Arrestato Lazzaro, l’imprenditore si tav simbolo dei tifosi della Torino Lione
Definire Ferdinando Lazzaro fa comprendere come il “sistema tav” sia un carretta malandata. Era il “povero imprenditore preso di mira dai notav” che andava a piangere in televisione, era
“uno dei principali riferimenti per LTF”, uno che dopo diversi fallimenti, era stato chiamato ad utilizzare i suoi macchinari per lo sgombero della Maddalena e a fare i lavori necessari per la fortificazione della cantiere/fortino. Uno stinco di santo, che quando aveva bisogno chiedeva aiuto ai politici del Partito democratico più favorevoli al Tav, personaggi come il consigliere regionale Antonio Ferrentino,l’attuale commissario del governo alla Torino-Lione Paolo Foietta e il senatore Stefano Esposito.
A dire il vero l’aureola non l’aveva meritata solo per la vicenda tav, ma anche per le inchieste sull’ ndrangheta, dove Lazzaro con la ditta Italcoge aveva ottenuto i primi lavori di fortificazione di quello che diventerà il cantiere tav, e aveva introdotto Giovanni Toro, una delle figure centrali dell’indagine sull’ndrangheta di qualche mese fa.
Una storia mai pulita, l’Italcoge è fallita e come tutte le ditte tav della val susa era intestata a familiari. Ci ricordiamo di quando Lazzaro veniva difeso dai politici della lobby del tav e andava in tv a piangere, e tante altre belle cose.
Il 14 marzo prossimo ci sarà l’udienza preliminare del procedimento per turbativa d’asta che lo aveva visto già finire in carcere. Dopo il fallimento della Italcoge, per continuare a lavorare nel cantiere Tav aveva creato un’altra società – la Italcostruzioni – intestata a una terza persona, ma formalmente amministrata da lui. In questo modo è riuscito a partecipare alla gara per l’affitto di un ramo della fallita Italcoge e a vincerla, così da continuare a operare nel cantiere. Insieme a lui sarà a processo anche l’ex curatore fallimentare dell’azienda, Michele Vigna, condannato il 27 ottobre per “interesse privato in atto d’ufficio” in quanto aveva assegnato a un agente di polizial’incarico di sorvegliare magazzini e i macchinari della Italcoge
Bella roba, il più pulito ha la rogna come si suol dire
Invitiamo alla lettura un pò di articoli in archivio e l’articolo odierno de Il Fatto Quotidiano:
- Esposito, Lazzaro, Foietta e Ferrentino: tutta una grande famiglia?
- Arrestato Ferdinando Lazzaro, “uno dei principali riferimenti per LTF”
- Lazzaro, povero imprenditore tav, arrestato per turbativa d’asta
- ‘Ndrangheta, intercettazioni inchiesta Tav: il ruolo di Lazzaro
- Tav, “aderenze politiche” di imprenditore coinvolto in processo per mafia. “Per lui interventi del senatore Esposito”
- Quando santificavate gli imprenditori coinvolti nell’inchiesta sulla ‘ndrangheta
- In Val di Susa una ‘ndrangheta ad Alta Velocità da L’Espresso
- A giudizio i poliziotti che controllavano i mezzi della Italcoge, azienda Tav
- Nel cantiere di Virano c’è sempre posto per le ditte amiche
- Nel cantiere di Virano alle ditte amiche i pagamenti arrivano sempre puntuali
Tav, “aderenze politiche” di imprenditore coinvolto in processo per mafia. “Per lui interventi del senatore Esposito”
Da IL FATTO QUOTIDIANO del 25 settembre 2015:
Minacciato e fallito, nel momento di difficoltà l’imprenditore Ferdinando Lazzaro sapeva cosa fare: chiamava i politici Pd e gli amministratori favorevoli alla Tav Torino-Lione e chiedeva loro aiuto. Si tratta del senatore Stefano Esposito, ora assessore ai Trasporti al Comune di Roma. Nonché autore del libro “Sì Tav” insieme a un altro politico dem citato nell’informativa, l’ex dirigente della Provincia di Torino Paolo Foietta, ora commissario del governo e capo dell’Osservatorio sulla Torino-Lione. Infine, il consigliere regionale Pd Antonio Ferrentino. Adesso non sarà così facile per l’imprenditore cercare il loro aiuto. Lazzaro, più volte obiettivo di presunti atti vandalici dei No Tav, ha difficoltà più grandi: la settimana scorsa è cominciato il processo “San Michele” in cui è accusato dalla Dda di sversamento illegale di rifiuti, mentre la procura di Torino indaga ancora sul fallimento della sua Italcoge e aspetta la fissazione dell’udienza preliminare di un altro procedimento, quello per turbativa d’asta.
I contatti con la politica sono documentati da un’informativa inviata dal Ros dei carabinieri dell’ottobre 2012 nell’ambito dell’indagine “San Michele” sulla locale di ‘ndrangheta di San Mauro Marchesato (Kr) insediata nel capoluogo piemontese. Nell’informativa conclusiva dell’indagine si legge che Lazzaro, la cui società Italcoge era fallita nell’estate 2011, nella metà dell’aprile 2012 rischiava di perdere alcuni subappalti perché l’associazione temporanea di imprese Cmc non voleva affidarli a una società fallita. Per questo si dà da fare smuovendo il direttore generale di Ltf Marco Rettighieri, il presidente del Consorzio Valsusa Luigi Massa (ex senatore Ds) e il senatore Pd Stefano Esposito. I Ros scrivono che Lazzaro è riuscito a fare “intervenire in suo favore personalità politiche e quadri della committente Ltf”. Il politico Pd, apertamente Sì Tav, avrebbe contattato il presidente della Cmc di Ravenna in presenza di Lazzaro, che si lamentava della “posizione poco indulgente adottata da Cmc nei loro confronti” per l’ottenimento del movimento terra. La questione emerge in una telefonata intercettata tra Lazzaro e un altro importante imprenditore della Val di Susa, Claudio Martina, e quelle con Luigi Massa. Esposito ha replicato all’Ansa: “Non ho ricevuto nessun avviso di garanzia. Se sono indagato lo dicano altrimenti chiedo io ai Ros di rendere pubblica una segnalazione che feci”, dichiara riferendosi a una denuncia da lui fatta nel 2013.
