COSA VIVE E COSA MUORE A CARACAS ——- IL TRAMONTO DELL’OCCIDENTE——- CON MESSAGGINO AI 5STELLE

http://fulviogrimaldi.blogspot.com/2019/01/cosa-vive-e-cosa-muore-caracas-il.html

MONDOCANE

MARTEDÌ 29 GENNAIO 2019

 

“Già oggi cominciamo a sentire in noi e intorno a noi i primi sintomi di un fenomeno del tutto simile quanto a decorso e a durata, il quale si manifesterà nei primi secoli del prossimo millennio, il «tramonto dell’Occidente”(Osvald Spengler, “Il Tramonto dell’Occidente”).

“Siamo invisi agli Stati Uniti perché abbiamo qualcosa di molto più importante delle ricchezze materiali che è lo spirito bolivariano che ci muove e che abbiamo risvegliato negli altri paesi. Siamo un esempio per il mondo intero, per tutti quei popoli che vogliono emanciparsi, che vogliono difendere la propria dignità e la pace. Questo è considerato per gli Stati Uniti una minaccia” (Olga Alvarez, costituzionalista venezuelana).

Spero che quel regime comunista cada il più presto possibile” (Matteo Salvini).

Nancy e Roberto presidenti

Nancy Pelosi, speaker (presidente) della Camera bassa Usa, è apparsa a Baltimora da dove ha lanciato la sfida al presidente eletto, Donald Trump, proclamandosi nuovo presidente – ad interim – degli Stati Uniti in virtù del fatto che quello in carica è un usurpatore essendo stato eletto, sì ai termini della Costituzione e della legge elettorale vigente, ma contro la effettiva volontà del popolo, espressosi a maggioranza per Hillary Clinton. A  parte qualche pigolìo contrario di rappresentanti di terzo e quarto livello, la Comunità Internazionale ha condiviso l’azione di Pelosi. Alcuni  ne hanno riconosciuto subito la titolarità, altri hanno intimato all’usurpatore di indire nuove elezioni entro otto giorni e di ricordarsi che “tutte le opzioni sono sul tavolo” a sostegno dell’autonominata. Uno spiazzatissimo Trump, che aveva dato spago a un’analoga novità istituzionale in Venezuela, non ha potuto far altro che capovolgersi per l’ennesima volta e chiamare i suoi sostenitori della Rust Belt a unirsi ai bolivariani del presidente di quel paese nella resistenza agli infervorati presidenti golpisti delle Camere di tutto il mondo.

Accomodatasi nella posizione di usciere alla porta orientale del palazzo e guadagnatasi il sussidio di sussistenza per la riconferma del suo servizio – costi quel che costi – a Usa, Nato e UE, l’Italia si è immediatamente allineata all’impresa interamericana. Roberto Fico, presidente della Camera, sceso dalla nave sulla quale aveva portato a viaggiatori dell’Agenzia Soros fette biscottate, permessi di soggiorno, asilo politico, licenze di spaccio e prostituzione in alternativa a contratti di lavoro nelle masserie di Foggia e contratti d’affitto nelle ecobaracche di Rosarno, si è proclamato duce d’Italia. Non si sa bene se al posto degli usurpatori Mattarella o Conte. Nessuno dei quali come lui eletti dal popolo. La comunità internazionale ha celebrato con ole e turiboli la coraggiosa mossa del diversamente pentastellato e ha intimato, chi a Conte, chi a Mattarella, di togliersi dai piedi entro otto giorni.

Sotto impulso della nuova presidente americana, liberaldemocratica, il metodo si è diffuso un po’ ovunque, tagliando le gambe a tutti i presidenti non perfettamente inseriti, secondo la nuova epistocrazia insegnata dai costituzionalisti euro-americani, nelle logiche del progresso liberaldemocratico  e quindi sostituiti  da presidenti autoproclamati in piazza, davanti un minimo di 80 persone, anche jihadisti.

Assemblea mafiosa? E’ la nostra!

A questo punto è apparsa deboluccia, al confronto con i suoi imitatori, la posizione del neopresidente venezuelano, dato che, diversamente da questi imitatori, confortati dall’obbedienza di un’assemblea parlamentare regolarmente eletta e legittimamente funzionante, la sua era inficiata da un forte deficit legale. I suoi membri erano incorsi nel reato di aver avallato l’elezione di tre deputati mafiosi, dei quali era stato dimostrato il voto di scambio. Per questo  l’intera assemblea era segnata da irregolarità e aveva dovuto essere sanzionata dal Tribunale Supremo di Giustizia (Corte Costituzionale) e sostituita con altra assemblea. Cosa, tuttavia, cui i media unificati non hanno fatto dare molto nell’occhio e, poi, era stata una mossa del precedente regime, quello dell’usurpatore. Si poteva soprassedere.

Cari amici, nel titolo ho citato “Der Untergang des Abendlandes” (“Il tramonto dell’Occidente”), opera massima del filosofo, scrittore e storico Oswald Spengler, topseller in Germania e fuori negli anni Venti. Nei primi anni ’30, l’autore aveva flirtato con Hitler, ma poi aveva pesantemente criticato il nazionalsocialismo e ne era stato ridotto al silenzio. La sua visione di un Occidente assediato da fuori e da dentro sul cammino di un inesorabile declino culturale e dei suoi valori fondativi, gli fu ispirata dallo studio della caduta del mondo classico e dalla visione, intorno a lui, della Germania ai tempi di Weimar, della sua umiliazione a Versailles, della sua depressione. Fu anche preoccupato critico di tecnica, tecnologia, industrialismo, che avanzavano come rulli compressori su popoli che non riuscivano a farsene una ragione evolutiva. Visione forse aristocraticamente conservatrice, ma con un che di profetico alla vista di quanto ci succede oggi, in termini di piattaforme totalitarie, tecnocrazia, robotica, intelligenze artificiali, a scapito di libertà, diritto, cultura, controllo individuale e collettivo e di evoluzioni decerebranti a tutto questo collegate. Ma anche alla vista di una civiltà occidentale che, a eccezione di populisti e sovranisti, da sinistra a destra si piega alla suicida sottomissione a un potere e al suo Stato-strumento che vanta un tasso di criminalità non raggiunto da nessuno nella Storia, nemmeno dalla Chiesa.

