GRECIA – IL POPOLO E’ IN RIVOLTA,LA POLIZIA NON OBBEDIRA’ PIU’ AGLI ORDINI DEL GOVERNO…

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Scritto il febbraio 12, 2016 by 

La Grecia risulta paralizzata dalla proclamazione di uno sciopero generale contro le riforme imposte al Governo Tsipras dalla Commissione Europea e dalla Troika di Bruxelles.

Dopo il tradimento degli impegni presi da Tsipras, la Commissione Europea, il FMI ed i conglomerati finanziari sovranazionali, con la collaborazionbe della “Frau” Merkel, si accingono ad asfissiare la popolazione greca con un insieme di provvedimenti che prevedono: taglio delle pensioni , aumento dei contributi e delle imposte, privatizazzione dei servizi pubblici, aumenti delle tariffe, svendita del patrimonio dello Stato, incluse alcune delle migliori isole dell’Egeo che diventeranno proprietà privata di grandi società immobiliari tedesche.

Come risultato delle proteste, si sono fermati del tutto i trasporti urbani ed extra urbani, protesta dei dipendenti pubblici, in sciopero anche artigiani, commercianti, professionisti, medici, infermieri, farmacisti, notai ed avvocati. Una paralisi completa del paese e, nonostante gli appelli al dialogo lanciati dalle autorità del governo, nessuno si fida più delle promesse ed il governo Tsipiras appare del tutto screditato ed accusato di essersi “venduto” ai potentati finanziari.

Circola molta rabbia contro il governo della sinistra mondialista, considerata complice della Troika di Bruxelles, si nota un forte astio contro le autorità della Unione Europea che hanno decretato i provvedimenti punitivi emessi nei confronti del paese che avranno l’effetto di una ulteriore caduta del reddito che era già crollato in questi ultimi anni. La polizia teme per l’ordine pubblico e per la possibilità che agitatori si infiltrino all’interno delle proteste.

Per effetto delle agitazioni, è’ stato chiuso nuovamente oggi il valico di frontiera di Medzitilja, tra Macedonia e Grecia. Questo valico era stato chiuso, come già accaduto nei giorni scorsi, a causa delle proteste degli agricoltori greci che hanno provveduto a bloccare strade, autostrade, valichi e ponti.

Aria di rivolta anche tra le forze di polizia. Uno dei principali sindacati della polizia ellenica, la Poasy, con una lettera resa di pubblico dominio ha proclamato che “…..non obbedirà agli ordini del Governo ma, al contrario, che si riserva di far scattare subito il mandato d’arresto immediato per componenti della Commissione Europea e della BCE che si troveranno sul suolo greco per il reato di ricatto, istigazione multipla a reato contro lo statuto nazionale e, alla sua abrogazione legislativa, violazione ed offesa della sovranita’ popolare mirata al bene comune del popolo greco, ecc..ecc…” In pratica spira un vento di insurrezione anche tra le forze dell’ordine.

Intanto i sindacati degli agricoltori greci hanno deciso di estendere la loro protesta fino ad Atene, per manifestare contro i piani del governo in materia fiscale e pensionistica. Il piano degli agricoltori è quello di arrivare ad Atene il venerdì prossimo con i loro trattori e scaricare qualche quintale di letame davanti alla sede del Governo. Attive anche le delegazioni di categoria che al momento hanno creato circa 70 blocchi lungo le strade e autostrade greche ed hanno rifiutato l’invito al dialogo lanciato dal ministro dell’Agricoltura di Atene Vangelis Apostolou. Ieri e’ stato chiuso anche il valico di frontiera Ilinden-Exochi, tra Bulgaria e Grecia.

Frattanto nelle isole dell’Egeo si stanno verificando forti disordini e proteste mentre arrivano ondate di extracomunitari sospinti dalla Turchia che vuole fare pressioni per ottenere i miliardi di aiuti dalla UE (quelli che vengono invece negati alla Grecia). La situazione sta rapidamente collassando con i centri di raccolta al completo, le gente accampata all’aperto senza servizi e senza generi di sostentamento, i cittadini locali in gravi difficoltà che vengono rifiutati dagli stessi centri e dagli ospedali intasati per l’arrivo della massa dei profughi.