In un’altra informativa agli atti dell’inchiesta, scritta nell’ottobre 2012, si legge: “Sono emerse altresì aderenze di Lazzaro con personaggi politici e della pubblica amministrazione, artatamente utilizzate per volturale alla neo costituita Italcostruzioni licenze e autorizzazioni giù nella disponibilità della fallita Italcoge”. Si tratta di una licenza per utilizzare una cava a Meana di Susa, una licenza rilasciata alla Italcoge, ma scaduta da due anni e mai rinnovata.
È il 3 settembre 2012 e nel cantiere sta per entrare una delegazione nazionale del Pd: presenti, tra gli altri, Stefano Fassina, l’ex presidente della Provincia Antonio Saitta e Luigi Massa, ex deputato Pds poi diventato presidente del Consorzio Valsusa, che raggruppa imprenditori locali vincitori di un appalto da 12 milioni di euro per lo smaltimento degli scarti. Lazzaro contatta il fratello Antonio, gli dice di aver appena parlato con Ferrentino: “Riesci a parlare con Ferrentino da solo. Le (sic) dici che abbiamo bisogno di mettere a posto due cose lì per la cava, per l’autorizzazione che non è mai arrivata”. Il 17 settembre 2012 dopo coinvolge anche il dirigente dell’area territorio e trasporti della Provincia di Torino Foietta. Secondo per il Ros avrebbe garantito “il suo interessamento per addivenire a una soluzione della vicenda”. Lazzaro gli chiede di intervenire: “Stavo facendo la pratica per il rinnovo. Poi nel frattempo la Italcoge che era titolare è andato giù e quindi loro a settembre dell’altro anno l’hanno archiviata e io nel frattempo poi cosa ho fatto? Avendo poi nel frattempo ripreso la società con un’altra partita Iva, quindi ho l’affitto del ramo d’azienda (vicenda oggetto dell’indagine per turbativa d’asta, ndr). Ripresentare tutto da capo sarebbe abbastanza macchinoso”. Foietta risponde: “Allora mi faccia una mail. Lei mi indichi anche il funzionario che aveva seguito la pratica (…). Quindi in modo da riuscire a risalire alla vicenda (…) E se però mi mette anche il nome specifico del funzionario con cui avete avuto rapporti mi è più utile, così vedo di evitare giri. Evito una ricerca”.
Dall’annotazione emerge anche la paura di Lazzaro per le notizie diffuse dai No Tav, dal leaderAlberto Perino e dal Movimento 5 Stelle di Torino sui suoi contatti con personaggi dubbi comeBruno Iaria, condannato in via definitiva il 23 febbraio scorso capo della locale della ‘ndrangheta diCourgné, assunto nel 2007 nella Italcoge. Nelle telefonate intercettate l’imprenditore spiega di aver sempre denunciato i calabresi che gli chiedevano il pizzo, ma – sottolineano i carabinieri – nelle banche dati delle forze dell’ordine non c’è nessuna denuncia del genere. Anzi, con alcuni calabresi fa affari: è lui che fa ottenere a Giovanni Toro, imputato per concorso esterno in associazione mafiosa nel processo “San Michele”, il subappalto per asfaltare il cantiere della Torino-Lione a Chiomonte.
Su queste relazioni la consigliera regionale Francesca Frediani e il senatore Marco Scibona del Movimento 5 Stelle chiederanno presto chiarimenti in Consiglio regionale e in Parlamento: “È inquietante la familiarità con cui tali personaggi si rivolgono ad esponenti di primo piano della politica piemontese – affermano -. Giova ricordare inoltre come Foietta e Ferrentino abbiano condiviso per molti anni e condividano tuttora con il neo assessore ai lavori pubblici di Roma Stefano Esposito un lungo percorso politico segnato dal sostegno al progetto Tav”.
di Andrea Giambartolomei | 25 settembre 2015
Nuovo arresto per Ferdinando Lazzaro!

Ferdinando Lazzaro, ce lo ricordiamo bene, imprenditore dell’Italcoge, ditta appaltatrice dei primi lavori TAV, ce lo ricordiamo piagnucolare in TV contro quei cattivoni dei notav che non lo lasciano lavorare in pace.
Ce lo ricordiamo anche nel 2014, quando venne arrestato per una falsa fideiussione, finalizzata alla costituzione dell’Italcostruzioni, nata dalle ceneri dell’Italcoge, così come il suo nome ritornava nell’inchiesta San Michele vicino a quello di Giovanni Toro.
Sembra che Lazzaro, paladino di tutti gli imprenditori onesti, sia di nuovo oggetto di vessazioni, ma questa volta non dai temibili no tav, bensì dalla giustizia italiana: la Guardia di finanza gli ha notificato una seconda misura cautelare: Lazzaro assieme ad un familiare collaboratore dovrà rispondere del reato di bancarotta fraudolenta.
Secondo le indagini della Gdf di Torino, una serie di “condotte criminose” hanno portato al dissesto dell’Italcoge.
Ma va? Proprio non ce lo immaginavamo!
I due arrestati, secondo gli inquirenti, tra il 2007 e il 2011 hanno effettuato prelievi contanti per 2,262 milioni di euro dai conti sociali dell’azienda per scopi personali. Inoltre, il maquillage sui bilanci e le scritture contabili ha permesso a Lazzaro e al suo collaboratore di occultare quasi 5 milioni di euro.
Insomma nel cantiere TAV, solo bella gente!
La Costituzione economica – scheda 4
Quarta parte delle schede sulla Costituzione Economica a cura del prof. Luigi Pecchioli.

Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all’assistenza sociale.
I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria.
Gli inabili ed i minorati hanno diritto all’educazione e all’avviamento professionale.
Ai compiti previsti in questo articolo provvedono organi ed istituti predisposti o integrati dallo Stato.
