TAV, MOSSA DELL’UE: SCONTO ALL’ITALIA PER 1,6 MILIARDI

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Bruxelles porta al 50% i fondi per tutta la Torino-Lione. Ritorna la tensione tra Lega e M5S

I lavori in Francia per la galleria geognostica stanno andando avanti. Sono stati scavati 8056 metri sui 9000 previsti

Pubblicato il 26/06/2019
MAURIZIO TROPEANO
TORINO

Se si segue la traccia dei soldi, allora, ieri a Parigi, nel Cda di Telt, è stato fatto un nuovo passo avanti per la realizzazione della Torino-Lione. L’Unione Europea, attraverso la coordinatrice del corridoio Mediterraneo Iveta Radicova, ha ufficializzato la volontà di alzare la quota di finanziamento comunitario anche per le tratta nazionali. Per l’Italia questo significa uno sconto complessivo di 1, 6 miliardi. La spesa per il governo di Roma scenderebbe da 3,104 miliardi per il tunnel di base a 2, 367 miliardi mentre la spesa per il collegamento che da Bussoleno, nella piana della Valsusa, arriva a Torino verrebbe dimezzata scendendo da 1, 7 miliardi a 850 milioni. Buone notizie anche per il governo di Parigi che dovrebbe spendere 1,764 miliardi (erano 2,289) per il tunnel di base mentre resta da definire il risparmio per la realizzazione delle linee di accesso. Parigi sta rivedendo il progetto iniziale che prevede opere per 7 miliardi con l’intenzione di individuarne un altro low cost, sul modello italiano. In ogni caso Bruxelles contribuirà alla metà della spesa.

Le condizioni europee

Bruxelles, però, prima di staccare l’assegno – la decisione di aumentare la percentuale del sostegno economico dovrà essere confermata dal nuovo europarlamento e dalla nuova commissione – chiede ai due governi di confermare gli impegni per realizzare l’opera. E detta anche i tempi per farlo, la prima settimana di luglio. La lettera europea, infatti, è arrivata lo scorso venerdì nelle due capitali. Bruxelles si aspetta una risposta entro 15 giorni.

Forse non è un caso, allora, che il cda di Telt ieri abbia autorizzato la pubblicazione degli avvisi di gara per la tratta italiana del tunnel di base. Si tratta appalti che valgono oltre 1 miliardo di euro. La procedura di assegnazione è sottoposta ad un nuovo via libera dei due governi. E fonti del Mit hanno poi puntualizzato: «Resta la facoltà di rinuncia all’opera senza oneri né per Telt né per gli Stati».

La nota del dicastero guidato dal grillino Danilo Toninelli suona come la riapertura di un altro fronte di scontro dentro la maggioranza giallo-verde. Il premier, Giuseppe Conte, prima delle elezioni aveva avocato a sé il dossier. E il governatore del Piemonte lo chiama subito in causa: «Scriverò al primo ministro perché l’Ue sollecita una parola chiara dal governo italiano sulla volontà di proseguire con l’opera».

Salvini, serve il tunnel

Cirio, che in giunta vanta sette assessori leghisti, si fa forza della presa di posizione del vicepremier Matteo Salvini che ieri non aveva perso l’occasione di alimentare le divisioni del M5S sulla Tav leggera, cioè sui lavori per il potenziamento della linea storica valsusina ma senza mega-tunnel: «Il treno o passa sotto la montagna o non ci passa, tertium non datur. Certe cose si possono rivedere ma a me piacciono i treni che corrono».

La replica Luigi Di Maio non si è fatta attendere. Il vicepremier grillino ha rispolverato la tesi del partito del cemento che unirebbe Tav e Olimpiadi – e che si è preso anche un «mi piace» da Alessandro Di Battista – è andato all’attacco: «Sul Tav sono più di 20 anni che sentiamo discuterne. Era urgente già negli anni ’90! Con un piano che, secondo gli accordi presi da chi ci ha preceduto, è un grandissimo regalo ai francesi». Poi il capo politico del M5S aggiunge: «Ho fiducia nel fatto che il presidente Conte trovi una soluzione. Non abbiamo mai pensato ad un progetto di “Tav leggera”». –

