senatori repubblicani era stata citata alla vigilia del voto anche da due ex membri dell’amministrazione Bush, l’ex ministro della Giustizia Michael Mukasey e l’ex direttore della CIA Michael Hayden, i quali erano intervenuti firmando un articolo sul Wall Street Journal dal titolo: “La riforma della NSA che solo l’ISIS potrebbe apprezzare”.

Il riferimento all’ISIS ha così trovato spazio sui media americani anche se appare semplicemente assurdo, se non altro perché lo USA Freedom Act, come già ricordato, non avrebbe intaccato la possibilità della NSA di condurre le proprie operazioni all’estero.

Lo stop alla legge è stato definito uno schiaffo al presidente Obama, il quale ne aveva raccomandato l’approvazione nonostante l’ostinata difesa da parte della sua amministrazione dei programmi illegali di sorveglianza rivelati da Edward Snowden.

Oltre al Presidente, anche le principali compagnie di telecomunicazioni avevano sostenuto il provvedimento, aggiungendo perciò ulteriori dubbi all’efficacia di quest’ultimo. In realtà, la “riforma” della NSA sarebbe servita alla Casa Bianca e ai democratici come schermo per consentire la sostanziale prosecuzione dei programmi illegali, pur dando l’apparenza del cambiamento.

Anche per questa ragione il Partito Democratico si era compattato sulla legge in discussione, con i “falchi” della sicurezza nazionale – come la presidente della commissione del Senato per i Servizi Segreti, Dianne Feinstein – e quelli “liberal”, oppositori nominali della NSA, che hanno votato a favore del provvedimento malgrado le perplessità per il fatto che, rispettivamente, fosse considerata troppo severa o troppo poco incisiva.

I senatori “liberal”, poi, hanno garantito il loro voto favorevole anche se la legge era stata sensibilmente indebolita rispetto al progetto iniziale, spiegando che essa avrebbe potuto rappresentare il primo passo verso una riforma complessiva, quanto irrealizzabile, dei programmi della NSA per ristabilire i principi costituzionali negli Stati Uniti.

Qualsiasi “riforma” è destinata invece a rimanere lontano dall’aula nel prossimo futuro, visto che da gennaio il Senato, come già la Camera dei Rappresentanti, sarà a maggioranza repubblicana. La discussione al Congresso sull’argomento NSA riemergerà però nei prossimi mesi, visto che l’autorizzazione alla raccolta delle informazioni telefoniche a tappeto – basata sul dettato del famigerato Patriot Act – scade nel mese di giugno e, per proseguire, dovrà essere prorogata con un voto del Congresso.

Anche se potrebbe esserci qualche scaramuccia tra i repubblicani di tendenze libertarie, che vedono con estremo sospetto l’espansione di qualsiasi prerogativa del governo, e quelli “mainstream”, il rinnovo dell’autorizzazione dei programmi illegali della NSA non dovrebbe incontrare particolari ostacoli.

A oltre un anno dalle prime esplosive rivelazioni di Snowden, che hanno mostrato la rapida edificazione delle fondamenta di uno stato di polizia negli Stati Uniti, la classe dirigente americana non è stata dunque in grado di assicurare nemmeno una minima riduzione dei poteri assegnati a un apparato della sicurezza nazionale totalmente fuori controllo.

Dell’impegno per la difesa dei più fondamentali diritti costituzionali non vi è d’altra parte più traccia da tempo a Washington, dove i rappresentanti di una ristretta oligarchia difendono strenuamente politiche anti-democratiche rivolte contro i propri nemici: non il terrorismo internazionale bensì la grande maggioranza della popolazione americana.
GIOVEDÌ 20 NOVEMBRE 2014

di Michele Paris
http://www.altrenotizie.org/esteri/6266-usa-nsa-senza-limiti.html

A S. Didero secondo appuntamento con Le Alvà della Clarea, 21 novembre 2014

Parola di Alfred Hitchcock, evocato dall’ avv. Colletta martedì 11 novembre in aula bunker al maxi processo.
“Non cedete alla scorciatoia di ritenere giustificabile qualsiasi azione delle forze dell’ordine in ragione della concitazione del momento perché è pericolosissimo, e così giustificate violenze che sono ingiustificabili” parole dell’avv. Patrito martedì 18 novembre in aula bunker al processo ad alta velocità.
“Difficile comprendere l’attaccamento a ciò che si difende se non lo si vive dal di dentro”, testimonia l’avv. Bertone il 4 novembre in aula bunker.

