ROMA-MOSCA-HONGKONG: IN CAMPO I COLORATI (ARCOBALENGHI) —– CONTROCANTO ARGENTINO, DOVE LE ONG DEL CORTILE DI CASA NON BASTANO PIÙ —- PARTE PRIMA

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MONDOCANE

MERCOLEDÌ 14 AGOSTO 2019

Le mani sul bottino

Un breve giro sul carnevale estivo nostrano, in cui tutti paiono subire gli effetti fantasmagorici della canicola regalataci dei poteri politici ed economici del Sovramondo (con l’aiuto del famoso “mondo di mezzo” di Carminati, Buzzi e Al Capone). Un brano in coda sull’armageddon 5 Stelle dal solito pezzo analitico decisivo di Mario Monforte. E fari accesi, nella seconda parte, su un’America Latina, Argentina e Venezuela, dove la controffensiva imperialista si va arenando e su Hong Kong, dove la si prova con l’ennesima Maidan nazi-colonialista, alimentata dai soliti  mezzi messi in campo da Cia, NED e, immancabile, il re dei regime change, delle deportazioni  Ong dei popoli da disperdere e delle speculazioni ammazza popoli, George Soros.

Essi – i media – vivono (Carpenter)

Quel gioiello di stampa libera, coraggiosa e sdegnata negatrice di condizionamenti esterni o interni, che sono i nostri media, risplende di luce riflessa dall’alto su tutti i fronti. Da quelli in mano a imprenditori, finanzieri, bancarottieri, cementificatori, nulla ci aspettavamo e nulla di diverso dal solito coro unanime degli scherani del sistema abbiamo visto. Dai “sinistri” neppure nulla ci aspettavamo, ma fa impressione il Fatto Quotidiano per il ciarpame degli “esteri” rispetto allo spesso discutibile, ma dignitoso “interni” di Travaglio, Scanzi, Lillo, Caporale, Daniela Ranieri, Marco Palombi, l’eterodosso taliban Massimo Fini…

 Un’invenzione Dada, alla Duchamp, è sempre più “il manifesto” con la sua testatina “comunista” su un organo della Cupola, ma il dadaismo è fuori moda da cent’anni e così la bacheca Usa in Italia si è messa a rimpinzare il magro seguito, accalappiando enigmisti da Terza elementare e fumettari semi-analfabeti dell’horror.

Fumetto pedagogico del “manifesto”

Il Manifesto: fumetti e cruciverba per chi non sopporta più gli articoli?

Sarò arrogantemente intellettualoide, ma ai miei tempi i ragazzetti, superati i libri di fiabe alla Pinocchio (mai superabile) dove, alla mano delle figure, si imparava a leggere e a ripensare, leggevano Topolino, Tex Viller, Bracciodiferro, fino ai 10 anni. Poi, nei primi turbini ormonali, passavano a Satanik e Diabolik. Dai 14 anni in poi, parlo della metà del secolo scorso, si arrivava a leggere Balzac, Dostoievsky, Svevo, Pavese, Calvino, Fenoglio, Simenon, Faulkner, Pound, Montale, T.S.Eliott. Qualcuno, non sbagliando, proseguiva sui fumetti, ma su quelli dei grandi artisti, alla Bilal., alla Pazienza, o sulle graphic novel alla Buzzati. Dagli anni ’80 in poi, sempre più libri pubblicati, sempre meno letti. Invece grande ritorno del fumetto e “il manifesto”, conscio di mercati, come dimostra nella sua esaltazione dei videogiochi più trucidi, l’ha capito. Cultura yankee, per ridurre lo sforzo, per semplificare, per semplificarci. Non ci possono essere nel fumetto più di una dozzina di parole. Come nei tweet.

Pur impegnandosi con zelo a eseguire gli ordini di servizio dello Stato Profondo Usa, fino a ventilare un governo “comunista” di Draghi, oggi ci mostra come pure una formazione così compatta di giannizzeri della Sublime Porta possa smarrirsi nell’interpretarne i voleri. La direttrice con la soluzione Renzi: sacra unità PD-5Stelle contro il buzzurro fascista, tutti gli altri più in linea con la tradizione e quindi che accada il patatrac spaventoso, ma alla urne subito. Chiunque, pure Draghi secondo l’autorevole editorialista Villone. In fondo, quel giornale ce l’ha nel DNA dalla nascita. Salvini, seppure in mutande da Trump e Netaniahu, ha brigato con i russi, cercando di spillare sostegni nientemeno che dallo zar di tutte le nequizie! Certo, c’è il paradosso, valevole per tutta la stampa imperiale, di chi solleva scandalo per gli affari Lega-Mosca, quando non starebbe in piedi, da sempre, senza i tacchi ortopedici amerikani. Come può una congrega di interconfessionali votatisi alla guerra della civiltà occidentale contro la Russia, staliniana o putiniana che sia (quella suicida di Elsin e Gorbaciov l’arrapava), non votarsi con tutti gli strumenti del caso al compito della mostrificazione dei russi e loro alleati, da Rossanda a Macaluso a Obama ai Clinton (Epstein o non Epstein)? E al vignettista dei “naufraghi salvati” Biani?