Putrefazione

Se l’avventuriero Juan Guaidò, presidente di un’assemblea illegittima, preceduto dai bombardamenti di un poliziotto sul palazzo presidenziale, da un attentato a Maduro tramite drone in occasione di una parata, accompagnato dalla grottesca occupazione di un commissariato di polizia da parte di quattro militari ribelli, dalla compravendita negli Usa di un ambasciatore fellone, da un paio di anni di sporadiche ma sanguinarie sollevazioni, guarimbas, tutte iniziative amerikane e tutte fallite; se a tale tenuta del “regime” e del popolo che ne ha beneficiato socialmente e in termini di libertà come nessun altro paese latinoamericano, si accompagnano le ininterrotte vittorie elettorali dei chavisti e bolivariani, tutte riconosciute internazionalmente come corrette; se l’unica vittoria dell’opposizione di destra, per il parlamento nel 2015, avvenne con lo stesso sistema elettorale e fu immediatamente riconosciuta dal governo…. allora si conclude imperativamente che la democrazia è assalita invano in Venezuela, ma muore in larga parte dell’Occidente. O, più precisamente, se ne decompone la carcassa da tempo corrosa ed eviscerata.

Al pari di briganti di passo, i regimi atlantosionisti hanno incamerato tutti i fondi del Venezuela nelle rispettive banche e imprese, hanno rubato il petrolio venezuelano nelle loro raffinerie e hanno rimpinguato i satrapi feudal-fascisti di Caracas con i trenta denari (20 milioni di dollari), in aggiunta a quanto Cia, NED e USAid hanno iniettato negli anni.

Gangsterismo? Ok per noi.

Il riconoscimento del gangsterino golpista, con l’infondata scusa dell’illegittimità  di Maduro per elezioni dal risultato l’anno scorso non disconosciuto, ma ora sì, e per aver affossato nella miseria il suo popolo, che, seppure menomato, è riuscito a tenere in piedi, a dispetto della più feroce guerra economica condottagli dalle élites interna ed estere, con sanzioni, boicottaggi, imboscamenti, contrabbandi, speculazioni sulla valuta alla Soros, rappresenta  la frantumazione totale, negli Usa e tra i satelliti, della residua finzione di legge e democrazia. E’ la sussunzione di Al Capone nel sistema del potere istituzionale. E la partnership  con il gangsterismo. Quella che da noi si pratica, concordata con l’eterno sopra e-sottobosco mafiomassonico italiota dall’eterno Stato Profondo Usa, fin dal dopoguerra. E il disvelamento della natura ontologicamente eversiva delle nostre classi dirigenti, oggi impudicamente esibita da chi si precipita, in tutta l’opposizione e in metà governo, ad avallare l’ennesimo colpo di Stato imperiale.  E poi non vogliamo parlare dell’Untergang des Abendlandes?

L’America latina che ho visto assaltata, riscattata e riaggredita

Permettetemi ricordi e lavori personali. Ci sono stati altri tentativi, oltre a quelli patetici degli ultimi anni, di rovesciare, in Venezuela e America Latina, il corso della migliore Storia umana. Mi è stato dato di viverne i tre maggiori e di raccontarli in film. Nell’Argentina del default provocato nel 2002 dal FMI con i suoi sguatteri locali. Il più ricco paese del continente, sopravvissuto all’Operazione Condor delle dittature kissingeriane in America Latina, sprofondò nella miseria totale del 50% della popolazione. Letteralmente non mangiavano. Qualcuno s’arricchì, come ora in Grecia e in tutti i disastri sociali, e nei suoi bidoni della spazzatura rovistavano milioni. Poi la rivolta di popolo, l’autorganizzazione, le mense sociali, le fabbriche occupate e da questa materia incandescente i governi della rinascita. Ora abbattuti.

In Honduras, colpo di Stato di Obama e Hillary Clinton contro Manuel Zelaya, un legittimo presidente che aveva osato inserirsi nel flusso dell’emancipazione latinoamericana e nel riscatto anticoloniale. Mesi e anni di resistenza di un popolo in stracci al costo di una repressione sanguinaria, assassini mirati in serie (Berta Caceres, la martire degli indigeni, una mia amica di profondissima cultura marxista e antimperialista). Oggi un paese tornato a essere masticato e divorato dalle multinazionali, con il primato continentale degli omicidi, governato da un regime espresso, questo sì, da brogli constatati perfino dall’OSA (Organizzazione degli Stati Americani), oggi tornata a essere il braccio diplomatico degli Usa e che il suo presidente-fantoccio, Luis Almagro, vorrebbe braccio armato.

Del golpe del 2002 in Venezuela,  che, come vorrebbero oggi, instaurò un dittatore, anche lui subito riconosciuto dalle “demcrature”, ma disintegrato nel giro di due giorni da un popolo che, con Chavez, aveva assaporato per la prima volta, dopo Bolivar, dignità, giustizia e libertà, mi ricordo la lunghissima serrata degli imprenditori e della compagnia petrolifera PDVSA, ancora non resa al popolo. Mancava tutto, ma la Guardia Nazionale requisiva le stazioni di rifornimento, i contadini organizzavano un circuito di distribuzione alternativo, Chavez distribuiva terre e case, cantava la  limpidezza del cielo a davanti  a milioni in camicia rossa che cantavano con lui. La gioventù del mondo si riuniva a Caracas a imparare e promettere antimperialismo. Nel giro di cinque anni, l’ONU proclamò il Venezuela libero dall’analfabetismo. Era primavera e il profumo si spargeva dall’America Latina, Bolivia, Ecuador, Nicaragua, Cuba (ancora), Uruguay, Paraguay, Argentina, sul pianeta.

