La manifestazione sitav di oggi toglie l’ultimo velo alla bontà della “spontaneità della mobilitazione delle madamin”

12 dic 18

NOTAV Info

Una piazza da campagna elettorale

Una piazza riempita per campagna elettorale, disinformata e utile solo a legittimare un ennesimo spreco di denaro pubblico. La presenza di così tanti politici in piazza, tutti allegramente sottobraccio da Chiamparino alla Lega, passando da Forza Italia, dimostra come il tema Tav sia solo un volano per proseguire con le politiche assurde portate avanti fin qui che ci hanno dimostrato come basti un temporale per rischiare di morire nelle nostre regioni.

Referendum non è vera espressione popolare

L’ipotesi di referendum è solo travestita espressione popolare perchè serve solo a legittimare il sistema delle grandi opere che ha già fatto troppi danni fin qui, ma rimane l’ultimo grande bancomat pubblico per partiti e amici costruttori.

Se l’analisi costi benefici fosse stata positiva non si sarebbero stracciati le vesti chiedendo un referendum ma avrebbero accettato tranquillamente uno studio che come l’unico esistente e datato, si fonda su previsioni trasportistiche e di spesa palesemente taroccate per giustificare un’ opera inutile e giustificare la costruzione di una nuova linea quando non ce ne sarebbe bisogno.

Lo diranno ai cittadini che la ripartizione dei costi dell’opera è iniqua e favorisce la Francia regalandole 2, 2 miliardi di € perchè non basata sui km di proprietà del tunnel (Italia 12,5 km, Francia 45 km), tanto che il costo al km del tunnel di base è 4 volte superiore per l’Italia. E questo solo perchè pur di farla si è disposti a prosciugare le casse pubbliche?

Chiamparino perchè non indice un referendum sulla sanità?

Chiamparino ha capito che questo è l’unico tema su cui guadagnare qualche punto alle prossime elezioni perchè almeno distrae i cittadini da quanto fatto nella gestione della Regione, che usa a piacimento per provare a farsi rieleggere, come se fosse una sua proprietà. A proposito perché non indice un referendum sulla sanità in Piemonte, così ci potremmo esprimere veramente tutti su qualcosa che ci riguarda?

Le madamin lavorano per il sistema Tav?

Le madamin altro che spontanee ma parte del sistema delle grandi opere: visto che sono state tanto decantate come professioniste in carriera, sarebbe bene vedere anche con chi lavorano. Visto che una di loro lavora come ufficio stampa per Telt, la società che dovrebbe costruire l’opera, permetteteci di dubitare dello spirito “spontaneo” nel volere il Tav.

Telt nel 2017 TELT ha speso 1 milione di euro tondi tondi in “comunicazione” (senza contare i dipendenti che si occupano specificamente del tema).

Nel bilancio spiegano come hanno speso questi soldi, una frase in particolare è indicativa: “Qualche mese dopo, il cantiere italiano della Torino- Lione è stato affetto da una crisi della comunicazione conseguente alla dichiarazione di sciopero degli operai. Questa fase è stata gestita instaurando un piano di gestione della crisi che prevedeva dei resoconti sporadici e l’aumento delle comunicazioni dirette con i giornalisti.” (da p. 39 della Relazione finanziaria di Telt 2017)

Sono entusiaste di scendere in piazza con chi fa campagna elettorale sulla pelle di povera gente lasciandola in mezzo al mare per qualche punto percentuale in più, del resto è il Tav secondo loro che dovrebbe far ripartire Torino, costi quel che costi ci sembra di capire.

Prossima manifestazione nazionale notav Roma

Da parte nostra, non ci spaventano certo un paio di manifestazione di qualche ora, e siamo concentrati alla prossima manifestazione nazionale di Roma del 23 marzo per mettere la parola fine alle grandi opere inutili e imposte.

I no Tav attaccano le “madamin”: “Piazza del flash mob riempita per campagna elettorale”

http://www.torinoggi.it/2019/01/12/mobile/leggi-notizia/argomenti/eventi-11/articolo/i-no-tav-attaccano-le-madamin-piazza-del-flash-mob-riempita-per-campagna-elettorale.html

SABATO 12 GENNAIO 2019, 13:53

“La presenza di tanti politici – aggiungono i No Tav – in piazza, da Chiamparino alla Lega, passando da Forza Italia, dimostra come il tema sia solo un volano per proseguire con le politiche assurde portate avanti fin qui”

I no Tav attaccano le "madamin": "Piazza del flash mob riempita per campagna elettorale"

“La manifestazione Sì Tav di oggi toglie l’ultimo velo alla bontà della “spontaneità della mobilitazione delle madamin”. Una piazza riempita per campagna elettorale, disinformata e utile solo a legittimare un ennesimo spreco di denaro pubblico.” Così i No Tav, in una nota, commentano il flash mob a sostegno della Torino-Lione promosso questa mattina in piazza Castello da “Sì, Torino va avanti” e dall’ex sottosegretario ai Trasporti Mino Giachino. 

“La presenza di così tanti politici – aggiungono i No Tav – in piazza, da Chiamparino alla Lega, passando da Forza Italia, dimostra come il tema Tav sia solo un volano per proseguire con le politiche assurde portate avanti fin qui che ci hanno dimostrato come basti un temporale per rischiare di morire nelle nostre regioni”. Per gli attivisti contrari all’opera l’ipotesi referendum sulla Torino-Lione serve “solo a legittimare il sistema delle grandi opere che ha già fatto troppi danni fin qui”.

“Se l’analisi costi benefici fosse stata positiva – aggiungono i no Tav – non si sarebbero stracciati le vesti chiedendo un referendum ma avrebbero accettato tranquillamente uno studio che come l’unico esistente e datato, si fonda su previsioni trasportistiche e di spesa palesemente taroccate per giustificare un’ opera inutile e giustificare la costruzione di una nuova linea quando non ce ne sarebbe bisogno”

LA GUERRA MONDIALE A PEZZI – CI SONO 378 GUERRE NEL MONDO, SPESA RECORD PER LE ARMI. TANTE GUERRE DIMENTICATE.

http://www.diritti-umani.org/2018/12/la-guerra-mondiale-pezzi-ci-sono-378.html?m=1&fbclid=IwAR2-VpFrrV4ezlYLGL-SxZUZY_p_2vV4H7NemXQGHayk-zodnjP1zmAk3q4

MERCOLEDÌ 12 DICEMBRE 2018

 
Globalist
Le guerre nel mondo sono in drammatico aumento: 378 i conflitti totali nel 2017, di cui 186 crisi violente e 20 guerre ad alta intensità.


