Tav, l’inciucio di B. e Salvini per la mozione contro i 5S

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Tav, l’inciucio di B. e Salvini per la mozione contro i 5S

La Trattativa:

Tav, l’inciucio di B. e Salvini per la mozione contro i 5S.
Partito degli affari – La Lega e Berlusconi tornano a parlarsi per il dibattito al Senato sull’alta velocità: così il 7 agosto resusciterà il vecchio centrodestra.

di Ilaria Proieti
– Sarà un finale al cardiopalmo. Perché prima della pausa estiva al Senato si incroceranno i voti sul decreto sicurezza bis che la Lega vuole portare a casa al più presto e senza ricorrere al voto di fiducia, che è sempre rischioso. E quello sulla mozione No Tav con cui i 5 stelle riaffermeranno in solitaria (o quasi) la contrarietà all’opera che dopo l’imprimatur di Giuseppe Conte, il Carroccio dà già per fatta. Anche se Luigi Di Maio non sembra voler gettare la spugna, a costo di tirarsi dietro strali e ironie. “Fa il treccartaro: non basta una mozione per bloccare l’opera. E comunque per far passare la mozione pentastellata i voti deve trovarli lui con il suo 33 per cento di senatori” taglia corto il capogruppo di Forza Italia alla Camera, Maria Stella Gelmini. L’altra capogruppo forzista, la senatrice Anna Maria Bernini invita Di Maio a sfiduciare Conte che nel dire sì all’opera “ha evidentemente tradito il mandato ricevuto dalla forza politica che lo ha espresso”.

Ma al di là delle dichiarazioni, si lavora di fino. E con il pallottoliere alla mano. Perché le fibrillazioni in seno alla maggioranza proseguono. E le opposizioni sperano, come sempre, che qualcosa accada. “Tra pochi giorni si voterà sulla Tav al Senato. Per la prima volta assisteremo alla parlamentarizzazione delle divisioni. La crisi sarà conclamata ma hanno paura di lasciare le poltrone” sottolinea il capogruppo del Pd a Montecitorio Graziano Delrio mentre Lega e 5 Stelle con dichiarazioni ufficiali e veline se le danno tutto il giorno di santa ragione. “Solo lo scorso maggio Sandro Gozi (già parlamentare dem, ndr) definiva la Tav Torino-Lione ‘il simbolo di un’Europa che vogliamo ricostruire’. Tempo due mesi e Macron gli ha dato un incarico nel suo governo. Gozi accettandolo ha dimostrato che tradiva il Paese prima e lo tradisce oggi. Ma in tutto ciò la Lega che dice? Sostiene le stesse idee di Gozi, del Pd e degli amici di Macron che hanno girato le spalle alle Italia. Perché?” fanno sapere del Movimento. Rintuzzato dalla Lega sulla riforma della giustizia, il taglio delle tasse e l’autonomia: “L’Italia ha bisogno di sì per crescere, non di no”. A partire dal Tav che a Palazzo Madama terrà banco fino all’ultimo giorno prima delle ferie. Sudate, perché i prossimi giorni saranno dedicati alle strategie, per non dire alle trappole, per portare a casa il migliore risultato possibile: Forza Italia e Fratelli d’Italia potrebbero presentare ciascuno una mozione per ribadire l’appoggio all’opera.

“A quel punto sarebbe lecito attendersi che la Lega le appoggiasse. Ancora meglio se fosse proprio la Lega a presentarne una sua che andasse in quella direzione. A quel punto voteremmo in blocco la mozione unitaria che renderebbe plastico il ritorno del centrodestra in Parlamento” ragiona qualcuno dello stato maggiore di Forza Italia. Certo, la “complicità della Lega” con FI e FdI sarebbe un chiaro atto di ostilità del Carroccio contro il Movimento 5 Stelle. A cui verrebbe inflitta “una umiliazione di tali proporzioni da mettere in discussione l’alleanza”. In questa prospettiva – è il ragionamento – la domanda da farsi è una sola: al di là dei toni ormai quotidiani da fine di mondo, Salvini il banco vuol farlo saltare davvero o no?

E il Pd? Ieri anche in casa dem si ragionava dell’opportunità di presentare un documento autonomo per ribadire il sì all’alta velocità in Val di Susa. “Non solo per sottolineare che la mozione 5 stelle che impegna il Parlamento e non il governo come avrebbe dovuto fare nei tempi e nelle sedi opportune, è una castroneria. Ma soprattutto per rompere il blocco gialloverde sfidando la Lega a prendere atto delle contraddizioni interne alla maggioranza”.

Però sia in casa dem, sia nei gruppi di Fi e FdI, adesso è il momento di fare i conti della serva. Perché se alla fine decideranno di andare in ordine sparso, il risultato sarà di raccattare sulle singole mozioni, meno voti di quella del Movimento 5 Stelle. Che potrebbe essere appoggiata pure da Leu, sempre a patto che i pentastellati faranno lo stesso con il documento che dovrebbero presentare i senatori guidati da Loredana De Petris.

In questo caso si tratterebbe di tutte “mozioni a perdere”, ragiona un senatore di lungo corso aduso alla pugna, ma senza mai perdere di vista il cuore delle cose. “Si tratta di una vicenda tutta mediatica. Quanto all’aula il dibattito, ne sono certo, sarà caldissimo. Poi tutti al mare”. Con un’altra finestra elettorale chiusa.

UNO SGUARDO LUCIDO SUI 5 STELLE – E, DI PALO IN FRASCA, UNO SGUARDO ANNEBBIATO SUI MISTERI E ORRORI DI TRASTEVERE

https://fulviogrimaldi.blogspot.com/2019/07/uno-sguardo-lucido-sui-5-stelle-uno.html

MONDOCANE

LUNEDÌ 29 LUGLIO 2019

Sembrerebbe che i due argomenti che ho affastellato qui c’entrino tra loro come i cavoli a merenda. E così è. Ma, se guardiamo al contesto, sono entrambi pioli di una scala che continuiamo a scendere.

Con Mario Monforte, della rivista “Il Ponte” fondata da Piero Calamandrei e una delle poche pubblicazioni rimaste a opporsi con intelligenza critica e propositiva, sono da tempo in  proficua e istruttiva corrispondenza, in particolare sulla vicenda, oramai parabolica, del Movimento 5 Stelle, forza sociale e politica che entrambi abbiamo sostenuto. Oggi mi ha inoltrato un breve intervento in vista di una delle assemblee che i 5 Stelle e i cittadini dell’ex-Repubblica Fiorentina organizzano per confrontarsi con gli eventi e, magari, reagirvi. Lo pubblico in calce e rimando a data successiva una mia seconda puntata su quanto sta determinando la sostituzione della lotta contro il Tav con una puramente strumentale e demagogica campagna verbale NoTav in un parlamento quasi tutto TAV e, dunque, dall’esito scontato. Una sciarada. Esito assolutamente per niente scontato, prima dell’ennesima fuga all’indietro del premier Conte e del patetico traccheggiare per mesi dei vari ministri 5 Stelle.

