Microchip sottopelle obbligatorio per tutti presto in Italia, per primi anziani e lavoratori statali

ma non erano solo fantasie di quei “malati di mente” dei complottisti?


Per la nostra salute è ottimo perché possiamo prevenire ictus ed infarti, ma per tutto il resto è conveniente?
 
In futuro effettueremo i pagamenti tramite questo chip, entreremo nei locali tramite questo chip, timbreremo nel nostro ufficio tramite questo chip, chi ha il comando sul controllo globale saprà dove siamo in tempo reale in qualsiasi posto e non potremo decidere di estrarlo dal nostro corpo, sarà obbligatorio per tutti!

 

Ferrara, uccide moglie e figlio e si toglie vita in strada: aspettava sfratto

ferrara omicidio suicidionon capiscono il disagio. Eh già, gli amministratori ed i cosiddetti uffici per i servizi sociali che fanno, dormono? Non hanno idea chi nel loro comune è sotto sfratto? Tanto che fanno? Case per loro NON CI SONO. Per loro l’italiano è ricco ed evasore. Le vite da salvare? Certo non degli italiani che pagano lo stipendio DEI LORO ASSASSINI


Ferrara, uccide moglie e figlio e si toglie vita in strada: aspettava sfratto
A Ferrara, un 77enne ha sparato e moglie e figlio prima di dare fuoco alla casa e poi, in strada, togliersi la vita

Ha sparato alla moglie 73enne Mariella Mangolini e al figlio Giovanni, 48 anni, uccidendoli. Poi ha dato fuoco all’abitazione, in pieno centro a Ferrara, quindi è sceso in strada e si è tolto la vita con un colpo di pistola. Un dramma familiare che ha come protagonista un antiquario di 77 anni, Galeazzo Bartolucci. Il suo corpo è stato trovato intorno alle 7.30 sotto i portici dell’Oca Giuliva, in via Boccacanale di Santo Stefano, di fronte al civico 32: un commerciante in zona ha sentito l’esplosione dei colpi di pistola e ha avvertito le forze dell’ordine. Per terra, accanto al corpo, c’era una pistola a tamburo calibro 38 con al quale l’uomo si era appena sparato. Trovati anche i corpi senza vita di due gatti.

Lo sfratto
Sono ancora da chiarire le ragioni, ma per gli investigatori si tratterebbe di un omicidio suicidio. Ma l’origine dela tragedia familiare è forse da cercare nelle condizioni economiche dell’ex antiquario, molto noto in città. L’uomo attendeva lo sfratto esecutivo dall’abitazione in piazzetta privata Fratelli Bartolucci: a mezzogiorno, l’ufficiale giudiziario avrebbe dovuto dare corso al provvedimento. Un mese fa era avvenuto il primo accesso di sfratto non eseguito perché la casa era piena di mobili e da svuotare.

L’assessore, «amarezza per non aver capito il disagio»
«La famiglia Bartolucci non si è mai rivolta all’ufficio abitazioni» del Comune di Ferrara «per richiedere un’eventuale assistenza dovuta ad emergenza abitativa, come non risultano contatti negli ultimi anni con l’Asp per problematiche sociali». Lo chiarisce l’assessore comunale al Welfare di Ferrara Chiara Sapigni, intervenendo con una nota sulla tragedia avvenuta nel centro storico. «Resta pertanto – prosegue l’assessore – una grande amarezza e il rammarico di non aver potuto capire il grande disagio che la famiglia stava vivendo ma che, forse, per dignità ed orgoglio non si è avvicinata ai servizi comunali preposti».
4 agosto 2017 (modifica il 4 agosto 2017 | 16:39)
http://www.corriere.it/cronache/17_agosto_04/ferrara-uccide-moglie-figlio-si-toglie-vita-strada-34f1eb3a-78f2-11e7-9267-909ddec0f3dc.shtml

 

MIGRANTI: IL RACKET DI SOROS

Soros-network
Lobbismo? Mafia internazionale? Tutte dicerie degli xenofobi, peccato che sti filantropi NON CACCINO un euro per il mantenimento anzi, manteniamo ANCHE LORO. E PAGA LE TASSE EVASORE!!

 
(Il seguente articolo  è basato sulla ricerca di Francesca Totolo pubblicata su lucadonadel.it.1)
Confini aperti e censura dei media.
Perché c’è una crisi migratoria nel Mediterraneo? Perché le ONG sono coinvolte? Perché c’è una estesa rete di attivisti ed organizzazioni dei ‘’confini aperti’’ dietro la faccenda; molti di loro sono finanziati o collaborano con la Open Society Foundation di George Soros. È illegale? No. L’attivismo politico è una parte essenziale delle democrazie. Tuttavia, in alcuni casi le cause promosse sono irrealistiche o insostenibili. La rete della lobby dell’immigrazione in Italia è composta da ONG internazionali finanziate da Open Society (in verde), ONG Italiane, sempre finanziate da Open Society, in blu e organizzazioni con progetti condivisi con OSF in viola.
  1. Open Society Foundations and Associazione Carta di Roma
L’associazione Carta di Roma è stata creata nel Dicembre 2011 per mettere insieme un codice deontologico per la corretta informazione sui temi dell’immigrazione. Dal 2016 la Carta di Roma è parte integrante del ‘’Testo Unico sui doveri del giornalista’’.2)Membri permanenti sono il Consiglio ONU dei Rifugiati, l’Organizzazione Mondiale per le Migrazioni, e l’Ufficio Nazionale Contro la Discriminazione Razziale.
Il glossario della Carta di Roma è stato rivisto dai redattori per garantire il politicamente corretto, limitando l’utilizzo di vocaboli ritenuti non appropriati quando il soggetto della notizia è un cittadino di un paese straniero. I termini accettati sono: richiedente asilo, rifugiato, persona protetta da assistenza sussidiaria, beneficiario di protezione umanitaria, vittima di traffico, migrante irregolare (precedentemente definito come clandestino), flussi migratori misti. L’uso del termine ‘’clandestino’’ è ora punito con multe e richiami da parte dell’Albo dei Giornalisti.3)
Nella maggior parte dei casi, la Carta di Roma ritiene ridondante menzionare la nazionalità di coloro che commettono crimini nel territorio italiano.4)
Sponsor della Carta sono Open Society, la Chiesa Valdese ed il Consiglio ONU per i Rifugiati.5)
Le fonti ritenute affidabili dall’Associazioni Carta di Roma sono: Amnesty International, ASGI, Cospe, 21 Luglio, A Buon Diritto, Medici Senza Frontiere, Save The Children, coinvolti nel trasporto di migranti dalla Libia all’Italia, e l’UNAR, coinvolto in uno scandalo di prostituzione omosessuale. Molte di queste dono finanziate da Open Society.
  1. Open Society e Cospe Onlus
Cospe Onlus è una organizzazione non a scopo di lucro fondata nel 1983. Opera in 30 paesi con 150 progetti per ‘’favorire uno sviluppo eguale e sostenibile, il rispetto dei diritti umani, la pace e la giustizia per i popoli’’ sostenendo il diritto alla mobilità internazionale. Il suo obbiettivo è un mondo dove ‘’la diversità è considerata un valore, con molte voci e dove l’incontro tra popoli differente risulta in un mutuo arricchimento, dove la giustizia sociale va attraverso uguali diritti ed opportunità’’.
 