Impossibile iniziare a scrivere senza pensare a loro e ringraziare loro in prima fila a nome di tutti, i 4 ragazzi da un anno in carcere per la morte di un compressore, i 53 imputati del maxiprocesso Notav e gli avvocati del Legal Team che si stanno battendo come leoni.
Difficile far capire a chi non ha vissuto la repressione e la militarizzazione della Val di Susa perché ci tremano le gambe, dopo le dichiarazioni del pm alla sentenza Eternit dell’altro ieri: «Anche se oggi qui si viene a chiedere giustizia, un giudice tra diritto e giustizia deve scegliere il diritto».

Trovate anche i video con gli interventi di Lele, Cris, Nina e Marianna e quello del’avv. Pastore. Nei prossimi giorni monteremo il video completo.

CONTINUANO LE PERSECUZIONI CONTRO CHI DIFENDE LA TERRA. CHIARA, NICCOLO’, MATTIA, CLAUDIO, LUCIO, FRANCESCO, GRAZIANO LIBERI SUBITO!

volantino distribuito al corteo notav da piazza castello

Il 9 dicembre scorso Chiara Mattia Nicco e Claudio vengono arrestati con l’accusa di terrorismo per il sabotaggio compiuto il 13 maggio 2013 al cantiere di Chiomonte a danno di macchinari, volto a rallentare,bloccare nonché a distruggere quei mezzi che ogni giorno devastano la valle.

Essi rivendicano l’azione compiuta, rigettando completamente l’accusa di terrorismo e l’intenzione di colpire persone, sostenendo la liberazione del territorio dalla militarizzazione e da quel sistema che distrugge territori e vite umane.

Subito dopo gli arresti in italia e non solo la solidarietà si è concretizzata in varie forme.

La magistratura sta cercando di colpire non solo il singolo individuo ma tutto il movimento con intimidazioni, denunce e accuse stravaganti fuori da ogni immaginario. Con questa manovra iniziata con gli arresti del 26 gennaio 2012, con un operazione in tutta italia,vorrebbero indebolire e spezzare un movimento che è sempre stato eterogeneo, dividendolo tra buoni e cattivi.

 La mattina dell’11 luglio vengono arrestati Graziano,Francesco e Lucio, tre compagni di Milano anch’essi accusati del sabotaggio del cantiere: questa volta i  Pm Padalino e Rinaudo non riesco ad avvalorare la loro tesi di terrorismo imputandogli danneggiamento, incendio, violenza a pubblico ufficiale, trasporto di ordigni esplosivi o da guerra ecc.

Da quel giorno essi si trovano ancora rinchiusi in carcere in regime di isolamento, Graziano si trova a Vigevano, Francesco a Cremona e Lucio a Busto Arsizio.

Ancora non si sa quando inizierà il processo per i 3 ma saremo uniti per cercare di difenderli e sostenerli portando avanti la lotta con i mezzi e le parole che ognuno di noi sente propri.

 Il 14 novembre i pm hanno avanzato la loro richiesta di condanna per i 4, chiedendo 9 anni e 6 mesi di reclusione e il 17 dicembre arriverà la sentenza.

A gennaio invece si arriverà alla prima sentenza dei 54 no tav per la difesa della libera repubblica della maddalena (27 giugno) e l’assedio del nascente cantiere (3 luglio): anche per essi sono state richieste condanne pesanti che vanno dai 2 anni ai 6 anni e 8 mesi di carcere, oltre a sproporzionati risarcimenti economici di 1 milioni e 800 mila euro presentando false perizie mediche.

Sappiamo molto bene che con queste condanne vogliono spaventare e cercare un capro espiatorio e dare una punizione esemplare a chi ostacola con determinazione il mortifero progetto dell’alta velocità.