Il pasticiaccio brutto di Piazza Gioachino Belli

Ma lasciatemi dire un paio di parole sul fattaccio-fattone del giorno: l’uccisione di un carabiniere da parte di due future promesse dei Marines, passate prima per maghrebine, poi per africane e, solo alla resa dei conti con Salvini e i salviniani, per cittadini statunitensi. Lascio ad altri investigatori non condizionati, nè Nato-guidati, la disanima di un’inchiesta che più pasticciona, contradditoria, piena di buchi e ombre vastissime, è difficile confezionarla, pure in un paese di pasticci, misteri e intrighi esperto per antichissima pratica dei suoi potenti. Mettete insieme uno spacciatore evaporato, un mediatore che chiama i carabinieri a dispetto della sua identità di correo e che qualcuno qualifica di informatore, i carabinieri che spediscono una pattuglia mobile in divisa e armata che, però, poi svanisce e, successivamente due carabinieri in borghese, disarmati, che i due tossici Usa prendono per chissà chi e, in evidente dubbio sulle loro intenzioni, ne accoltellano uno a morte. Dell’altro carabiniere non s’è mai capito bene cosa avesse finito col fare. Pare che si stesse accapigliando con il secondo ragazzotto.

Trastevere e che ne hanno fatto



Tutto questo è successo a Trastevere, quartiere nel quale ho abitato una prima volta a cavallo dei ’50-’60 del secolo scorso. Artigiani, artisti, trattorie  casarecce, scuderie delle botticelle, bimbetti a giocare a Campana, bar degli amici col bianchino e col chinotto, centro sociale e culturale comunitario la scuola pubblica Giulio Romano. Una comunità affratellata da due millenni di storia, solidale, piccola malavita tra amore e coltello, i fiumaroli, le canzoni, le cene di rione in strada, lo splendore del Cinque e Seicento tutt’intorno. Gran padrona degli stabili in primis la Chiesa e quando nei ’70 iniziarono ad annusare l’incanto genuino del borgo i de-genuinizzati di Hollywood in trasferta a Cinecittà, certi papaveroni della créme letteraria e giornalistica cosmopolita che amavano proletarizzarsi tra il bollito e il Velletri di Augustarello,  arrivò anche qualche primo ratto speculatore. Il Vaticano come sempre capì l’antifona e corse coi tempi a far correre gli affitti. Inizio dello spopolamento, prima verso Marconi, poi la Magliana, poi Torre Maura, Tor Sapienza, Tor, Tor… Dopo una breve gentrificazione, la massiccia mafizzazione dei ’90 e oltre.Ogni portone barocco un locale, localino, localaccio. Puzza di impunità mafiosa da ogni vicolo. E dunque spaccio. E, dunque, la movida, tra turisti che s’illudono di stare a Trastevere e truzzi e tamarri e coatti che fanno del cimitero di una cultura millennaria territorio di scorribande tipo i due statunitensi. Trilussa piange lacrime di marmo da dietro gli sterpi che ne avvolgono la statua.

Abu Ghraib alla matriciana

Torniamo al delitto. Mi rendo conto che, non protetto dalla qualifica di cronista giudiziario, mi si possa far passare per complottista che vaneggia a fianco di terrapiattisti e negatori di verità certificate e che non devono neanche più essere sottoposte a rivisitazioni storiografica,  se non al costo di putiferi, esorcismi, esclusione dalla comunità umana. Per non correre questo rischio, oltre a esporre i fatti come riportati dai giornaloni, non esprimo valutazioni. Ma una valutazione mi sia consentita, anche se ridotta a pigolìo nel rimbombante e rintronante peana per un giovane milite dell’Arma divenuto eroe nazionale e transnazionale per aver avuto la sventura di essere baionettato da uno stronzo americano. Per quel carabiniere dispiace assai a me come a tutti, ma mi chiedo se una simile apoteosi sarebbe spettata anche a un civile benemerito per militanza ecologica, trafitto da un qualche ragazzo tirato su a cocaina, guerre per la democrazia e videogiochi a eliminazione di tutti, tipo Fortnite. Chissà. Intanto Pietro Micca si torce d’invidia.

Ma il punto più significativo di tutto questo, significativo per i tempi che corrono, è che i carabinieri, catturato e reso inoffensivo il reo nelle loro segrete stanze, violando la Costituzione, i regolamenti delle Forze dell’Ordine, gli standard di comportamento di chiunque abbia per le mani un essere vivente inerme, lo riducono a icona salviniana delle pratiche Usa tipo Guantanamo o Abu Ghraib, bendato, ammanettato, piegato in due. Cosa avrebbero voluto fargli dire? Intanto sappiamo cosa ha esternato il capo delle Forze dell’Ordine alla vista dell’abughraibino stavolta non iracheno: “Di vittime ce n’è una sola”.

Con che faccia…

Intanto qualcosa, il costrittore e il fotografo dei CC, sono riusciti a mettere in bocche della verità come il Washington Post o il New York Times: una virulenta indignazione su come, in Italia, si violentino i diritti umani e se ne ricavi modello delle istituzioni pari a quella con cui i Borgia hanno reso questo paese agli anglosassoni degno di imitazione. I due giornali, in virtù delle nostre obnubilazioni e del copia e incolla che ne fanno tutti gli altri, sono considerati gli standard aurei del giornalismo mondiale. Infatti sono quelli del Russiagate finito in coriandoli; quelli che basta che si affaccino dai loro loft per NON vedere poliziotti e sceriffi sfondare porte di case  perlopiù di neri, perlopiù di poveri, abbattere cani ringhianti, fucilare sul posto un minorenne, sempre nero perchè, schiacciato sul cofano, ha mosso un piede (si chiamano operazioni SWAT e Obama ne ha fatto la guerra agli irregolari e importuni interni). Sono quelli, che con la vista allungata dei loro inviati negli hotel a 5 stelle, ci istruiscono su come Gheddafi, Assad, Saddam. Maduro, Ortega Putin, Xi Jinping, perfino la vecchia fiduciaria Aung San Suu Kyi, sterminino inermi patrioti e democratici e come l’unica speranza nell’est del mondo sia rappresentata dal nazi-battaglione Azov all’attacco dei filorussi del Donbass.

Ecco, questo mi stava sullo stomaco e me ne sono liberato. Ora la parola al puntuale 
Mario Monforte. Una considerazione da tener presente, tanto sintetica quanto precisa.

Ho una “sensazione” non positiva della “cosa” che andiamo a vedere di condurre nella maniera migliore che ci riesca. Perché? Non perché “le cose” non siano chiare, anzi evidenti. Il M5S con questo governo è arrivato al punto di approdo. Infatti, una “caduta” può capitare, è un caso andato storto; due “cadute” pongono la domanda se sia un caso o no; tre “cadute” non sono casi, ma segnano direzione e modo d’essere. Si deve fare l’elenco? Reddito e pensione di cittadinanza (fonti di ampi consensi al M5S) condotti in modo del tutto striminzito, escludente e sottoposto a vincoli stringenti (di efficacia molto limitata); pensioni malamente affrontate (la quota 41 non muta granché la L. Fornero); investimenti ridotti al minimo (dall’ampio piano che avrebbero dovuto avere); questione Ilva “risolta” … a quella maniera; sí ai vaccini obbligatori; sí al Tap; sí al Muos; sí alle trivelle; sí infine al Tav (non solo TO-Lione, ma anche a tunnel-Foster a Firenze, per non dire del sí all’insensato aeroporto); Di Maio che dice di farsi tatuare in fronte il sí all’euro, quindi all’Ue, e – ciliegina (anzi, ciliegiona) sulla torta, il sí (decisivo) alla Von der Leyen (che accoppiata con la Lagarde alla Bce!). C’è qualcosa da commentare? 