L’assistenza privata è libera.
Innanzitutto si può notare che il mantenimento, l’assistenza sociale e l’assicurazione di mezzi adeguati sono veri e propri diritti di ogni cittadino, per cui lo Stato, che è chiamato a provvedere, non si può esimere, neanche per ragioni di bilancio o di difficoltà economica. In secondo luogo le caratteristiche per avere titolo a tali diritti sono per l’assistenza l’inabilità al lavoro, anche parziale (in quel caso vi è un diritto all’integrazione del reddito da sé prodotto, se non sufficiente) ed il fatto di essere comunque sprovvisti dei mezzi necessari, quindi non avere rendite, vitalizi od altri benefici che permettono di sostenersi autonomamente. Tali eventuali benefici devono essere stabili e non legati ad atti occasionali di beneficenza. Per la concessione di mezzi di sussistenza (che non è si badi la semplice sopravvivenza, ma la possibilità di vita adeguata alle esigenze personali, da coordinare con il limite già esaminato, previsto nell’art. 36. dell’esistenza “libera e dignitosa“) i requisiti sono essere o essere stati lavoratori e trovarsi nelle condizioni di non poter svolgere la propria attività per ragioni oggettive e gravi, come una malattia, seria e certificata (e qui si potrebbe aprire una discussione sugli abusi di chi è preposto a certificarla…), un’invalidità, anche questa riconosciuta e certificata, un infortunio che deve essere invalidante, anche temporaneamente, ed avvenuto in occasione o per causa di lavoro (vi risparmio la sterminata esegesi su cosa deve intendersi per “in occasione di lavoro”, problema che rappresenta oltre la metà del contenzioso assicurativo) o la vecchiaia, ovvero la fine prevista del rapporto lavorativo.
Discorso a parte merita la disoccupazione involontaria, che da diritto alla corresponsione di mezzi di sussistenza a patto che ci siano dei tentativi validi e seri, anche autonomi, di uscire da tale stato, tentativi che sono sotto il controllo di Enti appositamente creati, e la disponibilità ad accettare immediatamente qualsiasi lavoro adeguato alla propria formazione. Non è qui la sede per approfondire il funzionamento dei Centri per l’Impiego, ma si può dire che tra gli obblighi di attivazione del lavoratore disoccupato c’è quello di partecipare a corsi di formazione e riqualificazione per il reinserimento nel mercato del lavoro.
Perché è importante il fatto che si parla espressamente di diritti? Una risposta indiretta ce l’ha data la Corte Costituzionale nella famosa sentenza sul blocco dell’adeguamento pensionistico della c.d. Legge Fornero, da me già ampiamente trattata in occasione della sua pubblicazione: essendo diritti costituzionalmente riconosciuti e garantiti non possono essere compressi od eliminati se non temporaneamente e per esigenze di pari rango costituzionale, con il criterio del contemperamento degli interessi. La sciagurata apposizione del principio del pareggio di bilancio nell’art. 81 ha aperto la strada alla compressione di tutti i diritti sociali in nome della stabilità finanziaria, ma, e questa è stata la posizione della Consulta, questa compressione deve essere giustificata e non può in ogni caso eliminare di fatto il diritto compresso di pari rango costituzionale.
Ma come in pratica funziona il meccanismo di assistenza/sussistenza? Lo si ricava dal disposto dell’art. 2, il quale “richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale” a tutti i cittadini: attraverso il versamento di una quota del proprio reddito da parte di tutti i lavoratori per costituire dei fondi, gestiti o regolati dallo Stato, come impone il IV comma, che provvedano alla erogazione delle somme agli aventi diritto. L’INPS, l’INAIL, e le varie Casse sono l’estrinsecazione di questo meccanismo ed è questa la ragione per cui i contributi sono obbligatori.
A rigore per quanto riguarda le pensioni, l’unico meccanismo che rispetterebbe la lettera e lo spirito della Costituzione sarebbe quello a ripartizione: questo infatti attua quella solidarietà fra generazioni che è diretta espressione dell’art. 2 citato. Questo meccanismo però per sostenersi ha bisogno che vi sia un equilibrio fra lavoratori che vanno in pensione e lavoratori attivi, ovvero che la base contributiva cresca in maniera regolare per permettere il pagamento ad un numero crescente di pensionati. La crisi demografica, che ha spostato l’età media della popolazione che è diventata più anziana e la crisi economica che ha portato alla diminuzione della base di lavoratori attivi e dei loro redditi, ha portato il sistema (già messo in crisi dal boom del prepensionamento e delle pensioni c.d. baby degli anni ’70/’80) ad accumulare forti disavanzi ed il Legislatore, a partire dalla riforma Dini del 1995, ad optare per il metodo a capitalizzazione, ovvero legato al montante della capitalizzazione dei versamenti effettuati dal lavoratore, pur mantenendo una parte a ripartizione per finanziare soprattutto l’assistenza agli inabili al lavoro.
L’ultimo punto da esaminare è quello relativo all’assistenza privata che è definita sinteticamente “libera“: questa libertà va comunque correlata con quei doveri di coordinazione e controllo che lo Stato deve comunque attuare, affinché il privato agisca in conformità della legge e delle finalità pubbliche esplicitate nell’articolo in commento e con l’art. 41 (che esamineremo più avanti), il quale pone come limite all’iniziativa privata “il contrasto con l’utilità sociale” e vieta che essa possa svolgersi “in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana” (ed i casi di case di riposo od assistenziali private che trattavano in maniera inumana i loro assistiti fa capire che tale previsione non è così superflua). Anche la previdenza privata, che la riforma del 2007 ha posto come uno dei pilastri della previdenza complementare e che agisce necessariamente attraverso la capitalizzazione dei versamenti del lavoratore in fondi aperti, con un trattamento finale pensionistico calcolato secondo il rendimento atteso, pur essendo lasciata alla discrezionalità gestionale delle imprese assicurative è sottoposta a controllo, ma, d’altro lato, beneficia di esenzioni a favore del fondo (come la sua non pignorabilità e non sequestrabilità), che la rendono appetibile al lavoratore.