 

Le guerre nel mondo sono in drammatico aumento: 378 i conflitti totali nel 2017, di cui 186 crisi violente e 20 guerre ad alta intensità. Lo scorso anno si è registrato anche il record di spesa per gli armamenti dalla Seconda guerra mondiale. A lanciare l’allarme è il sesto rapporto annuale sui conflitti dimenticati ‘Il peso delle armi’, presentato a Roma da Caritas italiana, e realizzato in collaborazione con il Miur. Ventisette gli autori coinvolti, assieme a sette enti di ricerca e organizzazioni, 45 scuole medie inferiori, e 25 gruppi Scout Agescu. La presentazione coincide con il 70esimo anniversario della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, “il cui rispetto è la premessa fondamentale per lo sviluppo e la pace”, come sottolinea don Francesco Soddu, direttore di Caritas Italiana, introducendo lo studio.

L’analisi conferma che sono in aumento produzione e vendita di tutti i tipi di arma, dalle leggere all’atomica. Un fenomeno che, secondo gli esperti, dipende dal fatto che gli Stati sono ormai convinti che, per vincere le guerre, servano arsenali sempre più ricchi e potenti. Allarmante il fatto che tra i sei Paesi massimi esportatori, cinque siano i membri permanenti del Consiglio di sicurezza Onu. Una contraddizione, come evidenzia Paolo Beccegato, vicedirettore Caritas italiana, dal momento che “il Consiglio fu concepito per farsi protettore della pace e dei diritti umani fondamentali nel mondo”.
In testa, gli Stati Uniti col 34,0%, seguiti da Russia (22,0%), Francia (6,7%), Germania (5,8%), Cina (5,7%) e Regno Unito (4,8%). Poi Israele e Spagna con entrambi il 2,9%, quindi l’Italia col 2,5%. Tra i principali importatori invece Arabia Saudita, Emirati Arabi, Australia, Iraq e Pakistan. Paesi che contribuiscono ad alimentare i conflitti in Yemen, Nord Africa e Medio Oriente.

Il report conferma poi con forza un binomio già noto agli studiosi: la povertà è più diffusa nei Paesi in cui si combatte, così come viceversa, laddove sono più drammatici recessione, diseguaglianze e scarso accesso a fonti di reddito risulta altamente più probabile scivolare nei conflitti.
Per contrastare la povertà, osserva ancora Beccegato, diventa allora “fondamentale ragionare sulle dinamiche alla base della guerra e incoraggiare buone politiche, oltre che fornire aiuti”.

Infine, il report si concentra sull’impatto dei cambiamenti climatici su guerre e migrazioni – l’Onu stima in 250 milioni i migranti e in oltre 70 milioni i rifugiati e gli sfollati. Tutti gli indicatori del rapporto Caritas su scala globale legati al degrado ambientale, ai disastri e alla scarsità di accesso alle fonti naturali contribuiscono a spiegare altre dinamiche di guerra, e in particolare in aree come il Sahel, il Golfo del Bengala e parte dell’America Latina. Lo studio si conclude con delle proposte che di fatto rilanciano l’applicazione dell’Agenda di sviluppo Onu 2015-2030, che, conclude Beccegato, “oggi più che mai servirebbe per creare un mondo diverso”.

Sulle guerre nel mondo in Italia è silenzio stampa. Rivelata anche questa tendenza: se il conflitto supera la fase acuta e non coinvolge direttamente il nostro Paese scompare dai media. L’analisi ha preso in considerazione quattro delle principali crisi in corso: Yemen, Venezuela, Somalia e Ucraina. Altrettante le testate osservate: “Corriere della Sera”, “Repubblica”, “Avvenire”, “La Stampa”.

Nel periodo di tempo esaminato – dal 1° novembre al 31 dicembre 2017 e dal 15 maggio al 15 giugno 2018 – risulta che tutti hanno scritto di Ucraina, solo in tre hanno raccontato del Venezuela, mentre soltanto “Avvenire” ha trattato della Somalia. 

Infine, dello Yemen non ha parlato nessuno. Una fotografia allarmante, che secondo i relatori determina un altro grave elemento: il generale aumento del livello di amnesia della popolazione italiana. Ad esempio, il 14% degli intervistati non è stato in grado di citare neanche un attentato terroristico. Il 10% del campione è costituito da giovani. Il 24%, di cui il 29% ragazzi, non ha saputo indicare una guerra in corso. Quasi nulla la conoscenza dei conflitti mondiali: solo il 3% ha saputo indicare una guerra in Africa. Fa eccezione la guerra in Siria, ricordata dal 52% del campione. Se infine sul tema “guerra e conflitti” la televisione resta il principale mezzo di informazione tra gli adulti – il 47% ha confermato tale tendenza – ben il 49% dei giovani tra i 18 e i 29 anni ha detto di fare ricorso ad internet.

“Crimini contro l’umanità”: La Francia denunciata per 193 test nucleari nella Polinesia francese

http://www.politicamentescorretto.info/2018/10/11/crimini-contro-lumanita-la-francia-denunciata-per-193-test-nucleari-nella-polinesia-francese/?fbclid=IwAR2Bqufhh8GD6Y3HKWHaDZI1fwY9cPUDUylLXyIMVM_Rzg8wg6FgO9BcjBM

Studi locali indicano che i 193 test nucleari condotti nel secolo scorso dalla Francia hanno moltiplicato i casi di cancro nelle isole, ma Parigi è riluttante ad assumersi la responsabilità di quanto accaduto.

L’ex presidente della Polinesia francese, Oscar Temaru ha annunciato, in una riunione della commissione delle Nazioni Unite incentrata sulla decolonizzazione, che ha presentato una denuncia contro la Francia davanti alla Corte penale internazionale per i test nucleari nel Pacifico del sud effettuati nel ventesimo secolo.

“Con un grande senso del dovere e determinazione, abbiamo presentato una denuncia al Tribunale penale internazionale per crimini contro l’umanità il 2 ottobre. Questo caso cerca di responsabilizzare tutti i presidenti francesi sui test nucleari contro il nostro paese”, ha dichiarato Temaru, citato da AFP, aggiungendo che i test sono stati imposti agli isolani “con la diretta minaccia di imporre un governo militare se li avessimo rifiutati.”

Per Temaru, “i test nucleari francesi non sono meno che il risultato diretto della colonizzazione” e presentare una denuncia era un dovere morale prima di “tutto per le persone che sono morte a causa delle conseguenze del colonialismo nucleare”.

Tra il 1960 e il 1996, in quella comunità francese d’oltremare in Oceania, sono stati effettuati 193 test nucleari che hanno coinvolto 150.000 civili e soldati. Inoltre, nel 1968 la Francia effettuò il suo primo test termonucleare multistadio sull’atollo di Fangataufa, con una potenza esplosiva che era 200 volte maggiore di quella della bomba di Hiroshima.

