Tav e grandi opere: non è solo un problema di costi

http://www.lavoce.info/archives/31488/tav-grandi-opere-non-problema-costi/

 Paolo Beria, Raffaele Grimaldi e Francesco Ramella

Le grandi opere non solo costano tanto, ma sono spesso inutili. Per giustificarle ci si affida a previsioni di aumento del traffico poco realistiche. Sono necessarie analisi costi-benefici terze, indipendenti e interamente riproducibili.

ULTIME POLEMICHE IN ORDINE DI TEMPO

Dopo le ultime polemiche a proposito dei costi di realizzazione del tunnel di base del Fréjus (parte della nuova linea Torino-Lione, impropriamente definita “Tav”), il presidente del Consiglio ha convocato una riunione per fare il punto della situazione. Una verifica puntuale della spesa prevista è senza dubbio necessaria, tuttavia il problema specifico sembra essere essenzialmente di natura contabile e formale. Non meno urgente è invece una due diligence relativa alla previsioni di traffico. Perché un investimento aumenti il benessere collettivo non è sufficiente rispettare il budget di spesa. Proprio come un nuovo stabilimento che venisse utilizzato al 10 per cento della sua potenzialità, anche scavare efficientemente un buco nella montagna sarebbe un enorme spreco di risorse se ci fosse il fondato rischio di ritrovarlo vuoto. In precedenti articoli su lavoce.info sono raccolti numerosi contributi sul tema, ci limitiamo qui a ricordare quelli che riteniamo essere i problemi più rilevanti.

PREVISIONI ARDITE (E SMENTITE)

Per la nuova linea ferroviaria Torino-Lione le stime di traffico più recenti sono quelle contenute nell’analisi costi-benefici redatta nel 2012. Vi si ipotizza che i flussi di merce che attraversano il versante occidentale delle Alpi su gomma raddoppino tra il 2000 e il 2030 e quadruplichino entro metà secolo. Le previsioni di crescita del numero di veicoli pesanti appaiono incoerenti con la reale evoluzione dei traffici negli ultimi vent’anni. Come evidenziato in figura 1, il traffico pesante attraverso i trafori stradali del Fréjus e del Monte Bianco ha raggiunto un massimo di circa 1,4 milioni di veicoli nel 1994, si è quindi stabilizzato e negli ultimi anni si è ridotto di circa il 20 per cento sia a causa della recessione sia per la diversione di una parte dei flussi su altri itinerari causata da un rilevante aumento dei pedaggi. Le proiezioni derivano dall’applicazione a quella specifica direttrice dei tassi di crescita medi dei flussi di merce registrati degli scorsi decenni lungo l’intero arco alpino. Ma così facendo: a) si ignorano le sostanziali differenze che caratterizzano le varie direttrici (figura 2) e b) non si considera che le tendenze manifestatesi nel corso degli anni Ottanta e Novanta sono in parte riconducibili a condizioni “eccezionali”, come il completamento del mercato unico e la realizzazione su scala continentale di una capillare rete autostradale con radicale abbattimento dei tempi di trasporto, che non potranno evidentemente riproporsi nei decenni a venire. Sembra dunque ripetersi l’”errore” già compiuto negli studi redatti nei primi anni Duemila dalla commissione intergovernativa franco-italiana che stimavano per il 2015 un numero di veicoli medio giornaliero pari a 6.600, cioè esattamente il doppio rispetto a quelli registrati lo scorso anno. Ancor prima, sono state smentite le previsioni del traffico ferroviario sulla linea storica contenute nei primi studi di fattibilità a inizio anni Novanta: l’infrastruttura esistente avrebbe dovuto raggiungere la saturazione nel lontano 1997 (figura 3); nella realtà il numero di treni sulla tratta transfrontaliera della linea non ha mai superato la metà della capacità della infrastruttura (e oggi si attesta intorno al 25 per cento). Ma se è incerto il traffico totale, ancora più incerta è la quota effettivamente spostabile sulla nuova ferrovia, che potrebbe essere ben inferiore a quanto previsto. In termini più generali, se si conferma la decisione di procedere con l’opera nonostante il radicale cambiamento delle condizioni complessive, si rendono necessarie analisi ben più approfondite di una semplice estrapolazione di un trend storico E l’analisi deve, necessariamente, essere fatta considerando tutte le alternative di percorso esistenti (Gottardo in primo luogo). Tutti i progetti di tunnel ferroviari in corso, infatti, contengono previsioni sostanziose di crescita del traffico: prese nel loro complesso, queste rimandano il quadro di un’esplosione del traffico che invece non sembra affatto all’orizzonte.

