Tav, scontro sull’analisi: bocciatura da 7 miliardi. Tra accise sulla benzina e impatto ambientale

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All’oscuro – Il dossier costi-benefici che stronca l’opera consegnato a Francia e Ue. Matteo furioso: “Mai visto”

Tav, scontro sull’analisi: bocciatura da 7 miliardi. Tra accise sulla benzina e impatto ambientale

La sgangherata gestione dell’analisi costi-benefici sul Tav nelle mani del ministro Danilo Toninelli provoca ormai una guerra quotidiana tra i gialloverdi. Ieri il casus belli è stata la consegna del dossier, che stronca l’opera, alla rappresentanza della Commissione Ue in Italia. Martedì era toccato all’ambasciatore francese, Christian Masset. Quasi fosse un trattato internazionale. La decisione ha fatto infuriare Matteo Salvini: “Perché dei numeri che riguardano il futuro degli italiani sono conosciuti prima a Parigi che a Roma? Io non cambio idea – ha attaccato il leader leghista – l’Italia sulle grandi opere pubbliche deve andare avanti, non bloccare e tornare indietro”. Dagli uffici di Toninelli è arrivata una replica beffarda: l’analisi doveva essere prima condivisa con gli interlocutori “ossia Francia in prima battuta e Commissione Ue” e, solo dopo, ma a strettissimo giro – cioè oggi – agli alleati di governo. “Nemmeno io l’ho vista”, ha aggiunto Luigi Di Maio.

Da settimane Toninelli prende tempo, evitando di pubblicare il documento affidato a una task force di esperti guidati dall’economista Marco Ponti. Sarà pubblicato “la prossima settimana”, assicura il ministro. Per dare tempo a Francia e Ue di valutare i dati, poi sarà fissato un incontro.

Lo scontro sui tempi nasconde in realtà quello sul futuro dell’opera. L’analisi infatti descrive la Torino Lione come uno spreco di soldi pubblici. Nello scenario intermedio i costi superano i benefici di quasi 7 miliardi, come anticipato ieri da La Stampa. Uno sbilancio enorme, che non lascia scampo per trovare appigli per un’opera per la quale sono già stati spesi 1,4 miliardi; ne restano da spendere 10, di cui 8,6 per il solo tunnel di base (57 km): 35% a carico dell’Italia (3 miliardi); 25% Francia e 40% Ue.

Per settimane la Lega ha provato a convincere il Movimento proponendo un taglio dei costi. Il “mini Tav” avrebbe perso gli 1,7 miliardi del collegamento italiano al tunnel (quello francese è già stato scartato dai governi transalpini). L’opera si sarebbe così ridotta, come di fatto ormai è, al solo traforo del Moncenisio. Una modifica, però, che non cambiava il risultato dell’analisi: senza la tratta italiana, infatti, calano i costi, ma anche i benefici visto che i guadagni di tempo per il traffico merci si riducono al solo tunnel. Fallito il tentativo, la Lega ha deciso di contestare direttamente i numeri dell’analisi, forte dei dati sfornati dal costruttore del italo-francese del Tav, la società Telt.

Da giorni la grande stampa insiste su un presunto “difetto” del dossier: considera tra i costi anche il mancato incasso delle accise sui carburanti e dei pedaggi da parte dello Stato a causa del traffico merci che verrebbe dirottato dalla strada alla ferrovia con un beneficio per l’ambiente. Nell’analisi sul Terzo Valico ligure pesavano per 905 e 864 milioni. Senza considerare le minori accise, il giudizio sarebbe diventato meno negativo (da -2,3 miliardi a -600 milioni), anche se il governo ha deciso di dare lo steso il via libera all’opera, assai cara alla Lega motivandolo con il rischio di dover pagare 1,2 miliardi di presunte “penali”.

Le linee guida del ministero non chiariscono se le due voci vadano conteggiate nelle analisi costi-benefici. Quelle europee lo prevedono, anche se le ultime versioni sono meno esplicite. Resta però che sono previste dalle linee guida francesi e da una lunga consuetudine accademica. Al punto che la stessa analisi costi-benefici del 2011, voluta dall’osservatorio di Palazzo Chigi sul Tav mostrava ben visibili nelle tabelle riassuntive sia i costi per i gestori autostradali che per lo Stato in termini di tassazione perduta (il tutto per oltre 16 miliardi di euro). In ogni caso, però, anche escludendo le due voci, il dossier sul Tav mostrerebbe lo stesso uno sbilancio negativo tra costi e benefici, anche se di minore entità.

Tav, Travaglio replica a Delrio: “Non dobbiamo restituire nulla all’Ue, perché non ci finanzia prima della fine dei lavori”

 

Confronto vivace a Otto e Mezzo (La7) tra il direttore de Il Fatto Quotidiano, Marco Travaglio, e il deputato Pd Graziano Delrio sul Tav Torino-Lione.
Travaglio obietta all’ex ministro dei Trasporti, leggendo un documento dell’Osservatorio sull’Alta velocità, diretto dal commissario Paolo Foietta: “Era il dicembre del 2017 e la presidenza del Consiglio era quella di Paolo Gentiloni. E c’è scritto: ‘Non c’è dubbio che molte previsioni fatte 10 anni fa in assoluta buona fede, anche appoggiandosi a previsioni ufficiali della Ue, siano state smentite dai fatti, soprattutto per effetto della grave crisi economica. Lo scenario attuale è, quindi, molto diverso da quello in cui sono state prese a suo tempo le decisioni’”. E questo perché?” – continua il direttore del Fatto – “Perché tra l’Italia e la Francia dal 2001 al 2016 il traffico merci è calato del 17,7%, sia su ferrovia (- 71%), sia su strada. Lei somma Ventimiglia con Frejus, sono due cose come le mele e le pere: non possono andare insieme, perché le merci che vanno a Ventimiglia sono dirette verso la Spagna e quindi continueranno a passare da Sud, e non da Nord”.

E aggiunge: “Quindi, voi state difendendo un’opera che non serve a nulla, perché già quello che c’è, sia per i passeggeri, sia per le merci, è più che sufficiente e ce n’è pure da vendere per il fabbisogno che c’è. Semplicemente non volete nemmeno prendere atto del fatto che il vostro Osservatorio di governo, presieduto dall’ottimo architetto Foietta, ha dichiarato due anni fa la bancarotta di quell’opera. Solo che poi ha detto di farla lo stesso. E io sarei pure favorevole se fosse gratis, ma, dato che ballano 15 e forse 20 miliardi, io ci penserei due volte prima di impegnare un cantiere 15 anni e di buttare via tutti quei soldi”.

Riguardo alle eventuali penali in caso di mancata realizzazione, Travaglio smentisce Delrio: “Le penali non sono scritte in nessun trattato e sono escluse nei contratti con le società. La Ue ci finanzia chiavi in mano quando abbiamo finito le opere, quindi non può chiederci soldi indietro perché non ce li dà in anticipo, ma alla fine dei lavori. E lei lo sa benissimo”.

PADRI DELLA PATRIA E PADRI SPIRITUALI…… VENEZUELA – IL GIULLARE AI RE: SIETE TUTTI NUDI!

http://fulviogrimaldi.blogspot.com/2019/02/padri-della-patria-e-padri-spirituali.html

MONDOCANE

MERCOLEDÌ 6 FEBBRAIO 2019

 

“La pace è guerra, la libertà è schiavitù, l’ignoranza è forza” (George Orwell “1984”, la neolingua Socing). E quella di Trump, Guaidò e Abrams è democrazia (Sergio Mattarella).

