Archivio mensile:febbraio 2016
Almese caccia Forza Nuova
Un tentativo di propaganda razzista innesca la mobilitazione dell’Anpi e degli antifascisti valsusini. Un corteo si avvicina minacciosamente e gli sgraditi ospiti impacchettano le loro cose e abbandonano. Buona partecipazione dei sindaci.
Inserito il 27 febbraio 2016
di Fabrizio Salmoni
Giornata grigia e pioggia fastidiosa. L’allarme era montato da qualche giorno: i neonazi di Forza Nuova avevano annunciato una presenza di propaganda a Almese per protestare contro l’integrazione di una dozzina di profughi in attività di volontariato da parte del Comune. L’appello del loro coordinatore provinciale, il giavenese Roberto Usseglio Viretta, aveva indignato per i toni da odio razziale dei suoi messaggi e cosi si era fatta avanti l’Anpi di Bussoleno-Chianocco-Foresto chiamando alla mobilitazione. In un territorio che conserva ancora forte la tradizione di lotta partigiana e la memoria dei suoi tanti caduti, la presenza dell’estrema destra non poteva passare sotto silenzio.
Le pressioni sul sindaco Ombretta Bertolo, su prefetto e questore avevano ottenuto di confinare FN nello spiazzo desolato di fronte al cimitero lungo la circonvallazione ma le forze antifasciste hanno contestato l’apparente equidistanza dei rappresentanti istituzionali che sembravano voler equiparare le due parti in campo a dispetto dei dettami costituzionali. “Non accettiamo di essere considerati una parte che contende una piazza“, dichiarava l’Anpi. Da questa situazione che presentava zone d’ambiguità ha preso forza l’appello a manifestare e il conseguente (di ieri) sblocco della situazione: spazio marginale (e consono) a Forza Nuova e comunicato stampa della sindaca che invitava la cittadinanza a partecipare e “…a non accettare strumentalizzazioni da parte di chi si muove dietro i valori della discriminazione razziale e dell’intolleranza…”.
A fronte di una trentina scarsa di neonazisti impossibilitati a muoversi che hanno esposto uno striscione sul lato della strada e di un ingente dispiegamento di polizia, le forze antifasciste (duecento persone circa) si sono mosse dalla piazza del Municipio per raggiungere la circonvallazione. Nel corteo, insieme alle bandiere dell’Anpi di Condove-Caprie e di Almese-Villardora, camminavano diversi sindaci di Valle, oltre alla Bertolo (che si affannava un po’ a contenere la spinta della piazza), abbiamo avvistato la Bellone di S. Didero, la Sarti di Condove, Chirio di Caprie, Plano di Susa in rappresentanza di tutti i sindaci dell’Unione di Valle e vari altri amministratori. Presente anche il senatore Cinque Stelle Marco Scibona.
I vari blocchi della polizia che tentava di evitare il contatto sono riusciti solo parzialmente allo scopo: pressati contemporaneamente da sindaci e amministratori che cercavano continue mediazion e dai manifestanti che trovavano sempre nuove vie di infiltrazione verso la circonvallazione, le forze dell’ordine sono andate in confusione. Piccoli presidi costringevano la polizia a chiudere le strade ma, come a Venaus nel 2005, il grosso dei manifestanti sciamava per i prati e si avvicinava sempre più pericolosamente allo spiazzo del cimitero. La polizia arretrava e doveva schierarsi su quattro fronti mentre la Digos persuadeva i neonazisti a fare i bagagli.
Resta la perplessità sui comportamenti di un prefetto che impone equidistanza, spazio e agibilità a dei neonazisti ignorando i dettami costituzionali che imporrebbero invece illegalità e divieto di operare a quelle organizzazioni. Qualcuno vorrà fare un’interrogazione parlamentare?