E non basta: la pantomima del “noi 5S siamo per il no Tav, si fa la mozione …” – è inutile dire che sarà ovviamente battuta, ma questi stessi 5S non sono i “soci di maggioranza” del governo? – e la “riorganizzazione” del movimento indicata da Di Maio (qualcuno pensava che il voto on line l’avrebbe bocciata?), che, a parte l’indizione dei “facilitatori” (termine già insensato, ripreso dalle [pseudo-]scienze della [de-]formazione), è di un vuoto totale (si “riorganizza” su che, a che, perché, per fare che?), e mostra solo l’intenzione di avere un po’ di apparato di sostegno (a eletti e governanti, ma a che fine? Per quello che stanno facendo?), a mo’ di para-partiticchio. È del tutto evidente – o almeno lo dovrebbe essere – che solo andando oltre il presente punto d’approdo del M5S si può mantenere e rilanciare non il movimento cosí com’è, ma mantenere e salvaguardare il fermento di reattività e di istanze e di cambiamento che il movimento ha suscitato e intercettato (e presto poi perso e il piano è inclinato verso il basso), e rilanciare il movimento come (quello che per ora chiamo) movimento democratico popolare (che è un prosequio ma anche un oltrepassamento, che richiede di sprofondare una serie di “costrutti” del tutto inadeguati e frenanti). Questo è (o dovrebbe essere), appunto, evidente.

Ma c’è una serie di ostacoli e impedimenti: l’attitudine a proseguire cosí come si è fatto e si sta facendo; le critiche a questioni e atteggiamenti specifici, ma non al complesso; la delusione e lo sconforto di tanti, che portano a distaccarsi, o comunque a ritenere che l’impegno non abbia grandi esiti (per cui lo si fa, sí, ma …); l’idea che non si possa e non si debba uscire con forza dirompente dalle secche (e dal dirigismo) in cui si è arenato il movimento; la mancanza di adeguata e approfondita comprensione della realtà (il capitalismo come modo di produzione e il capitalismo della fase presente, i suoi organi funzionali, come l’Ue, e l’adattamento dello Stato a tale funzione, la sua tecnologia, invece assunta ed esaltata in sé e per sé, la sua ideologia operativa ossia il liberalismo); il rinvio costante a “la pratica val piú della grammatica” (ma la pratica cieca è funzionale ad altro o non serve a niente). È vero che la situazione generale, culturale, mentale, comportamentale, in Italia (e non solo, ma siamo in Italia) è molto deteriorata; però cosí ci stiamo dentro e non ci se ne tira fuori. Donde la mia sensazione non positiva – ben motivata.

Mi chiedo se almeno coloro che puntano (o punterebbero) a una gestione fattiva dell’assemblea del 4 ag. riescono a superare tali ostacoli e impedimenti, o vi soggiacciono. L’incontro di domani sera servirà a “fare il punto”. In un senso o nell’altro.

Mario Monforte

Pubblicato da Fulvio Grimaldi alle ore 16:38

No Tav, al Festival alta felicità l’assemblea sulle prospettive di lotta: “Non esistono governi amici”

Dopo la grande delusione per molti militanti No Tav che avevano creduto nella possibilità di un appoggio da parte del Movimento 5 Stelle in Parlamento, oggi pomeriggio al Festival Alta Felicità di Venaus si è tenuta la tavola rotonda sulle “prospettive di lotta” del movimento che da 30 anni contrasta il progetto Tav in Val Susa. “Non ci sono mai stati Governi amici, ma è innegabile che la tentazione della delega è stata forte per una parte del Movimento No Tav – condivide la maggior parte degli intervenuti – ora è arrivato il momento di tornare uniti a contrastare con azioni dirette nonviolente come abbiamo sempre fatto quest’opera inutile e dannosa”.

No Tav, Travaglio: “Partito degli affari condiziona a tutti i livelli ma secondo me nel 2030 non vedremo nessun buco nella montagna”

https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/07/29/no-tav-travaglio-partito-degli-affari-condiziona-a-tutti-i-livelli-ma-secondo-me-nel-2030-non-vedremo-nessun-buco-nella-montagna/5354943/?utm_medium=Social&utm_source=Facebook&fbclid=IwAR38nD6goxDmdw7KBEGJAI6sHSSNuOXtjst553ixM9IiKvaalBqKpQyoOJk#Echobox=1564384510

Si è concluso ieri sera  il Festival Alta Felicità con l’incontro tra il direttore del Fatto Quotidiano Marco Travaglio e i tecnici del Movimento No Tav Luca GiuntiLele Rizzo e Alberto Poggio. “Io non sono contro le grandi opere o i treni che vanno veloci, sono favorevolissimo – ha esordito Travaglio – il problema di quest’opera è la sua plateale, costosa e dannosa inutilità”.

Intervistato su come riuscire a comunicare le ragioni di chi si oppone al Tav Travaglio ha espresso il totale isolamento al quale si espone chi esce dal coro favorevole alle grandi opere, “quello che dice le cose supportate dai dati passa per il tipo bizzarro, il partito degli affari condiziona a tutti i livelli. Non c’è un solo dato contro questo cantiere che venga smentito, eppure sembra che chi sostenga il Tav sia ormai in preda a una superstizione, non c’è più nulla di razionale e scientifico, ma se devo fare una previsione – ha chiuso il suo intervento – nel 2030 non vedremo nessun buco nella montagna”.

I commenti al Discorso Sì Tav di Conte del 23 luglio 2019

Comunicato Stampa

PresidioEuropa

Movimento No TAV

27 luglio 2019

www.presidioeuropa.net/blog/?p=20450

Torino – Lione

I commenti al Discorso Sì Tav di Conte del 23 luglio 2019

I commenti seguono dopo ogni frase di Conte

Buon pomeriggio a tutti. Ho un importante aggiornamento da darvi in merito al progetto dell’Alta Velocità Torino-Lione.

Un sorprendente e opaco discorso che contraddice la sua stessa affermazione, ossia di illustrare la sua posizione “con la trasparenza che si deve a tutti i cittadini e che contraddistingue il mio operato”.

Pilatesco.

Se Conte avesse il senso di responsabilità, con “l’obiettivo di tutelare gli interessi dei cittadini, i nostri interessi nazionali”, avrebbe potuto seguire questi principi: (estratto da La Torino Lione è  climaticida – Sospendere il Progetto – Istruzioni al Governo)

   “Il Governo italiano dovrebbe dimostrare di essere più ambizioso nel contrasto al cambiamento climatico con l’obiettivo di fare crescere l’Italia assegnando al nostro Paese un posto tra i protagonisti della lotta per il clima che crea occupazione e ricchezza.

   Andare oltre questo progetto consentirà ai Governi italiano e francese di avviare un’approfondita e comune riflessione anche con l‘’Unione Europea per assumere impegni più coerenti nel quadro dell’Accordo di Parigi del 2015.

   Allo stesso tempo il Governo dovrebbe avere la capacità di impegnare la prossima Commissione europea su un fronte non contabile ma politico, così come ha fatto il Presidente Giuseppe Conte per il non rispetto del rapporto debito/PIL.”

Sapete qual è sempre stata la mia posizione. Il 7 marzo scorso, pubblicamente, con la trasparenza che si deve a tutti i cittadini e che contraddistingue il mio operato, ho illustrato questa posizione nel corso di una conferenza stampa.

In quell’occasione vi ho fornito un quadro chiaro, dettagliato, di tutti gli aspetti relativi alla decisione di realizzare o meno l’opera, alla luce dell’analisi costi-benefici che è stata acquisita dal Governo, e vi ho anche illustrato il metodo che avevo seguito per arrivare alla decisione finale.

Voglio ricordare qualche passaggio di quella conferenza stampa perché quello che dissi in quell’occasione vale ancora oggi, consapevole del fatto di rappresentare al governo due forze politiche che sul punto di questa infrastruttura hanno assunto ed esprimono una valutazione totalmente, diametralmente opposta.