Chiaroscuri venezuelani, ma più chiaro che  da qualsiasi altra parte

Non tutto è andato bene dopo la morte di Hugo nel 2013. Nel vuoto lasciato dal carisma del Comandante provarono a inserirsi le vecchie serpi, i vecchi vermi, ampiamente foraggiati dal Nord. Ci furono ritardi, anche cedimenti, fenomeni di corruzione. Fu persa l’occasione di avanzare sul solco della rivoluzione, nazionalizzando, diversificando l’economia, radicalizzando la lotta di classe. Apparì un fenomeno deleterio, la cosidetta bolibourgeoisie, strati del movimento che si adagiavano in pratiche dei tempi peggiori. Bisogna dare atto che Maduro reagì come e quando poteva, lanciando campagne di contrasto e bonifica. Ma le condizioni che l’assalto revanscista infliggevano al paese, ne minavano l’efficacia.

Le maschere sovraniste sulle facce degli atlantosionisti

Salvini e gli altri azzardano un Maduro “affamatore del proprio popolo, economista inetto, profittatore senza scrupoli”. Tra queste indimostrate falsità neanche un accenno alla feroce aggressione economica, agli ininterrotti e violenti tentativi eversivi, ai sabotaggi, alla sempre presente mano yankee prodiga di dollari e spie Ong, alla complicità della Chiesa, reazionaria e filofascista, qui come ovunque in Latinoamerica, malamente mimetizzata dalle genericità su dialoghi, pace e benessere dell’ “amato popolo venezuelano”, che fluiscono dall’uomo in bianco.

Quella dell’ennesimo fantoccio da regime change americano, con al seguito i guaiti dei botoli europei che si permettono, Spagna, France, Germania e clienti, di dare gli otto giorni al presidente legittimo di un paese sovrano, a sostegno di un gangster da angiporto, riducendosi definitivamente a portastrascico del cannibalismo imperiale (e noi dovremmo stare in un’Unione con questi!), non rappresenta la fine del Venezuela. Sancisce la fine della legittimità di quella che chiamano “comunità internazionale” e della credibilità del suo progetto maltusiano. Si può calcolare, anche alla mano delle “folle sterminate” che hanno applaudito il giuramento di Guaidò (un video manomesso: prima Guaidò con alcune centinaia di persone, taglio, poi, senza Guaidò, la grande folla di chissà quale avvenimento), che i bolivariani stanno ai golpisti nel rapporto di dieci a uno. Per vincerli occorrono eserciti, o paraeserciti, di Colombia e Brasile. E bombe, missili e Forze Speciali Usa. Come quelle, chiamate Squadroni della morte, dei genocidi Usa, sotto Reagan e Bush Senior, in Salvador e Nicaragua, gestite dal nuovo inviato di Trump per il Venezuela, il neocon con le zanne Elliot Abrams. E da John Negroponte, già datore di lavoro del “povero Giulio Regeni” insieme all’ex-capo delle spie britanniche MI6 (Fico, informati). Ma ormai è tardi: sono arrivate Russia e Cina – un grazie a loro, qualunque ne siano i motivi – e le masse del “terzo mondo” non subiscono più. Altro che Venezuela isolato.

In prospettiva

Sarà comunque durissima per i venezuelani fuori dall’1% golpista. Vivranno tempi ancora più difficili, sotto aggressione, nel sangue: i licantropi non molleranno. Non vinceranno ma, come minimo, puntano al caos. Come in Libia, Somalia,  Afghanistan. Qualcuno ha parlato di brigate internazionali in difesa dell’emancipazione venezuelana.. Non certo quelle che vanno a sostenere i mercenari curdi degli Usa contro la Siria. Tanto meno quelle invocate da Rossana Rossanda ad affiancarsi ai “rivoluzioni democratici” di Al Qaida in Libia. Per il Venezuela sarebbero giuste e belle.

Vanno lasciati da parte, come gusci vuoti di noci un po’ andate, i pronunciamenti striscianti su otto giorni e dialoghi, dei vari Moavero e Salvini, perfettamente euroatlantici. Va sottolineata con un ghigno la coerenza dei nostri fervorosi umanitari delle accoglienze senza se e senza ma, che si allineano con gli umanitari di Guaidò, dato che Maduro, che ha tutta la grande stampa e televisione nazionale contro e non le ha mai sanzionate, “è un dittatore”. La sanno più lunga dei 19 paesi su 35 dell’OSA che si sono rifiutati di riconoscere Guaidò. E che sanno bene che, a parte il petrolio, l’oro, il coltan, l’acqua, quello che più disturba Washington e i suoi corifei è il modello, l’esempio. Come con Gheddafi.

Letterina a Di Battista, per una sesta stella

Diverso è il discorso per i Cinque Stelle, Di Battista, Di Mario, Di Stefano. Se non l’onore, dell’Italia hanno salvato la decenza, riflettendo, non appieno, i sentimenti e le conoscenze di tanti italiani. Non hanno riconosciuto il golpista, non hanno disconosciuto Maduro, hanno denunciato le interferenze. Con Messico e Uruguay hanno chiamato al dialogo. Personalmente, avrei chiamato all’arresto, come è giusto nei confronti dei golpisti e dei traditori della patria. Ma non si può avere tutto. Specie dopo aver attestato la propria fedeltà alle alleanze tradizionali, alla Nato, all’Euro. Quello che vorrei avere e che ci spetterebbe da Alessandro Di Battista, uno che ha vissuto le sofferenze e la volontà dei popoli oppressi in America Latina e le ha così bene raccontate nei suoi reportage sul FQ, è un giudizio un pò meno eurocentrico sulla natura di certi regimi. Intanto Nicolas Maduro non va messo sullo stesso piano, sopra o sotto, di Saddam, Gheddafi, Assad. Nasce da un altro sistema, altra tradizione, più contigua alla nostra. E se si voleva fare un accostamento tra dittatori, o despoti, o autocrati, è uno sbaglio in ogni caso. L’errore su Maduro è fattuale, perché è stato ripetutamente eletto democraticamente, non ha limitato le libertà di nessuno, non ha ristretto l’azione dei partiti, purtroppo neanche quelli sediziosi, tollera i media locali, quasi tutti contro.