(F.S. 27.2.2016)
Venaria. Il flop del Pd
Inserito il 26 febbraio 2016
di Fabrizio Salmoni
Le stanno tentando tutte per mettere in crisi la giovane giunta comunale Cinque Stelle. Ora sfoderano l’argomento mobilità/logistica, vecchia piaga di Venaria agitata dal Pd fin dal 2011 ma mai affrontata in decenni di governo della città, per sventolare infrastrutture complementari alla Torino-Lione spacciandole per compensazioni. Puntano all’inesperienza della maggior parte degli eletti, a creare dissidi interni, a mettere a nudo le debolezze della maggioranza per tentare il colpaccio della crisi ma da quando il neosindaco Roberto Falcone ha adempiuto alla promessa di far uscire Venaria dall’Osservatorio tecnico della Torino-Lione, si sono agitati ancora di più.
L’ultima trovata è stata un’assemblea pubblica per raccontare alla cittadinanza le meraviglie della Grande Opera e i grandi vantaggi delle compensazioni la cui perdita, secomdo il Pd, porterebbe danni e mancati introiti nelle casse comunali (ma soprattutto ai loro clientes…).
Hanno chiesto al Commissario Foietta di andare in loro aiuto, hanno convocato i loro esperti di partito, certo ingegner Villa e l’architetta Maria Sorbo, tecnica di fiducia del Pd (ha redatto i prg di Caselette – sindaco Pd – e della variante industriale di Collegno – provate a dire: sindaco Pd; rappresentante in Osservatorio di Collegno e Grugliasco – tutti in coro: sindaco Pd!); e si preparavano a reiterare i loro mantra.
I tecnici dell’Unione dei sindaci della Val Susa sono stati tentati di andare e fare domande sui dati reali e metterli in difficoltà, ormai quasi un gioco da ragazzi vista la preparazione maturata in mesi di analisi dettagliata poi, fiutando il flop non si sono disturbati per cosi poco. e i fatti hanno dato loro ragione.
Anche Foietta deve aver fiutato uguale e ha dato forfait all’ultimo con giustifica di impegni importanti a Roma (probabilmente il ritardo ministeriale nella definizione dei dettagli del protocollo da far approvare a Venezia l’8 marzo dal Bomba e dal Tartufòn) . Risultato scoraggiante: una quarantina di persone ( tra cui mezza dozzina di No Tav del comitato locale in veste di osservatori ) presenti in sala a inizio serata.
Preso atto della triste notizia dell’assenza del Capo, sono iniziati i “lavori ” con gli interventi dei due segretari della sezione PD, quello vecchio e quello nuovo, che sono andati avanti per circa una mezzoretta a fare delle valutazioni sulle pecche del M5S e dell’amministrazione . La critica maggiore era naturalmente quella di essere usciti dall’Osservatorio sulla Torino – Lione per una scelta “ideologica” e non negli interessi della città. Non una parola sui costi e sui pericoli di inquinamento ambientale per lo scavato, per le polveri, per lo smaltimento dei detriti. Si è passati poi all’esposizione dell ingegner Villa il quale avvalendosi delle slide, un must da quando le ha usate il suo Grande Capo, ha intrattenuto la platea fino oltre le 23 sull’importanza del collegamento To-Lione ai fini dell’innalzamento del Pil e dello sviluppo della logistica come alternativa alle crisi di produzione industriale. Idee di alternative di sviluppo: Zero.
