11 novembre 2014
Lo confesso, certe volte sale anche a me, ormai esiliato, una rabbia cieca. Roba che se in quel momento avessi davanti uno dei protagnisti, vi garantisco non ne uscirebbe vivo. Poi mi passa, però…
Vi faccio leggere 2 notizie 2, provenienti dalla vostra (e nel cuore ancora mia, spero per poco) Cialtronia.
La prima riguarda un codicillo della legge Fornero che per LORO, la CASTA è stato cancellato.
Un’era di sacrifici, questo è certo. Tutti concorrono al risanamento del già precario bilancio pubblico. Chi più ha, più dia e chi troppo prende, rinunci a qualcosa. O almeno questo dovrebbe essere il principio di base. Ultimamente si era parlato anche di tagli ai privilegi, ancora troppi nel nostro sistema. E ragionando su questa linea si era preventivato di dare una “limatina” alle pensioni d’oro, per risparmio di denaro pubblico e per una questione di uguaglianza sociale rispetto a chi deve sbarcare il lunario con qualche centinaio di euro al mese. Ebbene, l’idea è già saltata. Il sempre vigile Gian Antonio Stella lo spiega sul Corriere della sera: basta un comma cancellato e addio tagli. Nel 2014 il giochino costerà 2 milioni di euro, nel 2024 addirittura 493. Per un totale, nel decennio, di 2 miliardi e 603 milioni di euro. A godere di questo regalo, calcola l’Inps, saranno circa 160mila persone. Quelle che, pur avendo raggiunto nel dicembre 2011 i quarant’anni di anzianità, hanno potuto scegliere di restare in servizio fino ai 70 o addirittura ai 75 anni. In gran parte docenti universitari, magistrati, alti burocrati dello Stato… Pezzi grossi, insomma.
l regalo a questi fortunati è possibile attraverso la cancellazione di quattro righe. La legge 214 del 2011 voluta dal ministro Elsa Fornero, all’articolo 24, stabiliva che dal primo gennaio 2012 anche i nuovi contributi dei dipendenti che avevano costruito la loro pensione tutta col vecchio sistema retributivo, perché avevano già più di 18 anni di anzianità al momento della riforma Dini del 1995, dovevano esser calcolati con il sistema contributivo. Dribblando tecnicismi Stella spiega così la questione. Quelli che potevano andarsene con il vitalizio più alto (40 anni di contributi) ma restavano in servizio potevano sì incrementare ancora la futura pensione ma non sfondare l’unico argine che esisteva per le pensioni costruite col vecchio sistema: l’80 per cento dell’ultimo stipendio. Poteva pure essere una pensione stratosferica, ma l’80 per cento della media delle ultime buste paga non poteva superarlo. Quella norma che doveva mantenere l’argine, però, è sparita. E senza quel limite, “i fortunati di cui dicevamo possono ora aggiungere, restando in servizio con stipendi sempre più alti, di anno in anno, nuovi incrementi: più 2 per cento, più 2 per cento, più 2 per cento”. Al punto che qualcuno potrà andarsene fra qualche tempo in pensione col 110 o il 115% dell’ultimo stipendio. E così si arriva a quegli oltre due miliardi. Che potrebbero andare a maggiorazione delle pensioni minime.
La seconda invece riguarda il tempismo di due noti capi sindaclisti che ci hanno stracciato i coglioni per decenni sulla “solidarietà”. l’equità e la lotta alle ingiustizie. Che Dio gli accolga presto fra le sue benevole braccia (anche per il risanamento dell’INPS)
Bonanni, Angeletti e l’odore dei soldi
Tolgono il disturbo con tempismo perfetto. Godendosi il ritiro con pensioni da record.
Dopo il segretario della Cisl, anche quello della Uil prende il cappello e saluta.
Per entrambi, Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti, è un togliere il disturbo al momento giusto, con il sindacato forse al massimo della sua crisi di rappresentanza.