A tutto questo si aggiungono i piani della NATO per militarizzare le isole per causa dell’emergenza profughi e per le tensioni che si registrano ai confini della Turchia. La stessa Turchia che sospinge l’esodo dei profughi verso le isole della Grecia per fare pressioni sulla UE ed invia i suoi aerei militari nello spazio aereo della Grecia, suscitando le proteste delle autorità militari greche.

In definitiva la Grecia sta subendo pesantemente tutti i contraccolpi di una crisi economica e del fallimento delle politiche dell’ Unione Europea,con il Governo che non ha avuto il coraggio di fare le uniche scelte nette che avrebbero potuto portare il paese fuori dalle secche: uscire dal sistema euro che si è rivelato un cappio al collo del paese ellenico ed accettare le proposte di partnership economica da parte di Russia e Cina che si erano fatte avanti con proposte precise.

Tutte le voci popolari ad Atene dicono che Tsipras, sottoposto a forti pressioni, si è venduto agli americani, prima ancora che alla Troika di Bruxelles e Francoforte.

Per una volta si può citare a proposito il vecchio motto latino: “vox populi vox Dei”.

Fonti: TVXS.gr Tanea.gr

Tratto da Controinformazione

Debrà Libanòs l’ultimo oltraggio a quei monaci massacrati

etiopia

Una strage compiuta dagli italiani in Etiopia. Vennero uccise millecinquecento persone. Un monumento a Rodolfo Graziani. Una storia finita in tribunale

ALBERTO MELLONI, la Repubblica • 11 Feb 16 

Debrà Libanòs è un nome difficile da fissare nella memoria del nostro paese. Questa città monastica, nel lembo nord dell’altipiano etiope dello Scioà, di fronte alle lande incontaminate del Mens, fu oggetto di una grande strage di cristiani fra il 21 e il 29 maggio 1937. Le fonti contano un minimo di quattrocento vittime fra i religiosi, che salgono a millecinquecento, contando i fedeli. Un eccidio, comunque: che si potrebbe presumere fissato nella memoria di tutti, come quelli delle Fosse Ardeatine, di Marzabotto, di Sant’Anna di Stazzema. Invece no. Debrà Libanòs — il più grande massacro di una comunità religiosa d’Africa — resta un nome sconosciuto a troppi.

Ma non è una “scoperta” recente, venuta a tacitare il negazionismo strisciante di chi proclama, forse per incoraggiare nuove avventure, la necessità di liberare l’Occidente da un senso di colpa che non ha e da quella diffidenza verso la guerra che si chiama (si chiamava?) Europa. Fin dal 1965 Angelo Del Boca aveva studiato anche questo frammento della “guerra di sterminio” dell’Italia fascista in Africa orientale, denunciato a suo tempo dagli etiopi. Negli ultimi trent’anni Michel Perret, Lucia Ceci, Degife Gabre-Tsadik hanno aggiunto fonti, che Ian Campbell ha ripreso in un volume del 2014, a cui Nicola Labanca ha dato un aiuto e che Del Boca ha prefato. Un letterato, Luciano Marrocu, ne ha fatto impudicamente lo sfondo di un romanzo giallo. Niente da fare. Debrà Libanòs resta il nome di un delitto invisibile.

La strage viene pianificata all’indomani dell’attentato del 19 febbraio a Rodolfo Graziani, viceré dell’Africa orientale italiana. Ad Addis Abeba, due resistenti di origine eritrea, si intrufolano alla festa per la nascita del primogenito di Umberto di Savoia: lanciano granate, fuggono. Sette morti, cinquanta feriti, fra cui Graziani.

In città si scatena una rappresaglia feroce. Il corrispondente del Corriere della sera, Ciro Poggiali, annota inorridito nel suo diario le uccisioni a sprangate, i roghi che bruciano gli occupanti dei tucul e le chiese, le fucilazioni di religiosi copti, gli sgozzamenti — il tutto ad opera di persone a lui note e “normali”.