Cospe è tra i fondatori di SOS Mediterranee Italia, una ONG che lavora nel Mediterraneo collaborando con la barca Acquarius di Medici Senza Frontiere.6)
 
I partner di Cospe,7)includono la già citata Associazione Carta di Roma, con cui condivide la piattaforma per la ‘’corretta informazione’’ sull’immigrazione e con cui ha organizzato seminari,8)e Carta di Lampedusa, un’organizzazione nata nel 2014 volta rimuovere leggi che limitano l’immigrazione e l’abolizione di tutte le leggi europee che limitano la libertà di movimento.9)
L’ultimo budget di Cospe disponibile è del 2015. Cospe ha raccolto circa 9,5 milioni di Euro, 7,5 dei quali da soggetti pubblici, i cui più rilevanti sono l’Unione Europea (66%) e il Ministero Italiano degli Esteri (27%).10)
  1. Open Society e ASGI (Association per Studi Giuridici sull’Immigrazione)
L’obbiettivo di ASGI è di contribuire al dibattito sull’immigrazione tra accademici, giusti e avvocati e alla creazione di leggi nazionali ed europea sull’immigrazione, l’asilo e la cittadinanza, promuovendo il dialogo politico e la protezione degli stranieri. È stata fondata da Open Society ed è direttamente finanziata dalla stessa.11)
 
ASGI si occupa spesso dell’Ungheria, su cui l’UNHCR ha chiesto una sospensione temporanea delle richieste d’asilo finché le politiche del governo ungherese non saranno in linea con le regole europee.
ASGI inoltre provvede a un servizio anti discriminazione, supporto legale contro discriminazioni etniche, razziali e religiose, con un centro operativo a Milano e diversi centri secondari a Torino, Firenze, Napoli, Roma e Verona ed una rete di professionisti che monitora questioni di discriminazione. Finanziata da Charlemagne Onlus, Tavola Valdese ed Open Society.12)
 
Il manifesto di ASGI,13)elenca le ragioni per le migrazioni verso l’Europa: guerre, regimi repressivi e dittature, conseguenze del colonialismo, sfruttamento delle risorse naturali in Africa, crescita demografica e cambiamento climatico.
Le riforme proposte sul tema dell’immigrazione sono:
canali di libero accesso per chi cerca lavoro
-modi per rendere permanenti visti temporanei
 
-facilitare i ricongiungimenti familiari
rimpatri volontari o forme alternative invece di quelli forzati
diritto di votare alle elezioni amministrative per stranieri provenienti da fuori dell’UE
 
-sull’asilo, l’Europa dovrebbe desistere dall’attuare politiche adottate negli ultimi anni, quali l’accordo con la Turchia e le collaborazioni con dittature come Niger, Libia e Sudan; creare un sistema di ridistribuzione dei rifugiati obbligatorio, e cambiare il sistema di Dublino aggiungendo la possibilità da parte del richiedente asilo di scegliere il paese di destinazione.
 
La rete di ASGI include Migregroup, con il progetto Boats4people e la piattaforma online WatchTheMed che mappa morti e violazioni dei diritti umani nel Mediterraneo.14)
WatchTheMed è stato creato dalla onlus Habeshia, diretta da padre Mussie Zerai, autoproclamatosi ‘’padre Mosè’’ per la sua abilità nel far si che i migranti attraversino il Mediterraneo. L’organizzazione da informazioni ai migranti su come arrivare in Europa. La ONG Sea-Watch, attualmente presente del Mediterraneo è parte della piattaforma di WatchTheMed.15)
ASGI collabora con l’Associazione 21 Luglio, Dottori per i Diritti Umani, Senza confini e la Società Italiana per la Medicina e le Migrazioni.
  1. Open Society e CILD (Coalizione Italiana per le Libertà e i Diritti Civili)
Creata nel 2014, CILD è una rete che promuove diritti e libertà per chiunque, con campagne, azioni pubbliche e legali. CILD sostiene accessi facilitati per i migranti all’Italia come risposta ai ‘’flussi misti’’. Dopo il recente cambio della legge nell’accoglienza ai minori, CILD ha sostenuto il cambiamento delle regole sulla cittadinanza e l’adozione dello Ius Soli.
Il suo manifesto sostiene un cambiamento di visione sull’immigrazione, focalizzato su un sistema di asilo, non criminale, doveri di accoglienza e cittadinanza allargata.16)
 
I progetti di CILD includono Open Migration,17)che si occupa di ‘’fact-checking’’ sull’immigrazione; i suoi articoli includono critiche al procuratore Zuccaro per le indagini sulle ONG,18)l’asserzione che non è vero che gli appelli in secondo grado dei richidenti asilo siano un problema per il sistema giudiziario, 19)e un’altra in cui si ritiene che i migranti siano sovra rappresentati nel sistema carcerario a causa della custodia cautelare.20), ignorando il fatto che commettano più crimini, degli italiani, 21)
 
La rete di CILD include, tra gli altri:
A Buon Diritto: un gruppo di advocacy sul tema immigrazione, finanziato da Open Society;22)ANSI: Associazione Nazionale Stampa Intercultura, associazione di giornalisti stranieri, sostenuta do Cospe e Open Society;23)
Antigone: organizzazione per i diritti e le garanzie nel sistema carcerario, finanziata da Open Society;24)
 
ARCI: organizzazione per l’emancipazione, oltre un milione di iscritti, sostenuta da Open Society;25)
 
ASGI: descritta in precedenza
 
Associazione 21 Luglio: si occupa dell’etnia rom, finanziata da Open Society;26)
 
CIR: Consiglio Italiano per i Rifugiati, finanziato da Open Society;27)
 
Cittadini del Mondo: promuove i confini aperti, finanziata da Open Society;28)
 
Cospe Onlus: descritta in precedenza;
 
Fondazione Leone Moressa: think thank sull’immigrazione, finanziato da Open Society;29)
Lunaria: non profit con focus sull’immigrazione, collabora regolarmente con Open Society;30) 31) 32)
NAGA: si occupa dei diritti dei migranti, focus Rom, finanziata da Open Society;33)
PARSEC: istituto di ricerca di studi sociali, ha creato con il sostegno di Open Society,34)il progetto ‘’Parlare civile’’, che si occupa del linguaggio politicamente corretto sull’immigrazione.
  1. Open Society e A Buon Diritto
A Buon Diritto è un gruppo di advocacy con focus sull’immigrazione, il suo sito è realizzato con il contributo di Open Society.35)Il suo presidente, Luigi Manconi, altrimenti conosciuto come Simone Dessì, è un ex attivista di Lotta Continua. Le sue pubblicazioni includono ‘’Accogliamoli Tutti’’ un libro in cui si sostiene che ‘’l’unico approccio efficiente sull’immigrazione è accoglierli tutti’’, citando le teorie dell’immigrazione di rimpiazzo, secondo cui gli anziani europei dovrebbero essere rimpiazzati da giovani immigrati, come elemento centrale delle sue argomentazioni. Sostiene che il suo approccio è basato sul buon senso ed è un modo pragmatico per governare l’immigrazione, non subirla. L’introduzione è scritta dall’ex ministro dell’integrazione Cecile Kyenge.36)
Un’altra pubblicazione include è ‘’Abolire il carcere, ‘’un approccio ragionevole di riforma per la sicurezza dei cittadini.37)
Le iniziative includono: ‘’Navigare a vista’’, un racconto delle attività di ricerca e salvataggio delle ONG nel Mediterraneo;38)‘la grande bugia delle navi-taxi, le ONG e i salvataggi in mare’’una conferenza con la presenza di Manconi, dell’ex Ministro degli Esteri Emma Bonino e rappresentanti delle ONG Proactiva Open Arms, MSF e Save The Children, tutte attualmente impegnate nel Mediterraneo.39)
 
Conclusioni
La rete, come esemplificato da CILDI, è estesa ed intricata. Include ex ministri come la Bonino (esteri) e la Kyenge (integrazione), entrambe direttamente responsabili per la gestione dei flussi migratori accettati dall’Italia negli ultimi anni, ma anche gruppi che sostengono la censura di stampa, supporto legale e pubblicazioni.
I bilanci sono pubblicati solo in pochi casi.
 
Il tema principale della rete di Open Society è quello di usare leggi anti-discriminazioni per promuovere l’abolizione dei confini e l’immigrazione illimitata. L’idea è apertamente dichiarata nei manifesti di diverse organizzazioni. Altro tema ricorrente è quella della promozione del proprio approccio estremista come ‘’basato sui fatti’’ e ‘’di buon senso’’ per mantenere un’aura di credibilità scientifica, tuttavia suggerendo interpretazioni soggettive ed ideologiche dei dati o omettendo informazioni. Un esempio è la richiesta di omettere la nazionalità dei criminali, l’equivalente di ammettere che il problema esiste, ma non si deve parlarne. L’atteggiamento è tipico di regimi totalitari, non democratici e certamente non ‘’società aperte’’. L’obbiettivo di ‘’corretta informazione sul tema dell’immigrazione’’ non è certo raggiunto in questo modo.
Infine, la strategia di abolizione dei confini è raggiunta con la diffusa azione della lobby dell’immigrazione in favore delle ONG nel Mediterraneo. Tramite fondi, pubblicazioni, conferenze, ricerche o canali di informazione per i migranti, la rete produce un efficace sostegno per i migranti, indipendentemente dal fatto che siano legali o meno.
 
