Il paradigma del TAV

https://volerelaluna.it/tav/2019/05/24/il-paradigma-del-tav/?fbclid=IwAR0hXmKwhuWQ2Am9T1BH_g3kjPIbG_UMObHwf2mV5KJI6vb-sQcvHM0V_Kc

Quando provo a spiegare gli aspetti finanziari del progetto del secolo – l’Alta velocità ferroviaria – ho spesso la sensazione di non mordere nella mente di chi mi ascolta. Eppure, sebbene non abbia la competenza di Ivan Cicconi (che ci manca ormai da due anni), ho letto con attenzione i suoi libri e, se non altro per ragioni di mestiere, dovrei essere in grado di farmi capire.

Non credo di essere io alla radice delle difficoltà; il problema è un altro. Il fatto è che mi rivolgo abitualmente a un pubblico di sinistra, o che tale si considera in senso generico, e la sostanza dell’argomento che cerco di esporre – la rapina incontrollata della ricchezza pubblica, più o meno mascherata – sembra ai miei uditori marginale, e la sua denuncia equivoca in termini di schieramento politico. Insomma, passo come un imitatore in sedicesimo di Travaglio, uno che dalla sinistra è visto con poca simpatia: «Ma con chi se la prende, questo, che nel suo discorso mescola insieme forze diverse – le banche, le cooperative di costruzione, i partiti politici di destra e di sinistra, i sindacati confederali, la delinquenza organizzata, i Bersani, i Lunardi, i Delrio che notoriamente figurano come avversari – sul palcoscenico della politica? Non sta enfatizzando per miopia moralista un aspetto secondario nel quadro della lotta di classe?».

Anch’io venti anni fa, di sinistra per convinzione personale e storia di famiglia, e per di più lettore ostinato di Marx, – sono riuscito a leggere, pur trovandole indigeribili, anche quelle parti del Capitale in cui si vorrebbe trattare l’economia come una delle scienze naturali, – sarei rimasto sconcertato, avrei sospettato nell’autore una vena qualunquista.

Avete ragione di sospettare. In effetti oggi considero le forze che prima ho citato, dalle banche alla camorra, passando per partiti politici e sindacati, come soci in affari in una attività predatoria, una minoranza di parassiti che spoglia i poveri del mondo di risorse essenziali per riprodurre ed espandere le proprie condizioni di privilegio. Se sono avversari, lo sono solo al momento della spartizione. E penso che la contrapposizione tra questa élite al potere e tutti gli altri, sia fondamentale per capire le dinamiche del mondo in cui viviamo, e che abbia assorbito in sé anche la classica contrapposizione tra capitale e lavoro.

Insomma, ci ho messo cinquant’anni – e probabilmente se non avessi letto il primo libro di Cicconi Storia del futuro di tangentopoli non ci sarei mai arrivato – ma alla fine mi sono convinto che non è possibile leggere il presente con una visione dei fatti economici che deriva da Ricardo e da Smith, sia pure rivisti attraverso la critica di Marx. Quello che manca nelle categorie del pensiero economico dell’Ottocento è la comprensione dell’importanza che avrebbe assunto in regime capitalistico il controllo politico della ricchezza pubblica, e il suo ruolo perverso e decisivo nel determinarne la distribuzione.

Qualsiasi riflessione sul ruolo dell’intervento statale in economia viene in ambiente di sinistra offuscata da un paio di pregiudizi: il carattere oggettivamente positivo che si attribuisce all’intervento pubblico e la convinzione che chi lo gestisce sia, per il solo fatto di non apparire come il classico padrone delle ferriere, dalla parte giusta della barricata.

Penso che non siano vere né l’una né l’altra cosa. È stato Marx il primo a ritenere che il mercato, ammesso che esista da qualche parte questo luogo mitico di libero scambio di cui parlano i teorici dell’economia classica o neo-classica, sarebbe risultato un sistema instabile, che conteneva i germi della propria fine. Perché i margini di profitto, in un sistema di libera competizione, erano destinati a ridursi progressivamente (la caduta tendenziale del saggio di profitto, per ricordare una frase fatta) e perché tendeva a produrre più merci di quanto le masse impoverite dalla dinamica salariale potessero acquistare (crisi di sovrapproduzione, come sopra). Per cui, per mantenere in vita il processo di sviluppo delle forze produttive, occorreva ricorrere a uno sforzo collettivo che sostituisse l’avidità del capitalista singolo. Gran parte del pensiero socialista del primo Novecento si articolava su queste idee. Non ricordo se Marx abbia mai affermato che l’intervento statale, solo per essere l’espressione di uno sforzo collettivo e programmato, sia di per sé benefico; ma può darsi che questa conclusione derivi implicitamente dalla sua visione, troppo ottimista, del progresso storico. Sono stati tuttavia elementi di propaganda politica, nel senso deteriore, a trasformare in un mantra del pensiero politico progressista la bontà indiscussa dell’intervento pubblico in economia.

In generale, tutti i settori di attività prodotti dall’intervento pubblico presentano lineamenti simili:

– si basano sull’appropriazione della ricchezza pubblica, e quindi non possono prescindere da una componente politica al loro interno;

– le decisioni vengono prese in sedi occulte, e quando emergono alla luce nelle sedi istituzionali sono già impacchettate nella forma di sbracata promozione: gli aggettivi strategico, storico, fondamentale, si sprecano. Si tratta di un processo decisionale che non ha alcuna parentela con l’idea di democrazia rappresentativa dello Stato liberale, per non parlare della democrazia partecipata di cui qualche volta si fantastica. È un sistema di potere che ha gli stessi lineamenti, clandestini e parassitari, dell’organizzazione mafiosa della società; non preclude affatto la presenza di politici eletti, purché questi accettino di cantare su spartiti precostituiti in sedi non istituzionali;

– le caratteristiche tecniche delle imprese sono calibrate sulla somma degli interessi dei promotori, e non sui motivi propagandistici della proposta, di cui in realtà non importa niente a nessuno. Tanto è vero che se le circostanze lo richiedono, le motivazioni vengono fulmineamente cambiate senza che altro sia modificato.

Per tornare a casa nostra e agli argomenti illustrati da Cicconi, è del tutto evidente in che cosa consista la razionalità economica degli investimenti nelle grandi opere. Si tratta di un modo rapido per fare cassa a spese del denaro pubblico, che integra al suo interno molti fattori favorevoli ai gestori dell’operazione: un’architettura contrattuale che non pone alcun limite giuridico all’appropriazione indebita, il ricorso a manodopera dequalificata di poco costo, costituita per la maggior parte da immigrati, la scelta di un settore di bassa tecnologia – cemento e tondino – ove i pochi oggetti di valore tecnico vengono acquistati all’estero, come i sistemi per lo scavo delle gallerie.

Premetto a queste riflessioni conclusive che non ritengo possibile eliminare l’intervento pubblico in economia. La natura dell’intervento è sostanzialmente ambigua; il problema vero è il suo controllo politico. Qualche volta, quando medito sulle conseguenze della perversione della spesa pubblica, spero di sbagliarmi sulla portata del fenomeno. È vero che per mezzo secolo, che mi occupassi di industria delle armi o di finanziamenti per l’innovazione di prodotto, di progetti sostenuti dall’Unione Europea, di aiuti al terzo mondo o di grandi opere sul territorio, non è accaduto una volta che non mi sia imbattuto negli stessi processi degenerativi. Forse sono stato sfortunato; se non fossi abituato per ragioni di lavoro a valutare la probabilità di estrarre da un sacchetto pieno di palline bianche, sempre e soltanto le poche nere, potrei anche crederci. E magari sperare che, espulsi dal Parlamento un paio di decine di delinquenti già condannati, e qualche centinaio dai Consigli di amministrazione delle società partecipate, questo Paese torni a essere retto da una passabile realizzazione dello Stato di diritto: quello in cui il derubare la comunità era considerato un reato. Ma non sono ottimista su una transizione pacifica.

Vi sono dei motivi nel mio scetticismo. 
Primo: le forme di appropriazione della ricchezza pubblica sono così diffuse, in Italia e altrove, che riguardano tutto o quasi tutto il ceto dominante. I protagonisti di tante sordide storie sono sufficientemente intelligenti per riconoscere la radice comune del loro benessere, e quindi fanno gruppo, al di là di alcune schermaglie superficiali. Come classe dominante controllano non solo lo Stato ma tutto il resto: il credito, l’informazione, la politica e i meccanismi elettorali. Inoltre, vanno cancellando progressivamente gli spazi una volta dotati di autonomia, come le Università. In termini numerici rappresentano una minoranza, ma la loro presa su tutti gli aspetti della vita pubblica è pressoché totale. 
Secondo. La trovata di espandere la spesa pubblica con la dilatazione del debito, di nasconderlo con artifici formali, e quindi di addossarlo alla generazione successiva, rende difficile per i più la comprensione del processo e l’individuazione delle responsabilità. Quando si arriva alla resa dei conti la reazione inferocita di chi scopre improvvisamente di essere povero viene indirizzata verso nemici inesistenti. L’invito al linciaggio di extracomunitari e rom in cui si esibiscono al giorno d’oggi tanti squallidi buffoni non promette niente di buono. 
Terzo. La natura dello scontro si va facendo sempre più aspra. L’attività di rapina coinvolge beni comuni fondamentali, il territorio, l’acqua, l’atmosfera. Il territorio viene coperto da colate di cemento, la distribuzione dell’acqua e il controllo delle fonti idriche è privatizzato, il terreno, le falde, l’atmosfera vengono avvelenate progressivamente. Qualunque occasione di guadagno privato a breve ha il sopravvento sulla cura e il mantenimento di risorse di tutti, in qualche caso irrecuperabili.

Non so come andrà a finire. Non sono tuttavia ottimista; mi limito a pensare che occorrerebbe fare qualcosa per liberarsi dell’attuale classe dominante in tutte le sue articolazioni: banche, finanziarie, mezzi di comunicazione, partiti e sindacati di Stato. Perché più tempo passerà, più i problemi si presenteranno in forma drammatica. Lo scontro sarà violento; ci sarà poco da divertirsi per tutti.

DOPO LA SENTENZA CHE ACCERTA IL DEPISTAGGIO L’urlo di Fiammetta Borsellino: “Basta parate il 19 luglio, il Csm apra indagini su Ayala e altri”

http://www.ilsicilia.it/lurlo-di-fiammetta-borsellino-basta-parate-il-19-luglio-il-csm-apra-indagini-su-ayala-e-altri/?fbclid=IwAR2k-uP1d9BlCkjWx-Uym3Q8jo7I7NUhWXVCi_yFBz3BSscAqL96T_YPoFA

2 Luglio 2018

“Alla luce della pubblicazione delle motivazioni della sentenza, gli chiederò che sia fatta luce sulle responsabilità dei magistrati nelle indagini e nei processi sulla morte di mio padre. A noi e alla mia famiglia il Consiglio ha sempre risposto picche”. Fiammetta Borsellino, intervistata dal Fatto Quotidiano e da Repubblica, dopo il deposito della sentenza sul Borsellino quater si appella al Presidente Sergio Mattarella. E si rivolge al Consiglio superiore: “Cosa fa il Csm? Perché questo reiterato silenzio sui magistrati che hanno avallato il falso pentito Scarantino?”.

La figlia del magistrato chiede risposte tangibili e non parate in occasione del 19 luglio, per l’anniversario della morte di mio padre e dei poliziotti”. A Repubblica spiega che quel giorno “la famiglia Borsellino si chiuderà in una commemorazione strettamente privata, per sancire un lutto rinnovato dalle nefandezze che stanno emergendo”. Afferma che la sentenza del Borsellino quater “non è un punto di arrivo, ma di partenza, che il Csm deve acquisire al più presto. Alcuni dei magistrati che hanno avallato il falso pentito continuano a ricoprire incarichi importanti. Anna Palma è avvocato generale di Palermo, Carmelo Petralia è procuratore aggiunto a Catania”.

ayala“Al magistrato Giuseppe Ayala, che nel 1992 era parlamentare, vorrei chiedere perché ha fornito sette versioni diverse dei momenti successivi alla strage, in cui si trovò fra i primi in via D’Amelio a tenere in mano la borsa di papà. E poco dopo scomparve l’agenda rossa“, aggiunge.

Spiega anche che insisterà per incontrare nuovamente in carcere i fratelli Graviano.

Fonte: ANSA.

La Lega ha ritirato l’emendamento sblocca Tav

https://www.lettera43.it/it/articoli/politica/2019/05/21/salvini-lega-tav-torino-lione-stato-lavori/232359/?fbclid=IwAR1Gic3k35i7Fi4vnFwGbPO8_rr4AlHBD1SaDi1XtQthUSwTCXa8bSlYYKA

Il Carroccio abbandona la proposta di inserire la Torino Lione tra le opere prioritarie. Durissimo Chiamparino: «Hanno sacrificato l’opera in nome delle poltrone». 

La Lega ha ritirato l’emendamento al decreto Sblocca cantieri che chiedeva di inserire la Tav tra le opere prioritarie per le quali nominare un commissario. L’annuncio è arrivato il 22 maggio in avvio dei lavori delle commissioni Ambiente e Lavori pubblici del Senato. L’emendamento è stato presentato anche per l’Aula, dove il testo è atteso a partire dal martedì 28 maggio. Il presidente della Regione Piemonte Sergio Chiamparino e candidato per il centrosinistra per il rinnovo del mandato, ha dichiarato: «La decisione della Lega di ritirare in Commissione l’emendamento allo ‘Sblocca cantieri’ che definiva la Tav opera prioritaria conferma ciò che dico ormai da tempo: La Lega ha sacrificato la Torino-Lione sull’altare degli equilibri di governo, ha scelto le poltrone». «Domenica», ha dichiarato Chiamparino, c’è l’occasione dare un segnale forte a sostegno della realizzazione dell’opera facendo prevalere nelle elezioni regionali chi senza se e senza ha sempre lavorato concretamente per far partire i cantieri e le opere compensative per il territorio, che ora rischiano il blocco per responsabilità della attuale maggioranzaLega5Stelle».

