VENEZUELA, 5S E QUANT’ALTRO….. NON BASTA UN CLIC

http://fulviogrimaldi.blogspot.com/2019/02/venezuela-5s-e-quantaltro-non-basta-un.html

MONDOCANE

SABATO 9 FEBBRAIO 2019

Da anni ricevo, sul blog, in Facebook e in posta, commenti, a volte di consenso, a volte di virulente dileggio, sulla mia posizione sul Movimento 5 Stelle. Che, come i meno strabici, hanno perfettamente capito, è di frequentazione da fuori (resto iscritto esclusivamente all’Ordine dei Giornalisti), di condivisione in parola e immagine di molte sue battaglie, di sostegno alle cose che mi paiono buone (e a volte senza precedenti, le più osteggiate dall’unanimismo globalista destra-sinistra) e di critica a quelle che considero meno buone, o del tutto sbagliate. Il lancio della prima pietra, però, lo lascio ad altri. A quelli, dotati di grande humour, che si dicono senza peccato.

Landini, molto rumore per nulla

Viene in mente, per la portata anche simbolica di tutta una sinistra terrorizzata dal minimo bagliore esterno al quadro delle compatibilità, tale Landini Maurizio. Lo ricorderete da mille comparsate tv, agitato fracassone in maglietta della salute, a testa bassa contro i padroni e una segretaria CGIL troppo remissiva. Ricorderete la sua “coalizione sociale”, fondata a Bologna in un mattino del 2015 e svaporata prima che calasse il sole e prima che potesse, come anticipato, spostare di 180 gradi a sinistra la barra del barcone Italia zeppo di naufraghi, che però non se li fila nessuno, non fanno parte di nessuna filiera di trafficanti. Poi le cose andarono nel verso giusto sindacato unitario e patto dei produttori con la Confindustria. Tarallucci e vino tra Landini e Camusso sulle spoglie di un ceto lavoratore cui erano passati sopra, mentre il sindacato assisteva dalla Tribuna,  gli scarponi chiodati dei tempi che corrono: guerre, neoliberismo, austerity, i salari più bassi d’Europa, spazzati via tutti i diritti costati secoli, carcere. botte e morti.

Con l’immancabile e ferma durezza, il sindacalista, da rivale divenuto principe consorte e, infine, sovrano CGIL, è passato dal bluff alla linea seria: manifestazione unitaria sindacato-Confindustria contro questo governaccio del Reddito di Cittadinanza, del decreto Dignità, della Spazzacorrotti, dei supermercati chiusi la domenica, della riduzione e del taglio ai parlamentari, della fratellanza con gli eccellenti Gilet Gialli, degli schiaffazzi al socio spaventapasseri del neo-impero carolingio e al suo ministro di polizia (ma dove li scovano questi ministri di polizia? Vedi foto di quando Monsieur Castaner giocava a poker con certa gente a Marsiglia), del no alle trivelle, della denuncia del colonialismo migrazionigenico e, soprattutto, del riscatto dal gangsterismo fascistoide occidentale con, almeno, il rifiuto di riconoscere il golpe Usa in Venezuela…. A questo “regime di ultra destra” andava fatto quel che a Monti, Letta, Renzi, Gentiloni era stato risparmiato: lotta dura senza paura e manifestazione kolossal a San Giovanni. Così, cazzo, imparano.

Scongiuriamo invece, da parte nostra, che non imparino a forza di alti tradimenti di ognuna delle cinque stelle e dell’intera Repubblica quali sarebbero, dopo quelli minori dei banditeschi Tap e Terzo Valico, il TAV e la secessione dei ricchi con l’autonomia alle regioni del Nord.

 Ma sto digressando.

Sui temi 5 Stelle ho ricevuto il messaggio qui sotto, relativo a un mio pezzo sul Venezuela (reperibile in www.fulviogrimaldicontroblog.info ) che mi ha sollecitato le considerazioni aggiunte in fondo.

Subject: Dalla Cesarina Branzi: RIFLESSIONI CHE SI IMPONGONO

 Riflessioni che si impongono.  Quanto inviato da Grimaldi tocca, a mio avviso, tutti i punti fondamentali. Comunque, per quanto riguarda la “questione Venezuela”, alcune riflessioni si impongono, anche in vista delle scelte che a breve saremo chiamati a fare: le prossime elezioni.

Fino a qualche settimana fa pareva che questo governo fosse comunque da sostenere, sia pure con un appoggio critico puntuale e di stimolo a scelte suscettibili – e sia pur con la dovuta gradualità – di un’inversione di tendenza, in particolare riguardo la politica internazionale. Che non è poca cosa.

Sospendo il giudizio sui 5S, che non mi appaiono assimilabili alla Lega, nonostante alcuni atteggiamenti ambigui e incertezze imbarazzate proprio su una “questione” dirimente, com’è appunto quella del Venezuela (né, del resto, è l’unico tema che presenti oscillazioni, ma è sicuramente il piú grave). Si starà a vedere; ma non aspettando, per quanto mi riguarda , le calende greche.

A questo governo, si diceva, non esistono alternative, pena un salto nel buio.. Ma, sic stantibus rebus, e senza una riscossa da parte dei 5S, che cosa ci aspetta se non appunto un salto nel buio? Con l’Ue, la Nato e gli Usa, i nostri “migliori alleati” alle cui scelte dovremmo uniformarci, secondo gli “illuminati consigli” che ci vengono propinati ad horas, quale futuro ci aspetta? Come scritto poco sopra, nei prossimi giorni dovrebbe chiarirsi (mi pare inevitabile) la posizione dei 5S: vedremo. Per ora sollevo alcuni interrogativi, e auspicherei che si cercasse di darvi risposta, ciascuno con i propri mezzi e le proprie convinzioni. Contrastare duramente la posizione del presidente della Repubblica Mattarella – dice Grimaldi, e ha ragione – può essere considerato vilipendio del capo dello Stato; chiedo sommessamente se pretendere di imporre a un altro capo di Stato di levarsi di mezzo, con le buone o con le cattive (per il bene di chi? Sarebbe il caso di chiarire), sotto la minaccia di finire a Guantanamo dopo averne invaso il paese con truppe mercenarie (perché tali sarebbero, per usare un termine “pesato”), questo non è reato, ma, anzi, senso di responsabilità, difesa della democrazia e del benessere dei cittadini di quel paese. Grimaldi cita una serie di interventi predatori a opera degli Stai Uniti in America Latina. Ma si può andare anche piú indietro: tale spirito di rapina nei confronti dei territori che gli Usa hanno da sempre considerato il «cortile di casa loro», data fin dall’inizio dell’800. Infatti è del 1823 la famigerata dottrina Monroe, ulteriormente definita in seguito daTheodore Roosvelt (1906), volta a sottomettere le culture, l’economia e infine l’assetto politico dell’intero sub-continente latino-americano, sfruttandone la forza-lavoro, le ricchezze naturali e quant’altro, per capitalizzare quanto possibile, a tutto vantaggio delle proprie oligarchie attraverso politiche di sciacallaggio. È nel loro Dna. Tutto questo dopo che, inizialmente, avevano fatto piazza pulita delle popolazioni indigene al Nord e incamerato – tramite annessione – varie centinaia di kmq di territorio messicano.

«Il lupo perde il pelo ma non il vizio», recita un noto adagio. E perché mai dovrebbe perderlo l’impero, in declino, sí, ma ancora perfettamente in grado di vibrare micidiali colpi di coda?