References
1.
Onlus e Migranti in Italia, Lucadonadel.it.
2.
Testo Unico dei Doveri del Giornalista, Ordine dei Giornalisti Consiglio Nazionale.
3.
Linee guida per l’applicazione della Carta di Roma, Associazione Carta di Roma.
4.
5.
6.
Sos Mediterranee 3800 persone salvate, Cospe Onlus.
7.
Le Adesioni, Cospe.org.
8.
Un corso per i giornalisti sui principi della Carta di Roma, Cospe.org.
9.
Preambolo, Carta di Lampedusa.
10.
Statuto e Bilancio, Cospe.org.
11.
Chi Siamo, ASGI.
12.
Servizio Antidiscriminazione, ASGI.
13.
Il nuovo manifesto dell’ASGI, ASGI 2017-03-21.
14.
Activites, Migregroup.
15.
How to contribute, WatchTheMed.
16.
Chi Siamo, CILD.
17.
Aree di Lavoro, CILD.
18.
Notizie da un’ordinaria giornata di lotta in nome della sicurezza, CILD 2017-05-01.
19.
Tribunali intasati per il boom dei ricorsi dei richienti asilo? Falso, Open Migration 2017-05-17.
20.
Tutti i numeri sugli stranieri in carcere, Open Migration 2016-01-17.
21.
Ricerca shock: dagli stranieri più reati, Il giornale 2016-06-28.
22.
Chi Siamo, A Buon Diritto.
23.
Ansi Homepage, Ansi-intercultura.
24.
Bilancio 2015, Associazione Antigone.
25.
Arci Homepage, Arci.it.
26.
Stato Patrimoniale 2015, Associazione 21 Luglio.
27.
Cir-Onlus, Cir-Onlus.
28.
Cittadini del Mondo homepage, Cittadini del Mondo.
29.
Il profilo, Fondazione Leone Moressa.
30.
Costi Disumani, Lunaria 2013-05-07.
31.
L’Europa e i diritti dei migrant, Lunaria 2014-03-21.
32.
I diritti non sono un costo, Lunaria 2013-11-26.
33.
Bilancio 2015, NAGA.
34.
Parlare civile, PARSEC 2014-07-14.
35.
A Buon Diritto Homepage, A Buon Diritto.
36.
Accogliamoli Tutti, A Buon Diritto 2014-11-07.
37.
Abolire il carcere, A Buon Diritto 2016-06-03.
38.
Presentazione del rapporto Navigare a vista, A Buon Diritto 2017-05-29.
39.
La grande bugia delle navi-taxi. Le ONG e il soccorso in mare, A Buon Diritto 2017-05-05.

Banche venete, passa con la fiducia il regalo a Intesa

85 mld bancheanche il “movimento” fondato da Bersani vota a favore, Bersani che proprio oggi parlava di generazioni umiliate e che vorrebbe un nuovo ’68...certo han votato l’ennesimo furto di tasse dei contribuenti per salvare i posti di lavoro ed i risparmiatori mica per salvare le banche. Ci sono ancora dubbi sul motivo per il quale si debba pagare le tasse? Per le pensioni? Per i 5 MILIONI di italiani SOTTO la soglia di povertà?


Credit crack. A Montecitorio il primo via libera al provvedimento, con Si contraria e Mdp-Articolo Uno favorevole. Ostruzionismo del M5S, mentre Rifondazione osserva: “Con un fiume di risorse pubbliche Intesa ristrutturerà anche se stessa e aumenterà i propri utili”.
Il “decreto regalo” (a Intesa) sulle due banche venete passa a Montecitorio con il voto di fiducia: 318 voti a favore, 178 contrari e un astenuto.

L’aula passa il resto della giornata affrontando i 142 ordini del giorno, di cui 83 presentati da M5S e tutti illustrati, nell’ottica ostruzionistica annunciata alla conferenza dei capigruppo. Nel voto di fiducia, come rileva velenosamente il piddino Roberto Giachetti, alla sinistra del Pd si registrano i 13 voti contrari di Sinistra italiana, i 17 voti favorevoli di Mdp-Articolo Uno, e sempre nelle schiere dei bersanian-dalemiani altri 22 deputati non votanti.

A cercare di chiarire la posizione di Mdp-Articolo Uno è Davide Zoggia: in conferenza stampa spiega che Articolo Uno vota la fiducia solo perché si tratta di “una pistola puntata alla tempia dei dipendenti e dell’intero sistema bancario italiano”; mentre, per quanto riguarda il provvedimento in generale, secondo Zoggia si poteva intervenire per migliorare il testo, che è “la prerogativa principale del Parlamento rispetto ai decreti”.
Il problema è che il “decreto regalo” è stato blindato, venendo proposto così come uscito dal consiglio dei ministri del 25 giugno scorso. Questo perché Intesa ha detto a chiare lettere che il provvedimento, con tutti i desiderata della stessa Intesa, non doveva cambiare di una virgola. Ma anche perché fra alcuni emendamenti, che pure erano stati concordati con il governo, ce n’era uno (evidenziato dal Fatto Quotidiano) a firma di Pierluigi Bersani che in sostanza avrebbe fatto chiudere la carriera di banchiere a Pier Luigi Boschi, già peraltro miracolato dal Tribunale di Arezzo nelle pieghe della bancarotta di Banca Etruria.

Fra i contrari il gruppo parlamentare di Sinistra italiana-Possibile ha spiegato la situazione con Giulio Marcon: “Un decreto sbagliato e immodificabile per il ricatto di Banca Intesa che mette soldi pubblici per licenziare un terzo dei lavoratori delle due banche, 4.000 su 12.000. Un doppio costo per lo Stato: la bad bank più gli ammortizzatori sociali”. Quelli necessari per i prepensionamenti dei lavoratori.

A seguire un’analisi più dettagliata: “La nostra contrarietà è inversamente proporzionale all’entusiasmo dell’Abi (l’associazione dei banchieri, ndr.) per questo provvedimento, che sana una situazione già nota da tempo e su cui prima o poi si dovranno accertare le responsabilità. Perché quanto successo in questi anni dovrebbe interrogarci sul ruolo di Bankitalia e sulla prevenzione delle crisi. Le cose sono due: o Bankitalia non ha fatto bene suo lavoro, o il governo non ha raccolto le indicazioni della nostra banca centrale”.
Anche se fuori dal Parlamento, ha fatto sentire la sua voce Rifondazione:

“L’esito era scontato ma resta scandaloso – osservano Maurizio Acerbo e Roberta Fantozzi – visto che il decreto del governo ha fatto chiedere al Wall Street Journal, non proprio un giornale bolscevico, perché Intesa San Paolo si sia aggiudicata un accordo così buono sugli asset delle due banche. Un accordo per cui a Intesa San Paolo vanno subito 5,2 miliardi di risorse pubbliche per la ‘riorganizzazione’ dei due istituti di credito. E con lo Stato, cioè la collettività, che si accolla invece, oltre ai 5,2 miliardi, i crediti deteriorati, mettendo a disposizione risorse fino a 17 miliardi di euro complessivi. Insomma un enorme regalo a Intesa San Paolo, che con il fiume di risorse pubbliche ristrutturerà se stessa e aumenterà i propri utili (secondo le stime di Mediobanca Securities con un aumento del 6% dell’utile atteso per azione), a carico della collettività.

Un esempio scandaloso di socializzazione delle perdite e privatizzazione degli utili. Invece la strada doveva essere tutt’altra, quella della nazionalizzazione, anche aprendo un contenzioso con la Ue. Una strada ineccepibile a fronte delle risorse ingentissime messe a disposizione. Quelle che non si trovano mai se c’è da finanziare la sanità o la scuola pubblica o il reddito minimo per disoccupati”. Proprio per questo, se può servire di minima consolazione, i sondaggi hanno rilevato che il 97% degli italiani – di quelli che studiano un minimo e si informano – è contro il “decreto regalo” a Intesa. Ora la parola passerà al Senato.

https://ilmanifesto.it/banche-venete-passa-con-la-fiducia-il-regalo-a-intesa/

 

I fanatici dello Ius Soli

Non esiste soltanto il fanatismo islamico. Esiste anche un fanatismo “liberal”, laicista e politicamente corretto.  E’ il fanatismo del pensiero unico.  Da noi ha contaminato tutti, ma il Partito Democratico (che già nel nome scelto e nel simbolo dell’asinello è emblema dell’americanismo più bovino, anzi asinino)  ne è la massima espressione italica.
 La legge sullo  Ius Soli, come le unioni (in)civili, dimostra che il Pd non è un partito moderato, ma un partito estremista a fortissima componente ideologica. Un partito di fanatici dell’ideologia. E’ il Partito radicale di massa profetizzato da Augusto Del Noce. Il Pd passa per un partito moderato, di centrosinistra,  soltanto perché non è più comunista, e nemmeno socialdemocratico, ma “liberal”. Accetta il capitalismo e addirittura si è legato ai mostri della finanza mondiale. Sostiene l’atlantismo e le “guerre umanitarie” decise da Washington. Fa dell’Unione europea un riferimento irrinunciabile.
E’ quindi parte integrante del Sistema, anzi in Italia  è il Sistema. Ma ciò non toglie che di fanatici stiamo parlando.  I fanatici del pensiero unico politicamente corretto. I “liberal” (di cui sono piene le redazioni giornalistiche, i salotti buoni e i bordelli dello spettacolo) sono degli estremisti di tipo nuovo. Seguendo le linee formulate nelle università americane, vogliono rivoluzionare la società, sovvertirla, ma non in senso socio-economico, visto che le forze della globalizzazione (mercato e tecnica) sono già in sé sovversione permanente.
 