L’offerta di Bruxelles spinge Conte verso il sì M5S prova a resistere

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La Lega: abbiamo ottenuto quello che volevamo

 

Alessandro Barbera Ilario Lombardo

ROMA
| 26 Giugno 2019
ANSA

Il premier Giuseppe Conte e i suoi vice Di Maio (a sinistra) e Salvini

E i lavori in Francia vanno avanti

Luigi di Maio dice di fidarsi di Giuseppe Conte e di confidare in una «soluzione». Ma quale sia la soluzione non sa dirlo nemmeno lui. Il ministro dello Sviluppo ancora fatica a pronunciare la parola «Tav» e nega persino di essere favorevole al progetto «leggero» proposto dall’ex sindaco di Venaus Nilo Durbiano: due linee invece di tre, una delle quali ricavate nell’attuale tunnel del Frejus.

La sostanza è altra: la notizia dell’innalzamento del contributo comunitario fino al cinquanta per cento della tratta nazionale della Tav mette in enorme difficoltà il M5S, sempre più stretto fra la pressione dell’Europa e della Lega da un lato, e dei No Tav dall’altra.

L’ex sottosegretario ai Trasporti del Carroccio Edoardo Rixi non lascia spazio alla fantasia: «I Cinque Stelle sanno benissimo che il cosiddetto progetto leggero non si può realizzare, perché non sarebbe più una linea ad alta velocità. Abbiamo ottenuto quello che chiedevamo, riduzione della linea italiana e aumento del contributo Ue. Se insistono con questa posizione ideologica, andremo a sbattere».

Insomma, se sui conti pubblici un accordo fra i due dioscuri del governo è possibile, il banco di prova resta il via libera alla linea ad Alta velocità Torino-Lione.

Per il Movimento è la prova fatale: dopo aver costretto gli elettori pugliesi ad accettare il gasdotto Tap e il rilancio dell’Ilva, sul tavolo ora c’è la più simbolica delle battaglie Cinque Stelle sul territorio contro le grandi infrastrutture.

Per Di Maio, che deve ormai fare i conti con la nascita di correnti interne, è l’occasione per ricompattare il Movimento. E non è un caso se Alessandro Di Battista lo appoggi pienamente. Ma ha di fronte l’alternativa del diavolo: ricucire all’interno per trovarsi nei guai con Salvini, a sua volta pressato dal suo partito perché ponga termine all’accordo gialloverde e accetti la sfida delle elezioni anticipate. Per evitare subito il peggio, i Cinque Stelle stanno adottando una strategia disperata: tentare di spaccare i no Tav tra gli oltranzisti e i sostenitori dell’ipotesi leggera.

Proprio oggi ci sarà una riunione di coordinamento alla quale non parteciperà Alberto Perino.

Il leader no Tav ha inviato una mail con cui di fatto sembra avallare il compromesso, l’unico che – per quanto impraticabile – salverebbe Di Maio e i suoi dall’ennesima giravolta.

In sintesi, i Cinque Stelle si stanno muovendo impercettibilmente verso il sì, nella speranza che Conte, reso più forte dalle divisioni interne al governo, non si sposti completamente sulle posizioni leghiste.

Il primo segnale sono state le parole del viceministro Laura Castelli, ex no Tav: «Non è tutto bianco e nero». Per avvicinarsi alle sfumature di grigio Di Maio ha bisogno di tempo, lo stesso che si è rivelato decisivo per risolvere i pasticci pugliesi. «I bandi sono sempre revocabili senza oneri», fanno sapere fonti del ministero dei Trasporti.

Eppure la sensazione è che quello della Tav sia un cantiere senza ritorno: sul lato francese si scava giorno e notte, come se ci fosse la certezza che presto o tardi l’Italia farà la sua parte.

Il clima politico sta ormai mutando anche nel cuore della protesta: molti municipi sono passati a maggioranze indipendenti di area Lega.

Non solo: il nuovo presidente di centrodestra della Regione Alberto Cirio è un convinto sostenitore dell’opera.

A questo va aggiunto il pessimo clima politico attorno al no di Torino alle Olimpiadi invernali 2026, accompagnato dal beffardo plauso del M5S a Milano e Cortina.