In un frangente analogo, qualche decennio fa ci sarebbero state probabilmente manifestazioni di protesta e di solidarietà con il Venezuela: oggi siamo solo subissati dalle ciarle inconcludenti, sguaiate e servili dei media, perfettamente allineate alle dichiarazioni ufficiali dei nostri cosiddetti e sedicenti “rappresentanti”. Dai quali non mi sento affatto rappresentata. Non solo dall’Ue, ma neppure dalla Lega, che vellica gli istinti piú meschini, per cui non voterò più per questo partito: ha fatto della candidatura di Bagnai il suo fiore all’occhiello, ma credono di darla a bere proprio a tutti? Per dirla chiara e senza fronzoli, “la merda è merda anche se avvolta nel cellofan”. E puzza. E se i 5S non andranno al governo, potranno fare opposizione e forse ritroverebbero una maggior unità di visione strategica e una prospettiva di percorso piú qualificante e tale da attrezzarli meglio per battaglie future.

CESARINA BRANZI

********************************************************************************

 Riparto io.

Mi permetto di aggiungere a questa sintesi critica una riflessione che potrebbe sembrare marginale, o tirata per capelli bianchi, superati, d’altri tempi. Ma non credo che lo sia.

Quando tutto viene scelto, deciso, elaborato (poco) e poi realizzato, per via digitale, virtuale, senza scambio fisico, senza confronto di corpi, sguardi, espressioni, pensieri e relative sintesi solidificate, culture avanzate, coscienze maturate e armonizzate, basi ideologiche definite, programmi concordati, esclusioni e inclusioni materializzate, si gioca d’azzardo. E si disumanizza, quando invece si è usciti dalla convenzione per ricuperare umanità (verità, coerenza, coraggio, onestà, sincerità, rispetto, giustizia, solidarietà, amore: alterità). Nel M5S non esistono sedi, assemblee, comitati, confronti pubblici di gruppi di militanti-attivisti-simpatizzanti-interessati-curiosi, tra loro e con la società. Esistono per benevolenza del caso alcune figure, emerse fortuitamente sui binari tracciati da Grillo e dalla revulsione per l’esistente, con dentro un bel po’ di anticorpi formatisi nelle battaglie di generazioni (guai a prescinderne! Zoppichiamo da sempre, sarebbe come buttare la protesi vinta a chi ci ha mutilato).

Nella formazione di base del Movimento non contano molto i corpi e, con loro, le menti e con queste le anime, una di fronte all’altra. Si va molto di clic. Ma corpi, menti e anime non si trasmettono  per via elettronica. E neanche sorrisi, o sguardi corrucciati, o pieghe dolorose. Triste rimedio gli emoticon. Da cui, malintesi, superficialità, errori di scelte e di idee, frantumazione negli orientamenti, quella carenza strutturale che poi porta a essere tragicamente liquidi, alla Bauman, facili da bersi come un bicchier d’acqua. Frequentando da anni il MoVimento, da fuori ma insieme in comuni battaglie, e volendogli bene, tanto più quanto più orridi sono coloro che, a larghe intese fasciste 2.0, ne sono terrorizzati e gli vomitano addosso dileggi, calunnie e falsità, soprattutto per le cose buone che riesce a fare, ho appunto conosciuto di tutto. Valori umani e morali altrove introvabili. Impegni mirati ai più deboli, agli esclusi, sfigati, depredati, impegni di fondamentale umanità eurgenza. Autenticità.

Ma anche tipi fuori da ogni contesto, spuntati da un curriculum spedito a chi, essendo all’oscuro degli occhi, del linguaggio, delle espressioni, delle storie del mittente, non dovrebbe sapere che farsene del curriculum. Spuntano e formicolano opportunisti, naives, svalvolati, vagabondi delle convinzioni, volponi, gente che ci è capitata facendo testa o croce, quaquaraquà. E sulla luce che avevamo intravvisto e che brilla nelle torce di tanti parlamentari, bravissimi, spesso per caso, si stendono ombre. Per cui, dopo, ecco deviazioni, dissidenze, imbarazzi, espulsioni. Tardive e controproducenti. (*).

Non tutto va cambiato. Sono i gruppi omogenei, individui unitisi su un’idea magari vaga, ma fuori dal coro, e poi cresciuti insieme, non solo per aver ascoltato o seguito un taumaturgo (quelli vengono e vanno), ma per essersi visti e toccati, per essersi fusi nel progetto di cambiare il mondo.

Qui, o ci si dà una regolata e si fa qualcosa fuori dal circuito sacralizzato del digitale e delle piattaforme, da utilizzare solo nella fase complementari alle sedi, agli incontri, allesacrosante scuole quadri, o chiamatele di cultura politica, alle feste, mica solo quella nazionale, alle cene, alle conferenze, alle proiezioni, o anche un circolo delle bocce, dove otto vecchietti si incontrano nei pomeriggi sapendo che volere e che fare, ci mangia vivi. Come dire, costruiamo lo scheletro, ossa con ossa. La mano si muove perché un pensiero ha manovrato un omero, dei nervi, muscoli, spinto sangue. Senza quelli, a ticchettare sui tasti è solo l’ Al.di Kubrick.

Ok, non si può tornare indietro. La comunicazione digitale facilita, velocizza, razionalizza processi. Ma va ridimensionata, come il consumo di Nutella. Totalizzata decerebra, cioè uccide. Mi ripetono in tanti che sono sempre troppo lungo. Giusto, chiedo perdono. Ma non mi  ridurrete a dire sì o no, a scegliere un nome piuttosto che un altro per l’inchiesta su una legge, o su un candidato, o su un’iniziativa. Qui tutti viaggiano a sms, chat, like, fotine, whatsapp. Ci interessa di più mostrare il nostro grugno, che passare qualche informazione. Il linguaggio si riduce e si elementarizza. E se lo fa il linguaggio, lo fa conseguentemente il pensiero. E se lo fa il pensiero, ne discende un’azione monca, rinsecchita. Confrontate l’interno di una noce, con la sua complessità, le sue volute, gli strati, gli arabeschi degli orli, con il nocciolo di un’arachide. E così che siamo diventati analfabeti funzionali al 48% e che facciamo tilt appena ci si presenta, da dire, o da scrivere, o da leggere, una subordinata. Passiamo dalla ricchezza musicale e cromatica di un “se avessi potuto, mi sarei precipitato”, al misero “se potevo, mi precipitavo”. O, orrore!, da un “ti voglio bene”, piccola sinfonia, a un TVB, acronimo all’americana. E per non scrivere tre lettere, mettiamo uno sgorbio: al posto di “per” X.  Abbiamo impigrito qualche cellula, ma abbiamo guadagnato tempo. A che scopo?

Vanno bene il blog, la piattaforma Rousseau, ma va ancora meglio la pizza a taglio tutti assieme in sede, o, almeno, a casa tua, a parlarci addosso.

(*) Per inciso, attribuisco a una fauna di questo tipo gli attacchi che vengono mossi in questi giorni a un’assoluta eccellenza del MoVimento, Nicola Morra, presidente della Commissione Parlamentare Antimafia, e che vedono protagonista un altro parlamentare 5 Stelle, Mario Michele Giarrusso. Morra è laureato in filosofia e specializzato in Bioetica. Insegna Storia e Filosofia. Giarrusso è avvocato. Il che, secondo lui,  gli darebbe maggiori titoli per presiedere l’Antimafia. A me pare che storia, filosofia e bioetica ne diano altrettanti, se non di più. Questione di prospettive, forse.

Comunque, il nodo del contendere è quello che agita i 5Stelle per la faccenda “Diciotti”: dire si o dire no all’apertura di un procedimento sul vicepremier Salvini. Morra si è espresso, in coerenza con lo storico assunto dei 5Stelle, che non vi debbano essere differenze davanti alla Giustizia tra cittadini comuni e cittadini meno comuni, per quanto travestiti da poliziotti, o da soccorritori civili. Personalmente la penso così, anche se, oggi come oggi, regalare un’assoluta fiducia alla magistratura, mi convince meno delle altrettanto sacre tavole della legge tirateci addosso dal Sinai.