 

Al governo tecnico, di unità nazionale, di scopo, di accozzaglia, di salute, di Alzheimer, con Briatore, di Al Capone, di chi ci sa fare, di chi sa disfare, neocrispino, bergogliano, del presidente (e qui siamo fritti)

A questo punto non siamo più alla battaglia delle idee, di quelle poche emerse dai 5 Stelle (vedi Monforte in calce) e di quelle porche che frullano in testa a tutti gli altri che di stelle ne portano tante, insieme a strisce e con una stella polare a sei punte, ma corsa per o contro il tempo. Chi vuole raccogliere subito le mele bacate, prima che marcino del tutto e chi vuole che cadano a terra e se le pappino le cornacchie. Tutte le ipotesi messe in campo, ognuna che si pretende favorita dall’oracolo sul Colle che, peraltro, medita solo su chi eleverebbe le migliori preci nel tempio Nato-UE, fanno davvero schifo. Far ammazzare i 5 Stelle dal plebiscito pro-Salvini, auspicio di chi nel sistema si occupa più di interessi nei caveau che di poltrone nella giostra del “calcio in culo” parlamentare, dalla Banca d’Italia alla Confindustria, dai furbetti del quartierino ai furboni del quartierone, a quelli che si affidano al sovranista di pongo per succhiare il sangue al Sud e poi godersi il morso sul collo dai tedeschi, fino al Vaticano da sempre fedele al sistema che accoppia i  “pieni poteri” di Salvini ai propri pieni poteri spirituali (non solo) e che funziona al meglio dopo la messa di mezzanotte.

L’Union Sacrée di tutti contro Salvini, oltre che dalle appendici locali deiliberal clintoniani e sorosiani, è propugnata dal settore che, quanto ad affidabilità si fida più del PD e codazzo sinistro, politico, mediatico, sindacale, per quel che riguarda un neoliberismo meno spocchiosamente arraffone e trasparente, ma più turbofinanziario, di maggiore tenuta grazie a modi più opachi e urbani e con l’indisturbato apporto degli schiavi da tratta, deportati dai paesi delle risorse da recuperare. Ha per riferimento i guerrafondai e ricolonizzatori del Partito Democratico americano. E qui potrebbe rispuntare un Giuseppe Conte di transizione, uno che ha già dato buona prova di sé con Washington, Bruxelles, Guaidò e Nato e che si trascinerebbe qualcuno della non sempre limpida miscellanea eletta, un po’ per celia e un po’ per non morire, nelle ultime politiche.

C’è poi la soluzione Monti, pardon Draghi che, dopo aver fatto per le banche tedesche e francesi quanto è culminato con il matricidio della Grecia, ora potrebbe sistemare definitivamente al carretto italiano il traino dei più belli spiriti animali del capitalismo neocarolingio. Ha dietro Goldman Sachs, come si sa, il che comporta anche la benevolenza di Rothschild, IOR, banche private tutte e Federal Usa, nonché l’operatività discreta del già citato mondo di mezzo, ormai globalizzato.

Lucia Annunziata, la mia ex-direttrice, respinta da una redazione TG3 non ancora normalizzata da suor Paterniti, ci comunica invece i desiderata dello spicchio atlantosionista della Cupola: tutto fuorchè i 5 Stelle, in qualsiasi combinazione. Stessa matrice per Stampubblica di DeBenedetti-Elkan, che arriva a suggerire all’amico sul Colle, alla cui giacchetta, del resto, si appendono tutti, compreso lex-impeachmentista Di Maio, colossi della modernità progressista e verde, come Sabino Cassese, Walter Veltroni o Enrico Letta. E Andreotti, non lo potremmo clonare a partire da un po’ di DNA dalle orecchie?

E quelli della palingenesi?

