Cagliari, choc nei parcheggi di Terramaini: “Uno straniero ha cercato di violentarmi”

Una 52enne aggredita da un uomo dopo essere entrata nella sua automobile. Interminabili minuti di terrore: “Mi ha graffiato e mi ha messo le mani sul seno e sulle cosce. Ha provato a baciarmi, lasciandomi saliva sulla faccia. Da quel giorno ho ansia e difficoltà…
È entrata nella sua auto, parcheggiata in via Vesalio, dopo essersi allenata, in gruppo, dentro il parco. Il tempo di sedersi al posto di guida, poi l’inaspettato rumore dello sportello del lato passeggero che si apre: “Da quel momento è iniziato il mio inferno”. Elena, 52enne residente in un piccolo Comune dell’Area vasta cagliaritana e lavoratrice in una struttura sanitaria di Cagliari, porta ancora i traumi – non tutti visibili – di una bruttissima aggressione, avvenuta il 2 ottobre scorso. Le foto dei lividi alle gambe, alle cosce e al seno sono allegate alla denuncia che ha presentato, una settimana più tardi, alla questura. La foto del suo volto preferisce non mostrarla: “Ho ancora molta paura”. Cinque pagine, quelle col timbro della questura cagliaritana, dalle quali emerge, stando al racconto fatto dalla donna, qualcosa che può avere un solo nome: “Tentata violenza.
 
Un ragazzo dalla pelle scura mi ha aggredita, mettendomi le sue mani sulle spalle e tirandomi verso di lui, tentando di baciarmi. Ho provato a divincolarmi, ma lui ha iniziato ad allungare le mani sul mio corpo in maniera ossessiva. Ne ha infilata una nei miei pantaloni”, racconta Elena, “sono riuscita a respingerlo e ne ha infilata un’altra sotto la maglia, riuscendo a spostare il corpetto e arrivando a uno dei miei seni, stringendolo con violenza”.
Un’aggressione choccante, quella subita da Elena, che oggi, fortunatamente, può raccontare: “L’aggressore aveva un bracciale con delle catenine, mentre tentava di palparmi mi ha pure graffiata. Sono riuscita a dargli dei colpi di bottiglia sulla testa e un calcio sul fianco, lui a quel punto è fuggito. Sotto choc e piena di lividi sono rientrata a casa, e solo una settimana dopo ho deciso di presentare la denuncia”. Tra le pagine della denuncia, emerge anche il fatto che Elena non ha potuto contare sull’aiuto di nessuno: “Il parco era ancora molto frequentato, una donna con un passeggino e un ragazzo che stava correndo con le cuffiette nelle orecchie sono passati accanto all’auto ma non si sono fermati”. I segni visibili dell’aggressione sono tanti: “Lividi e forti dolori al seno sinistro, al torace, alle spalle, alle braccia e alle gambe, in particolare nelle zone dell’inguine, dell’interno e dell’esterno coscia. Il medico ha rilevato lesioni anche al collo, su una delle spalle e varie ecchimosi”. I segni “non visibili” dell’aggressione? “Ansia e terrore, all’inizio. Da quel maledetto giorno ho difficoltà a mangiare e dormire e ho paura a rimanere sola”.
La 52enne, a quattro mesi e mezzo da quella serata di follia, si sente di dare un consiglio, a tutte le donne, purtroppo basata della sua esperienza diretta: “Appena si entra in auto bisogna subito inserire la sicura, e stare sempre attente a chi c’è intorno. Prima di salire bisogna assicurarsi che non ci sia nessuno di sospetto. Questo è ciò che ho imparato sulla mia pelle”.
Ultima modifica: 21 febbraio 2018
 
Di Paolo Rapeanu 20 febbraio 2018

Ritual KillersYoung lady murdered, heart, intestines removed (Very Graphic Photo)

ritual murderAnother young lady has fallen a victim of ritual killers as she was murdered and her heart and intestines removed.

Published: 29.02.2016 Isaac Dachen

The body of the murdered girl

The quest for money, wealth and power seems to have overtaken the reasoning of many people in this age as they can go to any length to get what they want, including killing their fellow human beings.

Read More: “Desperation: Body of young lady allegedly murdered for money ritual found in Port Harcourt (Graphic Photo)”

This was the case with these very disturbing photographs that were shared on Twitter over the weekend by a usere with the name Aliyu Kwarbai, where an an unfortunate young lady fell a victim of the mindless killers who murdered her, ripped open her stomach and removed the intestines as well as her heart which was also removed.