Affermai di avere sempre affrontato questo progetto con estremo senso di responsabilità, senza alcun pregiudizio, con il massimo equilibrio. Mi ero e mi sarei lasciato guidare sempre e soltanto dall’obiettivo di tutelare gli interessi dei cittadini, i nostri interessi nazionali.

In gioco, lo ricordo, ci sono tanti soldi e questi soldi sono vostri, dei cittadini italiani, vanno gestiti con la massima attenzione come farebbe, se mi permettete, un padre di famiglia che deve far quadrare i conti e deve porsi il problema di impiegare al meglio le risorse finanziarie disponibili.

Dopo avere studiato il dossier, dopo aver attentamente vagliato l’analisi costi-benefici, il mio proponimento è stato di trovare una soluzione alternativa al progetto TAV, una infrastruttura – lo ricordo – concepita decenni fa e destinata ad essere realizzata fra qualche lustro.

Nella conferenza stampa del 7 marzo ho espresso una posizione chiara, che ha fatto molto discutere. Ho detto che se fossi chiamato oggi a dare l’avvio di questo progetto lo indirizzerei in maniera diversa e tenterei quindi di impiegare in modo più utile, più funzionale nell’interesse del nostro Paese, le relative risorse finanziarie.

Questo giudizio, voglio e tengo a precisarlo, non è il frutto di un capriccio personale ma appunto di un attento e scrupoloso studio del relativo dossier.

Conclusi quella conferenza dichiarando che, alla luce dell’impegno contenuto nel contratto di governo e degli elementi di valutazione nel frattempo acquisiti, mi sarei impegnato al massimo soprattutto con la Francia, che è il nostro partner nella realizzazione di questa infrastruttura, ma anche con l’Europa per pervenire a una modalità alternativa che ci consentisse appunto di mantener fede al contratto cioè operare una revisione del progetto.

Documentazione 7 marzo 2019: Su Tav ho forti dubbi, non sono convinto che serva all’Italia, Giuseppe Conte

Estratto:  https://www.youtube.com/watch?v=E8ltArbDnEM

Governo in stallo nella decisione sul futuro della Torino-Lione

https://www.quotidiano.net/politica/video/conte-su-tav-ho-forti-dubbi-non-sono-convinto-serva-a-italia-1.4479223

http://www.governo.it/it/articolo/tav-conferenza-stampa-del-presidente-conte/11071

7 marzo 2019

Vi posso assicurare che con il Presidente Macron ho molto insistito su questo punto e in questa direzione, rappresentando questa posizione, richiamando le conclusioni, più volte, della nostra analisi costi-benefici.

Visti i risultati dei contatti di Conte con Macron appare chiaro che il Presidente del Consiglio non ha mai evidenziato con la necessaria forza argomentativa la necessità di riesaminare l’asimmetria dei costi che carica sul Bilancio italiano la maggior parte dei costi del tunnel di base, gli impegni della Francia disattesi sul fronte dei finanziamenti, l’art. 16 dell’Accordo del 2012.

Nel frattempo però sono intervenuti – stiamo parlando di un arco di 4 mesi – dei fatti nuovi.

Elementi di cui dobbiamo tener conto nella risposta che venerdì 26 luglio il Governo dovrà dare all’INEA, l’Agenzia europea per le infrastrutture e per le reti, per evitare la perdita dei finanziamenti europei.

La risposta positiva del Governo italiano è stata puntualmente inviata all’INEA.

Ma il MIT preferisce non diffondere il testo.

L’INEA (Agenzia della Commissione europea) ha da mesi comunicato a Francia e Italia di voler tagliare i fondi europei già stanziati (Grant Agreement di circa 813 milioni solo in parte utilizzati). L’INEA è perfettamente al corrente che TELT non è stata in grado per sua incapacità di utilizzare i fondi concessi il cui utilizzo scadrà il 31 dicembre 2019.

La richiesta di INEA di annullare i fondi se Francia e Italia non dichiarano entro il 26 luglio 2019 il loro assenso a realizzare il progetto è un ricatto per imporre una visione “amministrativa” e non politica.

L’Europa infatti – ed è questo il primo elemento nuovo di cui tenere conto – si è detta disponibile ad aumentare il finanziamento della tratta transfrontaliera dal 40% al 55%. Questo ridurrebbe lo stanziamento di fondi che l’Italia deve destinare al progetto TAV, con un notevole risparmio.

L’aumento del finanziamento europeo dal 40% al 55%, che deve essere ancora approvato e finanziato in via definitiva dal nuovo Parlamento Europeo, non vale tuttavia per il finanziamento in corso, solo in parte utilizzato. Per paradosso, Italia e Francia avrebbero interesse ad abbandonare l’attuale finanziamento al 40% e attendere il prossimo al 55%. Il vantaggio sarebbe di circa 47 milioni di euro.

Secondo elemento: per quanto riguarda invece la tratta nazionale, che impiega molte risorse nell’ordine di 1 miliardi e 700 milioni circa, l’Italia potrebbe beneficiare di un contributo dalla Commissione europea pari al 50%, come preannunciato. E anche qui saremmo di fronte a un sostanzioso risparmio.

Occorre sempre considerare che anche se i costi per l’Italia diminuissero, il risparmio dei costi del progetto per Italia e Francia non modifica minimamente la negatività della ACB.

Inoltre, come può affermare Conte che esiste un contributo della Commissione europea del 50% a fondo perso per la costruzione delle tratte nazionali? Non esiste in nessun atto della CE, ma solo nelle affermazioni della Coordinatrice del progetto Torino-Lione Iveta Radicova fatte a Parigi nell’ultimo CdA di TELT, suggerendo agli Stati membri Italia e Francia di richiederlo con insistenza alla Commissione.

Se i costi per l’Italia sono stati stimati in 1,7 miliardi (ma tutta la tratta nazionale italiana da Susa a Torino costa di più), la stessa offerta di pagare il 50% delle tratte nazionali dovrebbe essere fatta alla Francia per l’itinerario da Lione a Saint-Jean-de-Maurienne che costerebbero oltre 11 miliardi.

Cfr. Torino-Lione? No, Torino-Digione! Questo il nuovo itinerario deciso dalla Francia per risparmiare 11 miliardi di euro di gallerie tra Lione e il tunnel di base

È poco verosimile che la Ue pensi di finanziare anche solo in via di ipotesi le tratte nazionali considerata l’enormità dei loro costi.

Ulteriori finanziamenti europei, ricordo, saranno disponibili grazie all’impegno del Ministro Toninelli e per questo lavoro che lui ha compiuto lo devo ringraziare pubblicamente.

Ulteriori finanziamenti: pura invenzione, mentre Conte e Toninelli dovrebbero precisare di quali finanziamenti stanno parlando.

Terzo elemento, quello forse più rilevante: la Francia si è già espressa per la conferma della realizzazione di quest’opera. Infatti, l’Assemblea nazionale francese ha approvato il 18 giugno 2019 la legge sulla mobilità con la quale sono stati confermati gli impegni della Francia alla realizzazione del TAV. Lo stesso mi aveva anticipato il Presidente Macron.

La Francia, allo scopo di “incastrare” l’Italia che dovrà finanziare buona parte dei costi del progetto in territorio francese, ha inserito nella Legge Orientamento Mobilità LOM approvata il 18 giugno 2019 una dichiarazione di impegno solo politico per il Tunnel e le linee di accesso. La legge tuttavia non precisa la disponibilità dei fondi né il meccanismo per recuperarli nel Bilancio nazionale. In questo modo non vi è vera disponibilità finanziaria nei confronti dell’Italia per realizzare tutto il progetto insieme con l’Italia come precisato agli articoli 3 e 16 dell’Accordo di Roma 30.1.2012.

