Il cuoco, l’insegnante di lingua, la disoccupata: “Noi, ragazzi di Expo, sei mesi dopo”

Successi e delusioni nelle voci degli under 30 che hanno lavorato all’Esposizione universale. Ecco che fine hanno fatto
 
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Milano, 7 Maggio 2015: la coda per visitare Palazzo Italia a Expo
24/04/2016
 
stefano rizzato
milano
 
Di questi tempi, un anno fa, stavano stirando le divise e ripassando la parte. Pronti per sei mesi insieme, al centro del mondo. Ma oggi il popolo di Expo 2015 – dei 20 mila che ci hanno lavorato sodo – è diviso a metà. Diviso da quello che è stato poi, a festa finita. Per molti è stata la svolta, l’occasione per imboccare una strada che prima non c’era, sfruttando i corsi di formazione di Manpower o facendo da sé, reinventandosi come chef o specialisti da grandi eventi. Per altri ragazzi e ragazze è una riga inutile sul curriculum, e giù colloqui e porte in faccia, come e più di prima. Le storie di Expo, sei mesi dopo Expo, sono così. Alcune piene di un entusiasmo mai spento. Altre di tanta delusione. Eccole.
 
SARAH, 28 ANNI: “Disoccupata 5 giorni lavoro per Euro 2016”
«A ben vedere, sì: sono stata disoccupata giusto cinque giorni». Nella casella di chi attraversando Expo ha trovato via e fortuna nuove va certamente messa Sarah Carosiello. Anni 28, torinese, ma nata a New York, non ha tradito la vocazione internazionale. Ad Expo è arrivata dopo aver lavorato tra Milano e Roma nel semestre italiano di presidenza del Consiglio Ue. E adesso è già a Parigi, nel protocollo degli Europei di calcio 2016. «Avevo fatto domanda ad agosto – spiega – poi sono passata attraverso un colloquio via Skype, uno a Ginevra il 3 novembre… e il 5 ho avuto la conferma. Ho studiato relazioni internazionali, e i grandi eventi mi permettono di metterle in pratica. Significa cambiare spesso lavoro, ma per come sono fatta io non è un peso. Il futuro? Vorrei restare nell’ambito degli eventi sportivi».
 
DANIELE, 29 ANNI: “Ho lasciato il posto fisso, ma non sono pentito”
«Davanti avevo una discreta carriera, in una multinazionale di prodotti medicali. Ma non era il mio mondo. Expo è stata l’occasione per cambiare strada». Daniele Maffioli Torriani – 29 anni, di Milano – ha una storia rara, forse unica tra i reduci di Expo. Quella di un laureato in scienze politiche, che lascia il posto fisso e s’imbarca nel grande evento. «Sono stati sette mesi fantastici – racconta sorridendo – e alla fine non avevo alcuna intenzione di tornare alla vita di prima. Sentivo la passione per il food e per l’autoimprenditoria, e mi sono iscritto ad un corso di alta cucina. Ora lavoro con un giovane chef al ristorante “La Maniera di Carlo” e collaboro con un catering fatto tutto da giovani laureati in economia e simili, che si chiama “Chef in camicia”. È una scommessa, e spero funzioni. Un po’ d’ansia per aver lasciato il posto fisso c’è. Ma non volevo trovarmi tra cinque o dieci anni a rimpiangere di non averlo fatto».
 
ALBERTO, 24 ANNI: “Vado a Disneyworld, lavorerò nel ristorante italiano”
Da Arezzo a Rho, Milano. E poi da Rho ad Orlando, Florida. Alberto Cencini, 24 anni, lavorava ad Expo soprattutto di notte. Tra Decumano e padiglioni, mentre i cancelli erano chiusi. E adesso a breve si imbarcherà in una nuova avventura. «Sono stato preso a lavorare a Disneyworld – spiega – grazie al programma internazionale. Ho fatto qualche colloquio su Skype, da Manpower mi hanno dato una mano a prepararmi, è andata bene. Parto il 6 luglio. Rimarrò in tema cibo e dintorni, perché lavorerò al ristorante italiano». È stato proprio con Expo che Alberto ha scoperto la passione per gli eventi: «È un mondo in cui non esiste la noia, ogni giorno è un’esperienza, si creano bei gruppi di lavoro. Ad Expo non mi sono mai alzato una volta senza la voglia di andare al lavoro. Prima lavoravo in un negozio di lampade, ora penso a tutt’altro. A questo primo anno a Disneyworld. E poi chissà, magari a continuare lì salendo di livello. Non mi precludo niente».
 