Read More: “Rituals: 2 more female corpses found in Ikorodu”

The gory incident was said to have happened in a community in the eastern part of Nigeria.

See the tweet here.

Le case popolari? A Roma la Raggi le assegna agli immigrati

virginia-raggi-campi-romi 10 MILIONI di italiani sotto la soglia di povertà? Chi se ne frega

Anche ai disoccupati e senzatetto italiani la Raggi da 800 euro casa e lavoro? Ma il motto dei 5S non era non lasceremo indietro nessuno? Qui le priorità mi sembrano chiare.


Le case popolari? A Roma la Raggi le assegna agli immigrati
La protesta di Manolo: “Una volta Robin Hood rubava ai ricchi per dare ai poveri. Ora toglie agli italiani per dare agli stranieri” “Ho perso il conto degli anni passati ad aspettare una casa. Ho 10 punti, un figlio di 14 anni disabile,

15 Febbraio 2018 alle 21:01

Le case popolari? Virginia Raggi le ha date agli immigrati. Già perché è sufficiente scorrere la lista degli assegnatari dei 53 alloggi popolari di Roma, del dicembre dello scorso anno, per accorgersi che ben 21 sono andati a stranieri. E che il nome più frequente è Mohammed, che nella lista compare ben sei volte, poi c’è Fatiha, Banday Ali, Kabir, Abdel, Moustafa, Vadim, Fatou, Theresiamma, Gerald, Vivian, Maryam, Edna, Valentyna, Czeslawa, Jesus.

Ventuno stranieri, il 40% del totale. Sicuramente più bisognosi, perché con prole, rispetto agli italiani, che i figli non li fanno perché non hanno i soldi per mantenerli. Ma esultare, come ha fatto la sindaca, con quel suo “scroccopoli è finita”, quando a finire nell’angolo sono i cittadini italiani, che la costruzione di quelle case le hanno pagate con le tasse, è quanto meno di cattivo gusto. Ed è poi sufficiente scorrere sul sito del Comune l’elenco delle graduatorie aggiornato al 16 gennaio 2018 e leggere i nomi degli ammessi alle liste (sono criptati, è vero; ma per i cognomi che cominciano con Kru, Tho e Her ed i nomi con Hat, Kat e Mou è facile intuirne la provenienza straniera) per rendersi conto che il trend è in continua ascesa. Oltre al danno, la beffa. Per gli italiani.

Perché poi c’è chi, come Manolo di Tor Bella Monaca, intervistato dal Tempo, che racconta con amarezza della grande beffa: “Ho perso il conto degli anni passati ad aspettare una casa. Ho 10 punti, un figlio di 14 anni disabile, ma sono italiano e lavoro pagando le tasse. La sindaca dovrebbe considerare, quando fa questo genere di operazioni-legalità che la maggior parte degli stranieri un’occupazione nemmeno la cerca, c’è chi vive spacciando droga, e qui a Tor Bella Monaca è pieno; chi invece fa il venditore ambulante e logicamente figura come povero. Siamo alla follia: una volta Robin Hood rubava ai ricchi per dare ai poveri. Ora toglie agli italiani per dare agli stranieri”.

http://www.ilpopulista.it/news/15-Febbraio-2018/23474/le-case-popolari-a-roma-la-raggi-le-assegna-agli-immigrati.html

Macerata, nigeriano spaccia a studente minorenne. Guarda chi è…

Innocent spacciaPamela poteva essere viva se il suo assassino non fosse stato graziato.

Trovato con la droga in casa, “il giudice, convalidato l’arresto, ha deciso di non applicare alcuna misura e il 29enne è tornato libero”
 
 
 
innocent spaccia2Macerata, spaccia ad uno studente minorenne, nigeriano finisce in manette. Ma evidentemente poco dopo è già fuori, visto che la notizia, vecchia (è datata 4 febbraio 2017 ed è apparsa su giornale on line Cronachemaceratesi.it), riguarda un “richiedente asilo” a nome Innocent Oseghale, il nigeriano arrestato per aver fatto a pezzi Pamela Mastropietro!
L’uomo, anzicché essere espulso, era dunque già stato arrestato per spaccio ma, riferisce il giornale telematico, il giorno dopo “era tornato libero al termine dell’udienza di convalida svolta al tribunale di Macerata”. Come se non bastasse, a casa dell’uomo gli agenti avevano trovato “quattro involucri in cellophane, nascosti nelle tasche di un paio di pantaloni che erano in un armadio. Gli involucri, termosaldati, contenevano 22 grammi di marijuana. Il 29enne è stato arrestato e messo ai domiciliari. Il giudice, convalidato l’arresto, ha deciso di non applicare alcuna misura e il 29enne è tornato libero”.
 