Cfr. in basso i dettagli della legge LOM.

Ne consegue che se volessimo bloccare l’opera o intraprendere la via di ogni altro progetto alternativo non lo potremmo fare condividendo la decisione con la Francia.

Conte dovrebbe spiegare meglio questo passaggio. La politica potrebbe fare questo e ben altro, basta la volontà. Una legge francese non ha valore in Italia.

Conte non ha voluto fornire i dettagli delle c.d. sue trattative con la Francia.

Conte dovrebbe essere più preciso e dare i dettagli per un’eventuale sospensione del progetto ai sensi della Convenzione di Vienna.

Per bloccare l’opera, quindi, non potremmo confidare su quello che tecnicamente si definisce “un mutuo dissenso” degli altri protagonisti la Francia e la stessa Europa.

A queste condizioni solo il Parlamento potrebbe adottare una decisione unilaterale viste anche le leggi di ratifica adottate dal Parlamento su questo punto.

La decisione di non realizzare l’opera comporterebbe non solo, attenzione, la perdita dei finanziamenti europei, ma ci esporrebbe a tutti i costi derivanti dalla rottura dell’attuale accordo con la Francia.

Per l’Unione Europea basta invocare l’art. 17 del Regolamento CEF che permette all’Italia di abbandonare i fondi Ue: “I progetti descritti nella parte I dell’allegato I non sono vincolanti per gli Stati membri nelle loro decisioni di programmazione. La decisione di attuare tali progetti spetta agli Stati membri e dipende dalle capacità di finanziamento pubblico nonché dalla loro fattibilità socioeconomica conformemente all’articolo 7 del regolamento (UE) n. 1315/2013.

Per ottenere extra giudizialmente il c.d. dissenso della Francia sul progetto l’Italia dovrebbe chiederle un impegno legislativo certo sulla realizzazione delle opere per la quali la Francia si è impegnata con l’Accordo di Roma 30.1.2012 (cfr. art. 4) allo scopo di smontare l’iniqua ripartizione dei costi.

Ma la Francia è più astuta dell’Italia, alla faccia del Vice Presidente del Consiglio contrario alla Torino-Lione.

Il finanziamento UE in corso Grant Agreement scade il 31 dicembre 2019 ed è relativo in parte alle attività geognostiche terminate in Italia e quasi terminate in Francia e per i lavori definitivi, ossia lo scavo del tunnel di 57 km, che non si possono fare ex art.16 dell’Accordo del 2012 con la Francia.

I finanziamenti ulteriori per scavare il tunnel di base potrebbero essere disponibili, se proposti dalla Commissione Europea nei prossimi mesi e approvati dal Parlamento europeo entro il 31 dicembre 2020 nel quadro del Bilancio Pluriannuale 2021-2017, a seguito dei bandi europei e di un uovo Grant Agreement non prima della fine del 2021.

Conte parla dei “costi derivanti dalla rottura dell’accordo con la Francia” ma si guarda bene dal precisarli.

Le modifiche unilaterali di Francia e Italia all’art. 4 dell’Accordo del 2012 dovrebbero essere la base di una rinegoziazione degli accordi per individuare la ripartizione dei costi del Tunnel di Base sulla base dei 45 km in Francia e dei 12,5 km in Italia (e dei costi di progettazione e delle discenderie), anticipando la decisione contenuta nell’art. 11 dell’Accordo del 2012.

Queste decisioni e le relative leggi sono state approvate, tengo a precisarlo, prima dell’arrivo di questo Governo.

Questa è una incredibile scusa “infantile”.

Il dato nuovo con cui oggi dobbiamo fare i conti è che l’impatto finanziario per l’Italia è destinato quindi a cambiare dopo l’ulteriore apporto della Commissione europea per la realizzazione dell’opera.

L’Impatto finanziario per l’Italia potrebbe cambiare con la sospensione del progetto.

Il finanziamento Ue del 55% non è ancora approvato dal nuovo Parlamento europeo e i fondi CEF non saranno probabilmente disponibili, visto che la Brexit ridurrà le disponibilità della Ue.

Parole, parole, ma Conte non fornisce alcun dettaglio. Pare dire che se il costo per l’Italia fosse equo, ci sarebbe un ulteriore riduzione.

I costi, inoltre, potrebbero ulteriormente ridursi in seguito a una interlocuzione con la Francia in ordine al riparto delle nuove quote di finanziamento della tratta transfrontaliera.

L’ulteriore riduzione consisterebbe prima di tutto nel fare pagare il progetto alla Francia in modo equo.

Come dimostrato nella Tabella “Asimmetria dei Costi tra Italia e Francia”, l’extra costo per l’Italia (finanziamento alla Francia) – dopo l’aumento ipotetico del contributo UE – ammonterebbe a € 1.767,4 milioni.

Se consideriamo il finanziamento Ue al 40% (finanziamento già accordato) e quindi al 55% dal 2021, e la ripartizione simmetrica con la Francia, il costo dei 12,5 chilometri italiani potrebbe ridursi a 1.111,0 milioni (al posto dei 3.501,4 milioni prima previsti (con contributo Ue 40% e costi asimmetrici tra Italia e Francia).

Su questo punto il Governo italiano ed io personalmente siamo impegnati con la massima determinazione anche se, allo stato, questo nuovo riparto non sarebbe ancora garantito e non lo posso quindi, allo stato, garantire.

Dimostri Conte come intende portare avanti il suo disegno con la massima determinazione, il costo dei 12,5 chilometri italiani – ribadiamo, potrebbe ridursi a 1.111,0 milioni.

La Francia dovrebbe pagare i suoi 45 chilometri 3.999,6 milioni di euro (in luogo dei precedenti 2.141,4 milioni).

Tale forte aumento porterebbe la Francia a chiedere la sospensione del progetto.

Cfr. Tabella Costi al fondo.

Voglio precisarlo con la massima chiarezza: i fondi europei sono assicurati solo per la realizzazione del TAV e quindi non potremmo farne un impiego alternativo.

Non è vero, perché la negoziazione per il Bilancio Pluriennale 2021-2017 non è ancora cominciata tra Parlamento e nuova Commissione, che potrebbe prevedere finanziamenti diversi per trasporti ecologici, ecc.

Alla luce di questi nuovi finanziamenti comunitari non realizzare il TAV costerebbe molto più che completarlo.

Non è vero, Conte deve dimostrarlo esibendo i suoi conteggi che hanno generato tale sua convinzione.

E dico questo pensando all’interesse nazionale che è l’unica ed esclusiva stella polare che guida e sempre guiderà l’azione di questo governo.

L’interesse nazionale ambientale ed economico consisterebbe nel non realizzare la Torino-Lione o, in subordine (solo per la parte economica), farlo pagare alla Francia in modo equo portando il costo dell’Italia a poco più di un miliardo.

Questa è la posizione del Governo ferma restando la piena sovranità, la piena autonomia del Parlamento.

Conte e il M5S consegnano la decisione dell’impegno contrattuale tra M5S e Lega ad un Parlamento ostile che approverà il progetto.

Una decisione suicida.