TAV MA NON SOLO TAV

Purtroppo, la Tav, con le sue previsioni di traffico, non è l’unica grande opera che dovrebbe destare l’attenzione del Governo.
Recentemente alcuni parlamentari dell’opposizione hanno ottenuto la pubblicazione delle analisi costi benefici del 2004 e del 2007 relative al trasportisticamente ben più solido progetto di tunnel del Brennero. Anche in questo caso, la documentazione ufficiale presenta problemi, sia di trasparenza che di merito. In particolare, vi sono aspetti della valutazione che andrebbero più attentamente riconsiderati, quali ad esempio le previsioni di domanda (ottimisticamente pre-crisi), la capacità residua della linea storica e addirittura la metodologia utilizzata.
Rilevanti problemi metodologici sembrano inficiare anche i risultati dell’analisi relativa alla nuova linea Napoli-Bari. Per un’altra grande opera, il “terzo valico” tra Milano e Genova, non è stata resa pubblica alcuna valutazione. Un esercizio indipendente condotto sulla base dei pochi dati disponibili ha dato risultati fortemente negativi. Nebbia fitta avvolge anche i dati relativi al progetto di linea alta velocità tra Milano e Venezia.
Il più grave degli errori contenuti nelle analisi costi benefici – quasi tutte quelle che chi scrive ha avuto modo di vedere – riguarda la modalità con cui viene calcolato il beneficio del traffico che cambia modo. La teoria dice chiaramente che, in assenza di un modello multimodale di trasporto, va calcolato con la cosiddetta “regola del mezzo”.
Non vi è spazio qui per spiegarne la ratio (per approfondire si vedano i documenti seguenti: Open issues in the practice of cost benefit analysis of transport projectsXVI Riunione scientifica SIET), ma ignorarla genera risultati assurdi: se davvero i benefici per gli utenti che cambieranno modo fossero dell’entità calcolata dai promotori, sarebbe possibile estrarne una parte tramite le tariffe per finanziare una quota degli investimenti (cosa che viene invece ritenuta impossibile anche dagli stessi promotori).

I POSSIBILI RIMEDI

Nell’immeditato appare dunque (ri)emergere la necessità di analisi costi-benefici terze, indipendenti e interamente riproducibili da chiunque sia interessato a confermarle oppure a confutarle e alla luce delle quali produrre valutazioni aggiornate, quantomeno per i progetti più rilevanti. L’affidamento di tali analisi ovviamente dovrebbe avvenire per gara internazionale. Questo non solo per i progetti nuovi, ma anche per quelli già dati per decisi nel recente e ottimistico passato. Il controllo della spesa pubblica, necessario in tutti i settori, non può oggi non chiedere un “sacrificio” alle grandi opere, meno utili o più incerte, quando la stessa Rfi ha già esplicitato quali sono le sue priorità, concentrate su ben più efficaci ed efficienti interventi sulla rete esistente. Infine occorre sottolineare con grande forza che per tutti questi costosissimi progetti mancano del tutto le molto più semplici analisi finanziaire, come se il problema del rapporto tra costi e ricavi per le casse pubbliche fosse assolutamente irrilevante.

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Figura 1

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Figura 2

Fonte: Alpinfo

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Figura 3

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Resoconto udienza 19 novembre:” Il 3 luglio fu un’operazione militare, di guerra” – “contro i manifestanti violenze ingiustificabili”

18 novembre, aula bunker, si passa al 3 luglio. 