L’immaginario collettivo dei popoli colonizzati

Quanto a Saddam e gli altri, caro e stimato Alessandro, è davvero ora per un politico che si occupa di mondo e di storie, ma anche per tutti i cittadini dei paesi del Nord, imparare a rispettare ciò che è il prodotto di altre culture, altre tradizioni, altri bisogni. Intanto, si tratta di società sottoposte da secoli a domini arbitrari esterni, romani, ottomani, coloniali, a cui era lasciata solo la libertà di decisione all’interno della tribù, della sua amministrazione e giustizia. Trovatisi liberi e indipendenti appena mezzo secolo fa, cosa potevano inventarsi, se non il governo del capo tribù, del più autorevole, del più stimato. Che ne sapevano della rivoluzione borghese o proletaria? Eppoi, erano incessantemente, ossessivamente, insidiati dai revanscisti coloniali, dai loro infiltrati, dalle loro spie, dai loro complotti destabilizzanti.

Nel 2000 intervistai a Baghdad l’unica donna componente del Consiglio di Comando della Rivoluzione, organo supremo sotto Saddam. Era una biologa ed è stata la prima a studiare e denunciare gli effetti dell’uranio lanciato dagli Usa sul paese. Mi disse: “Ci accusano di esercitare un potere di controllo autoritario. Ci piacerebbe aprire tutte le finestre del paese. Ma sa che razza di uragano tossico vi farebbero entrare. E 40 anni di indipendenza e di conquiste sociali sarebbero perdute”.  Facile squadernare esigenze di democrazia come la volle il 1789 in Francia, in queste condizioni, difficile, se non impossibile attuarla. Gli intelligenti, i consapevoli, sanno dare tempo al tempo. Ogni popolo ha i suoi e non è accettabile che gli si impongano i modelli prodotti da altre storie. Il metro di giudizio, in primis, è quello che misura la distanza tra ricchi e poveri. E chi obbedisce all’Impero e chi no. Un po’ di rispetto per favore. Chi siamo noi per giudicare?

Pubblicato da Fulvio Grimaldi alle ore 12:00

No Tav, in Val Susa tra diffidenza e attesa: “M5s? Qui è diventato primo partito, se ci tradirà prenderà una batosta”

https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/01/27/no-tav-in-val-susa-tra-diffidenza-e-attesa-m5s-qui-e-diventato-primo-partito-se-ci-tradira-prendera-una-batosta/4918170/

“Non abbiamo mai avuto governi amici, ma abbiamo imparato a contare solo sulle nostre forze delegando il meno possibile”. In attesa della pubblicazione dell’analisi costi benefici sul Tav, in Val di Susa regna la diffidenza verso il Movimento 5 Stelle che negli anni ha fatto della lotta contro il treno ad alta velocità uno dei cavalli di battaglia: “Qui sono diventati il primo partito negli anni, ma se cedessero sul Tav prenderanno una bella batosta”. Ogni ipotesi di mediazione e di “piccolo treno” non è contemplata: “Le mediazioni sono enormi menzogne, il piccolo treno è il grande treno dilazionato nel tempo, il piccolo treno noi ce l’abbiamo ed è la linea”

VENEZUELA (V) : LA ‘NOUVELLE GUERRE DU PETROLE’ AU CŒUR DE LA CRISE AU VENEZUELA

 

LUC MICHEL (ЛЮК МИШЕЛЬ) & EODE/

Flash Vidéo Géopolitique/ Geopolitical Flash Video/

2018 01 28/

 Le Flash Vidéo du jour …

Le géopoliticien Luc MICHEL dans le ‘REPORTAGE’ du 25 janvier 2018

sur PRESS TV (Iran)

VIDEO.FLASH.GEOPOL - Venezula V pétrole - presstv (2019 01 28) FR

Le Venezuela c’est aussi une affaire de Pétrole et de Gaz. Et la guerre économique menée par les USA contre le pétrole vénezuélien est un des fronts de la « nouvelle guerre du Pétrole ». J’ai traité cet aspect essentiel de la crise du Venezuela dans le ‘REPORTAGE’ de PRES TV (Iran) …

Sources :

* La Video sur PCN-TV/

PRESS TV (IRAN) INTERVIEWE LUC MICHEL:

LA ‘NOUVELLE GUERRE DU PETROLE’ AU CŒUR DE LA CRISE AU VENEZUELA (‘REPORTAGE’, 25 01 2019)

sur https://vimeo.com/313543867

* L’article sur :

« Bolton cherche à s’approprier le pétrole vénézuélien »

https://www.presstv.com/DetailFr/2019/01/25/586774/Bolton-cherche–sapproprier-le-ptrole-vnzulien

* La présentation de PRESS TV :

« Qui va tirer profit de la vente du pétrole au Venezuela ?

Bolton cherche à s’approprier le pétrole vénézuélien …

Les prix du pétrole se stabilisaient vendredi en cours d’échanges européens, le risque géopolitique au Venezuela empêchant les cours de flancher malgré l’accumulation des stocks américains. Les extractions de brut devraient d’ailleurs continuer à grimper jusqu’à 2027 et se maintenir au-dessus des 14 millions de barils par jour jusqu’en 2040.

La question qui se pose est de savoir qui va tirer profit de la vente du pétrole au Venezuela.