Ecco perché nella maggioranza c’è già chi immagina Di Maio – convinto da Conte – pronto a usare le stesse parole scelte per capitolare sul Tap: «Ormai è troppo tardi per fermare l’opera».

Ponti: anche questo governo ha ceduto sul Tav

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manifesto

Alta velocità. Il professore che ha firmato l’analisi costi benefici: «Con Toninelli rapporti a zero, ha deciso di mandare avanti tutti i cantieri»

Il professor Marco Ponti
Il professor Marco Ponti

Professor Ponti oggi si parla di mini Tav: cosa ne pensa?
Nel tempo sono state ipotizzate molte Tav light o mini Tav, forse anche una dozzina che io ricordi: ma questo progetto mi è nuovo. Non mi permetto di giudicarlo dato non ne ho conoscenza, ma rilevo le critiche mosse dall’Ingegner Alberto Poggio (Commissione tecnica Comune di Torino, ndr) che credo sia un bravo tecnico. Visto che si tratta di prospettive su cui discutere una realistica Tav light potrebbe essere individuata nella costruzione di un’unica canna, salvando così capra e cavoli. Poi, in base ai flussi di traffico si deciderà se costruire la seconda canna: questa soluzione porterebbe ad un taglio radicale dei costi.
Si dovrebbe ripartire da zero anche nel caso della “sua” mini Tav
Io posso dire che al momento è stato speso l’undici per cento della somma che verrà investita in questo progetto. Se possiamo risparmiare, ben venga il ripartire da quasi zero.
Professor Ponti, la sua analisi costi-benefici ha messo nero su bianco che il Tav è inutile?
Lo studio che noi abbiamo prodotto certifica che sulla tratta Torino-Lione passa pochissima roba, il che genera forti dubbi sulla sua utilità. Non solo dal punto vista ferroviario ma anche autostradale: gli scambi di merci tra quelle due regioni sembrano quindi modesti e in declino. Idem per quanto riguarda il transito dei passeggeri, che per altro patiscono e patiranno la concorrenza dei voli low cost.
Questa dovrebbe essere la pietra angolare su cui appoggiare una decisione politica.
La politica ha firmato un accordo internazionale e questo è un vincolo. Rimane però il problema che queste opere sono tutte a carico dell’erario, e quindi della collettività, mentre gli utenti non mettono un soldo, e questo lascia molto perplessi. Zero per cento: parliamone, visto che le finanze italiane non sono floride e di questo problema che gli utenti, nemmeno quelli industriali, non vogliono pagare le infrastrutture ferroviarie non si parla mai. Di questo passo si va ad alta velocità in Grecia.
I suoi rapporti con il ministro Toninelli come sono?
Il mio rapporto con il ministro non esiste pressoché più, dato che ha deciso di mandare avanti tutti i cantieri. Qualcosa di piccolo che risulta eccessivamente costoso forse verrà fermato ma il grosso proseguirà il suo iter. Vale per il Tav come per il terzo valico. Ma soprattutto per le ferrovie al Sud, che rimarranno vuote. Il problema è che i francesi hanno già detto che della Torino-Lione non glie ne frega nulla e lo hanno detto ufficialmente. A queste parole sono seguiti fatti, dato che non stanzieranno nemmeno un euro fino al 2038 per la tratta dal tunnel a Lione.
Decade il principio secondo cui le grandi opere si fanno se servono?
Sembra che nessuno condivida il principio secondo cui le mega infrastrutture si fanno se hanno un senso. Tanto lo si verificherà tra 10 anni, come per la AV Milano-Torino.
Sbaglio se le dico che questo governo mette la pietra tombale sull’analisi costi benefici come strumento decisionale?
Sbaglia clamorosamente: questo governo si è solo rivelato identico ai precedenti. Noi abbiamo collaborato con il ministro Delrio che un giorno ci disse «tutto sarà analizzato», ma quando subentrò Renzi si trasformò in «nulla sarà analizzato». Questo governo ha fatto lo stesso, non ha resistito alle pressioni economiche e di consenso elettorale e ha ceduto su tutto. Noi tecnici riconosciamo il primato della politica ma così viene meno un principio etico culturale di trasparenza delle scelte. Vincono poteri invincibili. Invincibili. Perché nessuno risponde degli sprechi in contesto economico molto problematico.
I nostri nipoti quindi vedranno il Tav in val Susa?
Deciderà la politica, che segue logiche diverse. In ogni caso ai nostri nipoti possiamo dire «pagherete caro, pagherete tutto».

