“MISTERI” TRASTEVERINI? DECRETI “SICUREZZA”? PIRANDELLO E D’ANNUNZIO “SPORCHI FASCISTI”? BIBBIANO, SALVI I BAMBINI? CI PRENDONO PER ——- SOMARI NEL PAESE DEI BALOCCHI

https://fulviogrimaldi.blogspot.com/2019/07/misteri-trasteverini-decreti-sicurezza.html

MONDOCANE

MERCOLEDÌ 31 LUGLIO 2019

A Collodi

Se c’è un borgo che rappresenta l’Italia in quella che dei fantocci cartonati, fantaccini del mondialismo azzeratore, deridono o stigmatizzano come identità, dileggiando l’opera sinergica di natura ed esseri viventi nel corso di migliaia d’anni, per me è Collodi, in collina sopra Pistoia. Un borgo che si conquista risalendolo e che si perde scendendo. Non per nulla è da un paese così che è nata una delle più grandi opere della letteratura mondiale. Non per nulla il suo creatore, Carlo Lorenzini, s’è dato il nome d’autore di quel paese.

Un libro, Pinocchio, che, come succede per i capolavori assoluti, ogni volta che lo rileggo vi trovo un nuovo strato dell’edificio della conoscenza. Come succede con le vette più vicine all’Olimpo, meglio, al cielo, più dentro al cosmo: Omero, il teatro dei greci, di Shakespeare, di Pirandello, la Divina Commedia, il Faust, La figlia di Jorio. Da quel genio del profondo e difficilmente visibile che era, Carmelo Bene ha fatto Pinocchio a teatro, dando a questo supremo romanzo di formazione l’introspezione necessaria a tirarne fuori le verità scomode, occultate dalle verità comode di superficie. Facendo della solita fatina buona e maestrina, la madre megera che si agita nel nostro inconscio fin dai lontani millenni del matriarcato. Quella anche di Haensel e Gretel.

Quando dal paese dei balocchi si esce somari

Questo ampio preludio vuole rendere omaggio a un personaggio, burattino, diversamente da tutti noi, solo di se stesso, che da sempre mi insegna a gettare abbecedari in testa al politicamente corretto. Ma apre anche a un mio sacrilegio nei confronti di Collodi, quando mi permetto di sostituire a una sua allegoria un’altra, che mi pare più consona. Nel Paese dei balocchi, dove sollecitato dall’infiltrato liberista Lucignolo e trasportato dal pusher Omino di burro, a forza di giochi, coca e assenza di scuole, i ragazzi diventano tutti ciuchini. Animale malscelto. Il ciuco è politicamente scorrettissimo e fa di testa sua più di qualsiasi quadrupede. Un po’ come il bassotto rispetto agli altri cani. Se proprio avesse voluto rappresentare l’azzeramento della maturazione dei ragazzi  con simboli animali, cosa mai rispettosa nei confronti di animali che, per l’intelligenza nello stare in armonia con il loro habitat, ci superano tutti quanti, avrebbe potuto usare i polli. Meglio,trattandosi di regressione, si potevano, che so,  trasformare i piccoli homines sapientes in homines erecti. La successiva  catastrofica involuzione del sapiens – come illustrata nell’immagine –  il buon Collodi non la poteva immaginare. Con Pinocchio alla macina, s’era fermato al lavoro salariato.

Un lungo sproloquio per dire che qui ci prendono per somari nel paese dei balocchi. Anzi, come metaforizzato nella correzione al maestro, perhomines neanche erecti. Ma ci va anche peggio. Molti di noi, quasi il 38%, si stava dando da fare per regredire allo stato di homo salvinianus, ulteriore degenerazione del homo pidinus, che già era la fase involutiva del homo (demo)christianus. 

Paese dei balocchi quel Trastevere zeppo di Lucignoli e omini di burro. Noi, ciuchi a cui rifilare le girandole scoppiettanti dei due balordi con pugnale, del pusher invisibile, dell’intermediario che per l’intera notte intrattiene rapporti fisici e telefonici con l’apparato d’intervento dei CC. I quali, con ben quattro pattuglie mobili e vari appiedati in zona, girano a vuoto per mezza nottata nel bailamme della movida tra Trastevere e Prati. Ma all’appuntamento decisivo con i malviventi si presentano, uno senza la pistola, “dimenticata” nell’armadietto, l’altro, sì, con la pistola, ma congelata nella fondina, mentre al collega vengono inferte uno, due, tre, quattro, cinque, sei, sette, otto, nove, dieci, undici coltellate. E ora arriva anche il dubbio, davvero sconcertante, che i due non fossero neanche in servizio. Cosa ci facevano lì? Neanche uno sparo in aria. Il collega avrebbe rischiato l’incriminazione, ci hanno detto… E allora che il povero vicebrigadiere si facesse assistere da San Michele.

Ci asteniamo dal trarre conclusioni. Nel giro di minuti i giornaloni dell’odio e del rancore ci attribuirebbero la “dodicesima pugnalata” al povero Cerciello. Ci accontentiamo delle parole del procuratore Prestipino: “… Ma dire che a distanza di tre giorni che non ci siano ancora aspetti oscuri, sarebbe quantomeno precipitoso”.  Oscuri come la notte. Di Trastevere e della Repubblica.

Ciuchi nel circo TAV

Peggio dei somarizzati del paese dei balocchi, forse alla stregua del ciuchino Pinocchio alla mercè del direttore di un circo che, a forza di frustate, lo fa ballare, saltare il cerchio e inginocchiare (la fatina dai capelli turchi sta a guardare. “Le avventure di Pinocchio”, cap. 33), ci considerano quelli che fanno passare per progresso una ferrovia semivuota, che sventra valli, comunità e montagne, concepita alla fine del secolo scorso e che i partner francesi, avendone sul loro territorio due terzi, ma pagandone un terzo, finiranno alla metà del secolo in corso. Quando ci sarà più poco da trasportare, dato che le stampanti tridimensionali fabbricheranno tutto in casa e le masse previste viaggiare, chissà perchè, da Torino a Lione, saranno state decimate dai volo low cost, se non dal calo demografico, dallo scioglimento dei ghiacciai che avranno inondato le valli alpine con tutti i loro binari e, se non basta, dalle stragi elettromagnetiche del 5G. Ecchissenefrega, non vogliamo mettercelo? L’Italia nel mondo passa da qui. Col passaporto ‘ndrangheta che, finchè dura la globalizzazione capitalista, vale dappertutto.