In piena temperie rivoluzionaria, nel 1837, H.C. Andersen, scrittore danese che quelle temperie esprimeva in fiabe, scrisse “I vestiti nuovi dell’imperatore”. Che non erano né nuovi, né vestiti, ma un nulla confezionato da astuti ed eversivi sarti per fregare un imperatore, narciso fino all’idiozia, e un suo popolo, servile fino all’autolobotomia. Ma siccome l’inganno funziona solo da una certa età in poi, in mezzo alla folla osannante dove si panoveggiava il sovrano, un bambinello dalle facoltà intatte perchè non leggeva giornali, non vedeva tv ed era sfuggito alla Boldrini, esclamò “il re è nudo!”. Le scaglie mediatiche caddero dagli occhi del popolo che, fattosi cosciente della realtà, cioè populista e anche sovranista al posto del sovrano, diede il via alla rivoluzione. Che, infatti, via via, dagli anni ’30, nel 1848, nel 1870, si sarebbe diffuso tra un bel po’ di popolo.

Qui l’imperatore è riapparso vestito di panni democratici inesistenti, ma vistigli addosso, inconfutabile sicurezza, da vassalli, cortigiani, gazzettieri, augusti padri di patrie e padri spirituali futuribili santi. Tutti altrettanto ignudi, ma che nel giurare di vedere vestito l’imperatore, pensavano di convincere anche i loro di sudditi  a vederli adornati di porpore e zibellini. E ci riuscivano, sempre sorretti da banditori e scriba, illusionisti e saltimbanchi, e, con particolare efficacia, da coloro che affermavano di vestire gli ignudi per vocazione e professione: sinistri, Ong, Zanotelli, Ciotti, Strada, Comitati Pace, curdi, Peacelink, chierici vari. Finchè Bolsonaro non affoga nell’Atlantico barconi con venezuelani in fuga dal golpe amerikano, in America Latina va tutto bene.

 

C’è voluto uno, bambino al pari di quello di Andersen, ma con i capelli bianchi e la chitarra, artista come tutti i bambini prima di una certa età, a gridare di nuovo e con tutta la forza della sua musica, una voce più augusta, eletta e santa di qualsiasi bonzo, padre della patria o padre spirituale: “IL RE E’ NUDO!”.

E non è stato neanche tanto originale, giacchè non ha che ripreso il grido di milioni, dal Venezuela ai popoli latinoamericani, africani, asiatici, pentoloni a pressione su cui si affannano a tenere il coperchio coloro che vedono sete, damaschi e broccati addosso ai furfanti. Originale forse no, ma coraggioso  e temerario, visto quel che succede a chi dà del golpista ai golpisti, o rifiuta di suonare in Israele.

E’ Roger Waters, dei Pink Floyd, gruppo che ha inciso nella carne dell’Occidente le colpe dei suoi criminali e la bellezza e la forza delle sue vittime, ad aver lanciato quel grido, ad aver ripreso quello che i gabbatori tentavano di ricacciare in gola ai venezuelani (vedihttps://youtu.be/Vb_NDQpYyXc). E’ il grido di un solo uomo, ma se vi arriva alle orecchie, vi dissolverà frastuoni, schiamazzi e cacofonie di ogni genere e fonte, pure quelle che in questi giorni vi arrivano dall’arma di distrazione di massa delle ugole, unificate dal ruffiano e dall’inane, della kermesse di Sanremo (fatta eccezione per Daniele Silvestri e Rancore).

Una voce laterale, di quelle che seminano verità definite fake news dagli specialisti di fake news, il sito l’Antidiplomatico, lo ha fatto arrivare tra noi. Tra noi, smarriti, che vediamo le nudità dove sono e ci chiediamo, davanti a un golpe che più golpe di tutti quelli che sempre lo stesso paese, sempre sostenuto dagli stessi accecati dal bagliore di vesti inesistenti, va praticando da secoli, in che civiltà occidentale vivessimo, quale UE ci riunisse nel nome della democrazia e dell’autodeterminazione dei popoli, quale diritto internazionale e costituzionale garantisse noi e i cittadini in Venezuela e ovunque, che razza di informazione ci venisse propinata, quali capi di Stato conducessero il nostro paese e dove, quali padri spirituali ci indicassero la via del giusto e del bene.

Uno dei penultimi di questa serie, il custode primo della Costituzione, ci invita, “senza incertezze ed esitazioni”, ad assumerci la nostra responsabilità “per l’autentica democrazia” (Guaidò, Trump ed Elliot Abrams) e “contro la violenza della forza” (Maduro e quelli che vedete nel video). Apprezzabile coerenza: ai tempi dei suoi bombardamenti sulla Serbia era ministro della sedicente Difesa. Il più sommo di tutti, poi, impegnato negli Emirati Arabi, accanto all’altro monarca assoluto, a convincerci che è cosa santa e buona tacere su quanto l’altro fa inYemen e anche a buona parte dei propri sudditi, scontenti dei ceppi alle mani nel regno delle mille e una notte, anche lui ha scatenato le proprie truppe in tonaca e zucchetto rosso a fianco del “popolo venezuelano che soffre”. Soffre insieme a Guaidò, Trump ed Elliot Abrams. Di quest’ultimo, eccellenza del consorzio neocon a zanne sguainate e del PNAC, programma per il Nuovo Secolo Americano, pianificato in vista dell’operazione Torri Gemelle, si dirà dopo.

E se dovessimo rassegnarci a trovare conforto tra coloro che, pur non prostrandosi ai piedi dei terminator, gente che solo dai propri mercenari tagliagole dovrebbe essere applaudita, accetta il dileggio e la calunnia  contro Maduro, come prima contro Gheddafi, Assad, Saddam, Fidel, Lumumba, Ho Ci Minh, Sankara, Mossadeqh…tanti altri,  puniti per aver denunciato le nudità dell’imperatore, ebbene affideremo vita e coscienza alle mani di Ponzio Pilato. E all’acqua sporca della sua bacinella.

Ora l’imperatore ha messo il Venezuela nelle mani di Elliot Abrams. Come prima, altri imperatori, nudi e orrendi alla vista quanto questo, gli avevano affidato Guatemala, Salvador, Nicaragua. Quei popoli che ancora faticano  a riemergere dall’oceano di sangue in cui questo inviato di Washington li ha annegati (anche perchè qualcuno, tipo “il manifesto” nel caso del Nicaragua, si ostina a respingerli sotto. E non c’è Ong al mondo che si muova a salvarli…).

Di famiglia newyorkese ebraica, al servizio di Reagan, H.Bush, W.Bush, Trump, in coppia con il gemello del colonialismo all’americana, John Negroponte,  promossi e vezzeggiati dall’ANPAC, l’onnipotente lobby israeliana negli Usa, hanno inventato e gestito,da ambasciatori, consiglieri della Sicurezza Nazionale, addirittura, capi del dipartimento di Diritti Umani, gli squadroni della morte di Centroamerica e poi Iraq. Si entrava nei villaggi, si riuniva la popolazione della zona , si passavano per le armi tutti, si stupravano le donne, si impiccavano i bambini e si bruciava tutto il resto. Tipo mille indigeni ammazzati a El Mozote, Salvador, in un colpo solo. Poi condannato per aver mentito al Congresso sui crimini ordinatigli da Reagan. Graziato da Bush, ricuperato da Obama.

Lo sanno i capi di Stato e di governo che affilano la sega elettrica di Abrams per la prossima missione in Venezuela?

Per ricordarglielo non posso pubblicare nessuna immagine dei successi di Abrams e Negroponte (datore di lavoro di Giulio Regeni nel 2013-14). Quelle degli impiccati  e massacrati dal maresciallo Graziani in Libia, pur pubblicati mille volte in libri, saggi, documentari e in Google, Facebook me li ha rimossi dal post “Giornata della memoria”. Avrebbero turbato qualche sensibilità. Dei padri della patria e dei padri spirituali, immagino.

La parola a Roger Waters.

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Da l’antidiplomatico

«Lasciate in pace il popolo venezuelano», Rogers Waters chiama alla mobilitazione contro il golpe in Venezuela

Contro il golpe in Venezuela scende in campo una vera e propria icona della musica mondiale. Il musicista ed ex membro del gruppo britannico Pink Floyd, Roger Waters, ha fatto appello alla mobitazione per protestare contro le aggressioni degli Stati Uniti (USA) nei confronti del governo e del popolo della Repubblica Bolivariana del Venezuela.