Avv. Cristina Patrito per Mario Nucera “quando i testimoni sono venuti a dirvi che non hanno visto lanciare i lacrimogeni con modi poco ortodossi hanno preso in giro NOI ma hanno preso in giro anche VOI.” “Il 3 luglio era un’operazione MILITARE, di GUERRA” (anche la Cassazione definisce i lacrimogeni ARMI DA GUERRA). “Non cedete alla scorciatoia di ritenere giustificabile qualsiasi azione delle forze dell’ordine in ragione della concitazione del momento perché è pericolosissimo, e così giustificate violenze che sono ingiustificabili”
Avv. D’Amico: “L’attività della procura ha assunto più le caratteristiche di un’attività IDEOLOGICA che quelle di un’attività PENALE.“, più o meno quanto afferma l’avv. Romani: “Se l’unico strumento che possediamo è un martello tutta la realtà ci apparirà un chiodo”.
Avv. Aliberta, su una delle tante contusioni: “contusione al piede destro… la dotazione è quella degli anfibi, spessore 4 mm di cuoio, è impossibile procurarsi una lesione da sasso, al massimo sarà il PESTONE DI UN COLLEGA.”
Avv. Rasulo, sul ” lamentato danno di immagine del SAP”, “sono consapevole di cadere nella polemica sterile, mi chiedo quale sia l’immagine che il Sindacato vuole dare di sé, laddove il proprio Segretario, non meno di dieci giorni fa, commentando con una nota l’assoluzione nel processo d’appello di agenti e medici imputati per la morte di Stefano Cucchi, pubblica una nota online – viviamo in un mondo online: “Se uno ha disprezzo per la propria condizione di salute, se uno conduce una vita dissoluta, ne paga le conseguenze”; oppure, ancora, quando sempre lo stesso Segretario che quando vuole sa essere loquace, ha prima rivendicato gli applausi agli agenti accusati di aver ucciso Federico Aldrovandi”.

Un’udienza davvero interessante…. da leggere, diffondere!

Simonetta

“IN PARLAMENTO ED IN CONSIGLIO REGIONALE SONO DEPOSITATE DA MESI PROPOSTE PER COMMISSIONE D’INCHIESTA”

Apprendiamo con soddisfazione come anche una parte dei sindaci della Valle di Susa manifesti l’esigenza di avviare una commissione parlamentare d’inchiesta sui costi del Tav. Il 21 ottobre è stato illustrato all’ottava Commissione Lavori Pubblici del Senato il Ddl n. 1189 del Sen. Marco Scibona (M5S) – Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul progetto e la realizzazione dell’opera denominata “Linea ferroviaria ad alta velocità Torino-Lione (TAV)”, proprio finalizzato a questo obiettivo.

In Consiglio regionale il consigliere Francesca Frediani ha depositato una mozione con l’obiettivo che la Giunta regionale sensibilizzi i due rami del Parlamento affinché venga avviato tale strumento di controllo.

Siamo certi che una simile sinergia tra tutti i livelli istituzionali, come già da noi auspicato nel corso di una riunione tra amministratori e comitati svoltasi a Condove lo scorso ottobre, quando abbiamo presentato a Plano e ad alcuni altri amministratori la richiesta di Scibona per l’istituzione della commissione di inchiesta, non potrà che portare a risultati positivi, consentendo finalmente di avere la massima trasparenza su tutte le attività connesse alla realizzazione del TAV.

Auspichiamo che il premier Renzi accolga l’invito dei sindaci e si possa ritornare a discutere sull’utilità dell’opera, anche alla luce dell’aumento dei costi e degli ultimi avvenimenti disastrosi che hanno riportato in cima alle priorità ben altre opere utili al territorio.
E’ infatti ormai evidente che qualsiasi decisione sulla prosecuzione dei lavori non potrà prescindere da un ricalcolo dell’analisi costi-benefici, che, ne siamo certi, contribuirà a scrivere definitivamente la parola fine su questo folle progetto.

+Marco Scibona​, Senatore M5S
+Francesca Frediani, Consigliere regionale M5S Piemonte

LA RUSSIE NE LAISSERA PAS KIEV EXTERMINER SES ADVERSAIRES POLITIQUES DANS LE SUD-EST DE L’UKRAINE (V.V. POUTINE)

Novorossiya Info / 2014 11 17/

Avec ARD – RIA Novosti – PCN-SPO/

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« La Russie ne laissera pas Kiev exterminer ses adversaires politiques dans le sud-est de l’Ukraine », a promis le président russe Vladimir Poutine dans une interview accordée à la chaîne de télévision allemande ARD ce jeudi 13 novembre.