di Luigi Pecchioli per Scenarieconomici.it
Riflessioni sull’arresto di Lazzaro
Attenti! Non cadiamo nel tranello. Stanno solo facendo volare gli stracci.Quando in un sodalizio le cose vanno male, si rompono i rapporti tra i sodali e a rimetterci prima e più di tutti sono gli anelli deboli, i poveracci…A Chiomonte le cose non girano come lor signori avevano auspicato. I NO TAV stanno rompendo troppo. Stanno controllando troppe cose. Vogliono sapere troppo. Fanno troppe domande e troppo scomode. Stanno scoprendo troppi altarini e potrebbero venire a galla verità che è meglio che non si svelino.Lor signori hanno bisogno di tranquillità ad ogni livello per poter raccontare le loro favole in giro per i palazzi del potere. Il momento è delicato, devono aprirsi i cordoni delle borse, bisogna andare lisci sull’olio. Erano riusciti a tranquillizzare i sindaci e a portarli attorno ad un tavolo ed ecco che quei rompiballe dei NO TAV che si annidano ovunque, anche nelle amministrazioni, si mettono in mezzo e i tavoli si rinviano sine die.I tecnici NO TAV con i consiglieri regionali pentastellati stanno mettendo a dura prova la tenuta dell’ARPA Piemonte e sui numeri diventa difficile barare, specie se chi li legge sa leggerli e interpretarli.E allora, forse, lor signori hanno pensato bene di confondere un po’ le acque. E così, forse, qualcuno ha pensato bene di utilizzare, ancora una volta, il capro espiatorio ben collaudato, perfetto, fatto apposta e su misura: l’imprenditore SI TAV più esposto e probabilmente “meno amato” dai NO TAV.Una buona pedina da bruciare per poter dire: vedete che quello che dite non è vero; il tribunale di Torino non è parziale, colpisce i NO TAV ma anche i SI TAV che sbagliano (500 a 2 è vero, ma queste sono quisquiglie). Noi il malaffare dal cantiere di Chiomonte l’abbiamo estirpato! La ‘ndrangheta l’abbiamo espulsa e mandata a giudizio! Cosa volete di più? Contestate solo per partito preso.Già! Sono volati gli stracci.Ma, …e i pezzi da 90?E quelli che, probabilmente, ricevevano per strani giri i quattrini “lasciati sul tavolo verde di Saint-Vincent” da sprovveduti imprenditori?E quelli che, magari, andavano in vacanza nei paradisi tropicali al posto di imprenditori con le mani bucate?Rileggiamo questo pezzo uscito su L’Espresso del 1 luglio 2014: «…Lazzaro però lo tranquillizza, rassicurandolo sul fatto che erano d’accordo con Elia che ne bastavano dieci di centimetri perché «i carotaggi sarebbero stati fatti solo nei punti dove c’era più materiale» e chiediamoci: “ma questo Elia è, per caso, l’ing. Elia già dipendete di LTF e ora di TELT che sovrintende in cantiere? Come si mettevano d’accordo con Elia? Con un viaggetto al Casinò dove io perdo e tu vinci anche se siamo andati solo a berci due coppe di champagne e a mangiare qualche tramezzino; ma così, a Saint-Vincent, hanno registrato il nostro ingresso e possiamo giustificare somme in entrata e in uscita altrimenti difficilmente giustificabili?“Ci hanno usati, ci hanno spremuti come limoni, e ci hanno buttati via” (Lazzaro Ferdinando – agosto 2015 a Susa).Com’è che in cantiere a Chiomonte si contano per pieni anche i camion che girano vuoti?Com’è che in cantiere a Chiomonte, gli operai sono in fibrillazione perché, dicono, che ai primi di marzo la Venaus scarl (CMC, STRABAG, COGEIS, BENTINI) rinuncia o rescinde l’appalto per il tunnel geognostico e subentra (senza appalto?) un nuovo soggetto imprenditoriale?Quali altre porcherie stanno cercando di coprire?Pensiamoci e intanto confrontiamo cosa scrivono oggi quattro media on-line, e meditiamo sui fatti veri che non vengono raccontati, ponendoci sempre tante domande; una su tutte: “ma sto guardando la luna o il dito che la indica?”
Tav: arrestato imprenditore-simbolo dei favorevoli alla Torino-Lione. “Bancarotta fraudolenta” –
Il Fatto Quotidiano
di Andrea Giambartolomei | 18 febbraio 2016
Ferdinando Giosué Lazzaro, ex titolare della Italcoge – poi fallita – è finito in carcere insieme a un suo familiare. Secondo i pm avrebbero sottratto dai conti correnti dell’azienda oltre due milioni di euro per giocare al Casinò di Saint Vincent. Sono accusati di avere dissipato oltre 5 milioni, tra beni, crediti e denaro
Ancora una volta l’imprenditore “simbolo” della Torino-Lione è finito nei guai. La terza indagine nel giro di pochi anni. Oggi la Guardia di finanza ha portato in carcere Ferdinando Giosué Lazzaro, 50 anni, spesso in prima linea per sostenere la Tav e l’assegnazione dei lavori alle aziende della Val di Susa. Lazzaro e un suo familiare e collaboratore sono indagati per bancarotta fraudolenta, un’indagine nata dopo il fallimento della sua Italcoge nell’estate 2011, che in quel periodo stava compiendo alcuni lavori preliminari al cantiere dell’alta velocità a Chiomonte.
Dall’inchiesta condotta dalla compagnia di Susa della Guardia di finanza, guidata dal capitano Mattia Altieri, è emerso che sono stati occultati poco meno di cinque milioni di euro tra crediti, denaro contante e beni dell’azienda. Tramite alcune società collegate alla Italcoge, secondo i finanzieri “tutte finalizzate a sottrarne le risorse”, sono state drenate le ricchezze. Ben 2.262.000 euro sono stati prelevati in contanti dai conti correnti tra il 2007 e il 2011 e spesso sono stati spesi non per le attività imprenditoriali di Lazzaro, ma per il divertimento della famiglia, come le giocate al Casinò di Saint-Vicent o i soggiorni in località di villeggiatura.