I test hanno causato 368 casi di fallout radioattivo nella Polinesia francese, composto da oltre 100 isole e atolli, ha dichiarato Maxime Chan, membro di un’associazione locale per la protezione ambientale, alla commissione ONU, aggiungendo che anche i rifiuti radioattivi erano stati scaricati nell’oceano in violazione degli standard internazionali.

A gennaio, il Ministero della sanità della Polinesia francese ha pubblicato dati che dimostrano che negli ultimi 15 anni sono state diagnosticate cancro a circa 9.500 persone. Precedenti studi condotti negli ultimi dieci anni hanno stabilito una “relazione statistica significativa” tra i tassi di cancro della tiroide e l’esposizione al fallout radioattivo da test nucleari francesi.

Nel 1996, l’allora presidente francese, Jacques Chirac, mise fine al programma di test nucleari e assegnò un pagamento annuale di 150 milioni di dollari alla Polinesia francese. Tuttavia, la Francia ha negato a lungo ogni responsabilità per gli effetti dei test, sia ambientali che sulla salute degli abitanti della zona, mentre la regione ha cercato di ottenere un risarcimento per il danno subito.

Nel 2013, documenti declassificati hanno rivelato che le conseguenze del plutonio utilizzato nei test coprivano un’area molto più ampia di quanto inizialmente ammesso da Parigi. La popolare isola turistica di Tahiti in particolare è stata esposta a un livello di radiazioni 500 volte superiore al massimo consentito.

Temaru ha affermato che la Francia “ha ignorato e mostrato disprezzo” per le ripetute proposte presentate dal 2013 a sedersi al tavolo dei negoziati sulla questione sotto la supervisione delle Nazioni Unite.

Fonte L’Antidiplomatico

LES ‘GILETS JAUNES’ PREMIÈRE REVOLTE POPULAIRE CONTRE LA GLOBALISATION MADE IN USA

 

LUC MICHEL (ЛЮК МИШЕЛЬ) & EODE/

Luc MICHEL pour EODE/

Quotidien géopolitique – Geopolitical Daily/

2018 01 09/

« Je crois au bloc occidental. Je pense qu’aujourd’hui, en termes de sécurité et d’économie, nous en avons encore plus besoin (…) Nous avons donc besoin d’un bloc occidental cohérent et convergent  »

– Emmanuel Macron (‘Monocle, mars 2017).
LM.GEOPOL - Géoidéologie gilets jaunes (2019 01 09) FR

« En France, nous n’avons pas réussi à atteindre le type de compromis social nécessaire pour créer le modèle du monde anglophone, qui tolère bien plus d’inégalités. Nous devons également reconsidérer le système de chômage et de formation professionnelle. Il s’agit de droits et d’obligations; les gens ne devraient pas être autorisés à refuser une offre d’emploi décent si cela correspond à leurs qualifications »

– Emmanuel Macron (‘Monocle,

New-York, Londres et Hong-Kong, mars 2017).

Derrière les ‘Gilet Jaunes’ français, et leur difficile internalisation en Belgique, en Serbie, au Mali ou au Liban, il y a une dimension géopolitique et géoidéologique : nous sommes face à la première révolte populaire contre la Globalisation libérale made in USA. Cette globalisation précisément que représente le président français Macron.

J’AI ANALYSE LA REVOLTE DES ‘GILETS JAUNES’ DANS TROIS GRANDES ANALYSES SUR AFRIQUE MEDIA ET PRESS TV :

– Première analyse :

Quelle analyse du mouvement des « Gillets Jaunes » en France ?

Pourquoi il s’agit de la « première révolte populaire contre la globalisation libérale » ?

* Voir sur EODE-TV/

LUC MICHEL (EXPERT EODE):

MANIFESTATIONS ET INCIDENTS EN FRANCE. COMMENT ANALYSER LA REVOLTE DES ‘GILETS JAUNES’ ?

sur https://vimeo.com/306654322

– Seconde analyse :

Comment le Régime Macron réagit-il à la révolte des « Gillets Jaunes » ?

Pourquoi ne s’effondre-t-il pas et au contraire lézarde-t-il le mouvement des ‘Gilets Jaunes’ comme on vient de le voir depuis l’Acte V ?

* Voir sur EODE-TV/

LUC MICHEL (EXPERT EODE):

LE REGIME MACRON FACE AUX GILETS JAUNES (COMMENT ANALYSER LA REVOLTE DES GILETS JAUNES? II)

sur https://vimeo.com/309546911

– Troisième analyse :

Quel avenir pour la révolte des ‘Gilets Jaunes’ ?

* Voir sur PCN-TV/

PRESS TV DEBAT AVEC LUC MICHEL:

L’AVENIR DE LA REVOLTE DES ‘GILETS JAUNES’ ET LE MYTHE DE LA LIBERTE D’EXPRESSION

sur https://vimeo.com/309524533

LA FRANCE DU REGIME MACRON LABORATOIRE IDEOLOGIQUE ET SOCIO-POLITIQUE DE L’INTEGRATION EUROPEENNE DANS LA GLOBALISATION …

« Emmanuel Macron dit vouloir faire de la politique autrement, et se pose en défenseur des oubliés du système social. Il défend en fait, en creux, un programme très libéral, largement inspiré du modèle anglo-saxon (…) Sous couvert de générosité sociale, Emmanuel Macron entend donc faire basculer vers la France vers un système beaucoup plus libéral et individualiste. Vous avez dit hypocrisie ? »

– ‘La Tribune’ (Paris, 16 nov. 2016).

« Young Leader » (promotion 2012) de la ‘French American Foundation’, Macron était le choix politique des réseaux d’influence américains en France, le « parti américain » disaient de Gaulle et Thiriart, la « 5e colonne US ». Macron a pour programme et objectifs l’alignement géopolitique de Paris sur Washington (le « renforcement » du « Bloc occidental » dit-il). Mais aussi un objectif social en France et dans l’UE : la liquidation du modèle social euro-français (qui domine aussi notamment en Allemagne ou en Belgique) et l’imposition du modèle social anglo-saxon nord-américain et britannique (« le modèle du monde anglophone, qui tolère bien plus d’inégalités » dit-il aussi).