 Quei giorni sarà molto importante esserci e far sentire la nostra voce ed il nostro dissenso contro queste sentenze, per chiedere la libertà dei nostri compagni.

 CON TUTTE QUELLE PERSONE CHE OGNI GIORNO LOTTANO PER SPEZZARE QUESTE CATENE E CONTRO LA DEVASTAZIONE DEI TERRITORI.

 FUOCO ALLE GALERE

  Torino squatter

93759

 —

ascolta “il giornale malandrino

Si parlerà di Anarchia, Autogestione, Repressione, Tav ecc…

in onda tutti i venerdì dell’anno – o quasi –
(dalle ore 17:00 alle 18:30)
sui 105:250 fm di Radio Blackout Torino
ed in diretta in span>streaming

il giornale malandrino (gruppo facebook)

Radio blackout – il giornale malandrino (pagina facebook)

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No Tav, in mille nel centro di Torino. Attacco alla sentenza Eternit

http://torino.repubblica.it/cronaca/2014/11/22/news/no_tav_in_mille_nel_centro_di_torino_contro_la_torino-lione-101189248/

Nuova manifestazione per chiedere la liberazione dei quattro attivisti in carcere. Problemi alla circolazione. Corteo pure in Valsusa
No Tav, in mille nel centro di Torino. Attacco alla sentenza Eternit
La manifestazione No Tav 

“Siamo tutti colpevoli di resistere, libertà per i No Tav”: è lo striscione che ha aperto il corteo No Tav, partito oggi pomeriggio dal centro di Torino  e conclusosi a Borgo Dora, nella zona di Porta Palazzo. Circa mille i partecipanti.  La protesta era per denunciare le “bugie del governo” sui costi dell’opera. E per chiedere la liberazione dei quattro attivisti in carcere per terrorismo per l’assalto di un anno e mezzo fa al cantiere di Chiomonte..Ma i manifestanti hanno anche attaccato la sentenza Eternit: “Contro di noi si chiede il carcere, la prescrizione  per chi ha fatto morire 3.500 persone” 
“I ragazzi hanno detto che quella notte al cantiere c’erano e la valle ha risposto che c’eravamo tutti”, ha detto Alberto Perino, storico leader No Tav, alla partenza del corteo. “Se vogliono condannare loro – ha aggiunto – devono condannare anche noi. Se loro fanno del terrorismo anche noi lo facciamo, da 25 anni. Adesso ripetiamolo e manifestiamolo anche a Torino”. Il coreto si  è concluso con l’incendio di un finto compressore
Realizzato con del cartone, sul finto compressore bruciato c’erano i nomi di alcuni imprenditori  valsusini che lavorano per la Tav.
Un’analoga manifestazione si è svolta in Valle di Susa, in contemporanea a quella di Torino. Alcuni attivisti, un centinaio in tutto, del movimento che si oppone alla realizzazione della Torino-Lione sono stati bloccati dalle forze dell’ordine a Giaglione, sul sentiero che porta al cantiere dell’Alta Velocità. Tra loro anche il senatore del Movimento 5 Stelle Marco Scibona, valsusino, l’unico autorizzato a oltrepassare il blocco.

Corteo No Tav a Torino, sabato 22 novembre

post — 17 novembre 2014 at 11:31

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25 anni di bugie sul TAV, ecco il dato che emerge chiaramente e che il Movimento No Tav denuncia da sempre.

Nessun costo attendibile, finanziamenti europei sempre più in forse, l’assenza di un progetto esecutivo e di una seria analisi costi/benefici ma, soprattutto, l’inutilità di quest’opera miliardaria, come confermato nero su bianco da esperti e tecnici di tutta Europa. Che succede ora?

Ministri, politici interessati solamente a mantenere la poltrona e vari incaricati del progetto ripetono la litania “tutto regolare, la Tav si farà” e nel frattempo la mafia ringrazia e le tasche dei soliti noti si riempono.

Tutti quei miliardi che vogliono spendere per il TAV potrebbero servire a sistemare le scuole che cadono a pezzi, a mettere in sicurezza i territori, a sostenere chi rimane privo di reddito e della casa e chi, pur facendo di tutto, non arriva a fine mese.