A questo punto vista l’ora il 50% delle persone ha abbandonato la sala e l’architetta Sorbo ha preso la parola con un fil di voce per mancanza di microfono e tra gli sbadigli dei superstiti ha cercato di dimostrare l’importanza dell’Osservatorio sia per quanto fatto nel passato che per quello che farà in futuro, naturalmente tralasciando previsioni sul futuro di un baraccone in cui mancano 23 sindaci della Valle. Secondo l’architetta del Pd, la realizzazione del tunnel di base permetterebbe di avere un percorso in piano e il proseguire sull’attuale linea storica non creerebbe problemi di sorta. La notizia è che si sta progettando l’interramento della linea da Savonera a 20/30 metri rispetto all’attuale piano della tangenziale, un’idea brillante per permettere agli abitanti di Venaria di non avere alcun problema di mobilità, grazie naturalmente ai suggerimenti dell’Osservatorio. E via di cemento e di consulenze dal Partito (capite come si spendono i soldi della Torino-Lione?). Non essere più presenti in quell’indispensabile consesso impedirebbe – secondo la Sorbo – che le compensazioni da lei suggerite ovvero l’ interramento dell’attuale elettrodotto,la copertura della tangenziale ,il Movicentro e lo spostamento sulla Ciriè-Lanzo della stazione Rigola e quant’altro, siano realizzate. Dopodichè, come se tutto quello che aveva detto non fosse stato profferito, ha ammesso che in ogni caso nei programmi di Foietta sarebbero state previste queste compensazioni come del resto accadrà anche a Susa con la “smart valley ” che consentirà il ricupero di una caserma e la banda larga (che smart! Che lusso!).
A mezzanotte tutto era finito e i pochi sonnolenti attivisti Pd rimasti fino in fondo hanno potutto andare a dormire in un vero letto.
Nel pomeriggio il sindaco Falcone aveva annunciato la sua partecipazione all’assemblea pubblica del 10 marzo ad Alpignano (Opificio Cruto, ore 21) organizzata dal Comitato Gronda No Tav sui rischi ambientali del cantiere di Chiomonte e sulla truffa delle compensazioni.
(F.S. 25.2.2016)
Roberto Falcone, sindaco 5S di Venaria
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Il crack del nucleare francese: conti catastrofici per Areva ed Edf
I contribuenti dovranno pagare il fallimento dell’industria nucleare francese
La voragine degli EPR, i reattori che doveva comprare l’Italia prima del referendum
[26 febbraio 2016]
Il 25 febbraio Il Consiglio di amministrazione del gigante nucleare Francese Areva si è riunito per esaminare i conti dell’bilancio chiuso il 31 dicembre 2015 e ha comunicato che «Areva a appena trovato un accordo con 6 banche di prestito su un prestito ponte di 1,1 miliardi di euro, destinato ad assicurare la liquidità dell’impresa per l’anno fiscale 2016, il Consiglio ha deciso di differire di 24 ore la chiusura dei conti per permettere la finalizzazione della documentazione tecnica afferente a questi finanziamenti. Di conseguenza, la pubblicazione dei risultati è stata rinviata di 24 ore». Ma, come dicono quelli di Réseau Sortir du Nucléaire, il fatto che non sia ancora riuscita a chiudere i suoi conti è «segno delle difficoltà inestricabili che attraversa l’impresa. Una cosa è sicura: il “fiore all’occhiello” dell’industria francese dovrebbe conoscere nuove perdite quest’anno. E’ inaccettabile che il salvataggio di questa filiera senza futuro incomba ai cittadini».
Le Mode rivela che «Secondo diverse fonti, lo Stato – che detiene l’86,5 % d’Areva – ha preteso all’ultimo minuto che questa somma non sia più rimborsata nel gennaio 2017, come previsto, ma piuttosto a giugno. Cioè dopo l’elezione presidenziale». La cosa non è piaciuta per niente ai banchieri e alla fine, dopo una notte di trattative serrate, condotte dall’Agence des participations de l’Etat (APE). Société générale, Crédit agricole, BNP Paribas, Natixis, il governo ha rinunciato a questo rinvio e Crédit mutuel e HSBC hanno accettato di accordare il finanziamento. Ma i preoccupatissimi amministratori di Areva hanno preferito assicurarsi che la documentation technique fosse davvero firmata, prima di validare i conti.
Il prestito di emergenza è indispensabile per permettere ad Areva di superare il 2016, anno durante il quale dovrà rimborsare circa un miliardo di obbligazioni, che arriveranno a scadenza a settembre. Le Monde spiega che «La vendita dell’attività reattori del gruppo (Areva NP) a EDF per 2,5 miliardi di euro e l’aumento di capitale di 5 miliardi di euro promesso dallo Stato non interverranno prima di questa scadenza. Senza questo finanziamento di emergenza, Areva rischiava quindi l’insolvenza entro la fine del 2016 e i revisori dei conti non avrebbero potuto assicurare “ la continuità operativa” dell’impresa, un concetto essenziale per poter chiudere il bilancio di esercizio».