Atei espliciti o mascherati, odiatori del sacro pure quando vanno a Messa (vedi Renzi), vogliono sovvertire la famiglia – di fatto dissolverla – e l’appartenenza etnica, anche qui dissolvendola in un modello globalista di meticciato indistinto.
E’ questo il loro modello di “civiltà: il crogiolo degli uomini senza identità. Sostenitori di fatto del capitalismo culturalmente più truce e materialista, quello delle multinazionali e della finanza, riservano semmai la vessazione fiscale alla piccola e media impresa, che  ha il torto di essere ancora a misura d’uomo.
 
Inoltre, i liberal  ereditano di fatto tutti i temi sovversivi del Sessantotto pensiero,  rielaborato nelle università americane.  Mirano a  distruggere le differenze religiose, etniche, culturali, in nome di un universalismo astratto ed inumano, e al contempo vogliono liberare l’individuo da tutti i legami (religiosi, etnici, familiari, sessuali) e da tutte le identità. Sono postmoderni che vogliono portare all’estremo la logica nichilista della modernità.
Sono paramassoni che trovano  ampia sponda nell’ala più modernista e ideologizzata del clero cattolico.  Lo stesso Renzi viene dalle fila del modernismo cattolico o, come si diceva una volta, del “cattolicesimo democratico”. Fanatici del politicamente corretto, postcomunisti o modernisti cattolici , hanno trovato nell’ideologia dominante,  anticristiana ed antiumana,  la loro nuova bandiera. La stessa bandiera della plutocrazia americana dei Soros, dei Gates, dei Bezos, dei Bloomberg, dei Buffet, degli Zuckerberg  e compagnia. E naturalmente di Barak Obama il guerrafondaio, il santino dei progressisti mondiali, la cui più limpida (si fa per dire) conquista progressista fu la legge sui bagni separati per transessuali.
Tanti voti, ma non solo.
 Lo Ius Soli offrirà al Partito democratico  nei prossimi anni un bacino potenziale di circa ottocentomila voti di “nuovi italiani”. Non sono pochi. Ma l’ostinazione sullo Ius Soli non dipende solo da un calcolo elettoralistico. Dipende anche e soprattutto da questo nuovo e impressionante fanatismo ideologico. Ce li ricordiamo, i nostri liberal,  soltanto cinque anni fa, nel 2011, centocinquantesimo anniversario dell’ unità italiana, quando sventolavano il tricolore in funzione antileghista.
 
A che cosa corrisponda per loro il tricolore è presto detto: nient’altro che l’adesione a un modello astratto di patria per tutti e per nessuno. Per tutti, perché la cittadinanza italiana del modello Ius Soli va  data a chiunque o quasi; per nessuno, perché viene svincolata da qualsiasi appartenenza concreta. Intendiamoci: in fondo tutti i nazionalisti hanno sempre sacrificato le patrie locali, carnali, alla “patria ideologica”, come ha insegnato anche il grande filosofo belga Marcel De Corte. Questo è il peccato originale del nazionalismo. Ma oggi la patria ideologica è diventata nient’altro che una grande stazione di transito di esseri sradicati.  Anche quando i liberal insistono  a parlare  di Europa, di “patria europea”, non temiamo.
Per loro l’Unione Europea è solo un’unione economica senza identità, retta da astratti principi cosmopoliti e che si offre come laboratorio futuro dell’umanità meticcia (hitlerismo rovesciato modello conte di Kalergi) e magari di un futuro Stato mondiale, quello che piaceva tanto agli estensori del Manifesto di Ventotene, Rossi e Spinelli. Lo Ius Soli è “un atto di civiltà” solo per dei fanatici dell’ideologia, traviati dall’ideologia.
Questo immigrazionismo estremo non è nient’altro che un hitlerismo capovolto e che corrisponde alla nota sentenza di Nichi Vendola: “Il progresso passa dalla mescolanza delle razze”. Al posto della follia della supremazia della razza ariana, ci becchiamo oggi la follia mondialista della razza unica. Dietro alla retorica del multiculturalismo ci sta lo spettro dell’azzeramento delle culture, a cominciare naturalmente dalla nostra.
Ingegneria sociale.
La legge sullo Ius Soli, come quella sulle “unioni (in)civili”, il divorzio breve, la “stepchild adoction”, la liberalizzazione della cannabis  e simili, è una legge di ingegneria sociale. Sotto il pretesto di difendere indefiniti “diritti”, modella la società secondo un ben preciso progetto ideologico, che come ho  già scritto  non è più marxista ma “liberal”.
Non è infatti un progetto pensato da teorici marxisti, ma forgiato nelle università americane. Non è diffuso con il terrore, ma con la propaganda e la suggestione mediatica. Rimane però un progetto di ingegneria sociale.
I suoi sostenitori si dicono “multiculturalisti”, ma in quanto fedeli adepti del globalismo in realtà vogliono il pensiero unico, il mondo unico, il popolo unico, la razza unica, la lingua unica, persino il sesso unico (con infiniti “generi”).
L’uomo viene pensato come individuo atomizzato, mobile e sradicato; molti individui come massa o come “moltitudine” (Toni Negri). Mai come popolo. Perché tutti questi individui siano davvero liberi, devono emanciparsi da Dio, dalla Chiesa, dalla tradizione, dalla comunità di appartenenza, dall’etnia, dall’origine, dalla famiglia (libertinismo e femminismo) e persino dal proprio sesso (omosessualismo, transessualismo, genderismo). Tutto nel nome del magnifico mondo “liberal”, capitalista e postsessantottino, che in realtà è un mondo da incubo. Che è poi il mondo della globalizzazione, cioè dell’uniformazione tecnico-mercantile del mondo. Ed è il mondo del pensiero unico politicamente corretto, caratterizzato dal controllo mediatico delle immagini e delle notizie, e dal controllo orwelliano delle parole secondo le regole della “neolingua”.
 
L’idea che gli uomini siano intercambiabili, che basti nascere in Italia per essere italiano, è tipica del pensiero economico che trionfa con la globalizzazione. Esiste solo ciò che è misurabile, quantificabile, esistono solo gli atomi senza appartenenza costitutiva. Per il pensiero economico, Milano resta Milano anche se abitata soltanto da cinesi. E Roma resta Roma anche se abitata soltanto da marocchini. In realtà non sarebbe più Milano e non sarebbe più Roma. Ma il pensiero economico è astratto, strumentale e  calcolante, non può capirlo.  Addio radici, tradizioni, culture radicate, addio legami stabili. Deve esistere solo l’uomo massificato, desacralizzato, desocializzato, senza radici, persino senza una definita identità sessuale. Non è vero che non vi sono più le ideologie. Piuttosto, ne è rimasta soltanto una.  Forse non è la più violenta. Senz’altro per  la nostra civiltà è la più suicida. di Martino Mora – 20/06/2017  Fonte: Martino Mora

La polizia tedesca ordina: non dite la verità sul terrorismo islamico

Il Corriere del Ticino, principale testata del gruppo che dirigo, ha pubblicato questa mattina un documento riservato del Bundeskriminalamt (BKA) la Polizia criminale tedesca. Si intitola «Come agire in presenza di attacchi terroristici” e contiene le linee guida sulle informazioni da trasmettere alla stampa in queste circostanze. L’intenzione è lodevole: evitare il diffondere di allarmismi, ma le conseguenze pratiche sono sorprendenti. E inquietanti.
 