Mi balenano vicende come quelle della Procura di Caltanisetta (Processo Borsellino) e del finto pentito Scarantino, o quelle di De Magistris, Robledo, Woodcock, i vecchi “pretori d’assalto”, il “Porto delle Nebbie” di Gallucci a Roma, ricomparso nell’accanimento sulla Raggi, tipi come Violante o Carnevale, Amato nella Corte Costituzionale, Bruti Liberati che, invitato da Renzi, sospende la giustizia sull’Expo, Cantone che se ne va a omaggiare Obama e tutta la Washington che conta, con l’allegra comitiva neocraxiana di Renzi-Elkan, un CSM guidato  da chi, il giorno prima o il giorno dopo, si candidava per quel partito…. E, poi, due procure che chiedono l’archiviazione di Salvini e il Tribunale dei ministri che le sconfessa,  non vi fanno pensare a una guerra tra legulei di varie tendenze?

In ogni modo, parrebbe che, con l’assunzione da parte di Conte e Di Maio di una pari responsabilità con Salvini per la “Diciotti” (episodio sotto ricatto UE e Ong), il problema sia stato, appropriatamente, superato.

Generosamente, Morra ha accolto ripetutamente di venire dalle mie rurali e rupestre parti da relatore su temi domestici e internazionali, sulle quali ha dimostrato grande apertura, analisi penetranti, conoscenza profonda e, dunque, quelle competenze, anche etiche vivaddio, che ci auguriamo possano estendersi a tutti i rappresentanti la sua parte politica.

Di Giarrusso non ho avuto il privilegio di un’esperienza diretta. Da me invitato a un convegno sulla legge anticorruzione ha cortesemente accettato, salvo darci buca il giorno stesso, mentre il pubblico già affluiva da varie provenienze.

Pubblicato da Fulvio Grimaldi alle ore 12:51

Tav, l’Ue ammette: l’alta velocità non funziona. E in Italia costa il doppio „

https://europa.today.it/lavoro/tav-corte-conti-ue-fallimento.html?fbclid=IwAR2aCRKfJ3cd–Rwp9wdUd-LPK66C-HeDYNo4k5P3QQQwtT0hS9C4CGwIlg

 

Tav, l’ ammette: l’alta velocità non funziona. E in Italia costa il doppio

Dura relazione della Corte dei conti europea sulla rete ferroviaria: “Un sistema disomogeneo e inefficace di linee senza un piano realistico a lungo termine”, scrive. Nel nostro paese, ogni cittadino spende 50 centesimi per km di linea, due volte la media dell’Unione

Gli avversari della Tav Torino-Lione hanno oggi un motivo in più per protestare contro la maxi-opera che l’Italia sta portando avanti, a fatica, da anni: l’Eca, la Corte dei conti dell’Unione europea, in una relazione pubblicata oggi, esprime un giudizio negativo sia sulla rete ferroviaria ad alta velocità in tutta Europa, sia sui costi di costruzione nel nostro paese, che sono i più alti dell’Ue. 

“Manca un piano realistico”

La rete ferroviaria ad alta velocità della Ue, secondo la Corte dei conti, è “un sistema disomogeneo e inefficace di linee senza un piano realistico a lungo termine”: “è improbabile che l’attuale piano a lungo termine dell’Ue per le linee ferroviarie ad alta velocità venga realizzato e manca un solido approccio strategico a livello Ue”. Se non è una sonora bocciatura, poco ci manca. 

Per l’Eca, la rete è in via di costruzione senza che vi sia un coordinamento adeguato a livello transfrontaliero: è stata progettata e costruita dagli Stati membri “in maniera isolata, da cui risultano collegamenti insoddisfacenti”. Altro che cooperazione tra paesi. Inoltre la Corte dei conti Ue indica che la Commissione europea non dispone di strumenti giuridici né di poteri decisionali per garantire che gli Stati membri progrediscano rapidamente verso il completamento della rete centrale.

Spesi 23,7 miliardi

Dal 2000, la Ue ha cofinanziato investimenti nelle linee ferroviarie ad alta velocità per 23,7 miliardi di euro. Gli auditor della Corte hanno effettuato un’inchiesta in sei Stati membri (Francia, Spagna, Italia, Germania, Portogallo e Austria) e hanno analizzato la spesa effettuata per oltre 5 mila km di linee ad alta velocità, coprendo circa il 50% dell’intera rete ferroviaria ad alta velocità della Ue. Hanno riscontrato che, sebbene la lunghezza delle reti nazionali stia aumentando, l’obiettivo di triplicare la lunghezza delle linee ferroviarie ad alta velocità (fino a 30 mila km) entro il 2030 non sarà raggiunto. 

L’Italia spendacciona

Con 28 milioni di euro a chilometro, l’Italia è il paese dell’Unione Europea con il più alto costo di costruzione per le linee a alta velocità. Se ai progetti già completati si sommano quelli in via di realizzazione, il costo totale per l’alta velocità italiana ammonta a 41,9 miliardi di euro per 1.280 chilometri di linea, 0,46 euro per chilometro pro-capite. Il doppio della media Ue.

La Spagna è invece il paese che ha beneficiato del piuù alto livello di cofinanziamento dell’Ue nella costruzione di linee con 14,1 miliardi di euro. La Germania ha ottenuto dall’Ue 2,7 miliardi, la Francia 1,4 miliardi, mentre l’Italia appena 724 milioni. La Corte dei conti dell’Ue esprime apprezzamento per quanto fatto dall’Italia in termini di concorrenza, che ha permesso di migliorare il servizio e ridurre i costi per gli utenti, e di analisi costi-benefici. La relazione cita il caso della sezione Venezia-Trieste che, grazie a una modifica del progetto, permette un risparmio complessivo di 5,7 miliardi di euro allungando i tempi di percorrenza di appena 10 minuti.

TAV IN PIEMONTE E TAV IN TOSCANA: A PROPOSITO DI SICUREZZA, COSTI E BENEFICI…

http://www.idraonlus.it/2019/02/08/tav-piemonte-tav-toscana-proposito-sicurezza-costi-benefici/?fbclid=IwAR07EHLnxJVQYFI8FE4LOOZAB5po9uEK1p4_GPAPygKyj1YoYNdfjbb3-UQ

Sotto il titolo “Non fare la Tav costerà fino a 4 miliardi”, su “Il Sole 24 ore di oggi leggiamo, a proposito della «relazione giuridica» allegata all’analisi costi-benefici: “Il capitolo più discusso è quello delle penalità e più in generale degli effetti creati dalle interruzioni contrattuali: si oscilla fra 500 milioni e un miliardo. Infine una voce che non è un costo in senso stretto, ma che nell’analisi viene comunque conteggiato e pesa per 1,5-1,7 miliardi: si tratta del costo stimato dall’Osservatorio (Quaderno 11) per i lavori che sarebbe comunque necessario fare per mettere in sicurezza l’attuale linea storica e tunnel del Frejus con un secondo tunnel di sicurezza lungo 13,5 chilometri.”

Curioso!

Questo vorrebbe dire che, se si cominciasse a costruire la TAV fra Torino e Lione (e sarà pronta fra chissà quanti lustri…), potremmo fare a meno di mettere in sicurezza la linea attuale? Stiamo scherzando? Non sarebbe, quello della messa in sicurezza della linea storica, un costo da affrontare subito e comunque, a prescindere da TAV o non TAV?