ELECTIONS EUROPEENNES 2019 : LAISSONS LE SYSTEME A SA LENTE AGONIE ET L’UNION DITE ‘EUROPEENNE’ A SON ECHEC !

Luc MICHEL pour PCN-INFO/

2019 05 24/

PCN-INFO - Système et révolution en Europe (2019 05 24) FR

En Europe, comme partout ailleurs dans le monde, le Parlementarisme petit-bourgeois – qu’il ne faut pas confondre et encore moins assimiler à la Démocratie, comme la propagande du Système veut fallacieusement le faire croire – a atteint le stade ultime de sa dégénérescence.

Partout la « démocratie » bourgeoise – ou plutôt la prétention abusive et illégitime à incarner un système démocratique – a fait place à un gouvernement oligarchique, à la confiscation de la représentation populaire et des médias  par les puissances d’argent du Capitalisme libéral. Il y a aujourd’hui adéquation totale, absolue, entre le pouvoir économique et les pouvoirs politique.

Les élections européennes 2019 révèlent significativement cette situation.

POUR QUI VOTER ?

Dans le cadre de cette pseudo démocratie – confisquée par une minorité, biaisée par l’argent –, il n’y a plus aujourd’hui de choix à faire, car aucun candidat n’incarne un choix en dehors ou contre le Système. De l’extrême-droite à l’extrême-gauche, c’est le même consensus, les mêmes valeurs fondatrices.

La seule position cohérente, révolutionnaire, anti-Système, c’est donc de refuser un faux choix, qui n’existe pas réellement, à l’intérieur du Système. LE SEUL VOTE REVOLUTIONNAIRE, C’EST AU MINIMUM LE VOTE BLANC, NUL (1) OU SURTOUT L’ABSTENTION (2).

# PARTIE I- LAISSONS LE SYSTEME A SA LENTE AGONIE !

La Révolution, elle, s’incarne hors du Système, dans ce que le sociologue Pareto appelle la « contre-élite » (voir la Partie II ci-dessous) et d’autres la « contre-démocratie » (3). A nous de préparer, en dehors du Système, l’avenir de la Révolution européenne et mondiale. Qui passe avant tout dans les métropoles impérialistes par la diffusion de notre idéologie et la formation d’un Cadre transnational.

On notera que le géopoliticien Jean THIRIART, toujours prophétique dans sa pensée anticipatrice, ne disait pas autre chose dès 1969. Dans l’organe d’alors de notre Organisation « LA NATION EUROPEENNE » (4), il théorisait déjà notre position en Eurasie : « Nous pensons quant à nous que l’unité européenne pourrait se faire par un mélange (variable selon la circonstance) entre la persuasion et la violence. – avec une dose dominante de violence – et dans un « climat tragique » – non pas dans l’actuel climat trivial. Ce sera un viol consenti après un moment d’émotion, ou plus exactement dans un moment de panique. Si cela se fait, cela ne pourra se faire par des marchands de voitures. Mais avant que cela ne se fasse, il faudra ouvrir quelques milliers de têtes à des concepts classiques de la politique de l’Etat, de politique d’intérêts, de la politique de pouvoir, de la politique laïque et lutter contre les fumées et les brouillards des politiques de contestation (le « socialisme » parlementaire en Europe ne peut exemple pris en passant – subsister qu’en parasitant le néo-capitalisme : c’est un phénomène-type de parasitisme symbiose, des politiques sentimentales, des politiques « religieuses », des politiques littéraires vertuistes… Nous devons avoir sous la main une équipe de têtes convaincues de l’Europe-fusion (par opposition à l’Europe-addition) et préparées à une Europe-Etat ».

CONTRE LES CANDIDATS DU FRIC-ROI

Que la politique bourgeoise soit confisquée par l’argent éclate au grand jour lorsqu’on voit le statut social des principaux candidats.

Tous sont des millionnaires ou au moins des ‘grandes fortunes’, partout en Europe, soumis à l’ISF en France (5). Restons sur l’exemple français. Ainsi millionnaires les Sarkozy et le couple Royale-Hollande (ayant des deux côtés manipulé l’état réel de leur fortune, pour la diminuer, comme l’a révélé l’hebdomadaire satirique parisien « Le Canard Enchané »). Millionnaires les Le Pen, qui osent prétendre incarner « le peuple » (6). Encore et toujours en France millionnaire Bayrou, le pseudo « candidat contre le Système » des deux dernières présidentielles (où il est parfaitement inséré depuis toujours), gros propriétaire terrien dans le Bearn, qui n’échappe à l’ISF que grâce aux dispositions fiscales sur le patrimoine agricole.

OPPOSITION DU SYSTEME OU OPPOSITION AU SYSTEME ?

On est là dans une distinction fondamentale !

Reste le cas des « petits candidats ». On notera tout d’abord le ralliement aux candidats officiels du Système de ceux qui prétendaient – il n’y a guère encore – incarner un recours.

Exemplaire est le cas en France de Jean-Pierre Chevènement, qui représentait hier une opposition à l’axe américano-sioniste.  Et les autres ne valent pas mieux. Les candidats de l’extrême-gauche ne sont que la digue élevée à gauche pour endiguer le mécontentement populaire (8).

Le vote d’extrême-droite – les Le Pen et leurs épigones – est la copie sur la droite de la même opération d’endiguement. Le partage des mêmes valeurs fondamentales entre les droites classiques et les candidats de l’extrême-droite est exemplaire et exemplatif de l’escroquerie électorale que représentent les GADGETS ELECTORAUX impulsés par le Système.

PARETO et à sa suite THIRIART ont toujours insisté fort justement sur la différenciation fondamentale à opérer entre la pseudo opposition DU Système – la fausse opposition, escroquerie politique – et l’opposition radicale AU Système (comme l’incarne le PCN et la « contre-démocratie ») (voir la Partie II ci-dessous).

LA VERITABLE ECOLOGIE ABSENTE DU DEBAT !

LA TRAHISON DES POLITICIENS ECOLOGISTES

Actuellement émerge dans les masses ce qui devrait être l’enjeu fondamental du débat politique partout dans le monde : l’écologie, la nécessité de donner un coup d’arrêt à la destruction de notre planète par le Système capitaliste. Le temps nous est compté …

J’ouvrirai une parenthèse à ce sujet. Depuis les débuts de mon long parcours politique, au début des années 1970, l’écologie radicale a toujours fait partie de mes préoccupations (9). J’ai participé, comme acteur engagé, aux premiers pas de l’écologie politique, avant sa trahison par les politiciens « verts » et leur ralliement au Système. Il y a près de 45 ans, nous annoncions déjà la catastrophe à venir, celle que nous subissons aujourd’hui, notamment avec le réchauffement climatique. Cette catastrophe que les hommes et les media du Système faignent de découvrir depuis une dizaine d’années. Il n’y a rien à attendre du Système !

Face à l’urgence vitale de sauver la planète et l’avenir de l’humanité, le Système répond par l’absence de l’enjeu écologique dans le débat des élections européennes. Et sa récupération, en France ou en Belgique notamment, par sa récupération opportuniste et inopérante, par les partis du Système (10).

Le français Nicolas Hulot, « l’écologie au service du grand capital », fausse conscience écologique à l’usage des gogos ou des étudiants manipulés qui croient encore que le Système peut apporter une solution à la crise écologique, incarne cette imposture « verte » : « L’appui unanime des médias aidant, Nicolas Hulot fait un tabac avec les malheurs de la planète. Au nom d’un ‘pacte écologique’, qu’il veut ‘transpolitique’ (sic), son livre et son site font recette ». Rappellons au passage les liens de l’animateur, « ses pompes et ses œuvres, amis et projets. Marketing et sponsoring, produits dérivés, lignes de véhicules 4×4 labellisées Ushuaïa… l’argent, le pétrole et le CO2 coulent à flot dans le sillage du télé-écologiste de TF1 (…) Telle est, pauvres de tous les pays, la nouvelle nécessité que les grands médias vont vous vendre, tel est le plan des élites triomphantes. Vous croirez sauver vos descendants, mais vous assurerez leur sujétion au salariat, régime qui a mené l’espèce au bord du suicide. Vous croirez faire des sacrifices pour la vie et pour la planète, mais vous nourrirez Moloch. Alors qu’ils iront travailler en bicyclette, vos petits-enfants, par leurs impôts et par leurs achats, financeront la jet-society, carbon dioxyde authorized, des héritiers de M. Hulot et ses soutiens ». Les Hulot sont, hélas, légions (11) …

L’ESCROQUERIE DU CAPITALISME VERT

« L’ami des multinationales, Nicolas Hulot, s’inscrit sans conteste dans cette lignée ancestrale trop respectueuse – et trop profiteuse ! – des injustices sociales. Il travaille avec d’autres à un capitalisme vert qui sauvera l’essentiel : les inégalités. Rien de plus », dénonçait un quotidien belge dès 2007. Les Grünen allemands, prototypes des « Vert-kakis » atlantistes,  sont déjà fortement gagnés à cette mouvance, et avec eux « un nombre chaque jour croissant de patrons intelligents ou cyniques (…) si nous suivons des recommandations présentées comme techniques, à l’instar de celles, non pas transpolitiques, mais apolitiques, de Nicolas Hulot, les vrais pouvoirs seront libres de tout questionnement. A ce titre, ils imposeront d’autant plus aisément des solutions inéquitables faisant payer le prix de l’ajustement, une fois de plus, aux plus pauvres. On ne pourrait alors qu’assister à une reconduction de la domination sous des formes inédites, avec une mystification idéologique renouvelée, où l’argument d’une contrainte écologique non socialement analysée remplacerait peu ou prou l’actuelle et supposée intangible loi des marchés ».

# PARTIE II- L’AMERICANISATION DE LA VIE POLITIQUE EUROPEENNE :

LE CAS FRANÇAIS OU LE CHEVAL DE TROIE ATLANTISTE DANS NOS MURS !

Nous terminerons par le fait le plus marquant et le plus préoccupant de la vie politique européenne : la disparition à droite (où le néo-gaullisme n’est plus qu’une imposture) comme à gauche (voir le ralliement de Chevènement à Royal en 2007 et au Système) de l’anti-américanisme et l’ « Atlantisation » de la vie politique et de la classe dirigeante française.

LE NEOCONSERVATISME A LA FRANCAISE

 « il est indéniable qu’un vent de néoconservatisme souffle sur les bords de la Seine » constatait déjà LA STAMPA en 2007 (12). Q’un Sarkozy, le « petit Bush français », « le candidat anti-antiaméricains » dixit LE FIGARO, ait incarné le choix du camps néo-gaulliste révèle la tragique déroute de l’anti-américanisme au sein de la classe politique française (13). Ce ralliement à l’Atlantisme, cette sujétion à l’Axe américano-sioniste, révèle aussi le divorce sociologique, politique et culturel entre la classe politique française et les masses populaires, où l’anti-américanisme est largement présent (comme il émerge partout en Europe). Et depuis est venu Macron, le candiat de la Globalisation anglo-saxonne !

LA LIQUIDATION DU MODELE ECONOMIQUE FRANÇAIS

Ce phénomène était inévitable au regard de l’américanisation profonde du pouvoir économique français, dont la classe politique n’est que l’émanation. On notera que la liquidation du Gaullisme historique s’est accompagnée de la liquidation du modèle économique social-étatique adopté par la France depuis 1945 et dont le général de Gaulle fut l’un des principaux architectes.

« La France va changer de modèle socio-économique », confiait un expert russe à RIA NOVOSTI (dès 2007). « La France va se délester du modèle socio-politique qui avait pris corps après la guerre », a déclaré le professeur Youri Roubinski, directeur du Centre d’études françaises à l’Institut de l’Europe de l’Académie des sciences de Russie. D’après le chercheur, une nouvelle génération s’insère dans la vie socio-politique de la France et d’importants changements vont se produire dans ce pays. « L’idéologisation propre à la France cède la place au pragmatisme » (lisez à l’adoption du modèle libéral globalisé américain), a dit le directeur du Centre d’études françaises, pour lequel la présidentielle actuelle fournira une réponse à la question de savoir si la France va continuer de « vivre à l’ancienne ou se moderniser ». Une question à laquelle s’ensuivra inévitablement une autre : « qui payera la note et à combien se montera-t-elle ? » La réponse les Français la connaissent aujourd’hui : la masse des travailleurs et les classes moyennes.

Et en 2012, la ‘gauche américaine’ de Hollande et Vals s’est naturellement inscrite dans le chemin ouvert par Sarkozy. Et la France est devenue en deux présidences le meilleur allié de Washington. Puis est venu Macron, le choix d’un scénario politique, élu pour achever la liquidation du modèle franco-européen !

DE QUOI MACRON EST-IL LE NOM ?

Dans deux de mes récents Quotidiens géopolitique – n°211 « Que pense vraiment Macron » et n°207 sur « les réseaux d’influence américains en France » – (14), j’expliquais comment Macron était le choix politique des réseaux d’influence américains en France, le « parti américain » disaient de Gaulle et Thiriart, la « 5e colonne US ». Macron a pour programme et objectifs l’alignement géopolitique de Paris sur Washington (le « renforcement » du « Bloc occidental » dit-il). Mais aussi un objectif social en France et dans l’UE : la liquidation du modèle social euro-français (qui domine aussi notamment en Allemagne ou en Belgique) et l’imposition du modèle social anglo-saxon nord-américain et britannique (« le modèle du monde anglophone, qui tolère bien plus d’inégalités » dit-il aussi).