Se l’Africa è il luogo di collaudo del razzismo italiano, questo si mostra lì in tutto il suo sanguinario vitalismo. Le vittime si contano a migliaia: 6 mila dicono i giornali inglesi, 30 mila gli etiopi. Ma a Graziani non basta: egli resta convinto che nella città monastica di Debrà Libanòs si debbano punire i mandanti con una strage esemplare.

La mattanza viene fissata a maggio, attorno alla grande festa di san Mikael. La gestirà il generale Pietro Maletti, che fa annunciare la visita al monastero della seconda autorità della chiesa copta, l’“ecceghiè” Tekle Ghiorghis, per attirare in trappola i monaci dei romitori e i pellegrini. Il generale ispeziona a poche ore dall’inizio delle operazioni un sito vicino: il precipizio che dalla piana di Laga Wolde scende nel letto d’un torrente, il Fincha Wenz, che sembra adatto a quel che ha in mente.

Il 18 maggio Maletti isola il monastero: chiude in chiesa i pellegrini e i monaci che trova rastrellando la città monastica. Il vicepriore (lo “tsabate”) Gabre Mariam mette in salvo i suoi discepoli e i bambini nella cripta di Maskel Beit. Un eremita, Abba Gebre Gyiorgis, riceve in sogno la visita di un angelo che gli dice di fuggire: e fugge. Gli altri monaci e fedeli — «circa mille» telegrafa Maletti — vengono imprigionati in parte nella chiesa maggiore in parte nella vicina località di Chagel. Per due volte viene la notte, e poi il giorno.

Il mattino del 20 maggio inizia la mattanza, senza che gli altri prigionieri se ne rendano conto. Vengono uccisi per primi i disabili e gli ammalati, i cui cadaveri sono buttati nel fiume Gonjit. Al mattino del 21 alcuni camion iniziano a trasferire i prigionieri a Laga Wolde. Lì vengono bendati e uccisi: gli ascari controllano che nessuno si avvicini e sparano all’orecchio dei martiri per finirli. Poi li si fa rotolare nel dirupo.

Chi sale sui camion dopo i primi viaggi qualcosa capisce. I monaci copti portano alla cinta un piccolo salterio, come simbolo e reliquia della millenaria preghiera di una chiesa dalle origini apostoliche. Trovarne alcuni sul fondo dei camion, insieme alle croci lascia intendere il peggio. Che arriva inesorabile per tutti. I camion fanno 39 volte la spola: se portano 30 persone, sono 1200 morti; se ne stipano 40, sono 1600 esecuzioni. Nel telegramma n. 25876 di quel giorno, Graziani si attribuisce il merito di aver «fatto passare per le armi» 296 monaci compreso il vicepriore e 23 complici: il resto non lo conta neppure.

Il sabato 22 i camion portano le ultime 430 persone verso Debrà Berhan, forse per dividere l’usura psicologica del massacro fra diversi reparti di ascari e diversi soldati o ufficiali italiani. Trenta giovanetti (dei novizi si direbbe nel lessico cattolico) vengono separati dal gruppo, ma non per un gesto di pietà: andranno a finire nel famigerato campo di concentramento di Danane, nella Somalia italiana, dove la metà dei detenuti vengono uccisi dalla denutrizione. Gli altri quattrocento deportati di Debrà Libanòs sono portati, mercoledì 26, a Guassa e lì ammazzati: di 129 diaconi si tiene il conto nello scrupoloso telegramma n. 27136 del viceré. Degli altri — insegnanti, fedeli, operai subalterni — nulla si dice: vite irrilevanti al censimento di una strage che vuol rasare via il monastero dalla storia. Per questo, per non lasciare nulla di incompiuto, il 29 maggio tre monaci di Debrà Libanòs imprigionati in precedenza ad Addis Abeba vengono fucilati, mentre coloro che lo “tsabate” aveva nascosto a Maskel Beit, sono morti di fame e di sete nel grande silenzio che avvolge il santuario.