Attraverso il suo account Twitter, Waters ha lanciato una mobilitazione di fronte alla missione diplomatica degli Stati Uniti presso le Nazioni Unite (ONU) per questo lunedì 4 febbraio.

Roger Waters

✔@rogerwaters

A note from Roger:

THIS IS TODAY!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

STOP THIS LATEST US INSANITY, LEAVE THE VENEZUELAN PEOPLE ALONE. THEY HAVE A REAL DEMOCRACY, STOP TRYING TO DESTROY IT SO THE 1% CAN PLUNDER THEIR OIL.

US HANDS OFF #VENEZUELA#NICOLASMADURO #STOPTRUMPSCOUPINVENEZUELA

 Waters ha condannato le minacce degli Stati Uniti e ricordato che in Venezuela vige un sistema democratico: “Hanno una vera democrazia, fermano il tentativo di distruggere un paese solo affinché l’1% (i ricchi) possa appropriarsi del loro petrolio”.

«Lasciate in pace il popolo venezuelano», è il messaggio del musicista britannico.

L’ex leader dei Pink Floyd ha anche promosso degli hashtag #USHANDSOFF #VENEZUELA! (US Hands off Venezuela), #STOPTRUMPSCOUPINVENEZUELA (Stop al colpo di Stato di Trump contro il Venezuela).

Attraverso i suoi canali social, l’artista ha mostrato solidarietà verso le ingiustizie e le violazioni dei diritti umani in tutto il mondo.

In questo modo, Waters è riconosciuto non solo per le sue canzoni, ma anche per essere un attivista politico. Ha inoltre mostrato solidarietà con la causa palestinese e ha promosso campagne per evitare che band e artisti non si recassero a suonare in Israele.

Pubblicato da Fulvio Grimaldi alle ore 18:41

“TAV: MIT, ANALISI AD AMBASCIATA FRANCIA

A breve sarà fissato un incontro bilaterale

http://www.ansa.it/piemonte/notizie/2019/02/05/tav-mit-analisi-ad-ambasciata-francia_f5300144-04b4-40b0-ac61-f08598ac6845.html

ANSA) – ROMA, 5 FEB – “Oggi il Mit ha condiviso con il Governo francese, nella persona dell’ambasciatore di Francia in Italia, Christian Masset, l’analisi costi-benefici sul progetto Tav Torino-Lione, come concordato dai Ministri Borne e Toninelli, prima della sua validazione e pubblicazione da parte del Governo italiano. E’ il punto di partenza di un’interlocuzione tra i due esecutivi. A breve sarà fissato un incontro bilaterale”. Lo dice in una nota il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.

Tav, l’Ue minaccia: “Col no pagherete”. Ma sono spiccioli

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2019/02/05/tav-lue-minaccia-col-no-pagherete-ma-sono-spiccioli/4947126/

L’accordo esclude penali per Parigi e i fondi europei pre-2014 non sono rimborsabili. Risultato: qualche decina di milioni
Tav, l’Ue minaccia: “Col no pagherete”. Ma sono spiccioli

Nello scontro interno al governo sul Tav basta poco per accendere le polemiche. Anche l’ennesimo avvertimento dell’Ue. Ieri Bruxelles ha infatti ribadito i suoi dubbi su un possibile stop deciso dall’Italia dopo la bocciatura dell’analisi costi-benefici voluta dal governo. Intercettato dai giornalisti, un portavoce della Commissione ha spiegato che “non possiamo escludere, se ci sono ritardi prolungati, di dover chiedere all’Italia i contributi già versati” per il Tav, oltre al “rischio che, se i fondi non sono impiegati, possano essere allocati ad altri progetti” Ue. Tanto è bastato a far partire un coro di critiche dall’opposizione. Il concetto non è una novità. Bruxelles lo ha già espresso almeno 5 volte dall’estate. Stando ai documenti ufficiali, però, non esistono automatismi: gli accordi bilaterali non prevedono alcuna clausola che compensi le spese in caso di stop.

Finora sono stati spesi 1,4 miliardi.

Andare avanti costerebbe all’Italia almeno 3 miliardi, il 35% del costo del tunnel (8,6 miliardi, secondo il costruttore italo-francese Telt).

Alla Francia spetta il 25%, mentre i fondi Ue coprono il 40%.

Il 15 settembre scorso il coordinatore della Commissione per il corridoio est-ovest, Jan Brinkhorst, ha scritto al ministro dei Trasporti Danilo Toninelli e al suo omologo francese, Élisabeth Borne, avvisando che la sospensione del progetto avrebbe potuto portare alla “rescissione” degli accordi (il Grant agreement del 2014) “con totale o parziale recupero dei fondi già versati”.

Per indurre l’Italia a non fermare l’opera, proponeva di alzare al 50% il contributo europeo. Nella lettera venivano stilate le cifre: nel 2007-2013 l’Ue ha versato, e i governi speso, 370 milioni; l’accordo del 2014 ne stanzia altri 813 fino al 2020 (362 per la Francia e 451 per l’Italia: di questi solo una parte è già arrivata).

A Bruxelles la cifra che circola è di 120 milioni al 2018, ma Telt sostiene sia più alta.

Per il costruttore, ad oggi sono stati spesi – per studi, progetti e lavori – 700 milioni di contributi Ue, di cui poco meno della metà proveniente dagli stanziamenti post 2014.

Non è un dettaglio secondario.

Il Grant agreement del 2014 prevede “sanzioni” nel caso di comportamenti irregolari ma chiarisce che “nessuna delle parti è autorizzata a chiedere un risarcimento in caso di risoluzione dell’opera da parte di uno dei contraenti”.

Bruxelles fa trapelare l’intenzione di riavere indietro parte dei fondi, ma c’è molto scetticismo sulla reale possibilità che – in caso di stop – si possa chiedere all’Italia di restituire la quota già spesa nel 2007-2013.

Precedenti legali non esistono e le norme escludono indennizzi.

Discorso diverso per la quota versata dal 2014, ma dipende da quanto si è già speso.

L’agreement prevedeva spese al 2018 per 461 milioni, ma il cronoprogramma dei lavori è andato a rilento.

In un documento inviato al ministero a fine novembre, Telt ammetteva che le “penalità” per la rescissione dell’agreement non supererebbero gli 81 milioni.

L’unica certezza è che quanto non speso andrà restituito.

E – stando ai dati Telt – si tratta di oltre 400 milioni, solo in parte destinati a coprire i costi dell’Italia. La Francia potrebbe provare a chiedere indietro i 300 milioni spesi, ma gli accordi non lo prevedono.

L’altra certezza è che questi rischi non vengono conteggiati nell’analisi costi-benefici decisa dall’Italia, che considera i fondi Ue come normali costi, e tra questi annovera anche quelli per dismettere i cantieri e ammodernare la tratta storica (2 miliardi).

“L’Ue stia tranquilla, gliela presenteremo a giorni”, ha replicato Toninelli.

A Bruxelles non c’è però grande attesa: ieri hanno fatto sapere che già nel 2015 Italia e Francia gliene sottoposero una.

In realtà, però, si trattava di uno studio commissionato dal costruttore Telt alla Bocconi. L’agreement – ha aggiunto il portavoce – si potrà ridiscutere entro giugno.

Poi i fondi non spesi rischiano di essere dirottati altrove.

Anche questa è una NOTIZIA INESATTA.
Quando l’UE dice dovete restituire intende che si devono restituire i soldi stanziati per l’opera ma non ancora spesi. Non che si devono restituire i soldi già spesi.
Questa cosa della restituzione dei soldi non spesi è già successa un sacco di volte. E nessuno si è mai scandalizzato.