La premessa dà già il tono:
“Nell’anno elettorale 2017 non ci sarà alcun attentato, almeno se si sarà in grado di evitarlo. Ciò significa che, non importa quanto siano sicuri dei fatti i funzionari in campo, davanti alla stampa e all’opinione pubblica, per cominciare, si deve negare sempre tutto. Lo staff di consulenza del Governo ha bisogno di tempo per illustrare l’accaduto e per mettere insieme un racconto credibile agli occhi dell’opinione pubblica».
Capito? E ancora:
«Le lettere di rivendicazione devono essere citate solo se necessario, ma senza fornire particolari. In caso di dubbio, escludere l’attacco terroristico. Divulgare la teoria dell’autore singolo, come pure quella della persona psichicamente disturbata. In aggiunta: evitare sempre, per cominciare, di parlare di IS (Stato islamico, n.d.r.) o di Islam».
L’autore dello scoop, Stefan Müller, cita un esempio concreto: l’attentato di Dortmund dell’11 aprile contro il bus dell’omonima squadra di calcio. La polizia, dopo una decina di giorni, annunciò che era stato compiuto da Sergej W. (28.enne russo-tedesco nel frattempo arrestato a Tubinga), che aveva ordito l’attentato per speculare in Borsa. Versione, che all’epoca aveva suscitato non poche perplessità. Dal documento scoperto dal Corriere del Ticino si scopre che era giunta una rivendicazione dell’Isis, mai però comunicata ai media. Inevitabile chiedersi adesso: Chi è stato davvero? Sergei o un fanatico del Califfo?
 
 
Due pagine del documento della BKABKA docu
Molto interessante anche la parte del documento in cui, rilevando un netto aumento dei fenomeni terroristici in Europa, si osserva che il quadro è andato peggiorando con «l’apertura delle frontiere da parte di Merkel». Ovvero la Polizia criminale tedesca avvalora l’equazione che le sinistre tendono a liquidare come un pregiudizio o un teorema populista: più immigrati fuori controllo, più terrorismo. La BKA parla di un traffico di passaporti rubati usati dagli attivisti dell’Isis in Europa.
«Dieci milioni di visitatori stranieri all’anno entrano in Germania con passaporti falsi o rubati. In tal senso è possibile correlare la quantità di passaporti rubati con Al Qaeda (IS) e le attività terroristiche islamiste».
 
Sono menzognere anche le cifre sull’immigrazione clandestina, almeno quelle comunicate in Germania. Leggete questo passaggio del rapporto:
«La percentuale degli ingressi illegali è cresciuta del 70%. I colleghi italiani prevedono l’arrivo di circa 350 mila, fino a 400 mila migranti dall’Africa nell’anno 2017. Verso l’esterno, alla stampa e ad altri media, indichiamo una cifra di 250 mila unità».
E lo stesso vale per i crimini ordinari commessi dagli immigrati. Nel 2015 erano 309 mila, nel 2016 sono saliti a 465 mila. Queste cifre, peraltro, non contengono reati contro l’asilo e la socialità.
Ma “ai media – si legge nel rapporto – si parla rispettivamente di 209 mila reati e di 295 mila». Ben 170 mila in meno.
Decisamente esplosivo questo passaggio del rapporto:
«Mai parlare di migranti economici. La sollecitazione giunge direttamente dal ministro della Cancelleria e dal portavoce del Governo. Queste indicazioni sono tassative, per chi non le rispetta sono previste sanzioni severe, procedure disciplinari e il licenziamento dalla polizia».
Sia chiaro: le autorità, da sempre, si riservano una certa discrezionalità nel diffondere le notizie più sensibili o per proteggere agenti infiltrati. Non dicono mai tutta la verità, com’è ovvio. Ma il quadro che emerge da questo rapporto va oltre i normali confini dell’intelligence.
 
Quando si modificano sistematicamente le statistiche, quando si tenta di dissimulare gli attentati fino a dare istruzioni per fabbricare versioni credibili agli occhi dell’opinione pubblica, quando un governo vieta di parlare di “migranti economici” si è in presenza di un metodo per la creazione di Post Verità governative o, se preferite, di una manipolazione sistematica delle informazioni.
E tutto questo al fine di non turbare il processo elettorale, dunque di non intralciare la campagna elettorale della cancelliera Merkel.
Cose che capitano nella democratica Germania.
di Marcello Foa – 20/06/2017 Fonte: Marcello Foa

Vite bruciate

Inps donna fuocola terra della democrazia e dei diritti per tutti, TRANNE CHE PER I DISOCCUPATI. (si fa finta che esista un sussidio, ma bisogna rientrare in mille paletti e restrizioni) Bisogna tutelare questa bella democrazia dai “populismi”

Vite bruciate
Una donna di 46 anni, ad uno sportello dell’INPS di Torino, nel quartiere popolare di Barriera di Milano, stamattina ha tirato fuori dalla borsa una bottiglia di alcool, se l’è versata addosso e si è data fuoco, fra gli sguardi allucinati degli impiegati (che con prontezza di spirito si sono prodigati per spegnere le fiamme) e degli astanti in coda intorno a lei.
Di questa disgraziata signora si sa poco, solamente che vive in una cittadina dell’hinterland torinese, ha perso il proprio lavoro sei mesi fa perché l’azienda in cui era occupata ha chiuso i battenti, da allora è disoccupata e stava disperatamente cercando di ottenere un qualche sussidio che le permettesse di tirare avanti….
 
Un qualche sussidio che anche stamattina era stato procastinato nel tempo in attesa di nuove verifiche, probabilmente impantanato nei meandri della burocrazia e della scarsa propensione di questo Stato ad aiutare le persone a rialzarsi qualora cadano a terra.
 
La signora, nonostante il tempestivo intervento degli impiegati, è stata trasferita in condizioni gravissime al CTO di Torino con ustioni sul 70% del corpo e anche qualora riuscisse a sopravvivere avrà sicuramente la vita rovinata dalle lesioni subite.
 
La classe politica e quella dirigente verserà nel migliore dei casi qualche lacrima di coccodrillo in attesa che la vicenda scompaia (molto velocemente) dalle pagine dei giornali, senza neppure tentare di prendere coscienza del fatto che anche la “povera gente” deve sedersi a mangiare intorno al tavolo un paio di volte al giorno, pagare le bollette e l’affitto, senza che le sia concesso di procastinare alcunché.
 
Poi torneranno ad occuparsi delle cose serie, dello Ius soli, dei diritti dei gay e della nuova legge elettorale, tutti temi scottanti sul tappeto riguardo ai quali non si può perdere tempo se si vuole evitare di pregiudicare il futuro del Paese.

Caracas: Bombe sul potere giudiziario.Silenzio ermetico dell’UE-USA-Canadà. Omertà?

Maduro dittatore
Il lancio di bombe, il mitragliamento del Tribunale Supremo e del ministero degli Interni “..in qualsiasi parte del mondo è un atto di terrorismo,però.. Tuttavia il Venezuela sta aspettando qual’è la reazione di molti paesi che ancora non si sono pronunciati” ha detto il minitro degli Esteri venezuelano Samuel Moncada. Ha commentato che soprattutto l’Unione Europea fa orecchi da mercante per proteggere i responsabili di questi fatti. “Dall’Europa nessuna
reazione. Dalla Spagna non abbiamo ricevuto nemmeno una telefonata per dirci che sono “preoccupati”….l’Unione europea che tutti i giorni rilascia dichiarazioni contro il Venezuela, sembra che non ha ancora saputo dell’attacco e non lo condannano” ha detto il ministro Moncada. “naturalmente sanno però rimangono muti.
“Canadá, paese solitamente tra i più preoccupati per i diritti umani, non ha emanato nessun commento per deplorare la condotta di un individuo che sganciò bombe su vittime innocenti…” ha scandito con forza il responsabile della diplomazia venezuelana. “Aspettiamo qualche reazione da parte del Messico e Argentina che…un giorno difendono i diritti umani e un altro fingono demenza”.
 
Per ultimo ha criticato le agenzie di informazione che tentano di presentare come “combattente della libertà” il responsabile di un atto terrorista.
ARTICOLO DI MARZO PER COMPRENDERE IL CONTESTO
C’è stato un colpo di stato in Venezuela!  Maduro ha preso tutto il potere!”    Solo pochi giorni prima del 15° anniversario del colpo di stato – di breve durata – contro il presidente democraticamente eletto Chavez (11-13 aprile 2002), quelli  che fecero quel colpo di stato (l’oligarchia venezuelana, i  capi di  Washington, i loro leccapiedi di Buenos Aires, Brasilia, Santiago del Cile e Lima e tutto quel pacco di lupi mediatici plaudenti da Madrid agli USA) hanno cominciato a gridare come iene contro un presunto “auto golpe” fatto dal presidente Maduro.
 