Sicurezza decchè?

Ci sarebbe da dire del Sicurezza Bis, binomio di cui ha una certa aderenza alla realtà solo il secondo termine, visto come siamo messi in fatto di sicurezza nell’era del ministro di polizia e di tutto. Se di sicurezza si deve parlare, preoccupiamoci di quella degli africani, arabi, afghani, palestinesi, ai quali la sicurezza l’hanno rubata i parenti serpenti di Salvini, mentre ciò a cui li consegnano i partner dei barconisti è la sicurezza del caporale compatriota che ti spolpa per due euro all’ora, o del boss compatriota che ti fa picciotto della quarta mafia, quella nigeriana. Mi scaldano poco coloro, detti progressisti o sinistri, che inveiscono contro le misure indirizzate contro la neo-tratta degli schiavi, mentre nulla eccepiscono sulle misure che renderanno la partecipazione alle manifestazioni di studenti, pensionati, pastori, disoccupati, insegnanti, badanti, operai, a rischio di lazzaretto e carcere. Mi scaldano poco i provvedimenti, prima dissuasivi e poi punitivi, previsti per chi collabora al nuovo colonialismo inteso come strumento di dominio, predazione, alienazione, interne ed esterne, e finalizzato a rimpolpare la bulimica accumulazione dello 0,01% e dei suoi sicofanti. Sarà eterogenesi dei fini, rispetto all’allergia che i leghisti nel decreto esprimono per i neri, ma ben venga. Come non pensarci, a scoprire che la giustiziera della Grecia, madrina dei secessionisti lombardo-veneti, Merkel, era la sponsor e finanziatrice dell’eroina Rackete?

Pirandello e D’Annunzio? Alla colonna infame!

Ancora due temi. Anni fa mi scontrai duramente con un amico comunista, accanito studioso di Hegel e instancabile divulgatore di marxismo-leninismo. Degno di ogni rispetto, fino a quando la conversazione non sbattè contro una montagna sulla quale io stavo assiso e che lui intendeva spianare: Luigi Pirandello. Dimentico del pur amato Gramsci che, contro un burocrate sprovveduto che ne aveva sparlato da un palco a Mosca, aveva difeso il valore eversivo e il talento innovatore del  mirabolante creativo Filippo Tommaso Marinetti, il cui futurismo ebbe seguaci geniali soprattutto nella prima URSS, il compagno si accanì contro “quel venduto fascista con la camicia nera che inneggiava a Mussolini”. Essendosi messo la camicia nera, non valeva niente. Punto.

Pirandello, avrà pure messo la camicia nera, ma quella parte del cervello che non vi era implicata, cioè il 90 per cento, in quanto generatrice della più spietata, coraggiosa e profonda critica della degenerazione borghese dell’uomo, era più ontologicamente antifascista di quanto il compagno duro e puro potesse mai sognare di essere.

Il ricordo di quella disputa mi porta a Trieste, dove una autentica torma di belluini indignati si oppone all’erezione in piazza di una statua di Gabriele d’Annunzio. Anatema, in primis perché il Vate flirtava con Mussolini, anzi ne era l’ispiratore; in secundis, perché l’evento si voleva collegare alla ricorrenza della presa di Fiume guidata dal Comandante. Tutto visto, come da quel mio amico del Pirandello abietto fascista, nell’ottica striminzita, antistorica, settaria di un antifascismo dai toni totalitari e ottusi.

Cosa resta nel tempo di D’Annunzio? Il suo pavoneggiarsi nei salotti romani, i suoi tonitruanti manifesti interventisti, i suoi amori, certe prose turgide e perdute nelle irrilevanze? O una cultura vastissima che ci ha riavvicinato ai classici e alla letteratura mondiale moderna? O l’inventore della comunicazione di massa e di strumenti della modernità? O opere sfrondate dalla retorica del tempo, di indiscutibile valore e di toccante sincerità, in poesia come in prosa e in teatro. Come “La figlia di Jorio”, in cui il movimento delle donne dovrebbe vedere una prima rivendicazione di libertà ed emancipazione dopo l’archetipo Antigone.

Un uomo dei suoi tempi, nel bene e nel male, ma che li ha trascesi per restare nella Storia. Anche con l’impresa di Fiume che, se permettete, va vista sullo sfondo di città con diverso hinterland etnico-linguistico, ma con secoli e secoli di presenza italiana e costruzione culturale italiana. Sia detto senza l’ombra di un revanscismo territoriale, o di indulgenza contro le violenze successivamente inflitte ad altri titolari di quelle terre, ma contro l’unilateralità di chi si attesta su posizioni che impongono alla realtà storica ex-post rivisitazioni nel nome di ammende che spettano esclusivamente ai fascisti e al loro tempo.

D’Annunzio arrivò prima. E arrivò contro la soperchieria e l’arbitrio delle grandi potenze che pretendevano di imporre, allora come oggi, al nostro paese il destino a loro conveniente. Quello di Fiume, oltre a comprendere la redazione di un documento costituzionale, la Carta del Carnaro, che compete con quello della Repubblica Romana per istanze democratiche e sociali, fu un atto antimperialista, in difesa di una realtà storica che datava da mezzo millennio. A dir poco. Dunque D’Annunzio, poeta e protagonista della Storia nazionale, in piazza a Trieste ci sta benissimo. Gramsci lo gradirebbe. Non era di quelli stolti dell’acqua col bambino.

Italia 1600

Bibbiano? C’è di peggio.