Spuntano carte e prove bollenti, crolla l’impero di Napolitano

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Come Don Chisciotte – Controinformazione – Informazione alternativa

Spuntano carte e prove bollenti, crolla l’impero di Napolitano

Di Maurizio Blondet

maurizioblondet.it

Spuntano carte e prove bollenti, crolla l’impero di Napolitano: TG e media di regime nascondono la verità agli italiani sullo spread

(MB: Non ci posso credere. Ci sarebbe dunque un giudice a Milano?)

Alla sbarra i responsabili del crollo finanziario dell’Italia, per favorire il commissariamento del paese con la regia di Giorgio Napolitano? La prima banca tedesca, Deutsche Bank, con alcuni dei suoi ex top manager è indagata dalla Procura di Milano per la mega-speculazione in titoli di Stato italiani effettuata nel primo semestre del 2011. Operazione che contribuì a far volare lo spread dei rendimenti tra i Btp e i Bund tedeschi e a creare le condizioni per dimissioni del governo Berlusconi, a cui subentrò l’esecutivo di Mario Monti, con in tasca la ricetta “lacrime e sangue” per l’Italia, dalla legge Fornero sulle pensioni al pareggio di bilancio in Costituzione. Secondo l’“Espresso”, che ricostruisce la vicenda svelandone i dettagli, l’ipotesi di reato è la manipolazione del mercato, avvenuta attraverso operazioni finanziarie finite sotto la lente dei pm per un totale di circa 10 miliardi di  euro.

Affari realizzati da Deutsche Bank dopo il crac della Grecia, quando la crisi del debito pubblico cominciava a minacciare altri paesi mediterranei, tra cui Italia e Spagna, scrive Marcello Zacché sul “Giornale”.

A onor del vero, scrive Zacché, l’indagine sul gruppo bancario di Francoforte è vecchia di due anni, avviata dalla Procura pugliese di Trani (già attivasi in altri procedimenti finanziari come per esempio quello contro le agenzie di rating). E nel settembre scorso è arrivato l’avviso di conclusione delle indagini, con i magistrati pugliesi pronti a chiedere il rinvio a giudizio di cinque banchieri che guidavano il gruppo nel 2011 (tra cui l’ex presidente Josef Ackermann e gli ex ad Anshuman Jail e Jurgen Fitschen) e della stessa Deutsche Bank. Poi però non se n’era saputo più nulla. Ora invece si apprende che l’indagine è stata trasferita a Milano dalla Corte di Cassazione, per motivi di competenza territoriale, su richiesta dei difensori della banca. «Come noto – ricorda il “Giornale” – la vicenda riguarda la forte riduzione negli investimenti in titoli di Stato italiani avvenuta nei primi sei mesi del 2011, quando Deutsche Bank smobilitò 7 dei circa 8 miliardi dei Btp che deteneva, comunicando tutto soltanto il 26 luglio». Una notizia bomba, tanto che il “Financial Times” titolò in prima pagina sulla «fuga degli investitori internazionali dalla terza economia dell’Eurozona».

Ora l’indagine che i pm milanesi hanno riaperto ricostruisce l’intera serie di operazioni decise dalla banca tedesca. E, secondo l’accusa, emergerebbe che già alla fine dello stesso mese di luglio del 2011, Deutsche Bank aveva ripreso a comprare Btp (per almeno due miliardi) senza annunciarlo, mentre altri 4,5 miliardi di titoli italiani erano posseduti da un’altra società tedesca acquisita nel 2010 dalla stessa mega-banca. Il 26 luglio, dunque, «Deutsche Bank comunicò le vendite avvenute entro il 30 giugno, ma non gli acquisiti successivi», avendo quindi «venduto prima del crollo dei prezzi, e ricomprato dopo». Una speculazione «che sembra aver fatto perno sulla crisi finanziaria italiana, causandone poi anche quella politica». Mario Monti, incaricato da Napolitano, ha così avuto modo di fare quello che i “mercati” (la Germania) chiedevano da tempo: demolire la domanda interna del paese, il cui Pil è crollato di colpo del 10% insieme alla produzione industriale, calata vertiginosamente del 25% aprendo la porta all’acquisto, a prezzi di saldo, di alcune tra le migliori firme del made in Italy.