Luc Michel, géopoliticien, intervient sur ce sujet. »

ELEMENTS POUR COMPRENDRE LE DOSSIER DU PETROLE VENEZUELIEN

* ‘CNNMéxico’ (émanation du réseau CNN via le groupe mexicain Expansión) analyse « Venezuela. Le pétrole, arme à double tranchant de Washington » :

« Le président américain pourrait envisager de nouvelles sanctions contre le régime de Nicolás Maduro, qui, cette fois, pourraient viser le pétrole vénézuélien (…) L’économie vénézuélienne dépend à 90 % de ses recettes pétrolières et les États-Unis constituent son premier client, avec 39 % des ventes au profit du voisin honni, avec lequel le Venezuela a rompu ses relations diplomatiques le 23 janvier (…) l’administration américaine déciderait d’un embargo sur le pétrole vénézuélien afin d’asséner un coup de grâce au régime de Maduro et de soutenir le “président intérimaire” Juan Guaidó (…) ces sanctions “étrangleraient l’économie vénézuélienne“ (…) le Venezuela serait évidemment touché au cœur si ces sanctions survenaient. Malgré une chute drastique de sa production, le pays latino-américain expédie encore quelque 500 000 barils par jour aux États-Unis. Il dépend aussi, pour maintenir à flot sa production, des produits de dilution de son pétrole que lui fournissent les États-Unis. Dans un scénario tout à fait extrême, explique un analyste américain des politiques énergétiques, “les sanctions sur le pétrole vénézuélien pourraient conduire à une crise majeure dans le pays, à une guerre civile, voire à l’arrêt de toutes les opérations de PDVSA, la compagnie pétrolière nationale” ! »

* Les intérêts énergétiques de la Chine seraient la principale cible de la pression exercée par Washington sur le Venezuela, a indiqué à un expert à l’Agence ‘Rossiya Segodnia’ :

« C’est en poursuivant leurs intérêts économiques dans leur conflit avec la Chine que les États-Unis cherchent à renverser le Président Maduro au Venezuela, a indiqué le politologue russe Oleg Matveïtchev. Le pétrole serait le principal enjeu pour Washington. Selon lui, Donald Trump a toujours considéré la Chine comme son principal adversaire économique et politique. La guerre commerciale avec Pékin est un élément de la confrontation géopolitique. L’Iran et le Venezuela coopèrent étroitement avec la Chine dans le domaine du pétrole, rappelle-t-il. La sécurité énergétique de la Chine dépend pour beaucoup de ces pays. Pékin est le premier investisseur dans la production de pétrole des deux pays et le premier importateur de leurs matières premières. C’est pour cela que les États-Unis soutiennent le coup d’État contre Nicolas Maduro, qui s’apprêtait à tripler ses exportations vers la Chine et à développer sa coopération énergétique avec ce pays, raconte l’expert.

Le scénario américain de passation de pouvoir au Venezuela comporte des risques graves pour les intérêts de Pékin, estime M.Matveïtchev: «Les Américains savent manipuler le pétrole dans leurs intérêts politiques (…) Hugo Chavez a nationalisé le secteur pétrolier, portant un coup aux intérêts américains. Le contrôle des États-Unis sur le pétrole vénézuélien entraînera des pertes pour le Venezuela car plusieurs contrats et accords ont été conclus avec la Chine. Ils doivent être compensés aux parties avec lesquelles les relations sont rompues. Cela ne fera pas, bien entendu, du bien au Venezuela et aux Vénézuéliens, cela fera du bien aux Américains, et c’est l’objectif qu’ils poursuivent.» La Chine s’était prononcée contre une éventuelle intervention militaire au Venezuela. »

# L’ANALYSE DE REFERENCE SUR

LUC MICHEL’S GEOPOLITICAL DAILY :

* DESTABILISATION DU VENEZUELA (I) :

LE COUP D’ETAT CONSTITUTIONNEL ABOUTISSEMENT DE DEUX DECENNIES D’AGRESSION U.S.

sur http://www.lucmichel.net/2019/01/26/luc-michels-geopolitical-daily-destabilisation-du-venezuela-i-le-coup-detat-constitutionnel-aboutissement-de-deux-decennies-dagression-u-s/

VOIR AUSSI SUR LA « NOUVELLE GUERRE DU PÉTROLE » :

* Voir sur PCN-TV/

LUC MICHEL:

NOUVEAU MARCHE ET NOUVELLE GUERRE DU PETROLE.

TRUMP LE PRESIDENT DES LOBBIES PETROLIERS AMERICAINS

sur https://vimeo.com/305321279

* Voir aussi sur PCN-TV/

GEO-ECONOMIE & GEOPOLITIQUE :

LUC MICHEL DECRYPTE LA CRISE DU PETROLE (CHUTE DU PRIX DU BARIL) ET LES MUTATIONS DU « NOUVEAU MARCHE MONDIAL » DU PETROLE …

sur https://vimeo.com/208195737

LUC MICHEL (ЛЮК МИШЕЛЬ) & EODE

(Flash Vidéo Géopolitique/

Complément aux analyses quotidiennes de Luc Michel)

* Avec le Géopoliticien de l’Axe Eurasie-Afrique :

Géopolitique – Géoéconomie – Géoidéologie – Géohistoire –

Géopolitismes – Néoeurasisme – Néopanafricanisme

(Vu de Moscou et Malabo) :

PAGE SPECIALE Luc MICHEL’s Geopolitical Daily

https://www.facebook.com/LucMICHELgeopoliticalDaily/

________________

* Luc MICHEL (Люк МИШЕЛЬ) :

WEBSITE http://www.lucmichel.net/

PAGE OFFICIELLE III – GEOPOLITIQUE

https://www.facebook.com/Pcn.luc.Michel.3.Geopolitique/

TWITTER https://twitter.com/LucMichelPCN

* EODE :

EODE-TV https://vimeo.com/eodetv

WEBSITE http://www.eode.org/

VENEZUELA (IV) : LE VENEZUELA NOUVEAU FRONT DE LA ‘NOUVELLE GUERRE FROIDE 2.0’

 

LUC MICHEL (ЛЮК МИШЕЛЬ) & EODE/

Flash Vidéo Géopolitique/ Geopolitical Flash Video/

2018 01 27/

 Le Flash Vidéo du jour …

Le géopoliticien Luc MICHEL dans le ‘REPORTAGE’ du 25 janvier 2019

sur PRESS TV (Iran)

VIDEO.FLASH.GEOPOL - Venezula IV guerre 2.0 - presstv (2019 01 27) FR

Sources :

 * La Video sur PCN-TV/

PRESS TV (IRAN) INTERVIEWE LUC MICHEL:

LE VENEZUELA NOUVEAU FRONT DE LA ‘NOUVELLE GUERRE FROIDE 2.0’ PRESS TV (IRAN) INTERVIEWE LUC MICHEL:

 (DANS ‘REPORTAGE’ DU 25 JANVIER 2019)

sur https://vimeo.com/313543435

* L’article sur

La réaction sino-russe au putsch manqué au Venezuela …

https://www.presstv.com/DetailFr/2019/01/25/586773/Venezuela-la-Chine-et-la-Russie-prtes–intervenir

* La présentation de PRESS TV :

« La Chine et la Russie prêtes à intervenir !