E nonostante tutto questo, in barba alla vendita di veleno ai ragazzini delle scuole, ai Giardini Diaz, Oseghale era ed è ancora in Italia. Se anziché essere una tragedia, questo fosse uno sketch di Crozza verrebbe da dire: “Cosa aspettano a rimpatriarlo, che ammazzi qualcuno? Ah, no…”.

Il ministero della Verità ha deciso: Pamela conta meno degli spari di Traini

Traini PamelaHanno talmente paura che MAFIA CAPITALE che alimenta un flusso di denaro impressionante sul quale è reato indagare o porre domande, sono soldi del contribuente, che volevano chiudere il caso come morte di overdose.
Vi ricordate le parole pronunciate a Macerata dal ministro Minniti solo poche giorni fa, in occasione dell’uccisione e dello smembramento di Pamela Mastropietro ad opera di un immigrato nigeriano? In effetti è impossibile: il ministro dell’Interno, infatti, ha ritenuto di non doversi recare sul luogo di un delitto tanto efferato, derubricandolo evidentemente a mero fatto di cronaca, crudo, sì, ma privo di “contesto”, senza agganci con qualcosa che stia accadendo nella realtà italiana. Non così dopo la folle scorribanda di Luca Traini, nella medesima città.
Un episodio che ha acceso i riflettori su Macerata, ha portato in città Minniti, e soprattutto ha attivato la ricerca affannosa dei “mandanti morali”, del contesto ideologico, del retroterra politico. La megamacchina mediatico-politica si è mossa, in grande stile. Non esiste una graduatoria dell’orrore e della follia, sarebbe di cattivo gusto anche stilarla, ma i custodi del pensiero unico hanno dimostrato di avere invece in testa gerarchie molto chiare: i pezzi di Pamela caricati in due valigie “pesano” meno degli spari di Macerata.
Pamela non conta, non stimola riflessioni, sono “c.ose che capitano”, tragiche fatalità, ha incontrato la persona sbagliata nel momento sbagliato. Il raid di Traini no, quello è solo la punta di un iceberg di intolleranza e odio. Da Traini deve partire un processo morale, se non addirittura penale, contro tutta un’area politica, contro chiunque, in qualsiasi modo, si opponga all’immigrazione incontrollata. Contro ogni residuo di identità, contro ogni volontà di rimanere se stessi. A dettare la linea è stato subito Roberto Saviano, che prima ha definito Matteo Salvini il “mandante morale” degli spari (e il mandante morale dell’omicidio di Pamela chi è? Saviano?), poi ha mandato un foglio d’ordini alla stampa: “Invito gli organi di informazione a definire i fatti di Macerata per quello che sono: un atto terroristico di matrice fascista. Ogni tentativo di edulcorare o rendere neutra la notizia è connivenza”. Dire la verità, e cioè che Traini era uno psicopatico, con ossessioni tratte dall’immaginario di estrema destra, certo, ma comunque un matto, diventa quindi complicità. Eppure è questo che emerge, dai frammenti di vita di Traini che si riescono a mettere insieme a posteriori
 
Sappiamo che, secondo un amico, l’uomo “era andato in cura da uno psichiatra, che a quanto diceva lo aveva giudicato ‘border line’. Lui quasi era orgoglioso, a dimostrazione di quanto fosse ignorante e scemo. Aveva una situazione familiare disastrosa: il padre se n’era andato quando era piccolo e la madre, anche lei con grossi problemi, lo aveva cacciato di recente. Luca viveva con la nonna. Ho provato tante volte ad aiutarlo, a riportarlo sulla retta via. Ha fatto dei lavoretti, ma duravano sempre poco. Di solito come manovale, ma anche come buttafuori. Ultimamente aveva perso un altro lavoro”. Sul Resto del Carlino spunta un altro particolare inquietante: A qualcuno aveva anche confidato di professarsi ‘rettiliano’, ovvero coloro che credono nell’esistenza di uomini rettili”.
Ecco, di questo personaggio non si può dire che fosse pazzo. Il nigeriano che ha fatto a pezzi Pamela, quello sì, poverino, aveva dei grossi problemi. Non fatevi domande, per carità, sulla mafia nigeriana, sui riti e le credenze di tipo magico che la innervano, né sull’opportunità di continuare a importare alienati in casa nostra, che poi qui si alienano ancora di più.
 