Macron est perçu à juste raison comme « le président des riches ». Mais ce sont les riches définis comme les élites « gagnantes » de la globalisation made in USA : les très riches et les nouvelles classes moyennes émergentes. Macron, rappelons le, est l’élu de cette minorité, 64% des 50% des Français qui sont allés voter (outre les manipulations électorales), soit un tiers des citoyens. Soit une “démocratie“ réduite aux “gagnants de la globalisation” … La réaction spontanée dans une population historiquement rebelle a été la révolte des ‘Gilets Jaunes’ !

# PARTIE III- LE ROLE CENTRAL DE L’ANTI-AMERICANISME

Avec sa théorie de la « circulation des élites », le grand sociologue Vilfredo Pareto définit les conditions de la révolution :

* blocage du système politique (souvent couplé à une crise de civilisation) qui empêche tout renouvellement,

* constitution d’une « contre-élite » révolutionnaire,

* basculement de l’ « élite neutre » – les fonctionnaires, commis de l’Etat, militaires, etc – vers les thèses de la contre-élite,

* S’y ajoute la propagation de thèses opposées au système dominant parmi les masses, qui sont progressivement gagnées à des idéologies nouvelles,

L’Europe du siècle naissant nous offre un bon champs d’application des théories de Pareto. Nous assistons en effet, alors qu’une crise de civilisation prédomine, à deux phénomènes capitaux, qui inquiètent hautement nos occupants américains et la classe politique européenne qui leur est liée depuis six décennies (celle des Quislings de Washington) :

* la montée de la conscience européenne au sein des élites neutres européennes (ed !) ;

* et la montée parallèle de l’anti-américanisme et de l’anti-sionisme – d’où le cirque actuel sur la pseudo « résurgence de l’antisémitisme » en Europe, qui ne repose que sur la manipulation médiatique – parmi les masses européennes.

* Deux phénomènes qui vont directement à l’encontre des positions idéologiques atlantistes et pro-américaines de la classe dirigeante européenne.

* il faut ajouter aujourd’hui à Pareto le « fossé social international », qui sépare irrédiablement les élites américanisées en Europe aux masses victimes de la Globalisation libérale made in USA (j’ai ainsi défini les ‘Gilets Jaunes’ comme « la première révolte populaire contre la Globalisation ») (15).

LE CATALYSEUR DE L’ARROGANCE AMERICAINE

Les Américains, avec leur arrogance, sont directement responsables de la prise de conscience européenne des nombreuses élites dans l’administration européenne, les milieux diplomatiques et militaires, les cadres de la grande industrie. La puissance naissante de l’Europe en devenir, même bridée ou avortée par les politiciens de l’UE, rend cette arrogance, et le lot d’humiliation constante qu’elle amène – rappelons-nous des propos méprisant de Rumsfeld sur la « veille Europe »  et suivons chaque jour les outrances de Trump –, insupportables. En humiliant le colonisé – et l’Europe n’est rien de plus depuis 1944 que la première colonie de Washington – le colonisateur forge sa révolte.

La montée de l’anti-américanisme – et son corollaire l’anti-sionisme, qui lui est étroitement lié au sein de l’Axe américano-sioniste – parmi les masses européennes, à l’Est comme à l’Ouest est également suscité par la politique américaine de domination mondiale. Il prépare des lendemains douloureux aux occupants yankee.

LORSQUE LES ELITES EUROPEENNES FERONT LEUR JONCTION AVEC LES MASSES ANTI-AMERICAINES …

Lorsque les élites européennes feront leur jonction avec les masses anti-américaines, les conditions seront réunies à la fois pour la libération de l’Europe, l’expulsion des USA d’Europe et de Méditerranée et l’avènement de l’ unité continentale eurasiatique, « de Vladivostok à Lisbonne » et à Reykjavik et Québec (avec sans doute Moscou pour Capitale), en tant que puissance mondiale. Nous en sommes encore loin mais cette marche de l’Eurasie vers sa libération continentale constituera la trame de notre histoire dans les prochaines décennies.

Pour que cette jonction se fasse, il faut un catalyseur. Celui que Thiriart – encore lui – annonçait aussi dans son livre de 1964 : le PARTI HISTORIQUE REVOLUTIONNAIRE EUROPEEN, avant-garde de la Révolution européenne, minorité agissante – comme l’était hier son prédécesseur direct, le Parti bolchevique, dans la Russie des années 1890-1917 –, décidée à forcer l’Histoire (16).

Et il faudra une grande crise, car l’Etat eurasiatique véritable, débarrassé de la souillure yankee, ne surgira que d’une aggravation de la crise de civilisation que nous subissons. Nietszche, ce grand européen, prophétisait que « l’Europe ne se fera qu’au bord du gouffre. Nous partageons sa vision » Les grandes révolutions exigent un climat tragique et non la tonalité triviale de notre époque décadente.

# PARTIE IV- QUELLE EUROPE ?

LA PETITE-EUROPE CROUPION DE BRUXELLES EN ECHEC OU L’EURASIE « DE VLADIVOSTOK A LISBONNE » DE MOSCOU ???

La crise économique de 2008, qui est le premier constat de la faillite annoncée de l’idéologie libérale, du système économique capitaliste et de mondialisation libérale-capitaliste, faillite qui est aussi et surtout celle de son modèle américain, d’où est venu le choc, a frappé durement tous les pays européens.

L’UNION EUROPEENNE, UN PROJET GEOPOLITIQUE AVORTE.

OU LES QUATRE EUROPE …

Cette crise annonçait aussi l’échec de l’Union Européenne, qui a été incapable d’intégrer les pays de l’Est qui l’ont rejointe. Frappée au cœur par l’égoïsme de Berlin et les menées des petit-nationalismes d’extrême-droite manipulés par les néo-conservateurs américains. La CEE reposait sur la solidarité et la subsdiarité (les riches payent pour les pauvres). Mais aussi sur le « plus jamais de guerre en Europe ». Entre les guerres de Yougoslavie et le bombardement de Belgrade, première capitale frappée en Europe depuis 1945, avec la complicité active de Bruxelles, Berlin et Paris (17), et l’égoïsme anti-grec et anti-latin (Portugal et Espagne) de Mme Merkel, le projet européiste de Bruxelles est mort !

Aujourd’hui, comme au temps du « rideau de fer », deux Europe s’opposent au sein même de l’UE, les pays de l’Ouest, rassemblé notamment autour de l’Euro, et qui résistent à la crise, et les ex pays de l’Est, aux économies artificiellement libéralisées après 1991, et qui sont en cours d’effondrement. L’UE est incapable de souder ces deux blocs, de les unifier, et même de les solidariser face à la crise. Et deux autres Europe s’opposent encore, celle de Bruxelles et son alternative idéologique et géopolitique, la « Seconde Europe » de Moscou (18).

Nous sommes les seuls à avoir dès les Années 60 envisagé l’échec de la construction européenne, que toutes les autres formations politiques voyaient comme un processus irréversible.

AVEC LA « SECONDE EUROPE » DE MOSCOU !

L’Europe ne se limite pas à l’Union européenne ! Ni même aux états qui lui sont maintenant associés, comme la Moldavie ou la Serbie. La Russie, qui a retrouvé son indépendance avec Vladimir Poutine est aussi l’Europe ! Une SECONDE EUROPE, une AUTRE EUROPE eurasiatique se dresse désormais à Moscou face à l’Europe atlantiste de Bruxelles.

L’économie mondialisée fait basculer le centre du monde vers les pays innovants techniquement et à bas coûts sociaux, la croissance fabrique des nuisances intolérables, les dangers d’extension des guerres régionales exigent des contre-feux politiques et culturels multiples et non pas un modèle unique hégémonique du type américain. Tout plaide pour une Europe occidentale, unie au plan économique, qui avance vers une harmonisation sociale, qui réunisse une à une les conditions de sa personnalité politique.  Et qui préparaient l’union avec la « SECONDE EUROPE » eurasiatique qui se construit autour de Moscou.

Mais voilà, il y manque des architectes. Les partisans d’une Europe-puissance, tirée jadis par quelques-uns, ont disparu. Le ‘parti américain’ domine l’UE et le NATO dirige sa politique internationale et contrôle sa défense. En sorte que ce sont à la fois Washington et les États agonisants de l’UE qui font la météo européenne, avec pour seule ambition qu’il fasse beau chez eux et qu’il pleuve ailleurs. À quoi sert le Parlement européen dans ce contexte ? À pas grand-chose, puisque le pouvoir est ailleurs.

LE DESAVEAU DES PEUPLES EUROPEENS :

L’UNION EUROPEENNE CONTRE LA DEMOCRATIE

Cet échec, mais aussi et surtout l’absence d’un projet politique véritable pour l’UE, explique le désaveu des peuples et des masses envers les politiciens et le système de l’UE. Incapable de se dégager de l’hégémonie des USA, l’UE n’est plus aujourd’hui qu’un simple espace économique libéralisé à outrance et ouvert aux prédateurs capitalistes. Bras  politique de l’hégémonie yankee en Europe, l’OTAN en étant le bras armé, ayant placé ses forces armées et sa politique étrangère entre les mains de l’occupant américain, avec une classe politique et médiatique irrémédiablement prostituée au système yankee (voir les Obamania chez les libéraux et Trumpmania chez les petit-nationalistes, qui sont la plus récente manifestation de la soumission à l’hégémonie idéologique et culturelle des USA), l’UE est non plus boudée mais rejetée par ses peuples.

A ces élections, l’abstention sera à son plus haut taux. Deux électeurs sur trois ne se déplaceront pas. Les élections déjà organisées cette semaine aux Pays-Bas et en Grande-Bretagne confirmant notre analyse. Dans la soirée du 26 mai, notre personnel politique aura-t-il la décence de ne pas déplorer une abstention à laquelle il a contribué ? Rien n’est moins sûr. Pourtant, on aura tout fait pour que les Européens boudent les urnes. Ce sera l’enseignement principal de ce scrutin, à moins d’un improbable sursaut.

Le désamour est aujourd’hui profond entre l’Europe et ses peuples.

Partout en Europe, la campagne électorale s’est installée dès le début dans la médiocrité pour ne plus la quitter. On aura parlé à peu près de tout, sauf de l’Europe véritable, de son projet, de ses valeurs, de ses chances. Dans chaque pays, l’horizon de nos bateleurs se sera limité aux enjeux politiques nationaux.

L’UE a pris la drôle d’habitude de faire fuir les électeurs lorsqu’elle présente son parlement à leurs suffrages et de les mobiliser lors des référendums, mais contre elle. En France, les grands partis ont un souvenir cuisant du ‘non’ massif opposé en 2005 au projet de traité. Le Parti socialiste se souvient que la ligne de partage entre le non et le oui a déchiré ses propres rangs. La droite modérée sait aussi qu’une bonne partie de ses électeurs entretient avec Bruxelles et ses « technocrates » des relations suspicieuses. De quoi refroidir des ardeurs européennes déjà bien tièdes. Après le triple échec des référendums sur le traité constitutionnel, en Irlande, France et Pays-Bas, les politiciens de l’UE ont arrêté de consulter les peuples et ont procédé à la ratification, en fanfare, par les parlements aux ordres. Oubliant que le seul ‘non’ irlandais avait rendu ce traité caduc.

Les Européens ne sont pas pour autant des veaux. S’ils préfèrent la pêche à la ligne le jour des élections au Parlement de Strasbourg et Bruxelles , c’est parce que l’Europe est en panne. À l’arrêt total, dans un coma dépassé. Elle n’a plus de moteur et n’a jamais eu de cerveau.

LE MEPRIS DES PEUPLES ET LA NEGATION DE LEUR CHOIX DEMOCRATIQUE

Ajoutons à cela le mépris des peuples et la négation de leur choix démocratique. Comme le révèle l’exemple irlandais. L’Irlande est le seul des 27 pays de l’Union européenne à avoir pu soumettre intégralement le Traité de Lisbonne à sa population. Suite à l’introduction dans la Constitution irlandaise, en 1998, d’un nouveau paragraphe, soumis à l’approbation de la population et accepté par 69,9% des votants, depuis lors, l’Irlande soumet obligatoirement toute modification des traités d’intégration au vote populaire. L’Irlande a donc voté ‘Non’ au Traité de Lisbonne, le 12 juin 2008. Cela au grand dam des 27 chefs de gouvernement, notamment de France et d’Allemagne. Ils décidèrent, lors du sommet de l’UE, tenu à l’été 2008, de mettre la pression sur l’Irlande. Il s’agissait d’ignorer le résultat du vote irlandais et de faire ratifier ce traité par les instances des autres Etats. Notons que le droit communautaire applicable fait que du seul ‘non’ d’un seul pays, le Traité est définitivement caduc. Et donc que refuser de le constater et continuer à le faire ratifier par les parlements des 25 autres, représente la violation non seulement de la décision démocratique des Irlandais mais aussi et surtout des propres règles de fonctionnement de l’UE.

Avant le sommet de l’UE des 15/16 octobre 2008, un politicien allemand de l’UE menaça le gouvernement irlandais de « conséquences désastreuses » au cas où ce Traité de Lisbonne resterait ignoré du pays. Le 9 octobre 2008, le député européen allemand Elmar Brok (CDU) exigea du gouvernement irlandais qu’il présente lors de la réunion des chefs de gouvernement et d’Etat du 16 octobre, des propositions concrètes d’une démarche tactique en vue de gagner un second référendum sur le « Traité de Lisbonne ». A Bruxelles, on parlait même de sanctions contre l’Irlande au cas où il ne serait pas possible d’imposer la ratification dans un bref délai ; on pense même à retirer au représentant de l’Irlande le droit de siéger à la Commission européenne.

Comme le disait Brecht, « le peuple a mal voté, dissolvez le peuple ! »

Luc MICHEL / Люк МИШЕЛЬ /

PCN-НОП – LUCMICHEL. ORG/

# NOTES ET RENVOIS :

(1) Mais le vote électronique amorcé en France – et que le PCN a été le premier a contester dans les Années 1990 en Belgique devant la « Cour d’Arbitrage », la Cour constitutionnelle belge, ne le permet plus.