Non solo. Secondo le fiamme gialle i bilanci e le scritture contabili sono stati oggetto di una manipolazione “intenzionale e lucida” che ha permesso di distrarre, occultare beni, crediti e somme di denaro per 4,892 milioni di euro. L’indagine perbancarotta fraudolenta, coordinata dai sostituti procuratori di Torino Alberto Benso e Roberto Furlan, è la terza inchiesta in cui Ferdinando Giosué Lazzaro viene coinvolto negli ultimissimi anni. In questo momento l’imprenditore valsusino è coinvolto in due processi.
Il 14 marzo prossimo ci sarà l’udienza preliminare del procedimento per turbativa d’asta. Dopo il fallimento della Italcoge, per continuare a lavorare nel cantiere Tav l’uomo aveva creato un’altra società – la Italcostruzioni – intestata a una terza persona, ma formalmente amministrata da lui. In questo modo è riuscito a partecipare alla gara per l’affitto di un ramo della fallita Italcoge e a vincerla, così da continuare a operare nel cantiere. Insieme a lui sarà a processo anche l’ex curatore fallimentare dell’azienda, Michele Vigna, condannato il 27 ottobre per “interesse privato in atto d’ufficio” in quanto aveva assegnato a un agente di polizia l’incarico di sorvegliare magazzini e i macchinari della Italcoge.
Non è tutto. Lazzaro è anche uno degli imputati del processo “San Michele”, nato da un’indagine del Ros dei carabinieri e della Direzione distrettuale antimafia di Torino. In questo procedimento l’imprenditore deve rispondere dell’accusa di aver smaltito illecitamente alcuni rifiuti dei cantieri. Dagli atti di questa indagine, però, sono emersi elementi più interessanti. Dopo il fallimento, temendo di non poter ricominciare a lavorare nel cantiere di Chiomonte, Lazzaro si era mosso per ottenere un aiuto dai politici del Partito democratico più favorevoli alla Tav, personaggi come il consigliere regionale Antonio Ferrentino,l’attuale commissario del governo alla Torino-Lione Paolo Foietta e il senatore Stefano Esposito. Inoltre è grazie a Lazzaro che, all’interno del cantiere, è approdato un imprenditore come Giovanni Toro, attualmente imputato di concorso esterno in associazione mafiosa, autore della frase: “Ce la mangiamo io e te la torta dell’alta velocità”. Secondo l’avvocatoMassimo Bongiovanni, legale di alcune parti civili nel processo “San Michele”, avvocato dei No Tav e rappresentante dei creditori della Italcoge, “Lazzaro veniva considerato da alcuni politici come il modello di imprenditore della Val di Susa”. Secondo lui questa “non è nient’altro che la punta di un iceberg”.
Nuovo arresto per Lazzaro, l’imprenditore valsusino Sì Tav: avrebbe distratto 5 milioni di euro
La Repubblica
E’ accusato di bancarotta con la sua ditta Italcoge
di OTTAVIA GIUSTETTI
Distrazioni per cinque milioni di euro: è di nuovo nei guai l’imprenditore simbolo della battaglia Sì Tav, Ferdinando Lazzaro ex titolare della ditta valsusina Italcoge arrestato questa mattina dalla Guardia di Finanza di Torino. Lazzaro è accusato di bancarotta al termine di una lunga indagine che ha ricostruito il complesso intreccio di società e le distrazioni che hanno portato Italcoge al fallimento nel 2011. Intorno alla capogruppo, ruotava una serie di società, anche operative, costituite per vari scopi ma tutte finalizzate a sottrarne risorse. Lazzaro secondo l’accusa avrebbe effettuato prelievi contanti per complessivi 2.262.000 euro, tra il 2007 ed il 2011, dai conti correnti sociali per scopi prettamente personali, dal banco del casinò di Sain-Vincent alle spese per le vacanze sue o die famigliari, a discapito dei creditori, fornitori e dipendenti. Oltre ai prelevamenti in contanti, sono stati accertati trasferimenti vari di denaro che venivano mascherati attraverso l’intenzionale e lucida manipolazione di bilanci e scritture contabili, che hanno permesso di distrarre, occultare, dissimulare, distruggere e dissipare beni, crediti e somme di denaro per un totale di quattro milioni e 892 mila euro. L’imprenditore valsusino, nel corso dell’anno 2014, era già stato arrestato per una falsa fideiussione, finalizzata alla costituzione di una nuova società familiare, la Italcostruzionj, che doveva sostituire la Italcoge nei lavori di costruzione del cantiere Tav della Torino-Lione a Chiomonte.
Italcoge fu dichiarata fallita dal tribunale di Torino nel 2011. L’indagine delle Fiamme Gialle, sfociata in una ipotesi di accusa di bancarotta per distrazione, ha riguardato da un lato prelievi di contanti per 2 milioni e 600 mila euro effettuati dai conti correnti della società fra il 2007 e il 2011: denaro che sarebbe stato utilizzato per scopi personali, come le vacanze o le trasferte al casinò di Saint Vincent. Alla Guardia di Finanza risultano poi trasferimenti di denaro mascherati, attraverso la manipolazione di bilanci
e scritture contabili, per un totale di 4 milioni e 892 mila euro.
Lazzaro era già stato arrestato nel 2014 per una vicenda legata ad una fidejussione finalizzata a creare una nuova società, Italcostruzioni, che doveva sostituire Italcoge nei lavori nel cantiere del Tav a Chiomonte. L’imprenditore è anche imputato a Torino nel processo San Michele contro la ‘ndrangheta in Piemonte: non è accusato comunque di associazione mafiosa ma di reati ambientali.