Se poi riflettiamo sul fatto che, fra Firenze e Bologna, 60 chilometri di doppio binario TAV coi treni che corrono in un unico tubo nella linea sotterranea nuova di zecca sono arditamente privi del tunnel di sicurezza, con 7 vie di esodo su 14 che distano fra loro oltre i 4 km massimi previsti dalla normativa nazionale, che conclusioni dobbiamo tirare?

Forse, piuttosto, dentro l’analisi costi-benefici del progetto di sottoattraversamento TAV di Firenze, tutto ancora da scavare,converrà considerare prioritariamente, fra i costi, proprio il necessarissimo adeguamento della linea che congiunge in condizioni così imbarazzanti i due capoluoghi di regione di Emilia e Toscana!

Il Sole 24 ore la spara grossa: fake news sulla rinuncia al TAV

notav.info
post 8 Febbraio 2019 at 16:06

La oramai famosa Analisi Costi Benefici non è ancora pubblica ma è già partita l’operazione “terrorismo” da parte di politici, portavoce europei non meglio qualificati e giornalisti pappagalli che copiano e incollano ogni considerazione del primo speaker di turno.

Sarebbe bello vedere così tanto impegno e dibattito su tutti i temi che comportano spese pubbliche, su analisi costi benefici da sempre taroccate, su il sistema di appalti che fin’ora ha ingrassato costruttori e amici politici, ma non vi abbiamo mai assistito.

Stiamo assistendo a tanti goffi tentativi che se non fossero così pericolosi e scorretti perchè hanno potenze comunicative di massa, ci sarebbe da ridere e definirli solo grandi arrampicate sugli specchi. Invece ci tocca rispondere e puntualizzare perchè da quando il movimento notav esiste si è sempre basato su documenti ufficiali e fonti qualificate, respingendo la semplice propaganda.

Oggi è il turno di Giorgio Santilli, giornalista de Il Sole 24 ore che citando una analisi tecnico giuridica di certo un Pasquale Pucciariello (dell’Avvocatura dello Stato) costruisce un articolo dal titolo “Analisi Tav: la rinuncia ai lavori costerà fino a quattro miliardi”.

E dal titolo in poi si lancia in considerazioni varie, con dati “ad minchiam” che servono a creare un pò di sano terrorismo intorno alla vicenda Tav.

Parla di penali contrattuali (appalti in corso) che non esistono per legge*
 

Poi Giorgio Santilli si supera,scrivendo che l’UE deciderà, forse, di eliminare l’intero corridoio mediterraneo che va da *LISBONA a KIEV*, senza sapere , forse troppo esaltato dalla “bomba” che stava costruendo che:

1) Lisbona ha già rinunciato nel 2012
2) Kiev (Ucraina) mai è stato membro della UE e non è nemmeno candidata ad entrarci

 
*In riferimento agli appalti già attribuiti non sussiste diritto alcuno da parte degli appaltatori a richiedere penali come recita l’ articolo 2, comma 232 lettera c) legge 191 del 2009 (Finanziaria italiana 20101 ). La norma stabilisce che «il contraente o l’affidatario dei lavori deve assumere l’impegno di rinunciare a qualunque pretesa risarcitoria eventualmente sorta in relazione alle opere individuate con i decreti del presidente del Consiglio nonché a qualunque pretesa, anche futura, connessa al mancato o ritardato finanziamento dell’intera opera o di lotti successivi».
Occorre evidenziare che l’operatività della predetta normativa italiana (art. 2 comma 232 lettera c legge 191 2009 in tema pretese risarcitorie) ai rapporti contrattuali nascenti dalle aggiudicazione di appalti dei bandi di gara indetti dalla T.E.L.T. (nonostante questi ultimi siano disciplinati dalla legge francese in forza della cessione di sovranità contenuta nell’accordo italo francese del 2012) è garantita dall’ art. 3 Legge di Ratifica 5 gennaio 2017, n. 12 . Identica previsione è contenuta nella delibera del Cipe n. 67 2017 così come evidenziato nel combinato disposto dagli art. 1 e 6 del deliberato.

Mercalli: “Dai Sì Tav solo slogan, hanno un’idea sbagliata del progresso”

http://temi.repubblica.it/micromega-online/mercalli-dai-si-tav-solo-slogan-hanno-unidea-sbagliata-del-progresso/

intervista a Luca Mercalli di Giacomo Russo Spena
“Hanno un’idea sbagliata del progresso”. Luca Mercalli ce l’ha con un mondo che in maniera fideistica ha scelto le ragioni Sì Tav: “Vanno avanti a slogan, non supportati da numeri e dati”. Meteorologo, divulgatore scientifico e climatologo, è in attesa di analizzare la relazione costi/benefici del governo che sarà resa pubblica a giorni. Nel frattempo Mercalli prova a smontare, una ad una, la propaganda dei favorevoli alla tratta Torino-Lione. Tra le loro ragioni ci sarebbe quella ecologista. Su questo, il climatologo sorride: “Come si fa ad affermare tale assurdità? E’ vero l’esatto contrario, meglio spendere per azioni che diano subito un risultato in termini di emissioni di Co2 e non per progetti che lo potrebbero dare forse tra oltre 20 anni”.  

A breve si conoscerà il verdetto di questo dossier sui costi e i benefici. Ma era veramente indispensabile? 

Se ne sentiva il bisogno dalla bellezza di quasi trent’anni! Il progetto della Tav in Val di Susa nasce nel 1991 senza alcuna analisi di terza parte e per volontà fondamentalmente dei proponenti, ovvero da coloro che maneggiano soldi pubblici e hanno profitti. Se chiedi al macellaio se la carne è buona, ovviamente ti dirà di sì. Bisognava, già da tempo, passare per il parere di una struttura composta da esperti neutrali.
Ma conosce il team che ha elaborato il dossier? E’ affidabile il loro responso e sono davvero neutrali?
Tenderei a fidarmi: Marco Ponti è uno dei maggiori esperti di economia dei trasporti. Tra l’altro, non credo che l’analisi costi/benefici, essendo elaborata fondamentalmente da economisti e da ingegneri, prenda in considerazione gli aspetti ambientali che sono personalmente il mio campo di ricerca. Se aggiungiamo pure questi, il giudizio sulla Tav diventa ancor più negativo.
Qual è il principale motivo per cui lei è No Tav?
Siamo in una condizione di crisi ambientale che richiede di moderare i consumi e non di aumentarli quindi un’opera che incrementa il transito merci è contraria al principio basilare della sostenibilità. La stessa Europa è in contraddizione con se stessa perché la Commissione trasporti favorisce quest’opera mentre abbiamo la Commissione ambiente che agevola il modello dell’economia circolare, ovvero l’economia che ricicla ed è basata sul risparmio di materie prime. Lo scenario del futuro prevede meno rifiuti e il consumo di meno risorse, così serve men che mai un’opera che secondo i proponenti farà passare più merci, più velocemente, e in container più grandi. 
Ci sta dicendo che la scelta di realizzare il treno ad alta velocità è figlia di un modello di sviluppo economico ed infrastrutturale ormai considerato obsoleto?

Assolutamente: hanno in testa un modello che era valido giusto negli anni Sessanta. 