Chiudo con un breve riferimento alla scellerata vicenda di Bibbiano, dove energumeni dal cinismo subumano si autoinvestivano del diritto di disporre di vite indifese, fragili, inermi, sulla base del solo criterio del profitto per sé e i compari, magari sentendosi anche un po’ dio, come i chierici del potere temporale. Nulla da aggiungere su quanto denunciato e deprecato. Solo che, ancora una volta, ci rendiamo grandi e incomparabili per ipocrisia e autocompiacimento. Dove sono le grida di disgusto, rabbia, indignazione, repulsione, a buona ragione lanciate su questa orripilante vicenda di dominio sadico, dove sono i pedagoghi, sociologhi, giuristi, educatori, moralisti, quando sui nostri schermi appaiono, senza remora e senza interruzione, bambini uguali a quelli manipolati e manomessi, manipolati e manomessi alla stessa stregua per pubblicizzare un qualche prodotto, perlopiù truffaldino, o superfluo, o nocivo. Ma anche se fosse la Sacra Sindone!

Che qualifica dare a coloro, genitori in prima linea, e poi il turpe branco dei pubblicitari, produttori, mediatori, agenti, confezionatori, grafici, copywriter, dirigenti di TV, che impongono a bambini senza difese intellettuali e provvisti solo di indebita fiducia negli adulti, la menzogna, la finzione, la recitazione, il dire ciò che gli impongono e che ripetono senza poterci credere. Si tratta di violenza senza limiti. Si tratta di abuso. Si tratta di prostituzione, si tratta di mercimonio. Insegnano a mentire. Oggi sulla merendina all’olio di palma, o sulla macchina scalda pianeta. Domani sul Tav. Ci fa schifo la classe dirigente che abbiamo, quando da piccoli venivano tirati su a forza di ipocrisia, esibizionismo, vanità, con i loro genitori che li incitavano a dire cose che non pensavano, a sorridere quando non se la sentivano, a obbedire a venditori di menzogne, insomma a fingere anziché essere autentici, onesti, veritieri!

Tutti coloro che si sono tanto spesi, in lacrime, opere e parole per i bambini sui gommoni, nei presunti lager libici, tra le macerie siriane (solo quelle nelle zone occupate da jihadisti o curdi), nei traffici di Bibbiano, dove cazzo sono?

Pubblicato da Fulvio Grimaldi alle ore 20:35

A L’HORIZON 2050 : DES FLOTTES RUSSES SUR TOUS LES OCEANS DU GLOBE !?

LUC MICHEL (ЛЮК МИШЕЛЬ) & EODE/

Luc MICHEL pour EODE/

Quotidien géopolitique – Geopolitical Daily/

2019 07 29/

LM.GEOPOL - Flotte russe (2019 07 29) FR (2)

« Les forces navales russes sont prêtes à repousser n’importe quel agresseur et seront à l’avenir dotées de capacités uniques »

– V. V. Poutine (juillet 2019).

Le conflit entre les USA et la Russie est un conflit classique géopolitique, qui oppose les thalassocraties (Carthage, USA) aux puissances continentales (Rome, URSS, Russie) (1). L’actualité, qui conduit sans cesse aux commentaires sur des événements éphémères, mais aussi le gouvernement par la « théâtralité » (Macron, Trump, Erdogan, etc), font oublier que la Géopolitique, conçue comme une science, LA science du XXIe siècle, n’a rien à voir avec une pseudo « géopolitique de l’émotion », mais repose sur des fondamentaux, des grilles d’analyses et des cycles longs.

Au cours des différents cycles historiques, depuis les guerres puniques (2), les puissances continentales n’ont pu vaincre les thalassocraties que sur les mers, en construisant de puissantes flottes. Ceux qui ont perdu la maîtrise des mers (comme Bonaparte de Saint-Jean d’Acre à Trafalgar) ont perdu la guerre. En visionnaire, Poutine a un grand projet : la présence de flottes russes sur tous les océans vers 2050. Comme à l’époque ou la Marine soviétique, sous Brejnev l’Africain et l’amiral Sergueï Gueorguïevitch Gorchkov, où à son apogée, elle fut la deuxième flotte militaire maritime du globe (1 742 navires de combat, amphibies et de soutien représentant 3 525 050 de tonnage …

LA RECONSTRUCTION DE LA MARINE RUSSE

Ce processus ambitieux est en marche ! « Les forces navales russes sont prêtes à repousser n’importe quel agresseur et seront à l’avenir dotées de capacités uniques», a promis le chef du Kremlin. À l’occasion du 323e anniversaire de la création des forces navales russes, Vladimir Poutine a annoncé que son pays « visait aujourd’hui à se doter d’une flotte ayant des capacités uniques ». « L’héroïsme de nos marins, le talent des commandants et des constructeurs, l’audace des chercheurs et le courage des pionniers ont apporté une gloire maritime à la Russie. Et nous allons non seulement rester à la hauteur, mais aussi aller plus loin et construire une flotte aux capacités uniques pour une longue perspective historique », a déclaré le chef du Kremlin lors du défilé naval en l’honneur du Jour de la Marine à Saint-Pétersbourg.

Selon lui, les « forces navales russes assurent la sécurité du pays et sont prêtes à repousser n’importe quel agresseur ». Le Président a également souligné que la marine russe avait apporté « une énorme contribution» au progrès des sciences nationales (…) Aujourd’hui, elle est parmi les premières à adopter des technologies de pointe. Elle utilise et développe des solutions d’ingénierie et de conception qui n’ont pas d’équivalent dans le monde entier», a affirmé Poutine. Il a fait savoir que « 15 nouveaux navires et vedettes de combat seront intégrées dans les forces navales russes avant la fin de l’année en cours ».

LM.GEOPOL - Flotte russe (2019 07 29) FR (4)

FACE A L’US NAVY : UN DEFI DE TAILLE MONDIALE

Le challenge est de taille. Car le « commandement de la Mer » est au premier plan des préoccupations stratégiques de l’US Navy. Où on entend lier suprématie maritime et militarisation de l’Espace (3)

Au cœur du renforcement de l’US Navy, le programme militaire de Trump !