Quali sono i fatti?  La causa immediata che ha scatenato questa ipocrita protesta  è la sentenza della Corte Suprema di Giustizia (TSJ) che il 29 marzo ha detto che constatato il comportamento oltraggioso  dell’Assemblea Nazionale  verso la Corte Suprema di Giustizia , la  TSJ  d’ora in poi, assumerà in proprio i suoi poteri e li eserciterà direttamente o li farà esercitare da un altro potere da determinare . Immediatamente, il presidente dell’Assemblea Nazionale, Julio Borges, ha definito questa decisione un “colpo di Stato” e il segretario generale  dell’Organizzazione degli Stati Americani, Luis Almagro, l’ ha descritta come un “auto-colpo-di-stato” e ha chiesto la convocazione urgente del Consiglio Permanente dell’OSA per mettere in moto la procedura della Carta democratica contro il Venezuela. Il governo peruviano ha deciso di ritirare il suo ambasciatore dal Venezuela.
 
Quali sono le radici di questa sentenza?
 
Da quando l’opposizione di destra ha vinto le elezioni dell’Assemblea Nazionale nel mese di dicembre 2015, si è innescato un aspro conflitto tra i diversi poteri dello Stato. Già alla fine di dicembre 2015, la  TSJ  aveva stabilito che c’erano state irregolarità nelle elezioni dei deputati nello stato di Amazonas e aveva dichiarato nulle le elezioni e ordinato di ripeterle. Sono state presentate le prove che politici dell’ opposizione erano stati coinvolti nella compravendita di voti con effetti determinanti per l’elezione di quattro deputati, due dell’opposizione, uno del PSUV e un altro eletto nella lista indigena (anche lui sostenitore dell’opposizione).  Il fatto è che questi tre deputati dell’opposizione sono fondamentali perché con la loro presenza l’opposizione ha una maggioranza dei due terzi e quindi gode di poteri molto ampi. L’Assemblea Nazionale si è rifiutata di obbedire all’ordine della TSJ e, nel mese di gennaio 2016, ha fatto giurare i tre deputati della Amazonas. Anche in questo caso la TSJ ha dichiarato l’atto nullo e in violazione della sua precedente sentenza. L’Assemblea Nazionale è tornata indietro ma poi a luglio, ha fatto giurare di nuovo i tre deputati. Nel mese di agosto 2016, la  TSJ ha dichiarato che la Presidenza del Consiglio dell’Assemblea Nazionale  ed i deputati dell’opposizione erano in oltraggio alla corte per aver violato due delle sue sentenze.
Continuando nella escalation del conflitto istituzionale, nel mese di ottobre 2016, l’Assemblea Nazionale ha votato una procedura per un aprire un “processo politico” al presidente Maduro ed anche un procedimento per dichiarare che Maduro aveva “abbandonato il suo incarico”. Tra le motivazioni addotte per queste procedure c’era l’affermazione che Maduro non è cittadino venezuelano e quindi non è in condizioni di essere presidente (!!). Infine nel mese di gennaio 2017, l’Assemblea Nazionale ha dichiarato che il presidente Maduro aveva davvero “abbandonato il suo incarico”.
Come si può essere accusati di “abbandonare il proprio incarico” e – allo stesso tempo – “avere il potere di mettere in atto un colpo di stato”,  nessuno lo sa. L’Assemblea Nazionale, inoltre, ha invitato l’Organizzazione degli Stati Americani  ad invocare la sua Carta democratica contro il Venezuela, invitando così le potenze straniere a  violare la sovranità venezuelana, cosa questa che rivela chiaramente il carattere dell’oligarchia venezuelana. Ma il tentativo di utilizzare la Carta Democratica è stato bocciato dalla OEA, malgrado le minacce dirette di Washington verso un certo numero di paesi membri.
 
Alla fine, il governo ha chiesto alla TSJ se fosse necessario chiedere alla Assemblea Nazionale di ratificare la sua decisione sulla creazione di joint venture nel settore petrolifero e la  TSJ  ha risposto con una sentenza del 29 marzo, in cui afferma che, dal momento che l’Assemblea Nazionale è in stato di oltraggio alla corte e non ha preso alcuna azione per porvi rimedio, il governo non ha il dovere di inviare le proprie decisioni alla Assemblea Nazionale e che la TSJ  ha assunto i poteri decisionali della Assemblea Nazionale e che li eserciterà direttamente o attraverso qualsiasi altro organo di potere che potrà decidere. Questa sentenza era stata preceduta di un giorno da un’altra sentenza in base alla quale  la corte – la TSJ –  aveva stabilito che dal momento che l’Assemblea Nazionale era in oltraggio alla corte, i suoi membri non hanno nessun diritto a godere della immunità parlamentare.
Se l’opposizione dell’Assemblea Nazionale avesse voluto utilizzare veramente i propri poteri, sarebbe bastato che rispettasse la sentenza della  TSJ sui tre deputati della Amazonas e che cominciasse a  legiferare, ma  l’opposizione non è interessata solo a legiferare, ma piuttosto vuole creare un incidente quanto più grande sia possibile, per giustificare la cacciata di Maduro dalla presidenza.
Dobbiamo opporci a quella campagna ipocrita di chi fece un vero un colpo di stato in Venezuela nel 2002, che ora vuole cacciare Maduro dal potere e chiedere l’intervento straniero contro il Venezuela. Se questi dovessero raggiungere i loro obiettivi, sono chiare le conseguenze cui si andrebbe incontro: tutte le conquiste della rivoluzione bolivariana sarebbero distrutte, le missioni sociali abolite, le aziende e i terreni nazionalizzati, sarebbero tutti restituiti ai loro ex proprietari, il diritto al lavoro sarebbe abolito consentendo licenziamenti di massa nello stato e nelle imprese private, le pensioni di vecchiaia massicciamente tagliate, l’assistenza sanitaria e l’istruzione tagliate e comincerebbe un vero e proprio assalto ai diritti democratici fondamentali. Se qualcuno dubita di questo, basta che dia uno sguardo alle prime misure adottate dai governi di destra che sono ritornati al potere in Argentina e in Brasile. In Venezuela, sarebbe dieci volte peggio.
 
Comunque, questa non è solo una questione di chi abbia ragione o chi abbia torto sotto il profilo giuridico o dal punto di vista procedurale. Come tutte le questioni fondamentali della società, questa storia si risolverà  sulla base di chi ha in mano il vero potere reale, in termini di forze armate e/o mobilitazione di massa della gente per le strade, in modo da poter far saltare il potere statale. Al momento non sembra che l’opposizione reazionaria abbia questa forza. Ha fatto continui appelli perché  l’esercito si muova  “a difesa della Costituzione” (leggi: per rimuovere Maduro), ma  finora sono caduti tutti nel vuoto. I recenti tentativi di portare la gente nelle strade  a settembre e ottobre 2016 hanno annaspato per mancanza di una strategia chiara e decisa. Alcuni dei leader dell’opposizione hanno provato a indire una marcia sul palazzo presidenziale di Miraflores, ma quando è arrivato il giorno, hanno fatto marcia indietro, provocando rabbia e demoralizzazione sui loro seguaci.
Le Concessioni ai capitalisti minano la rivoluzione
 
Gli annunci di Maduro sulle concessioni al raggio di azione dei capitalisti, andando oltre alle questioni giuridiche e istituzionali, ci fa chiedere che cosa stia facendo il governo di Maduro con il suo potere?  Quale sia la sua strategia.
Pochi giorni fa, Nicolás Maduro ha fatto una serie di dichiarazioni alla fiera  Expo Venezuela Potencia 2017 , che non lasciano dubbi sul fatto che la sua strategia vada nella direzione di fare concessioni sempre crescenti ai capitalisti, nazionali ed internazionali.  Ha respinto quella che ha definito era una “sporca campagna che dice che guardiamo al modello comunista e che respingiamo le imprese private”. Al contrario, ha detto, “il 90% dell’economia è in mano delle aziende private” (In realtà quello che intendeva dire è che il 90% di tutte le società sono in mano a privati, ma queste rappresentano tutte insieme una piccola percentuale dell’economia.)  Poi ha annunciato altre concessioni ai capitalisti, nazionali ed esteri, concedendo prestiti dalle banche statali, sia in Bolivar che in dollari, e liberalizzando maggiormente  i controlli sul cambio per consentire alle aziende private un più facile accesso ai dollari (che provengono dai profitti dell’industria petrolifera).
 