Fonte: www.maurizioblondet.it

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22.06.2018

TAV, VENAUS LANCIA IL “PIANO B”: TUNNEL DA OULX E UNA DELIBERA A TUTTI I COMUNI

http://www.valsusaoggi.it/tav-in-valsusa-venaus-lancia-il-piano-b-tunnel-da-oulx-e-una-delibera-a-tutti-i-comuni/


Venaus: il nuovo sindaco Di Croce con l’ex sindaco Nilo Durbiano

VENAUS – Il neo sindaco Avernino Di Croce, seguendo le orme del suo predecessore Nilo Durbiano, sta inviando in questi giorni il testo di una delibera chiedendone l’approvazione a tutti i Comuni della Valsusa, per lanciare il cosiddetto “Piano B” sul Tav Torino – Lione.

Si tratta del progetto alternativo lanciato nell’autunno 2018 dall’ex sindaco Durbiano, che prevede l’utilizzo e il potenziamento della linea storica fino a Oulx, per poi costruire un mini tunnel di 13 chilometri collegato a Modane. Rinunciando così al Tunnel di Base e alle altre opere previste attualmente da Telt.

Il Comune di Venaus approverà tale delibera in consiglio comunale. E tale proposta viene lanciata da Venaus a tutti i Comuni della Valsusa, chiedendo che venga approvata dai vari consigli comunali. Partendo però da due presupposti importanti: la contrarietà al progetto attuale della Torino – Lione e ribadendo il sottoutilizzo della linea storica Torino – Bardonecchia.

“Una volta ricevute le delibere dai Comuni che vorranno aderire con noi a questa proposta – spiega il sindaco Di Croce – le invieremo tutte al presidente del Consiglio Giuseppe Conte e al governo, chiedendo di riaprire il dialogo sul Tav e confrontarci. Voglio essere chiaro: noi andremo avanti anche se aderiranno 4 Comuni anziché 38, perché crediamo in questa proposta”.

Durbiano aveva già presentato l’iniziativa al prefetto e a Roma, trovando il consenso di alcuni esponenti della maggioranza di governo. “Voglio precisare che non si tratta di una mini Tav, ma di cercare una soluzione a questo annoso problema – spiega il sindaco Di Croce – la scorsa settimana ho presentato la proposta alternativa in una riunione a Venaus, a cui hanno partecipato quasi la metà dei Comuni della Valsusa. Dalla maggior parte dei partecipanti è emerso un parere positivo e per questo vogliamo andare avanti”.

Il progetto alternativo prevede appunto la costruzione di un tunnel da Oulx a Modane di circa 15 chilometri, a una sola canna e con un solo binario in direzione Francia. “I treni merci in discesa dalla Francia all’Italia potranno continuare ad utilizzare il Frejus – aggiunge il sindaco di Venaus – superando così il problema del passaggio dei treni merci in contemporanea e nei due sensi sotto il traforo storico”.

“Sono consapevole che questa delibera e questo atto farà discutere – annuncia Di Croce – ma vogliamo dialogare con il governo e affrontare il problema. So che questa proposta trova del consenso in Valsusa, anche tra i No Tav. Confrontarsi non significa calarsi le braghe, ma trovare un via d’uscita”.

La viceministra Castelli (Movimento 5 Stelle) ha definito questa proposta “un progetto di compromesso a cui stanno lavorando dei sindaci No Tav in Valsusa”.

Ma dal territorio alcuni sindaci No tav, a partire da Archinà (Avigliana) e Falchero (Sant’Ambrogio) fanno già sapere “di non conoscere questa proposta lanciata da Venaus e di non condividerla. Dovremo prima confrontarci con i nostri gruppi di maggioranza e nei consigli comunali, si tratta di un atto prematuro, visto che si sono appena tenute le elezioni comunali. I sindaci No Tav della Valsusa non stanno elaborando alcun progetto di compromesso”. Iniziativa non sostenuta neppure dall’Unione Montana guidata da Sandro Plano, presidente uscente: “Si tratta di un’iniziativa autonoma promossa dal Comune di Venaus e non dagli altri amministratori di Valle – spiega Plano – tocca al governo fare delle proposte, non certamente ai sindaci”.