Grazie

Prego

Costi del tunnel Torino-Lione

Tabella dove si dimostra l’iniqua ripartizione dei costi tra Italia e Francia e  il minor costo per l’Italia del tunnel (solo 1111,0 mil.) grazie all’equa ripartizione chilometrica dei costi che annullerebbe l’iniquo finanziamento italiano alla Francia di 1.767,4 milioni di euro 

tav costi1

tav costi 2tav costi 3

Assemblée Nationale

Loi d’Orientation des Mobilités – Texte adopté n° 286 – 18 juin 2019

http://www.assemblee-nationale.fr/15/ta/ta0286.asp

III. – Completamento dei principali assi stradali, ferroviari e fluviali

L’attuale programmazione degli investimenti prevede un aumento del 40% della spesa per gli investimenti in questo periodo e l’assegnazione prioritaria di risorse ai cinque programmi di cui al punto II (dove il progetto Lione-Torino non è mai considerato, N.d.R.).

Pur tenendo conto di queste cinque priorità, lo Stato non abbandona i piani per i grandi collegamenti ferroviari interurbani (miglioramento delle linee o tratte esistenti, nuove linee o sezioni, materiale rotabile, ecc.) e a progetti per aggiunte specifiche alla rete autostradale (in particolare per questioni di sicurezza stradale, accesso e congestione), se del caso attraverso una delega di servizio pubblico autostradale o qualsiasi altra procedura esistente, realizzare la creazione o lo sviluppo di infrastrutture di tipo stradale che facilitino, proteggano o facilitino l’accesso a un’autostrada o agli itinerari che la prolungano.

Lo Stato conferma il suo impegno per la creazione del collegamento ferroviario internazionale Lione-Torino per il trasporto merci e passeggeri, il collegamento centrale del corridoio mediterraneo della rete transeuropea di trasporto.

In conformità agli accordi e trattati internazionali (Convenzione delle Alpi del 1991, trattati franco-italiani del 2001, 2012 e 2015), il collegamento è considerato nel suo complesso, ovvero il tunnel transfrontaliero da consegnare nel 2030 e le strade di accesso alla struttura.

Le vie di accesso francesi su questo collegamento non solo contribuiscono al miglioramento dei viaggi internazionali, ma rispondono anche ai principali obiettivi della strategia di investimento delineata da questa legge (transizione energetica, mobilità quotidiana, sviluppo del trasporto ferroviario di merci, ecc.).

In collaborazione con gli attori locali e in coordinamento con l’Italia, un approccio volto a definire, entro il 2023, una fase pertinente di questi accessi, ma anche a richiedere un cofinanziamento europeo nell’ambito del meccanismo di interconnessione in Europa, consentirà di integrare nel modo più efficace possibile questo progetto nel percorso di investimento previsto dalla presente legge.

Per rispondere a questi progetti nel quadro di una programmazione sincera, lo Stato segue il nuovo approccio proposto dal Consiglio di orientamento delle infrastrutture (CIO) nella sua relazione presentata nel febbraio 2018.

Nelle sue raccomandazioni, il COI raccomanda l’attuazione graduale di progetti che iniziano con operazioni prioritarie che contribuiscono in primo luogo a migliorare il pendolarismo quotidiano.

HYPOCRISIE ET DUPLICITE DU REGIME MACRON EN LIBYE

 

LUC MICHEL (ЛЮК МИШЕЛЬ) & EODE/

Flash Info Géopolitique/ Geopolitical Flash News/

2019 07 24/ #029-2019

Le chaos libyen gagne les puissances engagées en Libye. L’offensive d’Haftar sur Tripoli conduisant à d’inattendues alliances hétérodoxes et à des coalitions à fronts renversés. Au moment où la Libye glisse encore plus dans le chaos, le chaos libyen lui gagne les puissances engagées en Libye. L’offensive d’Haftar sur Tripoli conduisant à d’inattendues alliances hétérodoxes et à des coalitions à fronts renversés, qui font sauter les lignes géopolitiques. Je dénonce inlassablement l’hypocrisie des grandes puissances dans ce chaos.

 FLASH.GEOPOL - 029 - Canard Libye (2019 07 24) FR (1)

« UNE PRESENCE FRANÇAISE GENANTE EN LIBYE »

(LE CANARD ENCHAINE, 17 JUILLET 2019)

Mais certains, à Paris, ajoutent la duplicité à l’hypocrisie. ‘Le Canard Enchaîné’ dénonçait mercredi passé, sous le titre « une présence française gênante en Libye », le double soutien de Macron, qui soutient les deux camps, les islamistes de Tripoli-Misratta et les forces rivales de Haftar, qui se livrent bataille pour le contrôle de la capitale libyenne. L’hebdo parisien, visiblement informé par la fraction gaulliste du Quai d’Orsay, expliquait avec forces détails la présence des conseillers militaires français et des armements de pointe français (l’affaire des missiles saisis par les forces de Tripoli appuyées par les turcs lors de la reprise de Gharyan, base avancée de Haftar). Expliquant cette présence depuis 2014 et le fait que « Paris avait rejoint ses alliés en Libye, saoudiens, émiratis et egyptiens » …

(Source : Le Canard Enchaîné )

# LES ANALYSES DE REFERENCE SUR

LUC MICHEL’S GEOPOLITICAL DAILY/

* ALLIANCES HETERODOXES, ‘ALLEGEANCES OBLIQUES’ ET FRONTS RENVERSES: LE CHAOS GAGNE LES PUISSANCES ENGAGEES EN LIBYE !

Sur http://www.elac-committees.org/2019/04/19/luc-michels-geopolitical-daily-flash-info-alliances-heterodoxes-allegeances-obliques-et-fronts-reverses-le-chaos-gagne-les-puissances-engagees-en-libye/

* Voir aussi sur JAMAHIRIAN-TV/

LIBYE – OFFENSIVE DE HAFTAR :

VERS UNE GUERRE ENTRE GRANDES PUISSANCES ?

Sur https://vimeo.com/331848928

LUC MICHEL (ЛЮК МИШЕЛЬ) & EODE

(Infos géopolitiques en bref /

Complément aux analyses quotidiennes de Luc Michel)

* Avec le Géopoliticien de l’Axe Eurasie-Afrique :

Géopolitique – Géoéconomie – Géoidéologie – Géohistoire –

Géopolitismes – Néoeurasisme – Néopanafricanisme

(Vu de Moscou et Malabo) :

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Tav, costruirlo inquinerà più dei camion. Il paradosso del beneficio ecologico: più veleni fino al 2047

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2019/03/13/il-paradosso-tav-inquina-piu-farla-che-restare-coi-camion/5032509/?fbclid=IwAR2wahyjw_WYx2iX209QtJlEsCe-3YcXVMXVO0PApHnwNU7eyw3FrNMHU4g

Tav, costruirlo inquinerà più dei camion. Il paradosso del beneficio ecologico: più veleni fino al 2047

Troppe polveri – Il bilancio delle emissioni di Co2 dell’opera è negativo per decenni persino usando le stime di traffico (gonfiate) dai fan della Torino-Lione

Che cosa c’entra il diabete con il Tav? Uno dei primi argomenti dei sostenitori della nuova linea Torino-Lione è il beneficio ecologico: sposti le merci trasportate dalla gomma al ferro, dal camion al treno, e ridurrai l’inquinamento. Peccato però che per fare questo cambio (forse) tra 10 o 15 o 20 anni, devi prima scavare un immenso buco nella montagna. La galleria più lunga del mondo. Quindi per 10, 15, 20 anni la supertalpa succhierà megawatt, saranno spostate, lavorate e impiegate tonnellate di cemento, acciaio, rame, saranno smossi migliaia di metri cubi di roccia. Poi, a opera fatta, continuerà a funzionare giorno e notte l’impianto di raffreddamento, perché il tunnel nel cuore della montagna avrà un clima ostile alla vita e la temperatura sarà attorno ai 50 gradi.