Queste dichiarazioni e queste azioni hanno provocato rabbia e disagio soffusi tra le fila del movimento bolivariano e costituiscono una continuazione e un rafforzamento della politica che il governo Maduro ha seguito da quando è stato eletto: rispondendo agli attacchi dell’opposizione in campo politico e istituzionale, e concedendo sempre più spazi ai capitalisti in campo economico.
Questa è una politica che porta direttamente al disastro. L’economia venezuelana è in una crisi profonda, con iperinflazione, gravi carenze di prodotti alimentari essenziali e di farmaci ed una paralisi della produzione. Questa crisi è il risultato, in ultima istanza, della ribellione delle forze produttive – che continuano a muoversi con le regole del mercato capitalistico – contro tutti i tentativi del governo di regolamentarle con il controllo dei prezzi e controllando il cambio. Il tutto aggravato e moltiplicato dal crollo del prezzo del petrolio sul mercato mondiale. Di fronte alle forti limitazioni delle riserve di valuta forte e dei proventi del petrolio, il governo ha dato priorità al pagamento del debito estero rispetto alle importazioni, che sono state gravemente tagliate, aggravando maggiormente la scarsità di beni nel paese. Allo stesso tempo, per pagare per il bilancio dello Stato, che opera con un deficit pari al 15-20% del PIL si è fatto ricorso a una politica che stampa nuova moneta, cosa che a sua volta ha portato alla iperinflazione.
 
Quello che è fallito in Venezuela non è il socialismo, che non è mai esistito, ma piuttosto, il tentativo di regolare l’economia capitalista con un intervento dello Stato che vorrebbe farla funzionare con benefici per la maggioranza della popolazione.
Ci sono solo due modi per uscire da questa crisi economica: uno è quello di cancellare tutte le norme e consentire al mercato capitalista di funzionare “normalmente”, il che significherebbe che i lavoratori saranno costretti a pagare tutto il prezzo della crisi e questa è la direzione verso cui si sta progressivamente avviando  il governo di Maduro.  L’altro modo sarebbe espropriare i capitalisti e gestire l’intera economia sulla base di un piano democratico di produzione che possa soddisfare i bisogni della popolazione, e allo stesso tempo fare un appello internazionalista a  operai e contadini della regione per venire in aiuto alla rivoluzione e per sconfiggere i tentativi delle classi dirigenti che vorrebbero distruggerla. Questo significherebbe far pagare la crisi ai capitalisti.
 
La continuazione di questa politica del governo non farà altro che aggravare la crisi per la gente che lavora, erodendo ancor di più il supporto delle masse bolivariane. Il governo stima che quest’anno i prezzi del petrolio saliranno fino a 70 a 80 dollari al barile, cosa che produrrebbe quel margine necessario per gli investimenti nei programmi sociali, permettendo anche un recupero di appoggio popolare. Dopo di che potrebbe indire le elezioni in condizioni migliori. Ma questo è un sogno irrealizzabile. I prezzi del petrolio sono saliti leggermente dopo che l’OPEC e la Russia hanno tagliato la produzione, ma quando i prezzi del petrolio sono aumentati, il fracking è diventato di nuovo redditizio negli Stati Uniti, facendo così aumentare la produzione globale del greggio e abbassare nuovamente i prezzi.
Come combattere l’offensiva dell’imperialismo e dell’oligarchia
Se vogliamo essere sinceri, questa politica del governo rappresenta un tradimento dell’eredità del presidente Chavez. Nei suoi ultimi discorsi prima della sua morte, il Golpe de Timón  e il Plan de la Patria Socialista, Chavez sottolineò  due idee chiave: a) siamo ancora in un’economia capitalistica e dobbiamo andare verso il socialismo  b) dobbiamo distruggere lo stato borghese e sostituirlo con uno “stato comune” ( basato sulle Comuni socialiste). Pur con tutti i limiti possibili, queste erano le idee giuste.
 
L’attuale leadership del movimento bolivariano e il governo Maduro si sono spostati nella direzione opposta: in campo economico stanno facendo sempre più concessioni ai capitalisti, mentre nel campo politico hanno soffocato tutte le vie di partecipazione popolare al controllo dei lavoratori, sulle gerarchie e sul  potere.
 
Indipendentemente dalle loro reali intenzioni, dobbiamo dirlo chiaramente: questi politici porteranno direttamente alla sconfitta della rivoluzione bolivariana e alla presa del potere da parte dell’opposizione borghese. Questo sarebbe un disastro e per evitarlo dobbiamo riprendere la lotta per il socialismo, contro lo Stato borghese.
 
Di fronte all’assalto dell’imperialismo e dei capitalisti venezuelani, quale può essere il modo più efficace per combatterli?
 
Prima di tutto, il Venezuela dovrebbe rompere le relazioni diplomatiche con Washington che è il paese guida e che coordinare questa campagna. In secondo luogo si dovrebbe espropriare tutte le proprietà delle aziende multinazionali di qualsiasi paese sia coinvolto in questa grave forma di interferenza nella sovranità nazionale venezuelana. In terzo luogo, si dovrebbe espropriare le proprietà dell’oligarchia venezuelana, che ha costantemente complottato contro la volontà del popolo negli ultimi 15 anni. In quarto luogo, si dovranno formare  dei comitati anti-imperialisti e anti-capitalisti di  operai, soldati e contadini in ogni azienda, fabbrica, caserma e nelle campagne. Questi comitati dovranno essere armati e fare in modo che i lavoratori  vigilino contro il sabotaggio dell’oligarchia. Infine, la rivoluzione bolivariana dovrebbe fare appello ai lavoratori e ai contadini dell’America Latina e alla classe operaia del mondo perché venga in suo aiuto e blocchi  i tentativi dei governi reazionari che vogliono intervenire contro la rivoluzione.
 
Questa è l’unica politica che può garantire la difesa della rivoluzione.
 
 
Il testo di questo articolo è liberamente utilizzabile a scopi non commerciali, citando la fonte comedonchisciotte.org e l’autore della traduzione Bosque Primario
 
Questo articolo è stato pubblicato originalmente su  In Defence of Marxism

Operai precari contro i garantiti. In fabbrica la guerra tra poveri

composadeccola la democrazia tutto diritti e libertà da preservare da populisti e la “minacciosa” Casapound. Non c’è niente da fare, inutile ribadire che il dumping sociale innescato ed inasprito introducendo manodopera a basso costo dai paesi stranieri DANNEGGIA ANCHE I LAVORATORI MIGRANTI, sei razzista lo stesso. Viene il dubbio che chi obietta urlando al razzismo ABBIA MOLTO A CUORE GLI AFFARI di questi prenditori.

Operai precari contro i garantiti. In fabbrica la guerra tra poveri

Mantova, i lavoratori in esubero delle cooperative bloccano l’ingresso dell’azienda. Gli altri dipendenti protestano e scoppia la rissa. La polizia usa i lacrimogeni
Lunedì scorso la tensione alla Composad di Viadana ha raggiunto l’apice ed è intervenuta la polizia
Ci sono 6 indiani, un pakistano e un marocchino. Stanno sul tetto di un capannone di un’azienda da lunedì scorso. Hanno perso il lavoro con una cooperativa che gestiva il reparto imballaggi. Boulediem Aburradia è il marocchino. Ha un cappello di paglia per ripararsi dal sole che non serve a niente quando piove: «Mi hanno detto che sono un esubero. Io sono solo uno che vuole lavorare. Sono in Italia da 11 anni. Per 10 ho lavorato qui dentro. E da qui non me ne vado». All’inizio quelli che avevano perso il posto erano 271. Una parte – 150 a tempo determinato, altri 50 con contratto a termine di 3 mesi – sono rientrati in azienda con un’altra cooperativa. Chi è rimasto fuori è salito sul tetto per protesta. Oppure staziona davanti a questa azienda in un presidio permanente che va avanti da 4 settimane, in un vialone tutto capannoni vicino a Viadana che è vicina Mantova dove adesso sono in fila sedie di plastica e tendoni e una cucina da campo.
Ci sono 200 operai italiani. Stanno dentro questa azienda con la camionetta della polizia sulla porta. Vogliono lavorare e hanno paura di perdere il posto. Il reparto imballaggi è quasi fermo. Lunedì quelli di fuori non facevano entrare i camion. Allora sono usciti quelli di dentro. Poi è arrivata la polizia. Tutti hanno spintonato tutti. La polizia ha usato i lacrimogeni. Giuliano Grossi del reparto Logistica e spedizioni lavora qui dentro da 15 anni. Dice che non si può avere paura di andare a lavorare. Dice che la paura più grande è non avere più il lavoro: «Siamo in difficoltà con le commesse esterne. Bisognava continuare a trattare. Le cose non si risolvono andando sui tetti o facendo i presidi, facendosi scudo di donne e bambini. Noi che lavoriamo qui dentro siamo loro ostaggi. Siamo impotenti nel tutelare il nostro posto di lavoro con il rischio di perderlo».
 