La proposta alternativa di Venaus non piace sicuramente ai No Tav “duri e puri”. Da Bussoleno, l’assessore Francesco Richetto fa sapere “di non condividere questa proposta. Mi fa ridere sentir parlare di compromessi e trovare soluzioni non spetta agli amministratori della Valsusa. Il governo faccia il suo lavoro e faccia delle proposte, noi siamo sempre contro il Tav”

TAV, VIA ALLE PROCEDURE DI GARA PER IL TUNNEL DI BASE

La decisione durante il cda di Telt. L’Europa porterà al 50% i finanziamenti per i progetti transfrontalieri, più un altro 5%. Cirio: “Giornata storica, ora scriverò al premier Conte

La riunione del consiglio di amministrazione di Telt a Parigi.

Pubblicato il 25/06/2019
ALESSANDRO MONDO
TORINO

Torino-Lione, eppur si muove: oggi il consiglio di amministrazione, riunitosi a Parigi, ha autorizzato la pubblicazione dell’ “avis de marchés” per i lavori del tunnel di base in Italia. Erano presenti la coordinatrice europea del Corridoio Mediterraneo, Iveta Radicova, del capo della DG MOVE, Jean-Louis Colson, e del neo-eletto Presidente della Regione Piemonte, Alberto Cirio.

Il portafoglio di Bruxelles 
La coordinatrice Radicova ha aperto la seduta con un intervento sull’impegno europeo per il completamento del tunnel di base della Torino-Lione e delle vie di accesso nazionali: l’Ue porterà al 50% i suoi finanziamenti per i progetti transfrontalieri TEN-T e ciò costituisce un’opportunità anche per la Torino-Lione. Ci sarà inoltre la possibilità di usufruire di un 5% in più, in quanto il progetto della nuova linea è gestito da un promotore pubblico binazionale. La coordinatrice ha invitato sia l’Italia, sia la Francia a portare avanti il progetto secondo gli accordi, con l’obiettivo di dare un contributo a superare le sfide ambientali comuni. Il Presidente Cirio ha ribadito il sostegno della Regione per il completamento dei lavori secondo il progetto complessivo già approvato.

«Risultato importante» 
«Domani – annuncia Cirio – scriverò al premier Conte, perché l’Ue sollecita una parola chiara dal governo italiano sulla volontà di proseguire con l’opera. La Regione Piemonte chiede al Presidente del Consiglio di dare certezza all’Europa e consentire a Telt di inviare i capitolati alle imprese che parteciperanno ai bandi approvati oggi. Chiediamo inoltre di nominare al più presto il presidente dell’Osservatorio per procedere con le compensazioni, oggi ferme e su cui sono stati già stanziati 42 milioni di euro. Risorse che vanno immediatamente date al territorio. Ci batteremo Cirio – per portare lo stanziamento complessivo, come promesso, a 100 milioni».

Partono le procedure 
Nel corso della riunione, il cda ha deliberato l’autorizzazione all’avvio delle procedure di gara per l’affidamento dei lavori del tunnel di base della Torino-Lione, lato Italia, per un importo stimato complessivo di circa 1 miliardo di euro.
 L’ “avis de marchés”, diviso in due lotti, uno per i lavori di costruzione e uno per la valorizzazione dei materiali di scavo, sarà pubblicato nei prossimi giorni sulla Gazzetta Europea con l’esplicitazione della facoltà di interrompere senza obblighi e oneri la procedura di gara in ogni sua fase, come previsto dal Codice degli Appalti Pubblici francese. L’avvio di questa procedura per il lotto italiano del tunnel di base segna il completamento del percorso
degli affidamenti dei lavori per la realizzazione dei 57,5 km del tunnel di base. Confermato l’impegno a verificare le volontà dei due Governi al termine della selezione delle candidature, prima di procedere all’invio dei capitolati di gara alle imprese.