Macron est perçu à juste raison comme « le président des riches ». Mais ce sont les riches définis comme les élites « gagnantes » de la globalisation made in USA : les très riches et les nouvelles classes moyennes émergentes. Macron, rappelons le, est l’élu de cette minorité, 64% des 50% des Français qui sont allés voter (outre les manipulations électorales), soit un tiers des citoyens. Soit une “démocratie“ réduite aux “gagnants de la globalisation” …

Le vrai Macron est à trouver dans une interview, donnée en anglais, à l’influente revue anglo-saxonne (New-York, Londres, Hong-Kong) ‘Monocle’, en mars 2017 (1), alors que celui-ci n’était encore que candidat. Et voir, l’importance et l’importance donnée à l’entretien, le choix de l’élite anglo-saxonne: « Emmanuel Macron est un politicien en mission. Nous parlons à l’homme qui pourrait être le prochain président de la France ». Macron, et c’est révélateur du monde idéologique qui est interviewé par Christine Ockrent, épouse de Bernard Kouchner, figure de proue de ces « néocons à passeport français » (2). Le discours, et le moment où il est donné, à destination du public anglo-saxon, permet de penser que c’est ce que Macron pense réellement, est celui d’un fidèle partisan du Bloc américain.

Sur le plan social, Macron se prononce contre le modèle euro-français et pour le modèle du « monde anglo-saxon » (ce pour quoi il sera élu) :

« Nous avons un système qui vise une économie de récupération, pas une économie d’innovation. En fait, nous sommes aujourd’hui le plus grand pays européen à n’avoir pas résolu le problème du chômage de masse. Nous avons besoin d’un système similaire à ceux de l’Allemagne et des pays scandinaves. En France, nous n’avons pas réussi à atteindre le type de compromis social nécessaire pour créer le modèle du monde anglophone, qui tolère bien plus d’inégalités. Nous devons également reconsidérer le système de chômage et de formation professionnelle. Il s’agit de droits et d’obligations; les gens ne devraient pas être autorisés à refuser une offre d’emploi décent si cela correspond à leurs qualifications ».

Ajoutons qu’il annonce clairement la couleur. Il sera le président des riches (soit une “démocratie“ réduite aux “gagnants de la globalisation”) :

« Je veux recréer la mobilité sociale et économique. Je dénonce les règles d’un système qui s’est refermé sur lui-même et qui aujourd’hui a créé le malheur dans nos sociétés. Il y a une crise des classes moyennes. Dans les sociétés occidentales, en raison de la mondialisation du capitalisme, les «1%» – les plus riches – ont énormément profité. Les classes moyennes des pays émergents ont aussi, mais les classes moyennes des pays occidentaux ne l’ont pas. La transformation du capitalisme mondial, que nous traversons, menace notre démocratie. Je suis tout pour dénoncer le système politique actuel mais j’essaye de le faire avec des arguments rationnels et en discutant des faits, tout en faisant des propositions dynamiques ».

LES ENJEUX IDEOLOGIQUES DU REGIME MACRON

Ironiquement, c’est à un autre ancien « Young Leader » (promotion 1996) de la ‘French American Foundation’ (3), Laurent Joffrin, le directeur du journal de la gauche « bobo-caviar » ‘Libération’, que l’on doit la meilleure analyse des enjeux idéologiques du Régime Macron !

Commentant un Rapport de l’économiste marxisant Piketty, il écrit ce qui suit (dans sa ‘Lettre’ quotidienne du 18 déc. 2017) :

« On peut dire beaucoup de mal de ce vieux continent poussif, nostalgique, déprimé à bien des égards. On peut dire beaucoup de mal de cette Union brinquebalante qui va de compromis boiteux en arrangements obscurs, empêtrée dans l’écheveau des égoïsmes nationaux et déstabilisée par le vent libéral qui souffle en tempête depuis des décennies. Pourtant, l’impressionnant rapport élaboré par Thomas Piketty et ses amis économistes corrige quelque peu ce sombre tableau. Au bout du compte, l’Europe qui a maintenu vaille que vaille un Etat-providence en état de marche, qui a conservé des taux d’imposition redistributifs, qui a investi massivement dans l’éducation, a somme toute résisté à la révolution conservatrice lancée par Ronald Reagan, et Margaret Thatcher au début des années 80. L’inégalité majeure qui devient la règle dans les autres parties du monde y est moindre, le fossé entre riches et pauvres moins profond et une forme de société plus équilibrée, moins dure aux faibles, a survécu aux réformes imposées partout par des gouvernants libéraux, c’est-à-dire, en fait, par les riches.

Ce résultat qui relégitime l’intervention collective dans l’économie pose du coup un problème politique aigu à Emmanuel Macron, du moins tel qu’on le voit gouverner la France depuis six mois. Qu’est-ce au fond que sa politique, in fine, sinon une tentative peinte de couleurs attrayantes pour rapprocher la France du modèle anglo-saxon ? Réduction des impôts pour les classes favorisées, libéralisation du marché du travail, ode à l’initiative individuelle et à la réussite matérielle : le macronisme est un libéralisme à visage juvénile. Il peut aboutir à un redressement économique. Mais il y a fort à parier qu’il débouchera sur des inégalités plus grandes. C’est-à-dire à l’inverse des préconisations contenues dans le rapport Piketty » …

C’est précisément ce modèle social anglo-saxon et cette inégalité sociale de la jungle ultra-libérale de la Globalisation américaine que refusent les ‘Gilets Jaunes’ !

# LES ANALYSES DE REFERENCE SUR

LUC MICHEL’S GEOPOLITICAL DAILY :

* QUE PENSE VRAIMENT MACRON ?

sur http://www.lucmichel.net/2018/05/01/luc-michels-geopolitical-daily-que-pense-vraiment-macron-maitre-du-double-discours-ou-machiavel-au-petit-pied/

* L’ACTUALITE QUI CONFIRME L’ANALYSE :

GEOIDEOLOGIE. LE REGIME MACRON OU LE CHOIX DE CEUX QUI VEULENT IMPOSER LE MODELE SOCIAL ANGLO-SAXON EN FRANCE ET EN EUROPE

sur http://www.lucmichel.net/2018/05/04/luc-michels-geopolitical-daily-lactualite-qui-confirme-lanalyse-geoideologie-le-regime-macron-ou-le-choix-de-ceux-qui-veulent-imposer-le-modele-social-anglo-saxon-en-fr/

NOTES ET RENVOIS :

(1) Cfr. “EYES ON THE ÉLYSÉE”, interview of Emmanuel Macron by Christine Ockrent, ‘MONOCLE’, March 2017, Issue 101, volume 11, p.45 – 47.