(2) Voir PCN-INFO/ PCN-НОП – PANAFRICOM – LUCMICHEL. ORG/ NOTRE POSITION POUR LES ELECTIONS EUROPEENNES : ABSTENTION REVOLUTIONNAIRE ! PAS UNE VOIX POUR LES PARTIS DU SYSTEME DE L’EXTREME-DROITE A L’EXTREME-GAUCHE !!!

sur http://www.lucmichel.net/2019/05/23/pcn-info-pcn-%D0%BD%D0%BE%D0%BF-panafricom-lucmichel-org-notre-position-pour-les-elections-europeennes-abstention-revolutionnaire-pas-une-voix-pour-les-partis-du-systeme-d/

(3) Sur la notion de « contre-démocratie », lire : Pierre ROSANVALLON, LA CONTRE-DEMOCRATIE, Seuil, Paris, 2007, 322 p.

« La démocratie est affaiblie mais elle vit, ailleurs », analyse Pierre Rosanvallon. Qui « s’intéresse à l’archipel des initiatives et des réflexes de la société civile, riches de contenu, inquiétantes aussi », commente LE TEMPS (Genève, 5 octobre 2006) : « La démocratie s’érode, elle a perdu de son éclat, de sa magie : sur ce thème du désenchantement, cher à Marcel Gauchet, tout a été dit, ces dernières années, de la perte de confiance des citoyens dans leurs dirigeants, de l’abstention, de la passivité civique. De très nombreuses études ont déjà traité de l’activité électorale et représentative. Professeur au Collège de France, Pierre Rosanvallon, lui, aborde le sujet par une autre face. Il note que la démocratie parlementaire n’a jamais cessé d’être à la fois une promesse et un problème, partagée qu’elle est entre la légitimité des gouvernants et la défiance des citoyens. Dans cette étude, de ton très universitaire, l’auteur se refuse aux lamentations ordinaires sur la décadence démocratique. Il s’applique à regarder de plus près ces innombrables manifestations de défiance, où les citoyens descendent dans la rue, manifestent, se mobilisent – jusqu’à la violence parfois – contre leurs élites, en marge du dispositif institutionnel ordinaire. Approche d’autant plus originale et révélatrice qu’elle opère un va-et-vient incessant entre les expériences institutionnelles du passé et le tableau, inquiétant souvent, du présent, où la société civile s’estime éloignée du pouvoir.

Dans la nébuleuse des comportements et des initiatives de ce qu’il nomme la « contre-démocratie », Rosanvallon discerne trois postures. C’est celle de la surveillance, obsession des grandes figures révolutionnaires. Et qu’incarnent les journalistes, les syndicats et, aujourd’hui, Internet et tout un archipel d’ONG, d’associations ou d’observatoires de l’action gouvernementale et parlementaire. On y ajoutera l’exigence de plus en plus forte de transparence. C’est, ensuite, la fonction d’empêchement, qui, très tôt, s’est incarnée dans les grèves du XIXe, et trouve dans le veto des grandes manifs françaises – contre le régime des retraites en 1995, contre le CPE l’été dernier – toute son efficacité. Enfin, voici le peuple-juge, apparent dans les procédures américaines du recall et de l’impeachment. Ce décentrement de la vie démocratique – vivante, incontestablement – ne va pas sans risques. La chute du mur de Berlin, en particulier, a eu pour effet d’affadir les antagonismes idéologiques. Elle a reporté sur les acteurs eux-mêmes (plus que sur leurs programmes) l’attention des électeurs. Evolution qui alimente aussi l’esprit de refus, plus que l’adhésion aux projets. Du coup, on vise d’abord à sanctionner les sortants, plus qu’à voter pour les candidats. S’y ajoute tout un espace d’abandon et d’indifférence politique, non moins inquiétant. L’autre face de cette « impolitique », comme il la nomme, c’est le populisme, qui conspue la démocratie et ses dirigeants. Le constat conduit à une interrogation: y aurait-il moyen d’institutionnaliser cette résistance ? Pierre Rosanvallon conclut en ouvrant quelques pistes ».

(4) Jean THIRIART, « L’Europe, un acte d’intelligence », in « LA NATION EUROPEENNE », 1ere série, n° 30, février 1969, Bruxelles et Paris.

(5) Pour nos lecteurs non-résidents en France, l’ISF est un « Impôt Sur la Fortune », imposé aux très gros revenus. Sa suppression par Macron est au cœur de laz colère des ‘Gilets Jaunes’.

(6) On notera que de nombreux leaders de l’extrême-droite européenne sont des millionnaires. Non seulement Le Pen mais aussi Vadim Tudor, « le Le Pen roumain ».

(7) Mais pouvait-il en finir autrement lorsque l’on connaît l’infiltration et la place occupée à la direction du MRC, le parti de Chevénement, par les militants trotskistes et sionistes, à Paris notamment ?!

(8) Avec une mention spéciale pour José Bové, ex-trotskiste et narcissique « leader alter-mondialiste », qui se livrait vers 2007 à une campagne indigne contre le Cuba socialiste, c’est-à-dire contre une des figures de proue du combat anti-yankee.

(9) Ma position pour l’Ecologie radicale (Deep Ecology) :

Lire sur LUC MICHEL/ ЛЮК МИШЕЛЬ/

LA NATURE A DES DROITS … L’ÉCOLOGIE RADICALE ET MOI !

http://www.lucmichel.net/2017/03/31/luc-michel-la-nature-a-des-droits-lecologie-radicale-et-moi/

(10) Cfr. sur LUCMICHEL. NET/

* ECOLOGIE RADICALE : ALERTE ROUGE SUR LA BIODIVERSITÉ (I).

LA GRANDE IMPOSTURE DU SYSTÈME CAPITALISTE GLOBALISE !

sur  http://www.lucmichel.net/2019/05/07/lucmichel-net-ecologie-radicale-alerte-rouge-sur-la-biodiversite-i-la-grande-imposture-du-systeme-capitaliste-globalise/

* Et ECOLOGIE RADICALE : ALERTE ROUGE SUR LA BIODIVERSITÉ (II). COMMENT LES ETATS ONT CENSURE LE RAPPORT DE L’IPBES ?

sur http://www.lucmichel.net/2019/05/07/lucmichel-net-ecologie-radicale-alerte-rouge-sur-la-biodiversite-ii-comment-les-etats-ont-censure-le-rapport-de-lipbes/

(11) Le désarroi permanents depuis plus d’une décennie des « Verts » français – dont la base militante mesure parfaitement la trahison et la capitulation idéologique – apparaît dans la crise, elle aussi permanente, qui frappe jusqu’à la direction du Mouvement, où certains dénoncent régulièrement « une écologie de gestion, s’appuyant sur les réalisations des élus Verts en région ou sur le plan local » et lui préfèrent une « écologie populaire, le refus du système productiviste, la désobéissance civile, le refus de la guerre de civilisation et l’altermondialisme ».

« Comment les Verts ont disparu d’une campagne pourtant marquée par l’écologie » ? Dans LE FIGARO du 5 avril 2007, Rodolphe Geisler, journaliste au service politique, apportait une réponse qui met en lumière les compromissions des « Verts », devenus une simple force d’appoint de la gauche du Système (…) Voynet s’est trop éloignée des fondamentaux écologistes. Et son discours apparaît comme inaudible. Dans ses meetings, il est en effet peu question d’écologie. Elle se plaît, par exemple, à « taper » sur le candidat de la droite en moyenne trente minutes pour des discours types de trois quarts d’heure. Ou encore à défendre les langues régionales ! Mais là, disent les mauvaises langues, c’était pour obtenir, au moment de la course aux 500 parrainages, des signatures de maires corses, basques, ou encore bretons… Bref, la candidate des Verts parle de beaucoup de choses, mais assez peu d’écologie (…) En interne, confie un cadre, « plus personne n’a intérêt à faire sa campagne ». Les « petits » élus municipaux – ils sont majoritaires sur les 2.200 élus que compte le parti pour 8.000 adhérents ! – n’ont pas envie de se fâcher avec le grand frère socialiste. « Ils pensent à leurs sièges », dit-on. Du coup, à défaut de soutenir ouvertement Voynet au premier tour – ils sont déjà dans l’hypothèse d’un second tour où Ségolène Royal pourrait être présente –, ils font les morts, tandis que le militant de base est démobilisé. De même que les « grands » élus Verts qui restent étonnamment absents. « Elle rêve d’un portefeuille ministériel et s’est fourvoyée pour ça avec le PS », disent certains, en se voyant déjà ministre à sa place en cas de nouvelle « majorité plurielle ». Depuis le pire est arrivé avec les De Rugy, Hulot et cie en Macronie … Les Verts ne se sont jamais remis de la présidentielle 2007. En 2012, au service de Hollande, et en 2016 ralliés à Macron ils ont continué leur dérive alimentaire.

(12) Cesare MARTINETTI, in LA STAMPA, Milano, 10 juin 2006, traduction française : « Néoconservateurs sur Seine », in COURRIER INTERNATIONAL, Hebdo, Paris, n° 815 – 15 juin 2006.

(13) « Aux Etats-Unis, la presse saluait en Sarkozy le candidat « anti-antiaméricains » », écrivait le correspondant du FIGARO à Washington (15 mars 2007). « Outre-Atlantique, on attend de la France qu’elle se débarrasse de sa « haine de l’Amérique ».

Etat des lieux du rêve américain pour la France esquissé dès 2007 : « Pour NEWSWEEK, il s’agit de « l’Etat dirigiste le plus centralisé en dehors de la péninsule coréenne ». Les néoconservateurs Gary Schmitt et Reuel Marc Gerecht veulent oublier « l’extrême-gauche et l’extrême-droite anti-Macdonald, antimondialistes et anticapitalistes », se prenant à rêver d’une « France postgaulliste, proaméricaine ». La pierre d’achoppement est là : cette France où le mot antiaméricanisme « est entré dans le dictionnaire en 1968 », relève le WALL STREET JOURNAL. Or, voilà que surgit un candidat pas simplement proaméricain, mais « anti-antiaméricains », s’extasie le journal. Il n’est pas le seul : si l’intelligentsia américaine pouvait voter, elle serait tentée par Nicolas Sarkozy, le seul qui ait franchi l’Atlantique pour la courtiser durant la campagne. Lors de sa visite, en septembre dernier, le chef de l’UMP a « proclamé avec fierté » son amitié. Une photo avec George Bush a suffi pour lui coller l’étiquette de « néoconservateur au passeport français ». (…) Le WEEKLY STANDARD, l’organe des néoconservateurs, voiait en lui « l’homme qui veut réveiller la France », le comparant à la fois à Bill Clinton et à Ronald Reagan. Ségolène Royal, elle, a eu droit aux épithètes de « glamour » dans USA TODAY, d’ « exception française » dans TIME (…) Philip Gordon, de la Brookings Institution, était « frappé par l’américanisation de la politique française ». Ce pays « a manifestement soif de changement », soulignait L’ATLANTIC MONTHLY. Si au passage il se débarrasse « de sa haine de l’Amérique », se prend à rêver le WALL STREET JOURNAL, ce sera un progrès » (sic). Depuis est arrivé pire que Sarkozy, un certain Macron …

(14) Cfr. sur LUC MICHEL’S GEOPOLITICAL DAILY/

* QUE PENSE VRAIMENT MACRON ? MAITRE DU DOUBLE DISCOURS OU MACHIAVEL AU PETIT PIED ?

sur http://www.lucmichel.net/2018/05/01/luc-michels-geopolitical-daily-que-pense-vraiment-macron-maitre-du-double-discours-ou-machiavel-au-petit-pied/

* Et L’ACTUALITE QUI CONFIRME L’ANALYSE : GEOIDEOLOGIE. LE REGIME MACRON OU LE CHOIX DE CEUX QUI VEULENT IMPOSER LE MODELE SOCIAL ANGLO-SAXON EN FRANCE ET EN EUROPE

sur http://www.lucmichel.net/2018/05/04/luc-michels-geopolitical-daily-lactualite-qui-confirme-lanalyse-geoideologie-le-regime-macron-ou-le-choix-de-ceux-qui-veulent-imposer-le-modele-social-anglo-saxon-en-fr/

(15) Cfr. sur LUC MICHEL’S GEOPOLITICAL DAILY/

GEOIDEOLOGIE : LES ‘GILETS JAUNES’ PREMIÈRE REVOLTE POPULAIRE CONTRE LA GLOBALISATION MADE IN USA

sur http://www.lucmichel.net/2019/01/12/luc-michels-geopolitical-daily-geoideologie-les-gilets-jaunes-premiere-revolte-populaire-contre-la-globalisation-made-in-usa/

(16) Cfr. mon premier livre de 1984, plus que jamais actuel (qui sera réédité pour la quatrième fois en 2020 dans une réédition augmentée) :

Luc MICHEL, LE PARTI HISTORIQUE REVOLUTIONNAIRE, Genèse et généalogie du Communautarisme, Edition MACHIAVEL, 1ère édition – Charleroi, 1984, 3e édition – Bruxelles, 1996.