 Il a noté que les autorités ukrainiennes refusaient le dialogue avec les Républiques du Sud-est, ce qui conduit la situation dans l’impasse. La veille le président d’Ukraine Piotr Porochenko a déclaré que le pays « était prêt à une guerre d’envergure ». Mais les nouvelles autorités (Ndlr : la Junte qui a pris le pouvoir par le putsch armé du 21 février) ont mis le cap sur le nationalisme ultra. Les choses sont allées au point où avec la complaisance des autorités les militaires portent l’uniforme aux insignes SS et à la croix gammée et se comportent de la façon appropriée.

 Dans son interview aux journalistes allemands le président russe a expliqué le fond du problème :

 « Un coup d’Etat s’est produit à Kiev. Une bonne partie de la population l’a soutenu. Mais une autre, dans le Sud-est, ne l’a pas appuyé, en disant : « Nous ne vous reconnaissons pas ». Et au lieu de commencer le dialogue pour expliquer aux citoyens que les autorités centrales à Kiev n’envisageaient rien de mauvais, mais au contraire allaient proposer diverses variantes de coexistence, de développement de l’Etat commun, étaient prêtes à octroyer des droits, au lieu de cela elles ont commencé à les arrêter la nuit. Après ces arrestations les gens dans le Sud-est ont pris les armes. Et au lieu de s’arrêter là (les autorités doivent faire preuve de plus de sagesse) et entamer un dialogue, elles ont envoyé l’armée, l’aviation, les blindés, les systèmes de lance-roquettes multiples. Et tout s’est retrouvé dans l’impasse. »

 Comme l’a déclaré le président du pays Piotr Porochenko, la direction ukrainienne examinait divers scénarios de l’évolution du conflit dans le Donbass et s’est même préparée à celui d’une « guerre totale ». Porochenko dit aussi que l’état actuel de préparation de l’armée ukrainienne est visiblement meilleur qu’il y a 5 mois. C’est-à-dire qu’il ne cache pas à quoi avait servi le cessez-le-feu, conclu le 5 septembre à Minsk. Kiev renonce également à d’autres ententes de Minsk. Ainsi a été retirée la décision du parlement d’octroyer au Donbass le statut d’un territoire spécial. Kiev n’est nullement gêné par le fait que l’accord avait été conclu sur concertation avec l’OSCE et avec l’approbation de l’ONU et annulée sans prise en compte de l’opinion internationale. D’ailleurs « les organisations internationales et les pays d’Occident ne commentent d’aucune façon une telle tournure », a remarqué le président de Russie Vladimir Poutine.

 « Des combats se déroulent actuellement dans l’est de l’Ukraine. Les autorités centrales y ont envoyé des troupes et utilisent des missiles balistiques. Est-ce que quelqu’un en parle? Personne n’en dit un mot. Cela veut dire que vous voulez que les autorités ukrainiennes exterminent tous leurs adversaires et opposants politiques là-bas? Est-ce que c’est ça que vous voulez? Quant à nous, nous ne le voulons pas, et nous ne le laisserons pas faire ! »

 NOVOROSSYA INFO CENTER

 Photo : Affiche de recrutement du « bataillon Azov », des nazis financés par le parrain mafieux Kolomojskij. Le texte appelle au génocide des russophones : « La où nous sommes, il n’y a pas de place pour les autres » . En haut, à gauche, l’insigne du « bataillon » , avec la rune de la division SS Das Reich (Oradour) et, à droite, la « Tottenkopf » des SS. Sur le blason pectoral du guerrier ukrainien (fantasmé) une croix gammée stylisée …

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L’ULTIMA TROVATA DEGLI EURO-LIBERISTI: Equip (European Quantitative-easing Intermediated Program)

16 novembre.
Che la moneta unica sia “insostenibile” lo ammettono oramai la maggior parte degli economisti e degli analisti. Tutte le misure (e gli annunci) sin qui adottati dalla Bce si sono rivelati pannicelli caldi. D’altra parte le terapie austeritarie imposte ai paesi con alto debito pubblico non hanno solo affossato i paesi in questione ma hanno spinto l’intera eurozona in una allarmante situazione segnata da stagnazione e deflazione.
 