(2) Cfr. sur PCN-SPO / BERNARD KOUCHNER : UN NEOCON A PASSEPORT FRANÇAIS

sur http://www.elac-committees.org/2012/09/06/pcn-spo-bernard-kouchner-un-neocon-a-passeport-francais/

Et sur EUROPÄISCHER WIDERSTAND :

CES NEOCONSERVATEURS FRANÇAIS AU SERVICE DE WASHINGTON. LE CAS MENARD

sur http://www.lucmichel.net/2013/06/03/europaischer-widerstand-ces-neoconservateurs-francais-au-service-de-washington-le-cas-menard/

(3) Cfr. sur LUC MICHEL’S GEOPOLITICAL DAILY/

FRANCE 2008-2018 (II) : COMMENT LE ‘SOFT POWER’ AMERICAIN S’EST EMPARE DE LA FRANCE AVEC LA ‘FRENCH-AMERICAN FOUNDATION’

sur http://www.lucmichel.net/2018/04/23/luc-michels-geopolitical-daily-france-2008-2018-ii-comment-le-soft-power-americain-sest-empare-de-la-france-avec-la-french-american-foundation/

LUC MICHEL (ЛЮК МИШЕЛЬ) & EODE

* Avec le Géopoliticien de l’Axe Eurasie-Afrique :

Géopolitique – Géoéconomie – Géoidéologie – Géohistoire –

Géopolitismes – Néoeurasisme – Néopanafricanisme

(Vu de Moscou et Malabo) :

PAGE SPECIALE Luc MICHEL’s Geopolitical Daily

https://www.facebook.com/LucMICHELgeopoliticalDaily/

________________

* Luc MICHEL (Люк МИШЕЛЬ) :

WEBSITE http://www.lucmichel.net/

PAGE OFFICIELLE III – GEOPOLITIQUE

https://www.facebook.com/Pcn.luc.Michel.3.Geopolitique/

TWITTER https://twitter.com/LucMichelPCN

* EODE :

EODE-TV https://vimeo.com/eodetv

WEBSITE http://www.eode.org/

LINKEDIN https://www.linkedin.com/in/luc-michel-eode-600661163/

Chiamparino sale sul Tav: oscura i dem e punta sul Sì

https://www.ilfattoquotidiano.it/premium/articoli/chiamparino-sale-sul-tav-oscura-i-dem-e-punta-sul-si/

Nuovi simboli – La sua riconferma in Piemonte è a rischio: così, per il voto di primavera, si butta sul carro delle madamin e prova a far dimenticare il Pd
Chiamparino sale sul Tav: oscura i dem e punta sul Sì

Sergio Chiamparino sa che il “suo” Pd, oggi, può soltanto farlo perdere. La prima sconfitta (dopo quella del 1994, “anno berlusconiano”, quando alle elezioni politiche Alessandro Meluzzi di Forza Italia lo disarcionò nel quartiere operaio di Mirafiori Sud) per l’ex sindaco più amato d’Italia che a questo punto, in primavera, rischierebbe di non essere riconfermato come governatore del Piemonte.

Così, sondaggi alla mano (“Oggi come oggi, ho solo un terzo delle possibilità di recuperare”) e alla soglia dei 71 anni, Chiamparino ha deciso di rincorrere, con una buona dose di coraggio, la lepre del centrodestra (non ha ancora un candidato, ma è in netto vantaggio) saltando su un treno ad alta velocità e innalzando la bandiera della lista civica.

Lo farà a cominciare da sabato prossimo, 12 gennaio, alle 11,30 a Torino: in un flash mob che, in piazza Castello, cercherà di replicare la manifestazione del 10 novembre scorso, quando le “sette madamin”, le lobby degli industriali piemontesi e l’amico di Gianni Letta, Mino Giachino, radunarono 20-25 mila manifestanti per dire sì, appunto, al collegamento Tav tra Torino e Lione. Questa volta, Chiamparino ci sarà (due mesi fa era a Biella per la visita di Sergio Mattarella) e non nasconde che quell’evento sarà di fatto l’inizio della sua campagna elettorale. Tutta impostata, prima ancora che sui programmi del Pd, su uno slogan che fa del “sì” una password da opporre a chiunque dice no (il M5S in primis, la sindaca Chiara Appendino, il governo gialloverde) all’Alta velocità, al bis delle Olimpiadi invernali e, comunque, allo sviluppo del Nord Ovest, schiacciato da un asse leghista che, dal Ticino, arriva sino a Trieste.

L’idea è precisa e aveva già avuto una prova generale nelle urne regionali del 2014, quando a sostenere il governatore del Pd scese in campo anche una piccola lista civica che aveva come simbolo il Monviso.

Questa volta, Chiamparino pensa molto più in grande: la nuova formazione civica, “Sì per il Piemonte del Sì”, dovrebbe essere quella dominante per il “listino” candidato al di fuori della coalizione e comparire, si augura il governatore, anche nei simboli tradizionali.

Un’ammissione, ma anche una speranza: che tutto questo serva a recuperare la terribile difficoltà elettorale del Pd.

Una bad company che Chiamparino medita dunque di mettere da parte?

Lui nega (“Semmai, tutto questo può aiutare il Pd ad aprirsi, ad essere inclusivo, a raccogliere chi in Piemonte non si sente più rappresentato”) e appare comunque convincente, visto che sarebbe impossibile una sua candidatura senza una lista del Pd. Ma ciò che ha in testa è altrettanto chiaro: solo il suo prestigio personale e solo una forte carica civica possono infatti invertire la rotta. E se tutto questo dovesse realizzarsi, anche questa è una riflessione implicita di Chiamparino, il peso dei consiglieri civici nella futura maggioranza assicurerebbe al governatore un’indipendenza dal suo vecchio partito che è sempre stata una sua prassi: quando era sindaco di Torino e quando, con il collega di Venezia Massimo Cacciari e dopo la vittoria di Berlusconi nel 2008, sognava di fondare un Pd del Nord, federato a quello nazionale.

La “speculazione civica” del governatore uscente è esplicita e punta sull’isolamento dei Cinquestelle nella contesa regionale; sull’ingombrante imbarazzo di Salvini e della Lega (il partito che traina nei sondaggi piemontesi il centrodestra) rispetto all’Alta velocità e al verdetto sul rapporto costi-benefici della Torino Lione; sul malumore di Forza Italia che ha caldeggiato e promosso la piazza Sì-Tav del 10 novembre scorso.

In una gara ad acchiappare incerti e senza-partito che proprio nel “sì” ha il suo perno e che però non appare per nulla scontata, visto che se la lista civica di Chiamparino si chiamerà “Sì per il Piemonte del sì”, il forzaitaliota Giachino usa da tempo “Sì Tav, sì lavoro” (in una città che, nel 2018, ha registrato un meno 40 per cento nella produzione della Fiat Mirafiori) e le “sette madamin” (al cui interno i giochi tra la destra e la sinistra sono molto ambigui e ancora tutti da decidere) hanno invece per le mani un “Sì, Torino va avanti”.

Ce la farà il piè veloce Chiamparino nella sua rincorsa e nel suo nascondere il più possibile il simbolo del Pd?