Si jamais il y a une manœuvre militaire via un pays tiers au Venezuela et que ça fournit une excuse aux USA pour y déployer des forces, quelle sera la réaction sino-russe, en tenant compte du fait que leurs réactions ont été très fermes vis-à-vis du putsch manqué au Venezuela ?

Luc Michel, géopoliticien, intervient sur ce sujet. »

LA RUSSIE ET LA CHINE FONT BLOC FACE AUX TENTATIVES US CONTRE CARACAS

Le Conseil de sécurité des Nations unies s’est réuni ce samedi 26 janvier pour une session extraordinaire consacrée à la situation au Venezuela. Elle s’est tenue après que l’opposant Juan Guaido s’est autoproclamé le 23 janvier « président par intérim ». Selon Reuters, « les États-Unis ont tenté de faire approuver une déclaration au Conseil de sécurité pour annoncer le soutien sans ambages des membres du conseil à l’Assemblée nationale vénézuélienne en tant que seule instance démocratique et élue du pays, mais ils se sont heurtés à l’opposition de la Russie, de la Chine, de l’Afrique du Sud et de la Guinée équatoriale ».

En effet, le secrétaire d’État américain Mike Pompeo a demandé aux pays des Nations unies de soutenir le leader de l’opposition vénézuélienne et a réclamé des élections anticipées. Pompeo s’adressait aux 15 membres du Conseil de sécurité qui se sont réunis à sa demande après que Washington et un groupe de pays de la région pro-US ont reconnu Guaido comme chef de l’État et ont exhorté le président vénézuélien, Nicolas Maduro, à se retirer.

De son côté, la Russie a accusé les États-Unis de soutenir une tentative de coup d’État, plaçant le Venezuela au cœur d’un duel géopolitique croissant. « Le Venezuela ne représente pas une menace pour la paix et la sécurité », a déclaré Vassily Nebenzia, ambassadeur de Russie à l’ONU. « Si quelque chose représente une menace pour la paix, il s’agit de l’action sans scrupule et agressive des États-Unis et de leurs alliés visant à renverser le président du Venezuela légitimement élu », a-t-il déclaré.

Par ailleurs, l’Associated Press vient de révéler, dans un rapport exclusif, la tenue de négociations secrètes ces dernières semaines entre les États-Unis et certains pays latino-américains à propos du Venezuela, négociations qui ont abouti finalement à leur soutien à Juan Guaido qui s’est autoproclamé « président par intérim ». Selon l’AP, « l’opposant vénézuélien Guaido s’était déplacé, clandestinement, à la mi-décembre 2018, aux États-Unis, en Colombie et au Brésil pour informer les dirigeants étrangers de la stratégie des opposants de Maduro au Venezuela et lancer des protestations générales dans le pays ». « Pour quitter le Venezuela, il s’est faufilé illégalement à travers la frontière avec la Colombie, afin de ne pas éveiller les soupçons des agents de l’immigration qui empêchent de voyager à l’étranger les personnalités de l’opposition », a déclaré un dirigeant anti-gouvernement vénézuélien, s’exprimant sous le couvert de l’anonymat.

LA RUSSIE FAIT UNE MISE EN GARDE AUX ETATS-UNIS

Le chef de la diplomatie russe a mis en garde les Etats-Unis ce jeudi 24 janvier contre une intervention miliaire au Venezuela, qui selon lui serait «catastrophique». Les Etats-Unis avaient reconnu la légitimité du président du Parlement vénézuélien Juan Guaido, qui s’est autoproclamé «président» par intérim.

Juan Guaido le chef de l’opposition vénézuélienne et président de l’Assemblée nationale, s’est autoproclamé président par intérim du Venezuela, ce mercredi 23 janvier 2019 : « Je jure d’assumer formellement les compétences de l’exécutif national comme président en exercice du Venezuela pour parvenir (…) à un gouvernement de transition et obtenir des élections libres », a déclaré, Juan Guaido. Peu après sa déclaration, les Etats-Unis et leurs alliés dans la région, à commencer par le Brésil et la Colombie, ont reconnu la légitimité du président du Parlement vénézuélien Juan Guaido, qui s’est autoproclamé «président» par intérim. Le président américain Donald Trump, a déclaré qu’il utiliserait « tout le poids du pouvoir économique et diplomatique des États-Unis pour faire pression pour le rétablissement de la démocratie vénézuélienne ». Face à ses déclarations de Trump, la Russie n’a pas tardé à réagir. Le chef de la diplomatie russe a mis en garde les Etats-Unis ce 24 janvier contre une intervention miliaire au Venezuela, qui selon lui ; serait «catastrophique». Estimant que Washington, en compagnie d’autres pays, avaient «augmenté» la pression sur Caracas avec «divers prétextes», Sergueï Lavrov a expliqué que le Venezuela était le «partenaire stratégique» de Moscou.

La Russie «soutient et soutiendra» le Venezuela, et continuera de «protéger la souveraineté du Venezuela» et le «principe de non-ingérence dans ses affaires intérieures la coopération économique dans divers domaines», a-t-il poursuivit.

Pour le président de la Commission des Affaires internationales du Conseil de la Fédération de Russie Konstantin Kossatchev : «Toute la politique courante des Etats-Unis vis-à-vis du Venezuela, y compris les dernières déclarations de Trump, est une ingérence directe et brutale dans ses affaires intérieures ».