A cose fatte Maletti si vanta di un’azione «opportuna e salutare »; e Graziani telegrafa a Roma: «Del convento di Debrà Libanòs non rimane più traccia». Ma non è così: e non perché il suo successore cerchi di recuperare credito lasciando riprendere la vita monastica di Debrà Libanòs.

Rimane l’indelebile orrore che si tramanda a partire da quello straziante di chi sei mesi dopo prova ad andare a cercare la salma dei propri morti del monastero e deve desistere: sono ancora troppi gli strati dei cadaveri, ammassati lì, in attesa che le iene e gli avvoltoi li smozzichino, così da farli poi scivolare, brandello dopo brandello, verso il fiume.

Rimane la vita semplice e pura di monaci pastori ed eremiti: che tornano, col salterio alla cintola e il senso della fraternità monastica (il priore di Bose Enzo Bianchi è stato loro ospite e TV2000 di Paolo Ruffini sta realizzando un documentario).

Rimane un delitto che non costituisce un’inattesa impennata della ferocia di Graziani, ma fa parte del terrore nel quale la chiesa etiopica ha pagato un prezzo altissimo, col martirio di migliaia di cristiani e fra loro della stessa guida della chiesa, l’Abuna Petròs, torturato e ucciso dai fascisti (è come se i nazisti avessero portato Pio XII a via Tasso).

Un successore di Abuna Petròs, l’Abuna Paulos, patriarca della Chiesa “Tewahedo” ortodossa etiope, venne a Roma nel 2009 come delegato fraterno al sinodo per l’Africa: ricordò anche il martirio del suo predecessore nell’aula sinodale. Mi pare che nessuno nella Chiesa colse l’occasione per dire la parola che il patriarca aspettava e che globalallianceforethiopia. org chiede al papa. Neppure l’Italia colse l’occasione per gesti che mostrassero l’intenzione di prendere atto del dolore di un popolo e del martirio d’una chiesa: d’altronde non ha saputo nemmeno fermare lo sfregio di un monumento dedicato nel 2012 dal comune di Affile a Graziani, con tanto di prete reazionario benedicente, sul cui finanziamento la magistratura si pronuncia domani, in un procedimento che è una vergogna nazionale ridotta ad affare di Tar.

Prendere atto di quella strage è difficile. Il pressapochismo e la sottocultura che non vuol sentirsi dire che l’Europa è esattamente il “no” a tutto questo resisterà agli sforzi per conoscere e riconoscere quel massacro nel grande massacro coloniale. Ma proprio perché è più difficile è più necessario.

LA GRECIA RIPIOMBA IN RECESSIONE MENTRE NELLE PIAZZE ORMAI E’ GUERRA CIVILE

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I fatti e le opinioni del Nord - ilNord.it 

LE NOTIZIE CHE GLI ALTRI NON SCRIVONO
Max Parisi

12 febbraio – Mentre ad Atene si scatena l’ennesima manifestazione di protesta contro riforme e taglio delle pensioni – stavolta a scendere in piazza sono gli agricoltori – dall’ente di statistica ellenico sono giunti i dati sul Pil che hanno ufficializzato la ricaduta in recessione tecnica del Paese. Eppure, il meno 0,6 per cento registrato dal Prodotto interno loro greco nel quarto trimestre, rispetto ai tre mesi precedenti, è leggermente meno grave di quanto si attendessero in media gli analisti. Il calo riportato segue una contrazione dell’1,4 per cento nel terzo trimestre. La dinamica di contrazione su base annua è rimasta invariata al meno 1,9 per cento. Dati con con cui la Grecia è tornata a segnare le peggiori performance economiche della Ue.