Nous aurait-on encore menti (comme jadis sur le « prix nobel » de la paix Obama) sur le véritable programme de Donald Trump ? Croire en un Trump « isolationniste » (sic) c’est refuser de voir que le lobby militaro-industriel était présent derrière Trump dès sa campagne électorale. Notamment par un panel de près de cents généraux et amiraux (tous des faucons) qui le conseillaient. Que son gouvernement concrétise le retour des mêmes faucons au Pentagone, au State Department où à la CIA. Et surtout que son programme prévoit un accroissement sans précédent de l’US Navy, de plus d’un quart de ses vaisseaux actuels, dont le but est évidemment le renforcement de la domination mondiale de la thalassocratie américaine (4) !

« Nous allons entamer un grand effort national pour reconstruire notre armée gravement anémiée », annonçait sans équivoque le candidat Trump. Durant sa campagne, Donald Trump avait promis d’augmenter les moyens de l’armée américaine: par exemple une marine à 350 navires (308 prévus pour l’instant pour l’horizon 2020) (5), ou une armée de terre à 540.000 hommes (450.000 prévus pour l’instant en 2018). Et le président a tenu ses promesses militaristes, inaugurant le 14e porte-avion US en 2017 …

NOTES ET RENVOIS :

(1) Cfr sur LUC MICHEL’S GEOPOLITICAL DAILY :

TERRE ET MER AU XXIe SIÈCLE (I) :

AU CŒUR DE LA CONFRONTATION GEOPOLITIQUE FONDAMENTALE

Sur http://www.lucmichel.net/2018/09/21/luc-michels-geopolitical-daily-terre-et-mer-au-xxie-siecle-i-au-coeur-de-la-confrontation-geopolitique-fondamentale/

Et TERRE ET MER AU XXIe SIÈCLE (II) :

COMMENT LES FONDEMENTS DE LA GEOPOLITIQUE, SCIENCE DU XXIe SIECLE, VONT DETERMINER LES CENTS PROCHAINES ANNEES

Sur http://www.lucmichel.net/2018/09/22/luc-michels-geopolitical-daily-terre-et-mer-au-xxie-siecle-ii-comment-les-fondements-de-la-geopolitique-science-du-xxie-siecle-vont-determiner-les-cents-prochaines-annees/

(2) Les trois guerres puniques opposèrent durant près d’un siècle la Rome antique et Carthage (civilisation punique et pas « africaine », les africains sont ses voisins numides, alliés de Rome). La cause initiale des guerres puniques fut le heurt des deux empires en Sicile, qui était en partie contrôlée par les Carthaginois. Au début de la première guerre punique, Carthage avait formé un vaste empire maritime (thalassocratie) et dominait la mer Méditerranée, alors que Rome avait conquis l’Italie péninsulaire (puissance continentale). À la fin de la troisième guerre punique, Rome parvint à conquérir les territoires carthaginois et à détruire Carthage, devenant ainsi la plus grande puissance de la Méditerranée.

(3) Cfr. sur LUC MICHEL’S GEOPOLITICAL DAILY/

GEOPOLITIQUE DES USA (IV) : VU DES USA, COMMENT ‘COMMANDER A LA MER’ A L’ERE DES MISSILES SUBSONIQUES ? (GEORGE FRIEDMAN)

Sur http://www.lucmichel.net/2019/07/19/luc-michels-geopolitical-daily-geopolitique-des-usa-iv-vu-des-usa-comment-commander-a-la-mer-a-lere-des-missiles-subsoniques-george-friedman/

(4) Cfr. sur EODE THINK TANK/ LA PRESIDENCE TRUMP : VERS UN NOUVEAU STADE DE L’IMPERIALISME AMERICAIN …

sur http://www.eode.org/eode-think-tank-la-presidence-trump-vers-un-nouveau-stade-de-limperialisme-americain/

(5) Cfr. sur EODE/ GEOPOLITICS/

LESS U.S. DOMINATION IN THE WORLD WITH TRUMP? TRUMP IS ALREADY FLIRTING WITH THE US LOBBY OF WEAPONS INDUSTRIES TO REINFORCE US NAVY!

sur http://www.lucmichel.net/2016/11/14/eode-geopolitics-less-us-domination-in-the-world-with-trump-trump-is-already-flirting-with-the-us-lobby-of-weapons-industries-to-reinforce-us-navy/

(Sources : Interfax – Geopolitical Futures – EODE Think Tank)

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* Avec le Géopoliticien de l’Axe Eurasie-Afrique :

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Pranzo alla Colombera, i No Tav aggirano la polizia e banchettano al cantiere

post 1 Agosto 2019 at 11:05

Ieri una quarantina di No tav si sono trovati davanti al cantiere di Chiomonte per partecipare al pranzo del mercoledì alla Colombera.

Da qualche tempo ormai ripetiamo che via dell’Avanà deve essere liberata da cancelli, barriere e militari posti a difesa del cantiere per essere percorribile da tutti i cittadini, ma oggi lo scenario che i no tav si sono trovati davanti era formato da jersey e cancello posizionati sul ponte e sul sentiero principale dal lato di Giaglione con celere e digos nervosi che hanno impedito l’accesso anche ai proprietari dei terreni. Forse alla controparte non è ancora andata giù la numerosa marcia No Tav di sabato partita dal Festival Alta Felicità e arrivata fino alle reti del cantiere con rabbia e decisione. O forse temevano qualche slogan contro la presunta visita prevista per oggi del ministro Salvini.. A testa alta come sempre i no tav non si sono fatti fermare e sono riusciti a fare il pranzo alla Colombera passando per vie secondarie. Evidentemente questo ha disturbato le forze dell’ordine che non hanno potuto riposare all’ interno del cantiere come è loro solito fare a spese nostre, tanto da prendersela a fine giornata con chi attaccava dei pericolosissimi adesivi No tav.