Sostiene che il tunnel danneggerà persino il nostro clima, non è vero il contrario? La nuova linea ferroviaria Torino-Lione viene giustificata proprio con motivi ambientali: la cura del ferro fa bene e spostare traffico da gomma a rotaia riduce le emissioni. 
Questo sarebbe vero se si fosse usata una rete ferroviaria già esistente. Quando si va a costruire un’infrastruttura nuova, è necessario considerare due fattori, entrambi estremamente dannosi per il nostro clima. Innanzitutto per realizzare una maxi opera con gallerie – e qui stiamo parlando di 57km, oltre a tutte le gallerie accessorie di cui nessuno parla – ci vogliono almeno dieci anni di cantiere e non si scava con il piccone ma con gasolio ed energia elettrica. Per non parlare dei materiali: ci vogliono cemento, acciaio, rame, alluminio. Succede che l’infrastruttura, per dieci anni, invece di diminuire le emissioni, ne produrrà di nuove a causa di un cantiere che sarà fonte certa di inquinamento atmosferico. In secondo luogo, la propaganda Sì Tav sostiene che se la tratta verrà usata a pieno carico – perché il proponente afferma ciò – e taglierà Co2 eliminando la circolazione dei camion per strada ma, attenzione, si dimenticano che metteremo almeno altri dieci anni per compensare  l’inquinamento emesso nei dieci anni di costruzione. Quindi il primo kg di Co2 tolto effettivamente dall’atmosfera non arriverà prima del 2040. Allora, le Nazioni Unite e il comitato di controllo governativo per il clima delle Nazioni Unite sostengono che siamo già in emergenza climatica e che se vogliamo mantenere la temperatura sotto l’aumento di due gradi entro questo secolo, la Co2 va tolta subito. Oggi bisogna investire denaro per decarbonizzare l’atmosfera, non tra vent’anni. Tra vent’anni è tardi, il danno climatico sarà irreversibile.
Abbiamo capito i motivi tecnici, le chiedo ora le conseguenze politiche. Come la mettiamo con l’Unione europea che su quest’opera ci ha investito e ci crede?
 
Prima di tutto i trattati sui trasporti non menzionano necessariamente il super tunnel come non contemplano, come unica scelta possibile, l’alta velocità: il programma europeo prevede soltanto un miglior uso delle ferrovie. Dice semplicemente che le linee devono essere armonizzate e che bisogna trovare la migliore condizione per farle funzionare con efficienza. Non sostiene che siamo condannati a costruire tappe nuove… questa è una forzatura che è stata usata strumentalmente per sostenere le ragioni Si Tav in Val Susa.

Come finirà il braccio di ferro tra M5S e Lega? 

Non lo so. Dico soltanto che oggi si è aperto il primo spiraglio politico in trent’anni e che, finalmente, si discute pubblicamente dell’opera smontando la narrazione propagandistica di chi sostiene l’indispensabilità di questa infrastruttura. Il movimento No Tav è composto anche da molti miei colleghi, docenti, ricercatori, scienziati, tecnici del Politecnico di Torino… tutta gente che da anni cerca di rompere un muro di omertà ma nessun governo, prima, ha mai aperto un dibattito serio sull’impatto ambiantale/climatico e sui reali benefici dell’opera.
Perché, secondo lei, il Si Tav ha il sostegno della stampa mainstream e di tutti i governi avuti negli ultimi vent’anni?
Dove ci sono i grandi progetti che muovono tanti soldi, può essere comodo stare da quella parte.

Gli interessi economici ce li hanno le lobby che devono costruire, mi chiedo perché la stampa e i governi? 

C’è un motivo simbolico. Esiste una gran parte di persone che identifica con il progresso alcuni simboli ma non fa un’analisi critica basata sui numeri: non ho mai avuto dalla controparte tesi documentate e convincenti che mi spiegassero le ragioni Si Tav.  Chiamparino è così: vede lo sviluppo con le stesse lenti di un Cavour che siccome ha realizzato il traforo nell’Ottocento, oggi lo dobbiamo fare ancora più grosso e lungo. Inoltre ribalto la posizione chiamparinesca affermando che la montagna è sempre lì. Nessuno la sposta. Se mai le condizioni cambiassero e tra cinquant’anni si decidesse di realizzare il traforo perché tutte le mie previsioni si rivelassero sbagliate a vantaggio di nuovi studi, si potrebbe sempre fare. Se perdi oggi l’occasione, puoi recuperare nel futuro. È falso, invece, il contrario. Realizzare oggi la Tav, con tutti i dubbi annessi, significa non poter più riparare all’errore ambientale ed economico. Soldi spesi male ed ingenti danni. Una follia. 

Si riferisce ai Si Tav quando affermano “da questo treno non passeranno solo merci ma anche idee”?

Capisci, non vuol dire niente una frase così. Siamo a delle posizioni puerili: uno slogan ideologico che non ha niente a che vedere con lo sviluppo economico del Paese.
Scusi, qual è la sua idea di progresso?
Non sono un retrogrado, non voglio tornare alla candela. Per me il futuro è la sostenibilità ambientale, il risparmio energetico, l’innovazione tecnologica sui pannelli solari. Sono per quegli investimenti d’avanguardia che, come è ormai provato, portano ottimi risultati.

Nel silenzio generale è stato dato l’ok ai cantieri nel Terzo Valico, una piccola Tav di 53km situata tra la Liguria e il basso Piemonte. Come mai lì non si è prestata attenzione e il M5S non ha fatto le barricate? 

Non conosco perfettamente la questione del Terzo Valico non avendo studiato le carte ed io parlo soltanto se conosco dati e numeri. Temo, però, che l’opera abbia avuto l’ok del M5S semplicemente per un motivo: la zona interessata dal Terzo Valico è meno abitata rispetto alla Val Susa. Ci sono comunità più piccole e, quindi, è stato fatto un discorso meramente elettorale. Lì venivano scontentate meno persone e, quindi, andavano persi pochi voti. In Val di Susa ci sono più abitanti e la protesta è maggiormente strutturata. Per questo, il M5S avrà scelto di fare quadrato sulla Tav Torino-Lione e di sacrificare il Terzo Valico. 

(8 febbraio 2019)

Il Regalo di Salvini alla Francia: 2,2 miliardi di €uro

Comunicato Stampa

PresidioEuropa

Movimento No TAV

8 febbraio 2019

http://www.presidioeuropa.net/blog/?p=18658

Il Regalo di Salvini alla Francia:

2,2 miliardi di €uro

Ossia la penale nascosta della Torino-Lione

di cui nessuno vuole parlare

dieci domande al Vice Presidente del Consiglio Matteo Salvini

  1. Nell’interesse di chi agisce il Vice Presidente del Consiglio Matteo Salvini?Nell’interesse dei contribuenti italiani, oppure si fa dettare la linea dalle lobby italo-francesi del TAV?
  2. È al corrente Salvini che la parte francese del tunnel di base di 57,5 km è di ben 45 km mentre quella italiana è di soli 12,5 km?
  3. È al corrente Salvini che la Francia pagherà solo il 42,1% del costo totale del tunnel di base mentre l’Italia pagherà ben il 58,9%?
  4. È al corrente Salvini che grazie a questa iniqua asimmetria dei costi, l’Italia sosterrebbe un costo superiore di ben 2,2 miliardi di €uro rispetto ad una equa ripartizione geografica dei costi?
  5. È al corrente Salvini che, grazie a questa iniqua asimmetria dei costi, ogni chilometro italiano del tunnel di base costerebbe all’Italia ben 280 milioni di €uro mentre ogni chilometro francese del tunnel costerebbe alla Francia solo 60 milioni di €uro? 
  6. È al corrente Salvini che in caso di equa ripartizione geografica dei costi la Francia dovrebbe contribuire alla realizzazione del tunnel con un investimento di 4,8 miliardi di €uro?
  7. È al corrente Salvini che in caso di abbandono del progetto da parte dell’Italia e della Francia non vi saranno penali europee perché l’Art. 17 par. 3 del Regolamento (UE) N. 1316/2013 CEF lascia agli Stati membri la decisione di attuare i progetti secondo la “capacità di finanziamento pubblico” e la “fattibilità socio-economica” attraverso un’Analisi Costi Benefici?
  8. Oppure Salvini vagheggia di presunti sovracosti facendo il copia-incolla delle cifre sapientemente preparate dagli stessi promotori dell’opera?
  9. È al corrente Salvini che non esiste alcuna scadenza contrattuale che impegna la Francia e l’Italia a realizzare la Torino-Lione? L’unico impegno previsto all’Art. 1 dell’Accordo di Torino del 29.1.2001 è quello di costruire una linea nuova alla saturazione della linea esistente, data non conosciuta, visto che la linea esistente è satura a meno del 20%.
  1. È al corrente Salvini che con i fondi per la Torino-Lione si potrebbe iniziare il risanamento delle infrastrutture vetuste creando molti più posti di lavoro della Torino-Lione?