LA GRECIA RIPIOMBA IN RECESSIONE MENTRE NELLE PIAZZE ORMAI E' GUERRA CIVILE

Grida forte la Valsusa! Su un processo farsa e una sentenza oltraggiosa.

post — 12 febbraio 2016 at 17:20

donnenotavTra i tanti procedimenti penali che riguardano ormai quotidianamente i notav, martedì 9 febbraio c’è stata una sentenza che mi riguarda personalmente. Un giudice, Balestretti, mi ha inflitto una pena di ‘’mesi sei e giorni quindici’. Mi ha condannato anche al pagamento di una provvisionale di euro 2.500 immediatamente esecutiva da devolvere al fondo assistenza per il personale della polizia di stato e al pagamento delle spese legali e subordina la concessione della condizionale al pagamento della somma di provvisionale……

Avrei insultato una poliziotta, tale sig. Alice Rolando, vicequestore aggiunto presso il commissariato San Donato a Torino e spesso presente nel cantiere di Chiomonte.

Nel novembre del 2012 durante un’iniziativa delle Donne in Movimento contro la violenza sulle donne e in occasione della visita dell’allora ministra Cancellieri , io l’avrei oltraggiata con frasi offensive.

Già il processo era stato una farsa, con un giudice distratto e frettoloso, coi testimoni dell’accusa che erano tre sottoposti della Rolando, e con la P.M. che ha anche denigrato le dichiarazioni dei miei testimoni.

Non ho pronunciato mai parole sessiste e volgari verso una donna. Neanche verso una donna in divisa. Quando vado alle reti, fatico a trattenere la mia rabbia e spesso la esprimo nelle forme più pesanti che posso, le mie grida sono note e fastidiose. Per questo mi hanno dato il foglio di via da Chiomonte, Giaglione, Venaus per tre anni. Foglio di via che non ho rispettato e che mi costerà un altro processo con conseguente condanna. Ma un conto è pagare il prezzo della mia libertà di circolazione, un conto è essere condannata per frasi mai proferite, infamanti.

Penso alla violenza che ha subito Marta, una di noi arrestata durante un’iniziativa, molestata e insultata dalle forze dell’ordine, e che quando ha denunciato non è stata creduta.

Penso che sia molto grave che qualcuno, purchè in divisa possa denunciare il falso sapendo che dalle parti del Tribunale di Torino c’è sempre un giudice che lo prende sul serio.

Ho molta rabbia per questa vile condanna, ma cercherò di indirizzarla il più possibile verso il cantiere, dove continuerò ad andare, gridando un po’ più forte. Per farmi sentire bene e di nuovo dalla sig.Rolando che è una donna bugiarda.

Io sono una donna notav.

Ermelinda

(Non mi aspettavo di essere assolta.)

Venti comuni firmano un’intesa per l’accoglienza programmata di 112 migrantiEnrico Tavan: “Controllo, corresponsabilità e una giusta integrazione”

MARIO TONINI 11 FEBBRAIO 2016

Il tema è l’immigrazione. La richiesta da parte della Prefettura di individuare comuni in cui mandare migranti è stata vista con la giusta prospettiva dai comuni della bassa valle. Affrontare l’emergenza con progettualità senza essere sempre un passo indietro sembra essere lo spirito con cui in questi giorni è stato firmato un Protocollo d’intesa. Spiega meglio il documento l’aviglianese Enrico Tavan, assessore alle Politiche Sociali, del comune capo fila di questa iniziativa.

Da quale considerazione siete partiti?

Abbiamo considerato che l’afflusso di migranti richiedenti la protezione internazionale si è acuito a causa del perdurare di gravi situazioni di crisi internazionale e di conflitti armati nell’area del Mediterraneo, in Medio Oriente ed in maniera diffusa in tutto il continente Africano.  Non dobbiamo dimenticare che l’anno scorso oltre 300.000 persone hanno attraversato il mare.

Cosa prevedono le leggi?

I richiedenti asilo e protezione internazionale sono soggetti ai quali va riconosciuto il diritto di fuga e di protezione per persecuzioni, conflitti e gravi violazioni dei diritti umani. Il Ministero dell’Interno ha emanato un piano straordinario di accoglienza con equa distribuzione regionale, con il quale viene richiesto alle Prefetture Italiane di individuare strutture di prima e seconda accoglienza per richiedenti asilo e protezione internazionale, preferibilmente non alberghiere, in collaborazione con gli enti Locali, i centri e le organizzazioni del Forum del Terzo.

Ci sono le finanze?