E’ una situazione nota da mesi, ma l’intervento della politica ha contribuito a rendere ancora più opaco il fallimento del nucleare francese e il governo francese ha comunicato in ritardo alla Commissione europea il suo piano di salvataggio di Areva, che potrebbe soccombere sotto i colpi delle procedure per gli aiuti di Stato.
ieri la quotazione del titolo Areva è stato sospeso alla Borsa di Parigi e gli interrogativi sul fatto che Areva sia in grado di riprendersi si moltiplicano. Dopo aver ceduto la sua attività di costruzione dei reattori a EDF, Areva ormai si occupa quasi solo del ciclo del combustibile: estrazione e arricchimento dell’uranio, trattamento delle scorie radioattive, smantellamento delle centrali. Ma con questa cessione in corso Areva vedrà ridursi il suo valore: i suoi dipendenti in tutto il mondo passeranno da 42. 000 a 20. 000 e il suo giro di affari si ridurrà da 8,3 a 5 miliardi di euro. Ma il suo debito già oggi supera i 6 miliardi di euro, dopo 8 miliardi di perdite accumulate in 5 anni e ce, probabilmente sono aumentate nel 2015. I finanziamenti necessari a tappare questa voragine sono stati stimati in 7 milliardi di euro per i prossimi 3 anni e dovrebbero essere rivisti al rialzo, soprattutto per tener conto del disastro economico e tecnico dell’infinito cantiere del reattore EPR finlandese di d’Olkiluoto (OL3), in Finlandia, non ancora concluso dopo 10 anni e per il quale i finlandesi della TVO chiedono 2,6 miliardi di euro ai francesi, mentre Areva pretende 3,4 miliardi di euro dalla TVO. Dalla conclusione di questa disputa dipende gran parte della ristrutturazione della terremotata filiera del nucleare francese.
Gli EPR sono i reattori che Berlusconi doveva comprare da Sarkozy per costruire le 7 nuove centrali nucleari italiane che avrebbero dovuto avviare il rinascimento nucleare italiano, per fortna ci ha pensato il referendum a risparmiarci questa avventura verso la bancarotta. Forse gli italiani e la politica dovrebbero ringraziare le associazioni che ci hanno evitato questo disastro alla francese.
Infatti, l’altro gigante del nucleare transalpino, EDF, non è messo molto meglio di Areva. A gennaio EDF è stata scossa da diversi scioperi perché, a causa delle sue difficoltà finanziarie, ha annunciato la chiusura anticipata di diverse centrali a olio combustibile e a carbone. Thierry Gadault, caporedattore di Hexagones.fr e autore del libro “EDF, la bombe à retardement” ha ricordato che lo stesso amministratore delegato di EDF, Jean-Bernard Lévy, ha ammesso che la situazione di EDF è critica: se le entrate sono cresciute del 2,2%, nel 2014 i guadagni sono passati da 3,7 miliardi a 1,2 miliardi. «Per comprendere perché oggi la situazione è così complicata – dice Gadault- bisogna risalire agli anni 2000 quando EDF ha acquistato delle imprese dappertutto nel mondo, hanno perso un ammontare mostruoso, si sono sovra-indebitati e oggi EDF non ha più soldi».