Quindi: per diminuire tra 15 anni (forse) le emissioni di Co2 dei camion, per 15 anni innalzeremo a dismisura le emissioni di Co2. Torte al diabetico, con la promessa di dargli prima o poi l’insulina.

Si possono calcolare i costi-benefici delle emissioni? Sì, con quello che viene chiamato il “bilancio del carbonio”: per fare qualunque opera si consuma energia e si provocano emissioni; bisogna fare il confronto tra quanto si inquina subito e quanto (e quando) si migliora la qualità dell’aria dopo. Il “bilancio del carbonio” può essere positivo o negativo. “I ricercatori Jonas Westin e Per Kågeson, del Royal Institute of Technology di Stoccolma”, spiega Mercalli, “nel loro studio Can high speed rail offset its embedded emissions? sostengono che perché il bilancio del carbonio sia favorevole al clima, le linee ferroviarie ad alta velocità ‘non possono contemplare l’uso estensivo di tunnel’”.

Il cuore del Tav è il supertunnel. Conviene? Per non sbagliare, conviene affidarsi non ai dati forniti dai pericolosi No Tav, ma a quelli messi a disposizione dai sostenitori dell’opera. Basta andare a spulciare i Quaderni prodotti dall’Osservatorio Torino-Lione, diretto da Mario Virano, che oggi è il direttore generale di Telt, la società italo-francese che si propone di realizzare la linea. Il Quaderno numero 8, uscito nel 2011 con il titolo Analisi costi-benefici, presenta alcune tabelle assai istruttive. Mostra che durante tutta la costruzione del tunnel le emissioni aumenteranno, a botte di circa 1 milione di tonnellate di Co2 l’anno, accumulando nel tempo oltre 12 milioni di tonnellate. Risultato: l’effetto negativo durerà almeno – ammette l’Osservatorio di Virano – per altri 12 anni dopo la fine dell’opera. Se dunque i lavori inizieranno nel 2020 e dureranno 15 anni (a essere ottimisti), l’apertura del tunnel sarà nel 2035 e poi ci vorranno altri 12 anni prima che si sentano i primi timidi effetti benefici del passaggio (non garantito) dai camion al treno: dunque superinquinamento (garantito) almeno fino al 2047.

Solo da quell’anno il bilancio comincerà a essere positivo, la quantità di Co2 risparmiata sarà maggiore di quella prodotta per realizzare la linea: se davvero il passaggio gomma-ferro avverrà nella misura ipotizzata dai fautori del Tav. Allora il diabetico finirà di essere riempito di torte e avrà finalmente la sua insulina. È un caso evidente di cura peggiore del male. “L’ultimo rapporto dell’Ipcc, il gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico delle Nazioni unite, dice chiaramente che le emissioni vanno ridotte subito”, spiega Mercalli, “altrimenti nel 2040 avremo già superato la soglia di sicurezza del riscaldamento globale, di 1,5 gradi centigradi”. Lo ha ribadito ieri anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella: “Siamo sull’orlo di una crisi climatica globale per scongiurare la quale occorrono misure concordate”.

Prosegue Mercalli: “Non possiamo più rimandare: invece della cura del ferro che (forse) darà risultati fra 30 anni, possiamo usare i miliardi di euro destinati al Tav per iniziare subito azioni che riducano le emissioni. Azioni con effetti certi e immediati, come collocare più pannelli solari sui tetti degli italiani, cambiare gli infissi alle case colabrodo, aumentare la coibentazione, installare pompe di calore. Tutte azioni che possono dare lavoro a decine di migliaia di artigiani – in tutta Italia e non solo in Valle di Susa – e non ci fanno aspettare 30 anni per ottenere (forse) effetti positivi sull’ambiente”.

Servirebbe un bilancio del carbonio certificato da un ente terzo, conclude Mercalli: “Come l’Istituto superiore di protezione e ricerca ambientale, che mantiene il catasto nazionale delle emissioni climalteranti e potrebbe verificare i costi e i benefici ambientali della Torino-Lione”.

“Ma quale riduzione dell’inquinamento”, aggiunge l’eurodeputato 5stelle Dario Tamburrano, “la linea Tav aggraverà per decenni le condizioni dell’atmosfera”. Per questo ha depositato una interrogazione in cui chiede alla Commissione europea, che finanzia l’opera, se dispone dei calcoli sulle emissioni legate alla realizzazione della linea, e se “non ritenga doveroso abbandonare il progetto per evitare l’aumento delle emissioni, inconciliabile con la necessità di contrastare già nel presente i cambiamenti climatici”.

TAV, GRUPPO M5S: “RISPETTARE CONTRATTO DI GOVERNO E L’ANALISI COSTI BENEFICI”

https://www.piemonte5stelle.it/2019/07/tav-gruppo-m5s-rispettare-contratto-di-governo-e-lanalisi-costi-benefici/?fbclid=IwAR3Pn4u9rgVOMGYYTzSso1EFIz-RpOJRwrQA1a-eEcK5fg1JsDCoQyQ7fPU

Chiediamo il rispetto del contratto di Governo, in particolare laddove si specifica che i soggetti contraenti “si impegnano a non mettere in minoranza l’altra parte in questioni che per essa sono di fondamentale importanza”. Se dovesse presentarsi in Parlamento una maggioranza trasversale del partito unico delle opere inutili, con il voto determinante della Lega, si sancirebbe di fatto la violazione di un importante punto del Contratto di Governo.

E’ stata redatta una analisi costi benefici che ha dato esiti chiari, il metodo è stato condiviso con gli altri contraenti del contratto di Governo ed è stato utilizzato per definire l’utilità di altre opere. E’ un grave errore cambiare posizione in seguito a non meglio precisate promesse dell’Europa. Mettendo in discussione il metodo adottato ed i punti importanti del Contratto, allora è necessario mettere in discussione la tenuta del contratto stesso.

Il Gruppo regionale del Movimento 5 Stelle continuerà, in piena coerenza con la propria storia, a lavorare per fermare quest’opera inutile con la convinzione che per i cittadini sia più importante investire le poche risorse disponibili dove sono veramente necessarie: sanità, trasporto pubblico locale, scuola, ambiente e tutela del territorio. 

Gruppo regionale M5S Piemonte

No Tav, l’assedio al cantiere senza violenze: “Da 30 anni ci difendiamo e resistiamo”

https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/07/28/no-tav-lassedio-al-cantiere-senza-violenze-da-30-anni-ci-difendiamo-e-resistiamo/5353834/?fbclid=IwAR2_v3yus9Cl0Tcmpg12Z0bgoBgisRfDtrLRRZyAD3dRtRlY1Scmm2PFaf0

– 28 LUGLIO 2019

 fq giaglione

È iniziata alle 13.30 e finita alle 20 la marcia ‘No Tav‘ che ha visto oltre 10.000 persone attraversare insieme le strade e i sentieri che dal Festival Alta Felicità’ di Venaus raggiungono il cantiere della Tav di Chiomonte. Due recinzioni con filo spinato a separare il cantiere dai manifestanti e 500 agenti delle forze dell’ordine schierati in tenuta anti-sommossa per impedire ai presenti di raggiungere il cantiere. Nonostante tutto, l’assedio pacifico del cantiere è proseguito per ore: “Sono 20 anni che politici e giornali provano a scrivere patetici coccodrilli – scrive in una nota il Movimento No Tav – pregando che si possa finalmente mettere la parola fine all’esercizio di coerenza e determinazione che ha preso corpo in questa valle. Tra lo stupore generale nei giorni scorsi, abbiamo reagito all’infame decisione del governo dicendo che per noi non è cambiato niente. La giornata di oggi ne è la prova”.