Non fatevi domande, su Pamela e la sua tragica fine, non c’è niente da sapere e niente da chiedersi. È capitato, punto. Come quando cammini per strada e ti cade un vaso di fiori in testa. Era destino. Non ci sono domande da porsi, non ci sono mandanti, non ci sono ideologie. Il ministero della Verità ha già deciso, l’udienza è tolta.
 
Adriano Scianca 4 febbraio 2018

Pamela, sepolta dal cinismo di media e politica

pamela mastropietroC’è qualcuno a cui interessa davvero di Pamela Mastropietro? Della sua vita, del suo destino, del dolore dei suoi genitori? Una ragazza di appena 18 anni, dapprima caduta nel tunnel della droga, ora barbaramente, selvaggiamente uccisa a Macerata, probabilmente dopo essere stata violentata, e il suo corpo smembrato. Per il suo omicidio è stato arrestato un giovane nigeriano, Innocent Osenghale; le prove a suo carico, da quel che si legge, sembrano schiaccianti.
Ma è proprio a questo punto che si cominciano a perdere le tracce di Pamela sui media e anche nella politica. Perché le circostanze e l’autore dell’omicidio danno il via al solito squallido teatrino ideologico. Per i nostri media laicisti sembra proprio che l’omicidio di Pamela (curiosamente in questa circostanza nessuno usa la parola “femminicidio”) sia un po’ meno grave visto che a commetterlo è un immigrato africano.
Certo, c’è anche chi ne approfitta un po’ per alimentare la propria campagna elettorale in chiave anti-immigrazionista; certo, di omicidi efferati ne commettono anche gli italiani, ma accusare di razzismo e xenofobia chiunque fa notare l’anomalia e l’inaccettabilità della presenza di un immigrato senza permesso di soggiorno che vive indisturbato in un piccolo centro e ancora più indisturbato nello stesso piccolo centro spaccia droga, è semplicemente folle.
Non è un caso isolato, purtroppo: di casi di cronaca nera provocati da immigrati nelle stesse condizioni ne abbiamo registrati già diversi, ed è solo la punta di un iceberg: chiunque può vedere gruppi più o meno grandi di immigrati irregolari che vagano per città piccole e grandi facendo nulla o anche spacciando droga. E se la gente non si sente sicura, ha paura, non è per xenofobia o per razzismo.
Ma poi, su una situazione già avvelenata e in cui Pamela, il suo corpo smembrato, è già sullo sfondo, ecco arrivare un altro giovane, Luca Traini, decisamente border-line e forse anche oltre, che decide di tentare una strage di immigrati sparando dalla sua auto. Alla fine il bilancio è di sei feriti. Non c’è nulla al momento che faccia pensare all’azione di un qualche gruppo estremista, sembra proprio l’atto di uno psico-labile esaltato dall’omicidio commesso pochi giorni prima. Ma ecco che a questo punto Pamela sparisce completamente dalla vista; dalle più alte cariche dello Stato all’ultimo degli opinionisti diventa tutto un allarme-razzismo, proclami che sfiorano il ridicolo, la chiamata alla mobilitazione anti-fascista. E non parliamo neanche dei deliri dello scrittore Roberto Saviano. Dai media i sei immigrati feriti vengono subito coccolati ed esaltati, della ragazza fatta a pezzi e messa in due valigie non c’è più traccia.
 
In realtà non interessa a nessuno neanche della storia e della realtà che vivono i sei immigrati feriti, tutto e tutti diventano pretesto per le diverse battaglie politiche e ideologiche. E quindi, esaurita la forza propulsiva della cronaca, si dimenticherà anche questo caso senza che nulla sia stato fatto almeno per minimizzare le condizioni che possono portare a queste tragedie: lo spaccio e il consumo di droga, l’immigrazione senza controllo e le attività illecite degli immigrati. Almeno fino al prossimo caso, quando le reciproche indignazioni si riaffronteranno ancora sopra qualche altro cadavere.
Per quel che ci riguarda, il nostro pensiero torna a Pamela, a una vita di 18 anni stroncata dal vuoto esistenziale riempito con le droghe e dalla violenza di un uomo che non sarebbe neanche dovuto essere lì. Per lei ora possiamo solo pregare per la sua anima – in ogni caso l’aiuto più grande che chiunque può darle -, ma molto altro c’è da fare per evitare che accadano altre tragedie di questo genere.
 