In tutto questo, dove si pongono i portatori della grandi speranze di riscatto e catarsi della parte sana del nostro popolo? Anche qui c’è grande marasma con chi ne vuole una di quelle elencate sopra e chi l’altra. Tutti uniti, però, nel giurare che se ne esce unicamente facendo passare il taglio dei 345 parlamentari. Con il quale cambierebbe tutto, perfino il firmamento, altro che solo cinque di stelle. Un trucchetto clamorosamente demagogico, col quale si vorrebbe rapire a Salvini il primato della cazzata che portavoti. Non so se il taglio sia giusto, cosa cambi di sostanziale tra 1000 e 500, se sia meglio tagliare gli emolumenti,  so che 60 milioni non ci stanno nell’agorà di Atene, ma so che la democrazia migliora con la proporzionale e i referendum. So anche che se è a questa ciambella di salvataggio che si affidano, rischiano di trovarsela al collo piena di piombo. Piombo messoci dai nuovi soci, Zingaretti o Renzi che siano, più bravi di Salvini a rubare, sotto coperta mediatica, suolo ai viventi, futuro a giovani e vecchi, salute e beni a tutti e a vendere pace e sovranità agli istruttori che li tengono in sella.

L’intelligente Andrea Scanzi (FQ) parla di governicchio Zinga-Maio, invece da tempo il sogno del suo direttore, come di “un orrore inaudito e un regalo al Salvini, infatti è l’ennesima idea abbietta dello sciagurato Renzi”. Ha ragione.  Ragione di più per dimenticare Di Maio. O ora, o mai più. Lo si mandi alle serali a leggere un po’ di geografia, storia, Aristotele, Schopenhauer, Hegel, Kant, Balzac, Gramsci, Calvino. E figuriamoci se non almeno “Il Manifesto”, quello con la M maiuscola.….  Di Battista, Paragone, Morra,Taverna, Bugani, Ruocco,  base dalle idee chiare, non siete bolscevichi, ma un colpo lo potete battere. Sul tema dice meglio il molto severo Mario Monforte, qui in fondo.

Media italiani? In geopolitica stiamo dove dobbiamo stare

Sappiamo tutti, quei 13 gatti spelacchiati che leggono il manifesto, ora che è diventato enigmistico e offre fumetti agli analfabeti, che nel quotidiano comunista c’è chi è deputato dall’alto a picchiare la Russia e Putin, chi a spernacchiare la Resistenza afghana, chi a scatenare la foia razzista contro Gheddafi e Assad e chi a fare della Cina il Regno di Mordor. Offrono a costoro ampi spazi di empietà giornalistica le manifestazioni di questi giorni a Mosca e a Hong Kong, epicentri della guerra globalista contro le due nazioni che viaggiano in direzione ostinata e contraria sui binari del diritto internazionale e, quanto a bottino di devastazioni e morti inflitti, stanno a chi li avversa come i blob della Solfatara stanno all’eruzione del Vesuvio nel 79 dC. Nella SECONDA PARTE il seguito.

Hong Kong, nostalgie

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MARIO MONFORTE, estratto da “Salvezza dai nuovi barbari?

E i 5S? Anche loro hanno tradito, come Salvini-Lega, e nei fatti, ciò era primario. Non era nella loro testa, né propositi, per mancanza di analisi, di progetto conseguente, di strategia e tattica adeguate. L’“impianto” resta quello loro consueto: con onestà (è solo un pre-requisito, mentre con le regole e con il loro rispetto va sempre insieme la tendenza alla violazione, organica all’oligarchia e alle regole liberali, né la «legge spazzacorrotti» impedisce di escogitare altre forme di violazione) porre correzioni o misure specifiche dove occorre, e cosí far “andare bene” le “cose”. Ma proprio questo è impossibile! Il “sistema” non è “neutro”, né l’apparato statual-burocratico è astratto: è funzionale alla perpetuazione dei rapporti di produzione e sociali vigenti (ossia al capitalismo), mantenendoli nelle sue fasi successive.

Tradimento, dunque, oggettivodelle possibilitàdelle potenzialità. Della Lega, del M5S, del governo giallo-verde – e dell’ulteriore interno gravame del cuneo inserito da Mattarella, Tria, Moavero e poi lo stesso Conte, a difesa del mantenimento della fase in crisi, ma sempre in atto, della globalizzazione. Esaminando gli “impianti” della Lega e del M5S, in fondo e infine era difficile attendersi esiti altri. Si può solo aggiungere che, mentre la Lega è sicuramente poco penetrabile da idee, analisi e prospettive di “altro” e “oltre” (è forza “di sistema” e di qualche mutamento, ma nel e per il “sistema”), cosí lo sono stati anche i 5S (con le lodevoli eccezioni di coloro che sono molto critici o perfino in rottura – bisognerà però vedere se, al momento opportuno, seguiranno o meno il richiamo a stringersi nella “casa comune”). E, nel loro “grosso” e nei loro esponenti, appaiono attestati su poche convinzioni parziali e, al piú, analisi settoriali – le idee dominanti sono quelle dei dominanti, nella generale penetrazione dell’ideologia dominante, il liberalismo (e i 5S non affermano “siamo non-ideologici e post-ideologici”? Come si vuole il liberalismo per escludere ogni visione e comprensione del mondo “altra”).