La prima barriera di ferro e filo spinato, fissata in mezzo al bosco, è stata abbattuta intorno alle 17 dai manifestanti, che sono poi avanzati fino alla seconda grata, di fronte alla quale si sono fermati, a pochi passi dal cantiere. Per oltre due ore il corteo, diviso in tre spezzoni, ha circondato il cantiere Telt della Maddalena e, nonostante le decine di lacrimogeni lanciati dalle forze dell’ordine, si è fermato lì.

Intorno alle 19.30, mentre gran parte del corteo defluiva c’è stato anche un lancio di petardi e bombe carta a ridosso del cantiere, con una frangia di manifestanti che hanno lanciato pietre nei confronti delle forze dell’ordine colpendo alla spalla un agente della Digos, rimasto leggermente ferito. Al netto di questo episodio, gli organizzatori dell’iniziativa si dichiarano soddisfatti: “La vera violenza io in questi 30 anni l’ho sempre vista da parte di chi militarizza il cantiere e non dai manifestanti – dichiara la storica attivista No Tav Nicoletta Dosio – Noi ci difendiamo e resistiamo. Pensiamo che la resistenza contro un potere ingiusto non sia solo un diritto ma un dovere di tutti, e noi lo pratichiamo”.

No Tav: nessuna resa all’orizzonte

https://www.infoaut.org/editoriale/no-tav-nessuna-resa-all-orizzonte?fbclid=IwAR1-qU9yvLlWpuzE0EqTRItB8TLw7Y62-q3hN_3JNZuuFOATEnhW4NnY4sY

Una forza calma e determinata. Questo è sempre stato il movimento NO TAV e anche in questa importante giornata di lotta l’ha dimostrato. Ciclicamente viene sancita frettolosamente la sconfitta del movimento da parte dei media e della politica, ma ogni volta risulta essere appena uno scongiuro esternato da frustrati senza alcun seguito. Non hanno capito e non capiranno mai l’alchimia variabile su cui si fonda questo movimento, la profondità del suo messaggio, la tenacia e la permanenza della sua composizione. Il premier Conte pensava che la questione alta velocità in Val Susa si potesse liquidare con una diretta facebook, Di Maio con un triste giochetto delle parti, Salvini mostrando il pugno duro per intimorire senza però alcun successo. Fin dai giorni in cui è iniziato il Festival Alta Felicità negli occhi dei valsusini e dei migliaia di giovani e meno giovani No Tav si poteva leggere la solida fiducia in un movimento collettivo che ha sconvolto i giornalisti e fa impazzire i politici. Una grande attesa e una grande tranquillità che non è mai né spericolatezza, avventurismo, né rassegnazione. E’ una sicurezza che viene da trent’anni di lotta, di fasi complicate e articolate della politica italiana attraversate, di ostacoli aggirati e recinzioni abbattute. Senza troppi proclami, senza scomporsi, a guidare i No Tav è la certezza che questa lotta è prima di tutto una lotta per la vita, per la salute, per la dignità.

 
 

No Tav: nessuna resa all’orizzonte
 

Quindi non bastano un acquazzone e neanche i proclami di un Ministro dell’Interno che riproduce con comicità involontaria pose autoritarie, né le intimidazioni della questura e dei prefetti ad impedire che un fiume in piena di persone marci compattamente sui sentieri della valle rivendicando la liberazione del territorio dalla militarizzazione e dall’opera inutile e devastante.

Il corteo formato da più di 15.000 persone è partito dal festival dell’alta felicità, sfidando la tempesta. La pioggia torrenziale, terminata giusto in tempo per partire, ha provocato una smottamento di acqua e fango nei pressi del campeggio, proprio nella zona colpita dagli incendi che nel 2017 avevano devastato la valle. Una semplice metafora che dimostra l’assunto che i No Tav rivendicano da tempo: l’unica urgenza è la messa in sicurezza dei territori, non le grandi opere inutili.

Il corteo ha raggiunto Giaglione, prendendo la strada che porta al cantiere della Val Clarea, dividendosi in tre parti. In migliaia hanno preso i sentieri alti arrivando al cantiere da più punti di fatto accerchiandolo e mettendo pressione alle forze dell’ordine. Il grosso della marcia, invece ha proseguito per la strada principale fino al Jersey, che nella mente del Prefetto e del Questore avrebbe dovuto fermare la determinazione dei no tav. Dopo un intenso lavoro, e con gli attrezzi giusti, la prima barriera è saltata facendo scappare sbigottiti, polizia, digos e “servizi segreti” (cit Salvini), che per più di un ora hanno bersagliato la marcia con i lacrimogeni, cercando di fermala. In migliaia hanno esultato vedendo cadere le reti e il filo spinato e hanno gioito per la ben poco onorevole ritirata dei guardiani del fortino, di fatto accerchiati da tutti i punti.

Tutto il corteo ha raggiunto il cantiere circondandolo, e riuscendo a tagliare le reti lungo il perimetro del cantiere proprio in prossimità del torrente Clarea. Inutili i lacrimogeni che a centinaia sono stati sparati da polizia, finanza e carabinieri.

Dopo ore di battaglia la marcia è tornata lungo la statale del Moncenisio fino al Festival dell’Alta Felicità.

Inutile il clima terroristico che questore, prefetto e ministro hanno cercato di costruire nei giorni precedenti con posti di blocco sulle strade e check point nelle stazioni. Il dispositivo repressivo è stato completamente ridicolizzato dalla determinazione e fermezza dei No Tav e dalla sicurezza costruita negli anni a partire dallo slogan del movimento “si parte e si torna insieme”. Da anni non accadeva che migliaia di persone arrivassero a circondare il cantiere, a dimostrazione che la lotta contro il treno veloce è viva e vegeta.

In questi giorni il movimento NO TAV è stato attaccato da ogni lato, dall’intero spettro costituzionale e mediale, persino da quei pochi attivisti cinquestelle che ancora non comprendono la completa trasmutazione del partito politico di cui sono sostenitori. Già perché quello che più brucia in fondo a questa specie di grillini (più haters del web che attivisti veri e propri) è che non possono più occupare lo spazio politico della protesta dal basso, della contrapposizione essendo diventati ormai i liquidatori di ultima istanza di loro stessi, a differenza di molti altri che hanno messo cuore e gambe scegliendo di partecipare alla marcia nonostante la posizione assunta dal governo. E dunque la coscienza di questi haters non può tollerare la libertà di un movimento coerente senza padrini e senza padroni, naturalmente contro le istituzioni. E’ invidia per uno spirito originario che esisteva ben prima della loro nascita e continuerà ad esistere dopo il loro funerale. Ma soprattutto questa manifestazione deve aver fatto alzare la pressione al Capitano che, ogni volta che sente parlare di No Tav, ha un’inflessione nel suo sorriso ebete. Sa bene che col popolo No Tav gli schemi comunicativi che ha tanto bene congeniato saltano tutti: non sono solo zecche rosse, non sono stranieri senza voce venuti dal mare, non sono impalpabili nemici della nazione. Il popolo No Tav è il vero villaggio dei Galli che da una piccola valle piemontese sfida il Partito imperiale del PIL. E’ un popolo vero, incarnato, forgiato in un NO costituente e in una battaglia senza resa, non un popolo virtuale, ipotetico, che può cambiare idea come cambia il vento, quel popolo di cui si riempie la bocca Salvini.