Riccardo Cascioli 05-02-2018

Confermato: gli Emirati Arabi finanziano il traffico umano per fare pressione sull’Europa


Feb 07, 2018
 
Migranti nei centri in Libia
 
Un alto funzionario dell’Ufficio di Immigrazione della Libia ha informato questo martedì che gli Emirati Arabi Uniti (EAU) sostengono e finanziano il traffico umano di migranti dall’Africa verso l’Europa per utilizzare queste persone come strumento di pressione contro i paesi europei a proprio beneficio.
 
Senza entrare in dettagli il funzionario ha riferito chegli Emirati Arabi Uniti non hanno una stretta relazione diretta con i commercianti e trafficanti ma offrono soltanto appoggio finanziario al traffico umano per motivi politici”.
L’ufficiale libico, che ha voluto mantenere l’anonimato, basa le sue accuse sulle testimonianze rilasciate dai migranti che si trovano nel centro per i rifugiati alloggiati ion Libia, ed ha precisato che gli Emirati stanno equipaggiando i trafficanti con nuovi veicoli in grado di muioversi agevolmente in aree desertiche, li riforniscono di armi ed aiutano i principali trafficanti a fuggire dopo aver portato a termine i loro viaggi.
Migranti in arrivo su coste italiane
 
Circa le motivazioni che spingono Abi Dabi a sostenere questo traffico, la fonte assicura che si tratta di motivazioni politiche, presumendo che gli emirati promuovono le migrazioni di cittadini africani verso l’Europa per utilizzrli come leva di pressione contro i paesi europei e materializzare così i propri obiettivi politici. E’ noto che gli Emirati sono un paese satellite dell’Arabia Saudita e che questa potenza favorisce l’emigrazione di grandi masse islamiche verso l’Europa dove sono in azione gli iman, formati in Arabia Saudita, per diffondere l’ideologia religiosa wahabita e salafita che è quella vigente a Rijad e nei paesi del Golfo.
Tuttavia lo stesso funzionario spiega che gli Emirati non sono il solo paese implicato nel traffico umano, visto che tale traffico è agevolato anche da gruppi che si trovano in Libia, da altre organizzazioni che sono nel Sudan e nella Nigeria, per quanto le motivazioni di alcuni e di altri non sono le medesime. Allo stesso tempo il funzionario ha segnalato che tra i favoreggiatori e complici del traffico ci sarebbe anche una influente tribù dell’Eritrea.
 
L’Europa, dal Gennaio del 2015, assiste ad un massiccio afflusso di migranti dai paesi africani e dal Medio Oriente, la maggioranza dei quali mettono a rischio la loro vita attraversando il mare dalla Libia verso le coste dell’Italia. Un numero imprecisato di questi migranti ha perso la vita durante il trasferimento in mare.
 
Vari gruppi di difensori dei Diritti Umani, come Amnesty International, hanno criticato la gestione di questo fenomeno fatta dall’Unione Europea.
Fonte: Hispantv
Traduzione: Luciano Lago

IN PENSIONE CON SOLO 5 ANNI DI CONTRIBUTI? VALE SOLO PER GLI IMMIGRATI! ECCO COSA

contributi pensione migrantima non ci pagavano le pensioni? A proposito di legge uguale per tutti eh?


IN PENSIONE CON SOLO 5 ANNI DI CONTRIBUTI? VALE SOLO PER GLI IMMIGRATI! ECCO COSA E’ SCRITTO “NERO SU BIANCO” NEL SITO DELL’INPS
9 FEBBRAIO 2018
Se non versano contributi per almeno 20 anni, i lavoratori italiani perdono tutto il tesoretto versato. “Gli immigrati (invece) prendono la pensione anche con cinque anni di contributi”. E’ quanto riporta un articolo di “La Verità”, nuovo quotidiano fondato da Maurizio Belpietro sbarcato nelle edicole da qualche giorno. L’articolo, firmato dalla penna di Francesco Borgonovo, sottolinea:
 
“E’ tutto scritto lì, sul sito dell’Inps. Con tagliente semplicità, quasi con una punta di burocratico compiacimento, viene illustrato il privilegio di cui godono i lavoratori immigrati”.
 
Di fatto, continua:
 
“non è vero che gli stranieri lasciano un tesoretto: se tornano a casa possono riprendersi ciò che hanno dato. E senza le restrizioni previste per gli italiani. Riscuotono anche se non hanno effettuato i versamenti minimi”.
L’immigrato che decide di rientrare in patria, insomma, non perde i contributi versati.
 