(17) Cfr. sur SUR LUC MICHEL’S GEOPOLITICAL DAILY/

ANALYSE COMPLETE DES ‘GUERRES DE YOUGOSLAVIE’ ET DE LA DESTRUCTION DES IIe ET IIIe FEDERATIONS YOUGOSLAVES PAR LE BLOC AMERICANO OCCIDENTAL

sur http://www.lucmichel.net/2017/11/28/sur-luc-michels-geopolitical-daily-analyse-complete-des-guerres-de-yougoslavie-et-de-la-destruction-des-iie-et-iiie-federations-yougoslaves-par-le-bloc-americano-occident/

(18) Cfr. Luc MICHEL, EODE THINK TANK/ GEOPOLITIQUE / THESES SUR LA « SECONDE EUROPE » UNIFIEE PAR MOSCOU,

sur http://www.eode.org/eode-think-tank-geopolitique-theses-sur-la-seconde-europe-unifiee-par-moscou/

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Ferrovie, il vero costo del maxi-piano

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2019/05/24/ferrovie-il-vero-costo-del-maxi-piano/5203362/

Sono 58 miliardi di euro gli investimenti previsti nel nuovo piano industriale 2019-2023 del gruppo Ferrovie dello Stato. Sommati a impegni pregressi, si arriva alla fantastica cifra di oltre 170 miliardi di euro. Dicono i vertici: “Un impegno record che conferma il gruppo quale primo investitore in Italia, con punte fino a 13 miliardi all’anno.  

Uno sforzo sostenuto per il 24 per cento con risorse di gruppo, un indotto per 120 mila posti di lavoro all’anno, 15 mila assunzioni dirette in cinque anni e un contributo annuo all’aumento del Pil fra 0,7 e 0,9%. I ricavi raggiungeranno nel 2023 i 16,9 miliardi, e l’utile netto arriverà a 800 milioni…”.

Non è fantastico? Peccato che si tratti di soldi dei contribuenti, non di investimenti generati da risorse proprie dell’azienda, dal punto di vista industriale. Infatti anche quel 24 per cento è solo formalmente “proprio”. Potrebbe essere il doppio o la metà, visto che i trasferimenti pubblici in conto capitale o esercizio sono una quota dominante dei ricavi, e questo ammontare è frutto di decisioni strettamente politiche, cioè arbitrarie.

Quindi anche l’aumento del Pil e dell’occupazione sono un risultato arbitrario, e le risorse proprie tanto “proprie” in realtà non sono, e neanche l’utile netto lo è. L’intero quadro contabile ruota intorno a quanti soldi pubblici arrivano all’azienda, e sappiamo quanto questi siano preziosi e scarsi, e quindi da spendere con estrema cautela.

Vale la pena di ripetere il concetto: perché lo Stato non trasferisce alle Ferrovie il doppio o la metà dei circa 10 miliardi annui attuali di soldi nostri? Nessuno ha mai risposto a questo semplice quesito, a riprova che usando il termine “arbitrario” si descrive un fatto reale.

Il problema democratico, prima che economico, è la trasparenza dell’informazione, quando si tratta di soldi della collettività. Infatti Ferrovie dello Stato e i suoi conti, sono presentati all’opinione pubblica, con i giornali e le televisioni conniventi, esattamente nello stesso modo in cui di solito si parla delle scelte di una impresa privata esposta al mercato.

Ma chi ha verificato che quel fiume di soldi non potesse avere risultati migliori impiegato diversamente?

Certo toccherebbe al difensore dell’interesse pubblico dimostrarlo ai contribuenti, cioè toccherebbe allo Stato, ma questo ben se ne guarda. Alla gente potrebbero venire molti dubbi o delle strane idee.

Parlando di investimenti, nel mondo reale di solito se ne presentano i ritorni attesi, per giustificarli agli occhi degli azionisti. Ma su questo aspetto, le Ferrovie dello Stato non si ritengono affatto un’azienda normale, infatti non ne parla mai.

Ogni singolo euro nostro speso in ferrovie – è il messaggio implicito – ha ritorni in termini di benefici sociali, ci mancherebbe di pretendere veri profitti!

E se non fosse proprio così? Chi controlla tutti questi enormi benefici sociali?

Per gli investimenti il controllo è affidato alle analisi costi-benefici, prima promesse dal ministro Pd Graziano Delrio, e ora finalmente in corso di esecuzione grazie al ministro Cinque Stelle, Danilo Toninelli.

Anche se, per la verità, finora ne sono state pubblicate solo due: il terzo valico di Genova, che dichiarava l’investimento uno spreco di soldi pubblici, ma la politica, legittimamente responsabile finale delle scelte, ha deciso che si deve fare lo stesso.

Per il nuovo tunnel del Fréjus (il cosiddetto Tav), l’analisi dice che si tratta di uno spreco, ma forse si farà ugualmente (ci sono aspetti internazionali complessi).

Per l’Alta velocità Brescia-Padova (8 miliardi di preventivo, tutti italiani, la sovranità nazionale innanzitutto…) i risultati dell’analisi non sono ancora stati resi pubblici, ma il ministro, con sprezzo del pericolo, ha detto che si farà comunque.

Ma il massimo sprezzo del pericolo si è manifestato per le ferrovie siciliane, che presentano costi totali di preventivo da 13 miliardi. Sono opere che vanno fatte, sostengono a gran voce i Cinque Stelle. Pare addirittura che esista una analisi economica fatta da Delrio, ma per ragioni misteriosissime non è mai stata pubblicata. Corre voce che ne esista una anche per la nuova linea Napoli-Bari (7 miliardi di preventivo), ma anche qui il mistero rimane fitto.

Intanto il Paese tutto punta su una enorme e costosissima “cura del ferro” per crescere.

Ci puntava anche il governo precedente, quindi occorre prendere atto di una mirabile concordia di intenti (con i quattrini nostri).

Ma questo governo vuole spendere addirittura “di più”. Peccato che nel mondo il progresso tecnico vada da un’altra parte, su veicoli stradali non inquinanti molto più sicuri, e non costosi per le casse pubbliche.

Noi avremo invece splendidi treni, forse per la gran parte vuoti (e i treni vuoti non sono un granché nemmeno per l’ambiente), e per i quali si saranno scavati, più che tunnel, voragini nei nostri conti pubblici.

NOTRE POSITION POUR LES ELECTIONS EUROPEENNES :

 

ABSTENTION REVOLUTIONNAIRE ! PAS UNE VOIX POUR LES PARTIS DU SYSTEME DE L’EXTREME-DROITE A L’EXTREME-GAUCHE !!!

Luc MICHEL pour PCN-INFO/

2019 05 23/ Avec PCN-НОП – PANAFRICOM/

 PCN-INFO - Consignes européennes mai 2019 (2019 05 23) FR

* Eurasie :

Parti Communautaire Néoeurasien, PCN

Neoeurasian Communitarian Party, PCN-NCP

Неоевразийская Общественная Партия, PCN- НОП

Neo Avrasyali Komunotarist Partisi, PCN-NAKP

Partidul Comunitar Neoeurasian, PCN

* Panafrique :

PANAFRIcan action and support COMmittees, PANAFRICOM

Que faire pour ces élections européennes ?

« Voter utile » comme le disent certains, « voter pour les petites listes » ?

Ou, froidement, lucidement, choisir la Stratégie de l’abstention révolutionnaire ???

# I- PARTOUT EN EUROPE :

ABSTENTION REVOLUTIONNAIRE !

Ce système a échoué, c’est une démocratie confisquée par l’oligarchie (à part la Iere République de 1792, celle de Robespierre, et la Seconde Commune de Paris de 1871, avec leur part de Démocratie directe).

LE PARLEMENTARISME PETIT-BOURGEOIS EST UN ECHEC DOUBLE D’UNE ESCROQUERIE

La Justice sociale, la société sans classes, la circulation des élites sont la base d’un Etat sain et populaire. Elles impliquent la fermeture des parlements bourgeois aux mains de l’oligarchie politico-médiatico-financière, la classe prédatrice de l’exploitation, qui est aussi la bourgeoisie compradore au service de l’impérialisme américain.

L’alternative existe, c’est précisément la Démocratie directe !

PREPARER LA REVOLUTION DE DEMAIN …

Pour renverser ce Système exploiteur, il faudra une révolution.

Mais les conditions historiques et politiques n’existent pas aujourd’hui et les conditions sociales sont encore insuffisantes (« 1789 » ne pouvait pas arriver un an plus tôt …).

Il manque partout un grand Parti révolutionnaire transnational. L’espace politique du mécontentement, de la contestation du Système, est précisément occupé par les escroqueries politiques mise en avant par le Système pour endiguer ce mécontentement ou par des mouvements de révolte spontanés, inorganisés, sans aucun avenir, comme les ‘Gilets Jaunes’. Prenons l’exemple français, révélateur et significatif, Le clan des millionnaires châtelains de Montretout, ces Le Pen enrichis par la politique et liés aux néo-conservateurs américains, et la figure du hiérarque social-démocrate Mélenchon (une carrière de privilégié du parlementarisme) symbolisent cette escroquerie politique. Avec ces gens, le but du Système est aussi d’empêcher la jonction de ses adversaires, aux périphéries de droite et de gauche, celle des « ennemis du Système » (cfr. Le livre de Christophe Bourseiller, publié dans les Années ’80 et plus que jamais actuel) (c’est la dynamique dite « nationale-bolchévique » ou « nationale-communiste », la grande peur de l’oligarchie).

Aujourd’hui les rares organisations vraiment révolutionnaires, comme le PCN, mènent un combat d’idées et une action souterraine (notamment par la « diplomatie parallèle »), elles préparent le terrain pour l’avenir et soutiennent les états de la ligne de front qui résistent au Système impérialiste mondial. Notre espace politique est celui qui était ceux des internationales de Marx et Mazzini avant 1850. La révolution est affaire de cycles très longs, jusqu’à ce que les conditions historiques, politiques et sociales la permettent (Entre la Iere République de 1792, portée par la Première Commune de Paris, et la Seconde Commune de Paris de 1871 il y a 80 ans. Et entre celle-ci et la Révolution d’Octobre encore 46 ans et la première Guerre mondiale).

LA STRATEGIE DE L’ABSTENTION REVOLUTIONNAIRE

En attendant, il faut mener une politique réaliste : la seule dans le cas de ces Européennes de Mai 2019, c’est l’abstention révolutionnaire. Pas une voix pour les partis escrocs du Système, de l’extrême-gauche à l’extrême-droite, et surtout pas pour les fausses « alternatives » !

Mais il ne s’agit pas de la politique de la chaise vide, du retrait par dégoût. Bien au contraire, il s’agit de SAPER LA BASE POLITIQUE DU SYSTEME et de DETRUIRE SA PSEUDO LEGITIMITE. Déjà, plus d’un français sur deux ne va plus voter et refuse ce Système et ses faux « choix ». Lorsqu’une majorité de citoyens suivra ce refus (qui va déjà dans certains pays de l’UE à certaines élections jusqu’à 80% d’abstention), ne restera aux partis de l’oligarchie que la légalité et plus aucune légitimité …

A NOTER LA FAILLITE POLITIQUE GENERALISEE DU PARLEMENTARISME PETIT-BOURGEOIS OCCIDENTAL

Ce que nous écrivons à titre d’exemple pour la France vaut pour tout l’espace politique occidental. La stratégie de l’abstention est valable partout.

… SAUF EXCEPTIONS TACTIQUES /

dans des pays où la situation politique permet d’espérer la destruction du système politique, sans révolution, mais ceci faisant avancer la déstabilisation du Bloc occidental. Par exemple en Belgique, où le vote républicain flamand radical ou rattachiste francophone – le « retour à la France » – accélère l’agonie du non-état belgicain, où sont les sièges de l’OTAN  et de l’UE. Ou encore en Espagne et Grande-Bretagne, avec leurs mouvements indépendantistes contre Londres et Madrid.

# II- EN FRANCE :

COMME PARTOUT AILLEURS ABSTENTION REVOLUTIONNAIRE !

En France, après six mois de protestation, le mouvement des Gilets jaunes a persévéré jusque l’acte 27 le week-end dernier, mais il n’a pas réussi à obtenir quelque chose du régime macronien ! Le président Emmanuel Macron a annoncé que ce mouvement n’avait plus aucun « débouché politique », et l’ancienne ministre macroniste Nathalie Loiseau, en tête de liste de la majorité aux élections européennes, a qualifié les Gilets jaunes de « mouvement qui tourne en rond », tout en l’assimilant aux néofascistes du ‘Rassemblement national’. Ce mouvement, semble-t-il, a démasqué le vrai visage du régime macronien.

L’ECHEC ANNONCE DES ‘GILETS JAUNES’

A cinq jours des Elections européennes en France où vont et où en sont les ‘Gilets Jaunes’ ?

Que penser des trois listes se revendiquant des ‘Gilets Jaunes’ ? A part que la plupart des ‘Gilets Jaunes’ sont des citoyens honnêtes mais hors de la réalité politique ?

Et de celles comme le néofasciste Philippot qui tentent honteusement de les récupérer ?

Enfin que penser de l’abstention, qui est annoncée avec des records autour de 60% (en France comme partout en Europe), les Abstentionnistes étant le vrai « premier parti français …

Des représentant des ‘Gilets Jaunes’ ont appelé les Français à aller voter « contre Macron » et pour « n’importe qui sauf les candidats macronistes ». Nous sommes opposés totalement à cette stratégie qui ne profite qu’au Système. Seule l’ABSTENTION REVOLUTIONNAIRE –  non pas colère mais stratégie réfléchie à long terme – hors quelques pays particuliers, permettra d’abattre le Système. IL FAUT VIDER LES PRÉSIDENCES, LES GOUVERNEMENTS ET LES PARLEMENTS BOURGEOIS DE TOUTE LÉGITIMITÉ ! Un français sur deux n’est pas allé voter à la précédente Présidentielle, Macron étant l’élu en réalité de 30% des électeurs. Aller voter c’est participer au théâtre du Parlementarisme petit-bourgois et crédibiliser ses institutions.

Le PCN ou PANAFRICOM n’ont de sympathie quelconque pour un des candidats (ou leurs formations politiques). Tous sont des candidats du Système, les pires sont ceux qui prétendaient le contester (le banquier Macron – qui l’incarne totalement) ou être « un recours » (Le Pen, Mélenchon), des escroqueries politiques de masse (et dans le cas du FN, une escroquerie tout court) ! Nous ne choisissons aucun de ces partis qui jouent la grande tragicomédie du parlementarisme petit-bourgeois.