Come sempre siamo consapevoli di essere dalla parte della ragione e ribadiamo con forza che continueremo a lottare contro il tav Torino-Lione con determinazione!
#avantinotav

Dopo il corteo di sabato arriva la vendetta della polizia politica, denunciati 46 notav per il primo maggio

http://www.notav.info/post/dopo-il-corteo-di-sabato-arriva-la-vendetta-della-polizia-politica-denunciati-46-notav-per-il-primo-maggio/

notav.info

post — 2 Agosto 2019 at 09:43
 
A pochi giorno dalla marcia notav del 27 luglio che è arrivata fino alle reti del cantiere circondandolo con migliaia e migliaia di persone, arriva la vendetta della Questura di Torino e della sua Procura.

La polizia politica DIGOS ha annunciato ieri a mezzo stampa che 46 persone sono state denunciate per aver partecipato al 1° Maggio NoTav di quest’anno. Come ormai consuetudine la notizia è stata diffusa da un comunicato del sito della Questura e subito ripreso, quasi parola per parola, da La Stampa e La Repubblica senza minimamente dare la parola ai notav; addirittura alcune testate allegano foto di un primo maggio di diversi anni fa per rendere il tutto più pulp. Effettivamente solo la mistificazione può servire a illustrare il pazzesco ribaltamento per cui gli aggrediti e i picchiati dalle forze dell’ordine (i notav) finiscono denunciati, a preludio di un’operazione già scritta che porterà molti giovani a subire pesanti misure cautelari grazie a una procura condiscendente che a Torino ha ormai fatto della crociata contro chi osa alzare la testa contro il potere la sua principale missione.

Ma di cosa sono accusati i NoTav denunciati? Di nuovo, sono accusati del peggior dei delitti che una politica ridotta a pantomima possa sopportare: hanno fatto seguire alle parole i fatti. La dettagliata relazione della polizia politica li accusa innanzitutto di essersi svegliati troppo presto al mattino e essersi presentati piazza Vittorio con lo spezzone NoTav, fin dalle ore 8 e 30, per evitare di essere esclusi dalla piazza. In secondo luogo, ai notav viene imputato di aver contestato lo spezzone del Partito Democratico, impedendogli di partecipare di fatto al corteo se non con un’ingente scorta di Polizia e Digos. Infatti quel giorno la rabbia e la determinazione di molti NoTav ha de factocacciato il PD dal corteo, regalando a milioni di italiani la soddisfazione di veder scappare dalle festa dei lavoratori persone che un lavoro non lo hanno mai avuto né mai cercato, uno fra i tanti l’ex-senatore e twittatore seriale Stefano Esposito,  fra gli azionisti di maggioranza del partito del Tondino e del Cemento, nonché responsabile della svendita dei diritti dei lavoratori negli ultimi 30 anni.

Poco male quindi se ci si accusa di una cosa che per noi notav, sia valsusini che torinesi, può al massimo aggiungersi tra i numerosi meriti del movimento.

Le altre altre accuse sono quelle di non aver indietreggiato davanti alle cariche selvagge della celere in Piazza Vittorio prima, e in via Roma poi. L’obiettivo della violenza della celere è scritto nero su bianco nella relazione della DIGOS: bisognava evitare che il teatrino  di confederale infarcito di vuota retorica sulla crescita e lo sviluppo ricevesse dei fischi.  Chiunque fosse presente, o si sia almeno preso la briga di guardare i video delle cariche, si è subito resto conto di come la piazza fosse a priori vietata ai NoTav e che i sindacati e i partiti fossero gli unici ad avere la possibilità di sfilare senza essere presi a manganellate.

Si accusano i NoTav di “resistenza”, ma il 1° Maggio non è altro che un’altra giornata alla moda notav: la messa in campo della dignità di chi sa di essere dalla parte della ragione e che sa difenderla con determinazione dove necessario.

Queste denunce, annunciate con letterina minatorie a mezzo stampa, arrivano come una vendetta un po vigliacca dopo il successo della marcia al cantiere durante il Festival ad Alta Felicità. Forse il prefetto Palomba e il questore De Matteis si sono risentiti che più di 15’000 persone non abbiano avuto paura, e neppure troppa difficoltà, a ridicolizzare l’apparato di difesa del cantiere di Chiomonte? Come ha detto qualche notav ha detto al ministro Salvini pochi giorni fa, se loro sono preoccupati noi siamo felici.

Non un passo indietro, avanti NoTav!https://vimeo.com/333837661/75f20ef8d5

 

Polizia picchia primo maggio

I No Tav ai 5 Stelle: “Via dal Movimento ma non dimettetevi”

https://www.lastampa.it/torino/2019/08/01/news/i-no-tav-ai-5-stelle-via-dal-movimento-ma-non-dimettetevi-1.37288465?fbclid=IwAR0tRcfpSxHoMHZqBQdXuMPnTRr8zy5qfTqtGGD0noHIixaQcbts15zEyKg

Perino: “La fiducia nei grilini è zero, quella nelle persone è altissima”. Ma Appendino ha già bocciato l’appoggio esterno 

 Muore nel salone dove è nata l’ alleanza tra No Tav e 5 Stelle. Muore quattro giorni dopo la marcia di sabato verso il cantiere, quando la frattura era già evidente. «Tutta colpa del sì del premier Conte alla Tav» diceva qualcuno. Ed è ancora una volta Alberto Perino – l’ uomo che ripete da sempre «non ci sono governi amici per i No Tav» – a dettare la linea. Prima dell’ incontro aveva detto: «Scelgano: o sono grillini oppure sono No Tav».
Quando prende la parola, all’ assemblea di Bussoleno, voluta per rimarcare le posizioni di tutti, e per provare a tornare a capirsi dopo le evidenti frizioni della scorsa settimana, l’ uomo che è stato ed è icona della valle in lotta contro il super treno, lima un po’ i toni, ma la sostanza resta più o meno quella. «Visto che li abbiamo mandati lì come No Tav, gli eletti dei Cinquestelle si facciano buttare fuori dal movimento. Che non è più quello di una volta, di quanto Grillo veniva in Clarea a fare le battaglie con noi». Punto due del pensiero del leader dell’ anima popolare del mondo anti Tav: «Non accetteremo nessuna forza politica che voterà il decreto Sicurezza bis».