Minato all’interno dalla sua incapacità di interpretare il lavoro che cambia (essendosi ridotto a difendere quello di chi ce l’ha, e infischiandosene di chi lo cerca), fuori dal decisionismo renziano che ha strategicamente pensato bene di saltare a piè pari i corpi intermedi.
Di mestiere, oltre che leader sindacali part-time, i due aggiungevano quello di opinionisti tivù in perenne movimento da una trasmissione all’altra, contenti di far parte della compagnia di giro che nutre la morbosa ridondante fame di informazione dei palinsesti.
PREZZEMOLINI TELEVISIVI, CAMPIONI DI FRASI FATTE. Teorici del luogocomunismo, dispensato in ogni occasione, programma, convegno, comizio con encomiabile tenacia e sfoggio di frasi fatte, hanno sapientemente coltivato con tutti i governi della Repubblica con cui hanno avuto a che fare un indiscusso potere di interdizione, mascherato dietro la rassicurante e democratica prassi di un termine oggi fortunatamente desueto: concertazione.
Paladini, almeno sulla carta, del lavoro degli altri, hanno dato ottima prova di sé nel tutelare il proprio.
Fino all’agognata pensione che ora arriva a coronare la lunga militanza.
Bonanni ha guidato la Cisl dal 2006 al settembre 2014, quando ha deciso di ritirarsi dalle scene. Angeletti in fatto di durata lo ha surclassato, visto che si è insediato nel 2000 al vertice della Uil, al quale la scorsa settimana ha dato l’addio.
Il primo si sta godendo l’agognato buen retiro con una pensione da 5.391 euro metti al mese, frutto dell’impennata registrata dai suoi emolumenti nell’ultimo quinquennio, plastica rappresentazione dei vantaggi del sistema contributivo. L’irresistibile ascesa del suo stipendio ha le movenze di una progressione geometrica: dai 118 mila euro lordi del 2006 ai 336.260 del 2011.
Subissato dalle critiche dei suoi stessi iscritti, Bonanni ha pensato bene di dimettersi anche dal Centro studi della Cisl, che insieme al Cnel è per i sindacalisti il cimitero degli elefanti, oltre che una greppia dove si può ancora mangiare qualcosa.
LA PAGA DI ANGELETTI? ALLA UIL BOCCHE CUCITE.Alla greppia del Cnel, il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro assurto alle cronache come uno degli enti più inutili della Repubblica, attingeva per la stessa somma del collega, ovvero 25.633 euro lordi l’anno (dato 2013), anche Angeletti. Cui si aggiungeva naturalmente lo stipendio di segretario generale della Uil. Ma sul suo imposrto, serviva giusto per fare un sommario calcolo sulla pensione, non è dato sapere.
Alla nostra richiesta, ci è stato risposto con ferma cortesia che per tutela e diritto della privacy non potevano essere rilasciate cifre. Se non altro «fin che altre categorie non daranno l’esempio».
Ignorano alla Uil, senza andare lontano, che la Fiom pubblica online le buste paga dei suoi dirigenti.
Un cosa però si sono premurati di precisare: si tratta di numeri non paragonabili a quelli di Bonanni.
Sarà, ma secondo L’Altra Casta di Stefano Livadiotti, il libro inchiesta sui privilegi dei sindacalisti pubblicato nel 2008, Angeletti percepiva uno stipendio di poco inferiore a quello del suo omologo in Cisl: 3.300 euro netti al mese contro 3.430.
Che, letti così e nell’attesa di conoscere quelli aggiornati del leader Uil, ci sembrano numeri molto paragonabili. Anzi, praticamente uguali.
Si poi mi raccomando fate un bello scioperazzo dietro queste associazioni per delinquere, mi raccomando eh…. loro si fanno i Vostri interessi.
Ma l’obbligo di certificazione e trasparenza sui bilanci di partiti e sindacati no? Troppa grazia, proposte troppo avanzate?
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