Ma, come per Areva, lo Stato francese è il principale azionista di EDF e per tirarla fuori dai guai dovrebbe sganciare circa 5 miliardi di euro e rinunciare ai dividendi che gli spettano. Cosa molto difficile, vista la crisi economica. Quindi EDF non può più investire, ma secondo Gadault «dovrebbe spendere 51 miliardi di euro per modernizzare ed aumentare la durata di vita delle sue centrali nucleari in Francia». E’ questa quella Gadault chiama “bomba a scoppio ritardato”: «Prolungando la durata di vita delle centrali, si prende il rischio di un incidente molto grave. Le centrali sono state costruite per durare 40 anni ed EDF vuole spingerle fino a 60 anni. Sappiamo che almeno una quindicina di reattori nucleari sui 58 in Francia sono in uno stato molto cattivo: crepe, contenimenti che non sono più sigillati… Un certo numero di casi sono estremamente inquietanti».
Anche secondo Réseau Sortir du Nucléaire «Areva paga oggi la follia dell’EPR d’Olkiluoto e dei suoi investimenti disastrosi in Uramin. Lo Stato, azionista maggioritario di Areva, ha una importante responsabilità in questa situazione, per aver lasciato Areva commettere degli errori strategici monumentali e, ancora di più, per aver chiuso gli occhi sullo scandalo Uramin, i sospetti di corruzione dei dirigenti e i possibili crimini di insider trading. Dato che Areva non conta di limitare le sue attività e prevede un piano sociale che colpirebbe 6.000 posti di lavoro, il Piano economico previsto avrà inevitabilmente delle ripercussioni sulla sicurezza, con un ricorso accresciuto al sub-appalto per diminuire i costi, una manutenzione limitata ed una pressione supplementare sui lavoratori.Gli anti-nucleari fanno notare che «Mentre è prevista una ricapitalizzazione di 5 miliardi di euro, alle fine saranno i contribuenti – ai quali il nucleare è imposto – che sopporteranno il peso del “salvataggio” di Areva. In periodo di austerità economica, mentre numerosi bilanci subiscono dei tagli drastici, è immorale che il denaro pubblico continui a scorrere a fiotti per salvare un’impresa sospettata di malversazioni. Pesantemente indebitata, Areva non potrà inoltre far fronte ai suoi incarichi per lo smantellamento e la gestione delle scorie. In virtù di una recente ordinanza, che prevede la solidarietà degli azionisti maggioritari in caso di défaillance dell’operatore, lo Stato, e quindi i contribuenti, dovranno di nuovo mettersi le man in tasca».Sortir du Nucléaire chiede che non ci sia accanimento terapeutico per una filiera in fallimento: «Fuga degli investitori, esplosione della fattura dell’EPR, provvigioni insufficienti per lo smantellamento e la gestione delle scorie radioattive, frodi e malversazioni in ogni genere di affari, lavori titanici, il “Grand carénage” (un vasto programma di lavori destinato a prolungare d la durata del funzionamento delle centrali nucleari al di là dei 40 anni). Le multinazionali EDF e AREVA sono vicine ad essere messe al rogo per la loro fuga in avanti verso il tutto-nucleare. Un vero e proprio salasso finanziario si apre di nuovo per la filiera nucleare francese che dovrebbe logicamente, ancora una vola, essere colmato dai contribuenti, con la complicità dello Stato».
I no-nuke non hanno dubbi: «E’ la filiera nucleare francese nel suo insieme che è in fallimento. Mentre EDF, già appesantita dai costi futuri del “Grand carénage” è già indebitata a un livello di 37,5 miliardi di euro, esigere che acquisti una parte delle attività di Areva non ha alcun senso. Le ristrutturazioni previste e le ricapitalizzazioni annunciate sono solo delle manovre vane per lasciar pensare che un salvataggio della filiera sia possibile. Il nucleare è un pozzo senza fondo! Lo stato deve smetterla di inghiottire miliardi in questo impossibile salvataggio di un’industria pericolosa, inquinante e superata, Per impedire la catastrofe industriale, la sola soluzione è quella di smettere di spendere impegnandosi subito per un’uscita dal nucleare e una riconversione verso un’autentica transizione energetica. In particolare, è più che mai il momento di mettere fine al ritrattamento delle scorie a La Hague ed alla produzione di combustibile MOX, operazioni care, inquinanti e inutili, dato che gli impianti si degradano più rapidamente del previsto»