MARIANNA, 25 ANNI: “Interprete-aiutante, oggi insegno inglese”
«Ero diventata l’interprete non ufficiale dell’Expo. Avanti e indietro, mi chiamavano dappertutto: dagli ingressi ai padiglioni». Con quattro lingue a disposizione – inglese, arabo, francese, spagnolo – l’Expo di Marianna non poteva che essere così: una sorta di Babele dove aiutare tutti a districarsi. Laureanda in Lettere, 25 anni, campana, ha lasciato una tesi in sospeso per essere anche lei nel cuore dell’evento clou del 2015. «E avere Expo sul curriculum – dice – mi ha aiutato moltissimo. È così che sono arrivata a lavorare oggi ai British Institutes della mia città, Avellino. Era tra i miei obiettivi, oggi sono assistente del responsabile alla didattica e aiuto con qualche lezione. Ma in futuro conto di prendere l’abilitazione per l’insegnamento dell’inglese: la mia passione è questa. L’esperienza di Expo? È stata bella non solo di per sé, ma soprattutto perché mi ha fatto crescere tantissimo».
 
DEBORA, 21 ANNI: “Un mese all’ipermercato, l’unica cosa che mi offrono”
«Renzi diceva: chi ha lavorato in Expo troverà lavoro più facilmente. Beh, per adesso è stata una delusione». Debora Vitale, 21 anni, è stata tra i lavoratori più giovani del grande evento che ha acceso Milano nel 2015. L’ha fatto con entusiasmo, occupandosi un po’ di sicurezza e tornelli, un po’ di amministrazione e badge e un po’ di reception. «Mi ero diplomata in lingue da pochissimo – racconta – e ho iniziato già nel cantiere, a novembre 2014. Poi mi sono spostata più volte, ma ad evento finito mi hanno lasciato a casa. Una bella delusione, dopo aver lavorato anche 12 ore al giorno. Come prima cosa pensavo alla Svizzera, a fare la frontaliera, ma poi ho abbandonato l’idea. Intanto avrò fatto 20-25 colloqui da gennaio ad oggi, ma niente. A breve inizierò un contratto di un mese per un ipermercato ad Arese, ma so già che finirà lì. E non nascondo che in questo momento sono tutt’altro che ottimista».
 
DANIELA, 29 ANNI: “Adesso colleziono colloqui, dovrò andare via dall’Italia”
«Nella mia vita, per dieci anni, avevo sempre lavorato. E sempre trovato in uno o due mesi. Adesso no. Ora colleziono colloqui». Mesi a staccare biglietti, e poi solo un lungo limbo senza una data di scadenza. È questo il post Expo di Daniela: 29 anni, alle spalle aveva già un lavoro da impiegata finito per colpa della crisi. Poi aveva scelto di perfezionare l’inglese, era stata nel Devon, era tornata in tempo per il grande evento. «Ad Expo – spiega – ho lavorato in biglietteria, assunta tramite una cooperativa. Mi sono trovata bene, ma è il dopo che mi ha deluso. Speravo che quell’esperienza pesasse nel mio profilo. Invece mi trovo quasi sempre sospesa, dopo colloqui che non portano nemmeno ad una risposta. Mi sono data due mesi, perché per fortuna prendo ancora la disoccupazione. Ma se non dovessi trovare qualcosa di serio – non certo un lavoretto in nero o che dura due o tre mesi – valuterò altro. Anche di andar via di nuovo».
 
ELISA, 26 ANNI: “Solamente porte in faccia da chi prometteva un posto”
«L’Expo sul curriculum? Sembra quasi che porti sfortuna. Mi aspettavo tutta un’altra facilità nel trovare lavoro. In tanti, durante i sei mesi, dicevano: ‘Poi ci sentiamo, da novembre in poi’. Ma sono gli stessi che adesso, a volte, nemmeno rispondono al telefono». Elisa Frigo, 26 anni, fa parte del gruppo di chi sta facendo fatica, tanta, a ricollocarsi sul mondo del lavoro. Ha dovuto sopportare sei mesi di porte in faccia. E allora sta provando anche una strada diversa: una startup da far nascere, insieme ad altri reduci del grande evento milanese. «Il progetto si chiama Outside Expo – racconta – ma forse cambieremo nome. Ci siamo divisi in quattro gruppi a tema: ambiente, arte e cultura, cibo, turismo. E ora stiamo capendo come muoverci per trovare finanziamenti. Io nel frattempo ho appena terminato un corso di due mesi da addetta stampa. E sì: anch’io ne ho fatti parecchi di colloqui. Ma finora solo tanti ‘le faremo sapere’».
Il cuoco, l’insegnante di lingua, la disoccupata: “Noi, ragazzi di Expo, sei mesi dopo”ultima modifica: 2016-04-25T23:08:11+02:00da davi-luciano
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