« Le monde sait ce qui est arrivé à la Libye suite au changement de pouvoir avec une ingérence américaine directe, difficultés auxquelles l’Irak fait face encore aujourd’hui et ce à quoi la Syrie a échappé. Le Venezuela fait partie de ce groupe de pays.»,a-t-il illustré.

«Les événements qui se déroulent actuellement au Venezuela montrent clairement l’attitude de la communauté internationale progressiste envers le droit international, la souveraineté et la non-ingérence dans les affaires intérieures d’un pays où elle cherche à changer le pouvoir», a déclaré Maria Zakharova sur sa page Facebook.

“La position de la Russie sur l’inadmissibilité de toute ingérence extérieure dans la situation politique intérieure dans ce pays a été une nouvelle fois confirmée”: Poutine a discuté de la situation au Venezuela avec le Conseil de sécurité

(Sources : Press TV – Reuters – AP – PCN-TV – EODE Think Tank)

# L’ANALYSE DE REFERENCE SUR

LUC MICHEL’S GEOPOLITICAL DAILY :

* DESTABILISATION DU VENEZUELA (I) :

LE COUP D’ETAT CONSTITUTIONNEL ABOUTISSEMENT DE DEUX DECENNIES D’AGRESSION U.S.

sur http://www.lucmichel.net/2019/01/26/luc-michels-geopolitical-daily-destabilisation-du-venezuela-i-le-coup-detat-constitutionnel-aboutissement-de-deux-decennies-dagression-u-s/

* Voir aussi sur PCN-TV/

PRESS TV (IRAN) INTERVIEWE LUC MICHEL:

LE PUTSCH CONSTITUTIONNEL AU VENEZUELA ET LE PLAN US POUR L’AMERIQUE LATINE

sur https://vimeo.com/313349600

LUC MICHEL (ЛЮК МИШЕЛЬ) & EODE

(Flash Vidéo Géopolitique/

Complément aux analyses quotidiennes de Luc Michel)

* Avec le Géopoliticien de l’Axe Eurasie-Afrique :

Géopolitique – Géoéconomie – Géoidéologie – Géohistoire –

Géopolitismes – Néoeurasisme – Néopanafricanisme

(Vu de Moscou et Malabo) :

PAGE SPECIALE Luc MICHEL’s Geopolitical Daily

https://www.facebook.com/LucMICHELgeopoliticalDaily/

________________

* Luc MICHEL (Люк МИШЕЛЬ) :

WEBSITE http://www.lucmichel.net/

PAGE OFFICIELLE III – GEOPOLITIQUE

https://www.facebook.com/Pcn.luc.Michel.3.Geopolitique/

TWITTER https://twitter.com/LucMichelPCN

* EODE :

EODE-TV https://vimeo.com/eodetv

WEBSITE http://www.eode.org/

Torino – Lione – Il Rapporto Giuridico che farà la differenza

Comunicato Stampa

PresidioEuropa

Movimento No TAV

28 gennaio 2019

http://www.presidioeuropa.net/blog/?p=18588

Torino – Lione

Il Rapporto Giuridico che farà

la differenza

 … ecco perché l’Italia può abbandonare il progetto …

Il Parere del Prof. Avv. Sergio Foà

La decisione sul futuro della Torino-Lione non appartiene ai sostenitori delle Grandi Opere ad ogni costo. Decine di anni di riflessioni e di valutazioni trasportistiche, economiche e giuridiche hanno abbondantemente segnalato che questo progetto è una Grande Opera Inutile e Imposta che, se realizzata, non avrà ritorno positivo.

Affermare che l’abbandono di una Grande Opera Inutile e Imposta, soprattutto quando la sua realizzazione non è ancora iniziata come in questo caso, dovrebbe essere sempre possibile sulla base dei principi di prudenza e di precauzione economica e ambientale.

Nel caso della Torino-Lione, è la stessa Unione europea che permette l’abbandono del progetto quando afferma che la decisione di attuare i progetti è lasciata agli Stati secondo la “capacità di finanziamento pubblico” e la “fattibilità socio-economica”.

Il Governo ha già ufficiosamente comunicato che l’Analisi Costi Benefici è negativa.

L’ala governativa a favore del progetto si aspetta che la relazione tecnico-giuridica redatta dall’Avvocatura dello Stato ribalti il risultato negativo dell’ACB come già avvenuto per il progetto del Terzo Valico attraverso l’uso spregiudicato di deboli argomenti giuridici.

Il Paese ha invece bisogno di conoscere la verità giuridica di un progetto internazionale i cui risvolti sono molto complessi e contengono al loro interno le “porte di uscita” che i decisori politici favorevoli hanno sempre ignorato.

L’Avvocatura dello Stato non potrà affermare l’esistenza di presunte penali facendo il copia-incolla delle affermazioni e delle cifre sapientemente preparate dai promotori dell’opera.

L’uscita dell’Italia dal progetto è un diritto stabilito dai Regolamenti europei e un dovere sulla base delle constatazioni tecnico-economiche.

Al Governo mettiamo a disposizione, attraverso questa comunicazione, un Rapporto giuridico che farà la differenza e che dimostra che l’Italia può abbandonare il progetto.

Questo Rapporto Giuridico, redatto dal professor Sergio Foà, Ordinario di Diritto Amministrativo dell’Università di Torino, descrive i possibili scenari in caso di mancato avvio dei lavori relativi alla fase definitiva del Progetto Torino-Lione, ossia lo scavo del tunnel di base di 57,5 km.

Il documento esamina i rapporti tra i vari soggetti che sono impegnati per realizzare il progetto e verifica quali sono le condizioni per la sua realizzabilità.

Sui rapporti tra Italia e Francia

Occorre subito sottolineare che Italia e Francia potrebbero dare il via alla realizzazione dei lavori definitivi (ossia lo scavo del tunnel di base) solo se esistesse la disponibilità finanziaria totale per realizzare l’intera opera. Questa è la condizione necessaria per l’avvio di ogni fase dei lavori fissata all’art. 16 dell’Accordo di Roma 30.1.2012

Sappiamo che questa condizione non è soddisfatta, quindi i lavori non possono iniziare.