La situazione generale di crisi socio-economica, il taglio delle risorse al welfare ed ai servizi sociali comunali, non facilitano il lavoro di accoglienza e d’integrazione dei richiedenti Asilo in nessun territorio locale. L’attivazione di responsabili collaborazioni da parte dei comuni non comporta alcun onere per il bilancio comunale perchè i costi dell’accoglienza sono totalmente a carico del Ministero dell’Interno.

Cosa sarebbe potuto avvenire se non aveste predisposto questa intesa?

Un’iniqua distribuzione delle persone che rischiava di essere impattante in modo negativo per i piccoli comuni e rendere difficoltosi gli interventi d’integrazione con ricadute negative sul territorio.

Quindi qual’è il proposito?

Il principio della corresponsabilità per governare il fenomeno degli arrivi e dell’accoglienza in un’ottica di sussidiarietà tra comuni ini sinergia con la Prefettura di Torino ed il Ministero dell’Interno. Solo la micro-accoglienza diffusa nei territori locali secondo linee guida previste dal modello di accoglienza permette un’adeguata accoglienza delle persone rispetto alla macro-accoglienza impattante a livello sociale.

Come verranno distribuiti i migranti?

Fino a 12 posti ad Avigliana. Fino a 8 ad Almese, Buttigliera Alta, Condove,Novalesa, Sant’Antonino, Sant’Ambrogio, Susa. Fino a 4 a  Borgone, Caselette, Chianocco,Chiusa San Michele, Mattie, Mompantero, San Giorio, San Didero, Villar Dora, Villar Focchiardo. Fino a 2 posti a Caprie e Vaie, insomma una giusta proporzione con gli abitanti; solo così potrà esserci accoglienza senza ricadute negative.

I comuni avranno un controllo?

I sottoscrittori s’impegnano a partecipare attivamente per governare razionalmente il fenomeno dell’accoglienza coordinando l’azione con a tutti i livelli istituzionali per garantire il rispetto degli standard di qualità previsti dalle vigenti leggi in materia di accoglienza ed un impatto sociale sostenibile per il territorio. Ricordo che senza questa Intesa i comuni non avrebbero nessuna voce in capitolo e nessun controllo sul territorio.

Da quando potrebbero arrivare i migranti nei nostri paesi?

Adesso verrà pubblicato il bando per il soggetto gestore. Credo che per marzo la nostra valle potrà accogliere in modo responsabile e organizzato i primi arrivi.

Gli USA lanciano una imponente rappresaglia contro la Turchia per l’uccisione di 12 marines americani

Una relazione riservata del Ministero della Difesa (MoD) circolante al Cremlino preparata per il Consiglio di Sicurezza (SC) afferma che gli Stati Uniti, ieri, hanno richiesto alle Forze Aeree della Federazione (AF) ” accesso di combattimento ” il permesso di volo sopra la città siriana di Aleppo nella Zona di guerra del Levante e che dopo che è stato concesso loro, si sono visti cacciabombardieri della US Air force entrare in questa regione e distruggere completamente almeno 7 centri di comando e controllo gestiti dalla intelligence nazionale turca, la Turkey’s National Intelligence Organization  (MIT) a sostegno di al-Nusra (Jan) terroristi che erano già stati abbandonati dal regime di Obama .

Secondo questo rapporto, i voli da combattimento statunitensi oltre le regioni del nord-est della Siria, dove si trova Aleppo, sono stati messi a terra l‘anno scorso dopo che le difese delle forze aerospaziali sono stati migliorate notevolmente   dopo l’abbattimento  di un aereo militare della Federazione il 24 novembre 2015 provocato dalla Turchia, il Presidente Putin ha  definito una
pugnalata alla schiena“.

Il 14 gennaio, continua la relazione , sono stati gli americani a essere stati oggetto di un accoltellamento a tradimento alla schiena dalla Turchia, quando un aereo aviazione turca ha abbattuto 2 elicotteri degli US Marine uccidendo tutti i 12 soldati a bordo, in missione per fornire loro consulenti delle forze speciali per aiutare i combattenti curdi, che combattono i terroristi dello Stato islamico (ISIL / Daesh ISIS)  che abbiamo riportato in precedenza nel nostro articolo turchi abbattono elicotteri dei Marine uccidendo 12 soldati americani , russi scioccati .