Tutt’altro. Ha diritto ad avere una pensione di vecchiaia erogata dall’Inps esattamente come i cittadini italiani. E qui la questione si fa interessante. Il sito dell’Inps spiega che, per “gli extracomunitari rimpatriati” si devono distinguere due casi, “a seconda che la pensione venga calcolata con il sistema contributivo o retributivo”.
E qui si può andare a leggere quanto risulta dalla pagina del sito Inps che porta il nome “Prestazioni pensionistiche rimpatriati“. Per leggere sul sito dell’Inps, clicca QUI.
Così sotto il titolo “Trattamenti pensionistici ai lavoratori extracomunitari rimpatriati”:
 
“in caso di rimpatrio definitivo il lavoratore extracomunitario con contratto di lavoro diverso da quello stagionale conserva i diritti previdenziali e disicurezza sociale maturati in Italia e può usufruire di tali diritti anche se non sussistono accordi di reciprocità con il Paese di origine”.
 
Sotto il sottotitolo “Pensione di vecchiaia”
  • Si devono distinguere due casi, a seconda che la pensione venga calcolata con il sistema contributivo o retributivo. Nel primo caso, i lavoratori extracomunitari assunti dopo il 1° gennaio 1996, possono percepire, in caso di rimpatrio, la pensione di vecchiaia (calcolata col sistema contributivo) al compimento del 66° anno di età e anche se non sono maturati i previsti requisiti (dunque, anche se hanno meno di 20 anni di contribuzione).
  • Nel secondo caso, i lavoratori extracomunitari assunti prima del 1996 possono percepire, in caso di rimpatrio, la pensione di vecchiaia (calcolata con il sistema retributivo o misto) solo al compimento del 66° anno di età sia per gli uomini che per le donne e con 20 anni di contribuzione.
Questo, quanto scrive l’Inps e riporta il quotidiano La Verità.
 
Andando a scavare più in profondità, si nota tuttavia un articolo pubblicato sul sito Pensionioggi.it che sulla pensione di vecchiaia scrive praticamente la stessa cosa, ma che ricorda come sia stata la legge Bossi-Fini del governo Berlusconi a stabilire il “favoritismo” di cui parla il giornale di Belpietro. Se l’intenzione era di attaccare il governo Renzi o in generale la sinistra, insomma, Belpietro ha fatto una bella gaffe.
 
” Ai lavoratori extracomunitari con rapporto di lavoro a tempo indeterminato o determinato rimpatriati spetta al compimento dei 66 anni di età e 7 mesi (65 anni e 7 mesi le donne). Dal 2018 il requisito sarà parificato a 66 anni e 7 mesi per entrambi i sessi. Fin qui siamo nel solco della norma di carattere generale, quella che non fa differenze in base alla nazionalità del lavoratore. Ma è un altro discorso se si guarda al requisito contributivo (quello appunto citato dal quotidiano La Verità).
 
Qui occorre dividere la materia in due antitetiche situazioni: 1) se la pensione è liquidata con il sistema retributivo o misto (cioè se il lavoratore è in possesso di contribuzione al 31 dicembre 1995), si applica in toto la normativa italiana, senza alcuna deroga; perciò la colf/badante dovrà raggiungere il minimo dei 20 anni di versamenti per avere diritto alla pensione;
 
2) se il lavoratore ricade, invece, nel contributivo puro (cioè non era in possesso di contribuzione al 31 dicembre 1995) la legge Bossi-Fini (legge 189/2002)prevede che la pensione venga pagata anche se l’interessato non ha raggiunto il minimo dei versamenti previsto dalla normativa vigente. Per i cittadini italiani e i comunitari, invece, la pensione di vecchiaia nel sistema contributivo può essere liquidata solo in presenza di almeno 20 anni di contributi a condizione, peraltro, che l’importo dell’assegno non risulti inferiore a 1,5 volte l’importo dell’assegno sociale) oppure, se non è rispettato il predetto importo soglia a 70 anni e 7 mesi in presenza di almeno 5 anni di contributi effettivi. In sostanza pergli extracomunitari nel sistema contributivo, la pensione viene pagata dall’Italia qualunque sia il numero dei contributi versati”.
 
E a tal proposito l’articolo del quotidiano La Verità mette in evidenza che “per gli stranieri, tutte queste restrizioni non esistono”, visto che “l’extracomunitario che, dopo il 1° gennaio 1996, ha versato contributi all’Inps, se torna in patria ha diritto alla pensione anche se non ha raggiunto il minimo di versamenti previsti dalla normativa vigente”.
 