No TAV M5S 0

Ora la questione è semplice. Perino – ma non soltanto lui – vorrebbe che chi è davvero contrario alla Torino – Lione si sfili la casacca grillina, e rimanga dov’ è. In parlamento, oppure nelle amministrazioni comunali, per portare le istanze dei No Tav. Impossibile da realizzare a Torino anche se tre-quattro consiglieri di quelli accorsi all’ assemblea di ieri, i cosiddetti irriducibili – Ferraro, Albano, Paoli – sarebbero d’ accordo.
Ma la sindaca ha detto chiaramente che non accetterà l’ appoggio di un gruppo esterno.
In sala, Guido Montanari, ex vicesindaco di Appendino.

 No TAV M5S 1

Che fa due cose. La prima: invita i grillini «dissidenti» ad andarsene dai Cinquestelle: «Anche gli altri consiglieri devono fare la scelta di passare al gruppo misto (il riferimento è alla Pollicino). Lasciando Appendino appesa ad un filo». La seconda cosa che fa è attaccare frontalmente colei che lo ha estromesso dalla giunta: «Cacciando me Torino si è allineata al partito di Di Maio. E questo è un male per il movimento, per l’ Italia e per l’ ambiente. A questo punto non è più un problema mio, ma una questione politica». E di vita o di morte della giunta torinese.

 No TAV M5S 2

Perino, che queste cose le aveva subodorate aveva anche lanciato un salvagente ai possibili dissidenti del mondo Cinquestelle: «La fiducia nei grillini è pari a zero. Quella nelle persone, invece è altissima». Una presa di posizione che, alla fine, fa dire a Viviana Ferrero: «Se i No Tav mi chiederanno di lasciare il movimento lo farò». E detto da lei che è anche vice presidente del Consiglio comunale è una presa di posizione fortissima. Rincara la dose: «Il momento mi delude politicamente. Ma non moralmente». Insomma: si aspettano le decisioni.

Sindaco di Salbertrand: non vogliamo la fabbrica del TAV in paese

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notav.info

post30 Luglio 2019 at 09:24

 

La fabbrica dei conci del TAV Torino-Lione dovrebbe sorgere nel comune di Salbertrand in alta valle. I conci sono i blocchi semicircolari di calcestruzzo che dovrebbero essere utilizzati per rivestire il tunnel di base.

Il nuovo sindaco di Salbertrand, Roberto Pourpour, ha vinto con una campagna elettorale espressamente schierata contro la costruzione della fabbrica che avrebbe un imponente impatto ambientale e logistico sul paese di 603 abitanti. In un’intervista a la Stampa ha recentemente ribadito la volontà degli abitanti di opporsi alla fabbrica di morte invece di barattare lavoro e salute.

D’altronde non c’è da stupirsi. Oltre 400 camion al giorno dovrebbero fare andata e ritorno dal cantiere dell’alta velocità con impatti devastanti sul piccolo borgo. Il paese, nonostante la vocazione turistica, è già pesantemente infrastrutturato con due cave di ghiaia, due siti di recupero materiale, due aree di servizio e un casello. Telt in questi giorni sta già mandando le lettere per gli espropri dei terreni su cui dovrebbe sorgere la fabbrica nonostante la contrarietà del comune e della popolazione.

Il movimento No Tav da sempre afferma che l’impatto ambientale dell’opera non sarà affatto circoscritto all’area della Val Clarea come vorrebbero far credere i promotori, ma avrà effetti su tutta la valle. Di certo l’opposizione del sindaco e della popolazione di Salbertrand alla fabbrica dei conci dimostra che la strada per la costruzione del tunnel di base è tutt’altro che in discesa e che al di fuori del fortino di Chiomonte, pesantemente militarizzato, diversi grattacapi si presenteranno per il partito del cemento e del tondino. Altro che avvio dei lavori, la lettera all’UE del governo gialloverde che accetta l’inizio dell’opera è appena partita ma i i problemi per il TAV in Val di Susa sono appena cominciati…

Per rendere utile il Tav serve tornare agli Anni 60

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Per rendere utile il Tav serve tornare agli Anni 60

Il tunnel della Manica genera benefici perchè è l’unico. I collegamenti alpini sono invece una dozzina. Perciò il Torino-Lione non è un’idea di successo

Al di fuori del paradiso terrestre nessun pasto è gratis, a parte l’eccezione della moltiplicazione dei pani e dei pesci. E se qualcuno consuma un pasto senza sostenerne l’onere è perché qualcun altro lo ha pagato al suo posto senza consumarlo. Le grandi opere sono pasti molto costosi e nessuna di esse è gratis, ma questo piccolo particolare viene tenuto abilmente nascosto a un’opinione pubblica ingenua dalla quasi totalità dei media e delle forze politiche.

Gli uni e le altre sottolineano l’utilità delle grandi opere e dalla descrizione dei loro vantaggi traggono erroneamente, violando quella che è nota come legge di Hume, la prescrizione della loro realizzazione. Che sarebbe come sostenere che quando entriamo come consumatori in un grande magazzino dovremmo portarci via una grande quantità di beni, essendo tutti potenzialmente utili per noi. Ma in realtà non lo facciamo, poiché troviamo un ostacolo nel nostro vincolo di bilancio il quale ci comunica che non ce li possiamo proprio permettere. Così dobbiamo limitarci a comperare solo quelli che riteniamo valgano più dei soldi che ci chiedono in cambio.

Perché questa semplice logica delle scelte private evapora come neve al sole quando passiamo alle scelte pubbliche? Perché semplicemente le scelte pubbliche si fanno coi soldi degli altri e in particolar modo le grandi opere si fanno a debito, usando i soldi degli italiani di domani i quali non hanno alcuna possibilità di manifestare oggi il loro dissenso al riguardo.

Il caso Tav è emblematico al riguardo. Nessuno sostiene che la Torino-Lione sia completamente inutile, ma il gruppo di esperti del professor Marco Ponti ci ha spiegato che i suoi costi eccederebbero di gran lunga i benefici.