I No Tav queste cose le hanno sempre dette e da sempre lottano per bloccare quest’opera inutile e devastante.

La procura di Torino con i processi ai No Tav sta cercando di fermare il movimento, creando un precedente con l’accusa di terrorismo, affinché tutte le lotte sociali vengano indagate come ipotesi criminali.

Il 14 novembre è stata formulata la richiesta di 9 anni e 6 mesi di reclusione per i NOTAV Chiara, Claudio, Mattia, Niccolo’, in carcere dal 9 dicembre scorso con l’accusa di terrorismo, per un atto di sabotaggio, incendiando un compressore, anche se la Cassazione ha già escluso si possa parlare di terrorismo. A dicembre sarà emessa la sentenza. Altri tre compagni sono in carcere per lo stesso episodio, in attesa di giudizio.

A gennaio, invece, verrà emessa la sentenza del Maxiprocesso ai 53 No Tav per i fatti del 27 giugno e 3 luglio 2011, date storiche della lotta No Tav, in cui sono state richieste condanne per un totale di quasi 200 anni di reclusione e più di due milioni di euro per danni a persone, cose e “all’immagine dello Stato italiano”!

QUEI GIORNI E QUELLE NOTTI C’ERAVAMO TUTTI!

LIBERTÀ PER TUTTI I NO TAV!

SABATO 22 NOVEMBRE

ORE 15.00 PIAZZA CASTELLO, TORINO

                              CORTEO NO TAV!

Susa, scarcerato l’imprenditore che ha lavorato per la Tav

http://torino.repubblica.it/cronaca/2014/11/22/news/susa_scarcerato_l_imprenditore_che_ha_lavorato_per_la_tav-101173745/

E’ di nuovo libero Ferdinando Lazzaro, accusato di turbativa d’asta. Aveva denunciato attentati contro la La sua azienda, poi fallita

di FABIO TANZILLI

 

22 novembre 2014

 Susa, scarcerato l'imprenditore che ha lavorato per la Tav
Ferdinando Lazzaro 

L’imprenditore di Susa Ferdinando Lazzaro torna ad essere un uomo libero. Da questa mattina ha ottenuto la revoca degli arresti domiciliari, a seguito dell’interrogatorio di garanzia di fronte al Gip e ad un secondo interrogatorio avvenuto con il pubblico ministero Paolo Toso. L’incontro con il pm era stato richiesto dall’avvocato dell’imprenditore, Francesco Torre. E’ stata la procura stessa a dare parere favorevole per la revoca dei domiciliari, prima ancora di attendere la sentenza del Tribunale della Libertà, dopo aver valutato le motivazioni della difesa di Lazzaro: “Siamo soddisfatti, perché abbiamo ribadito di fronte al gip e al pm l’estraneità alla vicenda del mio assistito – sostiene l’avvocato Torre – martedì prossimo avremo comunque l’udienza di fronte al Tribunale della Libertà, per il riesame del caso. Per noi è importante, perché ci consente di fornire ai giudici più elementi sul caso”. Continua a pendere su Lazzaro l’accusa di turbativa d’asta, nonché l’obbligo di dimora nel territorio di Susa. Il reato che gli viene contestato è di turbata libertà degli incanti e dell’asta pubblica per l’aggiudicazione dell’affitto – con obbligo di acquisto – del ramo d’azienda della società Italcoge, amministrata in passato dallo stesso Lazzaro e poi fallita. L’incanto era stato bandito, per conto del tribunale di Torino, dal curatore fallimentare, ed  era stata presentata un’unica offerta dalla società Italcostruzioni, che è risultata riconducibile a Lazzaro. Per essere ammessa alla gara pubblica, la Italcostruzioni avrebbe fornito al curatore fallimentare una fideiussione falsa, a garanzia dei futuri pagamenti. Con questa accusa Lazzaro  era stato arrestato il 13 novembre: l’imprenditore segusino negli ultimi anni aveva denunciato attentati contro la sua ditta, perché interessata ai lavori della Tav.