Ora, anche se Pensioni Oggi rileva che “è opportuno ricordare che la legge 189/2002 (dunque Bossi-Fini) ha posto fine a una incredibile facoltà riconosciuta agli extracomunitari dalla legge 335/1995 (legge Dini), in base alla quale chi rientrava in patria senza avere raggiunto il diritto a pensione poteva chiedere la restituzione dei contributi pagati, compresa la quota a carico dell’azienda”, si nota come l’articolo del quotidiano di Belpietro fa riferimento a una normativa non voluta dal governo Renzi, ma addirittura dal governo Berlusconi.

Microcredito e migrazioni di massa: la finanziarizzazione della disperazione

migration loanMolto interessante. Dove trovi 6000 dollari se sei in un paese povero, per di più in guerra? Per i senzatetto italiani nessun LOAN. Per i disoccupati italiani nessun Loan, solo cartelle di Equitalia.
ED ECCO UN ALTRO TASSELLO DI MAFIA CAPITALE INTERNATIONAL, CHIARO PERCHE’ OGNI OBIEZIONE SIA DA CENSURARE E REPRIMERE?? SOLDI, anche se la chiamano solidarietà

È una domanda che tutti, almeno una volta, ci siamo posti: chi finanzia i costosi viaggi della morte che spingono migliaia di disperati su imbarcazioni di fortuna, tra mille peripezie e l’incognita dell’approdo?
 
Molti giornalisti si sono impegnati nella ricostruzione dei calvari degli emigranti per arrivare al porto di partenza, delle condizioni schiavistiche cui sono sottoposti dalla criminalità locale. Ma rimane irrisolto il tassello iniziale di queste tragiche diaspore, ossia la disponibilità di somme di denaro ragguardevoli, esorbitanti se rapportate al tenore di vita locale, per intraprendere il viaggio. Le inchieste in merito sono limitate e le nostre domande cadono nel vuoto.
Nel cercare di comprendere questo enigmatico fenomeno ci viene in aiuto uno studio condotto dalla sociologa Maryann Bylander in Cambogia tra il 2008 il 2010. Analizzando la frequenza e le modalità di emigrazione della popolazione  si scopre una correlazione diretta tra espansione del microcredito e aumento dei flussi migratori verso l’estero.
Stesso nesso si riscontra in un altro Stato del Terzo Mondo, il Bangladesh, paese di origine di circa un decimo dei migranti che ogni anno arrivano in Italia (oltre 10 mila nel solo 2017).
E’ qui che, grazie all’appoggio di illustri sostenitori come i Clinton e Bill Gates e con il sostegno della stessa Banca mondiale, venne creata nei primi anni ’80 la Grameen Bank, istituto finanziario che concedeva denaro alle persone più indigenti, impossibilitate ad avere accesso al credito, con il fine “filantropico” di offrirgli un futuro migliore. I prestiti concessi si tramutarono in un incentivo all’emigrazione per la popolazione locale, priva degli strumenti e delle possibilità di investire le somme ricevute in modo proficuo e di poterle restituire con i dovuti interessi. In men che non si dica si è venuto a creare il business dei cosiddetti “migration loans”, un affare d’oro per organizzazioni non governative come BRAC (Bangladesh Rural Advancement Commitee), leader nel settore.
Il sito istituzionale dell’organizzazione  bengalese – attualmente la più grande al mondo e prima nella classifica delle cento migliori ONG secondo il Global Journal nella specifica sezione “Migration loans” dichiara : “In Bangladesh, le scarse opportunità di lavoro per una popolazione in età lavorativa in crescita comportano che molti giovani, uomini e donne si trasferiscano all’estero per lavorare. Sebbene sia spesso un investimento che vale la pena fare, i costi iniziali per andare all’estero sono considerevoli (…) BRAC offre alle persone in cerca di lavoro all’estero prestiti per emigrare, progettati per soddisfare le esigenze di finanziamento dei lavoratori migranti in modo gestibile e conveniente. Il programma di microfinanza controlla anche la validità dei contratti e dei documenti di viaggio per garantire che i clienti non siano vittime di frodi da parte di agenti non autorizzati. (…) A giugno 2016, BRAC ha contribuito a finanziare 194.000 lavoratori migranti che cercano lavoro all’estero.
 