Manette a due imprenditori in Valsusa per bancarotta fraudolenta
La stampa
Cinque milioni di euro sottratti dai conti dell’azienda, giocati persino al Casinò pur di poterli togliere dal patrimonio a disposizione dei creditori per il fallimento di Italcoge. Per questo la Guardia di finanza di Susa ha arrestato Ferdinando Lazzaro e il cognato Ignazio Farrauto, entrambi sotto inchiesta per bancarotta fraudolenta. Oltre ai prelievi in contanti e alle giocate ai tavoli verdi, i due cognati avrebbero ideato un sistema di società utilizzate per gestire lavori e cantieri, sempre in modo da sottrarre fondi (dal 2007 al 2011) al patrimonio della società dichiarata fallita nel 2011.
La Italcoge era già stata coinvolta nelle polemiche per il cantiere Tav di Chiomonte, attività principale dove aveva concentrato la propria attività.
BANCAROTTA DA 5 MILIONI, ARRESTATO L’IMPRENDITORE DI SUSA FERDINANDO LAZZARO
Redazione ValsusaOggi 02/18/2016
In data odierna, militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Torino, hanno eseguito due ordinanze per l’applicazione di misure cautelari in carcere per il reato di bancarotta fraudolenta e diverse perquisizioni sul territorio della Provincia di Torino disposte dal Giudice per le Indagini preliminari del Tribunale di Torino, su richiesta della Procura della Repubblica di Torino.
I destinatari delle misure sono il noto imprenditore valsusino Ferdinando Lazzaro ed un suo familiare e stretto collaboratore.
Le indagini eseguite dalla Guardia di Finanza di Susa a seguito del fallimento della ITALCOGE spa, hanno evidenziato le responsabilità dell’imprenditore quale amministratore di fatto.
Le indagini, protrattesi alcuni anni a causa dei complessi fatti gestionali esaminati che hanno richiesto anche l’intervento di consulenti esperti nello specifico settore, hanno consentito di appurare una serie di condotte criminose che hanno portato al dissesto ed al conseguente fallimento della ITALCOGE spa (dichiarata fallita con sentenza del Tribunale di Torino nel 2011).
Le investigazioni hanno fatto emergere che, attorno alla citata società capogruppo, ruotava una serie di società, anche operative, costituite per vari scopi ma tutte finalizzate a sottrarne risorse.
E’ emerso che i destinatari delle misure cautelari, hanno effettuato numerosi prelievi contanti per complessivi 2.262.000 euro, tra il 2007 ed il 2011, dai conti correnti sociali per scopi prettamente personali e spesso ricreativi.
In diverse occasioni si è riscontrato come il denaro sia stato “utilizzato” presso il casinò di Saint-Vincent o per il pagamento di spese effettuate in località di villeggiatura o comunque a favore dei membri del nucleo familiare e a discapito dei creditori, fornitori e dipendenti.
Oltre ai prelevamenti in contanti, sono stati accertati trasferimenti vari di denaro che venivano mascherati attraverso l’intenzionale e lucida manipolazione di bilanci e scritture contabili, che hanno permesso di distrarre, occultare, dissimulare, distruggere e dissipare beni, crediti e somme di denaro per un totale di quattro milioni e 892 mila euro.
L’imprenditore valsusino, nel corso dell’anno 2014, era già stato arrestato per una falsa fideiussione, finalizzata alla costituzione di una nuova società familiare, la ITALCOSTRUZIONI, che doveva sostituire la ITALCOGE nei lavori di costruzione del cantiere TAV della Torino-Lione a Chiomonte.
L’attività di servizio in rassegna si inserisce nell’azione svolta dalla Procura della Repubblica e dalla Guardia di Finanza di Torino a tutela del rispetto e della corretta applicazione delle regole in campo economico e finanziario e rinvigorisce il controllo economico del territorio.
Tav: arrestato imprenditore-simbolo dei favorevoli alla Torino-Lione. “Bancarotta fraudolenta”
Ferdinando Giosué Lazzaro, ex titolare della Italcoge – poi fallita – è finito in carcere insieme a un suo familiare. Secondo i pm avrebbero sottratto dai conti correnti dell’azienda oltre due milioni di euro per giocare al Casinò di Saint Vincent. Sono accusati di avere dissipato oltre 5 milioni, tra beni, crediti e denaro
Ancora una volta l’imprenditore “simbolo” della Torino-Lione è finito nei guai. La terza indagine nel giro di pochi anni. Oggi laGuardia di finanza ha portato in carcere Ferdinando Giosué Lazzaro, 50 anni, spesso in prima linea per sostenere la Tav e l’assegnazione dei lavori alle aziende della Val di Susa. Lazzaro e un suo familiare e collaboratore sono indagati per bancarotta fraudolenta, un’indagine nata dopo il fallimento della suaItalcoge nell’estate 2011, che in quel periodo stava compiendo alcuni lavori preliminari al cantiere dell’alta velocità a Chiomonte.
Dall’inchiesta condotta dalla compagnia di Susa della Guardia di finanza, guidata dal capitano Mattia Altieri, è emerso che sono stati occultati poco meno di cinque milioni di euro tra crediti, denaro contante e beni dell’azienda. Tramite alcune società collegate alla Italcoge, secondo i finanzieri “tutte finalizzate a sottrarne le risorse”, sono state drenate le ricchezze. Ben 2.262.000 euro sono stati prelevati in contanti dai conti correnti tra il 2007 e il 2011 e spesso sono stati spesi non per le attività imprenditoriali di Lazzaro, ma per il divertimento della famiglia, come le giocate al Casinò di Saint-Vicent o i soggiorni in località di villeggiatura.
Non solo. Secondo le fiamme gialle i bilanci e le scritture contabili sono stati oggetto di una manipolazione “intenzionale e lucida” che ha permesso di distrarre, occultare beni, crediti e somme di denaro per 4,892 milioni di euro. L’indagine perbancarotta fraudolenta, coordinata dai sostituti procuratori di Torino Alberto Benso e Roberto Furlan, è la terza inchiesta in cui Ferdinando Giosué Lazzaro viene coinvolto negli ultimissimianni. In questo momento l’imprenditore valsusino è coinvolto in due processi.
Il 14 marzo prossimo ci sarà l’udienza preliminare del procedimento per turbativa d’asta.