Il y a deux France : celle qui a voté Macron (président tres minoritaire malgré les mediamensonges de sa propapange, a moins de 30% réels) et celle – majoritaire – de l’abstention qui refuse le systême ! Il faut approfondir le gouffre qui les sépare …

# III- EN BELGIQUE :

VOTEZ ANTI-SYSTEME BELGICAIN !

VOTEZ REPUBLICAIN !!!

Le PCN, qui refuse depuis la fin du Siècle dernier le théâtre parlementaire petit-bourgeois, escroquerie politique et morale, fait depuis longtemps un choix tactique, qui est de favoriser l’éclatement et la destruction de l’entité belgicaine. L’Etat belgicain est en effet depuis 4 décennies notre ennemi résolu et n’a jamais ménagé les mesures, notamment policières, pour tenter de nous écraser. Lors de notre expérience parlementaire belge de 1996-99 (où nous avions des élus dans plusieurs assemblées régionales), le régime belgicain a particulièrement, et avec l’aide de l’extrême-droite néo-nazie, mené une campagne immonde contre le PCN. Nous ne sommes pas de ceux qui tendent la joue gauche quant on les frappe sur la joue droite!

Par ailleurs, la destruction de l’Etat belgicain conduira à une situation que le PCN escompte une période chaotique qui favorisera un Parti radical et républicain comme le nôtre.

Le PCN appelle donc à voter à toutes les élections pour des formations républicaines radicales, en dehors de leurs programmes idéologiques, que nous ne partageons pas :

Pour les « rattachistes » (partisans de retour de Bruxelles et la Wallonie à la République française, auxquelles elles ont jadis appartenu sous le Ière République et l’Empire) ou les Républicains flamands du « Vlaams Belang ».

# IV- DANS LES PAYS BALTES :

VOTEZ POUR LES PARTIS PRO-RUSSES (EN PARTICULIER CEUX DES MINORITES RUSSOPHONES) !

En Estonie, Lettonie et Lituanie, les trois pays baltes, notre préoccupation est la discrimination des droits civils et politiques des minorités russes, honte inadmissible dans une Europe qui se veut démocratique. Discrimination qui plonge dans les racines fascisantes et anti-communistes des Années 30 des trois régimes baltes (où l’on honore, avec la complicité de l’OTAN et le silence de Bruxelles, les anciens SS baltes !). Russophile, le PCN et son collectif EUROPAÏSCHER WIDERSTAND ont mené depuis la fin des Années 90 plusieurs campagnes internationales pour la défense des Russes des Pays baltes, particulièrement en Lettonie, où le président du PCN a des attaches familiales dans la Communauté russe de Riga.

Le PCN appelle donc à voter dans les 3 Pays baltes pour les listes pro-russes, en particulier celles qui qui soutiennent les droits des minorités russes et combattent le néo-fascisme des régimes baltes.

# V- EN GRANDE-BRETAGNE ET EN ESPAGNE :

VOTES POUR DES FORMATIONS INDEPENDANTISTES (EN PARTICULIER EN ECOSSE ET EN CATALOGNE) !

BRISEZ L’IMPERIALISME DE MADRID ET DE LONDRES !!!

Pourquoi faut-il soutenir les sécessions en UE (et les combattre en Afrique, la géostratégie des Blocs) ?

Que représente la Question catalane pour l’Union dite « européenne » et comment la fracture-t-elle ?

Pourquoi a-t-elle un impact direct sur les régions indépendantistes de l’UE : Flandre (Belgique), Lombardie et Vénétie (Italie), Ecosse (Grande-Bretagne), Corse (France) ?

C’est à ces questions que nous répondons en appelant à voter pour les listes indépendantistes contre Madrid en Espagne en Catalogne et en Uskadi basque. Et en appelant à voter pour les listes indépendantistes en Ecosse et au Pays de Galles contre Londres. Il faut briser les états impérialistes britannique (for « little Britain ») et espagnol !

POURQUOI NOUS SOUTENONS LES INDEPENDANTISTES CATALANS, ECOSSAZIS, FLAMANDS (ET TOUS CEUX DE L’UE, DU QUEBEC ET DES USA) !?

Notre position est simple :

Il faut affaiblir le Bloc politico-militaire américano-occidental et il faut briser les pays néocolonialistes et atlantistes à l’intérieur de celui-ci. Espagne, Grande-Bretagne, Roumanie, Belgique, etc …

# VI- UN MOT POUR LES MILITANTS AFRICAINS DE NOTRE PARTI-FRERE PANAFRICANISTE « PANAFRICOM » :

ET L’AFRIQUE ET LES AFRICAINS ?

En Afrique la situation est toute autre et nous avons déjà décrit la stratégie du « Parti d’action panafricain » (conjuguant militantisme panafricain, diplomatie parallèle et soutien aux chefs d’état gagnés au Panafricanisme) de PANAFRICOM dans notre « ABC DU PANAFRICANISME ».

Mais l’Afrique c’est aussi les diasporas et singulièrement la diaspora africaine en France.

PANAFRICOM soutenant en France la consigne d’abstention révolutionnaire du PCN et jugeant inopérante la tactique prônée par certaines personnalités de la Diaspora de choisir parmi les partis et candidats du Système français ceux des africains qui votent en France (semblable au choix irréfléchi de Hollande lors de la présidentielle de 2012 ; ou celui honteux et immoral de Le Pen en 2017).

STOP OU ENCORE !?

CES AFRICAINS DE LA DIASPORA QUI NE VEULENT PAS COMPRENDRE LA NATURE DU SYSTEME IMPERIALISTE !

En 1981, des africains ont fêté l’élection de MITERRAND !

Ils saluaient en réalité l’homme qui – entre autres – a relancé la version sociale-démocrate de la FRANCAFRIQUE (avec son fils « Papamadi »), commandité l’assassinat du Cpitaine Sankara et été le dernier parrain du dictateur congolais Mobutu (que même la CIA et le roi des Belges avaient lâché) …

En 2012, les africains, guidés par des personnalités de la Diaspora, ont appelé à voter HOLLANDE ! Quel beau résultat … notamment les aventures militaires en Centrafrique (avec son cortège de viols étouffés) et au Mali …

En 2017 ou 2019, des africains invitent à voter MELENCHON (l’homme qui parraine à Paris et Bruxelles des groupuscules organisés par les « vitrines légales de la CIA » pour animer le soi-disant « printemps africain » -sic-, comme la très putschiste CORED équato-guinéenne) ou LE PEN (le FN des xénophobes et racistes français, le parti de « l’apartheid à la Française »). Syndrome de Stockholm ou mentalité des esclaves de maison (relire Fanon) …

Choisir le choix du pire où le pire des choix une fois de plus ?

Les africains qui votent partout en Europe et singulièrement en France n’ont qu’un vote utile : l’abstention revolutionnaire. Pour affaiblir et avancer la destruction du Système français, qui est aussi celui du néocolonialisme français ! Ou celle des néocolons belges, espagnoils, britanniques, allemands …

# VII- QUE FAIRE ?

Nous ne tomberons pas dans le piège du parlementarisme bourgeois surtout dans une période qui voit l’instauration d’un « Patriot Act » européen, avec sa censure des médias et des réseaux,  où toutes les dissidences, toutes les oppositions à l’Atlantisme et au « parti américain » en Europe se voient soumises à la répression au nom de la « protection de la démocratie ».

Pas une voix pour le Système !

Pas une voix pour les partis de l’ordre occidental, de l’extrême-droite à l’extrême-gauche, tous unis dans la même combine parlementariste , tous complices !

Le Parlementarisme bourgeois est tout sauf la « démocratie » ou la « République », dont il usurpe le nom.

Ne tombez pas dans la propagande du Régime bourgeois et du Système américanisé qui vous dit que « s’abstenir ce serait perdre sa voix ». Lorsqu’une majorité de citoyens cessera d’aller voter, alors la fin du régime sera proche. CAR IL PERDRA TOUTE LEGITIMITE ET NE REPRESENTERA PLUS QU’UNE LEGALITE USURPEE. En France, le régime et ses partis PS-LREM-LR-FN-LFI-PCF-VERTS ne représente déjà plus qu’un français sur deux …

Le Système n’est pas assez en décomposition pour revenir sur un terrain électoral qui ne pourra qu’être une Tribune. C’est en dehors du Système qu’il faut s’organiser. Former les cadres pour demain, c’est ce que nous devons faire. Et faire la politique profonde, que nos ennemis appellent « Métapolitique » ou « Diplomatie parallèle »).

C’est ce à quoi veut s’employer le PCN. Et nous en appellerons bientôt à tous les volontaires pour rejoindre nos projets que nous vous exposerons prochainement (et vous présenter nos nouveaux médias). Non, opposants au Système, vous n’êtes pas seuls. Le PCN, avec son parti-frère PANAFRICOM est là et vous appelle à le rejoindre pour ensemble former les cohortes de La Cause Des Peuples !

Luc MICHEL

PCN-НОП & PANAFRICOM

______________________

Parti Communautaire Néoeurasien, PCN,

Neoeurasian Communitarian Party, PCN-NCP,

Неоевразийская Общественная Партия, PCN- НОП,

Neo Avrasyali Komunotarist Partisi, PCN-NAKP,

Partidul Comunitar Neoeurasian, PCN …

* PCN-TV

https://vimeo.com/pcntv

* Blog PCN-НОП AGITPROP

https://www.scoop.it/topic/luc-michel-le-blog

* Page officielle PCN-NCP

https://www.facebook.com/PCN.NCP.org/

* REJOIGNEZ le Groupe officiel du PCN-NCP

* GROUPE OFFICIEL ‘PCN-NCP-НОП –

LA CAUSE DES PEUPLES – THE PEOPLES’ CAUSE’

https://www.facebook.com/groups/LCDP.TPC.PCN.NCP/

L’ENJEU DE LA RESISTANCE DE MOSCOU ET PEKIN CONTRE L’AGRESSION MONDIALE DE WASHINGTON ET LES LECONS POUR L’AFRIQUE

 

LUC MICHEL (ЛЮК МИШЕЛЬ) & EODE/

Flash Vidéo Géopolitique/ Geopolitical Flash Video/

2019 05 23/
VIDEO.FLASH.GEOPOL - Moscou Pékin en Afrique - amtv (2019 05 23) FR (1)

Le Flash Vidéo du jour …

Le géopoliticien Luc MICHEL dans LE DEBAT PANAFRICAIN du 5 mai 2018

sur AFRIQUE MEDIA

Sources :

 * La Video sur EODE-TV/ LUC MICHEL:

L’ENJEU DE LA RESISTANCE DE MOSCOU ET PEKIN CONTRE L’AGRESSION MONDIALE DE WASHINGTON ET LES LECONS POUR L’AFRIQUE …

(SUR AFRIQUE MEDIA)

sur https://vimeo.com/336668437

* Thème de l’émission :

INGERENCE DES AMERICAINS EN AFRIQUE ET AU VENEZUELA

La Russie demande aux Etats-Unis de cesser immédiatement de s’ingérer dans les affaires internes du Venezuela et des pays africains. Quelle lecture ?

MOSCOU ET PEKIN SEUL REMPART CONTRE LA « NOUVELLE POLITIQUE AFRICAINE » DE TRUMP. ET C’EST BOLTON QUI LE DIT …

Le conseiller présidentiel pour la sécurité nationale, le Neocon John Bolton (issu du Régime Bush II), a tenté d’adapter au continent africain le mot d’ordre “America First”, ou “l’Amérique d’abord”, qui guide la politique étrangère de l’administration républicaine.

S’il s’est targué d’exposer cette vision moins de deux ans après l’arrivée de l’homme d’affaires à la Maison Blanche, son gouvernement n’avait jusque-là pas manifesté un intérêt particulier pour l’Afrique – dont on n’a vraiment parlé à Washington que lorsque Donald Trump a qualifié certains Etats africains de “pays de merde” lors d’une réunion à huis clos. La “nouvelle stratégie pour l’Afrique” se traduit par une méfiance confirmée à l’égard des institutions multilatérales, une promesse de parcimonie avec l’argent du contribuable américain, et une compétition aux airs de guerre froide avec les rivaux des Etats-Unis.

“Les grandes puissances concurrentes, à savoir la Chine et la Russie, étendent rapidement leur influence financière et politique à travers l’Afrique”, a déclaré John Bolton dans un discours devant le cercle de réflexion conservateur Heritage Foundation à Washington. “Elles ciblent de manière délibérée et agressive leurs investissements dans la région pour accroître leurs avantages comparatifs sur les Etats-Unis”, a-t-il déploré, dénonçant pêle-mêle “pots-de-vin”, “accords opaques”, recours chinois à la dette pour “tenir les Etats africains en otages” ou encore pillage russe des ressources naturelles. Or, selon l’administration Trump, “les comportements prédateurs de la Chine et de la Russie freinent la croissance économique en Afrique” et “posent une menace significative pour les intérêts nationaux américains”.

Mais alors que le gouvernement américain assure – comme tous ses prédécesseurs – vouloir la prospérité, l’indépendance et la bonne gouvernance des pays africains, sa politique semble surtout ouvrir la porte à un certain désengagement, en tout cas sous les formes traditionnelles. Les Etats-Unis, qui font toujours de la lutte contre le terrorisme islamiste une de leurs priorités, veut que les pays africains prennent en main leur propre sécurité. Et vont plaider pour “rationaliser, revoir, ou mettre fin” aux missions de l’ONU qui ne favorisent pas “une paix durable”, a prévenu John Bolton. “Notre objectif est de résoudre les conflits, pas de les geler indéfiniment”, a insisté l’ancien ambassadeur américain aux Nations unies, un “faucon” très hostile au multilatéralisme. Il a cité en exemple l’opération onusienne au Sahara occidental, rappelant avoir participé à sa mise en place en 1991 alors qu’il travaillait au département d’Etat américain.