Anche se i 5S danno la colpa a Salvini, al “sistema”, etc. – e ci manca solo il «destino cinico baro -, l’iter della loro opera nel governo e la sua fine ingloriosa è una dimostrazione inconfutabile (ma già lo era la perdita delle gestioni comunali nella scadenza seguente all’averle conquistate) che intendere e dare a intendere che si possa attuare il «cambiamento» senza comprendere il “sistema” e mirare a romperlo significa solo illudere e auto-illudersi – e fallire. In questo contesto è avvenuto qualcosa di imperdonabile: invece di spingere avanti, formare una comprensione di massa della realtà e degli ostacoli da superare, potenziare il movimento popolare e costruire – appunto – un blocco sociale effettivo e soggettivo, si è determinato l’opposto, ossia lo scoraggiamento, il riflusso di quel movimento che, pur confusamente, si era levato, alimentando la convinzione che non si può fare niente di decisivo, che bisogna rassegnarsi e accettare “ciò che c’è”, al piú puntare sul “meno peggio” – che fa comunque parte del peggio.

E ora? Io non intervengo oltre su ciò che ho scritto e detto in vari interventi, ribadendo solo che è necessario ostacolare il riflusso, costruire il movimento democratico popolare diretto a riprendere in mano il paese, perciò mirante a riacquisire indipendenza e autonomia, il che può procedere solo in intreccio con comprensione e la messa in atto, volta all’imposizione, della vera democrazia. Certo, questo è ancora piú arduo nelle condizioni presenti, perché ha di fronte davvero tanti, troppi ostacoli. Ma dovrebbe essere ancora tentato. Nonostante quanto non vuol capire o fuorvia, o nega, e blocca.

Mario Monforte

Pubblicato da Fulvio Grimaldi alle ore 18:52

Comunicato Stampa – Una Nota al presidente Conte e al suo ministro Toninelli

Comunicato Stampa

PresidioEuropa

Movimento No TAV

13 agosto 2019

www.presidioeuropa.net/blog/?p=20680

Una Nota al presidente Conte e al suo ministro Toninelli

Perché un Governo sfiduciato non può dare il via al progetto Torino-Lione

13 agosto 2019

Invitiamo il Presidente Giuseppe Conte e il suo ministro Danilo Toninelli a leggere il Comunicato Stampa di PresidioEuropa del 10 agosto e l’intervista de il manifesto dello stesso giorno al prof. Sergio Foà, Ordinario di Diritto amministrativo all’Università di Torino.

Apprenderebbero perché un Governo sfiduciato non può dare il via al progetto Torino-Lione.

Per mantenere la loro autonomia decisionale, di fronte alle smanie cementificatrici di TELT, Conte e Toninelli dovrebbero intanto impedire che “gli uffici” gestiscano in modo solitario e “burocratico” la relazione del MIT con INEA, ossia del Governo italiano con la Commissione europea.

Per rendere più chiara la questione citiamo un passo della lettera degli uffici del MIT del 26 luglio 2019 all’INEA, firmata dalla dr.ssa Bernadette Veca, Direttore della Direzione Generale per lo Sviluppo del territorio del MIT: “the Government expressed favor for the confirmation of the project – il Governo si è dichiarato favorevole alla conferma del progetto”. Questa frase così esplicita non è mai stata pronunciata dal Presidente Conte.

Prima che l’Italia (il MIT) comunichi all’Europa (INEA) la posizione definitiva dello Stato sul futuro della Torino-Lione dovranno passare molti atti politici: non può una Direzione generale di un Ministero fare proprie diverse mozioni contraddittorie approvate dal Senato.

Il MIT dovrebbe attendere l’approvazione di un atto politico sulla Torino-Lione da parte di un Consiglio dei Ministri.

Fino ad allora lo Stato italiano non potrà essere rappresentato da un livello burocratico ministeriale rendendo irreversibile, con la benedizione di TELT, una decisione che il potere esecutivo non ha ancora espresso con la sua approvazione politica pubblica.

In questo contesto appare evidente che il MIT non potrà comunicare all’INEA la “posizione definitiva delle Stato italiano”, in quanto mancano i presupposti.