Dopo il fallimento della Italcoge, per continuare a lavorare nel cantiere Tav l’uomo aveva creato un’altra società – la Italcostruzioni – intestata a una terza persona, ma formalmente amministrata da lui. In questo modo è riuscito a partecipare alla gara per l’affitto di un ramo della fallita Italcoge e a vincerla, così da continuare a operare nel cantiere. Insieme a lui sarà a processo anche l’ex curatore fallimentare dell’azienda, Michele Vigna, condannato il 27 ottobre per “interesse privato in atto d’ufficio” in quanto aveva assegnato a un agente di polizia l’incarico di sorvegliare magazzini e i macchinari della Italcoge.
Non è tutto. Lazzaro è anche uno degli imputati del processo “San Michele”, nato da un’indagine del Ros dei carabinieri e della Direzione distrettuale antimafia di Torino. In questo procedimento l’imprenditore deve rispondere dell’accusa di aver smaltito illecitamente alcuni rifiuti dei cantieri. Dagli atti di questa indagine, però, sono emersi elementi più interessanti. Dopo ilfallimento, temendo di non poter ricominciare a lavorare nel cantiere di Chiomonte, Lazzaro si era mosso per ottenere un aiuto dai politici del Partito democratico più favorevoli alla Tav, personaggi come il consigliere regionale Antonio Ferrentino,l’attuale commissario del governo alla Torino-Lione Paolo Foiettae il senatore Stefano Esposito. Inoltre è grazie a Lazzaro che, all’interno del cantiere, è approdato un imprenditore comeGiovanni Toro, attualmente imputato di concorso esterno in associazione mafiosa, autore della frase: “Ce la mangiamo io e te la torta dell’alta velocità”. Secondo l’avvocato Massimo Bongiovanni, legale di alcune parti civili nel processo “San Michele”, avvocato dei No Tav e rappresentante dei creditori della Italcoge, “Lazzaro veniva considerato da alcuni politici come il modello di imprenditore della Val di Susa”. Secondo lui questa “non è nient’altro che la punta di un iceberg”.
TTIP: consentire alle multinazionali l’evasione fiscale
Tra le pieghe dell’accordo sul TTIP si potrebbero nascondere regolamenti che favoriscono le multinazionali che già oggi evadono miliardi di tasse.

Come ha già ripetuto più volte Stiglitz, premio Nobel per l’economia, il TTIP non è un accordo di libero scambio, ma uno strumento per favorire e proteggere le multinazionali.
Da anni, gli stati subiscono le pressioni dei colossi industriali che dominano i mercati globali. Al punto che è diventato sempre più difficile controllarli sia a livello nazionale che a livello internazionale. Spostamenti di sedi legali e operative, internazionalizzazione della produzione per utilizzare manodopera a basso prezzo, materie prime provenienti da tutti i paesi del mondo e metodi di produzione al di fuori di ogni controllo (si pensi alle ripetute accuse di sfruttamento del lavoro minorile nei confronti di grandi gruppi internazionali o ai danni ambientali causati i certe regioni dell’Asia e dell’Africa).
Ultima, ma non meno importante, la possibilità di sfuggire agli interventi fiscali da parte delle autorità dei singoli stati.
La prova di tutto ciò è contenuta in un rapporto diffuso recentemente da Citizens for Tax Justice. Secondo i ricercatori, le multinazionali avrebbero evitato il pagamento di tasse federali per un importo non inferiore al 35 per cento dei profitti. Una evasione che, ogni anno, costa alle casse federali circa 620 miliardi di dollari. Una somma che basterebbe per finanziare l’intero sistema scolastico americano per cinque anni.
La situazione non è diversa in Europa. Secondo i ricercatori di Eurodad, che riunisce 46 ONG impegnate nella lotta per un sistema economico e finanziario globale più equo, nel vecchio continente è sempre più diffuso il “tax dodging”, l’evasione fiscale. E, in base ai risultati rilevati, l’Italia sarebbe al terzo posto della classifica dei Paesi europei vittime di questo fenomeno (preceduta solo daLussemburgo e Germania che, a differenza dell’Italia sono sempre stati contrari alla creazione di registri pubblici dei beneficiari ultimi delle aziende e delle fiduciarie). Una evasione già denunciata dall’OCSE, l’organizzazione per la cooperazione economica, che proprio per contrastare le pratiche fiscali “aggressive” delle multinazionali e di alcune grandi aziende che operano su scala globale ha proposto un Action Plan on Base Erosion and Profit Shifting. Secondo l’OCSE, dal 2013 ad oggi, le multinazionali avrebbero sottratto al fisco circa 500 miliardi di euro.
Anche la Commissione europea pare conosca bene la problematica. Poche settimane fa, infatti, ha lanciato l’anti Tax Avoidance package, una serie di misure finalizzate a limitare questo modo di operare. Ad esempio, la norma comunitaria prevede l’obbligo per le multinazionali del web di rendere noti i profitti e le tasse pagate in ogni singolo stato. Un tentativo di imporre alle multinazionali di pagare le tasse dove sono dovute.
Per i governi europei, il danno derivante dalle pratiche fiscali al limite della legalità adottate dalle multinazionali ammonterebbe a circa 50-70 miliardi all’anno. “Fondi che potrebbe essere destinati a costruire scuole, ospedali, abitazioni per i senza fissa dimora”, ha osservato il Commissario agli Affari economici Pierre Moscovici.
Ma la cosa più assurda e che anche quando questa forma di evasione viene contestata, quasi sempre, le multinazionali, tra patteggiamenti e sconti di pena, riescono a pagare meno del dovuto: spesso alle multinazionali viene concesso di applicare il tax ruling, ovvero la possibilità di stipulare accordi particolari per pagare solo una parte del totale delle tasse che avrebbero dovuto pagare. Ad esempio, a dicembre scorso, molti giornali hanno lodato l’operato dell’Agenzia delle Entrate italiana e del governo (che se ne vantò largamente) che ha ottenuto dalla Apple il pagamento di 318 milioni di imposte arretrate. Nessuno ha fatto notare che la maxi-evasione da parte della multinazionale informatica ammontava, in realtà, ad una cifra ben maggiore: circa 900 milioni di euro.