Come è stata accolta questa analisi? Col lancio sincronico di uova e pomodori mediatici. Ma cosa fa caro prof. Ponti, somma algebricamente i benefici nostri e i costi che verrebbero pagati da altri, togliendoci l’illusione dei pasti almeno semi-gratis? Che cosa ci importa del costo che ricadrà attraverso il contributo europeo sulla casalinga di Tallin, sull’idraulico di Danzica e sul pescatore di Setubal? E, poiché restiamo ancora col segno meno, cosa ci importa degli oneri che ricadranno attraverso il debito pubblico sugli italiani di domani?

Essi non comprano i giornali di oggi né votano i partiti di oggi.

Il vincolo di bilancio, quello che si manifesta ogni volta che entriamo in un grande magazzino, non esiste nelle scelte pubbliche: è solo un’illusione ottica evocata da quei quattro gatti, ma forse solo tre, di liberali rigoristi. Forse qualcuno ha scritto che le grandi opere saranno pur tutte utili ma che non ce le possiamo permettere tutte, almeno non tutte assieme? Io non lo ho letto, non almeno sui giornali a più ampia diffusione, quelli con le maggiori chances di informare, e informando correttamente anche di educare, i cittadini.

La Torino-Lione è una sorta di Eurotunnel sotto le Alpi, paragonabile per i costi di realizzazione ma non per i livelli di traffico attesi al link sottomarino tra Inghilterra e Francia. È indubbio pertanto che sia in grado di generare benefici, tuttavia la domanda chiave è perché essi non siano del medesimo ordine di grandezza del più famoso cugino franco-britannico. La risposta è semplice: l’Eurotunnel sotto la Manica è unico mentre di eurotunnel sotto le Alpi ve ne sono molteplici.

A livello ferroviario esso sarebbe il quarto, dopo i due nuovi link svizzeri del Gottardo e del Loetschberg e il nuovo Brennero in fase di costruzione. Seconda considerazione: tutti questi link ferroviari hanno almeno un gemello stradale in concorrenza e la Torino-Lione ne ha ben tre, aggiungendosi al Fréjus stradale anche il Bianco e Ventimiglia; infine bisogna considerare i collegamenti, sia ferroviari che stradali, con Austria e Slovenia dal Friuli.

Le merci sono in grado di attraversare le Alpi grazie ad almeno una dozzina di collegamenti rilevanti, tra ferroviari e stradali. Invece tra Inghilterra e Francia vi è solo l’Eurotunnel che, essendo privo di alternative stradali, obbliga i camion a salire in treno, in quella che è chiamata autostrada viaggiante, oppure a imbarcarsi. Tutto il resto delle merci viaggia direttamente via mare, come ha sempre fatto nei secoli. Tra le merci che usano l’Eurotunnel, inoltre, più del 90% utilizza la modalità camion su treno rispetto al solo treno. Nel caso della Torino-Lione questa parte della domanda avrebbe tuttavia valide alternative autostradali e non è proprio detto che sia disponibile a salire in treno spontaneamente.

Che fare dunque? Realizzare il Tav e lasciarlo semivuoto, dando ragione ai suoi critici, oppure chiudere le diverse alternative stradali e ritornare alla situazione dei primi anni ’60, quando i due trafori non c’erano e la scelta per le merci dalla Francia era solo tra il Fréjus di Cavour e l’Aurelia dei romani? A queste condizioni la Torino-Lione potrebbe anche essere un’idea di successo.

di Ugo Arrigo

questo piccolo particolare viene tenuto abilmente nascosto a un’opinione pubblica ingenua dalla quasi totalità dei media e delle forze politiche.

Tav, ora vi racconto come stanno davvero le cose

Fabio Balocco

Tav, ora vi racconto come stanno davvero le cose

Ricordo che la prima volta che mi occupai di Tav fu quando, essendomi trasferito in Val di Susa, chiesi un colloquio con l’allora presidente della Comunità Montana, Antonio Ferrentino. In realtà il colloquio lo chiesi perché volevo propormi come scrittore di tutta una serie di itinerari escursionistici in valle. Ma poi, parlando del più e del meno, egli mi disse che lì a Caprie, proprio a poca distanza da casa mia, doveva passare l’interconnessione della Tav (so bene che si può dire anche il Tav ma a me piace di più il sostantivo sottinteso “linea”, che non “treno”).

Fu allora, che, vedendo il progetto, mi accorsi che, così come era stata tracciata la linea con il pennarello, sarebbe stato spazzato via un convento di suore: chi aveva tirato quella linea non era mai stato in valle. Già allora, parlo dell’inizio del millennio, la Tav era qualcosa che si doveva fare. Perché faceva girare dei soldi. Solo ed esclusivamente per quello. Probabilmente non si saprà mai se sono corse, se stanno correndo, se correranno tangenti. Non è questo il punto. Il punto è la sudditanza di un potere politico alla lobby delle costruzioni che quel potere da sempre sostiene.

Basterebbe questo per comprendere (non giustificare) questa grande opera, come buona parte della altre. Partendo da questo presupposto non è strano, anzi, che prima la linea sia stata giustificata con il traffico passeggeri. Poi, visto che la foglia di fico non teneva, ecco inventarsi la linea di trasporto merci e inventarsi altresì un corridoio Lisbona-Kiev per le merci tutto da realizzare, poi bene sbugiardato dal giornalista Luca Rastello nel suo Binario morto.

Del resto, per contestare quella classe politica che ne esaltava la necessità, sarebbe bastato il fatto che da quando nacque la repubblica i vari governi hanno finanziato solo ed esclusivamente opere per il trasporto merci su strada. Quello su rotaia è diventato una cenerentola. Improvvisamente, con la Tav il traffico merci diventa essenziale, ma guarda un po’… Però, dato che neppure i numeri del traffico merci giustificano la linea, che anzi è addirittura sovradimensionata rispetto al traffico che potrebbe sostenere, ecco che ci si inventa addirittura un flusso di traffico mirabolante per i prossimi decenni, tale da poter motivare appunto la realizzazione dell’opera.