TAV, BERTOLA (M5S): “LE PRIORITA’ DEL PIEMONTE SONO ALTRE: SANITA’, SCUOLE, TRASPORTO PUBBLICO E AMBIENTE”

https://www.piemonte5stelle.it/2019/02/tav-bertola-m5s-le-priorita-del-piemonte-sono-altre-sanita-scuole-trasporto-pubblico-e-ambiente/?fbclid=IwAR2C7x54Pf6CHLd8fiEcb_IqciWlL9ZDblJZ35YGUfxrT9F2SDQfxY_usck

  VENERDÌ, 1 FEBBRAIO 2019

Salvini si unisce al coro stonato di PD e Forza Italia. Prima di fare dichiarazioni affrettate dovrebbe rispettare il contratto di Governo che subordina ogni decisione alla costi – benefici. 

E’ evidente a tutti, anche agli elettori della Lega, che tra le priorità dei cittadini piemontesi non c’è quel buco nella montagna. Ridurre le liste d’attesa, migliorare gli edifici scolastici, sostenere il trasporto pubblico locale riaprendo le linee sospese da destra e sinistra e mettere in sicurezza il territorio. I miliardi sperperati per la grande opera vogliamo siano investiti in queste vere e proprie emergenze. Lo chiedono i cittadini ogni giorno. 

Giorgio Bertola, Candidato Presidente Regione Piemonte 

Tav per tutti, 100 di questi tunnel!

notav.info
post — 14 Gennaio 2019 at 17:00

Riceviamo e volentieri pubblichiamo un pezzo scritto da un No Tav che ha voluto così commentare la manifestazione Si Tav di sabato scorso. Come potete dedurre dal titolo, qui vi troverete un po di sano sarcasmo, utile soprattutto a chi ha la tendenza a prendersi troppo sul serio. Buona lettura!

Il TAV è una benedizione, tutti hanno diritto ad averne un pezzo a casa propria. Basta con l’egoismo dei valsusini che lo vorrebbero tutto per loro. Questo è il messaggio che si alza finalmente forte e chiaro da Piazza Castello.

Realizzare gallerie è la risposta al declino del Piemonte. E allora rompiamo gli indugi! Facciamone 100, uno in ogni valle. Si costituiscano subito i comitati “100 di questi tunnel” e liberalizziamo la traforazione, ogni montagna e ogni collina siano bucate.

Potrete pensare sia un’utopia, forse lo è. Ma dobbiamo tentare, superando l’ostruzionismo dei poteri forti.

A che servono 100 tunnel ? Ce lo chiederanno i disfattisti per bloccarci. Fingono di ignorare che i tunnel non hanno bisogno di uno scopo, si fanno perché sono moderni. Basta guarda al TAV Torino Lione: è perfettamente inutile, basato su previsioni di incremento del traffico merci che gli stessi proponenti bollano come irrealistiche. Eppure noi vogliamo farlo lo stesso. Infatti si chiamano Grandi Opere Inutili ma Moderne (GOIM). Con tutte queste discussioni credete forse che nel 1911 Torino avrebbe mai avuto lo Stadium, uno dei più grandi stadi mai realizzati al mondo? E non importa se dopo pochi anni fu demolito perché abbandonato e oggi se ne è persa la memoria … è stato bello lo stesso.

Mancano le risorse! Questa sarà la cantilena dei perdenti che non vedono oltre il loro naso. Ma possiamo noi esitare di fronte alla battaglia delle battaglie per salvare l’economia dei nostri territori? L’interesse di molti deve prevalere contro quello di pochi, 100 tunnel valgono il futuro del Piemonte. Per cui basta piagnistei per le ferrovie e linee di bus locali soppresse, per l’azzeramento dei fondi ai comuni per la manutenzione del territorio, per le chiusure di ospedali, scuole, uffici postali, … Dobbiamo giocarci il tutto per tutto, le risorse servono per i tunnel. A qualcosa devi pur rinunciare in cambio di tutta la prosperità che ti faremo avere, mettiti in fila e torna a lavorare.

E non si dica che non abbiamo tutti da guadagnarci, specialmente per quanto riguarda il lavoro, che oggi manca. Arriveranno da noi i più importanti scavatori di gallerie a livello internazionale (perché in effetti le nostre imprese di componentistica auto di gallerie ne masticano poco … e ci sarebbe anche quel codice europeo degli appalti che ti impedisce di scegliere chi fai lavorare). Queste grandi aziende si porteranno la loro qualificata manodopera che arriverà da tutte le parti del mondo. Questi non conoscono Torino e le sue bellezze, ne saranno affascinati! Terminati i turni in galleria, si fionderanno a decine nei nostri musei e nei nostri bar incrementando il PIL locale. Il mondo della scuola e dell’università si devono attrezzare, altrimenti rischiamo di non essere pronti. I nostri giovani necessitano da subito di formazione specifica per staccare biglietti e preparare bicerin e calici di barbera per il turismo dei minatori. E servono start-up che sviluppino audioguide integrabili con i caschetti da cantiere. Insomma un futuro di sviluppo, non perdiamoci nei dettagli. E’ il futuro che vogliono tutti. Ieri in piazza lo testimoniano i tanti cartelli scritti a pennarello con i nomi dei comuni. Il tuo mancava? Scrivi a pennarello il nome del tuo comune e portacelo alla prossima manifestazione. Basta un cartello raffazzonato all’ultimo per confermare la piena e completa condivisione di un intera comunità. E’ giusto che ogni paese, ogni borgata possa avere il suo bel cantiere pieno di escavatori, camion e tanta tanta polvere.

Ma non possiamo fermarci qui, soprattutto in pianura dove sarà più difficile scavare tunnel. Per sentirsi coinvolti è sufficiente anche solo una discarica di detriti di scavo, possiamo portarne un po’ in ogni giardino pubblico. Anzi, può essere l’occasione per una grande campagna di sensibilizzazione. Chiamiamo alla mobilitazione i cittadini, vengano loro direttamente a prendere i detriti da portare nelle loro case. Una carriola per ogni famiglia, da mettere in salotto.

Piemontesi: un popolo di santi e minatori. Questo è il nostro sogno, realizzarlo si deve e si può. E per farlo serve il referendum per far vincere come la pensiamo noi. Perché se avevamo già vinto noi, il referendum mica serviva.

Si chiama referendum impositivo, un’innovazione politica che deve servire da monito e modello per tutta la nostra società. Mica solo per le Grandi Opere Inutili ma Moderne, anche per il calcio. Se tra qualche mese la Juventus dovesse perdere il campionato, i tifosi bianconeri dovrebbero correre in Piazza Castello per reclamare a gran voce un referendum. Tanti cartelli scritti a pennarello con i nomi di tutte le altre squadre di calcio (anche di pallavolo e scacchi, se serve) e il gioco è fatto. Un bel referendum impositivo per “far decidere gli italiani” (meglio se solo quelli del Nord…) di assegnare lo scudetto comunque alla loro squadra del cuore. Perché, si sa, la Juventus è sempre la squadra più forte del mondo. E gli italiani sono tutti juventini. Ovviamente, nel caso lo scudetto lo vincesse la Juve, il referendum non sarebbe necessario. Ovvio.

Ovvio, come un tunnel inutile e imposto che, al netto di trent’anni di chiacchiere, non è mai partito.

TAV-GUAIDÒ: PER I CINQUE STELLE HIC RHODUS, HIC SALTA VENEZUELA, EUROPA, IL MINOTAURO

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MONDOCANE

LUNEDÌ 4 FEBBRAIO 2019

 
Il  latino dice: “Qui è Rodi, qui salta”  ed è l’intimazione  fatta da Esopo a uno che afferma di sapere fare salti altissimi. Di fronte al bivio TAV-Venezuela, va fatta ai 5 Stelle.