Plus largement, John Bolton a promis de passer au peigne fin l’aide économique américaine – un exercice “bientôt” terminé – pour faire en sorte qu’elle apporte des résultats, alors que le locataire de la Maison Blanche veut drastiquement couper les ressources budgétaires affectées à la diplomatie. “Malheureusement, des milliards et des milliards de dollars des contribuables américains n’ont pas abouti aux résultats escomptés”, a estimé John Bolton. “A partir de maintenant, les Etats-Unis ne toléreront plus cette longue tradition d’aide sans résultats, d’assistance sans responsabilité, et de soutien sans réforme”, a-t-il lancé. Au Soudan du Sud en proie à une guerre civile après avoir reçu une importante assistance américaine, notamment, “nous ne fournirons plus de prêts ou de ressources américaines supplémentaires à un gouvernement sud-soudanais dirigé par les mêmes dirigeants en faillite morale qui perpétuent cette horrible violence”, a insisté le conseiller.

“Cette approche me semble particulièrement contre-productive et risque de rapprocher nos partenaires potentiels de Pékin”, a jugé sur Twitter Abraham Denmark, expert du cercle de réflexion ‘Wilson Center’. “Ne pouvons-nous pas nous intéresser à l’Afrique pour ses propres mérites et ne pas en faire un pion du grand jeu d’échecs avec la Chine ?”

LUC MICHEL (ЛЮК МИШЕЛЬ) & EODE

(Flash Vidéo Géopolitique/

Complément aux analyses quotidiennes de Luc Michel)

* Avec le Géopoliticien de l’Axe Eurasie-Afrique :

Géopolitique – Géoéconomie – Géoidéologie – Géohistoire –

Géopolitismes – Néoeurasisme – Néopanafricanisme

(Vu de Moscou et Malabo) :

PAGE SPECIALE Luc MICHEL’s Geopolitical Daily

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* Luc MICHEL (Люк МИШЕЛЬ) :

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STUDENTI, PROFESSORESSE, ONG, MULTE, SOSPENSIONI E CARCERE —– BUONI SENTIMENTI PER CATTIVE AZIONI

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MONDOCANE

MARTEDÌ 21 MAGGIO 2019

 “L’antifascismo è diventata la carta moschicida  per  catturare tutti i sinistri   e gli sbandati  con i neuroni eclissati” (Sebastiano Cosenza)

“Multe a chi salva naufraghi? Mostruoso!”

Venerdì 16 maggio sera, il  comico Maurizio Crozza, che due ne azzecca e una ne canna, si è infervorato oltre ogni misura e comicità sul decreto sicurezza bis del nuovo Uomo Nero Salvini. Un decreto da rabbrividire, certo, ma per quello che Crozza non dice e, invece, da prendere con tranquillo buonsenso per quello che ha fatto infuriare il bravo invettivista genovese.

 Ciò che lo ha mandato fuori dai gangheri perfino dell’humour e che, rasentando lo sputo, ha definito uno “scandalo che mi fa proprio schifo”, era il punto che prevede “multe ai trafficanti di uomini”. Ma come, si è chiesto, contorcendosi dall’indignazione, Crozza, si arriva a multare chi salva gente che affoga? A punire un atto umanitario?E dai pori del non-più-comico sprizzava revulsione, non meno di quanto ne sprizzasse dagli eroi antifascisti della guerra atomica allo stand dell’editoruncolo nostalgico al Salone del Libro. I secondi, tanto infervorati contro gli zombie del fascismo da battaglia del grano, da trasvolare sul fascismo nuclear-digital-finanziario che ha chiuso padri, figli e nipoti all’interno di una protesi di coltan e di una comunicazione di massa che, se fai capolino fuori, il capolino te lo mozza Facebook all’istante. Il primo, talmente eccitato dal proprio ruolo di San Giorgio contro il drago delle multe, da trascurare il terrorismo di Stato che, nello stesso decreto, lo stesso drago prevede contro manifestanti non entusiasti del regime e che magari azzardano un corteo o uno striscione irriverente.

Ma qui trattasi di meri cittadini intemperanti, mica di migranti a rischio di tortura o affogamento, anima e core della campagna elettorale dell’argentino Bergoglio (di assonanza Videla),  del venezuelano Parolin (di reminiscenza antichavista), dei gesuiti tutti e di Famiglia Cristiana (di onori colonialisti) e di tutta la accoglicrazia laica sinistracentrosinistradestra  in corsa per Bruxelles. Le scene di strazio, spesso costruite, corrispondono all’inferno minacciatoci per le nostre dissidenze; quelle di salvataggio, al paradiso promesso alle nostre sottomissioni.

“Antifascisti” e filomigranti, una faccia una razza

Noialtri sovranisti non farlocchi, invece, siamo davvero ancora meno di coloro che, ai tempi, si astenevano dall’intrupparsi tra le folle oceaniche sotto il balcone di Piazza Venezia , o che si facevano cacciare dall’Accademia per aver osteggiato le famigerate leggi del 1938. Ma sappiamo che le cannonate antifasciste e antisovraniste contro “il lupo, il lupo!” servono eminentemente a sollevare tanta polvere. Quella che occulta lo sguardo sulle guerre armate o economiche attizzate in Africa, dalla Libia al Sahel francafricano e  ai paesi su cui i colonialisti hanno  trasferito i jihadisti scampati ad Assad e a Baghdad, apripista delle multinazionali dello “sviluppo”. Loro.

Per tutta questa operazione, che spoglia il Sud del mondo delle risorse grazie alle quali, se gliele lasciassero,non avrebbe bisogno di nessun “civilizzatore-democratizzatore”, e delle generazioni che dovrebbero difenderlo, liberarlo, costruirlo, indispensabili sono le Ong. Non per nulla quasi tutte finanziate dai governi colonialisti e dal loro promoter, George Soros. Sono il push factor, che spinge alla partenza verso un’Europa dei sogni, e il pull factor, che attira in un’Europa dello schiavismo. Multarle per questo è solo cerotto sulla piaga. Perché non è vero ciò che nella camera dell’eco di Crozza viene riecheggiato, che si salvano naufraghi. Ci si incontra con spalloni arrivati su zattere male in arnese e che devono fare le poche miglia dalla costa all’appuntamento, si traghetta e si scarica nelle periferie italiane della vita e dello sfruttamento. E non servono le mille pagine del “manifesto” (e di altri affini), le mille vignette monotematiche del suo Biani (uno che non nega il suo apporto a nessuna delle grandi campagne di tendenza), che urlano col papa “Mediterraneo cimitero”, a nascondere il dato di granito che il cimitero degli africani, mediorientali e asiatici, latinoamericani, inizia a casa loro e che ieri, esattamente come oggi, lo allestiscono e colmano gli stessi. I nostri.

Minniti, il male quasi assoluto

Il ministro Minniti, contro il quale, quasi fosse il male assoluto che hanno detto essere Mengele, si è sollevata in marcia a Milano  la turba dei soci di minoranza, sguatteri e vittime del finanzcapitalismo, aveva adottato precisamente ciò che spetta allo Stato di diritto nella lotta al crimine. Mi presto alla fucilazione di Crozza e dico che, ai privati che gironzolano per il Mediterraneo in cerca di prede, avrebbe potuto-dovuto imporre il provvedimento per legge. Moderato e intimidito dalla canea della deportazione-accoglienza , pur non disconoscendo generosamente alle Ong la qualifica di umanitari, si è limitato a un codice di condotta, autoregolamento volontario. Chiedeva, nientemeno,  trasparenza delle fonti di finanziamento, come di tutte le imprese, e ufficiale di polizia giudiziaria a bordo. Un minimo di controllo della mano pubblica su traffici privati. Oltre tutto, in partenza da centrali del crimine. E’ scomparso, l’ex-ministro, in un uragano di riprovazioni e di dita medie sollevate.

L’arma totale: il tuo buon cuore

A mio avviso non c’è pratica più subdola e ingannevole – vera eterogenesi dei fini conclamati – dello mobilitazione e dello sfruttamento dei sentimenti buoni della persona perbene a fini non dichiarati. Sostanza ontologica dei monoteismi. Un’interpretazione maligna del fine che giustifica i mezzi, per il quale Machiavelli si rivolterebbe nella tomba.. Si utilizza un cocktail di immagini sconvolgenti (gente in barconi, corpi galleggianti, cadaverini spiaggiati), o di narrazioni Grand Guignol, ma prive di immagini (i “torturati, stuprati e ammazzati” nei lager libici; ma se la prendono con Haftar che quei lager di quelle milizie li vuole spazzar via. Curioso), o di guerre, fame e persecuzioni, dove non ce ne sono (o, se ci sono, sono da noi indotte). Ci si ricamano sopra i fiori dell’umanitarietà, carità, pietà. Risultato, commozione che dilaga e cancella lo studio della realtà: accoglienza senza se (sono stati sradicati) e senza ma (finiscono schiavi o mafiosi) . Che tasso di moralità assegniamo a chi incita mercenari alla guerra contro la Libia o la Siria o il Mali (da Rossanda a tutta la stampa ufficiale occidentale), e poi si sbraccia perché qualcuno ne accolga le vittime e le sfrutti ulteriormente per ricuperare l’economia  dei campi di cotone, frantumare le basi della convivenza e deprimere i diritti di tutti?.

Lager libico o centro di raccolta italiano?

Facciamoli scappare, così li accogliamo

Ciò che, invece, non importa una cippa a nessuno, giacchè non conviene a padrini, sponsor e compari, è il primo dei diritti umani in assoluto: quello di nascere, vivere e morire a casa propria, con la gente propria, con la storia propria, con il futuro proprio. Magari con quel ”primitivo” rapporto con terra, acqua,  cielo, alberi, animali, il divino, che ha conservato la comunità per millenni e che qui, da noi, con l’integrazione, verrà sepolto  nel buco nero di uno smartphone.

Ministro offeso, maestra punita, Italia da brividi”. E’ la Buona Scuola”

L’assunto della sparata che serve a sollevare polvere è chiarito anche da un altro episodio. Titola bene una delle migliori firme del Fatto Quotidiano, Daniela Ranieri:  “Ministro offeso, maestra punita, Italia da brividi”. Ce l’ha con l’episodio della brava maestra di Palermo, sospesa dal lavoro e dallo stipendio da uno sprovveduto provveditore agli studi. Sì, quel demenziale e deprimente accadimento che ha ridato fiato alle trombe, bagliore agli sguardi, fremiti alle fronti aggrottate, degli antifascisti che si erano sfiatati su Predappio, sui teppisti di Casal Bruciato e sullo stand inquinatore dell’intero Salone del Libro di Torino. Una boccata d’ossigeno.

Anche qui obiettivo centrato e obiettivi mancati. Emotività da riscatenare contro il governo tutto, ma di più contro il M5S “complice e che fa solo finta di litigare”, nell’ennesima occasione fornita dal magni- e vuotoloquente “Ghe pensi mi”, patriota e secessionista al tempo stesso. Occasione voracemente colta dal verminaio inferocito degli spodestati dal voto degli italiani. L’oggetto della riprovazione di quel superzelante provveditore trinacriciuto era l’accostamento fatto dagli studenti tra leggi razziali del ’38 e decreto Sicurezza di Salvini.

Sapere tutto di Ong e multe, sapere  una mazza di bombe e invasioni

Uno, che ha portato a esclusione, persecuzione e deportazione, con conseguente morte di massa; l’altro, che multa i gestori della tratta. Parrebbe una bella differenza. E parrebbe  che quei beneintenzionati studenti abbiano perso il senso delle proporzioni. Qualcuno avrebbe potuto spiegargli che Salvini sta a Mussolini come Siri o Borgonzoni stanno a Gentile o Bottai. E che, il cielo e i 5 Stelle volendo, non siamo ancora alla dittatura del ’38, ma solo alle gaglioffate di uno spaccamontagne da castelli di sabbia. Che così gonfiandosi, a quegli studenti preoccupati per le sorti dei “salvatori di naufraghi”, ha impedito di vedere che, prima di imbarcarsi, quei naufraghi erano scampati alle bombe, alla fame, alla spoliazione inflitte da quegli stessi che qui ne predicano l’accoglienza. E con i quali il patacca va a braccetto.

Ai generosi ragazzi di quel liceo nessuno di coloro che li hanno sollevati agli altari dei nobili sentimenti ha però insegnato che in quel decreto, oltre alle multe comminate ai terminali della tratta, c’è qualcosa d’altro che riguarda loro direttamente. Non ne va della solidarietà per i migranti. Ne va della libertà di tutti. Fine della possibilità di cambiare le cose all’infuori e contro i maneggi dei potenti e degli assist dei media. Fine della protesta. Se vai in piazza, vai in galera se solo cerchi, con un casco o uno scudo di polistirolo, di impedire che ti fracassino la testa. Se ci vai senza permesso del califfo, becchi un anno di carcere. Se tiri un mortaretto o un fumogeno ti becchi  fino a 4 anni. Se dici “porco mondo” a un poliziotto, finisci dentro. Flash-mob, sit-in, presidi, cortei e autodifesa? La legge Scelba, quella Reale e il Codice Rocco al confronto sono sicurezza da boy scout. Crozza non se ne è accorto. Agli studenti palermitani nessuno l’ha fatto presente. Ne dovranno prendere atto alla  prossima manifestazione che azzardassero, che so, contro un’alternanza scuola-lavoro gratis di lavapiatti da McDonalds.