Ma torniamo a quel colloquio con Ferrentino (allora No Tav, poi folgorato sulla via di Damasco e divenuto Sì Tav). Fino ad allora non mi ero mai occupato di Tav ritenendola ingenuamente un’opera futuribile, ma non immediata. Iniziai ad occuparmene attivamente. Conobbi la gente della valle (che poi avrei anche difeso per professione), fortemente motivata a fermare quell’opera perfettamente inutile che avrebbe devastato la loro valle. A chi oggi se la prende con i No Tav, tacciandoli di essere contro il progresso o addirittura terroristi, pongo una semplice domanda: cosa fareste voi se vi volessero realizzare una grande opera sotto casa e sapeste, numeri alla mano, che essa non serve a nulla? Pensateci.

La nostra battaglia (posso dire “la nostra” perché divenne anche una mia battaglia) sembrava esattamente quella di Davide contro Golia, anche se il re era palesemente nudo. Contro non avevamo solo un intero arco costituzionale (allora, ricordo, Rifondazione Comunista e i Verdi contavano come il due di picche), ma anche tutti i mass media (con l’eccezione del Fatto e de il manifesto). Risultato: non riuscivi a far trapelare la verità e cioè l’inutilità dell’opera. Addirittura i media travisavano la realtà pur di convincere la gente che l’opera andava fatta. Ricordo un giornalista di un grande quotidiano che, quando di notte la polizia picchiò a Venaus i manifestanti inermi, adottò per il pezzo un titolo del tipo “La polizia attacca i manifestanti durante la notte” e gli fu modificato con “Scontro nella notte fra manifestanti e polizia”.

Non credo che nella storia della repubblica un’opera sia stata pompata così tanto come la Tav, ma semplicemente perché è un’opera intorno a cui girano davvero tanti, ma tanti soldi. Pompata sia da quotidiani e sia da televisioni. Insomma, in questi anni ci è sembrato di vivere un incubo, credetemi. E quando il sistema (perché di sistema si tratta) passò dalle parole ai fatti, quando fu sgombrata con manganelli e idranti l’area della Maddalena (io ero lì a relazionare per questo giornale), ecco mettercisi anche la magistratura con un pool ad hoc per colpire i reati dei No Tav. Non quelli delle forze dell’ordine. E addirittura un “teorema Caselli”, secondo cui il movimento avrebbe avuto caratteristiche terroristiche (teoria poi smontata dalla Corte di Cassazione).

Così il quadro era completo, eravamo circondati: potere economico, potere politico, mass media, magistratura, forze dell’ordine. Sembrava non esserci scampo. O meglio, uno spiraglio di luce lo vedevamo: era Beppe Grillo, prima, e il M5S da lui creato, dopo. Alla Maddalena quella notte al nostro fianco c’erano tutti loro, i Cinquestelle, compresa quella Chiara Appendino che poi sarebbe diventata sindaco di Torino. Loro alle manifestazioni c’erano sempre ed erano in tutta Italia l’unica forza politica che denunciava l’inutilità delle grandi opere e lo spreco di pubblico denaro, oltre alla gratuita (questa sì) distruzione di territorio ed ambiente, dalla Tav al Tap al Terzo Valico. Nei Cinquestelle noi credevamo, molti li conoscevamo personalmente, e quando andarono in parlamento all’opposizione continuarono coerentemente la loro battaglia.

Ma poi venne l’abbraccio con la Lega, proprio il partito che più di tutti affonda le proprie radici nel cemento, proprio quello. Ed ecco allora, come logica conseguenza, un contratto di governo che non parla di consumo di suolo, non parla di abusivismo, dice sì al Terzo Valico, e dice addirittura nì, non più no, alla Tav. Ecco il sì al Tap, ecco il sì alla tratta Av Brescia-Padova, ecco l’Av Napoli-Bari. Magari, chissà e perché no, il Ponte sullo Stretto. Perché anche qui ci sono le penalianche qui forse bisogna pagare. Già, perché il revirement dei Cinquestelle su tutte le grandi opere è che costa abbandonarle. In ultimo, il premier Conte con le sue dichiarazioni.

Innanzitutto allora, dico io, potevano risparmiare soldi per le analisi costi-benefici: perché pagare fior di esperti per poi usare i loro studi per dopo… (lascio alla fantasia del lettore). E poi, santo dio, parlare di necessità di risparmiare in un paese in cui le grandi opere vengono realizzate secondo itinerari balzani (in Piemonte l’autostrada Asti-Cuneo), oppure vengono realizzate senza una reale utilità (Pedemontana veneta su tutte) pur di finanziare l’industria delle costruzioni, fa francamente sorridere. Inventatene un’altra di balla, che sia più credibile, per favore.

Ma infine, anche ammesso e non concesso che in termini strettamente monetari gli abbandoni costino di più, i nostri politici, e qui mi rivolgo in particolare ai Cinquestelle, sanno che esistono i sistemi eco-sistemici? Che un consumo di suolo, un degrado dell’aria e dell’acqua hanno dei costi per la collettività? Sanno, molto più banalmente, che un ambiente sano viene prima di tutto, come del resto anche affermato dalla stessa Corte Costituzionale in più sentenze? Ma è tutto inutile. E per la Tav si andrà quindi al voto in Parlamento, con i Cinquestelle che faranno un po’ di manfrina, magari, già me lo immagino, tireranno fuori le bandiere No Tav. Una sceneggiata, e poi tutto continuerà esattamente come prima.

Gli eletti (non nel senso di “superiori”, per la carità) continueranno a fare i loro giochetti in parlamento al servizio delle lobby. Fuori si continuerà a bucare montagne, a estinguere sorgenti, a costruire abusivamente, a privatizzare beni comuni, a consumare suolo, a tagliare foreste, ad avvelenare il terreno, l’acqua e l’aria, a morire di cancro. “Il migliore dei mondi possibili”.