Non fare la Tav costerà fino a quattro miliardi

https://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2019-02-08/non-fare-tav-costera-fino-quattro-miliardi–070744.shtml?uuid=AFco6YK

Rinunciare alla realizzazione della Torino-Lione costerà da un minimo di 2,8 miliardi fino a 4 miliardi se si considerano, oltre alla restituzione dei fondi versati e alle penalità contrattuali, anche le somme necessarie per il ripristino dei luoghi e quelle per il potenziamento della linea storica che andrebbe comunque adeguata per motivi di sicurezza. Sono le quattro voci prese in considerazione dalla «relazione giuridica» allegata all’analisi costi-benefici rimasta finora riservata.

Questo documento, che integra l’analisi costi-benefici economica messa a punto dalla squadra di Marco Ponti, non è infatti fra quelli inviati a Parigi e a Bruxelles dal ministro Toninelli, ma sarà pubblicato la prossima settimana insieme al resto del lavoro. Sarà anche consegnato alla Lega per l’incontro, previsto in questi giorni, fra Matteo Salvini e Luigi Di Maio. Anzi, a ben guardare, il dato del costo della rinuncia all’opera (con i conseguenti impatti sul bilancio dello Stato) è forse il dato-chiave, più rilevante, ai fini della discussione politica, della stessa analisi costi-benefici che resta un esercizio teorico al servizio delle scelte politiche.

 Vediamo come si arriva al costo massimo di 4 miliardi. La prima voce è quella della messa in sicurezza e del ripristino dei luoghi interessati dai lavori effettuati: la forchetta presa in considerazione dai tecnici e dai consulenti del ministero delle Infrastrutture va da 200 a 500 milioni. Segue la voce dei fondi già versati che andrebbero restituiti, quantificata in 600 milioni. Il capitolo più discusso è quello delle penalità e più in generale degli effetti creati dalle interruzioni contrattuali: si oscilla fra 500 milioni e un miliardo. Infine una voce che non è un costo in senso stretto, ma che nell’analisi viene comunque conteggiato e pesa per 1,5-1,7 miliardi: si tratta del costo stimato dall’Osservatorio (Quaderno 11) per i lavori che sarebbe comunque necessario fare per mettere in sicurezza l’attuale linea storica e tunnel del Frejus con un secondo tunnel di sicurezza lungo 13,5 chilometri.

PER SAPERNE DI PIÙ / Tav, la Commissione Ue ha ricevuto l’analisi costi-benefici. Tensione Salvini-Di Maio

Fin qui la stima del costo contenuto nella relazione giuridica. Fuori di questo documento si possono fare altre due considerazioni . Qualora si dovesse andare a uno scenario hard di rinuncia all’opera in un quadro di conflittualità con Parigi e Bruxelles (azzeramento dei trattati) si dovrebbe infatti mettere in conto la possibile rivalsa francese per i costi totali sostenuti e la possibile decisione Ue di eliminare dalle proprie previsioni il «corridoio Mediterraneo» Lisbona-Kiev, con la cancellazione di tutti i contributi Cef (quelli per i Ten-T) alle opere inserite in questo corridoio (per esempio la Venezia-Trieste-Lubjana e il porto di Trieste).

Una questione che al momento sembra avere più una valenza negoziale al tavolo con Parigi e Bruxelles che fattiva. C’è poi l’analisi costi-benefici economica, con due scenari che prevedono costi maggiori dei benefici per 6-7 miliardi. In un primo scenario “ufficiale” (sulla base dei dati dell’Osservatorio) è previsto un massiccio trasferimento di traffico verso la rotaia, con una minore accisa pagata sulla benzina allo Stato che pesa quasi per 6 miliardi e determina un risultato “paradossale” in termini di effetti della politica dei trasporti. E un secondo scenario “realistico” dove il traffico sarà molto più contenuto e limitato sarà anche il costo per lo Stato delle minori accise (circa un miliardo). Sarà questo secondo scenario, con tutta probabilità, la posizione tecnica su cui si arroccheranno i no-Tav del M5s, mentre la Lega pro-Tav punterà sulla relazione giuridica con i costi della rinuncia.

Costi-benefici Tav/1: più aumenta il traffico e peggio va il risultato finale. Ecco i numeri

Da Il Sole 24 Ore di oggi 8 febbraio 2019 Lo scorporo delle accise, però, lo ribadiamo, così come i “costi di uscita”, non sono evidenziati e calcolati nel documento inviato a Bruxelles e alla Francia.

Alessandro Arona

Nello scenario ottimistico 6 miliardi di euro di minori accise, calcolate come costo. A Ue e Francia il lavoro del Gruppo Ponti

L’analisi costi-benefici sulla Tav Torino-Lione inviata il 6 febbraio dal ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli al governo francese e alla Commissione europea, elaborata dal gruppo di professori guidati da Marco Ponti, conferma il metodo utilizzato per il Terzo Valico di Genova: i minori introiti per lo Stato da accise sui carburanti, derivanti dallo spostamento di merci e passeggeri dalla gomma al ferro, vengono calcolati come costi.

Con la conseguenza che più aumenta il traffico sulla nuova linea ferroviaria, più cioè la nuova opera “ha successo” nel “riequilibrio modale” dal traffico su strada a quello via treno, più di conseguenza peggiorano i risultati dell’analisi costi-benefici.

Nello scenario previsionale di maggior traffico, questi costi da “mancati incassi accise” sarebbero pari a 6 miliardi di euro, su 7 miliardi di risultato totale negativo dell’analisi costi-benefici.

Nello scenario alternativo, di minore traffico, i mancati incassi sulle accise peserebbero invece solo 1,2 miliardi di euro, su uno “sbilancio” sempre di 7 miliardi di euro.
Il risultato dunque sarebbe sempre pesantemente negativo, ma con tendenza – togliendo le minore accise dai costi – ad andare verso il pareggio tanto più il trasferimento modale dalla gomma al ferro avrà successo.

Tutto questo senza considerare i “costi di uscita”, il lavoro affidato da Toninelli a giuristi e avvocati dello Stato per calcolare i costi materiali, contrattuali e da contenzioso da sostenere in caso di stop all’opera: il lavoro non è stato consegnato a Francia e Ue, è in fase di definizione, ma si stimano costi oscillanti tra 2 e 4 miliardi: da un minimo certo per sistemazione cantieri, restituzione fondi Ue e spesa francese, e messa in sicurezza minima della linea storica, a ipotesi invece di contenziosi legali con imprese, Ue e stati esteri, e realizzazione di interventi di riqualificazione della linea storica per adeguarla agli standard normativi di sicurezza (1,5/1,7 miliardi di euro), per un totale fino a 4 miliardi di euro.

Nel documento consegnato alla Francia e alla Commissione Ue, dunque, non sono evidenziati né il fattore “minori accise”, né i “costi in caso di stop”.