Il tradimento dei figli
L’Italia di Dante, Leopardi, Fenoglio, Caravaggio, Montessori; la Spagna di Cervantes, Unamuno, Dolores Ibarruri, Picasso; La Germania di Goethe, Schopenhauer, Brecht, Sophie Scholl; l’Inghilterra di Shakespeare, Byron, Dickens, Melville; la Francia di Cartesio, Olympe De Gouges, Diderot, Balzac, Verlaine….. Hanno concesso ai loro (il)legittimi governanti di decretare il Tramonto dell’Occidente. Di quell’Occidente, non colonialista, non ipocrita e sanguinario, non capitalista, in sostanza non cristiano, che era stato tenuto a battesimo da Omero, Prassitele, Euripide, Socrate, Seneca, Ovidio.
Scusate se vi mitraglio con questa grandine di nomi.. E’ che continuano a venirmi in testa, loro e tanti altri, al cospetto dell’enormità di quanto va accadendo sotto i nostri antichissimi e, oggi anche vecchi, occhi, nella sostanziale passività dei figli di quegli uomini e donne. A me, a noi, che credevamo di averla scampata, che le previsioni, ammettiamolo, ottimistiche al cospetto di quanto va precipitando, non si sarebbero avverate del tutto prima della fine del nostro passaggio, visto che ci proteggeva l’ombra di tali giganti…che almeno le parvenze, la forma, sarebbero state mantenute, tanto da non farci buttare l’ultima occhiata su una infinita distesa di ghiaccio.
 
Non di inverno nucleare si tratta qui, ma di un inverno che seppellisce sotto la sua lastra di ghiaccio intelligenza, coscienza, convivenza civile, progresso umano, quello di cui quegli spiriti avevano plasmato l’anima.. Bene lo stanno rappresentando in simbolo le temperature artiche che paralizzano nel gelo le più gloriose città, la più pregiata natura del Nord America. Sto parlando dell’accondiscendenza concessa, da alcuni con impudico trasporto, da altri intingendo le mani nel catino di Ponzio Pilato e, infine, da coloro di cui noi siamo partorienti cronici: i né-né. Ce n’è sono stati due, tra chi ha titoli per interpretarci, a picconare il ghiaccio e farvi filtrare luce: Manlio Di Stefano, sottosegretario 5 Stelle agli Esteri e Alessandro Di Battista, a dispetto del cranio parlante di Moavero Milanesi e della cialtroneria opportunista di chi non poteva non estendere al guitto venezuelano nella corte imperiale, la complicità in fascismo che già aveva assicurato al “carrasco” brasiliano.
 
Pochi hanno seguito una mira precisa. Quale orbo, quale guercio, quale strabico, hanno sparato un po’ qua e un po’ là. Ma, cianciare di elezioni dopo appena 9 mesi da elezioni vinte dal presidente con il 64% e definite corrette da tutti i corretti, caro Di Maio,  e sopratutto distribuirsi equamente tra Maduro e un fantoccio golpista di estrazione terrorista, è come mettere ai nastri, accanto a Ribot, un brocco dopato da mezzo chilo di anfetamina Monsanto.
Al nostro occhio, che non si rassegna a rinunciare a quella che era la sua luce di fiducia,  ora ridotta a scintilla, non compaiono, in tempi perfino più bui dei secoli così definiti, quando ogni ordine civile si era dissolto, forze di resistenza e contrattacco. Se non le camicie rosse dei bolivariani e i gilet gialli dei memori della rivoluzione. Se è poco, se è sterile o gravido, fatecelo vedere prima della caduta delle palpebre. Ma va anche bene dopo.
Codardo oltraggio e servo encomio
 
Complici in codardo oltraggio e servo encomio, questi europei hanno condiviso un progetto Venezuela che intendono far valere anche su noi: assassinio di diritto, giustizia, libertà e di quell’artificio per tenere buoni i sottoposti e fargli tramutare il sudore e le lacrime in oro, che chiamano democrazia. Carta dell’ONU, costituzioni, tavole della legge del mondo e delle nazioni frantumate. Un gaglioffo tirato su negli angoli dei topi nel palazzo imperiale, addestrato dai giannizzeri di Otpor collaudati a Belgrado e poi in tutte le rivoluzioni colorate, affidato al redivivo Elliot Abrams, massacratore in Guatemala, Salvador, Nicaragua, condannato per aver mentito al Congresso, meritevole reduce delle guarimbas del 2014 e 2017, dove con cavi attraverso le strade si tranciavano gole di chavisti e se ne bruciavano i vivi corpi. E’ lui il presidente legittimo, i cui flop di piazza vengono fotoshoppati in adunate oceaniche, mentre quelle del presidente eletto dal popolo, con metodi che già il Centro Carter e poi tutti gli osservatori internazionali, appena il maggio scorso, hanno definito la più trasparente e corretta pratica elettorale del mondo, di numeri che riflettono il 90% di venezuelani oppositori ai gangster dell’intervento esterno. E sono anche elezioni regolari quelle che in ambito occidentale incominciano a dare fastidio perché di solito non esprimono il risultato voluto. Ne faranno a meno, a partire dal Venezuela.
Se va bene ai loro editori di riferimento, va bene alla carta straccia che pubblicano. Compresa la ripresa degli assassini mirati, rilanciat8 alla grande da Obama, ora con il dimostrato tentativo di far ammazzare Maduro da una squadra di mafiosi arrivati dalla Colombia e neutralizzati a Caracas. O anche lo sbarco in Colombia, preannunciato da Bolton, di squadre della morte di Marines da far fare in Venezuela ciò che hanno fatto negli anni ’80 in Salvador, Guatemala e Nicaragua, al comando dell’oggi rigenerato per la bisogna venezuelana, Elliot Abrams.
L’ucrainizzione del Venezuela
La finta democrazia e il reale totalitarismo, magari di fibra anziché di filo spinato, degli Stati europei, che, dal sottosuolo in cui li nascondevano le cerimonie dei palazzi quirinalizi e la macchina del fumo alimentata dai media a menzogna e inganno unificati, ora sono emersi alla luce, forti dei nuovi metodi di annientamento di corpi e cervelli forniti dalle tecnologie e dalle piattaforme, sono più colpevoli  della stessa Città del Sole Nero americana. Ucraina, Libia, Siria, Iraq, Afghanistan…. hanno assistito – e quasi sempre condiviso – a una marcia della Notte dei Morti Viventi che ha seminato decine di milioni di morti innocenti e raso al suolo condizioni di vita e testimonianze di civiltà, senza le quali siamo come quelle ultime foglie della quercia, davanti alla mia finestra, che tremulano gialle, secche, intirizzite, sullo sfondo grigio di un cielo svanito. E oggi, agitando vanghe che seppelliscano la più bella fioritura dell’America Latina, non si rendono conto che stanno scavando la propria fossa. Illusi di essere ammessi nella capsula spaziale dell’Impero, qualunque cosa sia, si offrono a pulirne i servizi.
Pifferai e topi
 