Giusi La Ganga, ex delfino di Bettino Craxi nel Psi e oggi “grande elettore” per la sinistra del Pd del neo segretario regionale Paolo Furia, ipotizza il possibile scenario “dell’anatra zoppa”. “Chiamparino può diventare presidente per una manciata di voti, mentre sempre per pochissimi seggi il centrodestra potrebbe prendersi il Consiglio regionale.

A quel punto, credo che Sergio saprebbe trovare una maggioranza, anche grazie proprio alla sua nuova dimensione più civica che di uomo di partito”.

Se sei notav rischi di perdere il lavoro: sosteniamo Pier Paolo

http://www.notav.info/post/se-sei-notav-rischi-di-perdere-il-lavoro-sosteniamo-pier-paolo/

post — 10 Gennaio 2019 at 23:29

Abbiamo ormai capito che essere notav significa avere un occhio di riguardo in questo Paese. Ma non per quello che dovrebbe essere, cioè un riconoscimento all’impegno sociale di ciascuno di noi, che s’impegna con passione per altissime e collettive motivazioni.

L’occhio di riguardo è quello che pone la magistratura e quella grande e vasta lobby che vuole il Tav (o che fa parte di una cerchia di potere) e sopratutto vuole indebolire il movimento notav, colpendoci personalmente, uno per uno se potesse.

E questo avviene da tempo con corsie preferenziali al palazzo di giustizia, provvedimenti a dir poco creativi nell’interpretazione delle misure cautelari (fogli di via da alcuni paesi e confini di ogni tipo di fascista memoria) o come è capitato di recente ad uno di noi,  vedersi ritirata la patente per mancanza di “requisiti morali”.

Potremmo citare molti episodi, come ad esempio quello dei pompieri segnalati dalla Cisl perchè partecipanti alla manifestazione dell’8 dicembre in divisa

Assurdità di ogni tipo, sproporzionate a qualsiasi azione commessa (estrapolata scientemente dai contesti), con uno zelo che non capita di vedere nel nostro Paese in quasi nessun’altra occasione. Un processo a un notav dura un decimo di quello che avviene comunemente.

Oggi è la volta di Pier Paolo, notav torinese, impiegato all’Università degli Studi di Torino come tecnico informatico e lavoratore dalle capacità riconosciute ed apprezzate da studenti, colleghi e docenti, che si è visto, prima di Natale, recapitarsi una sospensione dal lavoro perché condannato in primo grado per una manifestazione NoTav.

Ora bisogna comprendere che indagati e condannati tra le fila del movimento si contano a centinaia, perchè non abbiamo mai accettato nessuna imposizione e non ci siamo mai arresi a muri e fili spinati, quindi quello che è toccato a Pier Paolo, è accaduto o potrebbe accadere a molti noi, che siano studenti, disoccupati, lavoratori o pensionati.

Con una strana celerità e zelo l’amministrazione centrale ha sospeso Pier Paolo dal lavoro e ora rischia seriamente di perderlo in barba ad ogni forma di garantismo. Ci è capitato raramente di vedere provvedimenti del genere per condanne in primo grado (ma non si era innocenti fino al terzo grado di giudizio) e potremmo citare decine se non centinaia di casi in cui, ad esempio appartenenti alle forze dell’ordine condannati sono rimasti in servizio se non promossi, nè datori di lavoro né amministratori pubblici hanno applicato in questo modo il proprio potere.

Pier Paolo va valutato per il suo lavoro e non per le sue idee o per le manifestazioni a cui partecipa, del resto non è l’università il luogo della critica e della formazione non basata sulle semplici nozioni?

Non sarà che qualche dirigente con poco coraggio ha deciso di emettere un atto così drastico e punitivo (Pier potrebbe perdere il lavoro) magari imboccato da “qualcuno”?

Non lo sappiamo ma sicuramente vogliamo difendere Pier Paolo e chiediamo a tutti e tutte di fare lo stesso e partecipare alle iniziative che saranno indette in sua difesa e in suo sostegno.

Si parte e si torna insieme.

ps: E’ già iniziata una raccolta di firme da parte di studenti e colleghi indirizzata al Rettore per dire che “Pier Paolo ritorni al lavoro”, la trovate qui

Lettera Aperta a Milena Gabanelli

Comunicato Stampa

PresidioEuropa

Movimento No TAV

11 gennaio 2019

www.presidioeuropa.net/blog/?p=18340

Lettera Aperta a Milena Gabanelli

la parabola di una giornalista d’inchiesta passata dalla difesa dei diritti dei cittadini alla Voce di un Padrone

La Pizia delle Grandi Opere Inutili e Imposte

Cara Milena,

ci avevi abituati bene, ci eravamo affezionati al tuo modo di comunicare.

La tua esile figura, la tua calma, la tua determinazione erano la tua cifra.

I tuoi racconti erano rassicuranti perché trasudavano il coraggio di denunciare, di raccontare storie agli italiani che nessun altro era capace di fare.

Come la Pizia, sacerdotessa di Apollo, tu Milena svolgevi un ruolo quasi divino perché rivelavi il non svelabile, tutto ciò ti ha conferito un prestigio e una posizione elevata tra i tuoi colleghi giornalisti, fronteggiando una cultura politico-affaristica italiana, truffaldina, corruttrice e mafiosa.

Gli obblighi che ti era assunta erano la purezza rituale, la credibilità, l’autorevolezza, la sobrietà.

Per vent’anni Report è stato il tuo tempio, la tua popolarità era tale che gli iscritti al M5S ti offrirono la candidatura a Presidente della Repubblica.

Nel 2017 la Rai ti abbandona, dicono che le tue richieste erano impraticabili, tu esci di scena piangendo in diretta.

Questa decisione lascia nello sconcerto i tuoi fedeli ammiratori.

La ferita che ricevi è difficile da rimarginare, quasi come quella di Achille che muore colpito al tallone da Paride.

Per non soccombere cerchi soccorso, e finalmente lo ottieni dal Corriere della Sera/La7.

Hai così riacquistato il palcoscenico al quale attori e sacerdoti tengono sopra ogni cosa.

Ma il prezzo che hai dovuto pagare è alto, leggendoti il 7 gennaio scorso e ascoltandoti il giorno dopo, hai confermato di non possedere l’indipendenza del passato, ora non sei più devota agli interessi popolari e alla verità ma a quelli delle élite.

Il 2019 si sveglia in un Paese allo sbando, con due governi e quindi nessun governo, con terremoti in agguato, senza futuro, terrorizzato dai migranti, pronto ad armare i cittadini, gli ultrà delle curve degli stadi invocano san Salvini affinché li salvi.

Il 7 gennaio tu Milena decidi di schierarti, è il compimento della missione che ti hanno affidato entrando al Corriere della Sera/La7, forse non l’avevi nemmeno presentito.