Già nell’Acb del Terzo Valico il tema delle accise era emerso. La struttura d missione Infrastrutture del Ministero osservò – nella sua relazione di sintesi– che il metodo utilizzato dal gruppo Ponti (minori accise come costo) era in contrasto con le linee guida della Commissione europea sull’analisi costi-benefici, e anche con il decreto Mit del giugno 2017 che le aveva recepite. Di conseguenza i dirigenti ministeriali fecero inserire una doppia tabella, una «con variazione accise» (metodo Ponti) e una senza (metodo Ue). La differenza era, per ogni scenario, di 905 milioni di euro. L’Acb sul Terzo valico così, pesantemente negativa con il metodo Ponti, andava quasi in pareggio con il metodo Ue (costi a finire, scenario intermedio:  -671 milioni), andando in territorio positivo con i costi di recesso stimati in almeno 1,2 miliardi, ma anche in uno scenario di previsione di traffico più ottimistico circa le prospettive del porto di Genova (in linea con le previsioni dell’Autorità di sistema portuale): +1.033 milioni.

Queste problematiche si accentuano nel caso della Torino-Lione. Oggi solo il 7% delle merci Italia-Francia viaggiano su ferro (linea storica Torino-Lione del 1871 e linea Genova-Ventimiglia quasi tutta a binario unico), solo 3 milioni di tonnellate di merci su 44 milioni totali (2017), rispetto invece al 70% ferro Italia/Svizzera; realizzando la nuova Torino-Lione, in ogni scenario previsionale, anche quelli del gruppo di Marco Ponti, si ipotizza un forte riequilibrio modale, cioè un trasferimento di merci dalla gomma al ferro, molto più di quanto si immagina per il Terzo Valico. Per la Torino-Lione, fra l’altro, l’Acb del gruppo Ponti calcola un effetto delle minori accise diverso a seconda della quantità di merci sottratte alla gomma. Giusto, naturalmente, anche se per il Terzo Valico curiosamente le “minori accise” valevano sempre 905 milioni.

L’altro nodo chiave sono le previsioni di traffico. L’Acb di Ponti prende a riferimento quelle dell’Acb Italia-Francia del 2011 (Quaderno 8 dell’Osservatorio), per lo scenario ottimistico, riducendole poi del 25% per le merci e del 50% per i passeggeri nello scenario pessimistico. Gli studi di traffico del 2011 prevedevano un traffico complessivo molto in crescita al 2053, fino a 110 milioni di tonnellate per le merci (i passeggeri erano comunque marginali), di cui 58 milioni su gomma e 52,5 su ferro sulla nuova Torino-Lione (pagina 60 del Quaderno 8). Per quanto riguarda la ferrovia, si stimava una crescita “a scenario invariato” sulla linea storica fino a 16,6 milioni, senza fare la nuova Tav (oggi invece la linea storica è giudicata “moribonda”, a rischio chiusura per violazione delle normative sulla sicurezza) e 35,9 mln “aggiuntivi” grazie alla nuova linea. Dunque questi 36 milioni di tn sarebbero lo shift modale, la quota sottratta alla gomma.

L’Osservatorio Torino-Lione (presidenza del Consiglio), nel 2018 ha aggiornato quelle stime (quaderno 11, pagina 45-46 e 60, consulenza prof. Roberto Zucchetti, Bocconi), abbassando le previsioni complessive al 2060 a 65 milioni di tonnellate (e non più 110), di cui il 50% ferro, 32,5 milioni, di cui a sua volta 29 dovuti alla nuova linea Torino-Lione (aggiuntivi rispetto a solo 3 rimasti sulla linea storica). Nonostante dunque dal 2011 al 2018 cambi molto la previsione complessiva sul traffico merci totale (da 110 a 65 milioni di tn), lo “shift modale”, la quota sottratta alla gomma, non cambierebbe moltissimo, da 36 milioni di tn a 29 milioni.

Il totale merci sulla nuova Torino-Lione si abbassa, però: da una previsione 2011 di 52,5 milioni di tonnellate a una attuale di 32,5. Il calo del 25% stimato dal gruppo Ponti (39 milioni) sarebbe dunque ancora più prudente di quanto stimato dall’Osservatorio. Il “costo accise” sarebbe dunque meno rilevante, solo 1,2 miliardi di euro su 7 di deficit, ma senza documento (ancora riservato) è impossibile capire come mai riducendo del solo 25% le previsioni di traffico si riduca di cinque volte l’effetto sulle accise e si crei invece un buco aggiuntivo di 5,8 miliardi nei benefici economici calcolati.

Lo scorporo delle accise, però, lo ribadiamo, così come i “costi di uscita”, non sono evidenziati e calcolati nel documento inviato a Bruxelles e alla Francia.

Tav, ultima balla: falso che faccia sparire i camion dalle strade

I numeri – Dal Frejus passano 2.100 veicoli al giorno, con le merci destinate al treno. Sono 6mila lungo la vuota e fallimentare BreBeMi

Visto che le polemiche sul nuovo tunnel ferroviario della Val di Susa si sono trasformate nella solita gara di rutti con cui la nazione ama prendere le grandi decisioni, può essere utile fermarsi un attimo a guardare la realtà. Prendiamo l’autostrada Brebemi, la Brescia-Bergamo-Milano, che è lo spreco per antonomasia. L’autostrada dove non passa nessuno. Bene, ogni giorno la percorrono 6 mila mezzi pesanti, stando ai dati ufficiali di novembre 2018. Nel tunnel autostradale del Frejus, dipinto dai sostenitori del nuovo traforo ferroviario come l’inferno di asfalto intasato da un numero di tir capaci di inquinare tutto l’arco alpino, ogni giorno passano (dato ufficiale medio del 2018) 2.154 mezzi pesanti: un terzo del traffico della deserta Brebemi.

Dovrebbe bastare questo dato a chiudere ogni discussione. Tanto è già chiaro che l’analisi costi-benefici commissionata agli esperti guidati dall’economista Marco Ponti non servirà a niente. Prima ancora di leggerla hanno cominciato a massacrarla di critiche, la più forte delle quali è che siccome Ponti è da sempre contrario a quell’opera inutile i suoi calcoli non sono attendibili. Poco importa che l’analisi costi-benefici è una metodologia basata su standard scientifici internazionali messi a punto per spendere il denaro pubblico dove ce n’è più bisogno. Quindi conviene fare una cosa alla portata di tutti gli improvvisati esperti di trasporti: contare i camion che passano.

“Basta con i tir che inquinano!”. Gridano così, all’unisono, i militanti del nuovo partito ecologista-industrialista. Sotto il Frejus passano ben duemila camion al giorno, gridano inorriditi nuovi apostoli dell’ambientalismo come l’ex sindaco di Torino Piero Fassino e l’ex ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio. Il numero fa impressione, detto così. In realtà sono in media uno ogni 40 secondi. Sulla tangenziale di Torino di camion ne passano ogni giorno non duemila ma 80 mila, che però non preoccupano.

Non solo. Sulla autostrada Torino-Milano corrono ogni giorno (dato di novembre, mese non dei più trafficati) 13.500 mezzi pesanti, quasi dieci al minuto, uno ogni sei secondi. Il traffico è sei volte quello del traforo autostradale del Frejus. Perché quando si è costruito il Tav Milano-Torino non si è pensato di spostare un po’ di quei tir dalla gomma al ferro? Sulla autostrada A4 Milano-Brescia passano ogni giorno 17 mila camion, uno ogni cinque secondi. È l’autostrada così intasata che per sgorgarla non hanno costruito una ferrovia ad alta capacità, ma un’altra autostrada, la Brebemi. Nel frattempo stanno costruendo anche la ferrovia ad alta velocità Milano-Brescia-Padova, ma servirà solo per i passeggeri. E perché nella pianura Padana non si sente l’esigenza di togliere il traffico inquinante su strada e spostarlo sulla ferrovia come si vuol fare in Val di Susa? Perché nessuno invoca di togliere dalla gomma e mettere sul ferro i 7 camion al minuto dell’Autostrada del Sole?