“Sul Tav l’accordo è possibile”, Bono rompe il tabù del M5s

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Lo Spiffero

Con realismo il leader dei grillini piemontesi apre a soluzioni di mediazione. “Non abbiamo vinto le elezioni e governiamo con la Lega”. E alla frangia dei “contras” che siede in Sala rossa ricorda: “In politica alcune battaglie si vincono altre si perdono”

“La politica è lo spazio del possibile, non dell’impossibile”. Anche per la Tav. L’ultimo dei paletti piantati dai Cinquestelle rimasto ancora in piedi, dopo che s’erano presto afflosciati quelli di Ilva Tap solo per citarne un paio, la TorinoLione pare sempre più l’asta su cui è pronta ad essere issata la bandiera della realpolitik del grillismo di governo. “La partita è in mano al Presidente del Consiglio, lasciamolo lavorare tranquillamente e serenamente. Credo si cercherà di trovare un accordo e qualunque progetto vada verso la modernizzazione e il miglioramento della linea ferroviaria esistente, evitando il tunnel di base, dal mio punto di vista può essere ben accolto. Se sono ottimista? Certo: sono fiducioso, sicuro no, ma fiducioso sì”.

Eccola la la concretezza politica al tempo della strana alleanza con la Lega, declinata ed esplicitata al maschile sul più storico e simbolicamente importante terreno di battaglia dei grillini dalla figura che indubbiamente incarna più di ogni altra le origini e la storia del movimento in Piemonte. Nessuna abiura, nessuna retromarcia, ma se un politico intelligente e scaltro, navigato da due legislature regionali e altrettante candidature alla presidenza del Piemonte, qual è Davide Bono, approccia il tema della Tav col sano realismo dell’arte del possibile e i rischi dell’imponderabile, ecco che forse anche quell’ammissione del viceministro Laura Castelli proprio in merito alla grande opera ferroviaria – “Al Governo ho capito che non è tutto bianco o tutto nero” – appare come un tratto di confessata e perdonabile ingenuità, dopo tanto perentorie quanto traballanti premesse e promesse.

E allora, realisticamente, Bono che cosa succederebbe nel Movimento nel caso in cui i lavori proseguissero così come sono stati progettati, insomma se Giuseppe Conte alla fine dicesse: la Tav si fa, così com’è?
“Non si ragiona con i ma e con i se. E poi io non credo che succederà questo”.

Facciamo come se accadesse.
“Io posso dire cosa penso io, non cosa potrebbe accadere nel Movimento. Succede che va avanti l’opera poi si deciderà cosa fare al nostro interno, io tra l’altro non sono neppure più un eletto”.

Non si sminuisca, nessuno se la immagina al di fuori della politica e si parla di lei come del futuro coordinatore regionale del partito. Ma questa è un’altra storia, restiamo sullo scenario della Tav.
“Ecco, lo scenario è questo: noi siamo in un Governo con un’altra forza politica quindi non è che possiamo fare l’impossibile. Nel contratto di governo è previsto di ridiscutere integralmente l’opera e i nostri parlamentari lo stano facendo. Quindi io credo e confido che verrà ridiscussa integralmente”.

A lei ovviamente non piace e dice che non succederà, ma sempre nel caso arrivasse il via libera per voi sarebbe una sconfitta e cosa cambierebbe al vostro interno?
“Per me non cambia nulla rispetto al mio posizionamento nel M5s. Sono convinto che si stia facendo tutto il possibile per portare a casa il risultato. E sono altrettanto convinto che si andrà verso una ridiscussione integrale dell’opera. Detto questo, però nella politica alcune battaglie si vincono alcune battaglie si perdono”.

In quel caso, tra i due alleati di Governo, la battaglia sarebbe la Lega a vincerla.
“Fossimo stati al governo da soli e non avessimo portato a casa il risultato saremmo stati dei pirla. Governando con un’altra forza politica si cerca di fare il possibile. Io sono ottimista, perché penso che ci sia lo spazio per arrivare a una mediazione”.

Il viceministro Castelli sono mesi che lavora alla ricerca di un compromesso, ieri con contatti sottotraccia, adesso più esplicitamente con il sostegno al progetto dell’ex sindaco di Venaus Nilo Durbiano.
“Non so di questi contatti, lo dice lei”.