Ti hanno affidato una missione rischiosa, dimostrare l’indimostrabile, difendere ad ogni costo il valore delle Grandi Opere Inutili e Imposte, salvare le imprese italiane che per decenni sono state foraggiate dallo Stato, quindi dai cittadini.

E lo fai come una scolara che, a corto di argomenti, copia di nascosto i suggerimenti che ti fanno arrivare Confindustria, il PD, Standard & Poor’s, i sindacati, i Governi, i tuoi ex nemici …

Cara Milena,

ora volgiamo il nostro sguardo al coraggioso passato di Report per confermare l’attuale sconcerto nel quale hai collocato i tuoi fedeli ascoltatori.

Report ha dato ampio spazio critico il 20 settembre 2001 alla Grande Opera  – L’Alta Velocità, ricordiamo anche la puntata Com’è andata a finire del 29 aprile 2002.

Il 23 ottobre 2011, otto anni fa, hai oracolato chiudendo la puntata di Report Alberto Perino c’è chi dice no, ecco le tue inascoltate parole valide ancora oggi:

Si può fare una considerazione: in un momento come questo ha più senso, è più logico, investire dei soldi per creare occupazione, oppure metterli in un tunnel che in futuro trasporterà più velocemente delle merci prodotte a Kiev o a Lisbona, ma non è detto. Perché se su quella tratta non ci sarà abbastanza traffico ferroviario i costi del finanziamento, cioè i 20 miliardi che servono per realizzare la Torino-Lione, li dovrà mettere lo Stato. Cioè i nostri figli che oggi sono disoccupati. Forse è il caso di rivedere l’intera questione oppure fornire elementi, informazioni più convincenti.

Ti salutiamo sconcertati, lasciandoti alla tua nuova solitudine.

Milena la Pizia diventa oggi la signora Gabanelli, Addetta Stampa del sistema delle Grandi Opere Inutili e Imposte

La Gabanelli diventa, otto anni dopo quelle sue alate parole, la Voce del Padrone e si schiera a favore delle Grandi Opere Inutili e Imposte.

Lo ha confessato a Enrico Mentana al Tg La 7 del 7 gennaio: “Mi sono trovata ad affrontare questo argomento (delle Grandi Opere, N.d.R.) dalla parte delle imprese” ed ammetteFaccio tanti errori, in buona fede. Aspettiamo di conoscere il suo giudizio confidenziale su questa tua dichiarazione.

Grande è lo stupore dei cittadini avveduti perché gli argomenti che la Gabanelli ha offerto nel suo articolo del 7 gennaio 2019 sul Corriere della Sera sono il racconto della crisi di imprese di costruzione che per molti decenni hanno fatto profitti solo grazie ai sussidi dello Stato, una rendita parassitaria che ha fiaccato la loro capacità imprenditoriale di fronte alla concorrenza.

Si tratta con tutta evidenza di incapacità imprenditoriale, di capitani non coraggiosi che lamentano di non essere abbastanza assistiti dallo Stato.

Il presidente dei -prenditori Boccia è arrivato ad affermare il 3 dicembre a Torino, Città No TAV: “Dobbiamo proteggere i “nostri” Grandi Progetti dei Corridoi europei”.

Nella sua frase c’è la prova di un atteggiamento “predatore”. Come può considerare SUOI i progetti delle Grandi Opere quando nessuno degli -prenditori, anche tirato per le orecchie, investirebbe un solo euro nei progetti che Confindustria definisce “indispensabili per lo sviluppo del Paese” e dunque di sicuro successo?

La Gabanelli non si è accorta che Confindustria ha affermato che le infrastrutture sono e devono continuare ad essere il cardine delle politiche economiche, le grandi opere ci dovrebbero salvare da una nuova recessione ormai alle porte, visto che anche la locomotiva tedesca si è fermata?

La sua è ormai la Voce del Padrone, una difesa ad oltranza delle Grandi Opere Inutili e Imposte, senza argomenti, citando importi inesatti e dichiarazioni fuori della realtà: “Il settore delle costruzioni è quello che dà più lavoro”. Il vecchio dogma, oggi totalmente falso, che le infrastrutture siano volano per l’economia è ancora brandito quasi con ferocia.

La Gabanelli ha anticipato quello che Boccia ha detto a Firenze l’8 gennaio: “C’è uno studio dei costruttori che afferma che se si aprissero i cantieri per i 20 miliardi di risorse già stanziate, si creerebbero 400mila posti di lavoro”. Aspettiamo la dimostrazione di questa boutade.

La Gabanelli è stata usata da Confindustria a svolgere la parte di Addetta Stampa senza “conflitti di interessi” (come afferma Enrico Mentana) della squadra “Sì Grandi Opere” capitanata da Boccia e all’interno della quale troviamo Il Corriere della Sera, La7, La Repubblica, e altri media, le sette marionette di Torino, Giachino, Chiamparino, Fassino, i sindacati confederali, i partiti, associazioni di commercianti e artigiani e altri: una pura operazione di propaganda di Confindustria & C. a danno dei cittadini.

L’obiettivo urgente da abbattere, per Boccia e i suoi sodali, è l’opposizione alla Torino-Lione, una delle opere più ridicole che si potessero immaginare, che però ha trovato una forte e esemplare opposizione di cittadine e cittadini al servizio del bene comune, contro lo spreco di denaro pubblico, in difesa dell’ambiente, i quali meriterebbero un premio.

I No TAV sono l’obiettivo di Confindustria (e non solo), l’obiettivo strategico è distruggere il movimento più forte perché poi si mettano a cuccia tutte le centinaia di lotte territoriali che dilagano nel paese.

Constatiamo che la grande impresa italiana è diventata la grande parassita d’Italia, un mostro che divora risorse che potrebbero davvero rimettere in moto un meccanismo di redistribuzione della ricchezza per garantire le necessità vere di una società fatta di uomini e di donne, necessità che non sarebbero in contraddizione con il disastro ecologico in cui ci stanno conducendo questi stonati pifferai della crescita infelice.

Fa invero impressione che la parte di Confindustria composta da piccole e medie imprese, le associazioni di artigiani, commercianti, gli stessi sindacati confederali non si accorgano che questa politica di favorire solo i grandi progetti parassitari è la stessa che strangola tutti loro. Le grandi imprese ormai controllano e dirigono la distribuzione di appalti e subappalti e tutti coloro che lavorano poi concretamente nei cantieri sono stritolati da un meccanismo che garantisce profitti sicuri solo al vertice della piramide contrattuale.

In chiusura, ecco l’alternativa possibile suggerita da Alberto Ziparo, professore di pianificazione urbanistica, Università di Firenze: La più grande opera pubblica è la manutenzione dei territori e delle infrastrutture, ponendo l’ambiente e il paesaggio al centro di un programma che sia all’altezza delle sfide poste dal cambiamento climatico.