Anche se il regime di Obama ha tenuto nascosto dai suoi cittadini l’omicidio intenzionale della Turchia di questi 12 eroi US Marine, questa relazione nota, che gli eventi di ieri dimostrano che non sono state dimenticate, e che ha avuto inizio quando i comandanti russi hanno contattato i Combined Air Operations Center USA (CAOC) di base a al Udeid Air Base in Qatar per capire le intenzioni a riguardo  dei due cacciabombardieri della US Air force a-10 ” Warthog”  che erano decollati dalla loro base aerea di Incirlik (IAB) in Turchia e che stavano volando in chiaro  stato di attesa prima di agire, appena a nord del confine con la Siria.

Dopo aver ricevuto comunicazione dal CAOC l’intento di “missione di vendetta” di cui sono stati incaricati per eseguirla i cacciabombardieri A-10 , continua il rapporto , comandanti russi hanno, poi, chiesto una dichiarazione pubblica da fare dal regime di Obama dove si afferma che nessuna forza Aerospaziale, o attrezzature di aeromobili sarebbero state bersaglio (sia previsto o non intenzionale) degli americani, e che nel giro di 20 minuti è stato rispettato quando  colonnello Steve Warren del US Army, portavoce di Joint Task Force-Operation Inherent Resolve (CJTF-OIR), di sede a Baghdad, Iraq , ha dichiarato che l’ esercito degli Stati Uniti non ha piani di intervenire contro il regime siriano e aggredire i russi ad Aleppo o bombardare i civili che muoiono di fame “che la situazione dentro e intorno ad Aleppo , a nostro avviso, diventa per così dire: ” il nostro Focus per sconfiggere ISIL, che è, e rimane il nostro obiettivo .

Subito dopo che i comandanti russi hanno ricevuto questa dichiarazione pubblica di “ intenzione di non aggressione ” contro le forze della Federazione dal regime di Obama, dice il rapporto, è stata concessa  l’autorizzazione a questi due aerei da guerra A-10 della US Air Force di  entrare in Siria, sorvolare Aleppo, e far completare la loro “missione di vendetta”  di combattimento contro la Turchia.

La maggior  stravaganza, di questo rapporto pieno di dettagli, subito dopo che questi aerei da guerra A-10 della US Air Force hanno completato la loro ” vendetta missione” e tornati nello spazio aereo turco, il Colonnello  Warren della US Army a Baghdad ha “spudoratamente mentito“, quando ha rilasciato una dichiarazione dicendo che Forze dell’Aerospace hanno bombardato due ospedali ad Aleppo – costringendo il portavoce del ministero della Difesa Igor Konashenkov a dichiarare che per ritorsione  “ieri, alle 13:55 ora di Mosca (10:55 GMT), due velivoli americani a-10 d’assalto sono entrati nello spazio aereo siriano provenienti dalla Turchia, e volato diritto alla città di Aleppo hanno bombardato degli obiettivi . ”

 Il  portavoce del MoD Konashenkov ha sottolineato inoltre che il colonnello Warren ha dimenticato di menzionare le coordinate sia degli ospedali, che il tempo delle incursioni aeree, e le fonti di informazione, “assolutamente niente“.

I veri fatti, però, nelle note del rapporto, dati da Konashenkov quando afferma: ” Non ci sono aerei da guerra russi che hanno effettuato ieri attacchi aerei nella zona della città di Aleppo. Il bersaglio più vicino di impegno era a più di 20 km di distanza dalla città” ed ha, anche, apertamente dichiarato nella conferenza stampa internazionale:”Ho intenzione di essere onesto con voi: non abbiamo avuto il tempo necessario per chiarire che cosa esattamente questi nove oggetti del bombardamento da parte di aerei americani ieri , ad Aleppo , si farà più attenzione.”