Sì. Lei dica che cosa ne pensa.
“Il progetto di Durbiano gira da molto tempo. Si possono fare tante proposte, basta che non ci sia il tunnel di base: ha un costo notevole e un impatto ambientale importante. E poi quello rimane uno dei nostri valori fondanti, il No è a un tunnel. Non farlo sarebbe un buon risultato. Costruire una seconda galleria al Frejus e migliorare la tratta esistente sarebbe un risultato per tutti. E sarebbe anche un modo per uscire dall’impasse”.

Con la Lega, ovviamente. A proposito, il professor Marco Ponti capo del gruppo che ha realizzato l’analisi costi-benefici sostiene che non lo considera più nessuno e che del suo lavoro non si parla più.
“Lui avrebbe voluto che si fosse presa una decisione immediata. Ma non dipende da noi se l’altro contraente non vuole farlo… Fosse stato per noi una decisione negativa sulla Tav l’avremmo presa da tempo. È Salvini che frena”.

In verità sembra voler accelerare a riaprire bandi e cantieri. Nel qual caso la parte più dura e, passi il termine, integralista dei Cinquestelle che farà? Viene da pensare a una buona parte del gruppo consiliare al Comune di Torino, molto più dura dell’altra, per non dire rispetto alla sindaca Chiara Appendino.
“Mi sembra che una parte sia eccessivamente dura. Si potrebbero chiamare contras. Contrari a tutto quello che fa il Governo”.

E la sindaca troppo debole sulla Tav?
“Ma no, cosa avrebbe dovuto fare di più? E poi su una materia che non le compete”.

Senta Bono, adesso si cercano vie d’uscita, mediazioni, accomodamenti, ma il ministro Danilo Toninelli ha continuato a dire no anche finita la campagna elettorale.
“Ovvio che se avessimo vinto le elezioni e fatto il 40%  con maggioranza a Camera e Senato non avremmo avuto problemi ad andare da Macron a dirgli: per noi il Tav non si fa. Non sarebbe stato bello, perché un’uscita unilaterale da un trattato non è mai bello, ma si poteva fare. Nell’attuale condizione è tutto molto più complicato”.

Dicevamo di Toninelli: ha sempre detto no Tav, punto. Come la mettiamo se si cerca una mediazione?
“Deve chiederlo a lui”.

Intanto a lei chiedo se non crede che la Tav, anche tra i vostri parlamentari, interessi quasi solo ai piemontesi.
“A me dicono che interessa moltissimo. Però, è ovvio che la Tav ha una localizzazione geografica. Il Tap interessava anche noi, ma era una cosa che colpiva di più i pugliesi. Detto questo sono sempre soldi degli italiani e se si riesce a risparmiare qualche miliardo e investirlo nelle scuole, nelle strade e nelle ferrovie dei pendolari credo che sia un buon risultato”.

Sa che non è proprio così facile, anzi pressochè impossibile usare altrimenti quei soldi, ma dica: lei è davvero convinto che alla fine Conte, magari tirando fuori una delle alternative, dirà che l’Italia decide di non andare avanti con il tunnel?
“Intanto diciamo che c’è un problema con la Francia: il ministro dell’Economia dice che non vuole la Tav, Macron dice che la vuole. Quindi sul tavolo delle trattive più proposte ci sono meglio è. Io sono ottimista. Poi è vero che nella politica succede di tutto”.

Anche che il no alla fine diventi un sì.
“Noi abbiamo provato a vincere le elezioni, ma non siamo riusciti ad avere la maggioranza per governare da soli. Il Pd ci ha mandato a stendere, forse anche giustamente. E con la Lega si è trovato un accordo che si sta cercando di portare avanti tra mille difficoltà”.

Bono lei ha una lunga esperienza politica e non le sarà sfuggito che non tutti i vostri elettori sono così convintamente No Tav, più di un sondaggio lo attesta.
“Quando arrivi a prendere più del 30 per cento non tutti sono allineati su tutto. Quando eravamo al 5 o 8% c’era una maggioranza bulgara”.

Lei comunque resta fiducioso sul fatto che alla fine si troverà la quadra e il tunnel non si farà?
“Fiducioso sì, molto, ma sicuro no”.