La professoressa Rosa Maria Dell’Aria è stata punita perché ha fatto l’insegnante e non la questurina. Il tardivo volemose bene alla professoressa di una vita, da parte di Salvini e del ministro MIUR, non si sogna minimamente di rivedere uno sterminio dell’istruzione che parte da  lontano (Berlinguer, De Mauro, Falcucci) e compie l’opera con Renzi-Fedeli. E a cui qualche rimedio hanno cercato di porre i 5 Stelle, almeno sull’oscenità neoliberista dell’alternanza scuola-lavoro. Una scuola-caserma-azienda anti-umanistica, cioè anti-umana, catena di montaggio di ingranaggi, all’ordine di un preside-gerarchetto, con insegnanti – spina dorsale del paese – deprezzati e declassati a guardiani del faro. Una serena e laboriosa scuola infestata da telecamere, Digos e propagandisti di guerra Nato. Che ovviamente incitano all’accoglienza di fuggitivi dalle loro guerre. Mai le foglie di fico sono andate forte come di questi tempi atlantici, di DC in PD in Lega.

Una scuola sulla sedia a rotelle

Una scuola senza Geografia (conoscenza della casa in cui si vive), Storia dell’Arte (conoscenza della bellezza generata dalla creatività umana), tema d’Italiano (conoscenza di come si comunica e si critica). Una scuola che produce il 45% di italiani analfabeti funzionali. A questo hanno voluto ridurre la colonna portante di un tempio chiamato nazione. Scuola dalle vertebre spezzate, scuola in sedia a rotelle. Tempio ridotto a postribolo, caravanserraglio, vertice di Cosa Loro.

Siamo vicini alle elezioni europee.Tutto questo – scuola, Nato, euro, guerre, migranti, Stato di polizia – appesantirebbe il dibattito da sottoporre agli elettori. Ciò che invece tutti, da manca a dritta, ci dicono solleverebbe tale dibattito nella sfera del giusto e del bello sono altri temi. E, si sa, il giusto e il bello sono schifati dalle maggioranze (tipo quelle del 4 marzo 2018). Stanno tutti in grembo alle minoranze. Che conosciamo: migranti, donne, antifascisti, LGBTQI, papi e santi. E peggio per coloro che ancora immaginano uno scontro tra dominati e dominanti, soggiogati e soggiogatori. Anzi, a pensarci bene, sono minoranza anche questi ultimi, aggrediti da quella violenta e aggressiva maggioranza sovranista e populista in gilet giallo che, da sei mesi a questa parte, infastidisce la democratica, europeista, bergogliana e atlantica minoranza  “da Macron a Tsipras”. Vanno difesi.

Pubblicato da Fulvio Grimaldi alle ore 19:51

Nave delle armi, la vittoria dei portuali: la Yanbu non carica i materiali militari, e la Cgil ferma gli altri porti

https://genova.repubblica.it/cronaca/2019/05/20/news/la_nave_delle_armi_e_arrivata_a_genova_portuali_in_sciopero_e_presidio_pacifista-226708348/

Si torna a parlare di Spezia come prossima tappa anche per i cannoni bloccati a Le Havre ma la Filt blocca eventuali imbarchi in tutta la Liguria

di MARCO PREVE

 

20 maggio 2019

 

Vincono i portuali genovesi. Sulla Bahri Yanbu, la nave saudita delle armi, non saranno caricati i
generatori della Defence Tecnel di Roma, materiale al servizio del militare, ma verranno spostate in un’area protetta del Csm (Centro smistamento merci) e da qui nelle prossime ore verranno trasferite via terra da Genova. E’ quanto è emerso alla fine dell’incontro in prefettura con i rappresentanti della Cgil, i vertici dell’Autorità portuale e i dirigenti del Gmt, il terminal portuale.

E’ probabile che i generatori saranno spostati via terra a Spezia dove, secondo indiscrezioni potrebbero arrivare nelle prossime ore, via treno, anche gli 8 cannoni Caesar che sono stati all’origine del blocco al porto di Le Havre organizzato dall’associazione francese Acat e dai docker francesi. Non è escluso che la Yanbu, che dovrebbe lasciare Genova giovedì, possa dirigersi a Spezia per caricare i cannoni.

E dopo la risposta di Genova è stato proclamato lo sciopero in tutti i porti liguri, per il personale addetto alla nave, laddove ci fossero eventuali attracchi del cargo saudita ‘Bahri Yambu’ in altri scali della Liguria.”La Filt Cgil Liguria – si legge in una nota del pomeriggio – ha dichiarato lo sciopero dei lavoratori addetti a tutti i servizi e alle operazioni portuali, di mare e di terra, che riguardano gli scali liguri dove avvenga l’eventuale attracco della nave Bahri Yanbu, carica di armi destinate al conflitto in Yemen, perché, come già avvenuto nei porti di Le Havre e di Genova, non si proceda con l’imbarco di materiale bellico impiegato in operazioni definite dalle Nazioni Unite “crimini di guerra”.

La Bahri Yanbu era arrivata all’alba in porto. I portuali genovesi e la Cgil hanno proclamato sciopero. Un presidio di pacifisti al varco di ponte Etiopia. I portuali: “Attrezzature e droni al servizio del militare: non vogliamo essere complici delle vittime civili in Yemen, non carichiamo”.

Il caso internazionale della nave della compagnia di bandiera dell’Arabia Saudita fa quindi tappa a Genova dopo l’analogo boicottaggio dei portuali francesi a Le Havre, il porto dove dovevano essere caricati gli 8 cannoni Caesar diretti a Gedda e da lì al conflitto in Yemen. Il sito francese d’inchiesta Disclose aveva rivelato con documenti interni dei servizi segreti che i cannoni sono stati utilizzati nella sanguinosa guerra con lo Yemen e hanno provocato vittime civili. Da qui il boicottaggio internazionale che non era scattato in precedenza pur sapendo che la Bahri, che fa rotta da anni su Genova trasportava armi.

Spiegano i portuali genovesi raccolti anche loro nel presidio: “La nave è entrata in porto ed ha accostato perché questo è un diritto assoluto. Solo Salvini pensa di poter chiudere i porti e non far entrare navi, e in quel caso a bordo non ci sono armi come qui a Genova bensì persone. Lo abbiamo ribadito più volte: porti aperti alle persone, chiusi alle armi”.

Alla protesta lanciata dai lavoratori delle banchine e dalla Cgil in questi giorni hanno aderito molte associazioni pacifiste. E c’è stata l’importante adesione dell’associazionismo cattolico: Acli, Salesiani del Don Bosco solo per fare alcuni dei nomi principali, oltre a Libera, comunità di San Benedetto e tanti altri ancora.

 Il collettivo autonomo dei lavoratori portuali (Calp) aveva annunciato ieri un presidio al varco portuale Etiopia, in lungomare Canepa. E ieri sera è scattato anche lo sciopero proclamato dalla Filt-Cgil. «Abbiamo saputo che qui a Genova, oltre a materiale di impiantistica civile, era previsto anche il carico di un generatore elettrico che viene utilizzato per scopi militari – spiegava Enrico Ascheri, della Filt Cgil – a questo punto non ci stiamo, le rassicurazioni che ci hanno fornito non valgono più niente, la nave non si carica».

«Riteniamo di dare un nostro piccolo contributo ad un problema grande per una popolazione che viene uccisa giornalmente – spiegava la nota della Filt – non diventeremo complici di quello che sta succedendo in Yemen». E il sindacato invita « i lavoratori fuori servizio e la popolazione ad a partecipare al presidio davanti a ponte Etiopia » , che è scattato questa mattina già a partire dalle sei. Intanto secondo le indiscrezioni pubblicate ieri in esclusiva da ‘Repubblica’ i cannoni destinati allo Yemen potrebbero essere caricati segretamente su treno per essere trasportati a Spezia, dove sarebbe previsto l’imbarco.

A Genova peraltro sono 35 anni che la compagnia saudita Bahri ( National shipping company of Saudi Arabia) effettua servizio di linea e qui non ha mai caricato materiale bellico, ma solo impiantistica, merci varie e rotabili.
L’agenzia marittima che rappresenta la compagnia in Italia, la Delta, ha fornito alla Capitaneria di porto e alla Prefettura tutta la documentazione relativa alla nave Bahri Yanbu.

“Credo che la decisione dei camalli e della comunità dei lavoratori portuali genovesi vada rispettata perché fa parte della loro storia e identità ed è anche segno di civiltà”. Lo ha detto il presidente di Federlogistica ed ex presidente dell’Autorità portuale di Genova Luigi Merlo a proposito della protesta messa in campo questa mattina dai portuali genovesi contro l’attracco del cargo saudita Bahri Yanbu. “E’ vero che c’è il libero scambio delle merci – ha completato Merlo – ma c’è anche la scelta individuale, importante, etica e morale, che credo debba essere rispettata e faccia pienamente parte della storia del porto di Genova”.

LO SPREAD, IL BLUFF DEI BARI CHE NESSUNO  VA A VEDERE.

Una demistificazione di Mario Monforte

E rieccoci con lo spread!   Su tutti i media (tv e stampa) ancora (ri-)rimbomba l’aumento dello spread delle obbligazioni statali italiane. (Si tratta del differenziale di tasso di rendimento, ossia degli interessi da versare, dei titoli di Stato italici in vendita rispetto al tasso dei titoli tedeschi, e l’aumento del differenziale significa che crescono gli interessi. Una prima domanda: perché il referente dei titoli tedeschi? E non quelli, che so, o Usa o russi o giapponesi, etc.? Risposta: non perché l’economia tedesca sia “inossidabile” e “centrale”, ma perché fu cosí deciso a suo tempo, Usa in prima fila.) Tale spread è (sarebbe) giunto a 290 poi 300 punti, dopo sceso a 284. (Seconda domanda: chi decide questo differenziale? La risposta mediatica corrente è: «i mercati», dei fumosi, vaghi, inafferrabili, «mercati» che considerano, valutano, attuano … È del tutto falso: tale differenziale viene deciso dalle centrali del grande capitale finanziario, tedesche, inglesi, statunitensi, etc.)

Tutti i media gridano che lo spread è aumentato, quindi gli interessi da pagare sui titoli di Stato sono aumentati, e la principale “colpa” è di Salvini, ma anche del governo di cui Salvini è vice-premier e ministro degli Interni. In realtà Salvini, nella sua campagna elettorale permanente, fra le sue boutades, alcune delle quali, be’ diciamo … almeno “opinabili”, ne ha sparata una valida: “se occorre si sforerà il 3% di deficit rispetto al Pil”. Si noti la moderazione: “se occorre”. Ma è (sarebbe) senz’altro giusto accrescere la spesa in deficit se si volesse condurre un massiccio intervento statale di sostegno e sviluppo sul piano economico (sono le politiche che si dicono keynesiane, e si badi bene che non si tratta dell’economia “in sé” e “per sé”, ma dell’economia capitalistica, ossia siamo sempre nell’ambito del capitalismo, solo reso piú “resistente” e con maggiori sicurezze per le classi subalterne; questo va detto rispetto ai tanti, ai piú, che confondono il keynesismo con misure socialiste). Però l’uscita di Salvini significa anche riservarsi di poter fare in barba all’Ue tale sforamento (eventuale, futuro, futuribile: da tenere presente la cura attenta del governo «giallo-verde» a non oltrepassare i paramentri dell’Ue, per cui dichiarazioni affini in passato sono rimaste … discorsi). Comunque le forze politiche di opposizione (cioè della reazione contro ogni cambiamento dello status quo precedente) e il 99% dei media battono e ribattono il tamburo: “il governo fa gravare altri costi sulle spalle degli italiani”, “il governo è incapace, è dannoso, deve cadere”, e via rimbombando. Sotteso: “come era bravo Monti, che salvò l’Italia, insieme alla Fornero”, “come andava bene il paese con i governi sostenuti da Pd e FI”, “come si andava bene con il governo piddino”, “come si andava bene con il rigore, l’austerità, l’obbedienza ai parametri Ue” …

Arriviamo alla sostanza: è tutta una balla colossale, una falsificazione immensa. E va scandito e ribadito e gridato con l’altoparlante il perché: 1) se vi fossero adesso delle aste, ossia se tale tasso maggiorato a 284 punti fosse effettivo e avesse ora una ricaduta, riguarderebbe solo una quota minima degli interessi da versare sul debito e, di piú, scaglionati dai dieci ai trent’anni prossimi; 2) ma soprattutto, e si badi bene che questo è fondamentale, non ci sono state altre aste di vendita di titoli di Stato, né ci saranno per circa altri tre mesi (e si consideri la variabilità costante dei “dati” dello spread), dunque lo spread a 284 punti non riguarda precisamente … proprio niente.

Abbiamo solo una fantomatica minaccia che viene agitata da parte delle centrali del grande capitale transnazionale della «globalizzazione» scatenata e del liberalismo sfrenato su tutti i piani, dei suoi «organismi» come appunto l’Ue, delle forze della reazione contro ogni cambiamento al loro servizio, dei media connessi e finanziati. Il tentativo è stato, ed è, quello di ricostruire il “clima dello spread” del 2011, che portò al «golpe bianco» di Napolitano (con una suite di altri tre …). Ma non pare che tale “offensiva” funzioni: questa riedizione dell’“attacco” sembra in gran parte spuntata.

Ultima notazione: il ministro dell’Economia, Tria, il vicepremier e ministro del Lavoro e Sviluppo, Di Maio, con avallo del presidente del Consiglio, Conte, sono intervenuti affermando: “non si sforeranno i paramentri Ue”. Capisco i motivi di concorrere a stemperare l’“attacco”. Ma,, francamente, trovo negative queste prese di posizione: sia perché accreditano il valore di queste minacce sullo spread e continuano a insistere su un quadro asfittico, limitato e limitante, di politica economica, con un’ossequienza all’Ue che non è dovuta (né la si deve volere: ha dimostrato di essere rovinosa); sia, infine, perché non ce n’era bisogno e occorreva, invece, una campagna contro balle del genere, e sono proprio queste le notizie false (cosí si dice in italiano: perché mai si deve dire fake news?).

Mario Monforte