Avete visto come Trump, da marionetta recalcitrante ai fili del Grande Puparo, da reietto e inetto populista, infido sguattero dei russi, imprevedibile ciarlatano erettore di muri, con questa mossa abbia finalmente ricevuto dallo Stato Profondo la corona di Obama, golpista e bellicista principe, che fin qui gli era stata negata. Mossa sognata di giorno e di notte, fin dall’epifania davvero rivoluzionaria di Hugo Chavez nel 1988, dai burattini collocati nella Casa Bianca dal rettilario dell’Intelligence, dai negromanti di Wall Street, dai tossici del petrolio, dal New York Times, standard aureo di una stampa che nella menzogna ha scoperto la sua pietra filosofale. E dai reazionari del mondo intero di cui Chavez e poi Maduro, dando casa, istruzione, salute, dignità, hanno svelato i trucchi.
Ora costoro, ratti appresso al pifferaio che tira verso l’abisso, danno il loro pieno appoggio alla disintegrazione. Una disintegrazione, affidata al pifferaio di Washington e  a cui rosicchiano i suoi topi,. del diritto internazionale e di ogni pretesa, mascherata dalla carta velina delle coperture mediatiche, di democrazia, ancorché formale. Sulla strada futura dell’umanità sgambetta un guappetto da Circolo della Caccia, fattosi apprezzare per come, appeso ai fili della marionetta a stelle e strisce, a sua volta manovrato da dietro le quinte, ha saputo mozzare teste e sfondare ventri plebei. Dalla platea applaudono spettatori che si credono vivi in virtù dei loro battimani, mentre si afflosciano infestati dai vermi.
I tempi della clava
I poteri finanziar-militari, repressivi e decerebranti, che guidano la parte nord-occidentale del mondo hanno deciso che era giunta, nei fatti, la fine di ogni pretesa di distinzione tra bene e male, giusto e ingiusto. Ritengono di essere capaci ormai, grazie agli strumenti militare, sicuritario, di spoliazione FMI e BCE e agli stregoni digitali, di organizzare i controlli, i condizionamenti psicofisici e la trasformazione della  libertà in carcassa, in misura tale da poter abbandonare ogni finzione, seppure di una democrazia tutta di fuffa. Già Facebook e gli altri ci hanno abituati a vedere bandita la nostra scelta di opinione e la manifestazione della stessa. I media hanno attribuito a Maduro la crisi economico-sociale del paese più benestante ed equo del Continente e oltre, precipitata invece in catastrofe per i sabotaggi e le sanzioni genocide che, a partire da Obama, gli Usa si permettono di infliggere ai paesi disobbedienti e che, da noi condivise, causano più eccidi delle guerre per fame, freddo, malattie, ma dai pacifisti e sinistri vari sono sorvolate come male minore, trascurabile. C’era corruzione nel bolivarismo? C’era chi ha mollato, chi s’è approfittato? Accusa mossa dal paese che su 176 è il 69° per corruzione, dietro al Ruanda, è il lancio della prima pietra da parte di Berlusconi. Dei lupi di Wall Street, degli zombie nelle porte girevoli tra Cia, Pentagono e business, neanche a parlarne.
 
Un Occidente capeggiato da uno Stato, fallito (20mila miliardi di dollari di debito), ma armato più di tutti gli altri messi insieme, utilizzato dal vertice della Piramide per togliersi dai piedi sempre più umanità in eccesso  e devastare più parti di pianeta, nel tempo più breve di qualsiasi predecessore, persiani, romani, mongoli, ottomani, musulmani, cristiani, nazifascisti, a Caracas ha gettato la maschera definitivamente. Salvano la faccia Russia, Cina, altri minori. Non è poco. Ecco perché toccherà pompare il palloncino Russiagate e attivare i ragazzi di bottega perché si schiantino, e schiantino la loro integrità, contro la Russia in nome della democrazia.
A incominciare dal ritiro Usa dal trattato INF, dei missili a corto e medio raggio, quelli che cacciammo da Comiso a forza di manganellate ricevute, grottescamente attribuito a inesistenti violazioni russe. Quelli che ora verranno collocati a casa nostra, potenziando il nostro valore di bersaglio nel caso della guerra verso la quale ci precipitano gli psicopatici fuori controllo che hanno fatto capolino a Caracas.
 
Rompere con Salvini, con l’UE, perché?
Può darsi che non si debba rompere con Salvini perché non sa fare assolutamente niente che non sia rozzo, volgare, sbagliato, funzionale al sistema dei padroni. Certamente non sulla sua politica delle migrazioni che, per motivi buoni o cattivi, esprime la sacrosanta volontà degli italiani di non essere fregati dall’UE e di non pagare i costi africani delle depredazioni coloniali occidentali. Può darsi che non si debba rompere con l’UE perché si tratta di burocrati democraticamente illegittimi, assoldati da lobby plutocratiche con il progetto della distruzione del benessere collettivo e di società coese e sovrane. Ma, per Zeus, sia con Salvini che con Bruxelles, è suicida non rompere per l’avallo che hanno osato offrire alla più efferata operazione contro la libertà e la verità dei nostri tempi. E’ la goccia. S’è visto che non c’è limite. Con questi, le stelle non possono più stare a guardare. Sono pronti ad avallare anche il Nobel della pace a Jack lo Squartatore. Il norvegese Quisling, l’ucraino Bandera, il croato Pavelic, Laval di Vichy sono modesti guardiani della polveriera al confronto.
 
Ci si impegnava per “onestà, onestà!” Ebbene con Tap e Terzo Valico si è fatta vincere la disonestà. E le famose penali le potevamo impiccare ai reati commessi  da quei devastatori. Guai se succedesse anche con il Tav, o con le secessioni regionali. Ma se dovesse capitare con l’usurpatore Guaidò e i suoi sponsor, che insieme fanno l’apice assoluta della disonestà, politica, morale, legale, umana, corroborati dagli invocatori e violatori primi dei diritti umani, allora davvero non ci sarebbero più stelle nel firmamento.
Tocca trovare una definizione da tramandare alla Storia, se ci sarà, per il sistema ormai consolidato, etichettato Trump e condiviso dalla criminalità politica, massonica,.mafiosa del continente intitolato alla figlia di Agenore, rè di Tiro e della porpora, concupita dal padre degli dei. Non basta più parlare di fascismi. Del resto, questo termine è applicato con morbosa dovizia a epifenomeni irrilevanti, o, peggio, a chi non vuole abitare i luoghi del neoliberismo atlantocentrico e proprio da quelli che oggi si assembrano ai piedi di un vitello che reputano d’oro, mentre non ne è che la metastasi Capace di farci apparire il fascismo storico il male minore.
Europa generò Minosse, tiranno crudele e poi, negli Inferi, giudice feroce dei dannati. Sua moglie Pasifae si accoppiò con il toro di Creta e ne nacque il mostro Minotauro. Che divorava vergini. Possibile che i greci avessero compreso e interpretato le vicende umane fino a 2-3000 anni dopo? Mentre il Minotauro impazza, non ci resta che aspettare il filo d’Arianna. E Teseo che lo svolge, fino a decapitare il mostro. Dov’è Teseo?

LE INCOMPIUTE (OVVERO IL TAV SECONDO MATTEO)

febbraio 4, 2019

Ma davvero “terminare” il “Tav” Torinolione costerebbe meno di abbandonarlo (al suo triste destino)…davvero chi “ben comincia” (a governare) è “a metà dell’opera”?https://claudiogiorno.wordpress.com/2019/02/04/le-incompiute-ovvero-il-tav-secondo-matteo/

LE INCOMPIUTE (OVVERO IL TAV SECONDO MATTEO)

Il vicepremier Salvini nella sua ultima temeraria impresa, quella di offrire al mondo degli impresari padani (da dovunque arrivino) una sponda governativa SiTAV= proGrandiopere usa con innegabile abilità tutta la potenza di fuoco dei “social fai da te” per fare breccia nella opinione pubblica un po’ pigra e di bocca buona che pende dai suoi selfie,,,

Corroborato dai “giornaloni” e dalle reti televisive (unificate pro tav) brandisce con furbizia un tema caro agli spettatori di Striscialanotizia fin dai tempi del Gabibbo; la denuncia delle INCOMPIUTE: chi non si ricorda il viadotto autostradale sospeso su un camposanto, gli ospedali nuovi di zecca  chiusi una settimana dopo l’inaugurazione e depredati di tutto, dalle apparecchiature diagnostiche agli arredi alle tazze dei cessi…O i capannoni industriali finanziati da Cassadelmezzogiorno & UE vuoti e abbandonati tra gli ulivi (pre Xilella?)…

 “Se c’è un buco già scavato di 20 Km sotto una montagna io sono per portarlo a termine”: E’ il buonsenso, bellezza, che vi parla come mangia! Neanche le Madamine finto-naif, (ma rinomate esperte in comunicazione) si sono rivelate così efficaci, capaci di tanta sintesi). Ma allora – in attesa che tra le tante felpe della sua collezione pret-a-porter – ne indossi finalmente anche una arancione vogliamo esplorarli assieme questi 20 Km?