Uno strumento che non piace all’Antitrust della Commissione europea, ma che evidentemente fa comodo a molti. A cominciare da alcuni paesi. L’Italia, ad esempio, ha stipulato accordi fiscali specifici con paesi in cui, stranamente, operano alcune multinazionali nazionali (come Eni). E c’è anche chi dice che questi trattati siano stati scritti in modo da favorire specificamente alcune aziende.
E mentre sui giornali (e sui social network) si lanciano slogan tipo “Sono finiti i tempi dei furbi” (Renzi, novembre 2014), si cerca in tutti i modi di evitare che le multinazionali trasferiscano all’estero le proprie attività consentendo loro di pagare meno tasse. Ad esempio, concedendo “patent box”, accordi riservati alle grandi aziende che prevedono una riduzione delle tasse sui proventi per i titolari di brevetti. Una misura presentata come strumento per attrarre gli investimenti, ma che, secondo alcuni, potrebbe violare le regole comunitarie.
La verità è che oggi, in tutto il mondo, le multinazionali hanno raggiunto un tale potere da riuscire a non sottostare più al controllo fiscale dei singoli paesi. Proprio quello che molto probabilmente verrà ratificato con il TTIP.
di C.Alessandro Mauceri per Scenarieconomici.it
“Lazzaro di nuovo in manette, la notizia non ci stupisce per niente. Esposito e Ferrentino prenderanno le distanze da lui?”
18 febbr 16
Frediani (m5s):
Finisce in manette Lazzaro, l’imprenditore simbolo dei Sì TAV, nonché amico del Senatore Stefano Esposito e del Consigliere regionale Antonio Ferrentino, entrambi PD.
La solita accoppiata Esposito – Ferrentino, quando Lazzaro denunciò improbabili aggressioni da parte di fantomatici No TAV, si era subito mobilitata per dimostrargli la propria solidarietà. Inoltre sempre Esposito, solo nel settembre scorso, affermava: “Ferdinando Lazzaro è una figura da me straconosciuta, strafrequentata e strasentita”.
Ci domandiamo se, almeno questa volta, prenderanno le distanze una volta per tutte da questo oscuro personaggio oppure continueranno a far finta di niente?
Fin dall’inizio abbiamo nutrito forti dubbi sull’imprenditore in questione, dunque la notizia del suo secondo arresto nel giro di pochi mesi non ci stupisce più di tanto.
Ricordiamo inoltre come Lazzaro, secondo gli atti del processo San Michele, si impegnasse a richiedere l’autorizzazione in Prefettura per il transito dei camion di Toro (imputato per concorso esterno in associazione mafiosa) nel cantiere di Chiomonte. Lo stesso Toro, successivamente, ha asfaltato le strade del cantiere destinate ad ospitare i mezzi della Polizia.
BANCAROTTA DA 5 MILIONI, ARRESTATO L’IMPRENDITORE DI SUSA FERDINANDO LAZZARO
http://www.valsusaoggi.it/bancarotta-da-5-milioni-arrestato-limprenditore-di-susa-lazzaro/
ValsusaOggi
Giornale online indipendente – Diretto da Fabio Tanzilli – redazione@valsusaoggi.it
In data odierna, militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Torino, hanno eseguito due ordinanze per l’applicazione di misure cautelari in carcere per il reato di bancarotta fraudolenta e diverse perquisizioni sul territorio della Provincia di Torino disposte dal Giudice per le Indagini preliminari del Tribunale di Torino, su richiesta della Procura della Repubblica di Torino.
I destinatari delle misure sono il noto imprenditore valsusino Ferdinando Lazzaro ed un suo familiare e stretto collaboratore.
Le indagini eseguite dalla Guardia di Finanza di Susa a seguito del fallimento della ITALCOGE spa, hanno evidenziato le responsabilità dell’imprenditore quale amministratore di fatto.
Le indagini, protrattesi alcuni anni a causa dei complessi fatti gestionali esaminati che hanno richiesto anche l’intervento di consulenti esperti nello specifico settore, hanno consentito di appurare una serie di condotte criminose che hanno portato al dissesto ed al conseguente fallimento della ITALCOGE spa (dichiarata fallita con sentenza del Tribunale di Torino nel 2011).
Le investigazioni hanno fatto emergere che, attorno alla citata società capogruppo, ruotava una serie di società, anche operative, costituite per vari scopi ma tutte finalizzate a sottrarne risorse.
E’ emerso che i destinatari delle misure cautelari, hanno effettuato numerosi prelievi contanti per complessivi 2.262.000 euro, tra il 2007 ed il 2011, dai conti correnti sociali per scopi prettamente personali e spesso ricreativi.
In diverse occasioni si è riscontrato come il denaro sia stato “utilizzato” presso il casinò di Saint-Vincent o per il pagamento di spese effettuate in località di villeggiatura o comunque a favore dei membri del nucleo familiare e a discapito dei creditori, fornitori e dipendenti.
Oltre ai prelevamenti in contanti, sono stati accertati trasferimenti vari di denaro che venivano mascherati attraverso l’intenzionale e lucida manipolazione di bilanci e scritture contabili, che hanno permesso di distrarre, occultare, dissimulare, distruggere e dissipare beni, crediti e somme di denaro per un totale di quattro milioni e 892 mila euro.
L’imprenditore valsusino, nel corso dell’anno 2014, era già stato arrestato per una falsa fideiussione, finalizzata alla costituzione di una nuova società familiare, la ITALCOSTRUZIONI, che doveva sostituire la ITALCOGE nei lavori di costruzione del cantiere TAV della Torino-Lione a Chiomonte.
L’attività di servizio in rassegna si inserisce nell’azione svolta dalla Procura della Repubblica e dalla Guardia di Finanza di Torino a tutela del rispetto e della corretta applicazione delle regole in campo economico e finanziario e rinvigorisce il controllo economico del territorio