Inoltre, lAllegato n. 2 dell’Accordo di Roma del 2012 ha indicato ai decisori politici che gli Stati si impegnano a ridurre gli effetti a carico delle finanze pubbliche, in parole povere non si deve realizzare un investimento senza “ritorno” come sarà la Torino-Lione.

Ecco un altro elemento che impedisce l’avvio del progetto definitivo.

Mentre il costo certificato e validato è definito nel protocollo addizionale all’Accordo del 2012 il progetto è posto sotto il controllo paritetico dei due Stati: TELT può dunque agire solo in base ad un’istruzione paritetica dei due Governi, come indicato all’art. 3 dell’Accordo del 2012, che al momento non è all’orizzonte.

Questo è il terzo fattore che impedisce l’avviamento dei lavori definitivi.

Sui rapporti con l’Unione europea

Il GRANT AGREEMENT del 25 novembre 2015, ossia la risposta alla Domanda di finanziamento alla Commissione Europea del 24 febbraio 2015 di Italia e Francia (il cui accesso è stato negato dalla Commissione europea qai Deputati europei e ai cittadini). Questo contratto tra Italia, Francia e UE, riguarda solo opere da concludere entro il 2019 finanziate dalla Ue per un ammontare complessivo di € 813.781.900, prevede sanzioni amministrative solo in caso di grave inadempienza delle obbligazioni da parte dei beneficiari, che allo stato non esistono.

Le azioni in corso sono solo lavori geognostici, quelli definitivi contenuti nel Grant Agreement non potranno essere iniziati entro il 31 dicembre 2019 per il divieto imposto dall’art. 18 dell’Accordo 2012.

Ogni ritardo nel loro utilizzo non produrrà alcuna sanzione, ma solo la mancata erogazione dei fondi secondo il principio use it or lose it.

Sappiamo, ma dovrebbe saperlo soprattutto il Governo, che l’Unione Europea ha stabilito che sono gli Stati membri ad aver l’ultima parola su fare o fermare i progetti finanziabili in base a due criteri: la capacità di finanziamento pubblico e la fattibilità socio-economica.

Il Regolamento (UE) N. 1316_2013 CEF lascia infatti agli Stati membri la decisione di attuare i progetti secondo la “capacità di finanziamento pubblico” e la “fattibilità socio-economica” (art. 17 par. 3), così come prevista dall’art. 7, par. 2, lett. c) attraverso un’Analisi Costi Benefici per la sostenibilità socio-economica.

In conclusione, e alla luce di tali previsioni, gli Stati membri, che rimangono titolari del potere di decidere in ordine all’attuazione dei progetti secondo i criteri evidenziati, sono tenuti a dimostrare la capacità di finanziamento pubblico di ogni fase del progetto secondo l’Analisi Costi Benefici, se intendono proseguire nell’esecuzione del progetto.

Nel caso di conseguente revisione del progetto e dei suoi tempi di esecuzione

In questo caso non vi saranno penali, perché l’Unione europea non vincola gli Stati Membri nelle loro decisioni di programmazione. L’UE dovrebbe valutare la possibilità di modificare il Grant Agreement (tra gli Stati e INEA, per conto dell’UE) oppure, in difetto, potrà rimodulare il finanziamento o revocarlo nelle parti relative alle opere non eseguite.

Ci auguriamo che Italia e Francia abbiano fin qui sorvegliato con attenzione l’attività di TELT, perché ogni inadempimento di questa società rimane comunque imputabile agli Stati membri che l’hanno costituita nei confronti dell’UE, secondo i principi generali che la giurisprudenza europea afferma in materia di mancato utilizzo dei finanziamenti erogati.

Desideriamo inoltre rimarcare che, per quanto riguarda appalti di lavori affidati da TELT, la legge italiana prevede la rinuncia dell’aggiudicatario degli appalti a qualunque pretesa, anche futura, connessa all’eventuale mancato o ritardato finanziamento dell’intera opera o di lotti successivi (Art. 2, co. 232 lett. c) legge n. 191 del 2009 (Finanziaria 2010) richiamata dal CIPE, con sua Delibera n. 67/2017. L’applicabilità della predetta normativa italiana ai rapporti contrattuali nascenti da procedure di gara regolate dalla legge francese discende dall’art. 3 della Legge di Ratifica 5 gennaio 2017, n. 1.

Conclusione

In conclusione, l’Italia dovrebbe giustificare politicamente e giuridicamente la necessità di rivedere gli impegni assunti in sede di Accordo con la Francia in ragione di due elementi:

  1. l’iniqua ripartizione dei costi, perché non basata sui km di proprietà del tunnel (Italia 12,5 km, Francia 45 km) ex art. 11 dell’Accordo del 2012 Torino-Lione: Ma quanto ci costi?

– infatti, l’impegno dell’Italia di finanziare il 57,9% dei lavori del tunnel di base (ex art. 18 dell’Accordo del 2012) è una iniqua contropartita finanziaria all’impegno, che la Francia ha già rinviato, di costruire a sue spese senza alcun finanziamento Ue una nuova linea ferroviaria di accesso al tunnel tra Lyon e Saint-Jean-de-Maurienne dotata di 33 km di tunnel a doppia canna, conformemente all’art. 4 del trattato dell’Accordo di Parigi 27 settembre 2011. Senza questa contropartita della Francia, l’Italia non avrebbe avuto alcun interesse a sottoscrivere alcun impegno, dato che insistono sul suo territorio solo 12,5 chilometri sul totale di 57,5 chilometri del tunnel di base,

– è legittimo che l’Italia rifiuti di finanziare la costruzione del tunnel di base di 57,5 km più della Francia senza alcuna contropartita dato che le è richiesta una partecipazione finanziaria superiore a quella della Francia come riequilibrio.

  1. – la previsione italiana di lotti costruttivi non funzionali, parte dei quali non dispone ancora di copertura finanziaria (come risulta dalla stessa Delibera CIPE n. 67/2017, cit.).