Parto da una domanda secca, ineludibile che mi ha posto una cara amica qualche giorno fa (particolarmente e comprensibilmente colpita dalla categoria usata dalla lobby proponente la Grandeopera per veicolarla: gli operai(!):

ma è vero oppure no che il tunnel lo stanno costruendo, che comunque i lavori stanno andando avanti? Ieri ho visto un’intervista a degli operai che affermano questo.. (grazie)

Ciao carissima e buona domenica anzi tutto.

La tua domanda esige una risposta rigorosa. Vediamo se riesco a scriverla senza troppi tecnicismi ma lasciando gli slogan a Telt (fornitore dati della “realcasa Legasalvinaio”).

I proponenti (francesi e italiani con i primi in posizione dominante, non dimentichiamolo mai, ma con i secondi chiamati a una spesa inversamente proporzionale ai km di galleria e alla ripartizione proprietaria) sono più abili nel gioco delle tre carte che a scavare.

Se è vero come è vero che i 3 soggetti che si sono alternati in poco meno di 30anni (Geie-Alpetunnel per la promozione, LTF per la progettazione, TELT per la realizzazione) sono in clamoroso ritardo sui loro stessi cronoprogrammi…Fa tenerezza andarsi a rileggere oggi i vecchi titoli dei giornali fiancheggiatori dove la data per la entrata in funzione non del tunnel di base (57km), ma dell’intera Lyon-Torino (circa 270 Km) è stata via via spostata in avanti: nei loro documenti ufficiali i francesi indicano il 2038 (duemilatrentotto) come orizzonte ipotetico per la realizzazione dei diversi itinerari (neanche ancora inseriti in un progetto di massima!) per collegare Chambery con Lyon (attraverso 3 tunnel complessivamente lunghi quanto la galleria di valico, e/o il contestato percorso attorno al lago di Bourget (Aix les Bains)…

Ma allora perché persino uno “sveglio” come Salvini, sedicente “nemico” di Macron, conclamato amico di Marine Le Pen (contraria all’opera…) parla ancora oggi di 20 km già scavati sotto la montagna? Perché i suoi ghostwriter hanno “copiato e incollato” le slides propagandistiche di TELT che somma i 7 km della galleria geognostica di Chiomonte terminata lo scorso anno, con quelli delle discenderie (geognostiche) “sospese” da oltre 10 anni dai francesi. Messe in pausa così a lungo a causa delle gravi difficoltà incontrate per completare l’ipotesi progettuale di proseguirne una in asse alla galleria ferroviaria vera e propria. E non perché “les italiens” si erano impantanati per “colpa” dei No Tav tra Venaus e Chiomonte, ma a causa della natura “fradicia” della roccia incontrata; con (tra l’altro) pericolose sacche di grisou! Per questo si è deciso di collegare la discenderia di La Praz con quella di St Martin La Porte (due delle tre scavate in territorio francese dove si sviluppano 3 /4 del tunnel di valico) seguendo questa volta il tracciato di una delle due gallerie ferroviarie e (ovviamente) scavandola da subito nella sezione definitiva e non col diametro dei cunicoli (delle vecchie  e nuove discenderie in Francia e Italia)…

Ma attenzione: le parole sono importanti diceva come Nanni Moretti in un’era pre Piddì: sia le discenderie che la galleria “futura ferroviaria” non si chiamano “geognostiche” solo per motivi lessicali o correttezza di definizione progettuale, ma anche e soprattutto a fini procedurali & di “contabilità di stato”: infatti sono si lavori (cantieri), ma ancora a carattere di verifica di fattibilità e quindi progettuali; appalti propedeutici (e a tutti gli effetti riconosciuti come tali dalla Commissione Europea che infatti ne rimborsa i costi man mano che le opere procedono); e quindi “saldati” con un contributo a fondo perduto del 50% (mentre se si trattasse di lavori definitivi si dovrebbe limitare a erogare il 40% come da direttive consolidate . Delle due l’una: o si stanno incassando i fondi UE indebitamente oppure non si può dire che siamo già di fronte alla realizzazione di un tratto di una delle due gallerie ferroviarie (due terzi di opera “grezza” di meno di 10 km sui 57×2(le due canne del tunnel di valico)+16 (l’interconnessione Susa-Bussoleno) = 130 Km di opera finita che rappresenterebbero (a loro volta) quel che rimane degli oltre 270 km della fu Lyon Torino sognata da Besson Louis, Agnelli (Umberto), Pininfarina Sergio* (come Chiamparino e Marchionne!), Zanone Valerio, Brizio Gainpaolo, De Palacio Loyola, corroborata” da specchiate persone come  Vattani Umberto, Incalza Ercole, Masera Rainer, Virano Mario…E “certificate” dall’estero da Brinkhorst Lauren Jean, Bulc Violeta, ecc ecc fino alla new entry, la slovacca Radicova Iveta attuale coordinatrice del “corridoio Mediterraneo”…

Lo so, non sono riuscito a essere brevissimo e ad evitare proprio tutti i tecnicismi, ma se davvero vogliamo avere un quadro sintetico e a prova di Salvini della situazione non credo ci sia nulla di meglio della slide proiettata nella ultima audizione alla Camera dal Commissariofoietta in-persona-personalmente e che metto a corredo della mia nota per gli scettici e le madamine: più sintetico e “autorevole” di così!

Ma al di la di quanti – vivi e defunti – si sono alternati e continuano a prodigarsi al capezzale di un progetto malato rianimandolo infinite volte con massicce ma anche tossiche iniezioni di denaro pubblico dovremmo soprattutto metterci d’accordo sulla scelta corretta dell’unità di misura sulla cui base assumere decisioni davvero utili per l’interesse della collettività e non di pochi lobbysti (spesso coincidenti con la proprietà dei giornali di stampa e propaganda):

Perché persino la slide del commissario (prorogato) di governo nella sua spietata sintesi (per i proponenti) appare meno severa di quanto risulterebbe – ad esempio – se traducessimo i km in soldi: perché è vero come è vero che “spalmati” su 30 anni sono stati spesi oltre 1 miliardo (+ mezzo per il cattivo adeguamento del tunnel del Frejus) di lire/franchi prima e di euro poi (soprattutto in metri cubi di carta spesso a beneficio di decisori politici/progettisti in palese e clamoroso conflitto di interessi); ma è altrettanto vero che l’ultima autorevole (ma ormai datata) stima della Corte dei Conti francese indicava in 26 miliardi il preventivo dell’impresa. Quindi anche se prendessimo per buona l’affermazione dettata a Salvini (abbiamo scavato 20 km sotto la montagna) e non la completassimo con i 250 ancora da scavare/costruire (sotto a di fianco alle montagne) il gap diventa ancora più penalizzante se diciamo che abbiamo speso 1 miliardo ma ne mancano 25 (da farsi prestare dalle banche d’affari che ci mangeranno vivi coi soli interessi garantiti dallo stato e quindi prelevati dalle tasche dei cittadini!). …Un altro dettaglio per il gusto di ragionare terra terra, proprio come piace ai seguaci del vicepremier: se anche sposiamo la propaganda (smentita dalle slide ufficiali ma veicolata attraverso i poveri operai che con la chiusura dei cantieri perderebbero il posto) che in Francia sono già stati “completati” 6 km su 9 di un tunnel (ancora geognostico ma utilizzabile un domani per farci passare un treno) possiamo senza tema di smentita dire che siamo arrivati al 6° piano di un palazzo di 9 con i pilastri, i muri di tamponamento, le fognature, le solette e mettiamoci anche il tetto per “buon peso”: ma mancano: i pavimenti, le tramezze, le piastrelle, l’impianto di riscaldamento, i serramenti, gli impianti elettrici ed idraulici e gli arredi: chiunque abbia partecipato anche solo alla realizzazione di una casa popolare attraverso una cooperativa (magari legata alla “Lega” ma a quella del PD) sa che non è arrivato a 6/9 della spesa, ma forse forse a 1/9 e che se ha fatto (magari tramite la finanziaria della stessa “Legacooppiddì” un mutuo a tasso variabile sono cazzi suoi…

Ecco, nel casi del TAV Torinolione sono “cazzinostri. Alcuni tra noi se ne occupano da 30 anni, qualcuno (i pensionati) fa quasi solo più questo da tempo: studia le carte. Stupisce  che uno che deve occuparsi di vicepresiedere il consiglio dei ministri, dirigere un partito in resistibile ascesa, pagarne possibilmente i debiti sia pure in comode rate, respingere i migranti, chiudere i centri di accoglienza, garantire l’ordine pubblico dentro e fuori gli stadi di calcio e magari anche coordinare la caccia ai latitanti (anche mafiosi) abbia trovato il tempo per “sapertutto” sul Tav in un paio di settimane…Complimenti al masterchef che  gli ha insegnato a cucinare la ribollita (ma col microonde).