Ma non solo, oltre a fornire i finanziamenti e l’assistenza per emigrare, l’organizzazione non governativa più grande al mondo si occupa anche di come ottenere il rimborso e il pagamento del prestito. Nella stessa sezione del sito, infatti, sotto la dicitura “Prestiti di rimessa” si legge: “BRAC fornisce ulteriore supporto alle famiglie dei migranti sotto forma di prestiti di rimesse. Questi prestiti sono progettati per offrire maggiore flessibilità alle famiglie che fanno affidamento sulle rimesse mensili inviate da un familiare che guadagna all’estero.” Tali prestiti, spiega l’ONG, consentono alle famiglie di accedere a somme di denaro forfettarie per fare investimenti o spese mentre aspettano di ricevere le rimesse inviate dall’estero. Si tratta “di scommesse sicure per la famiglia e per BRAC perché i clienti hanno un flusso di guadagno assicurato con cui pagare costantemente le rate ogni mese.” Tra giugno 2014 e giugno 2016 BRAC ha offerto questo servizio a oltre 40.000 famiglie.
 
Un business sul business quello di BRAC, che opera non solo in Asia ma anche in America Latina e in molti paesi dell’Africa. Vengono concessi finanziamenti non per lo sviluppo dell’economia locale, bensì per incentivare l’emigrazione, secondo un infondato modello di sviluppo economico che vede nelle rimesse da parte dei migranti una fonte di crescita per il paese d’origine. In realtà è provato che tali rimesse, laddove riescano a ripagare il debito contratto dalla famiglia per il viaggio all’estero, vengono destinate per lo più al fabbisogno e ai consumi primari e non agli investimenti e alla attività produttive locali. Non sono rari i casi drammatici di vite immolate per ripagare il prestito, dall’aumento dei suicidi riscontrato in alcune zone dell’India alla vendita di organi da parte di cittadini bengalesi.
Un affare d’oro quello delle rimesse – a latere del quale prolifera il settore delle agenzie di recupero del credito – che ha visto un incremento in termini globali di oltre il 50% in soli 10 anni, per una cifra complessiva di 445 miliardi di rimesse nel solo 2016, il 13% delle quali è stato inviato in Africa (dati Ifad). E proprio verso questo continente inviare denaro sotto forma di rimesse è particolarmente oneroso, con commissioni che vanno dal 10 fino al 15%.
 
Un sistema perverso e ben oleato di finanziamenti, tassi di interesse e commissioni che fa della disperazione il proprio fulcro.
 
È la finanziarizzazione della povertà e delle vite umane, una delle tappe più sciagurate di un modello economico globale antisociale e regressivo.

PRESIDENTE NIGERIA: “NON DATE ASILO A NIGERIANI, DA NOI SCAPPANO DELINQUENTI”

sarà mica razzista pure lui? A noi antirazzisti sembra tanto strano che i paesi africani abbiano un ordinamento giuridico al quale i cittadini di tale paese debbano attenersi? E suona tanto strano che omicidio e stupro siano reati anche là? E che chi commette reati finisce in galera? Ed è ovvio che vogliano fuggire? Capisco solo che quando i media a prescindere li ritiene profughi senza manco sapere chi realmente siano e da cosa fuggono, mettono a repentaglio altre persone, ma guai a parlare di responsabilità morale, concetto da usare solo a senso unico.

In un’interessante intervista concessa al britannico Telegraph, il presidente della NigerPresidente Nigeriaia, Buhari, spiega come ad abbandonare il suo Paese siano in gran parte i criminali, e che non avrebbero alcun motivo di chiedere Asilo, visto che in Nigeria non ci sono guerre.
 
Parlando con il corrispondente Colin Freeman durante un viaggio a Londra, Buhari ha avvertito i suoi concittadini di “smettere di cercare Asilo politico all’estero”, perché i nigeriani che “partecipano all’esodo di clandestini verso l’Europa, lo stanno facendo solo per ragioni economiche, e non perché in pericolo.”*
Ha continuato dicendo che “a causa del numero di nigeriani detenuti per violazioni della legge in tutta Europa, è improbabile ottenere molta simpatia all’estero!”
“Alcuni nigeriani affermano che è troppo difficile tornare a casa, ma hanno anche reso difficile ad europei e americani accettarli, a causa del numero di nigeriani nelle prigioni di tutto il mondo accusati di traffico di droga o di traffico di esseri umani”, ha detto.
Non credo che i nigeriani abbiano motivo di lamentarsi. Possono rimanere a casa, dove sono richiesti i loro servizi per ricostruire il paese.”
Una persona sensata. A dimostrazione che da questi Paesi arriva da noi il peggio.
by informazionelibera · 26 gennaio 2018