In questo contesto crescono le pressioni sulla Bce affinché adotti finalmente una politica monetaria più “accomodante”, adottando un europeo “Quantitative easing” come han fatto le banche centrali nord-americana, giapponese e inglese, ovvero l’immissione nei mercati di grandi quantità di liquidità, assicurate dall’acquisto di titoli di debito pubblico.
Com’è noto, le regole monetariste stringenti che vennero poste a fondamento della moneta unica impediscono alla Bce di acquistare direttamente titoli di debito degli Stati membri. La Germania in particolare funge da guardiano di questa regola, avendo sin qui impedito alla Banca centrale europea di adottare il “Quantitative easing”.
 
A dire il vero questa regola venne parzialmente violata in almeno due occasioni. Accadde un prima volta il 14 maggio 2010, con l’operazione SMP (Securities market programme), ed una seconda nel settembre 2012 con l’operazione OMT (Outright Monetary Transactions), che fece seguito alla solenne dichiarazione del 25 luglio di Mario Draghi che “sarebbe stato fatto tutto il possibile per salvare l’euro”.
 
Come scrivemmo al tempo, di contro a quanto affermarono i più, queste due mosse non avrebbero avuto altri effetti se non quelli di guadagnare tempo e di salvare le banche, evitando un gigantesco crack finanziario.
 
Così in effetti è stato: i debiti degli stati sono cresciuti mentre le banche, speculando proprio sui debiti, grazie alla copertura della Bce, sono piene di liquidità che se ne sta ferma. “Capitale monetario in stato ozioso” o “tesaurizzazione”, avrebbe detto Karl Marx. “Preferenza per la liquidità” avrebbe detto J.M. Keynes. ma su questo torneremo più avanti.
Date le circostanze e lo stato comatoso in cui versano le economie dell’eurozona e quindi la moneta unica, gli stregoni della finanza globale si son chiesti: come potrebbe, la Bce, attivare un “Quantitative easing” aggirando l’opposizione tedesca? Dopo aver spremuto le meningi, hanno escogitato una strabiliante trovata. Ce ne da  notizia Carlo Bastasin su Il Sole 24 Ore di ieri, 15 novembre. La proposta viene dalle teste d’uovo della School of European Political Economy (sep-Luiss). Di che si tratta?
 
«La proposta prevede che al varo del programma di acquisto di titoli pubblici europei la Bce annunci la propria disponibilità ad acquistare da banche ed istituzioni finanziarie un nuovo titolo (un Asset backed security) rappresentativo proprio dei titoli pubblici dei singoli Paesi in proporzioni fisse. I titoli del debito dei singoli Paesi sarebbero cioè il sottostante dell’Abs. Il nuovo titolo, creato direttamente da banche ed intermediari, utilizzando i titoli pubblici dei singoli Stati nei loro portafogli, senza bisogno di nuova legislazione europea o di decisioni politiche, diventerebbe il titolo sicuro e liquido, finalmente rappresentativo dell’euro area nel suo insieme, con un ruolo e una dimensione di mercato paragonabili a quelli dei titoli del Tesoro americano.
Il programma proposto da Sep, chiamato Equip (European Quantitative-easing Intermediated Program), prevede che siano gli intermediari privati a creare il nuovo titolo, sulla base delle condizioni espresse dalla Bce che si limiterebbe ad annunciare le caratteristiche del nuovo titolo e la sua accettabilità nelle operazioni di finanziamento del sistema, sia nel contesto dell’allentamento quantitativo, sia al di fuori di esso».
 
Bastasin quindi enfaticamante conclude:
 