Borgone Susa – 4 febbraio 2019 – Claudio Giorno

Il contro-dossier della Lega è lo studio del costruttore

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2019/01/31/il-contro-dossier-della-lega-e-lo-studio-del-costruttore/4937064/

Intrecci – “Non farla costa 24 miliardi”. I dati sono di una ricerca Bocconi pagata 60 mila euro. Gli autori soci di una società consulente di Telt
Il contro-dossier della Lega è lo studio del costruttore

Nella polemica sul Tav Torino-Lione tra la Lega e il Movimento 5 stelle succedono cose curiose. 

Da Giorni la Lega fa filtrare di avere una fantomatica controanalisi da contrapporre a quella costi-benefici affidata dal ministro dei Trasporti Danilo Toninelli agli esperti capitanati dall’economista Marco Ponti. 

Il controdossier dimostrerebbe che il Tav “sta in piedi” sulla base di un assunto: fermarlo costerebbe più dei 10 miliardi ancora da spendere per realizzarlo

È finito su alcuni giornali, con tanto di tabella dettagliata sui costi. Il risultato a cui arriva è clamoroso: “Fermare il Tav costerebbe 24 miliardi”, tre volte il costo del solo tunnel di base

Il dossier, però, altro non è che i numeri sfornati da Telt, il costruttore pubblico italo-francese dell’opera

E provengono in gran parte da un vecchio studio curato per il costruttore da un gruppo di docenti della Bocconi che da anni sforna numeri positivi sulla Torino-Lione, e che sono anche soci di una società consulente di Telt. Un po’ come chiedere…….

ANDIAMO con ordine. Il dossier elenca una serie di costi dello stop e si basa sui numeri forniti da Telt all’Osservatorio per il Tav di Palazzo Chigi presieduto dal commissario di governo Paolo Foietta, vero pasdaran dell’opera. Nato nel 2006, l’Osservatorio, in teoria parte terza, si prodiga da sempre per spiegare la bontà dell’opera. 

È talmente indipendente che il predecessore di Foietta, il fassiniano (sic) Mario Virano è stato poi promosso a direttore generale di Telt. Nei mesi scorsi Foietta ha ammesso che le previsioni fatte dieci anni fa per giustificare l’opera erano sballate, ma “in assoluta buona fede”.

E veniamo al punto. Un vero dossier della Lega in realtà non esiste. Quella filtrata sui giornali è una tabella contenuta in un documento di tre pagine inviato da Telt al ministero delle Infrastrutture il 30 novembre scorso. 

I costi diretti dello stop vengono quantificati in circa 4,2 miliardi (“nella ipotesi massima”). 

Tra spese già effettuate – 1,4 miliardi – e presunti costi di ripristino dei cantieri, i rimborsi per i contratti di progettazione già firmati, le perdite finanziarie e le “penali” (di cui Foietta aveva smentito l’esistenza) si arriva a 2 miliardi e dispari

Per arrivare a 4,2 miliardi si deve sommare anche il costo dell’ammodernamento della vecchia linea, oggi sottoutilizzata. Un passaggio che per Telt e Foietta diverrebbe obbligatorio in caso di stop al Tav.

ALL’APPELLO mancano però altri 20 miliardi. Da dove arrivano? Sono sintetizzati alla voce “Costi indiretti. Perdite dei ricavi e dei benefici socio economici”. 

L’origine di questa cifra è, manco a dirlo, sempre il proponente dell’opera. Risale a uno studio commissionato nel 2014 dall’allora Ltf (oggi Telt) al Centro di economia regionale, dei trasporti e del turismo (Certet) della Bocconi, fondato e presieduto da Lanfranco Senn, professore emerito dell’ateneo milanese. Al Fatto, Telt spiega che ha pagato il dossier 59 mila euro

Lo studio aggiornava una vecchia analisi costi-benefici del Tav arrivando a quantificare in 20 miliardi i benefici socio-economici nel lungo periodo dell’opera. 

Perché ora sono considerati costi? Il ragionamento attuale è, in sostanza, questo: se i benefici potenziali sono di 20 miliardi, altri Paesi, come la Francia, coinvolti nell’opera potrebbero chiedere danni per analoghi importi all’Italia se decidesse di fermarla.

Senn è un nome che ricorre da anni nel dibattito sul Tav. Ha più volte sfornato contributi per i “Quaderni” dell’Osservatorio per illustrare perché il Tav conviene. 

Nell’ultimo, usato per offrire “contributi tecnici” all’analisi costi-benefici ha stimato una domanda di circa 4,5 milioni di passeggeri annuali che “ potranno valorizzare i benefici derivanti dai risparmi di tempo e costo resi possibili dal Tav”. Oggi sono 700 mila l’anno sulla linea storica.

Nello staff di ricerca del Certet Bocconi compare anche Roberto Zucchetti, anche lui autore di contributi per l’Osservatorio, di cui è stato consulente fino a fine 2018 (compenso: 10 mila euro). A dirigere il comitato direttivo del Certet c’è un altro professore della Bocconi, Oliviero Baccelli. Nel 2011 l’Osservatorio gli chiese di coordinare l’analisi costi-benefici del Tav. 

Quattro anni dopo è stato no- minato nel Consiglio di amministrazione di Telt. I tre professori hanno contribuito a realizzare lo studio del 2014 e lavorano poi a vario titolo per la società di consulenza milanese Clas, di cui sono soci, che più volte ha redatto rapporti sull’impatto positivo del Tav. 

Sempre al Fatto, Telt spiega di non avere “rapporti contrattuali con l’Osservatorio Certet Bocconi né direttamente con i professori Zucchetti e Senn”, ma di avere pagato nel 2018 una consulenza a Class, cioè la società di cui è socio un membro del suo Cda, per un valore “inferiore ai 25 mila euro”.

31 Genn 19 – NOTAV Info 

Il controdossier della Lega è lo studio della società che vuole costruire il tunnel

http://www.notav.info/documenti/il-controdossier-della-lega-e-lo-studio-della-societa-che-vuole-costruire-il-tunnel/

Riportiamo qui di seguito un articolo pubblicato sul Fatto Quotidiano del 31 gennaio, unico quotidiano che si è per ora degnato di chiedersi cosa c’è dietro le panzane del Min. dell’Interno che da giorni gioca a chi la spara più grossa sul TAV.

Salvini, in effetti, va millantando in televisione di 24 MILIARDI DI COSTI (sic!) in caso di mancato realizzo della seconda linea Torino-Lione, contando serenamente su una stampa compiacente che mai gli chiederà conto di tali ormai completamente folli cifre, ebbra com’è, da mesi, di TAV-ernello. Dall’inchiesta è venuto fuori, dati alla mano, che quella che in Val di Susa è stata rapidamente soprannominata “l’analisi ciucca” non è altro che il copia-incolla delle veline della società che vuole costruire il tunnel, TELT. Della serie, vale proprio tutto….