C’era una volta la lotta di classe. Adesso c’è la lotta «nella» classe. Tutti contro tutti alla Composad di Viadana che dicono sia un bel posto dove lavorare anche se si fanno i turni di 24 ore e le macchine a controllo numerico non si fermano mai. Fanno mobili in kit e li vendono in tutto il mondo. Li fanno proprio qui dentro anche se poi li vendono all’Ikea, alla Leroy Merlin, nei Brico center, nei centri commerciali francesi della Conforama e pure ai giapponesi di Smile. A sentirli, quelli di dentro e quelli di fuori, hanno le stesse preoccupazioni e dicono le stesse cose. Perchè la lotta «nella» classe non è tra gli operai e i padroni come si faceva una volta. Adesso è tra gli operai garantiti e gli operai precari, tra i dipendenti e gli esternalizzati. Anche se nessuno lo dice apertamente è pure tra gli italiani e gli immigrati, anche se oramai parlano il dialetto mantovano meglio dei mantovani che non lo parlano più.
 
Dietro a questo pasticcio ci sarebbe una storia di appalti e commesse, di cooperative che si ritirano e poi perdono la gara, di consorzi che si fanno e si disfano. All’inizio i lavoratori interinali facevano capo alla Viadana Facchini. Che poi ha perso l’appalto vinto dalla Clo di Milano. La Clo di Milano allora si è alleata con la Viadana facchini e ha costituto la 3L per avere i facchini di prima ma più di 200 non ne voleva. Si sono messi di mezzo i sindacati. Tutti hanno firmato l’accordo meno quelli del Cobas. Stefano Re dei Cobas non ha firmato: «Da qui non ci spostiamo fino a che non abbiamo rassicurazione che tutti rientrino in azienda». In realtà ci sarebbe pure altro. Gli stipendi di maggio non sono stati pagati dalla cooperativa. E non ci sono garanzie sulle buone uscite di chi decidesse di cercare un altro lavoro.
 
Fallou Diao ha 50 anni, è arrivato dal Senegal che ne aveva 19, un posto di lavoro ce l’aveva e non capisce perchè non può più riaverlo: «Ho guidato il carrello per 10 anni al reparto imballaggi. 1200 euro al mese. Perchè non vado più bene?». Quelli di fuori dicono che gli «scartati» sono i più sindacalizzati. Quelli di dentro dicono che non si possono riportare in fabbrica chi va sui tetti o i 35 che sono stati denunciati dalla polizia negli spintonamenti di lunedì. Alessandro Saviola, presidente del Gruppo Mauro Saviola che controlla Composad, nella vicenda ci entra di striscio ma dice le stesse cose dei lavoratori di dentro: «Non ne possiamo più, noi vogliamo soltanto lavorare. Lo Stato non ci tutela». Le identiche parole, uguali alla sillaba di Rani Saroj, indiana del Punjab, oramai talmente mantovana che tutti chiamano Emma: «Sono in Italia da 13 anni. Da 7 lavoro con la cooperativa per 980 euro al mese. Anche mio marito lavorava con la cooperativa e lo hanno messo fuori. Abitiamo a Dosolo con i nostri 2 figli. Non facevamo nemmeno i turni insieme. Adesso ci hanno detto che forse solo uno di noi due potrà rientrare in fabbrica. Chissà come ci sceglieranno?».
30/06/2017 alle ore 07:05
 
fabio poletti
inviato a viadana (mantova)

“Noi costretti in tribunale gratis”. Salta il rimborso dei praticanti Previsti solo 400 euro al mese. Per 1300 tirocinanti saltano pure quelli

gratis picchia testaitaliani, PROPRIO CHOOSY VERO? Sarà colpa di Casa Pound se i diritti qualcuno li ha venduti. La democrazia che va preservata dai “populisti” eccola qua
“Noi costretti in tribunale gratis”. Salta il rimborso dei praticanti Previsti solo 400 euro al mese. Per 1300 tirocinanti saltano pure quelli
 
Per migliaia di giovani laureati a pieni voti, diciotto mesi negli uffici giudiziari italiani sono un’esperienza formativa straordinaria, ma a perdere .
Per i malanni della giustizia italiana, stretta tra carenza cronica di organico e lo smaltimento di circa tre milioni e mezzo di fascicoli di arretrato, i tirocinanti sono una risorsa preziosa. Peccato però non valga il contrario: per migliaia di giovani laureati a pieni voti, diciotto mesi negli uffici giudiziari italiani sono un’esperienza formativa straordinaria, ma a perdere. Di ricevere uno stipendio, neanche a parlarne. Ma c’è di peggio: a sorpresa è saltata pure la borsa di studio.
 
Il tirocinio in tribunale è una delle possibili strade, con la scuola di specializzazione e il titolo di avvocato, per sostenere il concorso di magistratura: si tratta di affiancare un giudice per 18 mesi, assistere alle udienze e aiutarlo nella stesura dei provvedimenti. Sulla carta, i tirocini previsti dal cosiddetto Decreto del Fare del 2013 hanno l’obiettivo di «migliorare l’efficienza del sistema giudiziario» e sono destinati ai laureati con meno di 30 anni e un voto di laurea superiore a 105. In pratica, da lunedì al venerdì e per un minimo di sei ore al giorno, il piccolo esercito di tirocinanti aiuta ad alleggerire la mole di lavoro dei giudici. Nel 2015 il ministero della Giustizia decise di prevedere un rimborso spese di 400 euro al mese, da distribuire sulla base del reddito delle famiglie, stanziando un fondo di 8 milioni di euro.
Anche se con grande ritardo, oltre 1500 volenterosi, cioè tutti i tirocinanti, sono stati rimborsati. Portare gli aspiranti magistrati nei tribunali italiani si è rivelato un’idea azzeccata, tanto che nel 2016 le richieste di tirocini da parte dei tribunali italiani sono più che raddoppiate. Ma le risorse per pagare le borse di studio sono rimaste le stesse.
Così la settimana scorsa 1300 dei 4mila volenterosi hanno scoperto che dal ministero non riceveranno nemmeno un euro, perché esclusi dalla graduatoria stilata sul reddito delle famiglie. «Ad aprile ho concluso i diciotto mesi, mi aspettavo circa 7mila euro, ma alla fine ne ho ricevuti solo 1200 per il 2015 – racconta Elena Cante, 27 anni, barese laureata a pieni voti alla Cattolica di Milano -. A luglio tenterò il concorso di magistratura, ho svolto il tirocinio in contemporanea con la scuola di specializzazione. Tutto a spese della mia famiglia, e ritengo sia una grave ingiustizia: siamo trattati come studenti, anche se non lo siamo più da un pezzo».
 
La graduatoria pubblicata la settimana scorsa ha escluso poco meno della metà dei partecipanti sulla base dell’Isee, calcolato per le prestazioni erogate per il diritto allo studio universitario. Nessuno di loro però è uno studente, tanto è vero che per il fisco la borsa è equiparata alle retribuzioni da lavoro dipendente.
Per protestare, i ragazzi hanno creato un gruppo su Facebook e scritto una lettera al ministro della Giustizia Andrea Orlando. «È assurdo che lo Stato, che impone ai liberi professionisti e alle aziende di retribuire i propri stagisti, anche solo sotto forma di rimborso spese, sia il primo a non rispettare i suoi obblighi – scrivono i giovani e beffati tirocinanti -. Le nostre proposte sono tre: un ulteriore stanziamento dei fondi, una redistribuzione delle risorse o l’accesso a numero chiuso, anche se andrebbe contro l’interesse di tutti. Lo chiediamo perché il lavoro è lavoro, e va pagato».
 
«Non si tratta di una sorprendente vicenda isolata – commenta Claudio Riccio, esponente del comitato nazionale di Sinistra italiana, che ha presentato un’interrogazione parlamentare sulla vicenda -. Dai volontari dell’Expo agli scontrinisti della Biblioteca nazionale di Roma, c’e un’intera generazione a cui viene chiesto di lavorare grati in nome dell’esperienza, del sacrificio e di un rigo in più sul curriculum». «Non ci sono orari prestabiliti, non dobbiamo timbrare il cartellino, tanto per capirci – racconta Daniele Labianca, 25 anni, tra i tirocinanti senza rimborso del tribunale di Foggia -. Anche lavorando come praticante avvocato la storia è la stessa: la regola in Italia è il praticantato gratuito. Per chi cambia città, ci sono pure le spese di vitto e alloggio, sempre e solo a carico dei genitori. Anche se sei laureato bene e in tempo, preparato e disposto a sacrificarti, dopo la laurea in giurisprudenza soldi non se ne vedono mai». NADIA FERRIGO
TORINO