La ragione è semplice: è una cosa impossibile. Impossibile in Veneto e in Lombardia come in Piemonte. Lo hanno sempre saputo. Infatti anche la Torino-Lione, come la Milano-Napoli e le altre linee ad alta velocità, è nata per i passeggeri, in un’epoca in cui si sognava un’Europa solcata dai treni veloci. Quando si è visto che non c’era abbastanza traffico passeggeri per giustificare l’opera, è stata inventata la storia delle merci da spostare sul ferro, per ragioni ambientali e perché l’autostrada si sarebbe presto intasata.

Il grande imbroglio è proprio questo: a parte che non c’è nessun intasamento, il traffico merci non può essere tolto dalla strada perché è per la gran parte di breve gittata. Se un mobilificio di Lissone deve consegnare la sua merce a Pavia, il camion farà i 70 chilometri di autostrada in un’ora. Come convincere il trasportatore a portare i mobili al più vicino scalo merci ferroviario per caricarlo su un treno che porterà il carico a uno scalo merci di Pavia dove un camion vuoto dovrà andare a prenderlo per portarlo a destinazione?

Prendiamo un altro dato. Sull’autostrada A32 Torino-Bardonecchia, quella che porta all’imbocco del traforo del Frejus, passano ogni giorno 3.300 mezzi pesanti. Solo 2.154, come abbiamo visto, attraversano il tunnel che collega l’Italia alla Francia. Ciò significa che un terzo del traffico che inquina la Val di Susa è di interesse locale, non partecipa al grande flusso di merci che, stando ai nostri sognatori, attraverserebbe l’Europa da Kiev a Lisbona e viceversa. Infatti, anche ipotizzando che tutti i 2.154 camion al giorno che attraversano nei due sensi il confine con la Francia vengano da lontano, rimangono una piccola frazione dei 30 mila che si muovono sulla A4 e sulla A21 Torino-Piacenza. Ed è un’ulteriore conferma che indicare nella Val di Susa la strozzatura del traffico merci capace di compromettere il futuro dell’economia piemontese e italiana tutta è solo un’invenzione propagandistica del partito del cemento e dei tunnel.

Con un corollario addirittura grottesco. Guardate la cartina qui sopra. Con il nobile scopo di liberare dall’inquinamento di un camion ogni 40 secondi la Val di Susa, vogliono fermare i tir a Torino e caricarli su un treno. Il centro intermodale è a Orbassano. I camion provenienti da Milano (o forse da Kiev) con la A4, anziché tirare dritto verso Bardonecchia dovrebbero imboccare la tangenziale Torinese (già intasata, lo abbiamo visto, da 80 mila camion al giorno) e raggiungere Orbassano su strade ordinarie. Sottrai l’inquinamento dalle Alpi e lo aggiungi ai torinesi che tanto hanno l’aria buona e non aspettano altro.

 

Caporedattore del Corriere posta colonna di TIR: la Tav serve. Ma è la A22 del Brennero

http://www.notav.info/post/caporedattore-del-corriere-posta-colonna-di-tir-la-tav-serve-ma-e-la-a22-del-brennero/

notav.info

post 6 Febbraio 2019 at 11:59

Vi raccontiamo la storia di una fake news sul TAV, banale ma a suo modo esemplificativa della propaganda a reti unificate a favore della Torino-Lione, spesso portata sornionamente avanti dai “professionisti” dell’informazione italiana.

Alle ore 00.14 del 6 febbraio uno dei caporedattori de Il Corriere della sera, Marco Castelnuovo, posta su twitter un video di centinaia di TIR incollonati in autostrada con un’ironica didascalia “La tav non serve”

https://twitter.com/i/status/1092909356436373507

Il twit riprende uno dei cavalli di battaglia della lobby sitav, la realizzazione della seconda linea Torino-Lione rappresenterebbe una necessaria panacea per “togliere i TIR dalla strada”, addirittura grazie al TAV sparirebbero magicamente “un milione” di camion come ha detto Salvini pochi giorni fa in visita all’ex-cantiere di Chiomonte. Il video viene da una fonte certa e seguitissima, l’account @chedisagio è di quelli verificati, con tanto di bollino blu messo da Twitter accanto al nome e può contare su 58.000 follewers. Appartiene a Marco Castelnuovo non un giornalista qualsiasi ma addirittura il responsabile delle social news di un grande quotidiano come il Corriere della sera, da anni ormai impegnato in una battaglia senza quartiere contro le fake news si cui si è fatto portatore lo stesso Castelnuovo.

Qualche mese fa, in un’intervista sul “giornalismo social del futuro” proponeva addirittura di “premiare sui motori di ricerca quelle notizie fatte da giornalisti che vanno sul campo, che scattano foto, che sono testimoni del fatto  che raccontano”. Lasciamo perdere, qui, che il fatto che il TAV possa avere un impatto sul numero dei TIR in Piemonte è una menzogna palese per chiunque si intenda di trasportistica visto il traffico in continua diminuzione sulla direttrice Torino-Lione e visto che il bilancio carbonio del tunnel transfrontaliero è largamente negativo. Il video è forte e colpisce nel segno, in poche ore riceve oltre 24.000 visualizzazioni con centinaia di commenti indignati che scherniscono i notav e chiedono l’immediata realizzazione della seconda Torino-Lione per levare tutti quei camion dalla strada.

Problema: quella del video NON è l’autostrada Torino-Bardonecchia, su cui ci sarebbero i miracolosi effetti del TAV, bensì l’A22 del Brennero. Più specificatamente il video comincia poco dopo il km 44 del troncone dell’A22 che passa per Bressanone, provincia di Bolzano, in direzione Brennero, come può controllare chiunque attraverso google maps.

(pic )

Come è possibile una tale “svista”? Semplicemente perché Castelnuovo, a dispetto non solo di ogni deontologia ma anche di ogni coerenza, non è stato affatto “testimone del fatto che racconta”. Il video viene dalla pagina di un ingegnere, Denis Atzori, che lo aveva postato poche ore prima sul suo account Linkedin con la stessa dicitura corredandolo con qualche smiley di scherno.

Un altro utente, che ha lavorato anni a Bolzano, d’altronde gli fa subito notare che si tratta dell’A22 del Brennero, svelando il segreto di pulcinella della debolezza della rete logistica italiana, non la mancanza di collegamenti ma di di un adeguato supporto al trasporto intermodaleMa forse Atzori non è il più  indicato a giudicare dell’utilità del TAV, si tratta infatti  responsabile degli scavi di una notissima azienda che lavora con frese meccanica a piena sezione, la Ghella S.p.A., impegnata nella realizzazione di uno dei lavori preparatori proprio della Torino-Lione, il tunnel gegonostico di Saint-Martin-Le-Porte.

Nonostante ciò il video è stato scaricato e postato da uno dei Caporedattori del Corriere. Un errore già difficilmente scusabile (la verifica delle fonti? la serietà del giornalismo?) ma che assume caratteri ancora più gravi visto che Castelnuovo, informato da altri utenti sul suo contenuto menzognero del suo scoop, ha preferito glissare, continuando a incassare likes.

Così funziona la propaganda sitav, argomentazioni faziose, allusioni e ammiccamenti, ragionamenti tautologici di grande peso sullo stile “Dire Sì all’Italia del Sì”. La cosa più meschina è che tutto ciò venga da chi nasconde la propria vacuità dietro l’autorevolezza, sempre più traballante, del proprio ruolo assurgendosi a difensore della Democrazia e del Progresso mentre usa la propria visibilità per dare spazio alle bugie peggiori, quelle dette con supponenza e malafede. Citando il nostro, CHE DISAGIO.