Tunisia. Forse la primavera è arrivata

Domenica annunciato un nuovo governo e approvata una nuova Costituzione che non concede nulla agli islamisti radicali

J.V.    

L’unica vera primavera araba potrebbe essere quella tunisina. Lo è già, nel senso che si è trattato di una rivolta interna al paese e non eterodiretta come in seguito accaduto per altri paesi arabi, lo sarà perché nonostante tre anni difficili si potrebbe finalmente essere giunti a una svolta dopo la parentesi islamista segnata dal partito Ennahda, maggioranza in Parlamento che ha paralizzato una Tunisia che non aveva scordato la sua radicata cultura laica. Domenica l’altalena delle crisi di governo sembra essersi fermata con la notizia della formazione di un nuovo esecutivo e soprattutto con l’approvazione di una nuova Costituzione. L’instabilità politica aveva prodotto un clima incandescente, con continue rivolte popolari e l’eliminazione fisica di esponenti politici dell’opposizione laica da parte di integralisti islamici. Nel luglio scorso, nel giorno della festa della Repubblica, era caduto sotto i colpi esplosi da un militante salafita il fondatore della Corrente Popolare, Mohamed Brahmi, esponente della sinistra nazionalista. Il 6 febbraio 2013, quasi un anno fa, era stata la volta del membro della coalizione di partiti di sinistra del Fronte Popolare nazionalista, Chokri Belaid, assassinato a colpi d’arma da fuoco. E per la cui morte sono stati indagati alcuni salafiti legati alla Lega per la protezione della rivoluzione vicini al partito islamista al governo Ennahda. Pochi mesi prima, nell’ottobre del 2012 Lotfi Nagdh, del partito Nida Tounes, era stato ucciso nell’assalto a una sede del partito, sempre da parte di militanti della Lega per la protezione della rivoluzione. La deriva islamista è stata favorita dall’eccesso di potere del partito confessionale Ennahda, che ha lasciato ampi spazi di manovra ai gruppi più radicali di ispirazione salafita. L’ultima vittima della violenza politica, Brahmi era un membro dell’Assemblea nazionale costituente eletto per la circoscrizione di Sidi Bouzid, il “luogo di nascita” della rivoluzione contro Ben Ali, e poco prima di essere ucciso aveva attaccato proprio Ennahda e il suo sostegno al deposto presidente egiziano della Fratellanza musulmana, l’islamista Mohamed Morsi, tracciando un parallelo tra la scarsa legittimità dei Fratelli Musulmani in Egitto e quella della troika politica che in quel momento guidava la Tunisia, formata dall’alleanza tra Ennahda, Congresso Per la Repubblica e Ettakatol. Dal febbraio 2013, dopo l’uccisione di Belaid, si sono susseguite continue crisi di governo, risolte ogni volta con un nuovo esecutivo. Nel marzo successivo era stato formato un nuovo governo islamista a guida Ennahda, con la nomina a premier di Ali Laarayedh, ex ministro degli Interni nel governo di coalizione nato dopo le prime elezioni dalla fine del regime di Ben Ali. Ma l’operato del suo ministero è stato oggetto di continue contestazioni popolari per l’abituale ricorso alla violenza, per non aver sciolto la Lega per la protezione della rivoluzione e soprattutto per l’eccessiva tolleranza mostrata nei confronti dei gruppi salafiti che seminano il caos nel Paese. A fine dicembre 2013 gli islamisti di Ennahdha hanno accettato di cedere il potere per far uscire la Tunisia dalla profonda crisi politica e il nuovo premier designato in sostituzione di Laarayedh, il ministro uscente dell’Industria Mehdi Jomaa, ha iniziato le consultazioni su impulso del più importante sindacato del paese l’UGTT per formare un nuovo esecutivo. Dopo altre sei settimane di stallo, solo domenica scorsa Jomaa ha potuto annunciare un nuovo governo che dovrà indire elezioni entro un anno. Poco dopo l’Assemblea nazionale ha approvato la nuova Costituzione. Tre anni dopo la caduta di Ben Ali, la Tunisia ha finalmente una sua nuova Carta fondamentale che, dato importante, non cede alle pressioni della maggioranza islamista che era uscita vincitrice dalle elezioni per la Costituente. L’Assemblea nazionale ha adottato la legge con una schiacciante maggioranza di 200 voti a favore , 12 contrari e 4 astensioni, ben al di sopra la maggioranza necessaria di 145 voti. “In questa Costituzione tutti i tunisini si ritrovano: protegge i nostri beni e getta le basi di uno stato democratico”, ha detto Mustapha Ben Jaafar, il presidente dell’Assemblea. La nuova Costituzione concede uno spazio ridotto all’Islam che è definito la religione di Stato ma si esclude la sharia come base del diritto. Viene garantita la libertà di fede e di coscienza e viene posto il divieto di accusare qualcuno di apostasia. La Carta afferma l’eguaglianza di diritti e doveri dei due sessi e un aspetto interessante è che viene introdotto per la prima volta nel mondo arabo l’obiettivo della parità di genere nelle assemblee elettive. Quanto al nuovo governo, che dovrebbe ricevere questa settimana la fiducia dell’Assemblea Costituente, Jomaa ha affermato di avere fatto la sua lista “in base a tre criteri: competenza, indipendenza e onorabilità” e comprende funzionari, magistrati personalità del settore privato. Il ministro degli Interni, Lotfi Ben Jeddou, è rimasto al suo posto nonostante non fosse particolarmente gradito alle opposizioni. Un ostacolo è stato superato, ma il lavoro difficile non è certo terminato, Mehdi Jomaa ha sottolineato che “le elezioni sono la prima priorità” ma la legge elettorale deve ancora essere approvata dal Parlamento. Sullo sfondo, a preoccupare resta la situazione economica molto difficile, con una crescita al palo e un alto tasso di disoccupazione. Condizioni che rendono facile l’esplodere di violenze e proteste popolari.

28 Gennaio 2014  – http://www.rinascita.eu/index.php?action=news&id=22920

Tunisia. Forse la primavera è arrivataultima modifica: 2014-01-28T14:58:51+01:00da davi-luciano
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