Da una “accurata ricerca” del bersaglio di questi due aerei da guerra della US Air Force A-10 , come affermato ieri, Konashenkov , continua il rapporto, ha rivelato quali fossero gli “obiettivi della vendetta , ovvero, sono stati tutti i principali centri di comando e di controllo presidiati dalla l’intelligenza turca (MIT) operativi ad Aleppo che sostengono il gruppo terroristico di al-Nusra sono stati i principali beneficiari di aiuti dalla Turchia.

E anche se, il regime di Obama ha subdolamente e goffamente tentato di accusare della distruzione la Russia, continua il rapporto,  il loro sforzo è fallito  e ha generato una reazione immediata da parte del Presidente della Turchia Recep Tayyip Erdogan , che anche se ancora non riesce a riconoscere pubblicamente la uccisione dei 12 US Marines, tuttavia  un’aspra e adirata requisitoria contro il regime Obama  è iniziata con “ Oh America! ” e, continua dicendo: “ te l’ho chiesto tante volte, siete [con] noi, o con tutte queste organizzazioni terroristiche. Non hai buona conoscenza di loro, ed è questo il motivo per cui la regione si è trasformata in mare di sangue , ”

Erdogan ha ulteriormente inveito contro il supporto del regimi Obama ai curdi Siriani del Democratic Union Party (PYD) e alla sua milizia,  People’s Protection Units (YPG), che gli USA non riconosce come gruppo terroristico, dice il rapporto, per avvertimento: ” Abbiamo dato loro la prova! Diciamo agli americani “Sono un gruppo terroristico.’ Ma gli americani resistono e dino ‘no noi non li vediamo come gruppi terroristici. Gli alleati non si dicono l’un l’altro il nemico del mio nemico è mio amico. È necessario disporre di principi. Ma non c’è alcun principio qui . ”

Ancora peggio, la  Relazione dice nelle note, che Erdogan è così adirato a causa della distruzione di tutta la sua operazione di intelligence, del regime Obama,   ad Aleppo favorendo i terroristi, che ha dichiarato che si sta preparando a scatenare sull’Occidente una crisi più grande con i rifugiati siriani da espellere dalla Turchia -e di cui il Ministero della Difesa sta ora avvertendo che viene riempita di migliaia di terroristi assassini in fuga da Aleppo, che si sta avvicinando alla liberazione, ed hanno abbandonato le armi per fingere di essere dei civili.

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Ma quanto al patetico regime di Obama diventato un provocatore di tale
 “ambiguità e miseria“, la relazione conclude,  lasciando al portavoce del MoD Konashenkov di rispondere, e ha detto:

 ” Abbiamo sentito ultimamente consigli dal Pentagono sulla necessità di cambiare la nostra strategia in Siria con l’aiuto degli Stati Uniti’ per raggiungere una transizione politica del potere’. Vi ricordiamo in particolare a tali consulenti che lo scopo della nostra operazione in Siria è quello di distruggere il terrorismo – minaccia diretta e chiara per la sicurezza del nostro paese e del mondo. Non abbiamo mai avuto e non avremo altre ‘strategie’. 

 Abbiamo [anche] chiaramente visto nel corso degli ultimi cinque anni i risultati delle strategie di ‘transizione politica‘ del Medio Oriente vicino ai confini russi, di Washington che al posto del ‘trionfo della democrazia‘, vi è la devastazione, il sangue, e rifugiati in tutto il mondo. 

 È questo il motivo per cui gli strateghi stranieri ora stanno parlando della necessità di lanciare operazioni di terra in Siria e in Libia? Forse per questi consulenti non sarebbe meglio se smettessero di ripetere e di fare sempre gli stessi errori ? “

Ma d’altra parte, è  evidente che a sostenere in supporto,  possibile come obiettivo principale del regime di Obama è distruggere entrambe, la Turchia e l’Arabia Saudita, e se dovesse accadere avrebbero, finalmente, portato la pace in Medio Oriente , e gli americani avrebbero finalmente quello che hanno sempre voluto in tutto questo tempo — il petrolio.

Febbraio 11, 2016 © UE e USA