«Equip può rappresentare la svolta decisiva per la crisi europea: il segnale politico del nuovo euro-titolo renderebbe coerente l’impegno delle autorità europee a garantire la tenuta dell’euro area «qualsiasi cosa sia necessaria» con l’impegno e gli interessi dell’economia privata. Equip darebbe vita a un nuovo titolo europeo sicuro e liquido come richiesto dagli investitori europei e globali, rendendo credibile e attraente investire nell’euro area nel suo complesso. Sarebbe finalmente possibile investire nell’euro anziché muoversi da un titolo pubblico all’altro, con alti costi e con il rischio di gonfiare gli spread in modo non giustificato dai fondamentali dell’economia, come è avvenuto durante la crisi. (…) Il previsto annuncio da parte della Bce del programma di allentamento quantitativo – ampio, graduale e prolungato – spingerebbe l’economia privata a dar vita al nuovo mercato fin da subito, sapendo che il nuovo titolo non avrà problemi di liquidità, visto che sarà accettato dalla Banca centrale. Il rendimento del titolo inoltre sarebbe una media ponderata dei titoli pubblici che ne rappresentano il sottostante e quindi un po’ superiore a quello dei titoli pubblici tedeschi ormai vicini a zero. Questo offrirà un’opportunità di investimento attraente, liquida e sicura, normalizzando una situazione che sta mettendo in difficoltà gli stessi intermediari finanziari tedeschi. Gli investitori nel nuovo titolo inoltre si preoccuperebbero di giudicare le condizioni dell’euro-area nel suo complesso, incentivando anche i governi a comportarsi in modo più cooperativo di quanto non facciano attualmente. I rischi di instabilità o addirittura di rottura dell’euro area verrebbero radicalmente ridotti senza che sia necessario che alcun Paese condivida il rischio del debito degli altri Paesi. Dopo sette anni, con una semplice innovazione finanziaria, l’orizzonte dell’euro area potrebbe finalmente schiarirsi».
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Siamo alle solite! Gli euro-liberisti si illudono che con “una semplice innovazione finanziaria” riusciranno a rilanciare il ciclo economico. Tradiscono così la loro adesione ella teoria quantitativa della moneta, per cui viene presa in considerazione una funzione della moneta, quella di “intermediazione degli scambi”. Non entra in testa, ai seguaci della setta, malgrado gli insegnamenti della storia e le evidenze empiriche, ciò che sottolineò Marx, che la moneta, essendo anche denaro, ovvero “rappresentante della ricchezza generale”, nelle fasi in cui l’economia capitalistica si inceppa, quando i profitti del settore industriale decrescono, esso può essere “tesaurizzato”, trattenuto come “tesoro” o utilizzato speculativamente nei circuiti finanziari-bancario.
 
J.M. Keynes, pur senza mai ammetterlo, proprio sulla scia di Marx, nella sua Teoria generale dell’occupazione, dell’interesse e della moneta, giunse alla stessa conclusione la classe che detiene denaro preferisce tesoreggiare, cioè conservare la ricchezza in forma liquida e speculare, piuttosto che investire o acquistare titoli. [1]
Nei suoi termini: preferenza per la liquidità.
 
Ma come?, ci si chiederà, i tassi d’interesse pilotati dalla Bce sono oramai prossimi allo zero, che guadagni darà mai il tesoreggiamento? Keynes dimostrava  che la preferenza per la liquidità aumenta proprio col diminuire del tasso di interesse. Infatti un abbassamento del tasso di interesse fa preferire il tesoreggiamento non per una ma per due ragioni: (1) si preferisce detenere moneta per approfittare di un possibile aumento del tasso in futuro; (2) si preferisce detenere moneta per evitare le perdite patrimoniali derivanti dal fatto che quando il tasso di interesse aumenta, il valore dei titoli diminuisce.
A Derivatives Chart
La propensione alla speculazione è dimostrata dalla crescita delle scommesse e del mercato dei derivati, ritornata imponente dopo il 2011-2012.
 
Il grafico mostra il totale dei derivati che le banche detengono in tutto il mondo, attualmente pari a 638.000 miliardi dollari. L’intera economia globale è poco oltre $ 70 miliardi di dollari di taglia. Il mercato dei derivati è 9 volte più grande di tutta l’economia globale.
 
Avendoci aiutato  a comprendere in anticipo che la politica della Bce (riduzione dei tassi e le due operazioni  SMP e OMT) sarebbe fallita, e perché avrebbe incoraggiato il tesoreggiamento e la speculazione finanziaria, le analisi e gli schemi di Marx e Keynes, si sono dimostrati corretti. Non ci sono ragioni per pensare che saranno invalidate dalla nuova trovata (ammesso che venga messa in pratica superando quindi l’opposizione tedesca).
 
Note
 
[1] «Noi abbiamo visto che già nel 1834 Gilbart sapeva che “… tutto ciò che facilita gli affari, facilita anche la speculazione, le due cose essendo spesso così intimamente connesse che è difficile dire dove cessa l’affare e dove comincia la speculazione”».
In: Il capitale, K. Marx. Roma 1973. Volume III; Credito e capitale fittizio. Pagina 87