LaStampa.it POLITICA ACCEDI Facebook Twitter Segui G+ SEGUICI SU SEZIONI Cerca… Submit Form Tav, Salvini evoca il referendum per il sì: “Nessuno potrebbe opporsi a una richiesta dei cittadini”

https://www.lastampa.it/2019/01/10/italia/tav-salvini-evoca-il-referendum-per-il-s-nessuno-potrebbe-opporsi-KHW01fWxYO6zNj6q2d6DdI/pagina.html

Il vicepremier: «Ci sono milioni di piemontesi, ma direi anche di italiani, che hanno un’idea chiara. Bisogna andare avanti»

Pubblicato il 10/01/2019

«È stata consegnata al governo l’analisi costi-benefici sulla Tav Torino-Lione». Lo annuncia il professor Marco Ponti, che ha guidato il comitato tecnico incaricato di redigere il documento. Ora è nelle mani del ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli. Ma sono numerose le indiscrezioni, provenienti dal Movimento 5 stelle, secondo le quali l’esito dell’analisi sarebbe negativo.

«Non ho letto nemmeno io» la relazione costi-benefici della Tav, «è comunque uno studio preliminare che poi avrà un contraddittorio», afferma il vicepremier Luigi Di Maio a Radio anch’io, in merito alle indiscrezioni che parlano di una bocciatura della Torino-Lione. «Aspettiamo il dato ufficiale», ha aggiunto. Il Movimento 5 Stelle, aggiunge Di Maio, «è contro quell’opera» e quelle risorse potrebbero essere utilizzate per migliorare la mobilità dei cittadini.

Salvini evoca il referendum 
Non sarà lui direttamente a chiederlo e a organizzarlo ma Matteo Salvini non esclude il ricorso a un referendum per sciogliere il nodo della costruzione della Tav in Val di Susa. «Posso commentare solo quello che ho letto e approfondito – ha premesso il ministro e vicepremier intervistato a “No stop news” su Rtl 102.5, riferendosi alle anticipazioni sull’esito della valutazione costi-benefici commissionata dal ministro Toninelli – non le dichiarazioni sui giornali o le indiscrezioni giornalistiche».

«Sulla Tav ho sempre detto che bisogna andare avanti. Ci sono milioni di piemontesi, ma direi anche di italiani, che hanno un’idea chiara e quindi, se chiedessero un referendum, con un governo che si basa sulla partecipazione diretta e sull’ascolto dei cittadini, nessuno di noi potrebbe fermare questa richiesta», ha concluso Salvini.

No TAV – Comunicato Stampa 10 gennaio 2019 – Torino-Lione, ma quanto ci costi? – Il regalo alla Francia

Comunicato Stampa

PresidioEuropa

Movimento No TAV

10 gennaio 2019

www.presidioeuropa.net/blog/?p=18315

Torino-Lione

Ma quanto ci costi?

La Banca Dati Torino-Lione

 SE L’ITALIA CONFERMASSE LA TORINO-LIONE FAREBBE UN REGALO DI OLTRE 2 MILIARDI DI € ALLA FRANCIA

In questi giorni, mentre sale l’attesa della decisione governativa sulla Torino-Lione, molti personaggi politici e media comunicano dati, alcuni di fantasia, sul costo di questa Grande Opera, per la quale l’Unione europea fornisce oggi assistenza finanziaria solo per le prospezioni geologiche per  il Tunnel di base di 57,5 km dato che ad oggi nessun chilometro del tunnel di base è stato scavato, come certificato dalla stessa Commissaria ai Trasporti dell’Unione Europea Violeta Bulc il 30 aprile 2018.

Mentre il costo totale della nuova linea Torino-Lione di 115,5 km, oggi previsto in circa € 29 miliardi (importo attualizzato secondo i criteri indicati nel 2017 dal CIPE), sarà conosciuto dai contribuenti solo quando la linea sarà costruita ed in esercizio, i cittadini hanno oggi il diritto di conoscere il costo del Tunnel di base che i decisori politici stanno valutando per dare il via o fermare la sua costruzione.

Il CIPE, con sua Delibera n. 67/2017, ha valutato che l’investimento totale per realizzare il Tunnel di base è di € 9,6 miliardi, mentre la ripartizione di questo importo, stabilita all’Art. 18 dell’Accordo di Roma del 30 gennaio 2012, è la seguente:

E’ stato annunciato che la decisione governativa terrà in conto il risultato dell’ACB, gli Accordi tra Italia e Francia e i Regolamenti europei TEN-T e CEF.

E’ bene intanto precisare che non esiste alcun accordo internazionale sottoscritto dall’Italia nei confronti della Francia o dell’Europa che preveda l’esborso dipenali” in caso di ritiro unilaterale italiano.

Egualmente non vi saranno penali da parte dell’Europa perché è noto che l’Unione europea non vincola gli Stati Membri nelle loro decisioni di programmazione.

I decisori politici degli Stati Membri e la Commissione Europea sanno che la decisione di attuare la Torino-Lione spetta unicamente all’Italia e alla Francia sulla base della loro capacità di finanziamento pubblico e dalla fattibilità socio-economica del progetto (Analisi Costi Benefici).

L’unica penale deriverebbe invece dall’iniqua ripartizione dei costi, perché non basata sui km di proprietà del tunnel (Italia 12,5 km, Francia 45 km), che determina che l’Italia finanzierebbe la Francia per 2,2 miliardi di €.

Per dare un’immagine immediata del risultato di questa asimmetria dei costi tra Italia e Francia, proponiamo questo mini grafico:

Costo del tunnel di base al km (in milioni di €)

Nel caso in cui la decisione governativa italiana fosse positiva, occorre inoltre ricordare che l’Art. 16 dell’Accordo di Roma del 30 gennaio 2012 tra Italia e Francia stabilisce che l’inizio dei lavori per lo scavo del tunnel di base potrà avvenire solo al momento in cui questi due Stati abbiano confermato la disponibilità dei fondi per completare integralmente l’opera. Oggi questa disponibilità non esiste.

Nemmeno l’Unione europea ha confermato il suo contributo, dato che il Bilancio pluriennale 2021-2027, nel quale potrà essere inserito il cofinanziamento al tunnel della Torino-Lione, sarà approvato dopo le Elezioni europee di maggio 2019.

Coloro che desiderano approfondire l’inutilità della Torino-Lione, i traffici, le ragioni dell’opposizione, le ragioni di Confindustria, i costi, la cantierabilità del progetto, gli Accordi, i Regolamenti europei, ecc. , possono consultare questa Banca Dati Torino-Lione.